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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 15/08/2012 @ 09:10:36, in Italia, visitato 1625 volte)

13 Agosto 2012 - COMUNICATO STAMPA Comunità sant'Egidio

Quanto costa e a chi costa il gioco dell'oca dei trasferimenti dei rom? Chi paga le iniziative (pagate anche dal tribunale civile di Roma) del Comune? Inauguriamo il principio della responsabilità economica degli atti di governo che comportano spreco di soldi pubblici

I cittadini romani non lo sanno, ma questa è un'estate superattiva per trasferire i Rom della Capitale da un punto all'altro. In maniera inutile e costosa. Il percorso è sempre lo stesso: rendere difficile la vita nei campi attrezzati esistenti, smettendo la manutenzione, invocare il "degrado", e poi allontanarli oltre il Raccordo Anulare.

Stavolta il gioco è più costoso e sperpero di soldi pubblici. E' anche imbarazzante, visto che il Tribunale di Roma ha rilevato che: "il «codice comportamentale» imposto agli abitanti del nuovo «villaggio attrezzato La Barbuta appare lesivo del diritto della libertà personale, alla vita privata e familiare e alla libertà di riunione», e ha chiesto di fermarsi.

Intanto si distrugge il "campo attrezzato" di Tor de' Cenci, regolare e attrezzato dal 2000, con fogne e opere già fatte a carico del Comune. Si decide di affollare il campo de La Barbuta, fatto con 9 milioni di euro del Fondo "emergenza rom" nazionale.

Prima di spingere gli abitanti a trasferirsi in modi diversi, sono stati interrotti i servizi necessari alla manutenzione e gestione del campo. Lo si è "declassato" da "campo attrezzato" a "campo tollerato". Adesso si procede all'espulsione di quelli rimasti. Per evitare equivoci, si abbattono con le ruspe i container comprati con i soldi pubblici e riutilizzabili anche in altri luoghi. Le macerie restano sul terreno e davvero per chi resta è il degrado. Sembra bombardato.

C'erano in attesa, comunque, per La Barbuta, già una parte dei Rom che stavano a Casilino 900, mai ricollocati da tre anni, e quelli che stanno al Salario, più di 300 persone: in assistenza a carico del Comune a 25-40 euro al giorno a persona (300 persone fanno 9mila-10 mila euro al giorno che si continuano a pagare. Una famiglia di cinque persone che costa sui 4, 5 mila euro al mese. Con molto meno si affittano case decenti. Ma il Comune non lo fa. E non utilizza nemmeno il nuovo campo de La Barbuta per loro.

Sarebbe stato più semplice e meno costoso in ogni caso riqualificare il campo attrezzato di Tor de' Cenci e lavorare all'integrazione, invece di lavorare alla sua scomparsa per inseguire la promessa che i Rom non devono stare a Roma.

La Comunità di Sant'Egidio chiede:

1) Di fermare immediatamente queste operazioni (movimenti per rendere la vita difficile agli abitanti sono registrati anche nel campo di Monte Mario, con l'abbattimento delle protezioni dal sole in piena estate), per evitare ulteriori danni e spreco di denari pubblici.
2) Di quantificare il valore delle opere di urbanizzazione e dei container regolari distrutti nel campo di Tor de' Cenci e nei casi analoghi precedenti.
3) Di quantificare il costo della mancata ricollocazione delle persone sgomberate in passato, dal momento degli sgomberi ad oggi, anche considerando che nel frattempo sono stati realizzati col piano emergenza Rom nuovi campi attrezzati ma non utilizzati per i primi "sfollati" in assistenza.

E di introdurre il principio della responsabilità personale, economica, nelle decisioni che comportano evidente spreco di denari pubblici perché non siano i cittadini a sopportarne il peso.

Sorprende che in tempi di austerità e di spending review si continuino a prendere decisioni dannose del bilancio della città quando esistono (e erano state proposte dalla Caritas, dalla Comunità di Sant'Egidio e altri) alternative ragionevoli.

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Di Fabrizio (del 14/08/2012 @ 09:13:27, in conflitti, visitato 1932 volte)

Da Hungarian_Roma

The Contrarian Hungarian "Abbiamo attaccato gli zingari e ne siamo fieri" Manifestazione dell'estrema destra a Devecser sfocia in violenza - 8 agosto 2012
Foto ufficiale della manifestazione, dell'Hungarian News Agency - fotografo Lajos Nagy.

C'è curiosamente poca o nessuna copertura sui media ungheresi riguardo al comportamento violento dei gruppi razzisti - alla luce del giorno e di fronte alle telecamere - in un villaggio ungherese il fine settimana scorso.

Quindi, la storia che seguirà non è soltanto su una manifestazione organizzata dal terzo più grande gruppo parlamentare in Ungheria, durante la quale, ancora una volta hanno reso lampante quanto siano vicini alle milizie di estrema destra che abitualmente incitano alla violenza razzista.

Però, è anche una storia sulla mancanza di copertura da parte dei mezzi di informazione, riguardo la più scandalosa agitazione dell'estrema destra ungherese, senza che nessuno di loro fosse personalmente presente a testimoniare la sconcertante crescita di audacia con cui questi gruppi politici rinfocolano i conflitti etnici nei villaggi del paese. Succede sempre più spesso che i media ungheresi rifuggano dal fornire rapporti corretti sul comportamento criminale dei politici di Jobbik e dei suoi alleati paramilitari. Da ciò ne deriva uno dei recenti sviluppi nella retorica dell'estrema destra: vale a dire la loro applicazione piuttosto liberale del concetto di "autodifesa" per giustificare il loro clima intimidatorio e razzista - ed in questo caso - i violenti attacchi alle minoranze. Nel contempo la polizia e gli apparati giuridici stanno a guardare.

Ma torniamo alla storia. La citta di Devecser aveva già ottenuto attenzione internazionale durante il disastro del fango rosso nel 2010 quando, assieme a Koontár, fu una delle diverse città sfortunate inondate dai rifiuti caustici dei materiali tossici conservati nell'impianto di alluminio di Ajka (vedi Wikipedia, ndr.).

Ora, due anni dopo, l'estrema destra si concentra sulla città non perché il risanamento ambientale resta incompiuto, ma perché vuole una dimostrazione di forza contro ciò che loro chiamano l'inazione della polizia contro i vicini rom. Le violenze sembrano aver seguito questo argomento, precipitando in un avvertimento, nella forma di una manifestazione dell'estrema destra, sponsorizzata da un partito, di forza collettiva contro tutti i residenti rom della città.

Jobbik, organizzatore ufficiale dell'evento, vi ha incluso conosciute organizzazioni estremiste e paramilitari violente. Assieme, hanno portato nella cittadina un numero considerevole di simpatizzanti di estrema destra: ne sono arrivati circa 1.000 in una città di 5.000 residenti. La Nuova Guardia Ungherese (Új Magyar Gárda), L'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore (Szebb Jövőért Polgárőr Egyesület), Movimento Giovanile 64 Contee (Hatvannégy Vármegye), Forza di Difesa (Véderő), Guardia Motociclistica (Gárda Motorosok) ed Esercito Fuorilegge (Betyársereg), ognuno con i suoi simpatizzanti (come è stato recentemente chiarito da un tribunale ungherese, dal punto di vista giuridico questo tipo di collaborazione è per loro la più vantaggiosa: assieme, non possono essere ritenuti responsabili di atti criminali specifici durante le proteste; tuttavia, è difficile stabilire responsabilità individuali, con così tanti gruppi presenti).

Jobbik era rappresentata da tre parlamentari: Gábor Ferenczi, Szilvia Bertha e Balázs Lenhardt.

Il rapporto più completo su quanto accaduto viene dalla testimonianza oculare di un collaboratore del blog ungherese Kettős Mérce (Doppio Standard):

Gábor Ferenczi di Jobbik ha iniziato i discorsi. Ha detto di volere pace, ordine e sicurezza a Devecser, e che questa manifestazione è sul diritto degli ungheresi all'autodifesa, perché gli ungheresi possano difendersi e gli zingari assumersi le loro responsabilità.

Ferenczi si è rivolto in particolare al sindaco di Devecser, il quale aveva detto in precedenza alla stampa che la manifestazione di Jobbik non era necessaria. Ferenczi ha esortato il sindaco a non rivolgere le sue parole contro gli ungheresi "normali", invece di ergersi contro i "criminali". Ferenczi ha anche detto di non voler più sentire alcuna lamentela, specialmente nulla di più su furti e truffe degli zingari di Devecser. Se ci dovessero essere problemi di ogni sorta,ha detto di chiamare la Forza di Difesa [Véderő, gruppo paramilitare coinvolta anche nell'occupazione di Gyöngyöspata l'anno scorso]. Ha sottolineato che c'è bisogno della reintroduzione della pena capitale, e dicendo che se i problemi non cesseranno, ci saranno altre manifestazioni.

Dopo è stato il turno di László Toroczkai di 64 Contee [persona più volte accusata, ma mai condannata, di atti terroristici]. Ha iniziato il discorso dicendo che gli ungheresi hanno tre possibilità: immigrare, diventare schiavi "degli zingari" o rimanere e combattere; in questo caso chi fosse stato infastidito "dall'ungarità" doveva andarsene. Ha detto che ci sono zingari e criminalità zingara in tutto il paese e che "dovunque questo gruppo etnico sia presente, si mostrano distruzione e devastazione." Secondo lui, gli zingari vogliono sterminare gli ungheresi, e se vogliono combattere allora bisogna lottare contro di loro, non ci sono altre possibilità. Ha aggiunto anche che gli ungheresi o combattono o diventeranno vittime.

In seguito, è stato lasciato il microfono a  Attila László dell'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore [una manifestazione di questo gruppo ha segnato l'inizio di un lungo periodo di tensioni etniche a Gyöngyöspata l'anno scorso]. "Tutta i rifiuti devono essere spazzati fuori dal paese," ha detto nell'apertura.

Secondo lui, ci si deve ribellare e cacciare tutti i criminali, ed organizzarsi in ogni comunità - per questo, c'è bisogno di tutti gli "ungheresi militanti". In conclusione, ha definito l'autodifesa come "un istinto che arriva alla formulazione durante le emergenze e che viene poi seguito da un'azione cosciente."

Dopo i discorsi, ha avuto luogo il corteo: i manifestanti si sono recati alla casa della famiglia da proteggere per cui erano convenuti. Mentre il testimone arrivava alla casa della famiglia - probabilmente sostenitori di Jobbik o organizzatori locali del partito - i manifestanti cantavano:

"Siete nessuno!" "State per morire, zingari, state per morire qui!"

A questo punto, è iniziata una seconda serie di interventi, il primo di Zsolt Tyirityán (Esercito Fuorilegge - Betyársereg), che ha parlato di guerra razziale e pulizia etnica. "Gli zingari hanno la criminalità nel codice genetico," ha detto. Per rafforzare il concetto, ha aggiunto che sono i "sionisti" a dirigerli per andare contro la legge. "Mi considero un razzista," ha detto Tyirityán, "ed ho intenzione di ergermi per non lasciare spazio vitale ad un'ulteriore razza." "La spazzatura codificata geneticamente dev'essere sterminata dalla vita pubblica." "Stiamo per debellare questo fenomeno, dev'essere estirpato dalle nostre vite."

Successivamente, l'autore del blog ha proseguito verso una casa di amici.

La casa si trovava lungo il percorso dei manifestanti, che sono arrivati poco dopo. "Stavano gridando diversi slogan razzisti ed intimidatori, il mio braccio destro è stato colpito prima da una bottiglia d'acqua e pochi secondi dopo da un più grande pezzo di cemento. Mi sono fatto da parte prima di essere colpito alla testa... Siamo entrati nella casa attraverso il cortile. Nel frattempo, attorno a noi piovevano letteralmente altri pezzi di cemento e bottiglia d'acqua. Entrati in casa abbiamo dovuto chiudere le persiane, perché anche le finestre erano un obiettivo. In casa c'erano molti bambini.

"Una volta che se ne furono andati, ci siamo avventurati fuori dalla casa, scoprendo che avevano fatto lo stesso a molte case abitate dagli zingari." Anche Ferenczi, deputato Jobbik, era tra i feriti. "Davanti alle abitazioni c'era molta polizia, ma è successo lo stesso."

Ne filmato seguente viene ripreso l'incidente all'esterno della casa dove vive la famiglia rom. Lunedì sono stato in grado di vedere un versione più lunga del filmato, preparata da una delle derivazioni di estrema destra - ma quel video (della lunghezza di circa 6') sembra essere stato rimosso da internet. Tuttavia, grazie al blog Egyenlítő si possono ancora guardare su internet i 25 secondi riguardo all'incidente:

Quanto sopra è stato confermato in seguito da un mezzo d'informazione di estrema destra.  Quanto registrato effettivamente non comprende alcune delle citazioni peggiori. Se si dovesse presentare una causa penale per istigazione al conflitto etnico, si dovrebbe far valere questa interazione, disponibile sul video realizzato da ATV. Anche se non si riesce a rendersi conto della dimensione reale della folla, a partire dal minuto 1.08 il discorso si traduce così:

"Che ne pensate, secondo voi ci sono segni di una guerra razziale in questo paese?" - chiede l'oratore alla folla (Zsolt Tyirityánof di Esercito Fuorilegge).
"Sì!" urla la folla dietro di lui.
"Secondo voi, ci sarà un'escalation del conflitto in base alla razzia o all'etnia?"
"Sì!"
"Allora mandiamogli un messaggio!"

Ed i fatti contestati non riguardano, difatti, i partecipanti alla manifestazione! Sono orgogliosi del "successo" della loro protesta unificata. Come scrivono nel titolo di un loro rapporto: "Siamo stati noi ad attaccare gli zingari, e ne siamo fieri."

Questo è quanto è avvenuto a Devecser, nelle parole dell'estrema destra:

"La marcia era guidata dai selvaggi combattenti di Betyársereg, che non conoscono paura, con le loro impressionanti bandiere nere, che non mancano mai di incutere paura al nemico. Dietro di loro seguivano le file disciplinate delle [64] Contee. Il corpo principale era composto da civili e membri di Jobbik, mentre il corteo terminava con Migliore Futuro e le Guardie. Gli ungheresi hanno fatto scappare gli zingari più volte. Prima, presso la casa dove è avvenuto lo scontro [si parla di fine luglio]. C'era un cordone di poliziotti a tutela della strada degli zingari e, dietro di loro, 5-6 zingari erano fermi ad osservare gli ungheresi, ma quando i Fuorilegge hanno caricato - passando attraverso il cordone poliziesco- gli zingari sono fuggiti. I mezzi della polizia hanno bloccato gli ungheresi penetrati nella via degli zingari. Il corteo è proseguito, ma in un'altra strada con molti zingari, ci sono stati ulteriori scontri."

"Gli [epiteto razziale] facevano capolino da dietro il recinto di pietra di una casa abitata da zingari. Stavano registrando lo svolgimento del corteo con una cinepresa rubata chissà dove. E' seguita una discussione tra loro e i manifestanti. Infine, è stata lanciata una bottiglia d'acqua, che ha colpito uno [epiteto razziale] in testa, dopodiché da dietro il recinto hanno lanciato una pietra contro la folla. Ne è seguita una tempesta di pezzi di mattoni, pietre e cemento, che hanno cacciato gli zingari dentro casa. Gábor Ferenczi, membro del parlamento per Jobbik, è stato ferito durante l'incidente - probabilmente colpito alla testa da uno zingaro (ha richiesto le cure nel vicino ospedale di Ajka).

"La polizia non era sul posto, è arrivata dopo, non sono riusciti a gestire la situazione, molti di loro avevano paura. Se il pogrom non c'è stato, non è dipeso da loro. Al momento, gli ungheresi erano assolutamente superiori."

La questione dell'autodifesa e della ferita a Ferenczi è importante per i media: in quanto parlamentare, richiama sufficientemente l'attenzione delle redazioni (con la sua testa ferita, è l'immagine perfetta per un rapporto accattivante). Secondo l'estrema destra, è stato ferito da una bottiglia d'acqua. Sempre secondo la ricostruzione dell'estrema destra, c'è stata una pietra lanciata dalla casa dove si erano prima rifugiati gli abitanti, quando il recinto era stato assalito. Osservando il video, prima che sparisse da internet - tranne il frammento riportato, dall'interno non sono state lanciate pietre. Ma l'incidente, tutto sommato, è un atto di autodifesa: un atto istintivo che si è tradotto in un'azione cosciente e coordinata. Difesa: dalla criminalità codificata geneticamente degli zingari, naturalmente. Cercando un buco in questo solido argomento.

Si potrebbe pensare che quanto sopra potrebbe far riflettere qualsiasi organizzazione attenta al rispetto delle notizie. Tuttavia la storia termina con le tristi note degli eventi che hanno avuto luogo il 5 agosto a Devecser, nell'interpretazione dei principali giornali, tanto governativi che di opposizione.

Quanto segue, ora, è la traduzione parola per parola del rapporto completo su questo "incidente" pubblicato dal più diffuso quotidiano di sinistra in Ungheria:

Il deputato Gábor Ferenczi, rappresentante Jobbik per il distretto di Veszprém, ha chiesto il ripristino della pena capitale, durante un evento organizzato domenica dal suo partito a Devecser dove, secondo le stime del deputato, erano presenti un migliaio di persone.

La manifestazione, dal nome "Vivi e lascia vivere: manifestazione per la legittima autodifesa ungherese," si è tenuta con la partecipazione di Jobbik e di numerose organizzazioni della destra radicale. E' partita dalla piazza di fronte alla chiesa cattolica, dopodiché i manifestanti hanno marciato per le strade in cui pensavano vivessero gli zingari.

A Devecser, città diventata famosa durante il disastro dei fanghi rossi e che conta 5.000 abitanti, Gábor Ferenczi ha dichiarato che il loro obiettivo non è la discriminazione su base etnica, quello che vogliono a Devecser è pace, ordine e sicurezza. "Vivi e lascia vivere in questo comune: è quanto chiediamo ai nostri compatrioti zingari."

Il deputato ha chiesto il rafforzamento della stazione di polizia a Devecser, dopodiché ha sottolineato che nel paese avvengono sempre più brutali atti criminali. Ha dichiarato di chiedere il ripristino della pena di morte, "come deterrente per respingere e prevenire questi crimini."

László Toroczkai, presidente del Movimento Giovanile 64 Contee, ha richiamato i partecipanti a non lasciare il paese ed il loro suolo natale, e non farsi cacciare.

Sfilando dopo il comizio i partecipanti sono sfilati davanti alla casa dove alla fine di luglio avevano avuto luogo una discussione e una rissa, che hanno fornito il motivo della manifestazione.

La polizia ha messo in sicurezza la manifestazione con un cordone, che i dimostranti hanno cercato più volte di rompere. In un'occasione, hanno ingaggiato un lancio di oggetti con i locali, in questo frangente Gábor Ferenczi è stato ferito ad una tempia. Imre Orbán, vicepresidente di Jobbik per il distretto di Veszprém, ha informato l'Agenzia Ungherese delle Notizie che la ferita di Gábor Ferenczi è stata medicata nel locale ospedale di Ajka; la pietra che l'avrebbe colpito, secondo la loro versione, sarebbe stata lanciata dal cortile di una delle case."

Il giornale di sinistra ha preso la storia dal lancio di agenzia: non un giornalista è stato assegnato alla storia (questa sembra sempre più la strategia della stampa ungherese: seguire quanto pubblicato dall'Agenzia Ungherese delle Notizie). Parola su parola, il rapporto sopra riportato si ritrova altrove su diversi media.

Con l'eccezione di alcuni giornali pro-governativi, che fanno affidamento sulla controversa segnalazione di Hir TV. Nel suo resoconto, il canale televisivo conservatore afferma che la testa di Ferenczi è stata colpita da "fuoco amico": la bottiglia d'acqua che l'ha colpito proveniva dai suoi. Ma dato che ciò ha scatenato un grande chiasso da parte dei portali di estrema destra, hanno ritrattato la dichiarazione originale. Questa la versione stampata alla fine, nella sua interezza:

La manifestazione tenuta da Jobbik e dalle organizzazioni di estrema destra vicine, si è conclusa senza gravi incidenti. Due persone durante il corteo sono svenute per il caldo.

La folla ha marciato verso la casa dove nelle scorse settimane c'era stata una rissa tra due famiglie, una ungherese e l'altra zingara, legate tra loro da una lunga faida. Alcuni hanno gettato bottiglie d'acqua contro la casa, da cui sono usciti alcuni rom per strada, ma la polizia ha posto velocemente fine a questo. Gábor Ferenczi di Jobbik è stato colpito con un pezzo di cemento. Precedentemente, il parlamentare aveva tenuto un discorso, in cui dichiarava di essere venuto con intenzioni pacifiche, ma che se nel comune non fosse migliorata la sicurezza, sarebbero tornati. Il politico ha chiesto un rafforzamento della stazione di polizia nella città già colpita dalla catastrofe dei fanghi rossi. Le autorità hanno controllato l'evento con un significativo spiegamento di forze.

Andrebbe oltre lo scopo di questo post già troppo lungo, purtroppo, commentare la questione a portata di mano: quanto è avvenuto a Devecser è incitamento alla guerra etnica e razziale.

Il punto è esattamente sul come e perché l'estrema destra ungherese sta guadagnando terreno in Ungheria. Dalla sola lettura di media e giornali questa storia non esisterebbe quasi. Quando se ne fa menzione, viene distorta nel profondo: distante dalla furia liberata di gruppi razzisti in una lontana città ungherese, si racconta di un raduno con "intenzioni pacifiche".

Il compito appare difficile: non si tratta soltanto della lotta legale, politica e sociale contro l'estremismo, ma anche contro il silenzio e la disinformazione.

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Di Fabrizio (del 13/08/2012 @ 09:10:43, in Europa, visitato 1321 volte)

Rue89Lyon Quegli abitanti che vogliono tenersi i Rom vicini - par Leďla Piazza | 3 agosto 2012 (i link sono in francese, ndr.)
I bambini sono onnipresenti nel quartiere. Crédit : Leďla Piazza

Fanno petizioni, ma non per cacciarli. Nel cuore del quartiere della Guillotière (7° arrondissement di Lione), gli abitanti e associazioni  de " l'îlot Mazagran" si mobilitano per rialloggiare un centinaio di Rom che vivono in due case occupate, il cui sgombero è imminente. Una richiesta inedita che fa parte della più vasta mobilitazione contro la "gentrificazione" del quartiere.

Quando dei Rom occupano un edificio in un quartiere, di solito l'accoglienza riservata ai nuovi abitanti non è molto buona. Di solito sono rifiutati con violenza da chi vive intorno, come succede attualmente in una zona residenziale di Vaulx-en-Velin. Tutt'altra la situazione nel quartiere della Guillotière. Invece di scrivere al sindaco per farli sgomberare il prima possibile, molti residenti di un'area del quartiere conosciuta come "l'îlot Mazagran" si mobilitano per farli restare.

"L'îlot Mazagran", due edifici occupati da un centinaio di persone, è a tutti gli effetti sotto sgombero. Ma, se l'intervento delle forse dell'ordine può avvenire da un momento all'altro, le famiglie non sono state ancora sloggiate. Qua entra in gioco la mobilitazione degli altri abitanti del quartiere. Difatti a metà luglio un collettivo di loro e di associazioni ha fatto girare una petizione che ha raccolto un centinaio di firme, inviate alla città di Lione ed alla Grande-Lione.

Squatter sostenuti dagli abitanti

C'è da dire che i Rom si sono insediati nel quartiere di Lione dove esiste la più alta concentrazione di associazioni e militanti della città. Associazioni che hanno preso possesso dei luoghi lasciati vacanti, in seguito al congelamento del progetto di creare una grande arteria, che avrebbe prolungato l'avenue Félix Faure sino al bacino del Rodano.

Ci sono aree di compostaggio collettivo, un caffè cooperativo, un'associazione di messa a dimora del verde, un locale (les Locaux Motiv') che riunisce 17 associazioni ed artisti. Soprattutto è emerso al centro di questo abbandono urbano, il giardino condiviso di Amaranthe, creato nel 2003. Sostenuto da una trama boschiva, è diventato "l'îlot Mazagran".

Questo per dire che questa zona della Guillotière è iperattiva a livello associativo, in un contesto di mixité sociale, composto da immigrati, studenti, classe media, intellettuali, artisti o SDF (Senza Fissa Dimora, ndr.) da Père Chevrier, il più grande centro di senzatetto del Foyer Notre-Dame.

La differenza con gli altri quartieri si è fatta subito sentire, rileva Julien, militante di Demeurant Partout, l'associazione che ha "requisito" un anno fa il primo immobile, divenuto il primo squat di rue Montesquieu:

    "In questo quartiere, la gente non ha atteggiamenti esagerati, come succede da altre parti. Ci hanno scritto delle mail dicendoci che abbiamo fatto bene e offrendoci dei mobili."

Conferma Gilberte Renard, dell'associazione CLASSES (Collettivo Lionese per l'Accesso alla Scolarizzazione ed il Sostegno ai Bambini degli Squat):

    "Qui li aiutiamo. Portiamo loro da mangiare. I bambini partecipano alle attività. E sono molto discreti. Come risultato, gli abitanti li hanno accettati."

Così, tra le famiglie rom minacciate di espulsione, sono tante quelle che non vorrebbero finire troppo lontani dalla Guillotière.

Una delle famiglie nell'appartamento occupate nell'îlot Mazagran. Crédit : Leďla Piazza

Coesistenza o integrazione?

Qui, si dice che alcuni residenti abbiano tenuto corsi per i bambini, altri abbiano aiutato i genitori nella gestione delle lettere amministrative e nella lettura della posta.

Nell'"îlot Mazagran" i bambini rom giocano e non esitano a fermare i passanti.

    "Quando passo la mattinata, fuori quasi non ci sono che bambini, racconta Christian, uno degli attivisti. Mi dicono buongiorno, mi corrono appresso. A volte mi dicono che vogliono rubarmi la moto, ma il tono è di scherzo."

Grazie i bambini, s'è creato il contatto tra abitanti ed occupanti, particolarmente nel giardino condiviso di Amaranthe, gestito dall'associazione Brind'Guill. Emma Lidbury, militante dell'associazione e co-presidente di Locaux Motiv' - incubatore che comprende 17 associazioni di quartiere, racconta:

    "Ho incontrato queste famiglie attraverso il giardino dove i bambini sono molto presenti. Da quando apre, ci chiedono di andarci assieme. Così, si inizia a conoscere meglio le famiglie. Sono davvero integrate nel quartiere."

Ed in occasione di avvenimenti nel quartiere, i Rom partecipano sempre di più.

    "Durante il Maza'Grand Événement abbiamo proiettato dei film, racconta Francis dell'associazione Les Inattendus. I Rom sono venuti e sono stati un pubblico davvero buono. Non c'erano molte parole ed hanno potuto comprendere, ed essere coinvolti."

La vita del quartiere si è organizzata attorno ad Amaranthe, un giardino condiviso, creato nel 2003 e ora aperto a tutti, quando è presente un giardiniere dell'associazione. Crédit : Leďla Piazza

"Niente buonismo"

Gli attivisti delle associazioni che si battono perché le famiglie restino nel quartiere, non vogliono passare per sempliciotti:

    "Non dobbiamo nasconderci, prosegue Francis, che sono in tanti e lo spazio è piccolo. Non sempre è evidente, ma per forza si creano tensioni."

"Problemi ci sono di sicuro," riconosce Emma Lidbury :

    "Ma se si inizia a conoscere bene alcune famiglie, si può parlare. Per esempio, in giardino sono spartite alcune cose. Se ne è discusso. Di sicuro, direttamente non sono stati loro, ma questa comunità è un po' come una grande famiglia, le cose poi sono tornate. E adesso, in qualche modo sono loro che sorvegliano il capanno degli attrezzi..."
    "Quando va bene, c'è un vero scambio. Soprattutto con i bambini che sono molto intraprendenti. Con i genitori è più complicato, perché c'è la barriera della lingua," aggiunge la sua collega Maura.

Stesse conclusioni da parte di Elodie, barista del bar cooperativa del posto, il Court Circuit:

    "P., il nonno della famiglia, viene a trovarci, ordina il suo caffè e cerca di parlare con noi. Ma se non ci capiamo molto. è difficile avere uno scambio."

Il bar cooperativo situato al centro di questo isolato, ha anche dovuto imparare a far coabitare la sua clientela con i Rom regolarmente presenti in piazza, dove si trova la sua terrazza.

    "C'è una forte precarietà e molta inattività. E' dura la vita, soprattutto per i più giovani che si annoiano. Vengono a giocare in piazza, senza prestare attenzione ai clienti. Così non è facile convivere."

Corinne Iehl abita nel quartiere e fa parte dell'associazione Cré'Avenir che partecipa al tavolo degli abitanti, Sfuma ulteriormente il quadro:

    "Dire che i Rom sono integrati, è un po' eccessivo, anche se si è familiarizzato con molte famiglie. E' complicata. Sono alla sbando, sopravvivono alla giornata. Spesso ci sono tensioni tra le differentii famiglie. Sono tollerati, accettati. Di converso, ci sono forme di carità."

Lo spazio al centro dell''îlot Mazagran accoglie numerose feste e il gazebo del bar cooperativo. Crédit : Leďla Piazza

Lotta contro "l'imborghesimento"

In questa parte del quartiere è forte la paura della perdita delle sue specifiche sociali. A primavera 2011, il comune di Lione ha riproposto un progetto di rinnovamento urbano del quartiere. Tenuto conto della sua alta densità associativa, gli eletti hanno immediatamente contattato i residenti. Sin dall'inizio, molti abitanti ed associazioni si sono attivamente coinvolti nella concertazione, particolarmente in seno al collettivo Mobilizagran. Soprattutto con una rivendicazione: la resistenza alla gentrificazione, cioè l'imborghesimento della zona:

    "Sin dall'inizio della concertazione, gli abitanti e le associazioni hanno detto di voler mantenere la mixité sociale. C'è paura della gentrificazione, che sta già prendendo piede," analizza Corinne Iehl di Cré'Avenir.

Perciò la partenza dei Rom dal quartiere significherebbe, secondo diversi abitanti, l'inizio della scomparsa della mixité sociale. Un argomento subito me3sso in avanti nella petizione degli abitanti agli eletti di Lione:

    "Noi, abitanti ed associazioni riuniti dell'îlot Mazagran (Lyon 7e), siamo stati messi a conoscenza della situazione a riguardo il rialloggio delle famiglie rom del quartiere. [...] Non vogliamo assolutamente vedere il quartiere gentrifichizzato con, conseguentemente, l'impennata dei prezzi degli immobili e l'esclusione delle  persone in situazione di estrema precarietà. Non possiamo accettare che il rinnovamento del quartiere avvenga al prezzo della rimozione di famiglie già in situazione di esclusione sociale."

I firmatari chiedono quindi che "le famiglie siano rialloggiate nel quartiere, come (secondo la petizione) aveva promesso Grande-Lione." Contattata, la Grande-Lione replica che la questione (degli sgomberi di alloggi occupati) è di competenza della prefettura.

La questione della risistemazione si pone anche per una famiglia rom rialloggiata da Habitat et Humanisme in un immobile destinato alla distruzione (nel quadro del rinnovamento urbano) e a cui l'associazione ha promesso il trasferimento. Ma per ora alla coppia di nonni è stato proposto solo uno studio a Villeurbanne.

    "Preferirei restare qui, suggerisce in francese incerto Léontina, la decana della famiglia P. Sono in quartiere da 8 anni. Uno dei miei nipoti va alla scuola Gilbert Dru. E con la gente va bene. C'è chi viene a bere il caffè. E poi ci portano vestiti, mobili o da mangiare."

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Appendice da Il Giornale: E Hollande fa come Sarkozy: ruspe contro i campi rom
Il presidente demolisce gli alloggi a dispetto del programma elettorale
L’avvento del governo socialista in Francia non ha cambiato la linea impostata dall' amministrazione Sarkozy sui campi nomadi...

E se in Italia, per il momento la notizia è ripresa solo da Agoravox: Hollande sgombera i nomadi, le Ong lo attaccano: "Peggio di Sarkozy"
Diversi campi rom sono stati smantellati in questi giorni in Francia. Mercoledì, quando le ruspe si sono presentate all'ingresso del più grande campo nomadi di Parigi non hanno trovato nessuno, gli abitanti allertati si erano già allontanati verso...

QUI potete trovare le ultime notizie dalla Francia.

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Di Fabrizio (del 12/08/2012 @ 09:03:00, in media, visitato 1424 volte)

NO COMMENT. Al limite, da rileggere "SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom" (e poi valutate da soli)

Cagliari, rom alloggiati in villa con piscina dopo essere stati sfrattati dal campo nomadi

La "villa con piscina agli zingari" è un casolare diroccato a Flumini: "il Comune risparmia 500mila euro"

Il comune pagherà l'affitto per almeno un anno, ma la convenzione potrebbe prolungarsi

12:30 - Non è andata male a due famiglie di rom che a fine giugno hanno dovuto abbandonare il campo nomadi nel Cagliaritano, sulla Ss554, chiuso dal sindaco Massimo Zedda per gravi problemi igienici. Sono infatti state alloggiate in una villa sul litorale con pavimenti in marmo, grande caminetto al centro del salone, bagno con idromassaggio e aria condizionata in ognuna delle quattro camere da letto. L'affitto? Paga il comune di Cagliari.
Come riporta il quotidiano 'L'Unione sarda', d fronte alla prima villa sul litorale, a pochi metri, c'è quella che diventerà la nuova casa per altri tre nuclei familiari: un vecchio ristorante che si affaccia su una grande piscina, patio in cotto e centinaia di metri quadri di terreno, fino a pochi giorni fa completamente incolto.
Sono due delle ville sul litorale che il Comune, tramite la Caritas, ha messo a disposizione delle famiglie bosniache allontanate dalle baracche e dai terreni inquinati stretti tra la Statale 554 e il quartiere di Mulinu Becciu. Sarà il Comune a pagare, almeno per i primi dodici mesi l'affitto delle case, ma il sostegno potrebbe arrivare fino a due o tre anni.


di Jacopo Norfo
"Ma quale piscina di lusso per gli zingari, al massimo è una bagnarola". Di fronte a quello che è soltanto un casolare diroccato sul litorale di Flumini, un ex ristorante abbandonato da anni che il titolare non era mai riuscito a riutilizzare o a dare in affitto, e che è tutto tranne che una villa lussuosa, viene da sorridere davanti ai finti scoop di qualche giornale. Fabrizio Rodin, presidente della commissione Politiche Sociali del Comune di Cagliari, spiega: "Si tratta di un locale dove vivono due famiglie di nomadi, una struttura vecchia da risistemare, un'abitazione provvisoria. Insomma tutto tranne che una residenza di lusso con piscina". La piscina c'è, ma non sembra affatto in stile Hilton. In atto c'è una chiara strumentalizzazione che potrebbe portare a tensioni sociali. La verità è un'altra. Va detto poi che è la Caritas a occuparsi delle case per i nomadi in prima persona. Rodin spiega: "Il Comune non regala affatto case agli zingari, questo sarebbe proibito perchè sull'assegnazione delle case esistono specifiche graduatorie. Si sta utilizzando una precisa legge regionale che costa 90 euro a persona per chi è andato via dal campo Rom sulla statale 554. In tutto spenderemo circa 200 mila euro, per un solo anno di affitto e non per sempre, utilizzando un finanziamento che riguardava il campo Rom che invece è di 700 mila euro. Facciamo un conto facile facile: significa che il Comune, e quindi i cagliaritani, risparmieranno rispetto agli anni scorsi la bellezza di mezzo milione di euro all'anno". Fabrizio Rodin spiega poi come in passato, quando al timone c'era l'amministrazione di centrodestra, non siano state trovate soluzioni: "I fondi relativi all'anno 2007 stavano per andare persi del tutto e li abbiamo salvati in extremis. Mi chiedo poi come mai il consigliere Porcelli, che ha proposto un altro campo Rom a Giorgino, non sia invece riuscito a trovare un piano alternativo quando era lui il presidente della commissione Cultura". Nella foto, Fabrizio Rodin.
jacopo.norfo@castedduonline.it
twitter@JacopoNorfo

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Credo che la storia, lunga ed ancora oscura, non terminerà qui. Intanto godiamoci questo raggio di sole

IL MATTINO di Leandro Del Gaudio Venerdì 10 Agosto 2012

NAPOLI - Il suo nome è entrato negli annali come esempio - più unico che raro - di cittadina rom condannata per sequestro di persona. Si chiama Angelica Varga, sta per compiere venti anni, gli ultimi quattro trascorsi in cella: una vicenda personale legata a un pezzo di storia di Napoli, con tanto di attenzione mediatica nazionale.

Ricordate? Metà maggio del 2008, sabato mattina, una stradina di Ponticelli. Poi: la ragazzina arrestata per sequestro di persona, la rabbia popolare, l'espulsione di oltre ottocento rom dal quartiere orientale. E ancora: un giudice che non scarcera Angelica, perché di "etnia rom", quindi incline a compiere delitti analoghi", la sentenza definitiva e il suo caso diventa un primato da giurisprudenza: una ladra di bambini, l'incubo metropolitano messo su carta bollata, con tanto di firma di un giudice. Un caso chiuso.

Quattro anni e mezzo dopo, Angelica si racconta. Č stata scarcerata da poco, proprio negli stessi giorni in cui a Ponticelli venivano arrestati alcuni presunti camorristi che "con odio razziale" incendiavano i campi rom (storia del 2010) per impedire che i piccoli zingari frequentassero le scuole del quartiere.

Storie simili, anche secondo Angelica Varga, che su una panchina del centro di Napoli si racconta: "Desidero cose elementari: la verità, poi un lavoro qui a Napoli, una famiglia, l'integrazione. Ma anche una cultura dell'integrazione a Napoli, che - come la mia storia insegna - non esiste ancora".

C'è una sentenza, una verità giudiziaria, lei ha rapito una bambina in fasce, punto. Qual è la sua versione?
"Ero a Napoli da un mese e mezzo, ero da poco arrivata da Bistrita (Transilvania, Romania), la mia città natale. La mattina uscivo con una mia amica di poco più grande, che faceva piccoli sbagli. Mi portò con lei in una casa, voleva rubare qualche oggetto di valore. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale, che venimmo bloccati da un uomo. La mia compagna riuscì a scappare, io finii in cella. Non parlavo italiano, ma ero tranquilla, mi dicevo: non ho portato via niente, ora mi rilasciano. Invece, quindici giorni di cella e ho capito: sequestro di persona, rapimento, stavo impazzendo".

Eppure, lei in quella stanza ci è entrata. Ha accarezzato quella bimba nel carrozzino, l'ha abbracciata?
"Mai. Non l'ho neppure vista quella bambina. Non siamo entrate in casa, non ci riuscimmo. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale che fummo bloccate, la mia compagna scappò via, io rimasi lì senza immaginare cosa mi sarebbe toccato vivere".

Poi, mentre lei era in cella, a Ponticelli è scoppiato il finimondo: un quartiere in fiamme, raid incendiari, un popolo in fuga. Venne a sapere cosa stava accadendo?
"Lo seppi in cella, me lo dissero le altre ragazze, che provavano a sostenermi. Č stato orribile e assurdo. Sono stati espulsi tutti, in una notte è stato spezzato il progetto di integrazione che tante famiglie avevano intrapreso. Non c'erano solo ladri in quegli accampamenti, ma anche ragazzi che andavano a scuola, c'era mio fratello, i miei parenti: via tutti, dalla notte al giorno. Hanno trovato una scusa orribile per cacciarci, per allontanarci. E io sono stata quattro anni e mezzo in cella".

Un mese fa sono stati arrestati alcuni presunti camorristi di Ponticelli: per "odio razziale" hanno scatenato incendi nel 2010, non volevano gli zingari a scuola dei loro figli.
"Conosco questa storia. Credo sia molto simile alla mia, perché al di là dell'episodio che mi ha visto condannata, credo che qualcuno abbia soffiato sul fuoco, credo che qualcuno aspettasse un pretesto - come il rapimento di un bambino - per scatenare la guerriglia contro di noi".

Ripetiamo: per i giudici lei è responsabile di quel rapimento, la sentenza è definitiva, se potesse incontrare la mamma della bimba rapita per pochi minuti, cosa le direbbe?
"Nutro ancora troppa rabbia per quello che mi è successo, voglio guardare avanti, niente polveroni polemici".

Cosa fa da quando è libera?
"Voglio ringraziare i miei legali, gli avvocati Liana Nesta e Cristian Valle che hanno creduto in me e hanno provato a difendermi anche contro i pregiudizi. Ho trovato attorno a me tanta solidarietà, ora provo a ripartire. Ho vent'anni, vorrei un lavoro (so fare la parrucchiera), una vita normale da cittadina napoletana. Nel frattempo, quando posso, faccio anche un po' di volontariato".

In che senso?
"Parlo bene italiano, spesso mi reco in alcuni campi rom dell'hinterland assieme ad altri volontari, dove cerco di svolgere un ruolo in un più ampio progetto di integrazione".

Č andata anche a Ponticelli?
"No, lì non sono mai tornata. Mi fa troppo male rivedere quei posti, per anni ho rivissuto dentro di me quella scena, quel cancello che si apre, gli scalini, l'uomo che mi afferra il braccio, qualcuno che mi chiede di firmare carte che ho fatto bene a non firmare: perché io quella piccola nel carrozzino, non l'ho neppure vista una volta in vita mia".

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Di Fabrizio (del 10/08/2012 @ 09:17:50, in Europa, visitato 1375 volte)

Da Roma_Francais

Orly, giovedì. Maria ed i suoi figli fanno parte dei 74 Rom accolti nel primo villaggio d'inserimento in Francia, finanziato principalmente dall'Unione Europea. Mala giovane lotta per trovare un lavoro | (lp/florian dèbes)
Rom, il villaggio test non accoglie nessuno - A quasi otto mesi dall'apertura, il villaggio d'inserimento dei Rom, un esperimento europeo, è ancora lontano dal compiere la propria missione. Lì cresce l'impazienza. leParisien.fr par Florian Dèbes - Publié le 30.07.2012, 06h17

E' un luogo unico in Francia, quello che visiterà questo pomeriggio ad Orly Jean-Yves Leconte, senatore dei francesi dell'estero. Recandosi nel villaggio d'inserimento delle famiglie rumene, potrà incontrare Maria ed i suoi 73 vicini. Per loro l'emergenza è terminata grazie al dispositivo installato non lontano dalla stazione di Saules.

Spostatasi a metà dicembre in una casa provvisoria, la giovane aveva posto fine ad un percorso fatto di produzione di mattoni in Romania, di bracciante agricola in Italia e di elemosine a Parigi. Nella baraccopoli che occupava precedentemente a Orly, a febbraio 2010 sono morti in un incendio due bambini di 15 mesi e 3 anni. Oggi la pulizia del sito è da considerarsi un imperativo. Maria spera di iniziare un tirocinio in una struttura per la prima infanzia. Ma questo è ancora una speranza.

Il programma d'inserimento, finanziato dall'Unione Europea per un importo di 250.000 €, e dal consiglio generale Val-de-Marne, ha davanti a sé ancora numerosi ostacoli, malgrado gli sforzi di Habitat et soins, l'organizzazione che quotidianamente gestisce il sito. "Non è ancora tutto bene", riassume Maria in un francese incerto.

I 74 abitanti vivono di vendita di rottami ed accattonaggio

L'obiettivo di dare alloggio alle famiglie è comunque soddisfatto. Ma vivono ancora di rivendita di rottami e di accattonaggio. Gli adulti sono sempre sottomessi al regime derogatorio che limita l'accesso dei cittadini rumeni l'accesso al mercato del lavoro. Viene additata la lentezza amministrativa. "In autunno depositeremo in prefettura sette dossier completi per le domande d'autorizzazione al lavoro," spiega Laurence Potte-Bonneville, direttrice regionale dell'associazione.

Si complica la scolarità degli adolescenti

Nessun problema da segnalare nella scuola primaria Marcel-Cachin. Invece per gli studenti delle superiori ci sono maggiori difficoltà. Mescolati in tre diversi istituti durante l'anno, per integrare in classi specializzate chi ha potuto andare poco a scuola, gli studenti faticano ad adattarsi allo stress. "Per qualcuno non è automatico alzarsi tutti i giorni per ascoltare un prof. Non l'hanno mai fatto," riconosce Elsa, l'educatrice specializzata del sito.

Corsi di francese per adulti offerti solo ora

Otto mesi dopo il loro insediamento lì, gli adulti potranno finalmente seguire, prima della partenza, laboratori sociolinguistici orientati alla ricerca di lavoro. "E' una richiesta insistente da parte loro," rileva Laurence Potte-Bonneville. Abitanti ed associazioni hanno faticato ad assumere un insegnante. Tre hanno declinato l'offerta all'ultimo momento. Una quarta ha infine incontrato le famiglie a inizio luglio. E così, se per il momento il villaggio di inserimento non è ancora un successo, c'è ancora tempo, le parti si son date tre mesi, per fare un bilancio.

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Di Fabrizio (del 09/08/2012 @ 09:16:20, in Regole, visitato 1759 volte)

  SALUTI DA MILANO (immagine copyleft di Albertomos)

Comunicazione urgente: l'evento Concerto per una stella cadente è RIMANDATO A DATA DA DESTINARSI

    Premessa: scrive il Giorno, riprendendo una velina del Comune di Milano che l'altroieri, "E' stato smantellato dalla Polizia locale di Milano un insediamento abusivo di rom all'interno del campo autorizzato in via Idro..." ma, l'insediamento non si trovava all'interno del campo, ma a 100 m. di distanza. Lo stesso insediamento era già stato svuotato proprio un mese fa, e già due giorni dopo si era riformato, anzi era raddoppiato. In compenso, il capo dei vigili ne ha approfittato per fare una visita anche nel "campo autorizzato".

Così si è recata nella piazzola dove sinora si era mangiato, nel corso delle iniziative di HAI MAI PROVATO IN VIA IDRO? (immagino che non si sia bevuta neanche un caffè), dicendo che era illegale svolgere attività simili senza permesso del comune. Ha detto che si sarebbe dovuto chiedere questo permesso all'assessore Pierfrancesco Majorino (assessore.majorino@comune.milano.it) ed al suo collaboratore Cosimo Palazzo (cosimo.palazzo@comune.milano.it). Ha aggiunto che una risposta sarebbe arrivata ieri mattina stessa e che lei comunque sarebbe tornata giovedì sera al campo assieme alla Guardia di Finanza.

Martedì notte ho inviato una mail e mercoledì mattina una signora del campo era in Largo Treves a compilare i documenti del caso. La risposta arriva, alle 17.30 di ieri: "si esprime parere favorevole alle seguenti condizioni: siano rispettate le normative vigenti relative ai campi e in generale siano rispettate le norme per le iniziative svolte in luogo pubblico. La presente nota è indirizzata anche alla Polizia Locale per conoscenza e per quanto di competenza."

La cuoca a questo punto è dell'idea di farlo lo stesso, io sono con lei, ma gli altri (soprattutto gli uomini, va detto) hanno paura di qualche "tiro mancino". Ne discutiamo sino alle 19.30, la maggioranza decide di NO.

Ovviamente dispiace moltissimo, più a me che a voi, però a botta calda preferisco limitarmi a questo noioso elenco di cosa è successo a poco meno di due giorni dell'iniziativa. Ci sarà tempo per risposte più ragionate, a mente fredda.

Mi limito a ricordare che resta valido quanto scritto un mese fa, nel comunicato che annunciava la serie di iniziative proposte alla città:

Siamo ancora qua, aspettando che il comune mantenga le promesse, per non annoiarvi elenchiamo solo quelle dell'anno scorso

  1. ripristino di un servizio elettrico a norma;
  2. incontro con la cooperativa LACI BUTI sulle opportunità lavorative;
  3. incontro con i singoli nuclei famigliari per definire la situazione alloggiativa.
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Di Sucar Drom (del 08/08/2012 @ 09:11:23, in blog, visitato 1332 volte)

Milano, piano rom della Giunta Piasapia? Si! No! Forse...
Agenzie stampa e quotidiani si sono lanciati sulla notizia che arriva da Milano, dove la Giunta comunale dovrebbe presentare, entro la fine del mese, un "piano rom". Il titolo che più potrete leggere è: "ottomila euro ai rom per la casa". Il Comune di Milan...

Milano, hai mai provato in via Idro?
Salve a tutti, signore, signori ed infanti. Volevamo dirvi che anche quest'anno non andremo in ferie, perché alle Maldive è tutto esaurito, e dopo il freddo patito quest'inverno la montagna non ci ispira. Siamo ancora qua, aspettando che il comune mantenga le promesse, per non annoiarvi elenchiamo solo quelle dell'anno scorso:...

L'Italia razzista è contrastata dall'UNAR
Nei primi sei mesi del 2012 il Contact Center antidiscriminazioni dell'UNAR, guidato dal dott. Massimiliano Monnanni (in foto), ha gestito complessivamente 14.179 contatti (rispetto agli 8.952 del primo semestre 2011) e trattato 876 istruttorie, quasi il...

Appello a Governo e Partiti: Non cancellate UNAR
Numerose sigle dell'associazionismo italiano, tutte impegnate nell'affermazione dei diritti e della dignità delle persone e contro ogni violenza e discriminazione, hanno condiviso un percorso di crescita, conoscenza reciproca, condivisione di obiettivi che ha visto nell'attività svolta da UNAR, negli ultimi tre anni, un motore importante e un punto di riferimento...

Le Reti territoriali antidiscriminazioni al Governo: non smantellate l'UNAR
I partecipanti all'incontro nazionale delle Reti territoriali antidiscriminazioni, organizzato dall'UNAR a Roma - 10 e 11 luglio 2012. Premesso che: La nascita delle Reti territoriali contro le discriminazioni - composte da Regioni, Province, Comuni e organizzazioni del terzo settore - ha segnato un passo concreto nella difesa dei diritti fondamenta...

Torino, pestaggi omofobici ma tra i rom c'è chi reagisce
"Entrano nella mia roulotte, se lo tirano fuori e mi dicono di succhiarli se non voglio le botte". La prima volta che ha sentito questa storia, Valter Halilovic, mediatore culturale e animatore della comunità rom di Torino, quasi non ci voleva credere. Ma, nel corso delle ultime settimane, le testimoni...

Memors: la persecuzione dei sinti e dei rom durante il fascismo
Nella notte tra il due e il tre agosto del 1944 si consumò l'ultima liquidazione del “Familienzigeunerlager" o più semplicemente "Zigeunerlager" di Auschwitz-Birkenau. Oggi, dopo settantotto anni, ricordia...

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Di Fabrizio (del 07/08/2012 @ 09:12:33, in media, visitato 1741 volte)

Da Czech_Roma

Direttore di tabloid ceco all'attacco! Un'intervista prova il ruolo del più venduto giornale del paese nell'istigare il sentimento anti-rom. Da Romea.cz - 27 luglio 2012 Translated by Gwendolyn Albert

Pavel Safr

Pavel Safr, caporedattore del tabloid Blesk, respinge la critica che il suo giornale, che vanta la più ampia circolazione nella Repubblica Ceca, abbia pubblicato intenzionalmente storie anti-rom, incoraggiando così la crescita del razzismo nella società. Safr ritiene che i Rom siano stati trapiantati in Repubblica Ceca e che il loro stile di vita metta in pericolo sotto molti aspetti la popolazione maggioritaria. Di seguito le sue dichiarazioni in un'intervista per il newserver Mediar.cz (link in lingua ceca).

    Un pezzo particolarmente tempestoso dell'intervista è stato provocato da una domanda su Twitter inoltrata a Safr dall'intervistatore Petr Koci. Un lettore dal nome di @sampon ha chiesto al caporedattore se fosse consapevole della sua influenza diretta sulla crescita del razzismo nella società. "In nessuna circostanza, una delle nostre regole è di essere assolutamente contro il razzismo. Assolutamente. Se esiste una regola fondamentale, è che siamo contro il razzismo e contro l'intolleranza di religione o di credo," ha risposto Safr.

Questo è un estratto da quell'intervista, in cui si discute il rapporto di Blesk con i Rom.

Da @sampon: vorrei sapere se lei è consapevole della sua influenza diretta sulla crescita del razzismo nella società.

In nessuna circostanza, una delle nostre regole è di essere assolutamente contro il razzismo. Assolutamente. Se esiste una regola fondamentale, è che siamo contro il razzismo e contro l'intolleranza di religione o di credo.

Il titolo d'apertura di Blesk di sabato 28 aprile violava questa regola? "Bambini romanì all'assalto!" non è esattamente un titolo che irradia tolleranza. [Il titolo si riferiva al caso di Petr Zhyvachivsky, quindicenne nella città meridionale di Breclav, che sosteneva di essere stato picchiato da tre Rom dopo che gli aveva rifiutato una sigaretta. Il caso aveva generato enorme interesse ed esacerbato le tensioni razziali a Breclav ed altrove. In seguito la polizia aveva scoperto che Zhyvachivsky si era inventato la storia, confessando infine che si era ferito in una caduta - TOL (vedi anche Mahalla, ndr.)]

In una certa parte dell'elite della società, esiste un'idea completamente confusa su come affrontare i complicati problemi riguardo all'odio razziale. Lì vediamo la tristissima influenza dell'ideologia del multiculturalismo. Di per sé, è una grande idea, ma nella forma estrema della correttezza politica ci impedisce di scrivere le cose come sono. La società lo sente.

Naturalmente, nel caso in questione, si è scoperto che i fatti non erano come li avevate descritti, correttezza politica a parte.

Sì, ed anche quello è stato assolutamente corretto e sottolineato su Blesk. Abbiamo messo tutta l'enfasi su ciò. Ne sono sicuro. Bisogna scrivere le cose come sono. In entrambe i casi, non importa da che parte. L'idea che potremo ottenere un'atmosfera di tolleranza per le nazionalità falsificando la realtà, è totalmente falsa. Al contrario, porta al fatto che la gente comune ha la tendenza a focalizzarsi su questi problemi, per vederli ancora più crudamente e soccombere all'odio razziale.

Tuttavia, i media tutti, e non solo Blesk, hanno esagerato e falsificato la realtà in maniera tale da fomentare l'intolleranza sotto ogni aspetto. La gente ha marciato attraverso Breclav cantando "Fermiamo il terrore zingaro!"

Assolutamente gratuito. Se salta fuori la notizia e viene ripresa da tutti i media che un quindicenne è caduto vittima di un gruppo di persone, e che queste persone erano romanì, allora questo è ciò che verrà scritto. Se durante le susseguenti indagini si scopre che non è stato così, che c'è stata una frode, allora si scriverà anche questo. Si scriverà che c'è stata una frode.

Una cosa è prendere un rapporto di polizia e citarlo con distacco, un'altra è trasformarlo in una minaccia a-tutta-la-società e scrivere "Bambini romanì all'assalto! riempiendo tutta la prima pagina.

In quel momento, quella era la vera notizia. Il problema non è se Blesk ha scritto che i bambini romanì stessero o non stessero attaccando in un periodo particolare. Il problema è che i Tedeschi dei Sudeti furono cacciati da questo paese in un'operazione nauseante diretta dal presidente Benes, ammirato come genio dal nostro attuale presidente. Ricade nei metodi di Stalin nell'affrontare le questioni delle nazionalità: l'unica cosa che importava era se avessimo abbastanza vagoni ferroviari. Abbiamo mandato via da questo paese una minoranza di tre milioni e mezzo di persone, che erano qui da sette o otto secoli. Erano una comunità civilizzata e laboriosa.

Stavamo parlando di qualcos'altro - di come Blesk ha riportato il caso di Breclav.

Gesù Cristo! Quando si prende questa gente sfortunata, meno civilizzata, da qualche parte in Romania o ancora più ad oriente e la si trasporta in un posto che è stato vandalizzato durante la cacciata dei Tedeschi... Qui non parliamo di questo! Quando si importano qui quegli sfortunati Rom, come possono vivere assieme alla popolazione maggioritaria? Naturalmente, vivono in un modo che mette a repentaglio sotto molti aspetti la maggioranza della popolazione.

Bene, ma qui stiamo parlando di come Blesk fa i suoi articoli e su cosa scrive, non di quanto è accaduto nei Sudeti.

Blesk ha avuto un articolo d'apertura su questo e 50 stupidi sciocchi di Praga per questo ne fanno una conferenza intellettuale.

Non è soltanto la prima pagina, Blesk ha scritto sullo scandalo di Breclav in altre pagie: "Paura in Cechia! Ragazzi romanì attaccano coetanei!" (anche il 28 aprile, a pagina 2 e 3), "Marcia a Breclav per Petr ferito" (23 aprile, pagina 5), "Orde di zingari ci terrorizzano!" (18 aprile, pagina 8)...

Va al diavolo! Queste cose non mi interessano. Sono interessato ai profondi problemi sociali. Sono interessato in ciò che davvero è profondo, è serio. Quando ci si rende conto di tutte le cause e dei collegamenti attorno a questo pasticcio, allora si comprende perché la popolazione maggioritaria stia soffrendo la presenza di quella gente sfortunata che è stata introdotta qui. Anche loro, chi è stato portato qui da un regime comunista innaturale, stanno soffrendo. La sofferenza sta dando i suoi frutti. Significa che dobbiamo comprendere che queste entità sono ad un livello di civilizzazione differente e chiederci se siamo in grado di vivere assieme. Non si può! Ne viene fuori un caos assoluto, ed è soltanto per l'ideologia della correttezza politica che in questo momento mi state molestando...

Io non molesto nessuno. Sono un giornalista, questa è un'intervista e per questo le sto facendo delle domande.

Non si può continuare a causa di quell'ideologia. A causa della tua imbecille ideologia di rendere tabù i problemi seri, un enorme problema sociale non può essere visto nella sua nudità integrale. E' un enorme dramma sociale. A causa dell'ideologia della correttezza politica e del 100% di ipocrisia, che è totalmente inappropriata, il problema è irrisolvibile. I tabù portano a grandi tragedie. Quando una notizia viene lanciata, e viene ritenuta attendibile da tutte le fonti disponibili, cioè sembra che un gruppo di ragazzi romanì abbia attaccato qualcuno, non vedo la ragione di tenerla segreta. Quando poi viene provato che si è trattato di una bugia, dev'essere riportato, con la massima apertura, che era una bugia.

Nessuno dice di tenerla segreta. La questione è su come vada pubblicizzata e che tipo di attenzione dedicargli.

Riguardo a questo articolo - anche se non ero presente, ma ero a Londra e fui semplicemente informato che sarebbe uscito - stavo controllando una sola cosa: se nell'articolo fossero stati ricordati i recenti attacchi commessi dai razzisti cechi contro i Rom. Mi riferisco al caso scioccante di Vitkov, che noi di Blesk abbiamo seguito a fondo (anche Mahalla, ndr.) [Nota di redazione: il verdetto contro gli incendiari di Vitkov risale all'ottobre 2010, sei mesi prima che Pavel Safr diventasse redattore capo di Blesk. Ad aprile 2009, quattro cechi gettarono una molotov in una casa nella città orientale di Vitkov abitata da una famiglia romanì. Tra i feriti una bambina di tre anni, che ebbe gravi ustioni su quasi tutto il corpo. - TOL]

Altro esempio, che persone del calibro di Jindrich Sidlo, Petr Fischer, Daniel Kaiser, o Filip Rozanek [rispettati giornalisti e scrittori cechi - TOL] hanno criticato...

Tutta quella banda è coinvolta in questa correttezza politica e non comprendono questo problema assolutamente cruciale. Dietro ciò c'è il totale fallimento dell'elite ceca, ed inizia col bestiale concetto di Benes che una rivoluzione nazionalista dovrebbe evolvere in una sociale. Benes stava preparando la strada ad un regime totalitario. L'espulsione dei Tedeschi dai Sudeti fu una componente integrale di quel percorso catastrofico. Sino ad oggi l'elite societaria e politica ha adottato acriticamente quell'ideologia. Per questo è impossibile dire ad alta voce come stanno realmente le cose qui, chi è il responsabile e di chi è la colpa.

D'accordo, ma volevo finire la domanda. Quelle persone criticavano un commento scritto da Oldrich Tichy, intitolato "Welfare per imbroglioni" (Davky pro sejdire). Cosa pensa di quell'editoriale? Lo trova problematico?

Cosa intende esattamente?

Oldrich Tichy ha scritto che il miglior welfare per i socialmente deprivati sarebbe una sventagliata di mitragliatrice.

Da quanto ricordo, il contesto era diverso. Devi manipolarlo per criticarlo. Prima di giudicarlo bisogna leggere l'articolo. Il contesto è differente da quanto dici. La parte della mitragliatrice è uno scherzo inaccettabile che ora sta circolando. Il problema di quel testo è che può essere letto in differenti maniere. Devo dire, non è una frase fortunata.

Quindi tutti questi critici e, per esempio, la commissione etica del Sindacato della stampa (Syndikat novinaru) non ha compreso il testo? Il Sindacato della stampa dice che Blesk "ha passato il confine dei principi etici a cui i media devono attenersi."

Che importanza ha il Sindacato della stampa (Syndikat novinaru)?

Qui non c'è nessun'altra organizzazione che si occupi del livello dei media di stampa nel loro complesso.

Nuovamente, ripeto: ipocrisia assolutamente falsa, di gente che in realtà non affronta niente di quanto è essenziale in questo paese dal punto di vista dell'etica e della moralità.

Qual è il coraggio di Blesk nell'affrontare "argomenti tabù" come "Bambini romanì all'assalto!" in prima pagina per far salire le vendite?

Sai quali sono gli argomenti tabù che copriamo più di tutti? Quali sono stati gli argomenti che quest'anno sono andati alla maggiore su Blesk?

Mi manca un'analisi precisa, ma come lettore occasione del vostro giornale, direi: celebrità, sicurezza, salute e, durante il caso di Breclav, coesistenza con i Rom. E' per questo che glielo sto chiedendo.

Sai una cosa? Torna quando avrai iniziato a leggerci.

Come ho detto, a volte leggo Blesk.

Non è così. Non ti sei accorto che durante il passato semestre, l'argomento più trattato da Blesk è stata la corruzione politica. Se qui ho fatto qualcosa, è stato trasformare un giornale che si occupava solo delle vite delle star in TV, in un giornale che tratta di corruzione politica e di abuso di potere. Questo è quanto faccio e quelli sono gli argomenti più importanti in questa società. Se per uno o due giorni salta fuori qualcosa sui Rom di qui, che non piace alla commissione etica del Sindacato della stampa, è assolutamente irrilevante rispetto a quanto trattiamo, e tu hai il coraggio di chiedermi se gli argomenti che trattano di Rom influenzano le nostre vendite? Non è ciò che facciamo! Si è trattato di un singolo caso. Queste domande mi fanno arrabbiare.

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Di Fabrizio (del 06/08/2012 @ 09:11:37, in lavoro, visitato 1470 volte)

Da Roma_Daily_News

MEDIAROMA La difficile vita dei portatori a Gazibey

Quasi 400 famiglie rom vivono nel quartiere di Gazibey a Tekirdağ (Tracia, Turchia). La maggior parte di loro si è insediata lì da migrazioni dall'Albania, Grecia, Bulgaria e Romania, ed in difficili circostanze lavora come facchini.

Tra queste 400 famiglie rom, circa 150-200 vivono di facchinaggio. Ci sono anche famiglie che sopravvivono col commercio ambulante (50-60), guidando carri a cavallo (20-25), con attività di quartiere (drogherie, barbieri ecc. 10-15), con la vendita del pesce (5), lustrascarpe (8). Oltre 20 donne sono impiegate nelle pulizie domestiche.

Il problema più grave tra i facchini rom che vivono a Gazibey è l'incapacità di trovare laqvoro regolarmente. I portatori rom che di solito lavorano intensamente tra giugno e agosto, trasportano riso a settembre ed ottobre. I trasportatori di riso che lavorano nella città di Karpuzlu (İpsala distretto di Edirne), imbustano e portano il riso grezzo uscito dalle mietitrebbie. Quando termina il periodo del riso, inizia quello della disoccupazione.

Ci sono 25 famiglie che per guadagnare qualcosa, preparano caldaie nei loro appartamenti di Malkara. Il resto in inverno non ha praticamente altre fonti di reddito. Cercano di sopravvivere con i guadagni dell'estate. Ma la maggior parte di loro non ha abbastanza soldi per sopravvivere d'inverno, e sono costretti ad indebitarsi. In molte famiglie di portatori, le generazioni lavorano assieme. Tra loro ci sono anche giovani diplomati alle superiori. Quelli senza assicurazione sociale si trovano in difficoltà in caso di incidenti sul lavoro.

Le famiglie rom di Gazibey si guadagnano duramente da vivere. Sognano una vita migliore per i loro figli. sperano che i loro figli possano essere istruiti e che abbiano la possibilità di un lavoro regolare.

Source: Media Roma Tekirdağ

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