Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/05/2014 @ 09:08:45, in scuola, visitato 19984 volte)
ComuneVenezia.it
Cari cittadini,
una delle realtà più interessanti che il Servizio Civile mi sta dando
l'opportunità di conoscere è quella del lavoro a contatto diretto con le
minoranze, che oltre ad essere presenti nel nostro territorio, sono presenti
nella nostra testa, spesso sottoforma di pregiudizi, timori o cliché
apparentemente indecostruibili. Nelle attività che svolgo insieme ai bambini
Sinti e alle loro famiglie ad esempio sto imparando a ridimensionare le mie
aspettative, integrando il mio bagaglio mentale con il dato di realtà e ad
apprezzare gli sforzi di tutte quelle persone che operano quotidianamente per
aprire vie di comunicazione tra "noi" e "loro". Mi sento quindi di contribuire
alla promozione di un'iniziativa che il Comune di Venezia, Direzione Politiche
Sociali, Partecipative edell'Accoglienza - Servizio Politiche Cittadine per
l'Infanzia e l'Adolescenzaha organizzato: un pomeriggio seminariale sul tema
"bambini Rom, Sinti e non...una scuola per tutti!" che si terrà nella giornata
del 29 maggio presso l'Aula Magna dell'Istituto Comprensivo "A. Gramsci" - via
passo 3/G - CampaltoVenezia.
L'incontro vuole essere l'occasione per continuare il confronto, apertosi in
occasione della giornata di formazione "Bambini Rom, Sinti e non...tutti
cittadini!" tra operatori sociali, insegnanti e persone impegnate e sensibili al
tema. Confronto proseguito, poi, durante la realizzazione del progetto per
l'inclusione e l'integrazione di bambini e ragazzi Rom, Sinti e Caminanti nella
città di Venezia.
A partire da riflessioni e quesiti affiorati nel corso di questi mesi tra gli
operatori egli insegnanti coinvolti nell'operatività quotidiana, si proverà ad
esplorare e ricercare linguaggi e pensieri condivisi sugli intrecci che derivano
dal lavoro con il gruppo classe e dall'affiancamento individuale di bambini e
famiglie.
Un'ulteriore pista di riflessione riguarda, infine, l'importanza di creare buone
relazioni nel contesto scolastico al fine di favorire l'instaurarsi di un clima
positivo nei gruppi classe a tutto vantaggio di buoni esiti nei processi di
apprendimento.
È necessario iscriversi entro il 22 maggio 2014, specificando nome, cognome,
eventuale ente di appartenenza via mail a
silvana.tregnaghi@comune.venezia.it. Verrà rilasciato un attestato di
partecipazione.
Alessandro Zanetti - Volontario del Servizio Civile
Il Depliant:
(529.89 KB) depliant 29 maggio SEMINARIO (529.89 KB)
Di Fabrizio (del 16/05/2014 @ 09:00:21, in scuola, visitato 19907 volte)
Da Agostino Rota Martir
Care e cari tutti,
siamo qui ad aggiornarvi sulla questione della Bigattiera.
Come sapete, a seguito dell'appello che tutti noi firmammo lo scorso anno e del
lavoro fatto in seguito nella Commissione 2, il primo di agosto 2013 riuscimmo a
fare approvare all'unanimità un Ordine del Giorno, in cui la Giunta si impegnava
a ripristinare pulmino, acqua e elettricità nel campo rom della Bigattiera.
La Giunta chiedeva un contributo alla Regione per essere aiutata a risolvere la
situazione, e a novembre ha ricevuto la disponibilità di 30 mila euro, come
risulta dalla registrazione audio della Commissione 2 del 13 gennaio 2014.
Abbiamo assistito agli incontri in commissione per avere gli sviluppi di questa
vicenda, abbiamo sollecitato gli assessori, abbiamo ricevuto promesse e piccole
proposte di progetti minimi che poi non sono state realizzate. Niente è stato
fatto.
Oltre il danno, l'ennesima beffa. ll 27 marzo giunge una nuova denuncia alle
famiglie del campo, per inadempienza dell'obbligo scolastico. E fin qui possiamo
anche essere d'accordo: i bambini in effetti a scuola non vanno se non
saltuariamente, soprattutto in inverno, e la responsabilità oltre che di tutti è
anche dei loro genitori.
Ma che il Sindaco tuoni tronfio che "E' inaccettabile, non si può in alcun modo
tollerare una situazione del genere, a danno di bambini e bambine", questo pare
davvero troppo. Come che si vanti su Facebook di non aver fatto mai nulla per i
rom, se non "prevenzione e diminuzione del numero delle presenze", e che le
politiche di Città Sottili sono acqua passata e scelte ormai lontane, ci pare
incommentabile.
Ad oggi la situazione è identica ad un anno fa, con in più la disillusione su un
possibile ripristino di una condizione umana anche minima, poiché evidentemente
quello che manca è la volontà politica di trovare qualche soluzione. I bambini
hanno passato l'ennesimo anno senza istruzione scolastica, senza la vicinanza
dei compagni di classe, perdendo nuovamente una possibilità per il loro futuro.
Per tutto questo, su richiesta dei bambini e dei genitori del campo della
Bigattiera, abbiamo pensato di organizzare una Marcia simbolica verso la Scuola
con partenza dalla Bigattiera il giorno mercoledì 21 maggio alle ore 9:00,
direzione Marina di Pisa.
L'obiettivo è mostrare alla città quanto sia lontano e pericoloso il percorso
dei bambini verso la loro scuola, riportare l'attenzione della società civile
sul diritto all'istruzione e ad una vita dignitosa per tutti i bambini e tutte
le bambine.
Sappiamo che è un giorno lavorativo e che molti non potranno, ma siamo qui a
chiedervi, per chi può, di partecipare, perché abbiamo bisogno del maggior
numero di persone possibile a supporto di questa protesta, per renderla visibile
ed efficace.
Vi preghiamo di rispondere alla mail con la vostra eventuale disponibilità, così
ci contiamo e cerchiamo di organizzare al meglio.
Grazie a tutti della pazienza e della partecipazione,
a presto
Clelia Bargagli
Luca Randazzo
di Una Čilić,
Aida Halvadzija,
Erna Dželilović -
Fonte: International Justice
- ICTY
La discriminazione, la povertà e i problemi della comunità rendono difficile il
successo ai giovani rom.
Nehrudin Cikaric aiuta un bambino in matematica al centro diurno per bambini
in situazioni di vulnerabilità (Foto: Una Čilić)
Haris Husic, ora 23enne, ricorda con chiarezza come venne bocciato al suo
compito di matematica, all'età di dieci anni, nonostante fosse assente il giorno
in cui si svolse.
Quando chiese all'insegnante quando avrebbe potuto dare il compito, lei gli
rispose che gli aveva già dato l'insufficienza.
"Le chiesi come fosse possibile, visto che non ero nemmeno andato a scuola ma
lei mi disse 'non importa, la prossima volta prenderai un voto migliore'"
ricorda.
Storie
di transizione: Nehrudin - Video di Una Cilic, Aida Halvadzija ed
Erna Dzelilovic da Sarajevo.
Più avanti, Husic seppe che, quando gli mise l'insufficienza, la maestra
commentò "Quand'è che finiranno la scuola?"
"Loro" significa i rom, una minoranza impoverita in Bosnia ed Erzegovina (BiH),
trovatasi ai margini della società e oggetto di forti pregiudizi.
Husic, che vive nella piccola cittadina di Visoko, vicino alla capitale
bosniaca, sta ora studiando lingua e letteratura tedesca all'università di
Sarajevo.
Dice di essere spesso incappato nell'intolleranza, spesso basata sulla credenza
che i rom siano tutti ladri.
"Non mi vergogno delle mie origini" dice "Per me, tutte le persone sono uguali e
non le differenzio in nessun modo. Do sempre il meglio di me stesso per trattare
tutti bene, attitudine che mi ha aiutato a superare i miei problemi con la
discriminazione."
Non avendo entrate fisse in casa, Husic usufruisce di una borsa di studio
mensile di 100 marchi bosniaci (70 $) datagli dal Fondo per l'Educazione in
Bosnia ed Erzegovina per coprire le sue spese giornaliere ed alimentari.
"Non è facile ma non mi arrenderò mai. Darò il mio meglio per finire gli studi,
anche se dovessi camminare ogni giorno da Visoko a Sarajevo." dice.
Nonostante le attuali disposizioni del governo per aiutare i rom, il pregiudizio
diffuso e le tradizioni conservative della comunità stessa fanno si che vi siano
pochi progressi.
BASSI LIVELLI DI ISCRIZIONE ALLA SCUOLA SECONDARIA
L'educazione, soprattutto, è uno dei campi in cui i rom ancora non hanno
risultati.
Secondo i dati del Ministero per i Diritti Umani e i Rifugiati, vi sono 17.000
rom registrati in Bosnia-Erzegovina, anche se il numero reale è supposto essere
il doppio, visto che molti non hanno documenti di identità.
Secondo un report pubblicato dal Ministero vi sarebbero stati 3.000 bambini rom
frequentanti la scuola primaria nell'anno scolastico 2011/12, mentre solamente
243 avrebbero frequentato la scuola superiore quello stesso anno.
"Uno dei principali problemi dell'educazione dei bambini rom, oltre alla
povertà, è che l'istruzione non è molto valorizzata dalla società rom" dice
Dalibor Tanic, un giornalista rom che lavora per Start magazine "La media dei
genitori rom pensa che sia più importante per i loro figli aiutare nelle entrate
economiche della famiglia, piuttosto che perdere tempo a scuola."
"L'altro problema è che, per un bambino rom con genitori illetterati, risulta
molto difficile andare bene a scuola. Faticano a stare al passo con gli altri
bambini, che hanno frequentato l'asilo - cosa molto rara nella comunità rom - e
i cui genitori possono aiutarli nello svolgimento dei compiti per casa."
Alcuni giovani rom fuggono dalla loro comunità e dalle loro tradizioni per poter
partecipare in pieno alla società civile bosniaca.
"ROM ED ORGOGLIOSA DI ESSERLO"
Aldina Fafulovic, un'attivista di 24 anni, dice che molti rom evitano di
dichiarare le proprie origini per evitare discriminazioni.
"Sappiamo tutti che vi sono dei giovani universitari che si vergognano di dire
di essere rom e che decidono di nascondere le loro origini per evitare di essere
visti come diversi dai loro compagni di corso" dice.
Fafulovic, comunque, è determinata a non lasciare che questo stigma influisca
sulla sua vita.
"Sono rom ed orgogliosa di esserlo. Non mi vergogno di dirlo" dice.
Fafulovic è attiva nella comunità rom dall'età di 13 anni, quando il suo
interesse venne acceso durante la partecipazione ad un seminario sui problemi
dei rom a Spalato, in Croazia, al quale partecipo assieme al padre.
"Quando ebbi 20 anni, ebbi l'opportunità di partecipare ad una conferenza
mondiale sull'HIV/AIDS in Austria, dove incontrai persone provenienti da tutto
il mondo, dall'Africa, dall'Asia, dall'Europa e dagli Stati Uniti" dice "Ebbi
l'onore di partecipare a quella conferenza e di dire 'sono rom e lotto per i
diritti della mia gente.'"
Fafulovic è stata la prima donna rom ad iscriversi al corso universitario per
educatori dell'università di Sarajevo e la prima rom ad andare a vivere nel
dormitorio universitario.
È diventata specialista rom per la missione OSCE in Bosnia-Erzegovina ed è ora
membro e fondatore dell'associazione Mladi Romi (Giovani rom).
Il gruppo si dedica alla preservazione della cultura rom e, altresì,
all'educazione dei giovani rom a Vitez, città della Bosnia centrale, casa di
circa 125 famiglie rom per un numero totale di circa 500 persone.
Fafulovic è anche una degli assistenti rom del progetto Vrtic za Sve (Asilo per
tutti), mirato a supportare i bambini in condizioni di vulnerabilità.
"Molte persone, quando vedono un rom che chiede l'elemosina, pensano che tutti i
rom siano uguali" dice Fafulovic "Fortunatamente, non è così, perché solamente
nel nostro villaggio (Sofa) 85 bambini frequentano la scuola primaria, 12 la
scuola superiore e 2 di noi l'università"
Ma Fafulovic dichiara di aver dovuto affrontare l'opposizione della sua stessa
comunità, in cui molti leader rom vedono i giovani attivisti come un affronto
alla loro posizione.
"Nonostante ciò, sono riuscita ad ottenere qualcosa tramite il mio lavoro"
continua "L'anno scorso ho organizzato la donazione di 250 zaini contenenti
materiali scolastici utili per tutti i bambini a rischio della zona di Vitez."
Aldijana Dedic, 26 anni, dice che la discriminazione è sempre stata parte della
sua vita. Suo padre è rom e sua madre bosniaca musulmana.
"Le persone mi trattano diversamente quando scoprono che mio padre è rom" dice
"ogni volta che ho lavorato, anche se con successo, ho sempre sentito le persone
dirmi alle spalle 'sappiamo di chi è figlia, è la figlia di quello zingaro.'"
Dedic, che ha svolto il tirocinio come esperta rom all'OSCE e alla Commissione
Europea in Bosnia-Erzegovina, pensa che il pregiudizio contro i rom esisterà
sempre, non importa quale livello di educazione e quali professioni essi
otterranno.
"Viviamo in un ambiente nel quale la comunità internazionale ha ancora da
affermare che i rom debbano essere inclusi nella società" dice.
SUCCESSO LIMITATO DELLA POLITICA D'INCLUSIONE
Nel 2008, la Bosnia-Erzegovina ha aderito ad un'iniziativa internazionale volta
a migliorare le condizioni di vita dei rom.
Il Decennio per l'Inclusione dei Rom 2005-2015 ha riunito governi, organizzazioni
non-governative e la società civile rom nello sforzo di eliminare il gap tra la
comunità rom e il resto della società.
Venti Paesi hanno preso parte all'iniziativa, che si focalizza su istruzione,
lavoro, salute e abitazione e che impegna i governi del prendere misure nei
campi della povertà, della discriminazione e delle questioni di genere.
Sanela Besic, coordinatrice del Centro Informativo Rom di Sarajevo Kali Sara,
dice che il Decennio per l'Inclusione dei Rom ha portato a definire chiaramente i
documenti politici, redatti per la prima volta, col Consiglio dei Ministri e
allocanti 3 milioni di marchi bosniaci (2.1 milioni di dollari) per la sua
implementazione in questo anno.
Il successo più evidente è stato nel campo abitativo con 400 case ed
appartamenti costruiti per i rom per un costo di circa 12 milioni di marchi
bosniaci.
Comunque, solo 250 rom hanno finora trovato lavoro tramite del iniziative delil
Decennio, iniziata in Bosnia nel 2009.
"Molte famiglie rom non hanno ancora una casa, accesso alle cure mediche,
nemmeno un'alimentazione sufficiente" dice Besic, e aggiunge "È questo che
bisognerebbe cambiare nelil Decennio. Le famiglie in condizioni di povertà estreme
dovrebbero ricevere un sostentamento base."
La mancanza di un supporto finanziario limita le prospettive future di molti
rom.
Armina Ahmetovic, 20 anni, è stata la prima ragazza rom a finire i tre anni di
scuola professionale a Jablanica, nella Bosnia meridionale. Voleva studiare per
diventare infermiera ma, la mancanza di fondi, le ha reso impossibile il
viaggiare fino a Mostar, a 50 kilometri di distanza, per continuare la sua
istruzione e, alla fine, si è arresa.
Ahmetovic ha ora la patente e spera di trovare un lavoro. Continua a credere che
"l'educazione è molto importante e tutti quelli che hanno possibilità economiche
dovrebbero continuare a frequentare la scuola."
Il giornalista rom Tanic, che monitora attivamente i progressi delil Decennio per
l'Inclusione dei Rom, crede che sarà necessario molto più tempo per vedere dei
risultati visibili.
"I problemi del popolo rom si sono accumulati per decenni e, nel caso della
discriminazione, per secoli" dice "Non credo a nessuno che dice che siano stati
fatti grossi passi avanti grazie alil Decennio, specialmente in
Bosnia-Erzegovina."
Lui accusa i leader rom e le ONG di perdersi in conflitti interni che rallentano
i progressi.
"Certamente, sono stati fatti dei tentativi positivi, sono stati fatti dei
progetti, durante il Decennio, ma non hanno concluso molto per migliorare gli
standard di vita dei rom." dice "Vi sono alcune ONG che hanno fatto molto negli
abitati rom ma non è comunque abbastanza. Vi sono 5 o 6 organizzazioni dominanti
che impediscono ad altre organizzazioni di contribuire."
IL NUMERO TITOLI DI STUDIO PRIMARI NON SALE
Tanic spiega che, nonostante il supporto extra dato dal Decennio per
l'Inclusione dei Rom, il bambini della comunità rom che completa la scuola
primaria rimane basso.
"Durante il progetto, i bambini rom hanno ricevuto libri di testo gratis ma
questi benefici non sono stati sufficienti per tenerli a scuola" dice "anche se
il Decennio ha aumentato il numero di bambini rom iscritti a scuola non vi è un
numero maggiore di conseguimento di titoli di studio."
Tanic crede che "dopo il 2015 lo sforzo maggiore dovrà essere direzionato a
trovare impiego per i rom, perché, se almeno uno dei genitori lavorasse,sarebbe
più facile per i loro figli andare a scuola e conseguire un titolo di studio."
Dalila Ahmetovic di Kakanj è una dei successi della comunità rom. Laureatasi
alla facoltà di comunicazione all'università di Sarajevo, sta ora studiando alla
magistrale.
Come Husic, è beneficiaria di una borsa di studio dal Fondo per l'Educazione in
Bosnia ed Erzegovina, che ha distribuito borse di studio in Bosnia-Erzegovina
negli ultimi 15 anni, tra cui 8.360 tra bambini e ragazzi rom.
"Vivo in un ambiente in cui i rom che terminano gli studi superiori sono rari e
in cui l'istruzione universitaria è considerata una mosca bianca" dice Dalila,
che beneficia di supporto finanziario ed emotivo da parte dei genitori.
Gli attivisti ricevono conforto dal fatto che l'interesse nell'assegnare borse
di studio a giovani rom è in aumento, con l'Associazione riportante che, nel
2005-06, 69 giovani hanno fatto richiesta di un finanziamento, numero salito a
187 nel 2012-13.
Dalila sottolinea l'importanza dell'educazione.
"La maggior parte dei bambini rom non può andare a scuola a causa delle
condizioni di vita e della povertà estrema che impedisce loro di acquistare
libri e altri materiali scolastici." dice "Nonostante queste difficoltà, tutti i
bambini rom dovrebbero ricevere l'opportunità di andare a scuola e di
migliorarsi perché, come ho già detto, questo è il fattore chiave per lo
sviluppo della società rom."
"Solo i giovani istruiti possono fare qualcosa per se stessi e per tutta la
società, per un futuro migliore."
Il video che accompagna queste storie presenta Nehrudin Cikaric, un giovane
attivista rom che è passato dal chiedere l'elemosina, da bambino, al frequentare
regolarmente la scuola e a giocare a calcio e praticare boxe ad alti livelli.
Inoltre, fa il volontario al centro per bambini in situazioni di vulnerabilità
insegnando matematica ai bambini piccoli. Nehrudin spera di entrare nella
polizia bosniaca o nell'esercito una volta terminata la scuola.
Di Fabrizio (del 26/04/2014 @ 09:06:17, in scuola, visitato 1986 volte)
Continua l'operazione "nostalgia" iniziata con
Il giorno delle 300 candele.
Questo nuovo ebook narra di un progetto (finanziato allora dal comune di
Milano, oggi sembra incredibile) di un bollettino dedicato alle scuole e redatto
in un campo rom, che seppe creare rete e comunità. Rileggerlo dopo 20 anni può
fare simpatia, ma molti degli articoli di allora sono ancora utili e vivi.
Oppure può essere una testimonianza storica, e anche un buon bigino per chi,
ancora oggi, redige bollettini e/o siti scolastici o di comunità.
Copyright Licenza di copyright standard
Pubblicato 24 aprile 2014
Lingua Italiano
Pagine 88
Formato del file PDF
Dimensioni del file 129.1 MB
Prezzo 1,90 euro
Scarica il pdf
Di Fabrizio (del 23/04/2014 @ 09:05:46, in scuola, visitato 2321 volte)
di Lorena Cotza su
Corriere della Sera LA CITTA' NUOVA
Teresa vive in Italia, ha 18 anni, sta per diplomarsi e sogna di iscriversi
all'università. La sua è una di quelle storie che non dovrebbero far notizia.
Ma
Teresa è una giovane rom e la sua storia è ancora considerata una rara
eccezione.
"Sino all'anno scorso nessuno a scuola sapeva che ero rom" racconta Teresa
Suleymanovic. "Quando i miei compagni mi chiedevano da dove venissi, dicevo solo
che ero bosniaca. Non volevo dire che vivevo in un campo. Perché tutti pensano
che i rom dei campi rubino e siano sporchi".
Teresa sta frequentando l'ultimo anno dell'Istituto Alberghiero di Monserrato,
in provincia di Cagliari, dove sono iscritte anche altre tre ragazze del campo
in cui abita.
"Dopo il diploma mi piacerebbe studiare Scienze dell'Alimentazione e diventare
una dietologa" dice Teresa. "Oppure mi piacerebbe lavorare nel settore della
ristorazione, ho svolto diversi tirocini in alcuni ristoranti della zona e ho
imparato tantissimo su questo mestiere".
L'amore per la cucina gliel'ha trasmesso sua madre, Visna, trasferitasi dalla
Bosnia in Sardegna circa 30 anni fa. "Il pane per noi è il cibo più importante"
mi spiega Visna mentre con gesti sicuri prepara la pita, una finissima ed
elastica pasta che riempie con carne e verdure. "È una tradizione che si
tramanda di generazione in generazione, tutte le mie figlie lo sanno fare".
Oltre alle tradizioni culinarie, i diritti umani sono l'altro tema a cui Teresa
vorrebbe dedicarsi in futuro. Nella tesi di diploma che sta preparando, ha
infatti scelto di raccontare la storia del suo popolo, il genocidio nazista e la
resistenza della cultura rom, ancora intatta nonostante secoli di persecuzioni.
"Ho scelto questo argomento perché ci sono ancora tanti, troppi pregiudizi sui
rom. Se davvero non sei razzista non dovresti fare differenze tra nessuno. Non
puoi pretendere di dire che non odi i marocchini, ma al tempo stesso odiare i
rom. Altrimenti che senso ha?" si chiede Teresa.
Quest'anno Teresa ha partecipato a
"Italia-Romanì", convegno sull'inclusione dei
rom e dei sinti in Italia, organizzato dall'Associazione 21 Luglio e tenutosi a
Roma dal 3 al 5 aprile. Racconta con entusiasmo del
flash-mob organizzato di
fronte al Colosseo: "Abbiamo indossato dei sacchi neri, con dei biglietti che
descrivevano i pregiudizi che ci portiamo addosso. Nel mio ho scelto di scrivere
"Io non voglio studiare". E poi ce li siamo strappati di dosso".
"Vicino al convegno c'era anche una manifestazione anti-rom, ci gridavano di
tutto ma per fortuna vicino c'era la polizia" continua Teresa. "Ma durante il
flash-mob è stato bello rispondere alle domande della gente e far vedere che ci
sono tanti giovani rom in gamba".
Tra i tanti temi affrontati durante il convegno, uno dei più dibattuti è stato
quello dei campi rom. Una questione di non facile soluzione: alcuni rom
vorrebbero trasferirsi in case normali, ma altri non vogliono rinunciare alla
vita comunitaria del campo. Teresa vive in un piccolo e isolato insediamento a
circa 7 km dal primo centro abitato, in cui vivono 14 famiglie rom. Il campo si
trova in cima a una collina da cui si domina il Golfo di Cagliari ed era la sede
di un vecchio inceneritore, di cui oggi resta solo lo scheletro spettrale della
struttura.
"È stata dura - dice Visna, raccontando con orgoglio di come ha costruito la sua
baracca. - Abbiamo lavorato duramente per raccogliere i pezzi di lamiera, ma
siamo riusciti a costruire una stanza per tutti i miei figli. Quando sgomberano
i campi e buttano giù le case su cui hai lavorato per anni non è bello".
Teresa vorrebbe vivere in una casa in città, come una delle sue sorelle, che ha
sposato un italiano e lavora nel settore della ristorazione. Ma capisce anche la
scelta di chi non vuole spostarsi. Le abitazioni fornite dal comune sono spesso
troppo piccole per le famiglie più numerose e a molti manca la solidarietà che
si crea all'interno dei campi.
Ci sono, però, problemi che potrebbero essere affrontati e risolti con poche
risorse: "Da anni chiediamo al sindaco di creare una piazzola per una fermata
del pullman - dice Teresa - Le corriere passano lungo questa strada, ma non si
fermano, quindi per andare a scuola devo sempre chiedere un passaggio a mio
padre. C'è un pulmino per i bambini iscritti alla scuola elementare, ma non per
tutti gli altri".
Teresa è riuscita a proseguire gli studi grazie a una borsa di studio della
Fondazione Anna Ruggiu, dedicata al sostegno della popolazione rom. Ma c'è un
male che nessun benefattore riesce a curare: quello dei pregiudizi.
"Quando ho detto ai miei compagni dove vivevo, alcuni mi hanno detto che
avrebbero voluto vedere il mio campo, ma hanno paura e pensano che siamo
cattivi. So che non verranno qui. Ma bisognerebbe prima conoscere e poi
giudicare".
Anche su
Di Fabrizio (del 03/03/2014 @ 09:07:51, in scuola, visitato 1971 volte)
di Monica Febbo, 01/03/2014 - 08:27 su
LinguaMigrante
''Il dialogo interculturale non è un vezzo, è una necessità del nostro tempo.
(...) il dialogo interculturale è impossibile senza un riferimento chiaro e
condiviso a valori fondamentali, quali la democrazia, i diritti umani e il primato del
diritto.
(Consiglio d'Europa, Libro bianco sul dialogo interculturale, 2008)''
"Le categorie di spazio e di tempo, ad esempio,
sono concepite in modo culturalmente diverso e da ciò derivano,
talvolta, differenti modalità di approccio e di risposta
alle esperienze e agli apprendimenti che la scuola propone.
similmente, sul versante delle capacità di astrazione e simbolizzazione,
vi sono specificità particolari, per cui gli studenti sinti e rom
potrebbero faticare molto a memorizzare,
ad attribuire a dei simboli significati e concetti.
Questa caratteristica contribuisce a rendere difficoltoso l'apprendimento della
letto-scrittura,
problematicità derivante anche dal fatto
che nelle culture di provenienza le lingue madri sono prevalentemente orali.''
Si potrebbe riassumere con le due citazioni sopra riportate (da: Linee guida per
l'integrazione 2014 - MIUR), stringatissime e poste su due piani paradossali, il
testo emanato in questi giorni dal MIUR.
Un testo che si autoannuncia come qualcosa di fortemente rivoluzionario e
innovativo.
Estrapolando solamente queste due affermazioni si direbbe che segue piuttosto la
dicotomia di pensiero che contrassegna da tempo il sistema scolastico e non
solo. Non in secondo luogo è da tenere in considerazione la mancanza di
tangibilità con un reale quotidiano che, con tutta certezza, non è stato
valutato interpellando i diretti interessati, cioè gli insegnanti, "in prima
linea" in quanto attori di didattica, sapere, ricettori reali di un mondo che
cambia, spettatori di un susseguirsi generazionale che non doveva e non deve
essere mai messo in secondo piano.
La marcata incompetenza in fatto di materia scolastica, è da ribadirlo, lo
mostra il secondo passaggio riportato.
Vero e proprio atto lesivo e non solo nei confronti di categorie che con dovizia
di dettaglio vengono elencate come a farne un discorso maggiormente assimilabile
a una sorta di novello Manifesto della razza degli studenti. Prospettiva di
certo non tranquillizzante. Quanto una tacita negazione di studi in merito alla
linguistica, ai processi cognitivi e all'alfabetizzazione, percorso in salita
che ha visto confutare le teorie esposte a Teheran negli anni '60 dove il
problema era inteso, come qui brutalmente esposto ovvero come Coscientizzazione
e che prende cioè le mosse dall'esperienza concreta.
L'aspetto duplice dell'affermazione del MIUR mostrerebbe invece delle
potenzialità non irrilevanti se si avesse la volontà di portarle a risultati
d'ordine pratico, come nel caso dell'aritmetica e di processi di memorizzazione
intuitivi già presenti nella mente del bambino ancora prima del suo ingresso a
scuola.
Senza contare che l'accettazione di un giudizio così lapidario porterebbe di
certo a una condanna senza appello di adulti analfabeti ancora presenti nelle
nostre comunità del benessere.
L'oralità che è tipica appunto in colui o nelle comunità che fanno minor ricorso
alla lettera scritta non presuppone distinzioni tali da far credere
scientificamente che i processi cognitivi del bambino come dell'adulto siano
compromessi e impediscano dunque il leggere e lo scrivere come appunto immagini
simboliche da decodificare.
IIn secondo luogo, è stato dimostrato che oggigiorno il registro linguistico del
testo scritto mostra sempre più una capacità di flessibilità tale da poterlo
mettere spesso a confronto con il parlato. Se si pensa a un testo per una
conferenza o un convegno, sembrerà di assistere a una vera e propria
trascrizione della voce del relatore, molto più che nel caso di una chat o di un
sms. Dunque, evitando pericolose ghettizzazioni della lingua soprattutto a certi
gradini della conoscenza di essa, scomodando trattati che stabilivano
grossolanamente dogmi pedagogici e d'ordine pratico che non fanno altro che
ghettizzare l'alunno in una sorta di stato di reclusione ed eterna gabbia nei
confronti di una comunità scolastica, che sia adulto o minore, da cui egli
stesso certo non potrà sottrarsi, se non da quell'assassino di se stesso che gli
altri ne fanno, criminali di un sapere imprescindibile perché da intendersi come
vitale necessità e pari diritto a essere liberi.
Di Fabrizio (del 25/01/2014 @ 09:05:45, in scuola, visitato 2001 volte)
da
Scheda
Autori:
Daniela Sala
Credits:
Musiche: Grre en famille - "Roots culture"; Grre en famille - "Chacun pour soi"
Data: 18 dicembre, 2013 - 15:56
Sfantu Gheorghe è una piccola cittadina nel nord della
Romania che conta 60mila
abitanti e si trova nella regione storica della Transilvania. In questa zona la
minoranza seclera
(di lingua ungherese), costituisce circa il 75% della
popolazione, mentre nella sola Sfantu Gheorghe la popolazione di etnia rom è
stimata tra le 5 e le 6mila persone. Duemila di loro vivono ad
Orko, un
quartiere ghetto ai margini della città. Ufficialmente, almeno stando ai dati
dell'ultimo censimento, in tutta Sfantu Gheorghe le persone di etnia Rom non
sarebbero più di 200.
Nella sola scuola di Orko, la scuola San Filippo Neri che va dall'asilo alle
medie, i bambini iscritti sono più di 500. Tutti Rom. "Non è una scuola per Rom
- ci tiene a precisare Robert Kiss, direttore della scuola - chiunque può
iscrivere i propri figli qui". Semplicemente, spiega, è la scuola di questo
quartiere e trovandosi a ridosso del quartiere rom è normale che i genitori
iscrivano i propri figli qui. Peccato però che a ridosso della scuola abitino
anche famiglie di etnia ungherese: tutti i loro figli sono iscritti ad altre
scuole in città.
La scuola di Orko esiste grazie ad un prete, Markos Andras. Mandato qui
all'inizio degli anni '90, visto che la maggior parte dei rom qui sono di
religione cattolica, Andras fece costruire un luogo di ritrovo per gli abitanti
del luogo. In breve si rese conto che la maggior parte dei bambini e ragazzi di
Orko non sapeva né leggere né scrivere e i pochi che frequentavano le scuole in
città erano fortemente discriminati e abbandonavano gli studi dopo pochi anni.
Così nel 1999 la struttura è stata convertita in una scuola e da allora funziona
ininterrottamente. Lo spazio è poco e i bambini molti, così le lezioni si
svolgono in due turni, mattina e pomeriggio.
L'analfabetismo, rispetto a 15 anni fa è certamente in calo, ma i numeri
testimoniano un tasso di abbandono scolastico tuttora altissimo. Se infatti gli
alunni iscritti alla prima elementare sono 59, quelli di quinta sono meno della
metà, solo 23. E alle medie va ancora peggio: 25 in prima media, 18 in seconda e
solo 10 in terza.
Il caso di Orko è tutt'altro che è un caso isolato: nel 2006 30 città rumene
hanno ricevuto dei fondi dall'Unione europea per l'integrazione scolastica dei
minori rom e per 4 anni, fino al 2010 la regista e attivista per i diritti umani
rumena Mona Nicoara ha seguito e documentato le vite di 3 studenti Rom di Targu
Lapus per vedere come l'integrazione stava funzionando. Il risultato è il
documentario "Our school" (vedi
QUI, ndr.): i giovani protagonisti non solo alla fine non sono
integrati nelle scuole della città ma sono addirittura spostati in una "scuola
speciale" per disabili mentali. Nel 2007 la Corte europea per i diritti
dell'uomo ha condannato la segregazione scolastica dei rom come una violazione
della dignità umana. Sentenza ad oggi senza conseguenze.
Di Fabrizio (del 04/01/2014 @ 09:07:47, in scuola, visitato 1900 volte)
di PAOLO GRISERI su
Repubblica
La madre racconta: "Ha detto a mio marito che è meglio fare il lavavetri ai
semafori che rapinare". La famiglia è arrivata dalla Romania nel 2012, Rinaldo
ha 10 anni e vive in un campo nomadi a Torino, vicino a Mirafiori
Ci sono i nastri colorati, le palle rosse e i rami d'argento. È quasi tutto in
ordine. Quasi. Perché a ben pensarci qualcosa manca all'albero di Natale di
Rinaldo e di sua cugina Sara. Di giorno si nota poco, eppure manca. Certo, ecco
che cos'è: mancano le luci, sono spente. Diciamo la verità: accenderle sarebbe
uno spreco. Come trascorri la tua giornata, Rinaldo? "Aiuto mia madre". Come
l'aiuti? "Metto la benzina nel generatore. Serve per le luci, per caricare i
telefonini, per far funzionare il frigorifero". Il campo nomadi di Mirafiori, in
fondo al corso della Fiat, è il meno noto, e dunque il più abusivo della città:
non compare nemmeno sulle mappe degli accampamenti che circondano Torino. Eppure
tra le baracche e il fango vivono a centinaia. Rinaldo è uno di loro. La madre
cerca lavoro. Il padre invece un'occupazione ce l'ha: "Lavora al semaforo".
Anche Rinaldo ha un progetto per il futuro. L'ha scritto alla maestra Elisa
parlando delle sue speranze per il 2014: "Da grande vorrei fare il maestro. Per
imparare a non rubare".
Il campo nasce dove finisce la città. A due passi dall'ultimo palazzo di vetro,
nuovissimo, magico, a forma di onda. Dentro le volute ci sono gli uffici più
moderni, quelli dove si disegnano i nuovi modelli di auto per i produttori di
tutto il mondo, dai tedeschi ai cinesi. Rinaldo tutto questo non lo sa. È
arrivato qui alla fine del 2012, quando aveva nove anni: "Abbiamo viaggiato in
furgone, un giorno e una notte. Veniamo dalla Romania". Per entrare nella
baracca si salgono tre scalini di legno che garantiscono una buona distanza tra
il pavimento e il fango. Servono anche, i gradini, a tenere lontani gli animali,
come si faceva migliaia di anni fa con le palafitte. È successo proprio su quei
gradini: "Un giorno Rinaldo ha sbarrato la strada a mio marito. Gli ha detto:
"Papà, è meglio che tu vada al semaforo"". Giulia, la madre, racconta la storia
sorridendo. Ne ha viste tante. Ha imparato cinque lingue frequentando
l'università dei campi nomadi di mezza Europa: "Devi imparare a capire in
fretta". È questione di sopravvivenza. Per Rinaldo "leggere e scrivere è
importante. Serve a prendere la patente". Ma soprattutto, "serve a trovare un
lavoro. E se hai un lavoro non hai più bisogno di rubare". Era stato questo il
discorso fatto da Rinaldo a suo padre sugli scalini: "Andare al semaforo è un
lavoro, andare al grande magazzino no".
Giulia spiega che "chiedere i soldi tutte le volte che diventa rosso può rendere
anche 15 euro al giorno. Ma non è sicuro. E comunque non sono tanti. Certo, chi
ruba guadagna molto di più". Rinaldo questo lo sa bene: "Qui nel campo molti
rubano. Prendono le borsette, i telefonini, vanno al grande magazzino. Sono
senza lavoro, si aggiustano così". Perché allora chiedere alla maestra di
imparare a non rubare? "Da grande voglio fare il maestro anche io. Così avrò un
lavoro, non avrò bisogno di andare ai grandi magazzini. E potrò insegnarlo agli
altri. Per questo ho chiesto alla maestra di insegnare a non rubare". E se non
riuscirai a fare il maestro? "Allora voglio fare il poliziotto. Ce n'è uno che
viene sempre qui al campo, si chiama Ulisse". Che cosa viene a fare? "A
controllare che tutto sia tranquillo".
Mentre parla, Rinaldo tormenta una palla rossa dell'albero di Natale. La rigira
tra le mani, la fa dondolare. È agitato, nervoso. Si confessa: "Sai che prima
non volevo parlarti? Non avevo tanta voglia di raccontare la mia storia. Poi mia
cugina Sara mi ha convinto. In fondo è una bella cosa". Giulia, la madre, ed
Elisa, la maestra, annuiscono. Imparare a non rubare non è una cosa di cui
vergognarsi. Ma raccontare la propria vita a chi abita fuori dal campo può
essere rischioso: "Quelli delle Poste - dice Sara - vogliono mandarci via perché
di notte facciamo festa e disturbiamo". Poco distante dal campo c'è
effettivamente un grande deposito delle Poste. Non sono certo gli impiegati a
protestare. Sono gli abitanti del quartiere che sorge a poca distanza. Alti
palazzi, aree verdi, un complesso nato per i colletti bianchi nel cuore dell'ex
barriera operaia. Per questo il "Centro Europa", a Mirafiori Nord, è sempre
stato considerato il quartiere dei ricchi anche se ricchi non se ne vedono
molti. Elisa, la maestra, abita lì e lo dice con un po' di ritrosia: "La
petizione è passata anche nel mio palazzo. Un vicino di casa. Ha bussato una
mattina, si è presentato con la cravatta verde dicendo: "Vorremmo che lei
firmasse la petizione per far chiudere la fontana nei giardini pubblici". Io ho
chiesto perché mai si dovesse togliere l'acqua a una fontana che rinfresca chi
passa in mezzo al giardino: "Perché quell'acqua la usano gli zingari del campo
per andarsi a lavare. Certe mattine dalla finestra li vediamo che si lavano
nudi". La petizione ha raccolto un bel po' di firme e per qualche mese Rinaldo
e la sua famiglia non hanno potuto lavarsi alla fontanella. Poi qualcuno con un
po' più di sale in zucca ha riaperto il rubinetto.
Ma perché fare questa vita? Perché partire dalla Romania su un furgone, girare
mezza Europa e finire nel fango a Mirafiori sotto il meraviglioso palazzo a
forma di onda? Ha ancora senso fare tutti questi sacrifici per inseguire il mito
del nomadismo? "Ma noi non siamo nomadi", sorride Giulia mentre offre il caffè.
Qui, al campo, di Tchajkovskji e del fascino zigano non si vede traccia: "In
Romania - spiega Giulia - vivevamo in case di muratura, vicino a Timisoara. Poi
gli affitti sono saliti e il lavoro è sparito. Siamo venuti in Europa perché
cercavamo un modo di sopravvivere". Qui non sembrate averlo trovato: "Piuttosto
che trascorrere l'inverno in una casa di lamiera in Romania è meglio farlo qui".
Finché si può. Il fantasma che si aggira tra le casupole è quello che Sara e
Rinaldo riassumono con efficacia: "Stiamo qui fino a quando non vengono a
spaccare il campo". Sara racconta: "A me è già capitato. Una mattina vengono,
fanno uscire tutti. Poi arriva un braccio di ferro che rompe la baracca". Anche
Rinaldo lo sa: "Per l'anno prossimo spero di continuare ad andare a scuola per
imparare a leggere e scrivere. Così magari un giorno riuscirò davvero a fare il
maestro. E speriamo che nel frattempo non vengano a spaccare la mia casa".
Il corso è tenuto dal professor Ljatif Demir e dalla professoressa
Hedina Tahirovich Sijerchich
L'insegnamento del romanes alla facoltà di filosofia. Di
Adriana Pitesha su
Jutarnji list
Il nostro corso è un vero successo. 40 studenti imparano la lingua rom
Il corso si tiene presso il dipartimento di indiologia ed è in programma la
creazione di un corso di laurea triennale.
"Questo è un giorno storico per la comunità rom, un giorno che ricorderemo per
sempre." ha detto ieri il deputato Veljko Kajtazi durante l'inaugurazione del
pannello bilingue, presso la Facoltà di Filosofia dell'Università di Zagabria,
per celebrare il primo anniversario dell'introduzione della lingua romanes e
della letteratura rom nell'istruzione superiore in Croazia.
La decisione di Kajtazi è stata presa dopo la celebrazione della Giornata
Internazionale del Popolo Rom e la prima conferenza si è tenuta nel novembre
dello scorso anno.
"Mi ricordo quando io e i miei colleghi, l'anno scorso, stavamo discutendo della
tecnica prima dell'inizio delle lezioni. A un certo punto ci siamo girati e ci
siamo accorti che vi era una quarantina di studenti dietro di noi. Siamo rimasti
davvero stupiti poiché non pensavamo che l'interesse potesse essere così alto."
dice il professor Ljatif Demir, di Skopje, che insieme a Hedina Tahirovich
Sijerchich, di Sarajevo, insegna al Corso di Introduzione alla Lingua Rom e
Introduzione alla Letteratura e alla Cultura Rom, corsi offerti come facoltativi
all'interno del Dipartimento di Indologia e Studi dell'Estremo Oriente, e che
rendono la Facoltà di Filosofia di Zagabria unica al mondo.
Studenti differenti
Quaranta studenti che sono rimasti fino alla fine del corso e che non hanno
risparmiato complimenti ai loro professori, l'unica nota di demerito è che
avrebbero voluto imparare di più.
Ciò sarà presto possibile poiché, è stato dichiarato ieri, il piano è quello di
lanciare presto degli studi universitari per far diventare Zagabria un centro
per lo studio della lingua romanes, della letteratura, della cultura rom.
I profili dei primi studenti erano diversi. La maggior parte erano studenti di
Indologia, ma non mancavano di studenti di sociologia, psicologia, pedagogia,
giurisprudenza e di scienze della formazione...
"All'inizio c'è stato un problema di coinvolgimento poiché non sono tutti
linguisti, ma siamo stati in grado di regolare il programma in modo da non
danneggiare il programma ne a diminuire il loro interesse" dichiara il professor
Demir.
Per far ciò hanno trovato della letteratura professionale. Inoltre, Ljatif Demir
e Hedina Sijerchich stanno sperimentando un manuale per la lingua e la
letteratura romanes che raccoglie manualistica e letteratura provenienti da
altre comunità locali ed europee.
Temevano una rapina
"Comprensibilmente, gli studenti sono più interessati alla cultura che è a loro
sconosciuta e rimangono sorpresi quando dici loro che Veijo Balzar vende titoli
in 25.000 copie in Finlandia o quando si richiama l'attenzione su certi film. Ma
la nostra non era una comunicazione unilaterale. Abbiamo imparato da loro che
tutti hanno bisogno di agire, secondo i principi della filosofia orientale, con
amore. Non c'erano barriere e siamo diventati amici. Questo è l'unico modo per
far si l'integrazione non rimanga solo sulla carta. La gente è
spaventata e piena di pregiudizi pregiudizi quando non conosce qualcosa. Alcuni
dei nostri studenti hanno ammesso che, al'inizio, avevano paura di essere
rapinati dai rom quindi abbiamo detto loro: 'Beh, non abbiate paura, io e la
professoressa, che siamo rom, non vi deruberemo.'" racconta ridendo il professor
Demir.
Tra gli studenti c'è una sola rom che studia alla facoltà di legge.
"Per noi erano tutti uguali. Sono molto contento all'idea che quattro o cinque
di loro continueranno con lo studio scientifico della lingua, della letteratura
e della cultura rom e che una di di loro, una studentessa che non è rom, sarà,
con ogni probabilità l'assistente di uno futuro corso.
Ieri sono stati in molti a sottolineare il problema dell'integrazione dei rom
nel sistema scolastico. Lo scorso anno 811 bambini rom hanno frequentato
regolarmente la scuola materna, 5173 le scuole elementari, 480 le scuole
superiori. Quest'ultimo dato è considerato un grande progresso poiché è il 2005
gli studenti rom frequentanti le superiori erano solo 14.
Per quanto riguarda gli studenti universitari, nell'ultimo anno accademico solo
28 studenti si sono dichiarati rom. Probabilmente il numero è più alto poiché
alcuni non si presentano come rom a causa della forte discriminazione sociale.
Anche se gli studi della lingua rom non sono ovviamente rivolti esclusivamente
ai membri della comunità rom, la loro esistenza potrebbe influenzare la
percezione della loro cultura.
"Non possiamo chiudere gli occhi davanti al fatto che l'identità rom si stia
perdendo a causa della paura dei rom a dichiararsi tali. Vorremmo ricordare che
questa è una cultura che è significativamente più antica rispetto a quella
croata e che, quindi, dobbiamo insegnare e tutelare" ha dichiarato il preside di
facoltà Damir Boras.
Un buon investimento
Il costo dei due corsi ammonta a 120.000 kune, comprendente l'acquisto della
letteratura e le spese di viaggio dei professori, ed è stato diviso tra il
Consiglio delle Minoranze e la Facoltà di Filosofia.
"Non consideriamo un costo ma un investimento che ha molteplici benefici per
l'intera comunità" ha detto il preside Boras.
Alla cerimonia di ieri hanno partecipato i rappresentanti della comunità
accademica, rappresentanti politici, rappresentanti del Parlamento, il consiglio
comunale e quello per le minoranze.
L'attuale situazione politica non è stata dimenticata. Gvozdan Flego ha
sottolineato che l'atto è tanto più significativo in quanto avviene in un
momento in cui alcuni vorrebbero negare i diritti delle minoranze. Il pannello
è, inoltre, una delle prime tavole bilingui che ha come seconda lingua il
romanes, non solo in Croazia, ma nell'intera Europa.
Di Fabrizio (del 08/12/2013 @ 09:03:34, in scuola, visitato 1860 volte)
E' arrivata la soluzione dopo le polemiche e le accuse di razzismo
05/12/2013 - L'ISTITUTO FU AL CENTRO DI UN CASO MEDIATICO A SETTEMBRE Il
sindaco del piccolo centro della Bassa Novarese: "Sono attesi venti scolari per
la primaria e venticinque per l'asilo-scuola dell'infanzia". Di ROBERTO
LODIGIANI su
LA STAMPA
La scuola primaria di Landiona, nella Bassa Novarese, non chiuderà. Avrà infatti
lo stesso numero di scolari di quest'anno, una bimba del paese e i piccoli sinti
del vicino campo.
Scongiurato, dunque, il pericolo di blocco delle lezioni che aveva indotto molte
famiglie a portare i figli le vicino paese di Vicolungo.
Lo annuncia il sindaco Marisa Albertini: "Alla riunione convocata dalla
Provincia per discutere del dimensionamento scolastico per il 2013-2014 abbiamo
presentato una determina che conferma i numeri degli attuali iscritti. Sono
attesi venti scolari per la primaria e venticinque per l'asilo-scuola
dell'infanzia".
In queste settimane prosegue il monitoraggio degli scolari che effettivamente
prendono posto tra i banchi: "Le presenze nella pluriclasse sono stabili e
questo E' un dato di fatto confortante - dice Marisa Albertini -. A decidere il
destino della scuola primaria sarà la direzione didattica ma lo farà sulla base
dei numeri che finora continuano ad essere confermati".
Nel settembre scorso la struttura di via XI febbraio era rimasta coinvolta in un
caso mediatico poi rivelatosi privo di consistenza: un'accusa di razzismo era
stata rivolta ai genitori di Landiona che avevano deciso di iscrivere i figli
alla scuola di Vicolungo per evitare la pluriclasse con i coetanei sinti.
Il caso si era sgonfiato quando emersero le vere ragioni che avevano indotto il
trasferimento: "Si temeva che gli studenti non fossero in numero sufficiente per
mantenere in paese le lezioni, il razzismo non ha nulla a che fare con
l'iscrizione alla scuola di Vicolungo" fu la versione riferita dalle mamme
landionesi.
Contro un "corvo" che da anni manda al Comune lettere-esposto che riguardano
anche la realtà scolastica del paese, il sindaco ha deciso di fare ricorso a un
avvocato: "Intendiamo cautelarci - spiega -. Le argomentazioni sollevate negli
esposti sono state tutte verificate dagli enti competenti ma le analisi non
siano giudicate sufficienti e le segnalazioni continuano. Sappiamo chi E' e
abbiamo dato mandato a un avvocato per cautelarci nei suoi confronti". Per il
piccolo Comune E' una spesa non da poco: costerà 2.215,20 euro.
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