Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 30/06/2007 @ 09:50:52, in casa, visitato 2475 volte)
Una baraccopoli del Ventunesimo secolo. Nella banlieu di Parigi
Quasi 4mila persone vivono in estrema povertà alla periferia della
capitale francese. Ma ottanta persone potranno presto avere una casa vera.
I grandi tendoni della celebre compagnia circense Cirque Du Soleil svettano
sulla spianata di Saint-Denis, alla periferia nord di Parigi. Ogni sera
centinaia di persone si riuniscono lì dentro per ammirare, naso all'aria, le
spericolate ed eleganti acrobazie degli artisti. Nessuno immagina che al di
là del recinto metallico che circonda il circo, lo show è ben diverso. Nessuna
sfavillante scenografia, nessun costume variopinto, poca spensieratezza e molte
preoccupazioni per i 600 gitani che cercano di sopravvivere nella loro misera
baraccopoli. E non sono i soli: in tutto circa 4mila persone conducono questa
vita ai margini di Parigi. Diverse associazioni cercano di addolcirla almeno un
po': Medici del mondo offre assistenza sanitaria, Emmaus e la Fondazione Abbé
Pierre si occupa della fornitura di alimenti, mentre ATD Quarto Mondo promuove
la lettura.
«Niente contratto di lavoro, se non paghi»
Marco è arrivato in Francia cinque anni fa, dalla Romania. Da gennaio 2007, con
l'ingresso del suo Paese nell'Ue, è formalmente un cittadino comunitario, ma ha
comunque bisogno di un permesso di lavoro. Ci mostra un contratto preliminare
che gli ha preparato una ditta di pulizia vetri. Ma un volontario di origini
rumene si dimostra scettico. «È molto difficile – spiega – ottenere un contratto
senza pagare una somma di denaro in cambio. Nella maggior parte dei casi il
datore di lavoro trattiene la prima busta paga in nome di uno scambio di
favori.» Ma Marco ci crede ancora: gli manca solo il certificato di residenza
per ottenere il prezioso permesso. Alcune associazioni si occupano di espletare
queste procedure burocratiche per i gruppi nomadi del villaggio, come gli
zingari. Ma i rumeni sono considerati una comunità stanziale e quindi non
possono beneficiare di questo servizio.
La maggioranza dei rumeni che vivono in questi accampamenti di fortuna
provengono dalle aree di Arad e Timisoara, nella Romania occidentale. Hanno
dovuto lasciare il loro Paese per sfuggire a una vita fatta di miseria e
discriminazione.
Una manciata di monete da 5 centesimi è stata impilata in un angolo della
capanna in cui vive Maria. In meno di dieci metri quadrati abitano quattro
persone. Maria non ha il tempo di spiegarci perché è emigrata in Francia. Ha
altre preoccupazioni. «Abbiamo diritto a qualche contributo?» chiede. I
volontari le dicono di rivolgersi a un assistente sociale. «Resteremo qui fino a
quando non ne avranno abbastanza di noi» dice con voce stanca, mentre si alza
per andare a raccogliere dei fiori. Più tardi la incrociamo nella metropolitana:
vende mazzolini di fiori a due euro ciascuno.
Chi fa le leggi?
Maria ci assicura che non deve pagare nulla per vivere nella sua capanna, ma un
volontario ci spiega che la questione è tabù. In ogni accampamento, infatti, c'è
una sorta di capo: generalmente è la persona che si è insediata per prima
nell'area. È lui che fa le leggi, risolve le controversie e riceve una sorta di
affitto per ogni baracca. A Saint-Denis il Cirque du Soleil ha portato l'acqua
fino al campo e ha anche installato dei lavandini. Ma le associazioni danno per
certo il fatto che “il capo” fa pagare due euro alla settimana alle famiglie che
li utilizzano.
Una nuova casa per trenta famiglie
Non lontano da Saint-Denis il Comune di Aubervilliers ha avviato un programma di
integrazione per dare una casa a trenta famiglie. L'iniziativa, sostenuta sia
dal Consiglio regionale che da quello locale, mira a smantellare le baraccopoli
e ha un costo di 1,2 milioni di euro, di cui solo il 7% proviene dalle casse
statali. Si tratta di un progetto innovativo perché associa all'offerta
abitativa il rilascio di permessi di lavoro.
Gli operai stanno effettuando gli ultimi ritocchi ai prefabbricati che alla fine
di giugno verranno messi a disposizione delle 82 persone coinvolte nel progetto,
in maggioranza zingari. «Abbiamo condotto una battaglia con lo Stato durata due
anni per ottenere i permessi di lavoro e di residenza per i destinatari, molti
dei quali lavorano in nero» afferma il consigliere cittadino Claudine Péjoux.
In attesa di traslocare, Elena Radasanu vive in un caravan preso a noleggio dal
Comune di Aubervilliers per un euro al giorno. Come lei decine di altre persone,
per un totale di quindici roulotte. Qui le condizioni di vita sono decisamente
migliori rispetto a Saint-Denis. Una recinzione circonda il campo e all'entrata
un servizio di sicurezza permette l'ingresso solo alle persone registrate.
«Siamo tranquilli. Qui non ci sono armi, droga, prostituzione ed è proibito fare
affari» spiega Elena. Sposata e con due bambini, è una degli 82 beneficiari del
programma di integrazione.
La testimonianza di Elena Radasanu: «Vogliamo soltanto essere una famiglia
normale»
In Romania c'era tanta povertà, così un bel giorno io e mio marito decidemmo di
venire a cercare lavoro in Francia. Un amico ci trovò un'occupazione nel settore
edilizio e il capo ci affittò una soffitta a Versailles. Ma il nostro amico
tratteneva il salario di mio marito per pagare i debiti e così decidemmo di
andarcene. Affittammo allora un monolocale nel sobborgo parigino di
Clichy-sous-Bois per il quale pagavamo una cifra esorbitante: 800 euro. Mio
marito continuò a lavorare nel settore delle costruzioni mentre io iniziai a
fare la cameriera in un bar portoghese. In questo periodo divenni madre di due
bambini. Tutto procedeva abbastanza bene finché il proprietario decise di
vendere l'appartamento.
Dovemmo così abbandonarlo e arrivammo al campo nomadi Chemin Vert di
Aubervilliers. Il capo non voleva farci entrare perché non siamo di origine
gitana, ma quando mio marito sborsò per una roulotte 700 euro accettò. Una
settimana dopo, però, un incendio distrusse parte del campo. Costruimmo quindi
una baracca, meglio che potevamo, e vivemmo lì per due mesi, fino a quando la
polizia non ci sfrattò tutti. Ma eravamo già stati scelti per il programma di
integrazione di Aubervilliers. Abbiamo vissuto in una tenda vicino alla Senna
per cinque mesi. Finché, lo scorso dicembre, il Comune ci ha fatto traslocare
nella roulotte dove viviamo tuttora. Abbiamo a disposizione riscaldamento,
acqua, elettricità, assistenza sociale, un indirizzo di posta e un contratto di
affitto. L'associazione Emmaus ci ha consegnato un buono per andare ad
acquistare dei mobili e io non vedo l'ora di trasferirmi nella nuova casa. Non
penso più a tornare in Romania. Entro tre anni vorrei avere una casa tutta mia.
Spero anche che i bambini vadano a scuola e che io e mio marito possiamo trovare
un lavoro stabile. Come una famiglia normale. Mariona Vivar Mompel - París - 26.6.2007 | Traduzione: Sara Menegatti Cerlini
Di Fabrizio (del 29/06/2007 @ 09:25:43, in scuola, visitato 2543 volte)
By Marianna Tziantzi - da
Roma_Rights
Paraskevoula Sambanis è una bellissima ragazza rom con occhi
scintillanti, e domenica è stata protagonista del popolare programma televisivo
"Protagonisti" di Stavros Theodorakis. La ragazza undicenne, che vive ad
Aspropyrgos nell'Attica occidentale, è l'unica nella sua vasta famiglia che
sappia leggere e scrivere. Non vuole maritarsi giovane, ma intende prima
terminare gli studi e diventare pediatra. Ce la farà? Forse, se supererà grandi
ostacoli.
La vediamo mentre poggia i suoi libri in una piccola tenda
issata in un vecchio hangar, questo è il suo studio. Con i libri di testo per
terra, Paraskevoula studia a gambe incrociate. A notte, continua al chiarore di
una lanterna.
La telecamera vuole catturare gli aspetti più interessanti della
vita nell'accampamento rom - le facce espressive, i bambini che giocano
all'aperto, l'agitarsi dei corpi con la musica. Ma le immagini soo accompagnate
da storie che sono tutto tranne che fotogeniche: storie di povertà,
analfabetismo, fogne a cielo aperto, malasanità ed esclusione sociale.
E la scuola?
"La scuola è bruciata," rimarca Paraskevoula casualmente.
E' così, anche se la scuola non è andata a fuoco casualmente.
Persone non identificate hanno appiccato le fiamme durante le vacanze di Pasqua
ad aprile. Il programma mostra tre containers con le pareti carbonizzate. I tre
containers una volta erano la scuola.
Qui è dove Paraskevoula e altri 50 bambini rom avevano le loro
lezioni, separati dagli "altri".
Questa è la grande notizia, la sfida per ogni giornalista, ma
sfortunatamente mal si coniuga col format di questo tipo di show, che si
focalizza sulle personalità, non sulle notizie. Quello che potrà influenzare il
futuro della giovane Paraskevoula, viene solo accennato.
La scuola rom fu creata a settembre 2005, per la pressione dei
genitori che non volevano i loro figli nella stessa classe dei Rom. Ma
precedentemente vennero sfondate le finestre, poi apparvero graffiti offensivi,
venne rubato l'impianto di condizionamento, e questa Pasqua sconosciuti
assalitori hanno terminato la lista dei sabotaggi.
Quando apre una scuola, chiude una prigione, le voci circolano.
Ma cosa succede quando brucia una scuola? La notizia dell'incendio ha impiegato
sei settimane per arrivare ai media. Le comunità rom non hanno blogs per
pubblicizzare le loro sofferenze.
"Protagonisti" è uno show con la sua specifica attitudine, un
passo rapido, un buon lavoro di telecamera e direzione. Si avvicina ai suoi
soggetti con sensibilità e tenerezza. In questo caso la ragazzina era un
soggetto affascinante, ma non si deve dimenticare che la vita è il protagonista
più perfido di tutti.
Di Fabrizio (del 28/06/2007 @ 14:17:31, in Italia, visitato 2521 volte)
Di sgombero in sgombero e di campo in campo, anche con un improbabile
numero chiuso non faremo molta strada
Che sulla sicurezza ci si giochi ormai la fetta più consistente del consenso dei
cittadini non è una gran scoperta, come non lo è il fatto che i Rom
costituiscano lo spauracchio per eccellenza.
La destra lo ha sempre saputo e ne ha fatto uno dei cardini della propria agenda
politica. La sinistra sembra essersene accorta da poco, ma sta tentando di
recuperare il tempo perduto con buona lena.
Proprio sulla presenza dei Rom si sono consumate due svolte politiche a Milano:
gli epicentri a poche centinaia di metri di distanza, incrociati gli effetti
degli smottamenti.
A Palazzo Isimbardi il Presidente della Provincia tracciava la linea per la
prossima lunga campagna elettorale accreditandosi come uomo d’ordine, ancor più
di quanto la propria storia già non dicesse. A Palazzo Marino, con una singolare
coincidenza di tempi, autorevoli esponenti dell’Ulivo presentavano
una mozione che in buona sostanza chiede il numero chiuso per i rom. La
mozione, approvata dalla quasi totalità del Consiglio Comunale, non solo segna
una svolta per la sinistra ma anche per gli equilibri interni alla maggioranza,
poiché questo documento subito sottoscritto e votato da AN e dai duri di Forza
Italia, segna la
sconfitta
della linea dell’Assessore Moioli .
Possiamo ben dire che il tutto risale all’abile mossa del Sindaco di porre al
centro dell’agenda politico-mediatica una questione sicurezza non suffragata dai
dati; ma sappiamo bene che, come ha diagnosticato Jean Baudrillard, siamo
nell’epoca della “sparizione della realtà”. Pertanto da oltre tre mesi l’alfa e
l’omega del dibattito pubblico è la sicurezza ed è altrettanto inevitabile che
al centro del mirino finisse anzitutto la presenza dei Rom.
Dell’atmosfera che circonda la loro presenza sul nostro territorio, se mai ce ne
fosse stato bisogno, abbiamo avuto la conferma con
quanto è
accaduto ad Opera tra la fine del 2006 e i primi giorni del 2007.
Il problema indubbiamente esiste e da un decennio almeno. Le cause sono note:
l’implosione dell’ex Jugoslavia e il collasso del sistema sociale rumeno
–entrambi verificatisi nei primissimi anni ’90 del secolo scorso- hanno prodotto
un esodo delle popolazioni “zingare” che vivevano in quei due paesi. Ma proprio
perché questo fenomeno –che ha subito un’accelerazione dall’1 gennaio scorso
quando la Romania è entrata a far parte dell’UE– non è una novità il fatto che
venga affrontato come emergenza suscita qualche perplessità. A meno che, data
l’indubbia utilità degli spauracchi e degli stereotipi, una situazione tanto
deteriorata faccia comodo.
È ormai un decennio che la politica degli sgomberi e la logica dei campi produce
una transumanza di disperati per Milano. Ci sono bambini che sono cresciuti tra
via Triboniano, via Barzaghi, via Adda, tra baracche, case fatiscenti occupate e
campi nei quali le condizioni igienico sanitarie sono peggiori di quelli degli
slums di Nairobi e Lagos.
Ci sono generazioni ormai impegnate in un via vai disperato cui assistiamo anche
in questi giorni: i nomadi sgomberati una decina di giorni fa da Chiaravalle
sono andati in Triboniano, sgomberati da lì sono ritornati alla spicciolata di
nuovo a Chiaravalle, suscitando l’ovvia quanto giustificata incazzatura –si
tratta di un eufemismo– dei cittadini.
Che fare dunque? Come rispondere ai cittadini giustamente preoccupati?
Il compito di chi governa è fornire soluzioni, e anche un’opposizione
responsabile che voglia candidarsi in modo credibile ad amministrare la cosa
pubblica non può certo limitarsi a petizioni di principio o sterili
sentimentalismi.
Quindi che fare? Si può continuare per un numero indefinito di anni con i campi
e gli sgomberi?
Le due svolte politiche di cui parlavamo benché segnino un passaggio di fase,
nonché provocare una frattura nel centrosinistra milanese e ridefinire i
rapporti di forza all’interno della maggioranza a Palazzo Marino, non sembrano
indicare soluzioni. Se non chiedere un numero chiuso di applicazione assai
difficile –sia dal punto di vista pratico che da quello giuridico– e invocare
spostamenti che non potranno vedere che esiti assai peggiori rispetto a quello
già drammatico di Opera sette mesi orsono.
Per il resto, per ciò che conterebbe e che servirebbe, non una parola. Come se i
Rom presenti sul nostro territorio fossero ontologicamente votati ad “abitare”
nella sporcizia e nel degrado, come se fossero geneticamente portati al crimine
e pertanto destinati a “vivere” tra uno sgombero e un campo. Non una proposta su
percorsi di integrazione, non una riga sulla decine di migliaia di alloggi
popolari che servono a questa città e che in una minima parte, se fossero mai
costruiti, potrebbero anche servire a segnare una prima tappa di transito dei
Rom in un
percorso di inserimento che la grande maggioranza di loro cerca.
Una mozione, una svolta politica, ma soprattutto la parola fine sulle speranze
–o illusioni– di poter sottrarre migliaia di persone a quello sfacelo dei campi,
a quella condanna, mai pronunciata da alcun giudice, ad un orizzonte in cui ci
sono sgomberi e presidi.
Beniamino Piantieri
Di Fabrizio (del 28/06/2007 @ 09:59:39, in casa, visitato 2360 volte)
Da Les Rroms acteurs
A Puces de Saint-Ouen, la signora Rouillon, sindaca della città, invitava oggi all'inaugurazione del posto Django Reinhardt. Il grande Django suonava regolarmente in questa zona, ed un festival di jazz vi ha luogo tutti gli anni.
Ma Saint-Ouen, è anche la città che espelle i Rroms che vi hanno trovato un tetto, in particolare in un edificio abbandonato dell'EDF. La Sig.ra sindaca, che ha tenuto oggi questo discorso d'apertura, di diversità, di mixité sociale ecc., è la stesso che rifiuta le domande d'istruzione dei bambini rroms. Le famiglie che si sono installate in via Ardoin, nella zona dei bacini, hanno ricevuto la notifica della loro espulsione per lunedì 25 giugno. EDF, proprietaria dei luoghi occupati, aveva chiesto alla sindaca di organizzare una tavola rotonda con la prefettura per trovare una soluzione agli occupanti prima dell'applicazione della decisione d'espulsione. Silenzio radiofonico del lato del comune. I Rroms si sono riuniti giovedì scorso, ma le porte in ferro della sindaca si sono chiuse immediatamente. È il dialogo come concepito dalla Sig.ra sindaca, almeno oltre ai suoi interventi pubblici. E mentre la cerimonia d'inaugurazione si svolgeva, ecco di fronte alla Sig.ra sindaca i bambini che rifiuta scolarizzare; venuti con animatori dell'associazione Parada, che organizza con loro diverse attività.
Lunedì mattina, questi bambini perderanno forse anche i seminari dell'associazione Parada, se l'espulsione ha luogo e le famiglie si disperderanno a destra ed a sinistra. Si può lasciare fare? A quando? Ecco l'opuscolo che è stato diffuso oggi a Puces de Saint-Ouen:
SAINT-OUEN SIA REALMENTE UMANA ED INTERDIPENDENTE! NO all'espulsione senza soluzione di rialloggiamento delle famiglie dI via Ardoin! Siamo un certo numero di famiglie, per la maggior parte rroms, che abitiamo nella zona bacini, via Ardoin. Da alcuni mesi, il nostro luogo di vita è minacciato d'espulsione. Una decisione d'espulsione è stata resa infatti, in particolare a causa di "disordini di vicinanza", disordini inesistenti nei fatti, poiché non abbiamo vicini. Dopo alcuni mesi di calma, abbiamo ricevuto una notifica dell'espulsione che dovrebbe intervenire il lunedì 25 giugno. La sindaca di Saint-Ouen è restata muta dinanzi alla proposta di una tavola rotonda fatta dalla EDF, proprietaria dei luoghi, tavola rotonda alla quale parteciperebbe anche la prefettura. Ha fatto anche l'orecchio di mercante davanti le nostre domande d'istruzione dei nostri bambini, mentre secondo gli insegnanti di Saint-Ouen ci sarebbero 15 posti liberi nel CLIN, classi d'accoglienza per gli allievi non francofoni. Riconosciamo anche gli sforzi dei servizi della sindaca, ma questi restano minuscoli: casse mobili di rifiuti sono state messe a nostra disposizione ed a volte abbiamo ricevuto abiti. Certamente, ciò ci ha permesso di rispettare meglio il nostro luogo di vita e la città, ma è sufficiente? Non chiediamo la carità, ma il rispetto della nostra dignità umana. Se l'espulsione venisse ad avere luogo, ci troveremmo nella via con i nostri figli, le nostre persone anziane, i nostri malati... Di conseguenza, chiediamo: 1 Che nessun'applicazione della decisione d'espulsione intervenga senza che una soluzione sia trovata per il nostro rialloggiamento 2 Che la sindaca accetti le domande d'iscrizione dei nostri bambini nelle scuole di Saint-Ouen 3 Che la sindaca chieda luna tavola rotonda con tutti i servizi interessati, per trovare soluzioni durature di rialloggiamento e d'inserimento delle nostre famiglie Attendiamo dunque una risposta a queste domande e l'apertura di un dialogo con la sindaca, poiché delle soluzioni sono possibili. Ciò che ha funzionato a Saint-Denis, Aubervilliers ed altre città della regione parigina, dovrebbe potere funzionare anche da noi, a Saint-Ouen, città umana ed interdipendente. Le famiglie della via Ardoin ed i loro sostenitori
Di Sucar Drom (del 27/06/2007 @ 10:23:31, in blog, visitato 2903 volte)
Roma, il GRIS afferma: sono 7.900 i Rom e Sinti presenti nella Capitale Nei giorni scorsi Il Giornale ha dato una notizia sorprendente: settemilanovecento Rom e Sinti vivono ufficialmente nei "campi" nella capitale. Il dato è stato certificato dal Gris (Gruppo Immigrati e Salute). La ricerca rileva la presenza di 34 insediamenti ...
Milano, in via Triboniano è il caos Situazione drammatica a Milano. Gli scontri e la desolazione di via Triboniano portano la città meneghina fuori dall'Europa. L'intransigenza delle Istituzioni nel sostenere un patto scellerato ha di fatto acceso la disperazione di uomini e donne, appartenenti alle minoranze Rom rumene. Siamo all'inizio di una tragedia: o ...
Mantova, lutto colpisce le comunità sinte e rom italiane Giovedì mattina, 21 giugno 2007, è venuta a mancare Dolores Carboni, una delle ultime testimoni del Porrajmos. Dolores Carboni è stata una delle prime sinte italiane che hanno raccontato le atrocità subite dalle popolazioni sinte e rom, durante il fascismo. I racconti di Dolores Carboni, nata 91 anni fa a Pegognaga (MN), sono raccolti in diverse pubblicazioni, a partire dal libro "Porrajmo...
Roma, le associazioni e la discriminazione razziale Nel quadro delle attività di sensibilizzazione e di formazione promosse dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, rientra, tra gli altri, il finanziamento del progetto dal titolo Contenuti e strumenti per la tutela in materia di discriminazi...
Mantova, se continueremo a vedere in quei bambini un pericolo.. Poche cose ci paiono odiose quanto il sarcasmo malevolo e generalizzato di un adulto contro bambini che non sono in grado di replicare con gli stessi strumenti. La lettera su “noi e i nomadi”, a firma Fredòn, comparsa sul quotidiano la "Gazzetta di Mantova" sabato 23 giugno, ha questa caratteristica. Abbiamo lavorato piuttosto a lungo con i bambini del "campo" di via Learco Guerra nell’autu...
Firenze, Mercedes Frias interviene sui "patti sicurezza" Bando sopra i Zingani e le Zingane del dì 3 novembre 1547 ab incarnatione: “L'illustrissimo ed eccellentissimo Signore il Sig.Duca di Fiorenza e per Sua Eccellentia Illustrissima li Magnifici Signori Otto di Guardia e Balia della città predetta, considerando di quanto danno sieno stati per il passato e di presente ancora sieno i Zingani e Zingane che si sono alloggiati e alloggiano appresso ...
Roma, sui letti del fiume... "Lungo un sentiero che ci porta alla stazione colori e forme spuntano dietro una rete di telo e pareti di cartone. Entrando si scopre un piccolo villaggio composto da circa una dozzina di baracche che si affacciano con tappeti e stoffe ad uno spazio più ampio." "Alcune persone e tanti bambini vivaci si sporgono incuriositi al nostro arrivo. Inizialmente timorosi, si lasciano ...
Gallarate (VA), coinvolgiamo i Sinti prima di decidere "Campo nomadi", torna alla carica Ruggero Busellato, sindaco di Cavaria con Premezzo. Con una nota diffusa venerdì 22 giugno, il primo cittadino cavariese chiede conto al suo omologo di Gallarate, Nicola Mucci, delle voci circolate nelle ultime settimane circa il probabile (e ormai prossimo, dicono a Palazzo Borghi) trasferimento della comunità sinta dall’attuale sistemazione di via De M...
Rom e Sinti Insieme al XIII Meeting Internazionale Antirazzista Le città sono attraversate oggi, più che in passato, da fenomeni sociali complessi derivanti dalla mobilità interna e internazionale. Milioni di persone sono alla ricerca di un futuro migliore o di protezione. Gli effetti dell’ingiustizia globale, delle guerre e dei conflitti tra gruppi hanno moltiplicato il numero di uomini e donne che si muovono da un punto all’altro della Terra. Le città ...
Rom e Sinti, Amato rinuncia alla conferenza internazionale e convoca gli esperti Il Ministro Amato ha di fatto revocato l'annunciata conferenza internazionale che si doveva tenere giovedì 28 giugno. Al suo posto si terrà un incontro di esperti, tra cui: Santino Spinelli, Claudio Marta e Leonardo Piasere. Sarà presente ...
Di Fabrizio (del 27/06/2007 @ 09:46:19, in lavoro, visitato 3441 volte)
In queste settimane stiamo assistendo ad un deterioramento dei rapporti tra la società civile, la politica e le "comunità rom" senza precedenti. In gioco non ci sono soltanto delle diverse sensibilità o opinioni su cui impostare le proprie idee di governo delle città, magari con l'appoggio bipartisan di una parte dell'opposizione, ma un vero e proprio oltrepassare i limiti della comune e rispettosa convivenza. Quello che ferisce non è solo un modo diverso di concepire e trattare con pesi e misure differenti i rapporti tra soggetti sociali che non godono delle stesse opportunità, ma la cattiva coscienza di chi indica oggi dall'alto delle proprie responsabilità di potere "l'altro", il "rom", come mera espressione di un disagio generalizzato che la società vorrebbe in una qualche misura scrollarsi dalle spalle. Ad un anno ormai dalla presentazione di un "piano strategico" da parte del Comune per risolvere questa “questione” i risultati raggiunti sono francamente sconfortanti. Per la prima volta a Milano, abbiamo assistito alla realizzazione di un mega campo destinato ad accogliere c.ca 700 persone, mentre in tutto il Paese e in Europa da anni si chiede a gran forza di dare avvio ad una seria politica dell'abitazione per le comunità rom e sinte che superi l'idea del "campo nomadi" o "villaggio solidale", anche o soprattutto assegnando a chi di loro ne ha diritto delle case o aiutandoli ad averne una. Viceversa, alle famiglie Rom che hanno avuto accesso in via Triboniano è stato chiesto di sottoscrivere un "Patto di legalità e socialità" che sottolinea di fronte all'opinione pubblica solo l’esistenza di un radicato pregiudizio che a volte sfocia in aperta discriminazione da parte delle autorità, senza alcuna reale utilità pratica. A chi altro, Le chiedo, viene richiesta una cosa analoga? O forse esiste di fronte alla legge la possibilità di un trattamento differenziale degli individui in base all'origine culturale, religiosa o quant'altro? Le politiche sociali che per molti anni anche le giunte di centro destra hanno portato avanti in questa città, oggi si perdono nel "buco nero di via Triboniano" che tutto attrae e tutto si porta via. Eppure i Rom e i Sinti sono "molti", circa 5 mila, per la metà italiani di nascita o di prossima cittadinanza. Queste piccole comunità vivono da alcuni decenni nelle periferie della città, conquistandosi giorno dopo giorno il diritto di rimanerci e il rispetto dei vicini, come nel caso di via Idro dove, proprio dalle pagine del Corriere della Sera leggiamo oggi, con grande preoccupazione e sconcerto, dell’eventualità dell’arrivo degli ultimi sfollati di via Triboniano. “Comunità” dai tanti nomi, come i Rom Harvati e i Rom Abruzzesi che hanno espresso il "meglio" della loro cultura e stile di vita moderno aprendosi al confronto con la società, consentendo l’avvio ben 14 anni fa dell’esperienza delle mediatrici culturali rom nelle scuole e nella sanità, o ancora di 3 cooperative sociali che hanno impiegato in pochi anni 50 giovani in stabili attività lavorative. Sì, perché anche i Rom lavorano e oggi sono fortemente preoccupati di perdere il loro posto solo perché queste straordinarie esperienze rischiano di essere ignorate e messe da parte dal Comune, già dal prossimo inizio del mese di Luglio. A cosa ci può condurre tutto ciò? Forse a far nascere delle vere e proprie banlieu nostrane impermeabili ad ogni contatto con la società? O forse davvero ci illudiamo che proclamando in modo demagogico l'applicazione di un "numero chiuso" ai Rom si possano correggere quelle profonde distorsioni che sono entrate nel modo di agire delle Istituzioni e che non facilitano anzi aggravano il contrasto alle forme di devianza e di violenza presenti anche in queste comunità? Maurizio Pagani Vicepresidente Opera Nomadi Milano
Da Roma_und_Sinti
Alexandre Baurov proveniva da una famosa famiglia di artisti Rom russi. I suoi antenati erano noti per cantare nei cori di Mosca e San Pietroburgo.
Alexandre nacque il 23 marzo 1906. Il ragazzo ricevette le prime lezioni di chitarra da maestri del calibro di Alexei e Michael Shishkin. Ad undici anni iniziò a cantare nei cori rom. Ballava e suonava la chitarra. Ma la Rivoluzione d'Ottobre deprivò i cori del pubblico, ed il giovane Rom dovette trovarsi un nuovo lavoro.
Attorno al 1920 iniziò a lavorare come apprendista presso impianti Putilov. Dal 1925 al 1933 Alexandre studiò al Collegio di Comunicazioni Elettromeccaniche e dopo il diploma iniziò a lavorare come assistente di laboratorio all'Accademia delle Comunicazioni. Ma non lasciò la musica. Di sera si esibiva con un gruppo rom al Tatro di Varietà dello Stato di Leningrado.
Nel 1941, quando l'URSS entrò in guerra, Alexandre fu spedito al fronte. Con sé portò la chitarra. Nei pochi momenti liberi Baurov suonava per gli amici.
Grazie alle sue conoscenze tecniche, fu nominato ufficiale. Iniziò come comandante dei supporti di comunicazione del 44° battaglione. Prese parte ai combattimenti sulle alture di Pulkovo. Durante un attacco vicino Krasnoye Selo fu ferito gravemente al braccio e venne salvato dai medici.
Dopo il ricovero ritornò al fronte con la 189^ divisione di fanteria. Più avanti fu comandante della 1^ divisione aeronautica, che forniva all'artiglieria sovietica le immagini delle linee nemiche.
Sull'istmo di Karelia fu ferito al fianco.
Il suo coraggio fu riconosciuto da premi e promozioni. Alexandre ottenne nel 1944 il grado di capitano. Fu decorato con l'Ordine della Stella Rossa e con l'Ordine del Nastro Rosso di Battaglia. Ricevette anche l'Ordine Alexandre Nevsky (molto raro e onorato) per la battaglia sull'Oder, e una Croce Polacca al Valore.
La vittoria arrivò a Lipsia, ma non lasciò il servizio militare. Dopo la vittoria andò in Germania. Dal 1949 al 1955, già luogotenente colonnello del Corpo d'Ingegneria, prese parte nel creare e lanciare i primi razzi sovietici.
Alexandre Baurov morì il 18 febbraio 1972. Testimonianze sul servizio militare di Baurov e fotografie del periodo di guerra sono ora conservate nel Museo Memoriale dell'Assedio e Difesa di Leningrado. Fu uno delle migliaia di soldati, ufficiali e partigiani Rom che presero parte alla guerra contro il nazismo. Thanks to Nickolay Bessonov for the information
Di Fabrizio (del 25/06/2007 @ 09:30:03, in Europa, visitato 2596 volte)
Da
Mundo_Gitano
Amparo Valcarce, segretaria di Stato dei Servizi Sociali, Famiglie ed
Invalidità, ha proposto oggi la creazione di una rete transnazionale europea che
gestisca l'applicazione dei fondi strutturali per lottare contro la
discriminazione di cui soffre la comunità gitana.
Durante le giornate Cooperazione transnazionale sulla comunità gitana ed
esclusione sociale" Valcarce ha spiegato che in Europa vivono 12 milioni di
gitani - 650.000 in Spagna -, che costituiscono la "minoranza etnica più
numerosa" dell'Unione Europea.
Gran parte di loro vivono in situazione di povertà, esclusione sociale e
soffre del rifiuto generalizzato della società.
Essendo una comunità "stabilita quasi esclusivamente in Europa", la
segretaria di Stato considera che la UE è il quadro "idoneo" per sviluppare
politiche pubbliche di coesione sociale a beneficio di questa etnia.
Valcarce ha affermato che la rete proposta debba includere entità con
esperienza e competenza nella gestione dei fondi strutturali, specializzate
nell'ambito del fondo sociale europeo ed anche quelle che lavorano con la
comunità gitana.
Nel contempo ha indicato al resto dei paesi partecipanti alle giornate di
fidarsi dell'esperienza spagnola nell'ambito dell'inclusione dei gitani,
specialmente del programma-impiego ACCEDER, gestito dalla Fundación Secretariado
Gitano.
Tra gli obiettivi da stabilirsi, ha proseguito, devono esserci il
miglioramento della qualità di vita, la promozione della loro partecipazione
alla vita pubblica, la miglior convivenza, il rafforzamento del movimento
associativo gitano e la lotta alla discriminazione.
Da parte sua, il presidente della Fundación Secretariado Gitano, Pedro Puente,
ha spiegato che è importante che si tratti la situazione della comunità gitana
nel quadro dei fondi strutturali europei, poiché sarebbero "l'elemento
essenziale per produrre cambi nella comunità gitana".
Puente ha chiesto ai partecipanti alle giornate che la posta in comune di
avanzamento nella coesione sociale gitana tenga un carattere continuativo nel
tempo.
Fuente :
Actualidad Etnica
Di Fabrizio (del 25/06/2007 @ 08:19:56, in Italia, visitato 2976 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Rom: esseri umani o pacchi postali?
Siamo arrivai al limite del grottesco: Vitali
mantiene la propria promessa elettorale e sgombera il campo abusivo
in zona S. Paolo, tra gli applausi e le urla inferocite della gente
accorsa in strada (scena davvero triste!).
Come sempre accaduto in questi tre anni (siamo al
nono sgombero con abbattimento di baracchette incluso, per un costo
complessivo stimato da alcuni in circa 150.000€!) dopo poche ore i
Rom cercano di tornare. Ma questa volta la zona è presidiata.
Inizia una lunga peregrinazione di 180 persone per la città, che
li porta, tra l'altro, anche a sostare un pomeriggio intero in
Piazza S. Magno, davanti al Comune.
Alla fine una loro delegazione viene ammessa a
colloquio con il Sindaco, che riconferma la linea dura. A giudicare
da quanto riportato dai giornali il colloquio si svolge in questi
termini: "Qui non c'è più posto per voi. Quello che possiamo offrire
sono i container vicino alla Grancasa (posti per 3-4 famiglie) e i
biglietti per tornare i Romania".
Nulla di fatto, quindi, e la peregrinazione
riprende... dove? Nei boschi al confine tra Legnano e Busto Arsizio.
Risultato: Rom che per 3-4 giorni vengono sgombrati dalla Polizia
Locale di Busto, fanno 100 m e rientrano a Legnano. Al mattino
vengono sgombrati dalla Polizia Locale di Legnano, fanno 100 m e
rientrano a Busto... e così via!
...insomma, trattati come pacchi postali rispediti al
mittente!
Di fronte a questa situazione allucinante, ancora una
volta, noi di Insieme per Legnano abbiamo ribadito che
la questione non si risolve con gli slogan ("Tolleranza zero", "via
i Rom da Legnano", ecc.), buoni per vincere le campagne elettorali
ma non per sciogliere i problemi.
Abbiamo quindi ribadito la nostra volontà di
collaborare con le forze istituzionali (Comune di Legnano e a questo
punto Comuni limitrofi, Prefetture di Milano e Varese, Provincia)
con le forze sociali (Caritas e altre associazioni impegnate per
l'accoglienza degli stranieri) perchè, attraverso l'istituzione di
un tavolo di confronto, si possa studiare e avviare un progetto che
coniughi solidarietà (percorsi per l'inserimento sociale dei nuclei
familiari Rom) e legalità (rispetto delle regole di convivenza
civile, attraverso un patto che vincoli i beneficiari del progetto,
per esempio, a rinunciare all'accattonaggio, a mandare regolarmente
i figli a scuola, ecc.)
Per ora non abbiamo ottenuto risposta. Non appena
possibile, porteremo questa richiesta, insieme a un nostro
progetto, nelle sedi istituzionali opportune.
Se l'unica risposta che otterremo sarà ancora un
secco no, chi lo avrà pronunciato se ne assumerà le responsabilità
di fronte alla comunità Legnanese.
A chi fosse interessato, posso fornire articoli dei
quotidiani locali sugli argomenti trattati sopra.
A presto,
Lorenzo Radice.
Insieme per Legnano
lorenzoradice@alice.it
Emergenza ROM: da Legnano all'Altomilanese
Legnano (19 giu 2007) Come promesso in
campagna elettorale, il neo sindaco di Legnano Lorenzo Vitali prima
di definire la giunta e di risolvere le piccole tensioni interne
alla maggioranza, ha voluto prendersi carico dell'emergenza ROM.
Promessa mantenuta: venerdì 15 giugno, ore 7.00, è iniziato
l'ennesimo sgombero.
Dal 2004, quando i ROM presenti sul territorio di
Legnano erano una ventina, sono stati eseguiti ben nove sgomberi, il
penultimo lo scorso marzo, l'ultimo, appunto, venerdì scorso: per la
cronaca 180 i ROM coinvolti, dislocati in 6 diversi campi nel rione
San Paolo, tra la via Liguria ed il Cimitero Parco. Come oramai di
consueto, i 50 uomini della polizia sono stati accompagnati da
personale della Croce Rossa e della Caritas, premuroso di prendersi
carico della prima assistenza ai nomadi: donne, anziani e bambini
(il più piccolo di soli 15 giorni di vita) in particolare. In poche
ore lo sgombero era terminato: baracche
abbattute, terreni ripuliti e recintati, sentieri
chiusi da cumuli di terra; dopo una rapida identificazione, in
quanto tutti erano muniti di regolare passaporto, i ROM si sono
diretti verso piazza S.Magno, improvvisando un corteo, pacifico,
silenzioso, scandito solamente dalla fisarmonica del "capofila". Una
delegazione di capifamiglia, con la presenza della mediatrice
culturale Diana Pavlovic, di Nicoletta Bigatti e di Giuseppe
Marazzini, è stata ricevuta dal sindaco Vitali e dal suo "ex" Cozzi.
Nessun "dietro-front" da parte del primo cittadino, che ha
dichiarato: "Il Comune pagherà il viaggio a tutti coloro che
vorranno tornare in Romania. Una ventina di persone potranno essere
accolte nei container di via Jucker, per gli altri qui non c'è
posto. Quindi si fa come decido io - ha chiuso Vitali- se i Rom
torneranno nei boschi, ci regoleremo di conseguenza".
Dal primo pomeriggio di venerdì è così iniziata la
"diaspora" dei 180 Rom: 35 sono stati ospitati nei container di via
Jucker (ma già ieri pomeriggio erano solo 7), qualche mamma con
neonati in camere di albergo, gli altri si sono dileguati tra i
campi e i boschi di Legnano, al confine con i territori di Busto
Arsizio (Borsano) e Villa Cortese. Il primo campo è sorto in una
radura tra via Novara e via per Villa Cortese, il secondo dall'altro
lato di via Novara, all'interno del parco dell'AltoMilanese, al
confine tra il territorio di Legnano e quello di Busto. Passano i
giorni, i campi si moltiplicano e l'emergenza si allarga anche ad
altri Comuni: questo il risultato, sicuramente prevedibile e
scontato, di un ennesimo sgombero senza pensare ad un serio progetto
alternativo per dare una soluzione definitiva e matura al problema.
Un progetto di sostegno per chi vuole integrarsi
(uomini e donne che lavorano, bambini che vanno a scuola), un
progetto rigoroso per punire e allontanare chi non rispetta la
legalità e le leggi del nostro Paese e per garantire sicurezza ai
cittadini. Un progetto che deve superare le divisioni politiche, che
deve unire tutte le forze cittadine, quelle politiche e quelle della
società civile (le stesse che fino a qualche settimana fa non si
sono certo risparmiate in campagna elettorale), che deve coinvolgere
i Comuni vicini, la Provincia di Milano e quella di Varese, i
cittadini dei quartieri interessati, le forze dell'ordine e le
associazioni di volontariato.
Nove sgomberi in tre anni hanno dimostrato che questo
non è certamente il metodo per risolvere il problema, anzi, serve
solo ad allontanarlo e a far finta di non vederlo: ora penso sia
giunto il momento di cambiare rotta, per Legnano, per i suoi
cittadini e per coloro che cercano una vita migliore nel nostro
Paese!
Di Fabrizio (del 24/06/2007 @ 14:19:56, in Italia, visitato 3254 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Patto per Roma Democratica e Solidale Appello per la città che vogliamo
È accaduto a Roma e a Milano ma sta accadendo, con diverse modalità in numerose città italiane. Sindaci come Veltroni, si comportano da autorità assolute e decidono, supportati, spesso da governatori di Regioni e Province, quali sono le priorità da affrontare nella agenda politica della città che amministrano. A Roma, secondo il sindaco, la priorità è rappresentata dall’allarme sociale creato dagli uomini e dalle donne recluse in campi attrezzati o abusivi. A Roma la priorità è costituita da chi, non potendo permettersi le spese di un alloggio decente, è costretto ad abitare in baracche fatiscenti ubicate spesso in aree insalubri, dense di pericoli, lungo il Tevere e l’Aniene. Cittadini invisibili che in alcuni casi arrivano a vivere in cave di tufo per sfuggire anche al rischio di essere catturati. E a Roma non si combatte la povertà ma i poveri, non si cercano soluzioni che rendano per tutti e per tutte possibile progettarsi un futuro migliore ma si preparano campi di deportazione fuori dalle cinta del raccordo anulare chiamandoli anche “Villaggi della solidarietà”. Per realizzare queste strutture, veri e propri ghetti che riportano alla memoria esperienze fosche di apartheid, il Comune avrà a disposizione 15 milioni di Euro. Il progetto firmato anche con la Prefettura, “Patto per Roma sicura” ha finora viaggiato nelle stanze più accondiscendenti dei poteri forti, è stato supportato mediaticamente da giornali e televisioni che hanno provveduto ad un opera di “etnicizzazione” di ogni fatto di cronaca, per giustificare norme repressive e securitarie. Ma esiste a Roma, come nelle altre città italiane una società civile, democratica, vigile e antirazzista. Associazioni di migranti e di autoctoni, movimenti, forze sociali e politiche, singole e singoli cittadini che non vogliono cadere in questa logica. Un universo variegato, che non condivide le risposte che si danno a domande di giustizia sociale, che ne vuole individuare altre e che vede, dietro la ricerca del capro espiatorio, tanto l’incapacità a farsi carico dei bisogni di tutte e di tutti, quanto la volontà di favorire il mercato immobiliare e le speculazioni edilizie. A questo mondo nessuno ha mai chiesto di firmare alcun patto, di questo mondo nessuno ha voluto ascoltare le voci e trarne le dovute conseguenze. Facciamo perciò appello, al di là delle diverse sensibilità, al di là delle diverse modalità con cui si affrontano le stesse tematiche, perché queste voci trovino un momento unico per farsi sentire in sede istituzionale, per mobilitarsi se necessario, affinché il Patto per Roma sicura venga boicottato e smentito. Ci auspichiamo un altro patto siglato dall’amministrazione con tutte e tutti coloro che vivono a Roma, indipendentemente dalla loro provenienza e dal loro status sociale. Un patto per una Roma democratica e solidale, che ci impegniamo a realizzare insieme. Per discuterne insieme, e per trovare insieme soluzioni e proposte comuni, invitiamo tutte e tutti ad una assemblea pubblica che si terrà Martedì 26 giugno dalle ore 18, presso la Casa delle Culture, Via di S. Crisogono 45 (Trastevere nei pressi diP.zzaSonnino) Per informazione e contatto: Claudio Graziano: 3356984279, e mail: claudiograzianoit@yahoo.it Hamadi zribi : 3334408921, e mail: hamadi.zribi@posta.rifondazione.it Andrés Barreto: 3402392099, email: andresbarreto@libero.it Francesco Careri, 347 4142500, email: careri@uniroma3.it Hanno aderito finora: Action; Arci Roma; Attac; Campo per la Pace Ebraico; PRC Roma; Riva Sinistra; Associazione Dhumcatu, Rdb-CUB Immigrati Roma;Annamaria Rivera;(docente Università di Bari) Maurizia Russo Spena; (Ricercatrice); Sveva Haertter (Ufficio migranti Fiom); Anna Pizzo (consigliera regione lazio), Adriana Spera (capo gruppo PRC- SE Roma), Padre Roberto Sardelli (scuola 725). AINAI (Associazione nordafricani in Italia),Filippo Miraglia rep immigrazione arci;Grazia Naletto( Associazione Lunaria); Stefano Galieni (Dip. Immigrazione PRC nazionale),Alessia Montuori ( Associazione Senzaconfine), STALKER Osservatorio Nomade; Maurizio Fabbri (capon Gruppo Gruppo PRC-Se Provincia di Roma) Giada Valdannini (giornalista e studiosa di cultura rom);Vivi Valente ( Associazione Progetto Diritti), Santino Spinelli ( Ambasciatore dell’Arte e della Cultura Romanì nel MondoCommissario per gli Affari Esteri dell’International Romani Union IRUVice Presidente del Parlamento dell’IRU, Delegato Italiano dell’ERTF), Luciana Menna, Valeria Belli (ass. Onlus Yakaar), Marco Brazzoduro (professore alla Sapienza); Associazione Ex-Lavanderia- Roma, La casa delle Culture, Simona Sinopoli arci, Meo Hamidovic (cooperativa Sociale Onlus Rom Bosnia Herzegovina), Pilar Saravia ass.NODI, Prof. Giulio Girardi (Teologo);Hamadi Zribi (Responsabile immigrazione PRC Roma), Prof. Bruno Bellerate (ex docente universitario), Stefania Ruggeri (Cooperativa sociale B612- Ostia),Fabio Baglioni (ASGI); Associazione sri lankesi in italia, Laura Nobili, Rosaria Gatta ARCI, Irene Castagna ARCI, Maria Giovanna Casu ARCI, Aida Nahum, Caterina PATTI Assessore con delega alle politiche dei migranti del XIX Municipio;Claudio ORTALE Capogruppo PRC-S.E. del XIX Municipio di Roma, Alfonso Perrotta (associazione interculturale villaggio globale),Gianluca Peciola (assessore XI Municipio), Roberto Morea (assessore ai servizi sociali del I municipio), Silvia Macchi (urbanista),Tiziana La Torre ARCI, Fabrizio Burattini ( Segreteria Cgil Roma Sud), Giorgio Cremaschi ( Segreteria nazionale Fiom), Giulia Cortellesi Lunaria, Claudio Graziano Arci, Stefano Moser alice nel mondo, Sandro Medici (Presidente del X Municipio), Ghirmai Tewelde (consigliere PRC-SE XVIII), Nando Simeone (Vice Presidente del Consiglio Provinciale di Roma), Lucio Conte (consigliere VII Municipio), Associazione Scuola Università Ricerca, Gennaro Loffredo (Associazione Maria Musu), Cristina Formica (Chiama L’Africa), nodo di Roma Rete LILLIPUT, Vittoria Pagliuca (attivista diritti umani), Mirjana Brkic ARCI, Hevi Dilara Europa levante, Associazione Chiama l'Africa onlus,…
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