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La quiete dopo la bonifica
Di Fabrizio (del 03/07/2010 @ 09:29:06, in Italia, visitato 1946 volte)

Ricevo da Federica Kent Fazi - Una scuolina per crescere -ARPJ Tetto onlus

La mattina del 30 giugno agenti della polizia municipale dell'VIII Gruppo guidati dal comandante Antonio Di Maggio si sono recati presso l'insediamento non autorizzato di viale Alessandro Marchetti, in zona Muratella, per dare inizio ad operazioni di bonifica propedeutiche alla chiusura del campo prevista dal Piano Nomadi entro la fine del 2010. La bonifica, o meglio lo sgombero, è avvenuto a 9 giorni dall'incontro del sindaco di Roma Alemanno con gli abitanti del quartiere Muratella, incontro che ha portato alla promessa di sgombero definitivo del campo e dell'istituzione di un presidio di polizia, e dopo le polemiche tra il presidente della Commissione Sicurezza Urbana del Comune Fabrizio Santori che spinge per uno sgombero celere e l'assessore Belviso secondo la quale l'unica possibilità rapida sarebbe uno sgombero senza destinazione, eventualità non prevista dal Piano Nomadi. A dispetto delle dichiarazioni dei politici, l'operazione non ha riguardato l'insediamento principale, dove da anni risiedono decine di nuclei familiari, fra cui recentemente alcuni fuoriusciti da Casilino 900, ma quasi esclusivamente l'area sovrastante il parcheggio dove sorge il campo. Da diversi mesi infatti alcune famiglie hanno costruito le loro abitazioni circa 50 m più su, sulla collinetta appena sopra il parcheggio che rappresenta il cuore del campo e dove si concentrano la maggior parte delle famiglie.

Al momento del sopralluogo, che secondo gli abitanti del campo non era stato preannunciato, non tutti i residenti erano presenti ma ciò non ha fermato la forza delle ruspe che hanno distrutto indiscriminatamente tutto quello che hanno trovato sul loro cammino. Una roulotte "non in regola" (di cui si scrive su http://www.romatoday.it del 30 giugno 2010) è stata completamente smantellata mentre i proprietari, di fatto se anche non di norma, non erano al campo per cui non è stato dato loro modo di raccogliere i beni custoditi all'interno; anche i documenti personali dei componenti della famiglia sono stati recuperati a demolizione già avvenuta. Lo stesso destino è toccato a molte delle altre famiglie: hanno perso la loro "casa" senza alcun preavviso o notifica, senza nemmeno poter conservare i propri beni personali,violando quindi tutte le convenzioni internazionali sul diritto all'abitare.

Il paradosso di quest'operazione può essere ben compreso considerando che il capofamiglia proprietario/occupante della roulotte è in affidamento ai servizi sociali locali e sta beneficiando delle misure alternative alla detenzione per cui il suo domicilio, oggi distrutto, risulta essere presso il campo di viale Marchetti. L'urgenza di portare a termine il Piano Nomadi e di rispondere alle richieste di sicurezza dei cittadini finisce così per travolgere non solo le storie personali, ma addirittura gli interventi messi in atto da altri settori dell'amministrazione pubblica.

Al di là del singolo caso, è significativo che durante la distruzione delle baracche non fossero presenti assistenti sociali: l'operazione è stata infatti gestita esclusivamente dal personale competente per le bonifiche, ovvero gli addetti alle ruspe e il personale della polizia municipale.

Così, alle 15 del pomeriggio la situazione era la seguente: una decina di baracche abbattute e due dozzine di persone abbandonate sotto il sole estivo di una giornata afosa di fine giugno, senza acqua né un riparo per l'attesa, nessun albero sotto cui ripararsi. A confortarli soltanto la vaga promessa fatta ad alcuni degli sgomberati che sarebbe stata loro consegnata una nuova roulotte. Quattro famiglie, invece, hanno seguito spontaneamente gli agenti della municipale fino al campo di Castel Romano dove, secondo quanto affermato dai vigili, sarebbe stato loro assegnato un container. Verso le ore 16 tutte le famiglie sono tornate sul luogo dello sgombero accompagnati da quattro agenti.

Dalle dichiarazioni contraddittorie dei vigili risulterebbe che le famiglie, arrivate all'ingresso del campo autorizzato, si siano rifiutate di entrare. Diversa la versione dei rom, secondo i quali al loro arrivo i residenti del campo di Castel Romano non li avrebbero lasciati entrare perché non c'erano container liberi da assegnare e non volevano un ulteriore sovraffollamento.

In conclusione le famiglie sbaraccate 50 m più su sono state accompagnate dagli stessi agenti della polizia municipale 50 m più sotto e lì sono stati invitati a risistemarsi nell'attesa della ricollocazione definitiva dell'intera popolazione del campo. Per risolvere il problema abitativo sono state effettivamente promesse tre roulotte per il giorno successivo, ovviamente insufficienti ad ospitare tutte le famiglie sgomberate, ma certo sempre meglio di niente. Peccato che l'indomani questa ennesima promessa non sia stata mantenuta. Si tratterà sicuramente soltanto di un ritardo nella consegna, intanto le famiglie hanno trascorso la notte sotto uno stellato cielo di fine giugno.

Ndr: Come al solito, interessante il confronto con la stampa nazionale. Questa la versione de IL TEMPO.

E chiudo con una segnalazione di Marco Brazzoduro da Mosaico di Pace:

Dalle pagine locali di Roma de La Repubblica vengo a sapere che è stato presentato il progetto per il Museo della Shoah che sarà pronto entro il 2013. Costerà 13,4 milioni di euro e sorgerà nei pressi di Villa Torlonia (storica abitazione di Mussolini) sviluppandosi su otto piani. Opera imponente ma importante perché quella del memoricidio è pratica diffusa che va disinnescata. Nelle stesse pagine di Roma viene data notizia scarna (11 righe) anche dello sgombero avvenuto ieri del campo Rom della Muratella. Un'azione infame che il giornale definisce "bonifica" (le virgolette le ho aggiunte io). Dice di 10 baracche abbattute. Non si dice che quelle baracche erano abitate, che in quel campo vivono molti bambini e che l'amministrazione non ha provveduto al ricollocamento delle famiglie che sono rimaste senza "casa" (anche qui le virgolette sono mie). A Torino come a Milano e a Roma lo chiamano "Piano nomadi" quasi a legittimare che quelle persone possano restare senza abitazione. Che tanto è nella loro indole. È bene ricordare che nei campi di concentramento nazisti c'erano anche loro. Ma intanto è possibile che non ci si renda conto dell'ipocrisia grande quanto un monumento per cui si celebrano le vittime del passato e si discriminano quelle di oggi?

Tonio Dell'Olio