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Gli zingari rubano
Di Fabrizio (del 13/07/2010 @ 08:51:10, in Italia, visitato 3655 volte)

In alcuni casi è la sacrosanta verità. Però, anche un ladro ha una sua dignità, un suo onore. Sabato pomeriggio mi sono trovato con Jovica Jovic (chi legge la Mahalla lo conosce bene e sa che lui non ruba), perché volevo capire qualcosa di più su di un grosso furto che lui e gli altri Rom del campo di via Sesia a Rho (MI) stanno subendo, da parte della "nostra gente". Ecco cosa mi ha raccontato (leggete con calma e attenzione):

Sino a 5 anni fa, abitavamo a Lucernate, una frazione di Rho. Ci abbiamo vissuto 12/13 anni. Erano terreni nostri, comprati dai miei suoceri e dai loro figli, in tutto oltre 3.000 mq., abitati da 7/8 famiglie. Io andavo in giro per l'Europa a suonare.

All'inizio su quei terreni avevamo messo dei prefabbricati, che pian piano abbiamo rinnovato da noi. Abbiamo tirato la luce, l'acqua, abbiamo recintato. E' costato oltre 100.000 euro. Abbiamo poi pagato il condono in tre rate, altri 180.000 euro, ho ancora tutte le ricevute. Dicevano che erano area protetta, ma ora che li abbiamo lasciati, tutti quei terreni sono diventati edificabili.

Morto mio suocero, era rimasta sua moglie, che era malata di cuore, ma non le dettero il permesso di soggiorno per motivi sanitari. Anche se eravamo in Italia da più di 40 anni, praticamente 3 generazioni erano senza documenti.

A questo punto si presentò l'Opera Nomadi, con alcuni consiglieri del comune di Rho; allora la sindaca era la signora Pessina. Ci fecero più o meno questa proposta:

Noi vi aiutiamo se lasciate i terreni. Venite nel comune di Rho e vi costruiremo un campo, che sarà vostro e potrete restarci per tutto il tempo che vorrete. Ed in più ci sarebbero state opportunità di lavoro e avrebbero concesso i permessi di soggiorno. Le "unità abitative" sarebbero state composte da cucina, bagno e camera da letto.

Ci diedero un mese per riflettere. Decidemmo di firmare e aspettammo che si finisse il campo.

Ma fummo fregati una prima volta! Trovammo invece dei container di 30 mq, immagina lì dentro una famiglia di 2 adulti e 7 bambini!

Con l'Opera Nomadi e la Caritas (che gestivano il campo) andammo in Comune ed in risposta venne stilato un regolamento che tra l'altro diceva:

Ogni unità abitativa per piazzola può allargarsi a seconda delle esigenze familiari.

Venne anche deciso che i gestori avrebbero avuto un loro presidio nel campo. C'è da dire che da questo punto in avanti, l'Opera Nomadi è scomparsa, allontanata dalla gestione che è rimasta tutta alla Caritas.

Non si poteva fare più niente: piantare alberi (il campo è tutto al sole), nemmeno mettere un vaso di fiori, figuriamoci allargare lo spazio per le famiglie.

Dal Comune avanzavano 170.000 euro per terminare i lavori nel campo, ma mi ricordo solo l'arrivo di una cucina, che venne divisa per 11 famiglie, ci dissero che il resto sarebbe stato portato dopo.

Io sono entrato nel campo il 4 aprile 2007. Mi ricordo che c'era il contatore della luce che serviva tre casette e il palo della luce, che illumina tutto il campo. Mi son ritrovato a pagare 5.000 euro di arretrati! Ho fatto mettere un contatore solo per la me. Sono anche riuscito ad allargare lo spazio per la mia famiglia e quella di mio figlio.

Col cambiamento della giunta comunale, è arrivato un nuovo regolamento. Tutti i documenti precedenti li aveva l'ex sindaca.

Due parole sulla chiesetta al campo (ne parla più ampliamente il video seguente, ndr): avevo ottenuto il permesso per costruirla, ed ero felice. Era stata benedetta da otto parrocchie della zona e da un sacerdote ortodosso della Croazia. Una chiesa aperta a tutte le religioni, per distruggere il male col bene. Ce l'ho fatta ed ha avuto una caduta positiva nel campo. Adesso non riesco a farmene una ragione, che vogliano mandarci via e al posto della nostra chiesa mettere la quinta discarica di Rho! E' una grave offesa a Dio e agli uomini...

Intanto al campo le ragazze hanno seguito corsi di cucito e cucina, i giovani vanno alle scuole superiori; c'è anche chi si allena a calcio con la società del Milan.

Ma... mia figlia nata in Italia lavora da tre anni e mezzi, tramite la Caritas o la parrocchia di Rho. Guadagna 120 euro al mese. Se non andava al corso, non avrebbe trovato più posto al campo. Lo stesso, le hanno rifiutato la cittadinanza perché non aveva la residenza. Tre giorni fa era con me in macchina; ci hanno fermato e ha rischiato di finire al CIE di via Corelli.

Nel frattempo man mano chi non rispettava il nuovo regolamento veniva allontanato. Basta poco per essere messi alla porta. Eravamo in 80, ora siamo rimasti in 30. Vengono allontanati vecchi, giovani, non fa nessuna differenza, tutti sotto i ponti. Uno è morto in Germania, qualcun altro va avanti e indietro tra Pero e Rho...

Adesso ci è arrivata una lettera, con tre possibilità:

  1. o ci accompagnano tutti alla frontiera (gratis!),
  2. o ci danno 4.000 euro e ci arrangiamo,
  3. donne e malati avranno assistenza per 3 mesi.

E' uscito anche un articolo sul giornale di Rho, si dice:

Distruggeremo il campo entro tre mesi. Cacceremo tutti. Su questo terreno sorgerà una discarica.

Discarica più etnia è uguale a pulizia etnica.

Io personalmente non so cosa fare. Per una casa chiedono tanti soldi d'anticipo e la busta paga. Io sono musicista, dove le trovo le buste paga?

Mi hanno detto: se tratti avrai qualcosa, se non vuoi trattare non avrai niente. Lunedì (12 luglio) mi parleranno. Se mi state leggendo, significa che è andata male, e così ho deciso di raccontare almeno la mia storia.


Spero che qualcuno possa domandarsi se sono davvero "gli zingari" i ladri in Italia. A me invece, dopo quella chiacchierata resta parecchia tristezza. Per chiudere bene questo spazio, propongo questo video suggerito da Giancarlo Ranaldi. Glielo devo (a Jovica, intendo)

Jovica Jovic a Rho: cultura o rifiuti? from Anna Pac on Vimeo.

Le parole di Jovica Jovic sono una lezione di tolleranza, di convivenza, di fratellanza, persino di identità Europea, quella che la moneta unica non ha di certo fortificato in tutti i noi, d’altronde le monete non hanno anima, forse solo portafoglio. Fermarsi ad ascoltare chi ha la possibilità di donare saggezza con le sue parole è fondamentale in una società che vive di corsa, che non aspetta, che non ha tempo per chi vorrebbe prendersi un momento per guardarsi intorno. Il maestro Jovica Jovic ha viaggiato molto e si è fermato altrettanto, la vita di un musicista rom nato in Serbia, passato dall’Austria, dall’Inghilterra e giunto in Italia è un peregrinare continuo, è muoversi in un unica terra, in un unica casa che è il mondo. Purtroppo le visioni romantiche non coincidono mai con quelle burocratiche, populiste e demagogiche di chi urla "padroni a casa propria!" e affini slogans,che fanno della paura del diverso il mezzo per avere manciate di voti. Poi si corre al capezzale degli ultimi al momento dello sgombro, con la faccia imbrattata di pietà, con le mostrine governative luccicanti e si dona un permesso di soggiorno provvisorio promettendo una regolarizzazione per meriti artistici. Jovica Jovic si fida, è un uomo di parola, di fronte ad un riconoscimento tanto ufficiale, è il ministro Maroni con cui ha parlato. Noi forse siamo diffidenti perché sappiamo di che pasta siamo fatti, perché troppo spesso dimentichiamo molto in fretta, qualsiasi sia il colore con cui dipingiamo le nostre idee o convinzioni. Sarà questa monocromia che ci rende tanto bigotti e chiusi, poco inclini al confronto e al conseguente apprendimento. Fino a che rimarremo inchiodati alle nostre convinzioni non saremo mai in grado di definirci tolleranti o accoglienti, depositando i nuovi arrivati nel sottobosco fangoso della privazione e del degrado da cui è difficile emergere legalmente, in cui si è destinati ad affondare. Ci sono immigrati che lavorano, che hanno figli nati in Italia, educati in Italia, che parlano italiano e sono perfetti sconosciuti e clandestini ai nostri occhi, sans papier senza capirne il motivo. La storia del maestro di musica Jovica Jovic è molto interessante e molteplici sono le testimonianze sulla rete; le collaborazioni musicali con Piero Pelù, Goran Bregovic e Vinicio Capossela, la collaborazione con Moni Ovadia per la mostra di De Andrè, la creazione di un’orchestra multietnica in stile musicale balcanico, stanno a dimostrare quanto sia integrato quest’uomo. La sua voce è il megafono di tutte le voci, di una comunità che chiede rispetto e cittadinanza, non continui sgombri di stampo politico e appelli abbattuti dalle ruspe e dalla sordità della giunta della sua città, Rho. Jovica Jovic ha costruito anche una chiesa, consacrata e benedetta, sul terreno che diventerà una discarica. Deliri di onnipotenza oramai permettono di prevaricare anche un baluardo italiano, la fede, o forse è solo perché vogliamo essere dei perfetti "cristiani, in chiesa propria!". Andiamo in pace e ascoltiamo Jovica!