Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Fabrizio (del 18/07/2010 @ 09:41:54, in Italia, visitato 1472 volte)
Newsrimini.it Nella foto Bove, una manifestazione dei sinti riminesi. Ha fatto tappa oggi a Rimini la campagna nazionale “Dosta” promossa
dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali per far conoscere, oltre i
pregiudizi, le comunità sinti e rom:
PROVINCIA | 15 luglio 2010 | le iniziative riminesi sono state l'occasione
per parlare di questioni locali.
A Rimini, i sinti del campo di via Islanda, chiedono di poter lavorare in
regola e di avere spazi. "Il lavoro storico dei sinti è la raccolta di
materiale ferroso - spiega Davide Gerardi, presidente dell'associazione Sucar
Mero - e aprire una cooperativa per fare lavorare queste persone sarebbe già una
buona iniziativa per non escluderle". L'Amministrazione si sarebbe già impegnata
per favorire dare ai sinti una cooperativa come riferimento lavorativo.
"L'altro problema che abbiamo - prosegue Gerardi - è quello del campo nomadi.
Il problema dell'energia elettrica, dell'igiene, degli spazi. Tante persone sono
obbligate a comprare dei terreni privati per poter andare via dal campo, ma
comprando questi terreni agricoli viene fatto un abuso edilizio. Noi chiediamo
la regolarizzazione di questi appezzamenti di terra, Non chiediamo di poter
edificare, ma chiediamo la possibilità di poter vivere".
Altri comuni riminesi hanno situazioni da risolvere. La Provincia si impegna
a mettersi in campo, insieme alle altre istituzioni, per favorire il dialogo.
"La sfida è importante - afferma Mario Galasso, assessore provinciale ai
Servizi Sociali - Provincia, Comuni, ma anche la Prefettura e la Diocesi, in
questo percorso hanno già dichiarato che ci sono a poatto che da queste comunità
sia dimostrata la buona volontà di voler vivere insieme. In questo momento
stiamo lavorando a Coriano perché un insediamento di quattro famiglie, per un
totale di 23 persone, deve essere spostato per il passaggio della terza corsia
dell'autostrada, e si sta cercando un terreno adeguato dove farli spostare".
Di Fabrizio (del 15/07/2010 @ 09:30:09, in Italia, visitato 1825 volte)
La Repubblica Napolidi STELLA CERVASIO - Clochard, immigrati e
Rom fuggiti da Ponticelli nell'inferno dell'ex palazzo Iri nel campo nomadi di
Capodichino, di fronte all'aeroporto militare Niutta. Un mix di emarginazione
locale e immigrazione
IL RAGAZZO fa appena in tempo a dire "entrate", che un uomo in bermuda esce
dal cancello con la pompa e innaffia taccuino e macchina fotografica, bagnando i
presenti. Campo nomadi di viale Maddalena, di fronte l'aeroporto militare Niutta.
A cento metri il cantiere della Perimetrale di Scampia, la bretella che
collegherà Napoli all'asse mediano ricollocando in una nuova centralità la
periferia a ridosso di Capodichino. Campo nomadi anomalo, quello di viale
Umberto Maddalena, un mix di immigrazioni ed emarginazione locale, metà al
coperto metà open air. Trecento fra rom scappati da Ponticelli dopo gli incendi
di due anni fa, un gruppo di badanti polacche, immigrati africani, barboni, un
vedovo e un anziano senzatetto napoletani. Un condominio di disperati. Che
avrebbe dovuto trovare sistemazione nei campi del nuovo piano della prefettura.
Pronto per partire, ma non ancora avviato.
Il ragazzo che invita a entrare nei capannoni ex Iri avrà sedici diciassette
anni, la camicia sbottonata e il gel nei capelli. Un accenno modaiolo che appare
paradossale all'ingresso del campo, dove l'acqua esce a getto continuo da un
idrante e i più grandi fanno la doccia a un esercito di bambini da zero a dieci
anni. Il viavai è continuo dal cancello, a bordo di miniscooter, auto e furgoni.
Le madri arrivano con le borse della spesa. Le badanti dell'est escono ben
vestite a prendere il bus, per entrare in servizio. L'odore di degrado e sporco
è ai limiti della sopportazione umana. I rom abitano intorno ai capannoni in
precedenza occupati dall'Angifap, dove si tenevano i corsi per Lsu, ora
proprietà di un'immobiliare pugliese che ha fatto ricorso al tribunale per
riaverne la disponibilità. Nel guscio vuoto, dove già si erano insediati i
barboni locali, hanno trovato riparo i rom di Ponticelli in una situazione per
loro insolita. Gli occupanti hanno ostruito i finestroni orizzontali, ognuno
"personalizzato" con compensato, vecchie travi e silicone oppure tendoni da
camion o lastre di plexiglas. All'interno hanno allestito un dormitorio. Invaso
dai rifiuti. Non c'è da stupirsi se, come dice il presidente della Municipalità
San Carlo Arena, Alfonso Principe, "la Asl qui ha riscontrato alcuni casi di
tubercolosi". Probabilmente si tratta di positività, molto comune nei paesi
dell'est. Per questo va facilitato l'accesso alle strutture sanitarie e
migliorata la loro situazione igienica. Ma al momento niente bagni e niente
fogne. L'intervento è sicuramente reso più difficile dal fatto che la struttura
è di proprietà di privati.
"Viviamo benissimo", dice una giovane donna con due incisivi d'oro. Il cancello
viene aperto per far entrare un furgone Ape per la raccolta del ferro e una
Lancia della polizia di Poggioreale che controlla tutti i campi nomadi. "Almeno
- commenta la pattuglia - questo è asfaltato".
"Sono gente tranquilla, non danno nessun fastidio. Ma non potete immaginare i
topi che ci sono", dice il negoziante di scale che confina con il capannone.
"Abbiamo chiamato la Asl, abbiamo consumato centinaia di bustine di veleno per
topi, il giorno dopo non le trovavamo più. A volte l'odore è insopportabile: con
gli altri abitanti del quartiere ci arrampichiamo sulle mie scale e le
impalcature per lanciare bottiglie di creolina".
La scorsa settimana la Municipalità ha partecipato a un Comitato per l'ordine e
la sicurezza pubblica nel corso del quale si è parlato del rischio tubercolosi e
dell'emergenza caldo. Un copione che si ripete da due anni. "Ho scritto a
sindaco e prefetto - racconta Principe - per chiedere un intervento urgente di
bonifica. L'assessore Riccio sostiene che la competenza è del prefetto che però
dice di essere delegato solo per i nuovi campi da costruire. Da tre anni
l'emergenza estiva si ripropone tale e quale. L'anno scorso all'aeroporto ci fu
un black-out, si scoprì che la cabina elettrica era franata sotto un bagno
costruito dai Rom".
I soli ad avere accesso al campo sono i volontari della Comunità Sant'Egidio. I
"reduci" delle battaglie di Ponticelli hanno paura di dover lasciare anche
questo ricovero. "Collaboriamo con i medici dell'associazione "Don Chisciotte"
per tenere sotto monitoraggio costante questa delicata situazione. Finora
nessuna alternativa", dice Antonio Mattone, portavoce della comunità. Andar via
da Ponticelli non ha aiutato l'integrazione. Alcuni bambini sono iscritti alla
scuola "Ammaturo", ma solo due su sei hanno frequentato. D'estate puntualmente
la priorità viene conquistata dall'allarme igiene. Principe sta molto attento a
non chiedere sgomberi. "Bisogna metterli in condizione di vivere da persone,
quella non è una vita decorosa", spiega il presidente della Municipalità.
Il cancello si apre e un uomo va verso la fermata del bus, indossa una maglia
azzurra con la scritta Italia. Rom? "No, napoletano. Sono vedovo da quattro
anni, da allora ho lasciato la casa di San Pietro a Patierno e abito qui. A
quest'ora sono costretto a uscire, me ne vado in giro per non sentire l'odore
dei rifiuti. Devo aspettare ancora due mesi: mio figlio ha trovato lavoro e mi
ospiterà". Mostra il braccio sinistro, gli manca la mano fino a metà
avambraccio. "L'ho persa il primo giorno di lavoro da falegname: avevo 13 anni".
Di Fabrizio (del 13/07/2010 @ 08:51:10, in Italia, visitato 3655 volte)
In alcuni casi è la sacrosanta verità. Però, anche un ladro ha una sua
dignità, un suo onore. Sabato pomeriggio mi sono trovato con
Jovica Jovic (chi
legge la Mahalla lo conosce bene e sa che lui non ruba), perché volevo capire
qualcosa di più su di un grosso furto che lui e gli altri Rom del campo di via
Sesia a Rho (MI) stanno subendo, da parte della "nostra gente". Ecco
cosa mi ha raccontato (leggete con calma e attenzione):
Sino a 5 anni fa, abitavamo a Lucernate, una frazione di Rho. Ci abbiamo
vissuto 12/13 anni. Erano terreni nostri, comprati dai miei suoceri e dai loro
figli, in tutto oltre 3.000 mq., abitati da 7/8 famiglie. Io andavo in giro per
l'Europa a suonare.
All'inizio su quei terreni avevamo messo dei prefabbricati, che pian piano
abbiamo rinnovato da noi. Abbiamo tirato la luce, l'acqua, abbiamo recintato. E'
costato oltre 100.000 euro. Abbiamo poi pagato il condono in tre rate, altri
180.000 euro, ho ancora tutte le ricevute. Dicevano che erano area protetta, ma
ora che li abbiamo lasciati, tutti quei terreni sono diventati edificabili.
Morto mio suocero, era rimasta sua moglie, che era malata di cuore, ma non le
dettero il permesso di soggiorno per motivi sanitari. Anche se eravamo in Italia
da più di 40 anni, praticamente 3 generazioni erano senza documenti.
A questo punto si presentò l'Opera Nomadi, con alcuni consiglieri del comune
di Rho; allora la sindaca era la signora Pessina. Ci fecero più o meno questa
proposta:
Noi vi aiutiamo se lasciate i terreni. Venite nel comune di Rho e vi
costruiremo un campo, che sarà vostro e potrete restarci per tutto il tempo
che vorrete. Ed in più ci sarebbero state opportunità di lavoro e avrebbero
concesso i permessi di soggiorno. Le "unità abitative" sarebbero state
composte da cucina, bagno e camera da letto.
Ci diedero un mese per riflettere. Decidemmo di firmare e aspettammo che si
finisse il campo.
Ma fummo fregati una prima volta! Trovammo invece dei container di 30 mq,
immagina lì dentro una famiglia di 2 adulti e 7 bambini!
Con l'Opera Nomadi e la Caritas (che gestivano il campo) andammo in Comune ed
in risposta venne stilato un regolamento che tra l'altro diceva:
Ogni unità abitativa per piazzola può allargarsi a seconda delle
esigenze familiari.
Venne anche deciso che i gestori avrebbero avuto un loro presidio nel campo.
C'è da dire che da questo punto in avanti, l'Opera Nomadi è scomparsa,
allontanata dalla gestione che è rimasta tutta alla Caritas.
Non si poteva fare più niente: piantare alberi (il campo è tutto al sole),
nemmeno mettere un vaso di fiori, figuriamoci allargare lo spazio per le
famiglie.
Dal Comune avanzavano 170.000 euro per terminare i lavori nel campo, ma mi
ricordo solo l'arrivo di una cucina, che venne divisa per 11 famiglie, ci
dissero che il resto sarebbe stato portato dopo.
Io sono entrato nel campo il 4 aprile 2007. Mi ricordo che c'era il contatore
della luce che serviva tre casette e il palo della luce, che illumina tutto il
campo. Mi son ritrovato a pagare 5.000 euro di arretrati! Ho fatto mettere un
contatore solo per la me. Sono anche riuscito ad allargare lo spazio per la mia
famiglia e quella di mio figlio.
Col cambiamento della giunta comunale, è arrivato un nuovo regolamento. Tutti
i documenti precedenti li aveva l'ex sindaca.
Due parole sulla chiesetta al campo (ne parla più ampliamente il video
seguente, ndr): avevo ottenuto il permesso per costruirla, ed ero felice.
Era stata benedetta da otto parrocchie della zona e da un sacerdote ortodosso
della Croazia. Una chiesa aperta a tutte le religioni, per distruggere il male
col bene. Ce l'ho fatta ed ha avuto una caduta positiva nel campo. Adesso non
riesco a farmene una ragione, che vogliano mandarci via e al posto della nostra
chiesa mettere la quinta discarica di Rho! E' una grave offesa a Dio e agli
uomini...
Intanto al campo le ragazze hanno seguito corsi di cucito e cucina, i giovani
vanno alle scuole superiori; c'è anche chi si allena a calcio con la società del
Milan.
Ma... mia figlia nata in Italia lavora da tre anni e mezzi, tramite la
Caritas o la parrocchia di Rho. Guadagna 120 euro al mese. Se non andava al
corso, non avrebbe trovato più posto al campo. Lo stesso, le hanno rifiutato la
cittadinanza perché non aveva la residenza. Tre giorni fa era con me in
macchina; ci hanno fermato e ha rischiato di finire al CIE di via Corelli.
Nel frattempo man mano chi non rispettava il nuovo regolamento veniva
allontanato. Basta poco per essere messi alla porta. Eravamo in 80, ora siamo
rimasti in 30. Vengono allontanati vecchi, giovani, non fa nessuna differenza,
tutti sotto i ponti. Uno è morto in
Germania, qualcun altro va avanti e indietro tra Pero e Rho...
Adesso ci è arrivata una lettera, con tre possibilità:
o ci accompagnano tutti alla frontiera (gratis!),
o ci danno 4.000 euro e ci arrangiamo,
donne e malati avranno assistenza per 3 mesi.
E' uscito anche un articolo sul giornale di Rho, si dice:
Distruggeremo il campo entro tre mesi. Cacceremo tutti. Su questo terreno
sorgerà una discarica.
Io personalmente non so cosa fare. Per una casa chiedono tanti soldi
d'anticipo e la busta paga. Io sono musicista, dove le trovo le buste paga?
Mi hanno detto: se tratti avrai qualcosa, se non vuoi trattare non avrai
niente. Lunedì (12 luglio) mi parleranno. Se mi state leggendo, significa
che è andata male, e così ho deciso di raccontare almeno la mia storia.
Spero che qualcuno possa domandarsi se sono davvero "gli zingari" i ladri in
Italia. A me invece, dopo quella chiacchierata resta parecchia tristezza. Per
chiudere bene questo spazio, propongo questo video suggerito da
Giancarlo Ranaldi. Glielo devo (a Jovica, intendo)
Le parole di Jovica Jovic sono una lezione di tolleranza, di convivenza, di
fratellanza, persino di identità Europea, quella che la moneta unica non ha di
certo fortificato in tutti i noi, d’altronde le monete non hanno anima, forse
solo portafoglio. Fermarsi ad ascoltare chi ha la possibilità di donare saggezza
con le sue parole è fondamentale in una società che vive di corsa, che non
aspetta, che non ha tempo per chi vorrebbe prendersi un momento per guardarsi
intorno. Il maestro Jovica Jovic ha viaggiato molto e si è fermato altrettanto,
la vita di un musicista rom nato in Serbia, passato dall’Austria,
dall’Inghilterra e giunto in Italia è un peregrinare continuo, è muoversi in un
unica terra, in un unica casa che è il mondo. Purtroppo le visioni romantiche
non coincidono mai con quelle burocratiche, populiste e demagogiche di chi urla
"padroni a casa propria!" e affini slogans,che fanno della paura del diverso il
mezzo per avere manciate di voti. Poi si corre al capezzale degli ultimi al
momento dello sgombro, con la faccia imbrattata di pietà, con le mostrine
governative luccicanti e si dona un permesso di soggiorno provvisorio
promettendo una regolarizzazione per meriti artistici. Jovica Jovic si fida, è
un uomo di parola, di fronte ad un riconoscimento tanto ufficiale, è il ministro
Maroni con cui ha parlato. Noi forse siamo diffidenti perché sappiamo di che
pasta siamo fatti, perché troppo spesso dimentichiamo molto in fretta, qualsiasi
sia il colore con cui dipingiamo le nostre idee o convinzioni. Sarà questa
monocromia che ci rende tanto bigotti e chiusi, poco inclini al confronto e al
conseguente apprendimento. Fino a che rimarremo inchiodati alle nostre
convinzioni non saremo mai in grado di definirci tolleranti o accoglienti,
depositando i nuovi arrivati nel sottobosco fangoso della privazione e del
degrado da cui è difficile emergere legalmente, in cui si è destinati ad
affondare. Ci sono immigrati che lavorano, che hanno figli nati in Italia,
educati in Italia, che parlano italiano e sono perfetti sconosciuti e
clandestini ai nostri occhi, sans papier senza capirne il motivo. La storia del
maestro di musica Jovica Jovic è molto interessante e molteplici sono le
testimonianze sulla rete; le collaborazioni musicali con Piero Pelù, Goran
Bregovic e Vinicio Capossela, la collaborazione con Moni Ovadia per la mostra di
De Andrè, la creazione di un’orchestra multietnica in stile musicale balcanico,
stanno a dimostrare quanto sia integrato quest’uomo. La sua voce è il megafono
di tutte le voci, di una comunità che chiede rispetto e cittadinanza, non
continui sgombri di stampo politico e appelli abbattuti dalle ruspe e dalla
sordità della giunta della sua città, Rho. Jovica Jovic ha costruito anche una
chiesa, consacrata e benedetta, sul terreno che diventerà una discarica. Deliri
di onnipotenza oramai permettono di prevaricare anche un baluardo italiano, la
fede, o forse è solo perché vogliamo essere dei perfetti "cristiani, in chiesa
propria!". Andiamo in pace e ascoltiamo Jovica!
Di Fabrizio (del 12/07/2010 @ 09:21:33, in Italia, visitato 1555 volte)
Del fatto avevo letto in settimana. Ecco un articolo che
qualche dubbio lo solleva
IL LEVANTE - DOMENICA 11 LUGLIO 2010 07:51 DI SONIA DI MAURO
Via Martirano, zona alla periferia di Milano, è lo scenario dello "strano" furto
di cui è stato vittima lo scorso 6 giugno, Igor Iezzi, segretario della
Lega Nord Milano, insieme ad una giornalista con la quale organizzava un
documentario sui rom.
Ancora poco chiari i fatti. Secondo il racconto del diretto interessato, il
leghista Iezzo, si trovava insieme alla giornalista nel campo rom, quando,
durante l'organizzazione delle riprese, sono stati avvisati della presenza dei
vigili che stavano multando le loro automobili parcheggiate poco distante.
Recatisi sul posto, il segretario e la giornalista, hanno appreso che in realtà
i vigili erano lì perché insospettiti dall'armeggiare di alcuni rom intorno
alle auto. "A me hanno spaccato il vetro e rubato due cellulari, mentre alla
giornalista hanno forzato il baule portando via la borsa con tutti i documenti,
un navigatore e mille euro in contati. Poi è arrivata la polizia e tutta la
refurtiva è stata recuperata. Tutta tranne i mille euro che la giornalista aveva
con sé perché sarebbe dovuta andare a pagare l'affitto" racconta Iezzi.
Diversa la ricostruzione dei fatti fornita da diversi giornali locali che
parlano di un invito ad allontanarsi, che le due vittime avrebbero ricevuto da
un rom e al quale sarebbe seguito la scoperta del furto. Solo dopo sarebbe stata
chiamata la Polizia locale che avrebbe condotto una "lunga ‘trattativa' con i
nomadi" fino a giungere "al ‘ritrovamento' di gran parte del bottino".
Al di là di qualche strana incongruenza, (i vigili c'erano o non c'erano?), è
inevitabile porsi qualche quesito: se la Polizia ha contrattato a lungo con i
nomadi, come mai si legge che "nessuno è stato riconosciuto"? e soprattutto,
come mai non c'è stato alcun arresto?e le telecamere che riprendevano il campo
per il documentario?
Senza contare che è altresì strano che un uomo tanto ostile agli immigrati di
ogni razza ed intenzionato a "continuare con gli sgomberi", come lui
stesso ha più volte affermato, lasci due cellulari in macchina nelle immediate
vicinanze di un campo rom.
La scarsa simpatia che Iezzo già provava per i rom è deducibile, inoltre, dalle
affermazioni che hanno immediatamente seguito il furto: "Questa è la
dimostrazione che i rom se ne devono andare e che non hanno alcuna intenzione di
integrarsi. Dobbiamo proseguire con la politica degli sgomberi perché l'unico
numero da associare alla parola nomadi deve essere lo zero".
Gli fa eco l'assessore alla Sicurezza della Provincia di Milano, Stefano
Bolognini il quale afferma che il furto "dimostra ancora una volta che
nonostante il contributo per l'integrazione predisposto dal ministro Roberto
Maroni, questa gente preferisca delinquere piuttosto che intraprendere la strada
della legalità. Il piano che prevede da qui al 2011 la chiusura dei campi nomadi
- aggiunge Bolognini - deve andare avanti in modo più deciso. E coloro che
non rispettano il patto della legalità devono essere espulsi con fermezza".
Solidarietà anche da parte del presidente del Consiglio regionale Davide Boni
che con toni più pacati prosegue sulla scia dell'assessore milanese : "Tutta
la mia solidarietà al segretario Iezzi - ha affermato - per la brutta
vicenda che l'ha visto protagonista e che ancora una volta ha evidenziato come
qualcuno non sappia minimamente cosa significhi vivere nel rispetto delle regole".
Se zero valgono i rom, zero varranno anche i dubbi di coloro che hanno
riflettuto sull'accaduto eppure la libertà di pensiero dovrebbe essere ancora
consentita.
Di Fabrizio (del 11/07/2010 @ 09:01:56, in Italia, visitato 1564 volte)
COMUNICATO 9 gennaio 2010 - La Polizia Locale (8 agenti) alle h. 16.30 ca.
si è recata al campo di via Cavriana per sgomberare. Alla vista dei 5 minori,
alcuni in tenerissima età, ha dato 'la possibilità' di passare questa notte al
campo. Lo SGOMBERO è previsto per domani mattina alle h. 7,30/8.00 ca.
Per tutti quelli che potranno essere presenti allo sgombero, l'appuntamento è
per le h.6.30
Grazie. Ciao.
Con questo ns. comunicato ieri, venerdì 9, avvertivamo di ciò che questa mattina
sarebbe dovuto accadere.
Ma così non è stato! Alle 6,30 'Scendiamo in campo-Gruppo sostegno Forlanini'
con una decina di volontari era sul luogo per verificare che non ci fossero
problemi durante le operazioni di sgombero, a tutela di tutti gli abitanti ed in
particolare dei 5 bimbi,alcuni di tenerissima età, più due donne in attesa e
molti anziani con patologie di difficile risoluzione proprio perché causate
dalle terribili condizioni di vita del campo.
Alle 6,30 una fila composta di donne, bimbi e uomini si allontanavano dal campo
con le poche masserizie trasportabili.
Basta l'avvertimento di sgombero a fare in modo che 'tolgano il disturbo', basta
allertarli il giorno prima dichiarando l'immediatezza dello sgombero: avete due
ore di tempo per andarvene! E' sufficiente che vedano una divisa per capire cosa
sarà della loro vita per i futuri giorni…
E questa mattina la polizia locale che aveva promesso lo sgombero non si è
vista, sicuramente si vedrà nei prossimi giorni, con l'Amsa per ripulire il
territorio da ciò che non ha potuto essere trasportato.
In compenso verso le h. 8 si sono materializzati 3 poliziotti in borghese della
Digos, che hanno identificato alcuni di noi, hanno comunicato alla questura la
nostra presenza al campo e la totale assenza dei rom e hanno verificato coi
superiori che l'intervento della Polizia locale non ci sarebbe stato.
La minaccia di sgombero è una nuova pratica attuata da questa giunta. Non basta
sgomberarli ogni qualvolta lo si ritiene necessario per i finti motivi di
sicurezza del territorio, ora lo si comunica allarmandoli, rendendo la loro vita
ancora più disgraziata e poi non si effettua lo sgombero nel giorno
preannunciato.
Se questa nuova pratica può allontanarli dal campo per alcuni giorni, si deve
sapere che mai nessuno è stato allontanato in modo definitivo dal territorio
cittadino. Che queste modalità - sgombero e rinvio dello sgombero -esasperano
ulteriormente gli animi e producono ulteriore rabbia nei confronti della giunta
ed in particolare del vice sceriffo De Corato che continua a fregiarsi dei finti
risultati ottenuti.
Sgombero sì, sgombero no, Scendiamo in campo-Gruppo sostegno Forlanini resta al
fianco dei rom e, come più volte dichiarato,fornirà loro l'occorrente perché
questa vita da schifo che sono costretti a vivere non sia vissuta in solitudine,
riscattando il volgare, inumano ed inutile comportamento della giunta, con la
nostra più totale solidarietà ed impegno concreto.
Milano, 10 luglio 2010 - SCENDIAMO IN CAMPO-GRUPPO SOSTEGNO FORLANINI
Di Fabrizio (del 10/07/2010 @ 09:25:53, in Italia, visitato 1814 volte)
Ricevo da Matteo Pegoraro
9 luglio 2010 - [Alleghiamo alla presente il testo (vedi link ndr)]
dell'appello diffuso da Front Line (www.frontlinedefenders.org),
fondazione internazionale per la protezione dei difensori dei diritti umani nel
mondo, riguardo alla persecuzione giudiziaria in corso in Italia nei confronti
degli attivisti del Gruppo EveryOne (www.everyonegroup.com), e in
particolare dei suoi co-presidenti Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario
Picciau. A seguito infatti di un decreto penale di condanna nei confronti di
Malini e Picciau per presunta "interruzione di pubblico servizio" a Pesaro nel
dicembre 2008, Malini, Pegoraro e Picciau sono stati sottoposti a quasi un anno
di indagini preliminari su ordine del sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Pesaro. Le indagini hanno concluso che i tre
co-presidenti sarebbero colpevoli del reato previsto e punito dall'articolo 368
del codice penale italiano, ossia "calunnia", nei confronti di un assessore del
Comune di Pesaro e della dirigente dei servizi sociali locali. Il tutto per aver
inviato due lettere - una indirizzata alle istituzioni pesaresi e alla società
civile, un'altra all'autorità giudiziaria - in cui si parlava di "abusi"
perpetrati dai servizi sociali e di sottrazione illecita - a causa
dell'indigenza familiare - di una minore di etnia Rom ai propri genitori
biologici.
Invitiamo pertanto politici, organizzazioni umanitarie, associazioni e chiunque
si batta per la libertà e soprattutto per la salvaguardia dei diritti umani e
civili, a divulgare l'appello di Front Line e ad aderirvi, accedendo alla pagina
http://www.frontlinedefenders.org/node/2597/action e firmando la petizione
on line su
www.petitiononline.com/italyhrd.
Di Fabrizio (del 10/07/2010 @ 09:12:51, in Italia, visitato 2372 volte)
Si avvicina lo sgombero per i rom accampati a Quaracchi. Dopo il sopralluogo
della ASL che ha definito invivibile la situazione, il Comune di Sesto ha già
inviato in due riprese la Polizia municipale, e solo l'intervento, fra gli
altri, di don Santoro, ha impedito che le persone venissero cacciate su due
piedi,senza neppure raccogliere quel poco che hanno. Per il dopo sgombero, che
ormai è imminente, è pronta la consueta tradizionale soluzione: lasciare che si
arrangino. Purché vadano più in là. E' da gennaio che vanno più in là, questi
rom qui, hanno dormito fuori nel gelo e ora bollono nelle baracche di cartone.
Pazienza…
Malgrado l'esistenza di fondi europei inutilizzati, destinati specificamente
all'inclusione dei rom, i comuni dicono di aver finito i soldi e quindi di
essere impotenti.
Certo, per ottenere i fondi bisogna presentare dei progetti, e per fare progetti
occorre una volontà politica che, evidentemente, non c'è.
Così come ci appare tristemente latitante la chiesa… il nostro pensiero corre
alle decine di strutture religiose – istituti, conventi, canoniche – abbandonate
o semivuote, oltre che esenti dall'ICI, che invece di accogliere lo straniero
restano sbarrate e inespugnabili.
Malgrado i tanti discorsi sulla vita sacra, sull'infanzia da proteggere, sui
diritti umani… Questi sono zingari, mica umani.
di Antonio Passanese, dal Corriere Fiorentino
Un cancello arrugginito divide il mondo reale da quello irreale. A Quaracchi, a
due passi dalle industrie della Piana c'è una vera e propria favela. Ci vivono
un centinaio di rom tra grossi ratti, zecche, pulci, tonnellate di immondizia,
escrementi. Hanno occupato due capannoni completamente rivestiti di amianto. Le
strutture cadono a pezzi ma "gli zingari che sono qui non sanno dove andare"
denuncia Arianna Contini di Opera Nomadi.
C'è un rischio epidemia, hanno segnalato gli ispettori del dipartimento di
prevenzione della Asi 10. Dopo il sopralluogo del 29 giugno scorso i medici
hanno riscontrato "che le condizioni complessive dell'area in oggetto sono
attualmente incompatibili, dal punto di vista igienico sanitario, con la
permanenza di persone". Nella favela di Quaracchi non è difficile prendere la
tubercolosi "e tra un po', se qualcuno non interviene, potrebbe scoppiare il
colera". Cartoni e lastre di compensato dividono le improbabili camere da letto.
Non c'è acqua, non c'è elettricità "la situazione è gravissima — continua
Arianna Contini —, in particolare per i numerosi bambini, quasi tutti malati".
Gli oltre cento rom che oggi occupano quell'area dell'Osmannoro (di proprietà di
un'azienda di Verona poi affittata alla Cir, ora fallita), fino a qualche tempo
fa, erano alla ex Osmatex. "E' inutile scaricarli qui e lì come dei pacchi.
Bisogna risolvere il problema alla radice", continua la rappresentante di Opera
Nomadi.
Nella favela di Quaracchi i rom hanno paura. Non vogliono parlare e non vogliono
farsi fotografare altrimenti "ci mandano via. Però fate vedere come stiamo
vivendo". I miasmi sprigionati dalla spazzatura, che da mesi non viene raccolta,
prendono allo stomaco. La zona circostante è una fogna a cielo aperto e con il
caldo di questi giorni l'odore acre delle urine rende impossibile la permanenza
in quell'area, anche per pochi minuti.
Il sindaco Gianassi, qualche giorno fa, ha voluto rendersi conto in prima
persona della precaria situazione di Quaracchi. Dice di avere le mani legate
perché "non ci sono più fondi. E poi devo anche pensare agli altri 65 rom che
alloggiano nel campo di via della Madonna del Piano". Qualche giorno fa il primo
cittadino ha ricevuto la nota della Asl e "adesso sto cercando di capire se il
rischio epidemia ed amianto sia circoscritto a quel dormitorio abusivo o se
riguarda tutta l'area". Intanto nella favela di Quaracchi la spazzatura cresce.
E così anche il rischio malattie.
Ma per chiudere:
9 luglio 2010 - Comunicato stampa “Infondato il pericolo di epidemia di
colera negli insediamenti rom di Sesto Fiorentino” Intendiamo smentire con fermezza i riferimenti ad un presunto pericolo di
epidemia di colera nell’insediamento spontaneo rom nell’area di Quaracchi a
Sesto Fiorentino (FI) diffusi nella giornata del 6 luglio dall’Agenzia Ansa, dai
quotidiani La nazione (pag.18) e Corriere Fiorentino (pag.8) e da diversi siti
internet. Non esistono a tutt’oggi segnalazioni di epidemia di colera sul
territorio italiano e non sono state svolte analisi specifiche nell’area di
riferimento, come confermato dallo stesso Dipartimento di Igiene Pubblica della
Asl.10. Ciò non significa che la situazione igienico sanitaria non sia da
considerarsi preoccupante dal punto di vista igienico sanitario. La scorsa
settimana Medici per i Diritti Umani ha presentato e diffuso il rapporto dal
titolo “L’Europa Invisibile”, contenente tutti i dati sanitari a seguito di due
anni di lavoro all’interno degli insediamenti della zona. Invitiamo pertanto gli
organi di informazione ad avere maggiore cautela nel diffondere notizie che
posso ingenerare inutili allarmismi nell’opinione pubblica. La drammatica
condizione di vita di quelle famiglie richiede uno sforzo comune per predisporre
soluzioni positive, che una cattiva informazione finisce col rendere ancora più
difficili e osteggiate.
Medici per i Diritti Umani
Fondazione Michelucci
Arci Toscana
Caritas Diocesana di Firenze
Caro Cecchetti,
leggo su "La Prealpina" la tua dichiarazione in merito alla "morte cerebrale" di
Zoran Milenkovic (vedi
QUI ndr): "Mi accusano (SOS Fornace), di essere responsabile della morte
di un rom allontanato da via Sesia. Questa persona, malata, è morta in Germania
cinque mesi dopo aver lasciato Rho. Cosa c'entri io in tutto questo nessuno lo
sa". Non solo tu, Cecchetti, ma anche chi ha materialmente firmato gli atti
all'interno dell'Amministrazione Comunale che hanno portato all'espulsione dal
campo in pieno inverno, per futili motivi, di un uomo dializzato e quasi
cieco, porta il peso di un'oggettiva "responsabilità morale" in quanto è poi
tragicamente accaduto. Zoran, ti ricordo, venne allontanato dal campo regolare
di via Sesia dal Direttore ai Servizi alla Persona perché tu e la Lega,
chiedeste le Sue dimissioni e quelle dell'Assessore Pellegrini in un tumultuoso
Consiglio Comunale, dopo esservi accorti (ma dove eravate prima?) che il Piano
Rom, finanziato dal Ministro dell'Interno, Maroni, prevedeva sì lo
smantellamento del campo, ma anche il contestuale avvio di azioni di
integrazione sociale e abitativa rivolte a 10 precisi nuclei abitanti a Rho,
Zoran compreso.
Vedi, Cecchetti, a metterli in fila, tutti gli atti amministrativi che sembrano
dover portare ad una fine annunciata, quella del campo nomadi, si rimane colpiti
innanzitutto per la serie impressionante di abusi e omissioni, contestazioni
prive di fondamento, accanimenti at personam, richieste e impegni pubblici prima
sottoscritti e poi smentiti, sperpero di denaro e utilizzo improprio di fondi
destinati inizialmente ad azioni di ben altro tipo che avrebbero, quelle sì,
coniugato viceversa l'esigenza del principio di legalità da te impropriamente
invocato col rispetto delle leggi e della giustizia sociale.
La documentazione del resto, per prendere atto di come in questa città, anche da
Voi governata, s'ignorino le regole formali che garantiscono i diritti
fondamentali dei cittadini "indesiderati" è lì, a disposizione, anche e
soprattutto di tutti quei consiglieri comunali che sono stati eletti proprio per
questo: esercitare il potere di controllo sulle azioni pubbliche di chi governa
ma che, "fortuna tua e di chi è responsabile anche penalmente dei procedimenti"
preferiscono, per calcoli politici come i tuoi, voltarsi dall'altra parte.
Di Fabrizio (del 03/07/2010 @ 09:29:06, in Italia, visitato 1946 volte)
Ricevo da Federica Kent Fazi - Una scuolina per crescere
-ARPJ Tetto onlus
La mattina del 30 giugno agenti della polizia municipale dell'VIII Gruppo
guidati dal comandante Antonio Di Maggio si sono recati presso l'insediamento
non autorizzato di viale Alessandro Marchetti, in zona Muratella, per dare
inizio ad operazioni di bonifica propedeutiche alla chiusura del campo prevista
dal Piano Nomadi entro la fine del 2010. La bonifica, o meglio lo sgombero, è
avvenuto a 9 giorni dall'incontro del sindaco di Roma Alemanno con gli
abitanti del quartiere Muratella, incontro che ha portato alla promessa di
sgombero definitivo del campo e dell'istituzione di un presidio di polizia, e
dopo le polemiche tra il presidente della Commissione Sicurezza Urbana del
Comune Fabrizio Santori che spinge per uno sgombero celere e l'assessore Belviso
secondo la quale l'unica possibilità rapida sarebbe uno sgombero senza
destinazione, eventualità non prevista dal Piano Nomadi. A dispetto delle
dichiarazioni dei politici, l'operazione non ha riguardato l'insediamento
principale, dove da anni risiedono decine di nuclei familiari, fra cui
recentemente alcuni fuoriusciti da Casilino 900, ma quasi esclusivamente l'area
sovrastante il parcheggio dove sorge il campo. Da diversi mesi infatti alcune
famiglie hanno costruito le loro abitazioni circa 50 m più su, sulla collinetta
appena sopra il parcheggio che rappresenta il cuore del campo e dove si
concentrano la maggior parte delle famiglie.
Al momento del sopralluogo, che secondo gli abitanti del campo non era stato
preannunciato, non tutti i residenti erano presenti ma ciò non ha fermato la
forza delle ruspe che hanno distrutto indiscriminatamente tutto quello che hanno
trovato sul loro cammino. Una roulotte "non in regola" (di cui si scrive su
http://www.romatoday.it del 30 giugno 2010) è stata completamente
smantellata mentre i proprietari, di fatto se anche non di norma, non erano al
campo per cui non è stato dato loro modo di raccogliere i beni custoditi
all'interno; anche i documenti personali dei componenti della famiglia sono
stati recuperati a demolizione già avvenuta. Lo stesso destino è toccato a molte
delle altre famiglie: hanno perso la loro "casa" senza alcun preavviso o
notifica, senza nemmeno poter conservare i propri beni personali,violando quindi
tutte le convenzioni internazionali sul diritto all'abitare.
Il paradosso di quest'operazione può essere ben compreso considerando che il
capofamiglia proprietario/occupante della roulotte è in affidamento ai servizi
sociali locali e sta beneficiando delle misure alternative alla detenzione per
cui il suo domicilio, oggi distrutto, risulta essere presso il campo di viale
Marchetti. L'urgenza di portare a termine il Piano Nomadi e di rispondere alle
richieste di sicurezza dei cittadini finisce così per travolgere non solo le
storie personali, ma addirittura gli interventi messi in atto da altri settori
dell'amministrazione pubblica.
Al di là del singolo caso, è significativo che durante la distruzione delle
baracche non fossero presenti assistenti sociali: l'operazione è stata infatti
gestita esclusivamente dal personale competente per le bonifiche, ovvero gli
addetti alle ruspe e il personale della polizia municipale.
Così, alle 15 del pomeriggio la situazione era la seguente: una decina di
baracche abbattute e due dozzine di persone abbandonate sotto il sole estivo di
una giornata afosa di fine giugno, senza acqua né un riparo per l'attesa, nessun
albero sotto cui ripararsi. A confortarli soltanto la vaga promessa fatta ad
alcuni degli sgomberati che sarebbe stata loro consegnata una nuova roulotte.
Quattro famiglie, invece, hanno seguito spontaneamente gli agenti della
municipale fino al campo di Castel Romano dove, secondo quanto affermato dai
vigili, sarebbe stato loro assegnato un container. Verso le ore 16 tutte le
famiglie sono tornate sul luogo dello sgombero accompagnati da quattro agenti.
Dalle dichiarazioni contraddittorie dei vigili risulterebbe che le famiglie,
arrivate all'ingresso del campo autorizzato, si siano rifiutate di entrare.
Diversa la versione dei rom, secondo i quali al loro arrivo i residenti del
campo di Castel Romano non li avrebbero lasciati entrare perché non c'erano
container liberi da assegnare e non volevano un ulteriore sovraffollamento.
In conclusione le famiglie sbaraccate 50 m più su sono state accompagnate
dagli stessi agenti della polizia municipale 50 m più sotto e lì sono stati
invitati a risistemarsi nell'attesa della ricollocazione definitiva dell'intera
popolazione del campo. Per risolvere il problema abitativo sono state
effettivamente promesse tre roulotte per il giorno successivo, ovviamente
insufficienti ad ospitare tutte le famiglie sgomberate, ma certo sempre meglio
di niente. Peccato che l'indomani questa ennesima promessa non sia stata
mantenuta. Si tratterà sicuramente soltanto di un ritardo nella consegna,
intanto le famiglie hanno trascorso la notte sotto uno stellato cielo di fine
giugno.
Ndr: Come al solito, interessante il confronto con la stampa nazionale.
Questa la versione de
IL TEMPO.
E chiudo con una segnalazione di Marco Brazzoduro da
Mosaico
di Pace:
Dalle pagine locali di Roma de La Repubblica vengo a sapere che
è
stato presentato il progetto per il Museo della Shoah che sarà pronto
entro il 2013. Costerà 13,4 milioni di euro e sorgerà nei pressi di
Villa Torlonia (storica abitazione di Mussolini) sviluppandosi su otto
piani. Opera imponente ma importante perché quella del memoricidio è
pratica diffusa che va disinnescata. Nelle stesse pagine di Roma viene
data notizia scarna (11 righe) anche dello sgombero avvenuto ieri del
campo Rom della Muratella. Un'azione infame che il giornale definisce "bonifica" (le virgolette le ho aggiunte io). Dice di 10 baracche
abbattute. Non si dice che quelle baracche erano abitate, che in quel
campo vivono molti bambini e che l'amministrazione non ha provveduto
al ricollocamento delle famiglie che sono rimaste senza "casa" (anche
qui le virgolette sono mie). A Torino come a Milano e a Roma lo
chiamano "Piano nomadi" quasi a legittimare che quelle persone possano
restare senza abitazione. Che tanto è nella loro indole. È bene
ricordare che nei campi di concentramento nazisti c'erano anche loro.
Ma intanto è possibile che non ci si renda conto dell'ipocrisia grande
quanto un monumento per cui si celebrano le vittime del passato e si
discriminano quelle di oggi?
Di Fabrizio (del 02/07/2010 @ 09:06:55, in Italia, visitato 2026 volte)
Rho, 29 giugno 2010. Zoran è morto, morte cerebrale, non qui a Rho, dove per
quindici anni aveva vissuto con la sua famiglia, ma lontano, in Germania, dove
aveva, infine, cercato rifugio. Quasi cieco, da molto tempo era sottoposto a
dialisi, in cura presso l'Ospedale di Bollate fino a che, all'inizio di questo
anno, venne espulso dal campo di Rho, privato della casa e degli affetti più
intimi. Per mesi Zoran ha vagato senza una meta, spaventato e sempre più
indebolito nella salute. Qualche giorno fa, dopo aver appreso la notizia che sua
nuora e i due nipotini, anch'essi abitanti nel campo di Rho, erano stati
trasportati dai Servizi Sociali in una Comunità, anziché provvedere agli
interventi che nel tempo si erano resi necessari per aiutare una famiglia in
difficoltà, ha avuto un tracollo. L'ultimo.
Ma le politiche razziste della Giunta Zucchetti non si fermano, anzi, si
intensificano. Nei giorni scorsi è stata recapitata al musicista Jovica Jovic e
ad altre famiglie del campo comunale di via Sesia una lettera in cui li si
invita ad abbandonare le proprie abitazioni entro 30 giorni, perché al posto
delle loro case il Comune deve mettere una discarica. Non contenti di chiudere
il campo, senza offrire alcuna alternativa alle famiglie che vi abitano,
l'amministrazione comunale ha voluto sottolineare che i Rom di via Sesia valgono
meno della spazzatura, calpestando la loro dignità. Come hanno ricordato anche
Elio e le
Storie Tese sabato sera dal palco del Rho Alive, invitati dalla stessa
amministrazione rhodense, "siamo vicini alla pulizia etnica". Per queste ragioni
questa sera
abbiamo fatto irruzione in Consiglio Comunale, portando dei sacchi della
spazzatura con i nomi dei Rom che vivono in via Sesia, considerati dal Sindaco
Ciellino dei rifiuti sociali.
Ma il Consiglio Comunale non si è soffermato a riflettere sulla morte di un uomo
che per loro non vale nulla perché Rom. Non si è fermato a riflettere sul fatto
che la dignità di cittadini in carne ed ossa e di un popolo viene calpestata. Ha preferito discutere, dopo che abbiamo abbandonato
l'aula, della violenza della nostra azione, in quanto entrando in Comune avremmo
inavvertitamente danneggiato una porta e della necessità di sgomberare il Centro
Sociale Fornace.
Contro la violenza di un'istituzione che sta sistematicamente commettendo
violazioni dei diritti umani, nelle prossime settimane proseguiremo e
intensificheremo la campagna per fermare lo sgombero del campo e perché siano
riconosciuti i diritti di Jovica e di tutti gli altri abitanti di via Sesia.
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