Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ricevo e porto a conoscenza:
Salve mi chiamo Cosimo e scrivo per segnalarvi un romanzo "Il circo capovolto"
di Milena Magnani ed. Feltrinelli che ho visto presentato in forma di reading
spettacolo con attore e fisarmonica ( più autrice)
due sere fa al teatro Parenti di Milano, nella rassegna racconto italiano.
Finalmente un romanzo che parla in maniera decisa dell'olocausto rom e che
al tempo stesso pone il lettore in collegamento con il mondo interculturale di
oggi, dove le lingue della nuova immigrazione hanno un ruolo di rilievo.
Essendo ambientato in una baraccopoli, racconta il convivere di persone di
diverse etnie che si devono confrontare e misurare su ciò che li unisce e non su
ciò che li divide.
Bellissimo è il fatto che l'autrice, oltre alla narrazione in lingua italiana,
abbia lasciato idiomi riferibili a cinque diversi ceppi linguistici (non solo
albanese, ma anche rumeno, ungherese, ceko, romanes) e che non abbia sentito il
bisogno di metterne la traduzione in italiano a fondo pagina. Su questo punto ho
avuto modo di ascoltare le sue motivazioni durante la presentazione che ha fatto
in mezzo alle straordinarie letture di Andrea Lupo e alla fisarmonica gitana di
Sanelli e mi è piaciuto sentirle dire che il senso della storia, e quindi di una
trama comune, si afferra e procede al di là che dei personaggi e delle loro
culture non si capisca tutto tutto fino in fondo.
E su questo devo concordare che l'intento è pienamente riuscito. Le differenze
non sono ostacolo qui ma solo elementi normali della vita intorno a cui si
adatta una volontà di comunanza. La storia poi, la trama che il romanzo
sviluppa, ruota intorno a un ungherese Branko Hrabal che arriva in questa
baraccopoli portando con se i vecchi materiali appartenuti al circo di suo
nonno, un circense deportato a Birkenau. Raccontando ai bambini delle baracche
la storia di questo magico circo e affidando loro i materiali che ha recuperato,
riesce a restituire lai bambini oro un senso e una dignità del loro stare nel
mondo e nella storia.
Quasi certamente voi conoscete già questo libro, io sono stato molto colpito dal
tipo di presentazione che è stata fatta in forma di spettacolo perchè è stato
come fare un'immersione dentro il libro.
Un romanzo così meriterebbe risonanza in luoghi dove si fa cultura di pace.
Se per caso poi non lo conoscevate, spero di avervi fatto segnalazione gradita.
Cosimo
Di Fabrizio (del 09/04/2008 @ 10:55:04, in Italia, visitato 1817 volte)
Di Fabrizio (del 09/04/2008 @ 09:31:54, in media, visitato 1744 volte)
Agostino Rota Martir segnala un'intervista interessante del
vescovo di Pisa (ormai ex), Mons. Plotti sugli accattoni di Firenze, apparso su
La Repubblica, pagina regionale.
Una delle voci più coraggiose della Chiesa tuona contro Cioni:
il decoro, che concetto ipocrita
“Quella proposta è un abominio”
Plotti: si cacciano i poveri perché intralciano lo shopping
MARIA CRISTINA CARRATÙ
«Dietro proposte del genere c’è una fìlosofìa terribile: far finta che la
povertà non esista».
Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo uscente di Pisa, una delle voci più
alte e coraggiose della Chiesa, non ha dubbi: la proposta dell’assessore Cioni
sui mendicanti è «un abominio».
Un abominio, sostiene, come lo sono altre proposte che si preoccupano
del«decoro» della città piuttosto che delle esigenze dell’umano».
E’ anche vero, però, monsignor Plotti, che un responsabile delle istituzioni
deve cercare di contemperare esigenze diverse, sia quelle dei poveri, che quelle
di chi ha il diritto alla propria incolumità, soprattutto se debole e
sofferente, come la signora caduta a causa del barbone steso sul marciapiede.
«Si, ma la risposta non mi sembra tanto a questa esigenza, quanto a quella di
garantire una certa immagine a una città che si offre al turismo, ovviamente in
una logica prevalentemente commerciale. L’avversione per i poveri, per chi
‘intralcia’ il passo a chi viene in visita, o a chi cammina per fare shopping, è
palpabile ovunque, mica solo a Firenze. A Milano si dà la caccia ai rom in
assetto da sommossa, a Pisa perfino delle suore hanno protestato contro il
progetto per un dormitorio di poveri vicino al loro asilo, per paura che i
bambini si spaventassero».
Secondo l’assessore Cloni, però, dietro l’accattonaggio può esserci un giro
di affari, che può far pensare, almeno in qualche caso, a una falsa mendicità.
«Non so, certo che i falsi mendici, che esibiscono una povertà presunta, ci sono
sempre stati, la loro è una frode e mi chiedo perché si sia aspettato tanto ad
estirparla. Ma non facciamoci fuorviare. La grande maggioranza di chi chiede
l’elemosina è fatta di poveri veri, prodotto sempre più numeroso, fra l’altro,
della stessa società che poi li perseguita, e che non sanno realmente come
vivere. E come si può pensare che un concetto ipocrita come il decoro, un certo
perbenismo di maniera, possano ispirare una qualunque iniziativa efficace
riguardo a bisogni reali, concreti, spesso drammatici?».
Lei, allora, dovesse dare un consiglio a un amministratore, cosa gli
suggerirebbe?
«Intanto è indispensabile che non una sola istituzione pubblica, ma tutte
quante, e con la Chiesa in prima linea, lavorino insieme. Quindi, bisogna
partire da un punto di vista totalmente diverso: pensare di avere davanti non un
problema di decoro, ma un problema umano. E che ogni persona ha diritto di
venire avvicinata, ascoltata, compresa, prima che allontanata. Ma per far questo
ci vogliono squadre di operatori che vadano in giro, e soprattutto strutture per
accogliere chi, certamente, va prima o poi tolto dalla strada. Nessuno ama
chiedere l’elemosina, ma per impedirglielo bisogna offrirgli un’alternativa, non
limitarsi a sperare che non si faccia più vedere, ciò che fra l’altro è del
tutto illusorio. La cittadinanza deve essere sempre e comunque accogliente, non
solo a certe condizioni».
Di Fabrizio (del 08/04/2008 @ 08:58:30, in Italia, visitato 1547 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
DICHIARAZIONE DI ANTONIO SCLAVI, PRESIDENTE DI UNICEF ITALIA SU SGOMBERO
BAMBINI ROM A MILANO
Roma, 2 aprile 2008 - “Quale progetto di vita per quei bambini e quelle famiglie
sgomberate dal campo rom a Milano in via Bovisasca? Perché ad uno sgombero
previsto risulta difficile individuare alternative altrettanto prevedibili? Lo
Stato italiano, tutto lo Stato ha una responsabilità precisa nel garantire i
diritti di tutti i bambini e gli adolescenti a diverso titolo presenti sul suo
territorio. E’ questo quanto sancito dalla Convenzione sui diritti
dell’infanzia: una responsabilità comune, che attraversa tutti i diversi livelli
delle istituzioni competenti.
Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, il diritto
all’istruzione e alla salute dei bambini rom, sinti e camminanti non possono che
essere assicurati dalla collaborazione positiva tra tutti i soggetti in campo,
istituzionali e non.
La presenza di questi minorenni nei nostri Comuni non può essere trattata come
un’emergenza temporanea: occorre che nel Piano nazionale infanzia venga dedicata
una parte specifica a definire una strategia nazionale per loro, risorse
adeguate, ma anche un Garante a livello nazionale e regionale che sappia
rafforzare il sistema di garanzia a loro tutela.
La Convenzione ONU del 1989, ratificata dall’Italia, ribadisce l’uguaglianza fra
tutti i bambini come principio cardine e sottolinea come l’interesse superiore
del bambino debba sempre prevalere su ogni altra considerazione.
E’ l’ennesima circostanza, questa, in cui l'UNICEF rinnova l’ appello al
Governo, ai politici e ai media affinché si adoperino attivamente al superamento
dei pregiudizi per contrastare la diffidenza e il razzismo diffuso verso la più
vasta minoranza etnica in Europa, che conta tra gli 8 e i 10 milioni di
appartenenti.
In uno stato di diritto la sicurezza affidata alle forze dell’ordine non può
prescindere da interventi a favore della sicurezza sociale. Per un bambino, per
ogni bambino, ‘essere al sicuro’ equivale a ricevere protezione e rispetto per
la propria dignità.”
Per maggiori informazioni: Ufficio stampa UNICEF Italia, 0647809233/287 – 335
333077, press@unicef.it,
www.unicef.it
Di Fabrizio (del 07/04/2008 @ 08:55:58, in casa, visitato 2286 volte)
Da
British_Roma
Lucas Dudi non si lamenta della sua vita a Glasgow. "La mia sistemazione è
buona. Tutto è a posto. Non c'è lavoro in Slovacchia. C'è lavoro a Glasgow, e
così sono venuto qui."
Come molti lavoratori migranti dalla Slovacchia, lavora nell'industria
alimentare, con uno stipendio che non gradito a molti scozzesi ma è attraente
per chi arriva da paesi dove c'è un alto tasso di disoccupazione. Lavora nel
processo alle patate. Altri slovacchi sono impiegati nell'inscatolamento della
carne, in altri campi alimentari e nel lavaggio delle auto.
Ma Dudi, che condivide un confortevole appartamento al piano terra con la sua
famiglia, è tra i fortunati. Migliaia di lavoratori slovacchi e le loro famiglie
sono arrivati a Glasgow nel 2004, quando il loro paese si è unito alla UE.
Molti sono rom - dall'est estremo della Slovacchia, che fuggono da persecuzioni
ed esclusioni tra cui la disoccupazione.
La sfida posta ai servizi sociali dell'area sud di Glasgow è stata immensa.
Le famiglie migranti hanno richiesto uno sforzo al NHS (Servizio Sanitario
Nazionale) e alle scuole, oltre che alla polizia.
Attraverso accordi e collaborazioni molte di queste agenzie dicono che grandi
progressi sono stati fatti nell'affrontare i problemi più seri. Ma altri
ammoniscono che i rom slovacchi continuano a sovraccaricare riguardo gli slum
abitativi e le agenzie di collocamento.
Per paradosso, quando un gruppo pone domande dirette ai servizi locali, i rom
tendono ad essere profondamente sospettosi delle autorità ed hanno basse
aspettative di aiuto sociale. Ma portano significanti problemi speciali. Per
contrasto, ad esempio, gli immigranti polacchi - che tendono ad essere ben
organizzati e i cui numeri includono interlocutori di lingua inglese - i rom
slovacchi sono esclusi dalla casa [...] La maggior parte
delle agenzie hanno lottato per comunicare con loro e la traduzione rimane il
problema più grande.
Diverse agenzie hanno fatto stime differenti sul numero degli arrivati, la
cui cifra oscilla dai 1000 ai 3000 individui o forse più. Molti abitano in case
affittate privatamente, spesso di dubbia qualità - una situazione esacerbata dal
sovraffollamento. In situazioni limite si sono incontrate famiglie di 14 persone
in appartamenti a due stanze ed altri che ospitano tre famiglie in un unico
spazio. Questo crea problemi in particolare con i servizi sanitari ed i rifiuti.
Anche se di bassa qualità, la casa non è economica. Qualcuno paga sino a 650
sterline al mese per un appartamento base, e queste case sono spesso legate a
disoccupazione, con la sistemazione ritirata se il lavoro manca.
Anna Lear, direttrice della Govanhill Housing Association, è allarmata dalla
mancanza di politiche sulle condizioni degli immigrati slovacchi. La sua
organizzazione ha rinnovato circa 2000 proprietà abitative nell'area, teme che
molto lavoro andrebbe perso a causa del deterioramento delle proprietà.
Quest'associazione sta portando avanti una dettagliata ricerca su uno delle
quattro strade chiave che forniscono alloggio a molti dei migranti slovacchi, in
un quadrato costituito da Calder Street, Dixon Avenue, Westmoreland Street e
Annette Street. Sono incluse proprietà davvero povere. Dice Lear: "Abbiamo
nuovamente scene di povertà comparabili agli slums degli anni '60".
"In certe case le condizioni sono terribili. La gente continua a pagare 650
sterline al mese per un appartamento con blatte, ratti, insetti o deve si deve
cucinare con un fornellino a gas.
Non c'è niente di nuovo, fa notare. Le condizioni erano molto dure prima
degli ultimi arrivi. "Abbiamo contato 600 appartamenti sfitti nell'area. I
problemi non sono nuovi, ma il cambio della popolazione rendono tutto più
difficile."
La popolazione base di Govanhill è di circa 10.000. Così, a seconda che siano
qui 1000, 1500 o 2000 rom slovacchi, c'è una crescita tra il 10% e il 20%. Fa
notare che "Se avessimo il 20% d'aumento nell'uso della scuola, lavoro sociale,
casa e così via, ci sarebbero le possibilità di fare pressione." Ma è la casa
l'elemento chiave: "Vorremmo vedere i governi locali e centrali impegnarsi per
ammodernare le rimanenti proprietà."
Basta dare un occhio ai due lati di Allison Street, la via pubblica
principale di Govanhill, per scoprire le condizioni degli edifici. Una finestra
si apre al cielo, con la pioggia che cade sulle scale ed un gruppo di piccioni
vi staziona. Gran parte della scala è coperta di escrementi d'uccelli.
Mucchi di rifiuti, confezioni di giocattoli e tubi che escono dal suolo non
sono rari nelle corti interne. Qualcosa o qualcuno ha fracassato le finestre,
con le inferriate della scala tagliate e "fissate" con compensato. Altri hanno
messo un avviso comunale sulla presenza di veleno per ratti.
Gli slovacchi condividono gli spazi con alcuni residenti locali meno
desiderabili. I graffiti indicano il mari di aghi scartati probabilmente
lasciati da alcune persone indigene.
Il consiglio ha difficoltà nell'affrontare il sovraccarico dei residenti che,
per paura di perdere le loro case, colluderanno spesso con i proprietari nel
fornire dati imprecisi [...]
Lentamente si affrontano i problemi di comunicazione. La
Govanhill Housing Association ha ingaggiato uno studente slovacco
dell'Università di Glasgow per sviluppare il lavoro. Nel frattempo, altre due
slovacche, Lydia Zelmanova e Marcela Adamova, sono stati impiegati da Oxfam e
dalla Glasgow Braendam Link per aiutare le famiglie migranti nell'accedere ai
servizi e offrire loro aiuto per l'emergenza. Anche se Zelmanova è tornata in
Slovacchia il mese scorso, le posizioni sono state formalizzate e la Community
Health Care Partnership ha assunto la direzione dei lavori, impiegata da NHS e
il suo rimpiazzo è in divenire.
Prima di lasciare, Zelmanova ha detto a The Herald che le lacune
nel sistema stavano conducendo alla frode e allo sfruttamento. Anche se gli
interventi sono principalmente intesi per affiancare i servizi sociali e
sanitari, la maggior parte degli interventi richiesti riguarda il lavoro.
Dice: "La gente pagherà per ottenere il lavoro per diverse settimane, ma allora
non ce ne sarà più. E' stato detto loro che se desiderano un secondo lavoro
debbano pagare £50-200."
Zelmanova aggiunge quanto le frodi fossero comuni. I lavoratori
la cui occupazione termina sono rimandati a casa, dice, mentre alcune bande di
malavitosi continuano ad esigere i benefici quali gli accreditamenti di imposta
sui figli. Adamova ha detto che parecchi casi sono stati segnalati all'autorità.
Dicono i lavoratori slovacchi che questi problemi vengono
affrontati dando lezioni di inglese, così che siano meno dipendenti dai loro
sfruttatori. Questi corsi sono offerti, ma la richiesta supera l'offerta.
Adamova dice che pure la sistemazione è un problema arduo da
affrontare, parzialmente perché i migranti tollerano condizioni peggiori dei
locali. "Molto slovacchi non direbbero di vivere in sovraffollamento, perché per
noi è comune da tre generazioni vivere in due stanze."
D'altra parte, i lavoratori credono che i proprietari siano
degli sfruttatori. Molti non hanno contratto d'affitto e le somme richieste sono
alte. "Se termina il lavoro, l'agenzia non pagherà l'affitto," spiega Adamova.
"Per terminare, abbiamo degli homeless."
Mike Dailly, della Govan Law Centre, dice che finché non ci sono
soluzioni complessive, la legge dovrebbe essere in grado di fornire una vita
migliore ai lavoratori migranti. Questo è il motivo per cui si srta progettando
un centro legale a Govanhill, dice."Gli avvocati non hanno tutte le soluzioni ma
la gente ha i suoi diritti."
C'è molta manipolazione ed i Rom stanno tollerando le condizioni
degli slums. Molta gente è cosciente dei limiti dei problemi. Sono membri di
un'etnia che negli anni è stata un capro espiatorio e non vogliamo che questo
succeda a Glasgow.
I programmi per il centro legale hanno una solida base e
potrebbe essere in servizio in una coppia dei mesi se si potesse assicurare un
contributo finanziario sufficiente.
Spiega Dailly che se il centro aiuterà i migranti slovacchi,
sarà comunque a disposizione per chiunque abiti l'area. "Srà er chiunque secondo
i nostri criteri si trovi in stato di necessità." Questo approccio dovrebbe
mitigare le tensioni sociali, ragiona Dailly.
Una delle sfide per la polizia è data dagli atteggiamenti
sociali differenti dei rom e degli altri residenti di Govanhill. In particolare,
molte delle famiglie slovacche gradiscono riunirsi sulle vie nella prima sera e
più tardi nella notte, non causando danni ma disturbando altri residenti.
Tutte queste cose assieme creano tensioni sociali e dividono la
gente," dice Dailly. "La comunità può declinare se non è indirizzata."
By STEPHEN NAYSMITH,
Society Editor
Di Fabrizio (del 06/04/2008 @ 09:44:31, in Europa, visitato 1948 volte)
Da
Roma_Francais
I Sulejmani vivono ad Herbiers da più di un anno. La loro domanda
d'asilo rifiutata, queste vittime dimenticate della guerra del Kosovo non
immaginano di dover ancora ripartire. E per andare dove?
La famiglia Sulejmani lasciò il Kosovo nel 1999. "Come molte altre case dei Rom,
la nostra fu bombardata", dice il padre Bun Sulejmani, 47 anni. Oggi, l'avvenire
della famiglia è di nuovo incerto.
I Sulejmani abitavano a Mitrovica. "Prima della guerra, vivevamo bene in
Kosovo. Avevamo una drogheria, non c'erano problemi. Ma oggi, i Rom non sono più
accettati da nessuna parte. Siamo come palloni da football."
I Rom sono le vittime dimenticate della guerra che ha devastato il Kosovo
alla fine degli anni '90. Una minoranza presa nella tenaglia del confronto che
opponeva Serbi ed Albanesi. Oggi, i Rom restano indesiderabili in questo paese
divenuto indipendente lo scorso 17 febbraio. "Prima della guerra, c'erano circa
144.000 Rom in Kosovo," completa Yvon Albert che insegna il francese alla
famiglia Sulejmani. "Oggi, non ne restano che il 10%"
Attorno a Yvon Albert, nell'appartamento della famiglia messo a disposizione
dal Centro d'accoglimento dei richiedenti asilo (CADA), si sono raggruppate una
dozzina di persone. Sono cittadini di Herbiers sensibili alle sorti di questa
famiglia. "I bambini vanno a scuola, i genitori imparano il francese. E' una
famiglia molto unita, che chiede di integrarsi. Una petizione recentemente
lanciata ha raccolto 1.500 firme."
Bun e Sheribana hanno sei figli. Quattro di loro vivono a Herbiers. La più
giovane, Ikbal, ha 11 anni. Frequenta la scuola del quartiere, ha lasciato il
Kosovo che aveva 3 anni. "Non mi ricordo di quel paese. Io, voglio restare in
Francia, continuare ad andare a scuola."
Dopo il bombardamento della loro casa, la famiglia s'è ritrovata in un campo
a Podgorica, nel Montenegro. "Gli otto membri della famiglia ci sono restati per
otto anni, min una baracca grande come una stanza," dice
Geneviève Cantiteau, dell'associazione Actif, che milita per i richiedenti
asilo. "Alimentazione e cure erano aleatori." La famiglia è riuscita infine a
pagare uno spallone che li ha condotti in Francia. Dopo aver soggiornato in
diverse città, sono arrivati ad Herbiers nell'aprile 2007.
"Là, abbiamo seguito la prassi abituale," illustra
Geneviève Cantiteau. "La loro prima domanda di regolarizzazione è stata
rifiutata. Ugualmente per il ricorso. Sembra per ragioni amministrative."
La famiglia dovrà lasciare l'appartamento entro il 10 aprile. Ha indirizzato
un ultimo ricorso alla prefettura della Vandea. E' l'ultima possibilità.
"Vogliono che ritorniamo in Kosovo, ma non è possibile," continua il padre della
famiglia. "L'indipendenza non cambia niente per noi Rom. I Serbi ci detestano,
gli Albanesi pure. Non abbiamo nessun posto dove andare."
Sua moglie Sheribana, silenziosa sino a questo momento, alza le braccia e gli
occhi al cielo. "Meglio morire che rientrare in Kosovo."
E' stata pubblicata su Internet una petizione:
http://www.educationsansfrontieres.org/
[...]
Di Sucar Drom (del 05/04/2008 @ 21:01:07, in blog, visitato 1642 volte)
Firenze, caccia ai mendicanti
Firenze vorrebbe essere civile, ma da molti anni ha intrapreso una strada di
abbrutimento culturale e di appiattimento del suo storico senso civico. È
importante dirselo. Se vi fosse un racket della mendicità, non si capisce la
necessità di dover fare ordinanze ad hoc, visto ch...
Milano, violenza di Stato
Sono le 6.30 del mattino quando la colonna dei blindati della polizia si
affaccia su via Bovisasca. All´interno dell’insediamento, oltre la recinzione,
una piccola folla di donne e bambini sta finendo di caricare i bagagli sui
carrelli della sp...
Milano, scoppia la polemica dopo lo sgombero...
Donne, neonati, bambini e vecchi sgomberati da via Bovisasca vagano come
anime perse lungo i binari della ferrovia e sotto i ponti della
circonvallazione, tra viale Monteceneri e via MacMahon. E mentre i Rom,
disperati e ammutoliti, cercano un riparo e implorano i vigili di poter mettere
a te...
Milano, una Città che odia
Milano ha dimostrato in questi giorni cosa significa la parola razzismo. Il
Sindaco Moratti, insieme al Prefetto, stanno perseguendo una logica di "pulizia
etnica" per sfinimento contro intere famiglie di Rom rumeni. L'Expo ha bisogni
di spazi e di pulizia e come direbbe Bauman: la Morat...
Milano, il Prefetto cerca di salvarsi offrendo soldi
Ci hanno già provato e fallito due volte. In Svizzera è finita in rissa, nel
Pavese in ressa: con gli aspiranti beneficiari a picchiarsi su chi dovesse avere
la precedenza e con frotte di rom che partivano dalla Romania, arrivavano e
intascavano. A M...
Rom e Sinti, la partecipazione politica
Nazzareno Guarnieri è candidato al Consiglio Comunale di Pescara nelle elezioni
amministrative 2008. La sua candidatura è rappresentativa della minoranza Rom in
Abruzzo non solo perchè Nazzareno Guarnieri è un Rom, ma perchè da tanto tempo e
...
Questo è il colmo...
Questo è il colmo, accusano gli “zingari” di lasciare dei segni, quando girano
per le case a chiedere l’elemosina; dei segni per svuotare più tardi le stesse
case. Questo è proprio il colmo! Non sapendo più che c...
Roma, il Comune caccia i Rom ma accoglie i gatti
Continuano gli sgomberi in diverse parti del Paese, gli ultimi in ordine di
tempo a Milano, Roma e Reggio Emilia. Oramai la stampa in moti casi non li
segnala più ma ha segnalato un fatto interessante accaduto a Rom...
Di Fabrizio (del 05/04/2008 @ 09:16:17, in Italia, visitato 1788 volte)
LA SINISTRA L’ARCOBALENO
Martedì 8 aprile 2008 dalle ore 18 alle 20.30
presso la Camera del Lavoro di Milano corso di Porta Vittoria 43
In occasione della GIORNATA INTERNAZIONALE DEL POPOLO ROM
Presentazione di:
RACCOMANDAZIONE del CERD
(Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale)
a cura di MAREK HOJSIK, Chore (Centre on housing rights and evictions)
RAPPORTO SULL’ANTIZIGANISMO IN ITALIA
prodotto da OsservAzione, CHORE, ERRC (European roma rights centre)
a cura di PIERO COLACICCHI,
Interventi di
MARIO AGOSTINELLI, capogruppo PRC in Regione
CHIARA CREMONESI, coordinatrice Sinistra democratica
CORRADO MANDREOLI, Camera del lavoro Milano
DIJANA PAVLOVIC, attrice
TOMMASO VITALE, sociologo, Università Bicocca
Coordina: Paolo Cagna Ninchi, associazione Upre Roma
Partecipano e intervengono:
Comitato Rom e Sinti insieme, Coordinamento Rom di Milano,
rappresentanti dei campi Rom di Milano
Di Fabrizio (del 04/04/2008 @ 09:27:59, in Italia, visitato 1538 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Nemmeno l’Europa, nonostante le sanzioni e le denunce, era riuscita a sollevare così fulmineamente il dibattito politico sulla questione Rom in Italia, dibattito a cui ognuno vuole partecipare più per visibilità e tornaconto elettorale che per un reale interesse ad affrontare la gravissima e vergognosa condizione delle famiglie rom, in cui vengono ignorati i più elementari diritti.
Ma, mentre la Curia di Milano, dopo l'abbattimento di 187 baracche, ha sentito l’obbligo morale e cristiano di muovere pesanti critiche ai raid nelle baraccopoli, in molte altre città e regioni, continuano con la medesima crudeltà gli sgomberi e gli allontanamenti nell’indifferenza e nel silenzio assordante delle Istituzioni e dei massmedia.
RomSinti@politica rivolge un appello a tutti i partiti affinché la problematica rom in Italia venga affrontata con serietà, determinazione e concretezza, coniugando legalità e sicurezza con solidarietà e rispetto delle regole tra persone che convivono nello stesso territorio.
RomSinti@politica chiede giustizia anche per tutte le minoranze Rom e Sinte in Italia attraverso la partecipazione politica degli stessi Rom e Sinti che possano dare voce ad un popolo costretto a subire le decisioni e le scelte di altri non appartenenti alla nostra comunità.
In questi ultimi anni la problematica rom, insieme a molte altre questioni irrisolte , non solo è stata ignorata, ma utilizzata e strumentalizzata per fini propagandistici al servizio di una politica ipocrita ed incapace di affrontare e risolvere i problemi.
A tutt’oggi molti rom e sinti devono modificare il loro cognome per sfuggire alla discriminazione razziale, in nome di quella “tolleranza zero” sbandierata indiscriminatamente e non utilizzata invece per colpire i veri criminali.
Il rinnegare il proprio cognome quasi per liberarsi di un’appartenenza troppo ingombrante è solo uno degli esempi a cui le minoranze Rom e Sinte devono ricorrere se vogliono lavorare, acquistare un’abitazione o inserire i loro figli a scuola senza pericolo che siano discriminati.
Per governare le città, non servono fossati che dividono cittadini di sere A da cittadini di serie B, ma corrette scelte di politica sociale, culturale ed economica capaci di promuovere l’inclusione e la coesione sociale, evitando che sacche di disagio si trasformino in devianza e illegalità.
Perché candidare proprio un Rom? Perché non candidarlo?
A Pescara la candidatura del Rom cittadino italiano Nazzareno Guarnieri nella lista civica “Pescara futura” è la dimostrazione concreta di una volontà politica che intende trattare la problematica Rom nel segno e nella prospettiva della “NORMALITÀ”, della “NON DISCRIMINAZIONE” e della “SICUREZZA”
Nella lista “PESCARA FUTURA” la presenza del Rom Nazzareno Guarnieri costituisce prova tangibile di una politica che non dovrebbe discriminare nessuno per la sua appartenenza etnica, concetto basilare su cui si fonda legalità e giustizia.
Votare un Rom al Consiglio Comunale di Pescara rappresenta un momento storico importante e un laboratorio anche a livello nazionale (come già avviene in altri paesi europei e come chiede l’Europa); solo in questo modo i Rom possono essere protagonisti e responsabili del loro futuro e della loro vita : I valori hanno coraggio e chi crede nei valori deve esercitare questo coraggio!
AssociazioneRomSinti@politica
Quanti volessero sottoscrivere il seguente documento, sono pregati di indicare il loro nome,cognome,comune di residenza o domicilio, specificando la loro eventuale appartenenza ad un’associazione, ad un Ente o altro
http://coopofficina.splinder.com/post/16591437#more-16591437
Di Fabrizio (del 04/04/2008 @ 09:00:04, in Europa, visitato 1920 volte)
Da
Euobserver
Alcune OnG europee contro il razzismo hanno criticato la Commissione Europea
per aver erogato soldi per attività durante l'anno europeo del dialogo
interculturale ai governi UE, piuttosto che a chi lavora direttamente per
aiutare le comunità minoritarie.
Dice Bashy Quraishy, presidente di European Network Against Racism (ENAR) a
Euobserver: "Se la Commissione Europea voleva il multiculturalismo ed il dialogo
interculturale, avrebbe dovuto dare almeno metà dei soldi alle OnG che
interagiscono con i soggetti reali con cui vogliono creare un dialogo."
La sua organizzazione raggruppa oltre 600 OnG che operano nel combattere
il razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e l'islamofobia nei 27 stati membri
della UE.
Quraishy, di origini pakistane, dice che se ogni paese scegliesse di spendere i
fondi UE secondo la propria definizione di "dialogo interculturale" le minoranze
oggetto avrebbero scarse possibilità di essere coinvolte nel dialogo con le
comunità maggioritarie.
Si rivolge al suo paese, la Danimarca: "Il governo danese non crede
nell'interculturalismo. credono nella cultura danese. Il governo non ha
invitatao una singola OnG locale per discutere le attività dell'anno," dice
Quraishy.
Ciononostante, ha elogiato la Commissione Europea per la sua iniziativa,
sottolineando che ogni iniziativa sul multiculturalismo è utile e che Bruxelles
è stata molto più attenta dei singoli stati membri.
D'altra parte, i politici UE dovrebbero richiedere ai governi di spendere i
fondi secondo una definizione condivisa delle parole "multiculturalismo" e
"dialogo interculturale", prima di dar fondo alla cassa, ha aggiunto.
"La commissione avrebbe dovuto dire: -Per interculturalismo intendiamo che le
maggioranze con tutte le proprie risorse e denari interagisce con le minoranze
che non ne anno.- Chiedere loro [le minoranze] che tipo di attività vogliono nel
programma di dialogo interculturale. Il quadro è completamente differente da
quello dei governi," dice Quraishy.
"La mia più grande preoccupazione è che questo tipo di anni, come quello
scorso che era quello delle pari opportunità, diventano simbolici, si parla e ci
scambiano sorrisi e parole gradevoli," conclude.
Una piccola torta da condividere
L'anno Europeo per il dialogo interculturale ha un budget di 10 milioni di €,
da spendere in sette progetti pilota multi-europei e 27 progetti nazionali, che
riguardano la cultura, l'istruzione, i giovani, lo sport e la cittadinanza.
Lo scopo è di incoraggiare la comprensione, la tolleranza, la solidarietà e
il senso di destino comune tra i popoli di tutte le origini e culture in Europa.
Dei 10 milioni di € garantiti da Bruxelles, il 40% è dedicato alla campagna e
altri lavori di pubbliche relazioni per l'anno. Un altro terzo è direttamente
investito nel co-finanziamento di progetti nazionali, lasciando soltanto 2,4
milioni di €, divisi tra le capitali europee, per essere liberamente allocate.
"C'è pochissimo denaro da usare quando i fondi sono stati divisi tra i 27
stati membri" dice un incaricato di Bruxelles coinvolto nella pianificazione
annuale, spiegando che la difficoltà amministrativa nel dividere tali piccole
somme non soltanto tra i diversi governi ma anche con le OnG non valgono
semplicemente la pena.
"Sembra ragionevole che la commissione dia il denaro ai governi, considerato
che queste somme possono aggiungersi a quelle stanziate nazionalmente per
finanziare i differenti progetti," continua.
Dice che diversi stati sono stati scettici nel spendere grandi somme in campagne
sui media e altre attività di PR, e avrebbero preferito aver visto i soldi
direttamente investiti in azioni concrete sui temi del dialogo interculturale.
"C'è stata una divisione tra paesi che volevano spendere maggiormente in
-progetti emblematici- per alzare il profilo e quanti volevano allocare più
denaro per i governi e progetti," spiega.
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