Ricevo da Federica Kent Fazi - Una scuolina per crescere
-ARPJ Tetto onlus
La mattina del 30 giugno agenti della polizia municipale dell'VIII Gruppo
guidati dal comandante Antonio Di Maggio si sono recati presso l'insediamento
non autorizzato di viale Alessandro Marchetti, in zona Muratella, per dare
inizio ad operazioni di bonifica propedeutiche alla chiusura del campo prevista
dal Piano Nomadi entro la fine del 2010. La bonifica, o meglio lo sgombero, è
avvenuto a 9 giorni dall'incontro del sindaco di Roma Alemanno con gli
abitanti del quartiere Muratella, incontro che ha portato alla promessa di
sgombero definitivo del campo e dell'istituzione di un presidio di polizia, e
dopo le polemiche tra il presidente della Commissione Sicurezza Urbana del
Comune Fabrizio Santori che spinge per uno sgombero celere e l'assessore Belviso
secondo la quale l'unica possibilità rapida sarebbe uno sgombero senza
destinazione, eventualità non prevista dal Piano Nomadi. A dispetto delle
dichiarazioni dei politici, l'operazione non ha riguardato l'insediamento
principale, dove da anni risiedono decine di nuclei familiari, fra cui
recentemente alcuni fuoriusciti da Casilino 900, ma quasi esclusivamente l'area
sovrastante il parcheggio dove sorge il campo. Da diversi mesi infatti alcune
famiglie hanno costruito le loro abitazioni circa 50 m più su, sulla collinetta
appena sopra il parcheggio che rappresenta il cuore del campo e dove si
concentrano la maggior parte delle famiglie.
Al momento del sopralluogo, che secondo gli abitanti del campo non era stato
preannunciato, non tutti i residenti erano presenti ma ciò non ha fermato la
forza delle ruspe che hanno distrutto indiscriminatamente tutto quello che hanno
trovato sul loro cammino. Una roulotte "non in regola" (di cui si scrive su
http://www.romatoday.it del 30 giugno 2010) è stata completamente
smantellata mentre i proprietari, di fatto se anche non di norma, non erano al
campo per cui non è stato dato loro modo di raccogliere i beni custoditi
all'interno; anche i documenti personali dei componenti della famiglia sono
stati recuperati a demolizione già avvenuta. Lo stesso destino è toccato a molte
delle altre famiglie: hanno perso la loro "casa" senza alcun preavviso o
notifica, senza nemmeno poter conservare i propri beni personali,violando quindi
tutte le convenzioni internazionali sul diritto all'abitare.
Il paradosso di quest'operazione può essere ben compreso considerando che il
capofamiglia proprietario/occupante della roulotte è in affidamento ai servizi
sociali locali e sta beneficiando delle misure alternative alla detenzione per
cui il suo domicilio, oggi distrutto, risulta essere presso il campo di viale
Marchetti. L'urgenza di portare a termine il Piano Nomadi e di rispondere alle
richieste di sicurezza dei cittadini finisce così per travolgere non solo le
storie personali, ma addirittura gli interventi messi in atto da altri settori
dell'amministrazione pubblica.
Al di là del singolo caso, è significativo che durante la distruzione delle
baracche non fossero presenti assistenti sociali: l'operazione è stata infatti
gestita esclusivamente dal personale competente per le bonifiche, ovvero gli
addetti alle ruspe e il personale della polizia municipale.
Così, alle 15 del pomeriggio la situazione era la seguente: una decina di
baracche abbattute e due dozzine di persone abbandonate sotto il sole estivo di
una giornata afosa di fine giugno, senza acqua né un riparo per l'attesa, nessun
albero sotto cui ripararsi. A confortarli soltanto la vaga promessa fatta ad
alcuni degli sgomberati che sarebbe stata loro consegnata una nuova roulotte.
Quattro famiglie, invece, hanno seguito spontaneamente gli agenti della
municipale fino al campo di Castel Romano dove, secondo quanto affermato dai
vigili, sarebbe stato loro assegnato un container. Verso le ore 16 tutte le
famiglie sono tornate sul luogo dello sgombero accompagnati da quattro agenti.
Dalle dichiarazioni contraddittorie dei vigili risulterebbe che le famiglie,
arrivate all'ingresso del campo autorizzato, si siano rifiutate di entrare.
Diversa la versione dei rom, secondo i quali al loro arrivo i residenti del
campo di Castel Romano non li avrebbero lasciati entrare perché non c'erano
container liberi da assegnare e non volevano un ulteriore sovraffollamento.
In conclusione le famiglie sbaraccate 50 m più su sono state accompagnate
dagli stessi agenti della polizia municipale 50 m più sotto e lì sono stati
invitati a risistemarsi nell'attesa della ricollocazione definitiva dell'intera
popolazione del campo. Per risolvere il problema abitativo sono state
effettivamente promesse tre roulotte per il giorno successivo, ovviamente
insufficienti ad ospitare tutte le famiglie sgomberate, ma certo sempre meglio
di niente. Peccato che l'indomani questa ennesima promessa non sia stata
mantenuta. Si tratterà sicuramente soltanto di un ritardo nella consegna,
intanto le famiglie hanno trascorso la notte sotto uno stellato cielo di fine
giugno.
Ndr: Come al solito, interessante il confronto con la stampa nazionale.
Questa la versione de
IL TEMPO.
E chiudo con una segnalazione di Marco Brazzoduro da
Mosaico
di Pace:
Dalle pagine locali di Roma de La Repubblica vengo a sapere che
è
stato presentato il progetto per il Museo della Shoah che sarà pronto
entro il 2013. Costerà 13,4 milioni di euro e sorgerà nei pressi di
Villa Torlonia (storica abitazione di Mussolini) sviluppandosi su otto
piani. Opera imponente ma importante perché quella del memoricidio è
pratica diffusa che va disinnescata. Nelle stesse pagine di Roma viene
data notizia scarna (11 righe) anche dello sgombero avvenuto ieri del
campo Rom della Muratella. Un'azione infame che il giornale definisce "bonifica" (le virgolette le ho aggiunte io). Dice di 10 baracche
abbattute. Non si dice che quelle baracche erano abitate, che in quel
campo vivono molti bambini e che l'amministrazione non ha provveduto
al ricollocamento delle famiglie che sono rimaste senza "casa" (anche
qui le virgolette sono mie). A Torino come a Milano e a Roma lo
chiamano "Piano nomadi" quasi a legittimare che quelle persone possano
restare senza abitazione. Che tanto è nella loro indole. È bene
ricordare che nei campi di concentramento nazisti c'erano anche loro.
Ma intanto è possibile che non ci si renda conto dell'ipocrisia grande
quanto un monumento per cui si celebrano le vittime del passato e si
discriminano quelle di oggi?
Tonio Dell'Olio