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I nomadi di viale Maddalena "Noi, nel ghetto senza fogne"
Di Fabrizio (del 15/07/2010 @ 09:30:09, in Italia, visitato 1825 volte)

La Repubblica Napoli di STELLA CERVASIO - Clochard, immigrati e Rom fuggiti da Ponticelli nell'inferno dell'ex palazzo Iri nel campo nomadi di Capodichino, di fronte all'aeroporto militare Niutta. Un mix di emarginazione locale e immigrazione

IL RAGAZZO fa appena in tempo a dire "entrate", che un uomo in bermuda esce dal cancello con la pompa e innaffia taccuino e macchina fotografica, bagnando i presenti. Campo nomadi di viale Maddalena, di fronte l'aeroporto militare Niutta.
A cento metri il cantiere della Perimetrale di Scampia, la bretella che collegherà Napoli all'asse mediano ricollocando in una nuova centralità la periferia a ridosso di Capodichino. Campo nomadi anomalo, quello di viale Umberto Maddalena, un mix di immigrazioni ed emarginazione locale, metà al coperto metà open air. Trecento fra rom scappati da Ponticelli dopo gli incendi di due anni fa, un gruppo di badanti polacche, immigrati africani, barboni, un vedovo e un anziano senzatetto napoletani. Un condominio di disperati. Che avrebbe dovuto trovare sistemazione nei campi del nuovo piano della prefettura. Pronto per partire, ma non ancora avviato.

Il ragazzo che invita a entrare nei capannoni ex Iri avrà sedici diciassette anni, la camicia sbottonata e il gel nei capelli. Un accenno modaiolo che appare paradossale all'ingresso del campo, dove l'acqua esce a getto continuo da un idrante e i più grandi fanno la doccia a un esercito di bambini da zero a dieci anni. Il viavai è continuo dal cancello, a bordo di miniscooter, auto e furgoni. Le madri arrivano con le borse della spesa. Le badanti dell'est escono ben vestite a prendere il bus, per entrare in servizio. L'odore di degrado e sporco è ai limiti della sopportazione umana. I rom abitano intorno ai capannoni in precedenza occupati dall'Angifap, dove si tenevano i corsi per Lsu, ora proprietà di un'immobiliare pugliese che ha fatto ricorso al tribunale per riaverne la disponibilità. Nel guscio vuoto, dove già si erano insediati i barboni locali, hanno trovato riparo i rom di Ponticelli in una situazione per loro insolita. Gli occupanti hanno ostruito i finestroni orizzontali, ognuno "personalizzato" con compensato, vecchie travi e silicone oppure tendoni da camion o lastre di plexiglas. All'interno hanno allestito un dormitorio. Invaso dai rifiuti. Non c'è da stupirsi se, come dice il presidente della Municipalità San Carlo Arena, Alfonso Principe, "la Asl qui ha riscontrato alcuni casi di tubercolosi". Probabilmente si tratta di positività, molto comune nei paesi dell'est. Per questo va facilitato l'accesso alle strutture sanitarie e migliorata la loro situazione igienica. Ma al momento niente bagni e niente fogne. L'intervento è sicuramente reso più difficile dal fatto che la struttura è di proprietà di privati.
"Viviamo benissimo", dice una giovane donna con due incisivi d'oro. Il cancello viene aperto per far entrare un furgone Ape per la raccolta del ferro e una Lancia della polizia di Poggioreale che controlla tutti i campi nomadi. "Almeno - commenta la pattuglia - questo è asfaltato".

"Sono gente tranquilla, non danno nessun fastidio. Ma non potete immaginare i topi che ci sono", dice il negoziante di scale che confina con il capannone. "Abbiamo chiamato la Asl, abbiamo consumato centinaia di bustine di veleno per topi, il giorno dopo non le trovavamo più. A volte l'odore è insopportabile: con gli altri abitanti del quartiere ci arrampichiamo sulle mie scale e le impalcature per lanciare bottiglie di creolina".
La scorsa settimana la Municipalità ha partecipato a un Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica nel corso del quale si è parlato del rischio tubercolosi e dell'emergenza caldo. Un copione che si ripete da due anni. "Ho scritto a sindaco e prefetto - racconta Principe - per chiedere un intervento urgente di bonifica. L'assessore Riccio sostiene che la competenza è del prefetto che però dice di essere delegato solo per i nuovi campi da costruire. Da tre anni l'emergenza estiva si ripropone tale e quale. L'anno scorso all'aeroporto ci fu un black-out, si scoprì che la cabina elettrica era franata sotto un bagno costruito dai Rom".

I soli ad avere accesso al campo sono i volontari della Comunità Sant'Egidio. I "reduci" delle battaglie di Ponticelli hanno paura di dover lasciare anche questo ricovero. "Collaboriamo con i medici dell'associazione "Don Chisciotte" per tenere sotto monitoraggio costante questa delicata situazione. Finora nessuna alternativa", dice Antonio Mattone, portavoce della comunità. Andar via da Ponticelli non ha aiutato l'integrazione. Alcuni bambini sono iscritti alla scuola "Ammaturo", ma solo due su sei hanno frequentato. D'estate puntualmente la priorità viene conquistata dall'allarme igiene. Principe sta molto attento a non chiedere sgomberi. "Bisogna metterli in condizione di vivere da persone, quella non è una vita decorosa", spiega il presidente della Municipalità.

Il cancello si apre e un uomo va verso la fermata del bus, indossa una maglia azzurra con la scritta Italia. Rom? "No, napoletano. Sono vedovo da quattro anni, da allora ho lasciato la casa di San Pietro a Patierno e abito qui. A quest'ora sono costretto a uscire, me ne vado in giro per non sentire l'odore dei rifiuti. Devo aspettare ancora due mesi: mio figlio ha trovato lavoro e mi ospiterà". Mostra il braccio sinistro, gli manca la mano fino a metà avambraccio. "L'ho persa il primo giorno di lavoro da falegname: avevo 13 anni".

(14 luglio 2010)