Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 11/04/2008 @ 09:26:27, in scuola, visitato 2099 volte)
Da
Vita
Nella giornata internazionale dei Rom, si è aperta oggi a Bratislava la
conferenza "Education and training of Roma children and youth: the way forward"
alla quale ha preso parte anche una delegazione italiana, composta da Raffaele
Ciambrone, dirigente del ministero della Pubblica Istruzione, Arcangelo Patone,
della segreteria della Sottosegretaria di Stato ai Diritti e Pari Opportunità,
Donatella Linguiti, i Consiglieri nazionali dell'Opera Nomadi, il portavoce Rom
del campo di Triboniano a Milano Costantin Marin, rumeno, Kasim Cizmic,
portavoce Rom bosniaco del campo di Pontina Nuova a Roma e la sociologa Maria
Rosaria Chirico, autrice del "Progetto-Ferrero", il primo in Italia ad occuparsi
della scolarizzazione delle comunità Rom abusive.
L'incontro, promosso dal Consiglio d'Europa, ha l'obiettivo di condividere
politiche e pratiche educative che possano aumentare la qualità e la
partecipazione dei ragazzi Rom nel processo formativo dei paesi europei in cui
vivono. Tre temi in particolare saranno il focus della discussione di oggi e
domani: l'ambiente socio-educativo dei giovani e dei bambini, il ruolo e la
responsabilità dei principali attori (dai livelli istituzionali a quelli
scolastici fino alle famiglie e comunità di appartenenza); modelli e pratiche
efficaci che sono compatibili con le politiche antidiscriminazione e i diritti
umani; rinforzare e implementare le politiche educative: il contributo dei
governi internazionali e delle organizzazioni non governative.
Tra i relatori alla conferenza molti i rappresentanti dell'Est Europa (Romania,
Bulgaria, Slovacchia, Croazia), Gabriele Mazza, direttore del dipartimento su
scuola, educazione e lingue del Consiglio d'Europa, il ministro degli Affari
sociali e della salute della Finlandia, Pekka Haavisto e Anita Botosova,
plenipotenziario del governo slovacco per le comunità Rom.
Come sottolineato da Thomas Hammarberg della commissione sui diritti umani del
Consiglio d'Europa "l'esistenza del problema è di per sé il problema" ed è
necessario lavorare anche sulla pre-scolarizzazione e l'ambiente familiare nel
quale vivono i ragazzi e giovani Rom. Fondamentale secondo Miranda Vuolasranta,
vice presidente del Forum dei Rom, Sinti e Camminanti europei, è l'approccio
delle politiche europee: "Nothing for Roma, without Roma" ha più volte ripetuto
Vuolasranta, ribadendo la necessità di tenere conto anche del punto di vista dei
Rom su educazione e formazione, delle pratiche da mettere in gioco e capire in
che modo i Rom possano sentire come loro esigenza l'accesso al processo
educativo del paese in cui vivono.
"L'Opera Nomadi crede che siano le istituzioni a far da protagoniste nel
processo di integrazione scolastica dei Minori Rom/Sinti in Italia che vede
diecine di migliaia Rom non solo non scolarizzati ma nemmeno vaccinati e la gran
parte di minori Rom/Sinti italiani non consegue nemmeno la licenza media
inferiore" - sostiene Massimo Converso, Presidente Nazionale Opera Nomadi - "È
perciò fondamentale che la delegazione veda presenti congiuntamente il Governo
Italiano ed i rappresentanti del popolo Rom. Preoccupa invece che la
partecipazione a tale Convegno ufficiale sulla scolarizzazione dei minori Rom/Sinti
sia scaturita dalla sinergia fra Opera Nomadi e Ministeri e non da un rapporto
consolidato fra Consiglio d'Europa e Governo Italiano, rapporto che ha mosso i
primi passi soltanto oggi".
"La Scuola Italiana si contraddistingue per essere una scuola aperta a tutti e
accogliente" - afferma Raffaele Ciambrone, responsabile dell'Ufficio centrale
per l'integrazione scolastica degli alunni di cittadinanza non italiana. "Il
diritto all'istruzione, che è un diritto universale dell'infanzia, è
assolutamente tutelato. Chiunque può iscriversi a scuola, anche se non in
posizione regolare di soggiorno. Non esistono classi speciali: siamo per la
scuola comune. Purtroppo non abbiamo un'idea chiara di quanti siano i bambini
Rom presenti in Italia, non possiamo sapere quanti siano iscritti e quanti
restino invece a casa o nei campi. Di qui la necessità di realizzare un'indagine
e di fare delle rilevazioni distinte e puntuali. È allo studio di un gruppo
interministeriale, e dello stesso Ministero dell'Interno, un progetto per
unificare tutte le banche dati esistenti e creare un sistema unico di
monitoraggio".
Di Fabrizio (del 24/03/2008 @ 08:52:33, in scuola, visitato 2289 volte)
Praga, 17.3.2008, 19:07, (ROMEA/CTK) - Il numero di scuole preparatorie per bambini Rom sta crescendo e 164 classi per 1929 studenti sono state aperte in quest'anno scolastico, è quanto hanno riportato rappresentanti del Ministero per l'Educazione durante un seminario. Le scuole preparatorie sono state fondate nella Repubblica Ceca tre anni fa per aiutare i bambini Rom a riuscire nella scuola elementare senza passare nelle scuole speciale per alunni con difficoltà nell'apprendimento.
Jirina Ticha del Ministero per l'Educazione ha detto a CTK che il 12% dei richiedenti era stato rifiutato l'anno scorso. Ha aggiunto che c'è bisogno di circa 300 classi preparatorie.
Ticha ha puntualizzato che solo un piccolo numero di bambini Rom frequenta gli asili d'infanzia.
Una ricerca della fondazione NROS mostra che molti bambini Rom hanno cattivi risultati perché non parlano bene il ceco e non comprendono pienamente icompiti che gli insegnanti richiedono loro. Mancano anche di conoscenza e abilità, conclude la ricerca.
Le scuole preparatorie li aiutano a rimuovere queste barriere.
L'80% dei bambini Rom che hanno frequentato le scuole preparatorie vanno alle scuole elementari standard. Dice Radka Soukupova, del consiglio governativo per gli affari Rom, che i bambini hanno migliori possibilità di rimanervi.
Secondo la ricerca di NROS, 7 bambini su 10 e metà delle bambine Rom ripetono l'anno scolastico oppure sono mandati alle scuole speciali per ritardati. Nella popolazione maggioritaria, la proporzione è di un decimo.
Soukupova dice che molti genitori Rom non motivano i ragazzi ad imparare a scuola, dato che loro stessi hanno frequentato le scuole speciali.
Afferma che il sistema di benefici sociali non contribuisce a raggiungere la migliore qualificazione possibile.
E' necessario trovare i mezzi finanziari per aiutari più bambini Rom possibile a terminare la scuola elementare e frequentare le secondarie.
"L'investimento ripagherà" dice Soukupova.
Nonostante il numero crescente di Rom che frequentano le scuole secondarie e l'università, nota che sta crescendo la differenza tra la scolarizzazione dei Rom ed il resto della società.
La maggior parte di quanti vivono nelle 300 località considerati ghetti tar i 10 milioni di Cechi sono Rom. Oltre 80.000 Rom, circa un terzo del totale, vive nei ghetti.
ROMEA/CTK
Di Fabrizio (del 21/03/2008 @ 09:02:34, in scuola, visitato 1811 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Le associazioni del Comitato "Rom e Sinti insieme" nel ringraziare
tutti coloro che hanno dimostrato interesse e sostenuto il progetto Esmeralda
2007/08 "Anno del dialogo interculturale" informano che, grazie al
ricavato del libretto "Il
rom e il diavolo", sono stati realizzati altri tre racconti illustrati
relativi alla storia/cultura delle minoranze Rom e Sinte, nella convinzione che
sempre più sia necessario opporsi a pregiudizi e stereotipi attraverso la
conoscenza e l’acquisizione di competenze per interagire in un contesto sempre
più complesso e articolato.
"L’umanità contemporanea parla con molte voci. La questione centrale della
nostra epoca è come trasformare questa polifonia in armonia, ma sappiamo che
essa è edificata esclusivamente con la calce e i mattoni degli affetti umani e
dell’impegno"
S. Flusty
Un proverbio africano espressione della saggezza popolare, recita : "Se
volete salvare delle conoscenze e farle viaggiare attraverso il tempo,
affidatele ai bambini"….… ed è proprio a tutti gli alunni delle nostre
scuole, qualunque sia la loro appartenenza etnico-culturale, a cui è dovuto il
nostro impegno se vogliamo costruire le basi di un’armonica convivenza.
Solo attraverso il reale ascolto di tutte le culture presenti sul territorio, la
scuola può assolvere il suo mandato educativo istituzionale e non può correre il
rischio di essere vissuta come luogo dove si perde la propria identità, ma, al
contrario, essa deve rappresentare uno strumento importante per contrastare
qualsiasi forma di razzismo e di ghettizzazione culturale.
Ognuno dei libretti, adatti per le prime classi della scuola primaria, è
costituito da:
- un racconto illustrato
- alcune semplici informazioni di carattere storico
- una sintetica proposta didattica
PER INFORMAZIONI
Maria Grazia Dicati
Tel: 049/9702573
e-mail madidicati2001@yahoo.it
Comitato Rom e Sinti Insieme
Segreteria Tecnica: via don Enrico Tazzoli n°14, 46100 Mantova
Tel. 0376 360 643 fax 0376 318 839
e-mail: romsinti.insieme@libero.it
Di Fabrizio (del 16/03/2008 @ 08:58:33, in scuola, visitato 2323 volte)
Da
Roma_Francais
"All'inizio, alcuni vengono a volte piedi nudi in pieno inverno, ma dopo
alcuni mesi di scuola, l'atteggiamento dei genitori evolve ed i bambini arrivano
vestiti propriamente".
Marko Urdzik, robusto direttore del Centro rom di Lipany, non sa "come
misurare i progressi quando si parte da così in basso", ma ha una certezza:
"l'educazione dei più piccoli è il solo mezzo di migliorare le cose" per la
comunità rom di Slovacchia, una delle più povere d'Europa.
Tutti lo conoscono nel quartiere rom della borgata industriale di Lipany, chi
si riassume, come spesso nell'est slovacco, in edifici rovinati, delle case di
pannocchia e delle capanne.
Marko Urdzik anche lui conosce tutti: "per occuparsi dei bambini, devi
conoscere la famiglia in senso largo, chi è chi, chi fa cosa, chi vuole cosa,
chi non vuole niente. Alcuni non vogliono realmente nulla, neanche occuparsi dei
loro bambini che osservano crescere nei détriti."
"Il più difficile, sono di abituare i bambini a scuola quando vivono con
adulti che non fanno nulla", sottolinea Jozef Gorol, detto "Jozko", insegnante
in un altro centro, a Stropkov. Questa città di 11.000 abitanti conta un
migliaio di Rom, proporzione che riflette la demografia di questo paese
diventato europeo nel 2004- circa 500.000 zingari per 5,5 milioni di abitanti.
A Stropkov come a Lipany, lo scopo è di attirare i bambini "per evitare che
si trascinino da soli fuor tutto il giorno", sviluppare l'igiene di quelli che
non si lavano, favorire il risveglio con il disegno, la musica o la danza,
apprendere lo slovacco per quelli che parlano soltanto il romanes.
"Se non si preparano, saranno esclusi dal sistema scolastico perché non
potranno adattarsi", garantisce il direttore del centro di Lipany.
Secondo un recente rapporto di Amnesty International, più del 60% fermano la
loro scolarità alle primarie, il 3% raggiunge le secondarie, lo 0,3% stacca un
diploma universitario.
Aladar Badyi 22 anni, arrestato "a causa delle sue cattive frequentazioni".
Insegna danza e disegno al centro di Stropkov, "è la possibilità della sua vita,
la sua sola felicità".
Vi passa i suoi giorni anche se il suo contratto prevede soltanto due ore al
giorno per 1900 corone (58 euro) al mese, nel quadro del "lavoro d'attivazione"
realizzato dal governo precedente contemporaneamente ad una riduzione drastica
degli aiuti sociali.
Con il fleble livello degli incitamenti finanziari, le riforme liberali hanno
avuto per effetto, secondo i lavoratori sociali, di peggiorare la miseria senza
ridurre la disoccupazione che riguarda il 100% dei Rom. Alcuni vivono senza luce
né riscaldamento per mancato pagamento, i sindaci li espellono per ritardo nel
pagare l'affitto.
Un programma di rialloggiamento è stato lanciato ma, secondo differenti
studi, la vita dei Rom non ha smesso di degradarsi dalla fine del comunismo, nel
1989. Allo stesso tempo, la "percezione negativa (della società) è peggiorata a
causa in particolare del loro declino sociale, della disoccupazione crescente e
della loro aumentata dipendenza riguardo agli aiuti sociali", secondo una
relazione della Banca mondiale
"Per troppo tempo, i Rom si sono lasciati portare dal sistema", ritiene Jozko.
La sua storia mostrare tuttavia che prendere la propria vita in mano non è
facile: ha abbandonato l'università dopo essere stato attaccato nella città
universitaria dagli skinheads, quindi quando ha deciso di lavorare al centro di
Stropkov, molti, nella sua Comunità, la hanno insultato trattandolo da "collabo".
A 26 anni, Daniel Hubac, direttore del centro di Stropkov, si dice "spesso
deluso" da quelli di cui si occupa ed "a volte disperato" cper le difficoltà del
suo lavoro. Alla passività dei Rom, si aggiungono, secondo lui, una "mancanza di
volontà politica nonostante le grandi dichiarazioni di intenti", peggiorata dai criteri opachi di quelli che, a Bratislava, assegnano gli aiuti pubblici e
separano le domande di fondi europei.
Di Fabrizio (del 19/02/2008 @ 18:42:41, in scuola, visitato 3212 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
La raccomandazione nr 4 (2000) del Comitato dei Ministri agli Stati membri
sulla scolarizzazione dei fanciulli rom/sinti in Europa afferma :
“NEI PAESI IN CUI LA LINGUA ROMANÌ È PARLATA OCCORREREBBE OFFRIRE AI
FANCIULLI ROM/SINTI LA POSSIBILITÀ DI ACCEDERE AD UN INSEGNAMENTO NELLA PROPRIA
LINGUA MATERNA”
Prima di presentare il testo “Leggere e scrivere in romanés”, desidero
riportare due episodi : il primo ha come protagonista Baba una bambina rom e il
secondo si riferisce ad Andrea un bambino non rom
Baba: “ Perché io devo imparare la lingua italiana, mentre i miei
compagni non devono imparare la mia lingua?” chiedeva e, quasi per una forma di
protesta non parlava più italiano e alle mie domande rispondeva in romanès.
Andrea invece era un bambino non rom : nei tempi in cui si recitavano le
preghiere prima delle lezioni, avevo predisposto un foglio con la preghiera del
Padrenostro in romanès, in modo da alternarla con quella in italiano.
Andrea però perdeva regolarmente il foglio (così raccontava) e dovevo
ridarglielo ogni volta che si pregava in romanès.
Un giorno però il bambino non ce l’ha fatto più a raccontare queste bugie : “
Mia mamma mi strappa il foglio e non vuole che io reciti la preghiera con queste
parole” mi rivelò singhiozzando e vergognandosi di fronte ai compagni
Quale può essere quindi il punto d’incontro tra la richiesta di Baba e il
rifiuto dei genitori di Andrea ? Come conciliare le due posizioni ? E come
rispettare anche quei bambini Sinti o Rom che ti sussurrano all’orecchio : “ Non
dire agli altri che siamo perché il papà non vuole! “
La scuola, come Istituzione pubblica, si trova nella condizione di dover
contemplare le diverse opinioni per rispetto del singolo alunno che non deve
crescere in un contesto scolastico in contrapposizione con l’ambiente familiare;
ecco quindi l’importanza della progettazione e della chiarezza da parte di una
scuola diventata multiculturale.
Non è invece consigliabile intervenire in modo estemporaneo, in quanto il nostro
intervento didattico potrebbe essere sottovalutato, se non ostacolato dagli
stessi rom/sinti soprattutto per azioni relative alla lingua e cultura romanì,
ma anche dagli altri genitori preoccupati per il rallentamento del programma
scolastico.
Il testo “ Leggere e scrivere in romanés” vuole essere un attestato di
riconoscimento, attraverso il codice scritto, di una lingua orale
antichissima, una lingua ancora utilizzata da alcuni gruppi, ma che rischia di
scomparire non solo per il mancato riconoscimento legislativo, ma anche per
scelta di coloro che vogliono o che sono costretti a mascherare/rinnegare la
loro vera identità.
Il testo non si propone l’insegnamento del romanès, ma soprattutto la
valorizzazione della lingua madre per i bambini rom e sinti, il riconoscimento
della loro diversità linguistica e la comprensione da parte dei compagni e
dei docenti per eventuali difficoltà ed incertezze in lingua italiana, seconda o
terza lingua per gli alunni Sinti e Rom.
Come riportato dalla collega di Roma può diventare uno stimolo: “Gli
alunni che venendo a scuola sanno di trovare qualcosa, anche poco, che fa
riferimento al loro mondo "fuori" e che, anzi, li aiuta a comprenderlo e
valorizzarlo meglio (e questo vale per tutti gli alunni di origine diversa da
quella italiana) e che avvertono la curiosità degli autoctoni alla conoscenza e
allo scambio, trovano una diversa e più forte motivazione alla frequenza e
all'apprendimento anche quando questo prevede percorsi lunghi, a volte
differenziati o difficoltosi”
Il testo riporta i vocaboli in Romanés harvato ma, visto gli obiettivi più di
carattere educativo che cognitivo, può essere utilizzato anche nelle classi
dove frequentano bambini rom e sinti di altri gruppi.
Interessante la riflessione della collega M. Cristina Fazzi : ”Va precisato,
nel merito, che il romanes usato nel testo citato è quello dei Rom Harvati etnia
a cui non appartengono gli alunni che frequentano la nostra scuola, pur tuttavia
ci sono molte similitudini e soprattutto la metodologia di impostazione dei
testi ha offerto una forte motivazione a rimuovere quella forte ostilità che
questi bambini provano nel socializzare la loro lingua così come altri aspetti
della loro cultura al punto che per loro è tornato facile, spontaneo e
coinvolgente "ritradurre" tutti i vocaboli non "congruenti"
Giorgio Bezzecchi, mediatore culturale rom dichiara : “…….. una
particolare ATTENZIONE ALLA CULTURA ED ALLA LINGUA DEI ROM E DEI SINTI
non soltanto incoraggerà la frequenza, ma potrà fornire agli stessi un valido
aiuto perché acquistino una piena coscienza culturale dell’oggi e del domani….
…. GIOCARE IN ROMANES
Anche questo sussidio, come il testo in romanés vuole essere un ulteriore
contributo per la valorizzazione della lingua dei Rom e dei Sinti e quindi
veniva utilizzato alternandolo con altre tombole in lingua italiana
E’ risultato un ottimo strumento didattico che permetteva :
agli alunni non rom di capire le difficoltà dei bambini rom quando dovevano
chiedere all’insegnante di mostrare l’immagine, non conoscendo le parole della
tombola in italiano,
agli alunni rom di essere competenti e sicuri nell’individuare l’immagine
pronunciata in romanès, constatando che anche gli alunni non rom si trovavano
nelle loro medesime condizioni, non conoscendo le parole in romanés
Il mettersi ognuno al posto dell’altro e constatare le reciproche difficoltà,
contribuiva a creare condizioni più favorevoli per la comprensione e la
socializzazione tra alunni; spesso il bambino rom diventava un vero ed unico
protagonista di fronte ai suoi compagni, per i suggerimenti e il supporto
all’insegnante relativamente alla corretta pronuncia del vocabolo in romanés.
Oltre a queste finalità educative, il gioco serviva anche per l’insegnamento
individualizzato, in particolare per le esercitazioni di analisi e
sintesi di brevi e facili parole.
A tale scopo sono state selezionate parole di una o due sillabe semplici,
evitando vocaboli o lettere che sul piano fonetico potevano costituire un
problema di pronuncia da parte dell’insegnante che non conosce la lingua romanés.
Il programma è costituito da 14 unità didattiche, corrispondenti a 14
consonanti dell’alfabeto, per ognuna delle quali sono state selezionate 8 parole
per un totale di 112 vocaboli in romanés.
Il gioco è composto da :
24 cartelle con illustrazioni e parole in romanés
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
maiuscolo
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
minuscolo
tessere con l’ illustrazione e dietro la parola in italiano scritta in
stampato minuscolo
Si può giocare a tombola sia in romanés che in italiano utilizzando le varie
cartelle e le tessere corrispondenti.
Adoperando invece solo lo tessere con le illustrazioni e le parole sul retro
tessera, si può giocare a memory in coppia : si capovolgono coppie di tessere
con le illustrazioni e vince chi riesce a trovare il maggior numero di coppie
Finalità didattica del gioco “memory” è la corrispondenza tra stampato
maiuscolo e minuscolo in romanés e la corrispondenza tra parole in romanés e
parole in italiano
Concludo con un augurio che Spatzo (nella lingua dei Sinti Estrekárja
significa "uccellino, passero) rivolge ai Sinti affinchè non dimentichino la
lingua dei loro padri.
“Purtroppo sono consapevole che si tratta di un augurio tardivo dal momento
che l'abbandono della lingua materna costituisce ormai un processo irreversibile
in questa fase storica.
Nel nostro mondo asservito al capitalismo ed al consumismo la gente impara le
lingue solamente se queste gli servono. Forse occorre cominciare a capire che si
può imparare (o re-imparare) una lingua per servire ad essa, per far sì che non
muoia ma continui ad esistere come un pezzo importante dell'identità di un
popolo...”
Di Fabrizio (del 10/02/2008 @ 09:49:24, in scuola, visitato 2362 volte)
New Kosova Report
Mentre la maggioranza della popolazione albanese si lamenta della qualità
dell'istruzione in Kosovo, i gruppi minoritari lottano contro ulteriori
difficoltà, dalla mancanza di programmi e di libri di testo, senza accesso
all'istruzione nella loro lingua.
Sehadin Shok della Missione OCSE in Kosovo dice che questo è il caso della
comunità Gorani. Dice: "Negli ultimi quattro anni, hanno affrontato seri
problemi nell'iscrivere i loro bambini all'istruzione primaria." Ci sono circa
8.000 Gorani in Kosovo.
Cadendo tra le crepe
Nel 2003 l'Assemblea del Kosovo ha adottato una legge sulla scuola primaria e
secondaria per le minoranze linguistiche. La legge, d'altronde, non prevedeva
programmi per gli studenti Serbi o i non-Serbi.
Dice Mursel Halili, insegnante gorani e rappresentante della comunità: "Sino
al2003, i nostri bambini venivano istruiti in serbo e seguivano i programmi
serbi."
Le Istituzioni Provvisorie di Auto Governo (PISG), il Ministero
dell'Istruzione, Scienza e Tecnologia in particolare, vuole che la comunità
gorani frequenti i programmi maggioritari, quindi non sono stati creati libri e
programmi in serbo.
"Noi abbiamo continuato ad insegnare secondo i programmi serbi," dice Halili,
"così i bambini non perderanno anni di scuola e potranno continuare verso
l'istruzione superiore qui nella regione."
D'altra parte, il ministero è stato riluttante nel permettere l'uso dei
programmi serbi, e negli ultimi quattro anni, gli studenti gorani non hanno
potuto iniziare puntualmente l'anno scolastico. Le loro scuole sono state
minacciate di chiusura nel 2007.
L'Alto Commissario OCSE per le Minoranze Nazionali, Knut Vollebaek, ha
riconosciuto il problema durante la sua visita in Kosovo tra il 10 e il 15
gennaio. "Il mancato sviluppo di programmi in serbo da parte delle istituzioni
kosovare, sta avendo un impatto negativo sui bambini gorani," dice.
Trovando una soluzione
Nel tentativo di disinnescare le tensioni, nel novembre 2007 la Missione OCSE
ha organizzato tavole rotonde per raggiungere la consapevolezza tra i partners,
il ministero in particolare, sui bisogni e problemi delle minoranze.
"Il nostro scopo era di identificare i suggerimenti e assistere il PISG nello
sviluppare misure per integrare le minoranze e preservare la loro identità,"
dice
Shok. Il testo sarà presto disponibile.
Halili dice che la tavola rotonda con i Gorani è stata molto positiva.
"Abbiamo discusso apertamente il problema coi rappresentanti del ministero -
abbiamo fatto le nostre proposte e discusso le soluzioni possibili," dice,
aggiungendo: "Il fatto che le scuole primarie stiano già funzionando è un
successo."
Mancano i libri di testo
Anche altri gruppi di minoranza affrontano problemi simile. Bosniaci e
Turchi, per esempio, sono senza libri di testo nella loro lingua.
"Non sono disponibili libri di testo per il quinto grado, mentre sono in
preparazioni quelli per il terzo, quarto e ottavo grado," dice Shok. "Per
l'istruzione secondaria non ci sono libri di testo disponibili."
Anche quando i libri sono disponibili, la qualità spesso è povera. La
traduzione dall'albanese è stata fatta da chi parla la lingua ma non conosce la
materia, la fisica, ad esempio," aggiunge. "Così, la terminologia è spesso
sbagliata." Per aiutare a colmare il gap, nel 2007 la Missione ha donato 2.800
libri alla Biblioteca Cittadina di Prizren per i 2.500 Bosniaci del Kosovo.
La Missione ha anche aiutato le comunità più marginalizzate - Rom, Askali ed
Egizi -a migliorare la loro istruzione. Grazie alla Missione, 1.800 bambini e
ragazzi sono stati in grado di raggiungere il livello scolare richiesto dalla
scuola maggioritaria primaria e secondaria.
Scolarizzazione parallela per i Serbi
Mentre queste comunità combattono per migliori condizioni di istruzione, gli
studenti serbi frequentano un sistema scolastico parallelo sotto l'autorità del
Ministero Serbo della Scienza ed Educazione.. La Missione ha sviluppato un
numero di progetti per aiutare anche queste scuole.
Per esempio, aiutando a modernizzare il laboratorio di ingegneria della
Scuola Tecnica di Mitrovica Nord, installando nuovi computers, stampanti,
scanners ed altri equipaggiamenti. Ha fornito autobus scolastici agli studenti
serbi delle scuole nella regione di Peje/Pec, assicurando loro libertà di
movimento.
Il nuovo Governo ha di fronte un gran numero di vecchi problemi. "La Missione
OCSE ha però fiducia che la leadership porrà più attenzione ai bisogni delle
minoranze e alla loro istruzione," dice Shok.
"Questo tema sarà al culmine della nostra agenda nel 2008."
Written by Mevlyde Salihu and Nikola Gaon
Source: OSCE
Di Fabrizio (del 22/01/2008 @ 08:41:10, in scuola, visitato 2477 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Il seguente quaderno operativo "Parole per giocare 2" insieme al
quaderno "Parole per giocare 1", al software e agli altri giochi (tombola
e memory), costituisce uno dei sussidi didattici del Kit relativo
all’acquisizione della lettura-scrittura, attraverso un percorso interculturale.
Una didattica interculturale contempla non solo il piano dei contenuti e
della conoscenza di una cultura diversa, ma anche il piano della metodologia
delle discipline.
Nel caso specifico, l’apprendimento della lettura e della scrittura, si connota
come percorso interculturale per i seguenti motivi :
- conoscenza, attenzione e rispetto dello stile educativo dei bambini rom
e sinti nel loro contesto socio-culturale
- rilevazione della competenza in lingua italiana, come L2 e rapporto con
la lingua romanés
- attenzione e rispetto per un popolo che ha uno stile cognitivo orale
- scelta di attività socializzanti e di apprendimento cooperativo
- percorso personalizzato
Il quaderno operativo "Parole per giocare" si riferisce alla seconda unità di
apprendimento del percorso interculturale, riporta le immagini DELL’AREA 2
del CD "Parole per giocare" ed è suddiviso in quattro sezioni per un
totale di 68 schede
- la prima sezione comprende le immagini per l’acquisizione delle parole e
per le esercitazioni fonetiche corrispondente al gioco "tiro a segno
oggetti"
- nella seconda sezione sono predisposte le esercitazioni per la scrittura
che richiamano il gioco del "beng" sempre dell’area 2 del CD
- la terza sezione può essere utilizzata sia come verifica di lettura
delle prime parole e sia come esercitazione e si riferisce al gioco "tiro
a segno parole"
- nella quarta sezione c’é la corrispondenza tra lo stampato maiuscolo e
quello minuscolo e riprende il gioco del "memory"
Per ulteriori approfondimenti si prega di contattare
Maria Grazia Dicati
0499702573
e-mail madidicati2001@yahoo.it
Di Fabrizio (del 16/01/2008 @ 09:01:10, in scuola, visitato 1910 volte)
Da
Primonumero
Si è concluso lunedì nella sartoria di via
Ruffini il corso di taglio e cucito per ragazze di etnia rom finanziato dal
Comune di Termoli al posto del sussidio di mantenimento. Le partecipanti, tutte
giovani, ne approfittano per raccontare qualcosa di se stesse e della comunità
‘zingara’ di Termoli, che conta circa 200 persone. “Ci sentiamo termolesi, e
rispetto alle nostre madri abbiamo altri desideri, come aprire una sartoria di
moda qui in città”. Un progetto dalla duplice finalità: favorire l’integrazione
sociale e creare una possibilità occupazionale salvando un mestiere in via di
estinzione
di Monica Vignale
Termoli. C’è un antico detto cinese che recita così: “Dai un pesce a
un uomo e lo farai mangiare per un giorno. Insegna a pescare a un uomo e l’avrai
sfamato per tutta la vita”. E’ più o meno quello che ha cercato di fare il
Comune di Termoli quando ha finanziato il corso di taglio
e cucito per ragazze di etnia rom invece di erogare, come ogni anno, un
sussidio sociale alle loro famiglie. Niente soldi in mano, ma piuttosto
un’occasione per imparare un «mestiere in via di estinzione», come ricorda
l’insegnante Maria, che da quarant’anni, armata di pazienza e di una discreta
dose di severità («che fa sempre bene») tramanda conoscenze tecniche e metodi di
sartoria a giovani apprendiste.
Lunedì 14 gennaio, nei centralissimi locali di via Cleofino Ruffini, le dieci
iscritte hanno sostenuto gli esami e ottenuto i diploma della scuola Sitac. Un
anno di lezioni, due volte a settimana, divise fra il tavolo da cartamodello,
righe, squadre e centimetri, forbici e macchine da cucire. Il risultato è appeso
sulle quattro pareti della stanza centrale: abiti da sera
con inserti di paillettes, gonne lunghe e svolazzanti di chiffon, corpetti
ricamati, camicette a motivi floreali, giacche con inserti decorati. Il
gusto e lo stile sono quelli dei rom, i colori sgargianti testimoniano
l’abbigliamento etnico che caratterizza il popolo degli zingari, come qualche
volta, con un accenno di biasimo, vengono definite le famiglie rom.
A Termoli la comunità è grande: duecento persone circa,
divise in 25 nuclei familiari. Con un problema, più o meno diffuso fra
tutti: non lavorano e, di conseguenza, non sono abbastanza integrati con il
tessuto sociale. Una limitazione non da poco, per la quale il progetto
sponsorizzato dall’Assessore alle Politiche Sociali
Antonio Russo vuole essere un tentativo di risposta. Lui, accompagnato dal
consigliere Giuditta e dall’assistente sociale del Municipio, viene accolto con
un applauso e subito s’informa sui progressi delle ragazze, che non si fanno
ripetere due volte le domande e si lanciano in un racconto entusiastico
dell’avventura sartoriale, iniziata il 16 gennaio dell’anno scorso. Due volte a
settimana lezioni di cartamodello e cucito: per tutte un’opportunità di
acquisire gli strumenti di un mestiere prezioso e sempre meno diffuso.
Per molte anche l’unica occasione per uscire di casa
durante la settimana, come racconta con garbo Giovina,
una delle partecipanti, che non ha problemi a parlare della mentalità rom e
cerca di far quadrare l’affetto per i genitori, ancora molto legati alla
tradizione, con la voglia di sentirsi termolese a tutti gli effetti e quindi
sicuramente più indipendente. « All’inizio non è stato per
niente facile convincere mio padre a darmi il permesso di frequentare questo
corso. Eppure io faccio parte di una delle famiglie più aperte fra quelle rom, e
frequento addirittura l’università! (è iscritta a Giurisprudenza a Campobasso,
ndr). Poi però, un po’ alla volta, ha capito... e adesso è molto contento per
me». Complice il coraggio di questa venticinquenne, che si è messa in testa di
‘educare’ i genitori a una maggiore apertura verso la società, «perchè magari
mamma e papà temono che quando esco di casa posso incorrere in tanti pericoli, e
invece le cose sono sicuramente più tranquille. Termoli è un paese...» Un paese
dove i rom, anche quelli di seconda o terza generazione, sono ancora visti con
un po’ di sospetto.
«Questa scuola di cucito ci dà finalmente la possibilità di dimostrare che anche
noi sappiamo fare qualcosa di buono!» si sfoga Giusy,
anche lei – come tutte del resto – con occhi scuri e lunghi capelli neri che
scendono sulle spalle. Si chiamano Giovina, Giusi,
Donatina, Antonietta, Loredana, Rosetta, Fernanda, Antonella, Barbara, e ancora
Antonietta. I cognomi sono sempre quelli: Cirelli, De Rosa, De Guglielmo. Le
storie personale cambiano di poco: tutte nate a Termoli, sono cresciute nella
famiglie allargate dei rom, destinate a sposarsi e a mettere al mondo figli
esattamente come le loro madri. «Ma noi abbiamo altre aspirazioni – interviene
Antonella, al quarto anno di scuola di confezione,
ormai stilista esperta – Il mio per esempio è aprire una sartoria, con l’aiuto
magari di altre ragazze. Voglio lavorare,e voglio fare quello che faccio oggi:
creare abiti».
Un sogno nel cassetto che accomuna diverse ragazze. Tanto che la richiesta
all’assessore Russo è unanime: premere perchè il Comune continui a finanziare il
corso.
«All’inizio c’è stata un po’ di resistenza da parte della Giunta – ammette
l’assessore, mentre ammira un abito da sposa in miniatura – perchè era difficile
da capire la finalità del progetto. Di solito per il taglio e cucito ci sono i
corsi professionali, e gli altri assessori non si spiegavano come mai dovesse
essere il Comune a finanziarli». Fuori dai microfoni, quando arriva anche il
direttore generale Petrosino, che Russo presenta alle ragazze come «il vero capo
del Comune, perchè è quello che sgancia i soldi», c’è tempo per ricordare che la
delibera di finanziamento del corso taglia e cuci è dovuta approdare tre volte
in Giunta prima di avere l’ok. Un aneddoto che diverte il segretario: «Bisogna
riconoscere che l’oggetto, quel ‘taglia e cuci’ scritto in grassetto sotto lo
stemma del Comune, faceva sorridere...».
«Il fatto è – spiega l’assistente sociale – che queste ragazze non avrebbero mai
potuto sostenere la selezione per un corso professionale. Molte di loro non
hanno nemmeno la terza media, e non hanno alcuna conoscenza di matematica». E
l’insegnante Maria ricorda di quando, un anno fa, si è armata di santa pazienza
per insegnare alle allieve a fare le addizioni e le moltiplicazioni, «se no,
come facevano a prendere le misure e a fare i cartamodelli?».
Magari coi numeri non ci vanno troppo d’accordo, ma
sull’attualità sono ferrate. Rispondono senza esitazione ai quesiti
dell’assessore Russo, che indaga sulle loro conoscenze politiche e sulle
preferenze partitiche. Diplomatiche, ma senza esagerare. «Prodi o Berlusconi?
Veltroni o Casini? Meglio farebbero tutti a mantenere le promesse che fanno agli
italiani!».
Fernanda ne approfitta per ricordare che «anche il Comune ci ha fatto una
promessa, ha detto che ci avrebbe aiutato. Per ora l’ha mantenuta, ma
ricordatevi di finanziare anche il secondo anno di scuola!»
E mentre si scartano piatti di dolci rigorosamente preparati in casa dalle
ragazze, si chiacchiera sulla fattibilità di avviare una cooperativa di sarte.
La moda, coi suoi meccanismi creativi e leggeri, svincolata dai pregiudizi assai
più che altri ‘rami occupazionali’ per quell’estro poliedrico che la
caratterizza, si presta a favorire l’integrazione. Magari tra qualche anno
vedremo le dame della borghesia termolese indossare abiti scintillanti lungi
alla caviglia e ragazze rom girare in minigonna. Un capo che, almeno per il
momento, è rigorosamente bandito dal ventaglio di creazioni stilistiche di via
Ruffini. Ma non è detta l’ultima parola.
Le immagini nella galleria fotografica
Di Fabrizio (del 13/01/2008 @ 09:19:33, in scuola, visitato 2172 volte)
Dal
Corriere della Sera
ROMA - Apartheid su via Palmiro Togliatti? Ieri il consiglio del VII
Municipio di Roma, uno dei caposaldi «rossi» della cintura a cavallo tra
Prenestina e Casilina, ha approvato a maggioranza una mozione presentata da
Rifondazione comunista (votata da Sinistra democratica, più tutto il centro
destra, contrario il Pd) in cui si chiede all'assessore comunale alla scuola di
valutare la richiesta di tornare a separare i bimbi rom dagli altri bimbi sugli
scuolabus, richiesta avanzata da un gruppo di genitori mobilitati dopo un
litigio avvenuto tra ragazzini. Secca la replica dell'assessore Maria Coscia (Pd):
«Sapevo che nel VII Municipio c'era stato qualche problema, ma pensavo che fosse
stato governato. Nel senso di includere e non di escludere... Mica possiamo
tornare ai tempi di Rosa Louise Parks...». Eppure da quel comprensorio di case
popolari e di ex borgate che si chiamano Centocelle, Prenestino, Quarticciolo,
Alessandrino o La Rustica, insomma la settima circoscrizione della città,
rischia di spuntare all'alba del 2008 un po' grottescamente quell'autobus giallo
del '55 a Montgomery. Epicentro è il 117 circolo didattico di Roma, alla
Rustica. Ad accendere la miccia nel parlamentino del VII retto da un presidente,
Roberto Mastrantonio, unico rappresentante dei Comunisti Italiani tra i
diciannove minisindaci di Roma, è stato Lucio Conte di Rifondazione Comunista.
Più cautamente Mastrantonio si è tenuto alla larga dall'auletta al momento
della votazione, comportamento adottato anche dalla consigliera verde
Mariani. Presi in contropiede i rappresentanti del Pd, costretti poi in sei, i
presenti al momento della votazione, a restare in minoranza. Due i punti messi
nero su bianco: col primo si chiede di valutare la richiesta avanzata dai
genitori di rivedere il sistema attuale di trasporto, il secondo suggerisce
invece di contribuire a un migliore sostegno scolastico dentro la scuola per i
bimbi rom. «Premesso che durante il trasporto il comportamento vivace di alcuni
bambini rom nei confronti degli altri bambini ha determinato le proteste dei
loro genitori — recita la mozione approvata — e che anche la presenza sul
pullman di due accompagnatori non ha fatto rientrare le preoccupazioni dei
genitori che hanno chiesto di far portare a scuola i loro figli su un pullman
senza la presenza dei bambini rom, visto che i genitori hanno chiesto che questa
situazione venga rimossa e si torni alla situazione degli anni precedenti in cui
si raggiungeva la scuola su pullman diversi... il Consiglio del Municipio VII
chiede al Presidente di sottoporre all'assessore comunale alla scuola
nell'ambito della prevista valutazione dello stato del progetto di trasporto
scolastico la richiesta dei genitori del 117 circolo...». Seguono poi le
richieste di un maggior sostegno scolastico all'insegna dei «diritti universali
riconosciuti a tutti i bambini».
«Mozione imbarazzante? E perché mai...— reagisce il consigliere del Prc
—. I problemi vanno affrontati, i cittadini sentiti. Oltre a quel litigio tra
bambini qua si è messo in moto qualcosa di più. Così sono andato dal presidente
e con lui ho concordato questa mozione...». Il capogruppo del Pd Marinucci
allarga le braccia. Dice: «Se è per questo ha avuto anche l'adesione dei due di
Sinistra Democratica. E poi si è sentita la capogruppo di An che diceva: "Ma
perché non l'abbiamo proposta noi?". Qua, se non stiamo attenti, torniamo alle
carrozze in treno per soli negri...». Il presidente Mastrantonio obietta. «Io
sono per il mantenimento del servizio, certo, ma se si determinano condizioni di
ingovernabilità che facciamo?».
Paolo Brogi
12 gennaio 2008
Di Fabrizio (del 03/01/2008 @ 08:53:00, in scuola, visitato 2941 volte)
MaximsNews Network
NAZIONI UNITE - Secondo un rapporto di
Open Society Institute (OSI), nonostante anni di promesse governative, i
bambini rom in molti paesi europei rimangono esclusi dall'educazione di qualità.
Segregati in classi di soli Rom, o in scuole speciali per disabilità intellettuale,
affollati in classi decrepite e lasciati ad insegnanti con scarsa preparazione,
gli studenti rom affrontano serie sfide per completare l'educazione di base.
I Rom sono la più grande minoranza d'Europa e parte chiave del suo futuro.
Fintanto che i leaders europei si crogioleranno nelle loro promesse, l'Europa
pagherà caramente il perdere un'altra generazione di bambini Rom discriminati e
negletti.
La situazione dei bambini rom nella scuola è dettagliata nella serie di
rapporti Equal Access to Quality Education for Roma.
Il volume include uno sguardo globale all'Europa e rapporti specifici su
Croazia, Macedonia, Montenegro e Slovacchia.
OSI ha poi rilasciato all'aprile di quest'anno rapporti nazionali su
Bulgaria, Ungheria, Romania e Serbia.
I rapporti forniscono una profonda prospettiva ed evidenziano le azioni
politiche necessarie per affrontare un'allarmante situazione.
La parlamentare europea Viktória Mohácsi dice: "Il rapporto OSI conferma che
la segregazione dei bambini rom non è basata soltanto sul colore della loro
pelle, ma anche fornendo educazione di bassa qualità ai nostri bambini. L'Europa
non dovrebbe accettare discriminazioni così serie.
L'Ungheria è stato il primo paese a creare le basi legali per la
desegregazione.
Almeno una dozzina di stati membri EU dovrebbero seguire questi passi".
La segregazione dei Rom a scuola, recentemente condannata dalla Corte Europea
dei Diritti Umani nel caso
D.H. ed altri contro la Repubblica Ceca, è pervasiva ma non riconosciuta in
Slovacchia, Macedonia, Croazia e Montenegro.
Ci sono rapporti affidabili e disponibili sulla segregazione, tuttavia i
governi continuano a negare che i bambini rom siano rinchiusi in scuole e classi
separate e di bassi standard.
In tutti i paesi monitorati, c'è un significativo gap tra i dati ufficiali e
quelli raccolti dalle OnG nelle loro ricerche.
In Macedonia, dati non ufficiali pongono la popolazione Rom nel paese oltre
tre volte il numero indicato dai censimenti nazionali.
In Slovacchia le scuole non riportano i casi di abbandono scolastico.
Le politiche educative non possono essere effettivamente indirizzate senza
questi dati di base, o su informazioni frammentate o incomplete.
I governi devono anche assistere alle deficienze fondamentali nei sistemi
scolastici nazionali.
In Montenegro, mancano posti nella pre-scuola e i bambini i cui genitori
lavorano entrambe hanno la priorità nell'assegnazione. Dato che la
disoccupazione è diffusa tra le famiglie rom, molti dei loro bambini perdono
perciò la possibilità di frequentare la pre-scuola.
In Croazia, i costi scolastici sono il maggiore ostacolo per le
famiglie rom, e anche se alcune municipalità allocano risorse per aiutare ad
incontrare questi corsi, non esiste un programma per assicurare a tutti i
bambini materiale scolastico appropriato.
Gli insegnati delle regioni monitorate dovrebbero ricevere maggiore supporto.
Gli insegnanti nelle scuole con una maggioranza di studenti rom hanno di rado
accesso ai programmi che li preparino a lavorare con una classe diversa, i
programmi di studio inflessibili limitano la loro capacità di adeguare alle
lezioni i bisogni degli allievi.
I rapporti oggi rilasciati danno anche esempi dei notevoli progressi
raggiunti nei paesi monitorati, spesso col supporto EU.
Questi includono l'Iniziativa Educazione Rom in Montenegro e il programma
comunitario delle OnG in Macedonia, che ha aiutato a forgiare collegamenti don
le famiglie rom.
Passo significativo, ognuno dei paesi monitorati ha sottoscritto il Decennio
dell'Inclusione Rom 2005-2015, iniziativa internazionale che stabilisce un
approccio coordinato per migliorare la situazione dei Rom in Europa.
D'altra parte, gli esempi positivi e gli impegni da soli sono insufficienti
per assicurare miglioramenti significativi.
Open Society Institute richiama i governi e l'Unione Europea a portare un
cambiamento significativo: dove così non fosse, i governi devono prendere
coscienza e proibir la segregazione.
A livello europeo, le politiche di formazione devono richiamare la
segregazione razziale ed il livello disuguale ed inadeguato per i Rom.
Per compiere gli impegni attuali verso l'uguaglianza per tutti, l'EU deve
articolare un quadro chiaro e generale per progredire, promulgando le politiche
che possono promuovere efficacemente l'inclusione sociale delle comunità Rom
attraverso l'Europa.
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