Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/04/2014 @ 09:05:45, in casa, visitato 1750 volte)
di Agotino Rota Martir - 10 Aprile 2014 - campo Rom di Coltano
- Pisa
Il sindaco Marino folgorato sulla strada di Damasco? Oppure su una di quelle
strade-sentieri che conducono a qualche accampamento di nomadi? (pardon ora per
ordinanza bisogna dire rom)..avrei preferito proprio su una di queste, perche'
la differenza non e' da poco.
Ad ogni modo e' apprezzabile da parte di un sindaco, la volonta' di capire
meglio e di lasciarsi "convincere" da chi la realta' dei rom la conosce anche
dal di dentro perche' la frequenta.
M'auguro che l'esempio del sindaco di Roma trovi emulatori tra i suoi colleghi.
Ma permettimi anche di difendere e contestualizzare il mio sintetico intervento,
e che ribadisco: l'ordinanza di questo genere serve a ben poco e non mi piace
tanto, come non mi sono piaciute le ordinanze anti accattoni, anti borsone, anti
"vu cumprà".. A quando anche un'ordinanza che obblighi il pellegrino a fermarsi
a Roma?
I rom sono nomadi? Quanti studi, pubblicazioni e conferenze..Loro, i rom cosa
dicono, cosa pensano? Due attivita' da distinguere e da analizzare con
attenzione e comprensione. Buon per il sindaco che attraverso una rapida
ordinanza risolve una questione che e' oggetto di discussioni, ricerche,
dibattiti di carattere antropologico e sociale da almeno 3 decenni, in Italia e
in Europa. Ad esempio in Francia la questione manco si pone, perche' e' prevista
la possibilita' di viaggiare e spostarsi e le amministrazioni locali devono
garantire e offrire alle "persone viaggianti" (siano cittadini francesi, rom,
sinti, tedeschi..) strutture e condizioni eque e rispettose per tutti, sia per
chi sceglie di muoversi e per chi e' stabile. Sono tanti i Rom in Francia che
nomadizzano in questo modo, tanti altri hanno scelto di stare in case,
appartamenti o su terreni privati: e' una loro scelta! Oppure in campi Rom
(nomadi) del tutto identici ai nostri!!
Smettiamola di far credere che i campi Rom (nomadi) esistano solo in Italia.
Anche in Inghilterra, Irlanda ed America ce ne sono, e tra l'altro sono anche
oggetto di trasmissioni televisive molto seguite, ambientate in veri e propri
campi ..nomadi! ("Il mio grosso grasso matrimonio Gipys" trasmesso su Real Time
ogni settimana)
Un nomade ha forse meno diritti e doveri di un rom o di qualsiasi essere umano?
Come trovo un po' strano che in una societa,' che spesso sollecita la mobilita'
(flessibilita') in nome del mercato del lavoro o per la globalizzazione (cosa
non facciamo per essa), quante realta', popoli e merci in continuo movimento,
eppure vogliamo ad ogni costo i rom sedentari, costi quel che costi: per
qualcuno la mobilita' e' quasi un dogma, quella dei rom e' invece demonizzata,
condannata e sospettata. E' forse così altrove? Perché in Italia l'integrazione
deve passare per forza solo ed esclusivamente dalla sedentarizzazione? Possibile
che tutte le Associazioni vanno in questo senso? Cosa ne ricavano?
Pochi anni fa (non il secolo scorso) delle famiglie rom di Coltano avevano
espresso la loro volonta' di continuare a vivere in roulotte, non gli andava di
vivere in appartamento, ma non c'e' stata ragione e in nome della cosi detta
integrazione, indotte ad abitare in appartamento.
So che ci sono amministrazioni che si rifiutano di finanziare l'acquisto di
roulotte, preferendo di gran lunga spendere per le case e appartamenti, sempre
in nome dell'integrazione, ma che di fatto sono delle imposizioni di modelli e
stili di vita che non sempre coincidono con quelli dei rom. Per una famiglia rom
vivere in una casa, di fatto e' diverso da come vive una famiglia italiana.
So di correre il rischio di essere definito "ideologico" (oggi chi non si
allinea e' cosi che e' tacciato): mi chiedo se oggi i rom sono nelle condizioni
di scegliere liberamente e serenamente il loro futuro.
So che ci sono rom che la loro vita si e' complicata anche perche' hanno smesso
di nomadizzare, altri invece che vivono tranquilli in case e che poi lasciano
quando ritengono utile riprendere a girare. Tanti hanno avuto il privilegio o la
fortuna di averne una, a differenza di altri che la sognano, altri invece sanno
accontentarsi di una baracchina o di una roulotte.
Sono differenti i motivi che spingono gruppi di rom ad essere o diventare per
dei periodi dei "nomadi": per lavoro, per opportunità, per regolarizzare i
documenti, per motivi di famiglia, per paura dei servizi sociali che prendano i
loro figli, semplicemente per cambiare aria per un certo periodo, per le
continue minacce di espulsione e di sgomberi, per delle liti tra famiglie..
Spesso cio' che accomuna la maggioranza dei rom, nonostante le loro differenze
e' proprio quello di dichiararsi sempre come "non nomadi", un po' per
convenienza ma nello stesso tempo si sentono liberi dai nostri schemi,
consapevoli e fieri anche della propria diversita'.
Certo e' che il nomadismo dei rom, tipico di 40/50 anni fa' non e' piu' quello
di oggi; cosa ridicola riproporlo o solo pensarlo in modo nostalgico, anche se
in genere l'immaginario collettivo piace pescare proprio nel mondo fantasioso
del rom nomade.
Il nomadismo non e' l'altra faccia della sedentarieta' che ci sta un pochino
stretta?
Forse ci vorrebbe un altra circolare per scoraggiare questo immaginario mondo
gitano presente in ognuno noi: e i rom mi piacciono anche perche' il loro
"nomadismo" sfida e provoca le nostre immobilita'..pensiero nomade!
Una societa' senza nomadi (rom, pellegrini, profughi..) forse e' piu' povera,
senz'altro piu' rannicchiata su se stessa.
Rif:
Parole un tanto al chilo
Di Fabrizio (del 23/03/2014 @ 09:08:49, in casa, visitato 1712 volte)
di Riccardo Noury
Miriana Halilovic è una cittadina italiana, italianissima. Ha due gemelle nate
l'estate scorsa e altri due figli, di quattro e 11 anni. Sgomberata nel 2010 dal Casilino ‘900, vive nel campo di Salone con la famiglia in una roulotte composta
da due piccole stanze da letto e un vano per cucinare e mangiare. Ha fatto
domanda per uno degli alloggi popolari del comune di Roma.
Come Miriana, molti dei circa 4300 rom residenti nei campi autorizzati di Roma
hanno presentato quella domanda. Invano. Dei 50.000 nuclei familiari che vivono
nelle case popolari della capitale, lo 0,02 per cento sono rom.
Stanno bene come e dove stanno, direte. Eppure, la stragrande maggioranza del
rom incontrati da Amnesty International negli ultimi anni ha detto di averne
abbastanza della vita nei campi. Vorrebbe, come chiunque, una casa degna di quel
nome. Per avere un futuro, perché - come dice Kinta del campo di Castel Romano
(nella foto) - "qui dentro non c'è futuro, c'è spaccio di droga,
tossicodipendenza. Qui non c'è vita".
Nonostante le loro povere condizioni di vita, fino al 2012 i criteri per dare
priorità alle domande di alloggio popolare hanno impedito ai rom di accedervi.
Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un
alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o
sgomberati forzatamente da questi ultimi.
Alla fine di quell'anno è stato introdotto un nuovo criterio per dare priorità
alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio ed erano
ospitate a titolo provvisorio in strutture fornite da enti caritatevoli o dallo
stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a
presentare domande, la giunta Alemanno si è affrettata a chiarire, con
una
apposita circolare, il 18 gennaio 2013, che quel criterio non si applicava nei
loro confronti, in quanto i "campi nomadi" erano strutture "permanenti" e non "provvisorie".
Poi ci sono state le elezioni e si è insediata la giunta Marino. Gli
sgomberi
dei campi informali sono proseguiti, accanto a
dichiarazioni pubbliche sulla
necessità di un piano per integrare le comunità rom.
In un incontro avuto in Campidoglio il 28 ottobre 2013 con Amnesty
International, l'assessora alla solidarietà sociale e alla sussidiarietà Rita
Cutini ha dichiarato il suo impegno a ritirare la circolare discriminatoria.
Amnesty International ha espresso pubblicamente il suo
apprezzamento per queste
parole.
Sono passati cinque mesi e la circolare rimane in vigore. Non solo. Il sindaco
Marino non ha neanche ritenuto necessario rispondere a una lettera di Amnesty
International ricevuta ormai più di un mese fa (qui il testo integrale).
È bene chiarire un paio di cose. Amnesty International non intende sollecitare
una corsia preferenziale per i rom che chiedono di poter accedere alle
graduatorie per l'assegnazione delle case popolari; chiede che non ne siano
esclusi per la semplice ragione della loro origine etnica.
Va anche detto che tutelare il diritto all'alloggio per tutti - un obbligo
internazionale per l'Italia come per ogni altro stato - è una sfida complessa,
anche perché il patrimonio immobiliare di proprietà pubblica nel nostro paese si
è progressivamente ridotto: il 5 per cento del patrimonio immobiliare
complessivo, rispetto al 23 per cento in Austria e al 32 per cento in Olanda.
Le liste d'attesa sono infinite. Al ritmo attuale di 250 assegnazioni all'anno,
per assegnare gli alloggi a tutti i richiedenti, l'ultimo oggi in graduatoria
l'otterrebbe tra 117 anni.
Dunque, per risolvere il problema degli alloggi a Roma, senza discriminare poche
centinaia di famiglie rom, il Comune di Roma dovrebbe impegnarsi seriamente per
accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di
famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un'abitazione.Rom, gli impegni non
mantenuti dal Comune di Roma
[...]
Di Fabrizio (del 16/03/2014 @ 09:03:08, in casa, visitato 1739 volte)
Il gruppo di sinti al lavoro nel deposito di Amcps. FOTO ROVEROTTO
Alloggi per l'housing sociale: i lavori verranno effettuati da Amcps Intanto
quattro nomadi continuano a lavorare in viale sant'Agostino.
Chiara Roverotto su
IL GIORNALE DI VICENZA
VICENZA. Ottantamila euro per il trasloco dei sinti in via Muggia. Ma quei soldi
serviranno ad altro quando il campo sarà risistemato e le famiglie torneranno in
via Cricoli. L'Amministrazione comunale al riguardo ha le idee molto chiare: la
pressione per la richiesta di case, gli sfratti, le famiglie che si sgretolano
davanti a crisi occupazionali e non solo, stanno diventando un'emergenza per un
assessorato che per il sociale mette in bilancio oltre 10 milioni di euro
all'anno. La spesa più ingente.
Ecco perché la scelta di via Muggia, per i Sinti che l'accetteranno, ha una
duplice valenza: quella di creare appartamenti che poi serviranno per il
cosiddetto housing sociale. Alloggi per chi si trova in difficoltà, per chi deve
gestire un'emergenza, per chi non sa dove sbattere la testa e deve iniziare un
cammino partendo almeno da un tetto. Una risposta in più che il Comune cercherà
di offrire a chi continua a bussare alle porte dell'assessorato di contrà Mure
San Rocco. La gestione, probabilmente, verrà affidata all'albergo cittadino,
mentre del riadattamento edilizio se ne occuperà Aim (...)
Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.
I sinti offrono il risotto e rifiutano via Muggia
Luciano Caldaras offre il risotto al campo di via Cricoli
Grande festa in via Cricoli con tanto di vino e musica "Siamo abituati a vivere
dentro i nostri carrozzoni". Su
IL GIORNALE DI VICENZA
Da una parte gli incidenti e dall'altra la festa. Musica, risotto, vino e un
fuoco acceso dentro un bidone per riscaldare l'atmosfera. Dista appena qualche
centinaio di metri da via Muggia, ma al campo nomadi di viale Cricoli non arriva
l'eco delle tensioni. Anzi, le famiglie aprono le loro “case” ai vicentini. E
lanciano alla città un appello: "Noi non vogliamo andare all'interno di quella
caserma".
UNA GRANDE FESTA. Luciano Caldaras è uno dei protagonisti della serata. Apre le
bottiglie, serve il risotto e accoglie i visitatori. I primi ad arrivare sono i
50 manifestanti di Usb, Rifondazione e Alternativa comunista, che dalla chiesa
di Santa Maria Ausiliatrice hanno raggiunto il campo per testimoniare la loro
vicinanza ai nomadi. "Ci servono amici - spiega Caldaras - e gente buona. In
questo momento stiamo vivendo molto male tutto quello che viene detto nei nostri
confronti".
"NOI SINTI". Caldaras non entra nella polemica. Ma mette subito in chiaro una
cosa: "Noi siamo sinti - precisa - e siamo ex giostrai. Avete (...)
Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.
Di Fabrizio (del 12/03/2014 @ 09:04:21, in casa, visitato 1877 volte)
Robb de matt, cito testuale: "... fino a quando tutti gli
appartamenti non saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle
spese condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la
gestione delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di
chi, ad esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più
confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si
ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza
alternative"
S.Bona, l'immobile nuovo e semi-sfitto
Nuovo immobile Ater a Santa Bona (investimento da 3 milioni) sfitto da mesi:
diversi assegnatari non accettano di avere coinquilini rom -
di Federico de Wolanski su
la tribuna di Treviso
Il nastro è stato tagliato in autunno, trenta alloggi di edilizia popolare dell'Ater
nuovi di zecca con tanto di riscaldamento a pavimento, pannelli solari e altri
optional. Trenta case pronte, abitabili da subito, costate oltre 3 milioni di
euro ma che oggi, a cinque mesi dall'inaugurazione, sono per metà vuoti, sfitti,
non assegnati. Perché? Perché tra gli assegnatari in lista, i primi hanno
rinunciato. Motivo: "Nel condominio ci sono gli zingari".
La realtà è sotto gli occhi di tutti: sia dei residenti della zona, sia dei
pochi inquilini che invece hanno già preso casa nello stabile di via Brigata
Cadore dove nel novembre scorso, per l'inaugurazione, arrivò perfino l'assessore
alla Casa della Regione Veneto Giorgetti. Il palazzo (6 appartamenti a tre
camere, 12 a una camera singola, altrettanti a 2 camere, tutti con disponibilità
di garage, riscaldamento a pavimento e pannelli solari) è semivuoto. Gli
appartamenti assegnati, ad oggi, sono solo una dozzina sui trenta totali.
E la chiave di tutto sarebbe tutta lì, nei primi arrivati: sei nuclei familiari
di etnia rom, appartenenti alle famiglie “nomadi” più note nel trevigiano. Una
presenza che oltre ad aver già alimentato problemi di convivenza nello stabile,
avrebbe indotto più di qualche assegnatario a rinunciare all'alloggio
assegnatogli dal Comune di Treviso. Gli italiani residenti - sei famiglie in
tutto - preferiscono non affrontare l'argomento. Storcono la bocca e accennano,
a voce bassa. Ma la questione è ben nota agli uffici comunali che gestiscono le
assegnazioni. "È vero" ammette l'assessore al Sociale Liana Manfio, "quando
abbiamo contattato i candidati alla casa, molti ci hanno risposto che non
accettavano l'offerta per via degli inquilini, i rom. Non abbiamo potuto fare
nulla". Ma perché i primi assegnatari sono state le famiglie rom? "La lista era
chiara, e le assegnazioni vengono fatte in base a quella, oltre che in base alle
emergenze".
Di qui la brusca frenata alle procedure di assegnazioni e la caccia a famiglie
disponibili ad occupare stabili popolari in classe energetica superiore. Così,
il gioiello di Santa Bona si sta trasformando in un edificio fantasma, con tutti
i problemi del caso. Già, perché fino a quando tutti gli appartamenti non
saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle spese
condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la gestione
delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di chi, ad
esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più
confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si
ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza
alternative.
Come se non bastasse poi l'edificio ha già cominciato a risuonare di lamentele e
tensioni tra inquilini e Ater, e tra inquilini ed inquilini. Una situazione che
non facilita certo l'assegnazione delle alloggi e la gestione del condominio, e
sta alimentando anche il dibattito politico.
La Lega, con il capogruppo Sandro Zampese e Pierantonio Fanton, vicepresidente
Ater, sta affilando i coltelli e ha pronta un'interrogazione diretta
all'assessore al Sociale Liana Manfio e al sindaco Manildo: "È inaccettabile un
simile spreco e una simile malagestione in un momento in cui tante famiglia
attendono una casa" attaccano. La discrepanza tra l'investimento fatto, la
sicurezza con cui si annunciava che "il condominio sarà riempito subito" e la
realtà dei fatti, è stridente.
Di Fabrizio (del 11/03/2014 @ 09:07:20, in casa, visitato 1748 volte)
Sergio Bontempelli - 10 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Emarginazione, sgomberi, violazioni di diritti e spese fuori controllo.
La politica del Comune di Roma in materia di rom e sinti non è cambiata con la
Giunta Marino
Doveva essere la Giunta del rinnovamento, espressione di una politica diversa,
di un vero e proprio "cambio di passo" rispetto al passato. Invece, i primi otto
mesi di Ignazio Marino al Campidoglio sono all'insegna della continuità con
l'Amministrazione Alemanno, almeno per quanto riguarda le politiche in materia
di popolazione rom e sinti.
È questa l'accusa che l'Associazione 21 Luglio, una delle sigle più attive e
conosciute della galassia romanì, ha lanciato pubblicamente presentando il
dossier "Senza Luce: rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le comunità
rom e sinte nella città di Roma e il Best House Rom".
In effetti, i dati raccolti nel dossier sono impressionanti. A partire dal 12
settembre scorso,
con l'intervento nel campo di Via Salviati, la Giunta Marino
ha effettuato ben diciassette sgomberi: in media uno ogni quindici giorni. "Si
tratta di un numero inferiore a quello registrato sotto la passata
Amministrazione", spiega Carlo Stasolla della 21 Luglio, "ma comunque ancora
alto e preoccupante per le modalità con cui gli sgomberi sono stati attuati, in
particolare per la costante assenza di reali consultazioni con gli interessati".
Eppure, la pratica degli sgomberi è stata oggetto di durissime critiche da parte
delle organizzazioni internazionali. "Gli sgomberi non servono", proseguono gli
estensori del dossier, "e la stessa "Strategia Nazionale di Inclusione",
approvata dal Governo italiano in attuazione delle politiche europee, chiede di
superarli".
Come superare i campi? Costruendo altri campi...
Vale la pena soffermarsi proprio sulla
Strategia Nazionale di Inclusione: si
tratta di un documento che non è giuridicamente vincolante - non è insomma una
legge, e nemmeno un'ordinanza, una direttiva o un regolamento - ma che prescrive
le politiche da attuare nei confronti delle popolazioni rom e sinte. In
particolare, la Strategia chiede di avviare percorsi di inserimento abitativo,
lavorativo e sociale, superando le pratiche di segregazione urbana e la logica
dei "campi nomadi".
A parole, la Giunta Marino si ispira alla Strategia, e la fa propria. O per
meglio dire, si esprime in modo contraddittorio e ambivalente: già, perché le
dichiarazioni pubbliche degli amministratori capitolini usano linguaggi diversi.
C'è quello del Sindaco Marino, che non si fa scrupoli di associare i cosiddetti
"nomadi" ad un problema di "sicurezza" e di ordine pubblico (il 18 luglio, nel
suo primo discorso programmatico, il medico prestato alla politica spiegò che
"sui nomadi abbiamo avviato una collaborazione con le forze dell'ordine per
riportare nei campi attrezzati una situazione di ordine e legalità"). E poi c'è
il linguaggio di Rita Cutini, assessora al Sostegno Sociale e alla
Sussidiarietà, che invoca costantemente la Strategia Nazionale, parla di
inclusione e rilancia la necessità di "superare i campi nomadi".
Il modo in cui l'assessora intende perseguire questi obiettivi è, tuttavia,
perlomeno bizzarro. Il 13 febbraio scorso, al Tavolo Tecnico su Rom e Sinti, la
Cutini ebbe a dire infatti che "la nostra idea è superare i campi immaginando di
creare campi di medie dimensioni". Non è uno scherzo, è proprio così: il Comune
di Roma vuole superare i campi costruendo altri campi (sia pure "di medie
dimensioni"). Un po' come se uno volesse smettere di fumare accendendosi una
sigaretta...
Best House Rom
Ma la vera novità delle politiche capitoline è rappresentata dall'immobile di
via Visso, conosciuto col nome un po' beffardo di "Best House Rom" (per chi non
sapesse l'inglese, l'espressione suona più o meno come "la miglior casa dei
rom"). Si tratta di una struttura di accoglienza, utilizzata già
dall'Amministrazione Alemanno, e pensata per collocare famiglie sgomberate dai
campi cosiddetti "abusivi".
Qui, dal 16 al 18 dicembre 2013, sono stati trasferiti i 120 rom presenti nel
"villaggio attrezzato" di via della Cesarina, mentre il 6 febbraio scorso sono
state inserite 47 persone allontanate da via Belmonte Castello.
Le accuse della 21 Luglio sul "Best House Rom" sono circostanziate e durissime.
L'immobile è un vecchio capannone industriale, da cui sono state ricavate
piccole stanze senza finestre e senza luce naturale (di qui il titolo del
dossier, "Senza Luce" appunto). La struttura non è arredata, e gli ospiti hanno
a disposizione solo dei letti dove dormire.
"Gli spazi", denunciano gli estensori del rapporto, "sono inadatti e lontani da
quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in
media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge
anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un'unica stanza
di circa 12 mq. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i
12 mq indicati dalla Legge Regionale".
Non basta: secondo le rilevazioni effettuate dai tecnici della 21 Luglio,
nell'immobile "non sono presenti adeguate misure di sicurezza. La capacità di
esodo, in caso di incendio, risulta fortemente limitata per la carenza di
adeguate vie di fuga".
Il regolamento interno del centro di accoglienza, infine, è gravemente lesivo
dei diritti dei rom. "In teoria", spiegano ancora dalla 21 Luglio, "la
permanenza nella struttura non deve essere superiore ai 90 giorni. In realtà,
molti degli ospiti accolti a partire del luglio 2012 sono ancora presenti, senza
che a loro sia stata formalizzata una proroga. La possibilità di rimanere nel
Best House Rom è costantemente minacciata dall'assenza di trasparenza nelle
procedure di rinnovo, dalle incertezze sui tempi di ospitalità, dalle clausole
di espulsione contenute nel Regolamento. In caso di allontanamento improvviso,
le famiglie risultano sprovviste di tutela legale, permanendo così in una
condizione di costante assenza di certezza".
Quanto ci costa?
Come spesso è stato osservato, le politiche di segregazione dei rom hanno costi
altissimi per il contribuente. Per il solo Best House Rom, il Comune di Roma ha
speso 765 mila euro per gli ultimi sei mesi del 2012, e altri 522 mila euro da
gennaio a maggio 2013. In altre parole, per il mantenimento della struttura il
Campidoglio spende più di 6 mila al giorno. No, non è un errore di stampa: sono
proprio 6 mila euro al giorno. Cifre altissime, a cui si devono aggiungere i
costi degli sgomberi (secondo alcune stime, 15/20 mila euro per ciascun
intervento), e quelle per il mantenimento dei campi e dei villaggi attrezzati.
Siamo di fronte dunque a una politica che produce segregazione, e che costa.
Esistono alternative possibili? La 21 Luglio ne ha proposte alcune: la
sospensione degli sgomberi, l'avvio di una reale consultazione con la comunità
rom e sinti, la chiusura dei campi, l'avvio di un percorso di inclusione sociale
e abitativa. Sono le medesime richieste contenute in un documento presentato -
all'inizio di Settembre - dall'Arci Solidarietà e dalla stessa 21 Luglio.
"Il documento", spiega ancora Carlo Stasolla, "era rivolto alle autorità locali,
al fine di indicare i principi essenziali di una nuova politica. Ma quelle
proposte sono rimaste inascoltate, e la risposta del Comune è stata il
trasferimento nel "Best House Rom" dei 120 rom presenti nell'insediamento di via
della Cesarina". Un po' come dire: non c'è peggior sordo di chi non vuol
sentire.
Di Fabrizio (del 05/03/2014 @ 09:01:52, in casa, visitato 1817 volte)
il mattino di Padova 03 marzo 2014 L'allarme di Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova: "Le pessime condizioni igieniche fanno insorgere malattie da noi scomparse" PADOVA. Una situazione critica, un'emergenza dal punto di vista delle condizioni igienico- sanitarie e di vivibilità. Stiamo parlando delle circostanze del campo nomadi di via Bassette, dove ad oggi risiedono tre grossi nuclei familiari rom composti da 43 membri, di cui 29 minori. L'allarme lo lancia la Croce Rossa di Padova che mensilmente, in accordo con il Comune, si reca con i suoi volontari all'interno dei campi di via Longhin e via Bassette, dove svolge attività di prevenzione ed educazione sanitaria. Ma se nel caso di via Longhin il contesto è regolare, tanto che il Comune ha contribuito a migliorarne l'aspetto logistico e di conseguenza le condizioni di vivibilità, nel caso di via Bassette la situazione è davvero molto più critica proprio per questa sua condizione di irregolarità. La Croce Rossa. "Sicuramente il fatto che questi rom vivano in condizioni igienico-sanitarie molto precarie fa sì che si ammalino molto più facilmente e che contraggano anche tutte quelle patologie che per noi sono ormai quasi del tutto scomparse", spiega Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova. "Le malattie che troviamo più frequentemente sono le parassitosi, come le malattie fungine della pelle o i pidocchi, e le malattie dermatologiche, che venendo poi trascurate si acuiscono e si evolvono nella loro gravità. In più esistono tutte le problematiche legate ai bambini, spesso affetti da infezioni, e alle donne incinte, che non essendo monitorate durante la gravidanza possono incorrere in complicazioni più o meno gravi", continua a spiegare Bolognani, che sottolinea come l'impegno della Croce Rossa sia quello di migliorare, per quel che è possibile, le condizioni di vita dei rom che vivono nel campo. "Fortunatamente negli anni si è creato un rapporto di fiducia tra noi e loro" sottolinea Daniele Gasparini, delegato dell'area sociale del comitato della Croce Rossa di Padova, che spiega come i nomadi vengano aiutati anche all'esterno del campo. "Per tutte quei casi che necessitano di essere seguiti in maniera specialistica, o comunque più di una volta al mese, invitiamo i rom del campo a venire nel nostro ambulatorio di via Croce Rossa, dove a rotazione vengono a visitare diversi medici specialisti. E devo dire che questo sistema sta funzionando abbastanza bene".Il Comune. Un'emergenza quella di via Bassette che si sta prolungando da qualche tempo, causa la situazione non definita sulle sorti del campo. "Purtroppo attualmente possiamo agire in maniera piuttosto limitata poiché il terreno, come si sa, è di un privato e non possiamo muoverci come abbiamo fatto per via Longhin dove adesso queste persone vivono dignitosamente" spiega l'assessore alle politiche sociali Fabio Verlato. "Ad oggi è in corso una causa su quel terreno. Quello che abbiamo l'obbligo di fare in attesa della sentenza è tutelare il più possibile i minori che ci sono al suo interno attraverso gli interventi sanitari e il supporto scolastico. Non possiamo assolutamente sgomberare il campo senza sapere che fine faranno i minori. Non escludo che in futuro si possa trovare un'altra sistemazione per questi gruppi familiari ma intanto quello che ci preme è garantire i più piccoli".
Di Fabrizio (del 20/02/2014 @ 09:04:36, in casa, visitato 1877 volte)
Di Martina Lucchin su
VicenzaPiù | Martedi 18 Febbraio alle 15:22
Dopo alcuni mesi di polemiche rimbalzate da una parte all'altra della città, la
decisione è stata presa: le famiglie Sinti e Rom verranno trasferite in via
Muggia durante i lavori di riqualificazione del campo di via Cricoli, dove
risiedono attualmente. Scartate via Zamenhof per i possibili rischi di
inquinamento della vicina oasi di Casale e via Carpaneda perché soggetta ad
allagamenti, l'ex caserma di via Muggia si prepara ad ospitare provvisoriamente,
sottolinea più volte il sindaco Achille Variati nell'odierno dopo giunta, le
ottanta persone del campo Cricoli.
La struttura, data al Comune dalla Provincia in comodato d'uso per le situazioni
di emergenza abitativa e sociale, verrà sistemata con i fondi ministeriali (80
mila euro) e ospiterà le famiglie di sinti e rom, mentre solo alcune roulotte
verranno portate nel parcheggio della caserma. Le altre roulotte verranno
parcheggiate in tutta probabilità nel park Cricoli. Una volta terminati i lavori
di riqualificazione del campo di via Cricoli, i luoghi dell'ex caserma verranno
utilizzati per il co-housing e per le esigenze abitative.
Polemiche finite? Molto probabilmente no, e ne è ben consapevole Variati che
risponde a tono alle tante critiche arrivategli in questi giorni. "Non mi
spaventano gli insulti sul web, sono anziano e ho imparato a sopportare queste
cose", afferma il primo cittadino, per poi bacchettare i cittadini, che hanno
utilizzato toni eccessivi o razzisti, e il sindaco di Creazzo, da cui si sarebbe
aspettato una "maggiore collaborazione". Al consigliere Claudio Cicero, che
aveva sollevato dei dubbi sulla conformità dell'area di via Cricoli, Variati non
solo risponde con l'elenco delle autorizzazioni giunte dal Genio Civile, dalla
Sovraintendenza e dagli uffici comunali, ma annuncia anche che verrà portata
presto in consiglio comunale una delibera per trasformare l'area di via Cricoli
da agricola a "a servizi" e per approvare il progetto della futura disposizione
delle piazzole. Infine il sindaco Variati rimarca il cambio di rotta intrapreso
da qualche giorno, dopo lo scivolone "mediatico" sul pagamento delle bollette ad
alcune famiglie del campo di via Cricoli che ha portato a Vicenza anche un
inviato delle Iene, in merito agli aiuti elargiti dal Comune: "deve cambiare
l'atteggiamento di chi ha bisogno d'aiuto, il Comune non intende più dare alcuna
forma di assistenzialismo a chi non sarà disponibile a corrispondere in cambio
delle attività lavorative".
Di Fabrizio (del 06/02/2014 @ 09:09:07, in casa, visitato 1722 volte)
Campo delle Tagliate
La NAZIONE - Lucca - Vicenda alloggi, ecco come la pensano i diretti
interessati
Lucca, 4 febbraio 2014 - Per chi ancora si immagina rom e sinti come
amanti della vita itinerante, tutti stretti intorno al fuoco, sempre pronti a
trasferirsi in altre città con la propria roulotte, deve ricredersi.
Loro le case le vogliono eccome, la stanzialità gli è entrata sottopelle al
punto che il campo di via delle Tagliate, che dovrebbe essere di passaggio, per
alcuni è dimora fissa da due-cinque anche dieci anni e oltre. Lasciamo che nel
dibattito di questi giorni sul progetto del Comune di costruire le casette di
legno in via delle Tagliate - anzi no - di ristrutturare 7 appartamenti in via
Brunero Paoli, entrino anche i diretti interessati: rom e sinti che occupano le
due ale del campo nomadi con una convivenza spesso non facile. Ma uniti da un
punto fermo: le case si devono fare, anche per chi - più di uno - ci confessa
candidamente di essere stato sfrattato dalle case popolari di S.Anna perché da
tempo non pagava l'affitto.
"Certo, vogliamo una casa - dice Adrian - . Io in Romania vivevo in una casa,
ora da 5 anni sono qui con due figli e nipoti, arrangiato in una roulotte, con
93 euro di bolletta Geal e 100 di luce. Neanche i cani vivono così, in mezzo
alle pozzanghere e al freddo. Non ci hanno dato nemmeno le bombole per
riscaldarsi, soltanto gli estintori, uno per piazzola". Gli chiediamo se lavora
e annuisce. Gli chiediamo perché ha una bella Audi berlina parcheggiata accanto
alla sua roulotte. "Una macchina come un'altra. In Romania costano meno…". Molti
ci vengono incontro per dirci che si arrabattano con alcuni lavoretti (commercio
auto, trasporti, vendita ferro) e che a volte non riscuotono perché il ‘capo'
gli contesta il lavoro, che devono pagare l'acqua maggiorata per via del nuovo
impianto ("ma il contatore mica ce lo portiamo via?"), che non rubano anche se
"le mele marce sono ovunque", che ci sono bimbi piccoli nati prematuri che non
possono vivere così, e che la scalata alle graduatorie delle case popolari dà
qualche buona speranza. Molti sono iscritti da tempo.
"Io ho 8 punti - ci dice una giovane mamma rom - dovrei essere vicina
alla casa, ma mi hanno detto che forse scenderò, non so perché. E'
un'altalena continua, non c'è da capirci niente". Alcuni ragazzi sinti, uno dei
quali con orgoglio ci dice che è "contrattualizzato" e lavora 14 ore al giorno,
ci indicano le pozzanghere tra le roulotte. "Quattro mesi fa hanno fatto tanti
lavori: tubature nuove agli impianti, ghiaino e piazzale ‘nuovo'. Adesso siamo
di nuovo punto e a capo". Scuote la testa Nico, 55 anni, sposato, separato e poi
riaccompagnato con una ragazza. Una presenza storica la sua: è qui da 12 anni,
con un intermezzo di vita in un alloggio popolare della periferia. Ma l'affitto
era troppo salato.
Di Fabrizio (del 02/02/2014 @ 09:08:32, in casa, visitato 2859 volte)
Cosenza, la comunità rom accampata lungo il fiume Crati sperimenta una stufa che
trasforma in calore il rischio incendio. Così si punta su energia alternativa e
riciclaggio
Nella foto la stufa Rmh all'interno della Scuola del Vento (© Coessenza \
Confluenze) -
Corriere della Calabria
COSENZA Riscaldarsi riciclando, con una stufa semplice da realizzare ed
efficiente. Sembra lo spot di una televendita. E ad alcuni sembrerà pure
impossibile, ma chi la sta provando è pronto a giurare che la stufa Rocket Mass
Heater fa egregiamente il suo lavoro ed è un oggetto rivoluzionario. Il "target"
è inedito: vista la loro capacità di riciclare materiali, è ideale per i rom. In
più, i costi di realizzazione sono vicini allo zero e soprattutto, grazie alla
struttura e al funzionamento, il rischio di incendio e di ustioni è molto più
contenuto: sono due dei motivi per cui un oggetto così - che potrebbe essere
venduto in tv o sul web ma attualmente è utilizzato nella "Scuola del Vento" Coessenza all'interno del campo nomadi di Cosenza lungo il fiume Crati
- è stato
salutato con entusiasmo. La baraccopoli rom del capoluogo calabrese festeggia
così la Scuola del Vento, un progetto educativo che quest'anno spegnerà 5
candeline: lezioni gratuite in una baracca autocostruita dai rom e dai volontari
di alcune associazioni della città.
L'Rmh, l'"oggetto misterioso" con cui la Scuola si sta riscaldando da qualche
mese, è una stufa a legna con un'efficienza termica tale da ottenere la stessa
quantità di calore utilizzando tra il 50 e l'80% in meno di legna rispetto a una
stufa tradizionale: ciò è possibile grazie al processo di pirolisi, che consente
di far bruciare la maggior parte dei gas della combustione (il fumo del fuoco)
ottenendo così altro calore, ed emissioni minime composte quasi esclusivamente
da Co2 e vapore acqueo. "Considerato poi che la forma e il funzionamento della
camera di combustione creano un tiraggio consistente - spiegano i volontari
della Scuola del Vento -, è possibile indirizzare il tubo di uscita degli
esausti nella direzione desiderata, anche orizzontalmente, e ciò permette di
farlo passare all'interno di una massa termica di materiale inerte pietroso (il
pavimento, una panchina, un letto, un muretto o un qualsiasi altro elemento
architettonico) ottenendo così di accumulare all'interno della casa una notevole
quantità di calore che andrebbe altrimenti disperso". Anche i costi e i tempi di
realizzazione di questo sistema innovativo sono eccezionalmente contenuti: è
possibile infatti realizzare un impianto base con massa termica per meno di 150
euro e in meno di due giornate lavorative. Inoltre, sono già stati sperimentati
sistemi che incorporano la possibilità di produrre acqua calda.
RMH, UN SISTEMA RIVOLUZIONARIO
NON SOLO PER LA COMUNITA' NOMADE
Un impianto di riscaldamento a costo ridotto e più sicuro dei metodi finora
usati dalle fasce di cittadini meno abbienti che popolano la città potrebbe
essere una salvezza se pensiamo agli episodi drammatici dell'ultimo anno: ai
primi di marzo 2013 due clochard morti carbonizzati in una vecchia palazzina
abbandonata, a pochi metri dal salotto buono di Cosenza, mentre il 2 gennaio a
fare una fine simile è stato un anziano sarto, travolto dalle fiamme nella sua
mansarda alle spalle del Municipio. Ma il rischio incendi è comune a tutti i
(non) luoghi d'Italia abitati da quelli che i sociologi chiamano "marginali":
proprio all'alba di oggi a Roma un cittadino straniero è morto carbonizzato in
un incendio scoppiato in un residence abitato soprattutto da migranti, che
vivono in condizioni disumane.
Insomma, il Rocket Mass Heater potrebbe far comodo a molti, di questi tempi. Ma
perché è ancora più rivoluzionario per la comunità rom? Eccolo spiegato, in
quattro punti:
- L'utilizzo di una stufa con massa termica consente di avere minori sbalzi di
temperatura. Ciò è particolarmente rilevante in un ambiente come le baracche che
si surriscaldano quando le stufe a legna sono accese per poi raffreddarsi molto
velocemente appena la stufa si spegne, portando alla condensa dell'umidità
trattenuta all'interno dai rivestimenti plastici che vengono utilizzati per
isolare le baracche e, dunque, ad una sostanziale insalubrità dell'ambiente.
- La possibilità di utilizzare un quantitativo di legna molto inferiore
disincentiva il ricorso a legna con plastica o vernici attaccati e alla
plastica.
- La qualità degli esausti, che sono praticamente respirabili, migliora
radicalmente la qualità dell'aria all'esterno, che, specialmente nei campi
densamente popolati, è spesso molto inquinata proprio a causa della combustione
di materiali tossici e del posizionamento molto basso dei comignoli, favorendo
malattie respiratorie e neoplasie.
- Il bidone incorporato nel sistema, può essere utilizzato come piano di
cottura, portando ad un risparmio sul gas e ad un miglioramento della qualità
dell'aria all'interno delle baracche, dove la combustione del gas per la cottura
può inquinare pesantemente l'aria.
OSTILITA' DEI CITTADINI (E DELLA NATURA)
L'INTEGRAZIONE FINORA È FALLITA
La "stufa rivoluzionaria" è un tassello che arricchisce la sfida della Scuola
del Vento, esperienza di integrazione come poche altre su scala nazionale.
Quella della scolarizzazione dei bambini rom rumeni accampati nei due campi
cittadini (a Vaglio Lise e nel Palazzetto dello Sport di Cosenza-Casali) è una
questione molto delicata: i dati non proprio incoraggianti spiegano meglio la
situazione. Nel biennio 2011-2012 risultavano 52 bambini iscritti a scuola, di
cui 40 alle elementari e 12 alle medie. I frequentanti alle elementari sono
stati 29, 11 bambini hanno invece frequentato con discontinuità. Alle medie, 8
bambini hanno seguito con costanza, 4 saltuariamente. Il disagio economico,
sociale e ambientale in cui vivono le loro famiglie è una delle cause della
dispersione scolastica. L'assenza di una residenza ufficiale causa, invece, la
difficoltà di accesso alle vaccinazioni (un dossier appena ultimato da un gruppo
di associazioni ha contato fino a oggi 23 bambini vaccinati, mentre gli
operatori dell'ambulatorio dei Medici Senza Confini "A. Grandinetti" di Cosenza
hanno documentato i rischi igienico-sanitari nei due nuclei abitativi (campo e
Palazzetto). Secondo i volontari, un primo passo verso una reale integrazione
potrebbe essere l'impiego dei rom nella raccolta e lavorazione del materiale
ferroso e dei rifiuti ingombranti, sulla scorta di quanto già accade a Bolzano
ma anche a Reggio Calabria e Lamezia.
Anche se la diffidenza è dura a morire, in 9 anni di presenza, le
"manifestazioni" più ostili per i rom della baraccopoli sono venute dal fiume in
piena, dalla pioggia o dalle fiamme (mai dolose, se non in un caso e ad opera di
una persona del campo). La scorsa estate, però, dopo il boom di furti nei
quartieri periferici vicini al campo ma anche in centro città, si registrò
qualche episodio di violenza sotto forma di raid punitivo: i topi d'appartamento
non sono mai stati individuati, ma nella vulgata dei cosentini "gli zingari"
erano i colpevoli.
COSTANO 7000 EURO A BIENNIO
ECCO I NUMERI DEI 2 "CAMPI"
Nell'ultimo biennio, la cifra totale messa a disposizione del Comune di Cosenza
- denunciano i volontari - ammonta a soli 7000 euro, serviti per coprire i costi
dei pasti erogati ai rom sfollati da un grosso incendio scoppiato a Vaglio Lise
nel luglio del 2012, e per il pagamento delle utenze del Palazzetto dello Sport
di Cosenza-Casali, luogo nel quale queste persone sono state temporaneamente
sistemate e dove alcuni rom risiedono tuttora. I dati ufficiali a disposizione
dell'Ufficio Statistiche del Comune di Cosenza raccolti in occasione dei due
censimenti effettuati prima nel marzo del 2010 e poi nel mese di luglio del
2011, indicano la presenza di sole 320 persone. Di queste, la maggior parte è
collocata nell'"insediamento informale" di Vaglio Lise, mentre una cinquantina
di persone, circa 13 famiglie, si trovano all'interno del Palazzetto dello sport
di Cosenza-Casali.
Il primo ottobre 2009, con una massiccia operazione congiunta di polizia,
carabinieri, guardia di finanza e corpo forestale in collaborazione con vigili
del fuoco e 118, furono notificati 90 provvedimenti di allontanamento
dall'Italia per motivi di sicurezza emessi dal prefetto di Cosenza, su
segnalazione della questura - e fu di fatto eseguito il primo "censimento" dei
rom rumeni che vivono nella baraccopoli lungo il Crati. Oggi da quella stessa
baraccopoli arriva una piccola ma significativa lezione sulle nuove energie.
eu. f.
Di Fabrizio (del 11/11/2013 @ 09:05:08, in casa, visitato 1644 volte)
La Gazzetta di Modena
di Serena Arbizzi - Duecento persone protestano in consiglio comunale e pure i sinti rifiutano: "Un
ghetto". Rese note le cifre dell'assistenza
nomadi
"Cortile non è il posto dove nascondere i problemi di Carpi" e, ancora, "Prima
il confronto poi la delibera", "Sì al superamento del campo, no a nuovi ghetti".
Al suono di questi slogan, scritti sugli striscioni e ripetuti da oltre duecento
cittadini che ieri sera hanno "invaso" palazzo Scacchetti in occasione del
consiglio comunale, il più affollato dell'intera legislatura, in cui sono stati
dibattuti quattro ordini del giorno, due interrogazioni e altrettante mozioni
sull'infuocato argomento del trasloco del campo nomadi a Cortile. In
particolare, l'ordine del giorno Pdl "ritiene illegittima quella parte
dell'Ordinanza del Sindaco che dispone l'utilizzo di un terreno privato con
opere di urbanizzazione pubbliche" e ha sottolineato che già Emergency il 28
agosto 2012 aveva evidenziato condizioni disastrose in via Nuova Ponente.
Paradossalmente, ieri sera, le ragioni dei nomadi, presenti anch'essi con una
delegazione di dieci sinti, combaciavano con quelle dei comitati: "Noi non
vogliamo andare a Cortile, vogliamo le microaree - ha detto il gruppo che verrà
trasferito all'ex scuola - così veniamo ghettizzati. Noi lavoriamo, commerciamo
nel ferro, facciamo le pulizie... anche se la gente non si fida di noi".
In principio di seduta sono poi volate parole grosse tra il presidente del
consiglio Giovanni Taurasi e Antonio Russo perché la diretta prevista nella sala
vicina alla discussione era stata annullata.
L'assessore Alberto Bellelli ha invitato le opposizioni a proporre alternative,
dopo avere passato in rassegna gli interventi dell'Ausl nella storia del campo,
ma non "le microaree: non le reputo una soluzione, laddove sono state costruite
hanno moltiplicato problemi esistenti. Il centro di prima accoglienza di Cortile
era quello che poteva essere recuperato nei tempi più ragionevoli. Ho chiesto
agli uffici delle politiche sociali cosa significherebbe una chiusura del campo
in termini di spesa per l'accesso diretto ai servizi: 11 madri con 11 figli,
costerebbero fino a 99mila euro al mese, 16 minori da 7 a 16 anni, le rette
arrivano a oltre a 130 euro, fino a 69.400 euro al mese. Gli anziani non
autosufficienti costerebbero 780 euro al mese".
Applaudito l'intervento del consigliere Cristian Rostovi, che ha parlato di
"balle" dette dal Comune: "Per fortuna che si tratta della decisione dei tempi
più brevi: ci avete messo 25 anni... Quanto ai costi a carico delle politiche
sociali: sembra che li abbiate tenuti in quelle condizioni perché vi costavano
meno...".
I cittadini - che hanno già raccolto con la petizione 2.000 firme contrarie - si
sono scaldati anche sulle cifre spese dal Comune per i nomadi, 870mila euro,
enunciate da Russo.
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