Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 17/02/2009 @ 08:57:52, in Italia, visitato 1379 volte)
Ricevo da Nazzareno Guarnieri, presidente delle Federazione
Rom e Sinti Insieme, il testo completo della lettera pubblicata sul Messaggero e
riportata
ieri:
Prot. N. 8 15/2/2009
Carissimo Sindaco di Roma
una coppia di fidanzatini sono stati aggrediti da due delinquenti a Roma, un
ennesimo fatto gravissimo che accade nella Capitale, e non solo, e Lei Sindaco
dichiara: "Mi e' stato riferito che i due violentatori avrebbero un accento
dell'est e una carnagione scura: potrebbero essere rom".
Forse per Lei sindaco ogni tipo di violenza o criminalità che accade a Roma è
sempre riconducibile a Rom e Sinti?
Lei sindaco annuncia che Roma potrà avere "tutti i campi nomadi regolari,
stabilizzati e vivibili entro la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo".
Ci chiediamo per farne cosa?
Per far vedere a cittadini che Lei ha militarizzato i campi nomadi?
ma Lei è consapevole che finché la scelta politica sarà il travaso dei campi
nomadi non cambierà nulla, semmai si aggraverà con danno per tutti.
Sindaco di Roma Lei continua a non voler capire che il problema è la
fallimentare politica dei campi nomadi. Sono proprio i campi nomadi che non
permettono alcun tipo di percorso di integrazione.
I campi nomadi devono essere subito smantellati per impegnare le risorse
destinate a questa disastrosa scelta per fare una adeguata politica abitativa,
costruire case anche per Rom e Sinti.
La Federazione Rom e Sinti insieme ha formulato a Lei una proposta concreta per
avviare lo smantellamento dei campi nomadi a Roma a COSTO ZERO, ma Lei NON ha
voluto approfondire la nostra proposta, preferendo continuare con le stesse
scelte dei suoi predecessori, sperperando risorse pubbliche sui campi e
investendo per il 2009 circa 13 milioni di euro, risorse che non produrranno
alcun risultato.
Con lo sperpero di risorse pubbliche destinate alla fallimentare politica dei
campi nomadi e al travaso dei campi nomadi, sarebbe stato possibile a Roma
costruire una quantità di case per tutti i cittadini, compreso Rom e Sinti.
La politica non può continuare a negare anche l’evidenza che danneggia tutti.
Carissimo Sindaco di Roma,
Lei non ha mai risposto alla nostra richiesta di collaborazione gratuita per
migliorare le condizione di vita di Rom e Sinti a Roma, e questo ci porta ancora
a credere che Rom e Sinti sono un caprio espiatorio perfetto per la ricerca del
consenso e per mettere in atto solo politiche clientelari e di assistenzialismo
culturale per Rom e Sinti.
Il presidente
Nazzareno Guarnieri
Federazione Rom e Sinti Insieme
Sede legale: Via Fanfulla da Lodi, n. 5 - 00167 Roma – C.F. 97510400589
Segreteria:3483915709 - Presidenza:3277393570 – Coordinamento:3932442264
Email:
federazioneromsinti@yahoo.it
Di Fabrizio (del 18/02/2009 @ 09:44:26, in Italia, visitato 1506 volte)
LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA E' UN VALORE DI LIBERTA', DI CIVILTA' E
LEGALITA'
LA LEGALITA' NON E' CONTRO LA CIVILTA'
LA CIVILTA' E' LEGALITA'
La civiltà di un Paese si riconosce dal profilo che le proprie leggi sanno
costruire per rispondere ai fenomeni sociali che il legislatore è chiamato a
normare. Il cosiddetto decreto sicurezza votato al Senato mischiando paura,
ignoranza, intolleranza travalica ogni confine tra civiltà e giusta tensione
alla sicurezza dei cittadini. In ossequio politico e ideologico alla
strisciante xenofobia si sono dichiarati fuori legge i diritti degli uomini,
delle donne e dei bambini, che hanno la sola colpa di non essere nati in Italia,
che non sono cittadini italiani, che non hanno il permesso di soggiorno. I
residenti migranti in attesa di permesso di soggiorno perderanno ogni diritto
previsto dalla costituzione, dalla carta dei diritti dell'uomo, dalle
convenzioni internazionali. Nemmeno i bambini potranno essere curati senza
rischiare denuncia ed espulsione precipitandoli disumanamente da dove sono
fuggiti per fame, povertà, paura. Non si vogliono vedere, con gli occhiali
dell'ideologia, le braccia che permettono al nostro sistema economico di
competere a livello internazionale o le assistenti familiari che accudiscono i
nostri anziani. Si consegnerà alle organizzazioni criminali un "esercito di
riserva" rendendo il paese più insicuro e fragile. Le aggressioni al concetto di
convivenza solidale si inseriscono in un contesto di intimidazione e attacco ai
valori costituzionali, nelle recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio,
generando pericolosi conflitti istituzionali. Esprimiamo tutta la nostra
solidarietà ed apprezzamento al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
per il suo ruolo di garanzia istituzionale. La costituzione della repubblica è
la sintesi più alta dei valori di civiltà e legalità e non può essere sottratta
e asservita all'intolleranza e all'arbitrio. Non ci si può e non ci si deve
rassegnare a tutto questo.
Per queste ragioni, la CGIL lancia un appello a tutte le persone, le
associazioni e le forze politiche a dare vita a Milano, sabato 21 febbraio
2009, ad una grande manifestazione popolare (ore 14.30 Bastioni di P.ta
Venezia)
Di Fabrizio (del 19/02/2009 @ 09:23:59, in Italia, visitato 1821 volte)
Dal
Sito Nazionale della Chiesa Evangelica Zigana in Italia
I Sinti italiani, la Costituzione e i diritti inviolabili, Il “Caso poco
discusso” dei Sinti italiani, i Sinti italiani evangelici della "Missione
Evangelica Zigana" che si vedono vietato il diritto a professare liberamente la
propria fede, vedendosi negati i permessi per i convegni da loro organizzati
subendo una duplice discriminazione: una in base razziale e un'altra in
ragione della loro appartenenza alla religione evangelica. In Italia,
soprattutto al Nord, dei Comuni ha emanato delle ordinanze di "divieto di
sosta ai nomadi" che, in palese contrasto con la Costituzione (art. 16) e con la
legislazione a contrasto delle discriminazioni razziali ed etniche, negano il
diritto di circolare e soggiornare liberamente sul territorio nazionale ai soli
cittadini italiani riconosciuti come "nomadi" o "zingari". L'Europa è
intervenuta più volte, attraverso dei richiami, sulla questione Rom e Sinti in
Italia, senza però trovare riscontro da parte delle istituzioni italiane,
dell'uno o dell'altro schieramento, che hanno trascurato e abbandonato il
problema fino a quando non è scoppiata "l'emergenza Rom".
Leggi l'articolo su Il Mattino, 14 febbraio
Di Fabrizio (del 23/02/2009 @ 09:17:37, in Italia, visitato 1828 volte)
Da
Circolo Pasolini Pavia
"Il Secolo XIX", 19 febbraio 2009 di Simone Schiaffino [dalla Liguria]
La ganascia d’acciaio sradica i sogni italiani. Demolisce speranza e degrado, in
egual misura. Abbatte come fuscelli le baracche elette a casa. Sconquassa le
povere cose che gli stranieri avevano raccolto laddove gli italiani gettano
quello che non gli serve più. "Ora dove andremo?". L’unica riposta può essere
"Via da qui, non all’ex Colonia Fara". Fa freddo, la pungente temperatura delle
sette del mattino, quando gli uomini che vestono tre diverse uniformi compaiono
nell’area esterna del grattacielo di Preli. Polizia municipale, agli ordini
del comandante Federico Bisso, carabinieri della compagnia retta dal capitano
Gianluigi Bevacqua, polizia di Stato, dal commissariato chiavarese governato dal
dirigente Giampiero Bove. Volanti, gazzelle e autopattuglie. Poi arriva anche un
camion dotato di un’enorme morsa metallica montata su un braccio mobile. Per
abbattere il degrado: il campo rom a Preli, sorto in un paio di "notti di
lavoro", nell’ultimo week end. Assistere alla demolizione della "baraccopoli"
provoca un po’ di emozione. Perché gli uomini in divisa si trovano,
metaforicamente, a guadare un fiume: da una parte gli ordini, gli obblighi, il
dovere. Dall’altro l’umanità: il trovarsi di fronte ai "reietti", agli ultimi,
quelli che una casa non ce l’hanno mai avuta. "Quando siamo arrivati qualcuno si
lavava in mare nell’acqua gelida, altri dormivano ancora - dice il comandante
Bisso -. Una parte è fuggita alla vista delle nostre auto; altri ci sono venuti
incontro, per sapere cosa sarebbe successo. Avevano l’aria affranta. Una donna
piangeva". Gli uomini della "forza pubblica" hanno spiegato che il campo rom
sulla riva del mare chiavarese di ponente sarebbe stata, di lì a poco, rasa al
suolo. Sgomberata. Disinfestata. Ulteriormente, per l’ennesima volta, recintata.
L’annuncio ha provocato qualche minuto di tensione. Uno straniero, dei più
giovani, ha sbraitato qualcosa nella sua lingua. Sembrava avesse l’intenzione di
avvicinarsi ai poliziotti con intenti bellicosi. I suoi connazionali, forse suoi
parenti, o fratelli, lo hanno preso per le braccia, impedendogli di farsi
arrestare per resistenza o lesioni a pubblico ufficiale. Tutto è finito lì.
Nello stesso momento, le otto o poco più, un ruggito sordo annunciava l’arrivo
del camion munito di braccio meccanico e ganascia. La ditta spezzina "Costa
Mauro", specializzata in bonifiche ambientali, è stata chiamata dal Comune di
Chiavari, appena si è saputo dell’esistenza del campo rom: la notizia l’ha data,
come sempre accade, un abitante di Preli, l’altro ieri sera. "Venite alla Fara -
ha detto l’abitante - stanno costruendo baracche sotto i portici della Fara".
Gli operai, che vestono tute antibatteriche e mascherine a naso e bocca,
infagottano tutto e caricano sul camion. Mentre la morsa demolisce e distrugge.
Resta a terra un orsacchiotto di peluche, portato lì forse da uno dei pochi
bambini che la comunità rom si è portata con sé a Chiavari."Prima di demolire
tutto abbiamo detto loro di prendere ciò che volevano portare con sé - conclude
il capo della polizia municipale di Chiavari -. Qualcuno ha preso una coperta,
altri qualche scatoletta di alimenti. Poi se ne sono andati". Nessun
provvedimento, nessuna denuncia è scattata nei confronti degli stranieri. Anche
perché l’unico reato poteva essere quello di occupazione abusiva di immobile. Ma
i "reietti" non sono entrati all’ex Colonia Fara: gli sbarramenti in cemento e
mattoni hanno retto. Si sono solo accampati accanto al fatiscente grattacielo. E
non avere un posto dove andare, bivaccando in un’area aperta a tutti, ancora non
è reato.
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 09:21:30, in Italia, visitato 1437 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Un gruppo di famiglie Rom Bosniache che vive fuori Livorno ha dato
accoglienza al cittadino Rumeno Karol Racz, presunto autore dello stupro della
minorenne avvenuto a Roma il 14 febbraio scorso.
I Rom in questione erano del tutto ignari del grave reato commesso (?) dal
cittadino Rumeno pochi giorni prima a Roma. Conoscevano Karol, già un anno fa
questi si era rivolto a loro perché bisognoso di aiuto e aveva trovato in questa
piccola comunità di Rom il necessario sostegno e la possibilità di svolgere
qualche piccolo lavoro: raccolta ferro, pulizia del campo. Si era sempre
mostrato gentile e calmo con tutti i componenti della famiglia Rom, ancora fanno
fatica a credere alle accuse che gli vengono mosse. Allora viveva con un gruppo
di suoi connazionali a poca distanza dal campo Rom. Poi aveva lasciato Livorno
per andare a Roma.
Qualche giorno fà Karol si era ripresentato al campo per chiedere agli stessi
Rom la possibilità di poter dormire e di fermarsi solo qualche giorno il tempo
per guadagnare qualche soldo per poi ripartire di nuovo. Era notte, faceva
freddo, giusto appunto c'è anche una roulotte libera, così i Rom accettano di
ospitarlo il tempo necessario, lo conoscono e si fidano: non immaginano
lontanamente che Karol è ricercato dalla Polizia per il presunto reato di stupro
a danno di una minorenne.
In quel momento i Rom vedono una persona, un uomo, un povero che chiede un
aiuto, un'ospitalità.. anche loro ci sono passati, sanno benissimo cosa vuol
dire essere rifiutati, messi fuori, passare le notti al freddo, sentirsi soli e
affidarsi alla bontà di qualche "cristiano" capace ancora di compassione. Per
loro in quel momento l'uomo precede la regola, il calcolo, il dentro e il fuori.
Si potrà ragionare e disquisire all'infinito senza arrivare a delle certezze
matematiche, e
quel dubbio che mina ogni possibile ragionamento: "ma se avessero saputo che lui
era ricercato, cosa avrebbero fatto?" Cosa avremmo fatto noi di fronte ad un
conoscente, ad un amico? Ma non è questo il punto, perché in quel momento le
famiglie Rom non lo potevano certo pensare o immaginare quali fossero le reali
intenzioni del Rumeno: davanti a loro c'era una richiesta di aiuto, quella di
Karol conosciuto l'anno prima, e la risposta fu quella di aprire la loro porta
ed accoglierlo.
" Venite, voi che siete benedetti dal Padre mio..perché io ero forestiero e
mi avete ospitato nella vostra casa.." (Mt.25, 35 ss.)
Quei Rom hanno accolto, non nascosto! Ingenuità o profezia?
La nostra società sa ancora accogliere l'altro senza calcolo, senza per forza
dover programmarlo secondo i nostri progetti o senza rivestirlo dei nostri
percorsi? E' ancora valida un'accoglienza dell'altro capace di rispettare la sua
identità, le sue tappe, le sue scelte e senza la pretesa di essere sempre e solo
noi a dover determinare tutto? Ne siamo ancora capaci?
Ti accolgo se accetti di cambiare al ritmo della mia bontà, se dimostri di
volerti integrare, se sottoscrivi questi patti, altrimenti.." Quando offri un
pranzo o una
cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi
vicini..perché tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un
banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno
da ricambiarti." ( Lc 14, 12-14)
Bisogna riconoscere che non poche volte comunità di Rom e Sinti accolgono al
loro interno persone (italiani e non) di passaggio, a volte sono persone ferite
dentro, emarginate dalla società..lì ritrovano anche quel calore umano che
altrove gli è precluso, rifiutato, negato o condizionato. E' un'accoglienza
semplice,
sopratutto umana e discreta ma spesso capace di ridare coraggio e di aprire
cammini nuovi a chi attraversa periodi di disagio e difficoltà.
Regolamento di campi imposto e blindato, quasi copiato nello spirito alle
leggi razziali d'un tempo che ci illudevamo di aver lasciato alle spalle,
demolizioni di
insediamenti abusivi, ordinanze contro mendicanti, lavavetri, censimento dei
senza fissa dimora, ronde..piano piano accettiamo come normalità interventi
sempre più duri contro i poveri, gli immigrati e i Rom in particolare; in nome
della sicurezza trangugiamo ogni sorta di boccone, spesso imbevuto con piccole
dosi quotidiane di razzismo, fino a non farci sentire il disgusto o la vergogna
per i nostri silenzi o peggio ancora collaboratori attivi a questi progetti.
L'accoglienza che questi Rom hanno donato a Karol, nonostante tutto è stato un
gesto di genuinità, di squisita solidarietà: hanno offerto il loro spazio, hanno
aperto all'accoglienza la loro mano, a differenza di gran parte della società
che in questi ultimi tempi vuol far mostra della sua "cattiveria" attraverso il
suo pugno chiuso.
Grazie per questo vostro messaggio umano e cristiano!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) - 21 Febbraio 2009
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 14:27:03, in Italia, visitato 1366 volte)
Lunedì 23 febbraio 2009 - ORE 17.20 -
Si è tenuto stamattina, in un clima di cordiale collaborazione, l'incontro tra i
rappresentanti delle Organizzazioni sociali e del lavoro e il Procuratore Capo
della Repubblica di Foggia Vincenzo Russo. L'iniziativa di cui si sono fatte
promotrici le ACLI, la Caritas, la Cgil, la Cisl, l'Arci, l'Acsi, l'Opera
Nomadi, l'Associazione Genoveffa de Troia, l'Ordine dei medici e Solidaunia ha
avuto come oggetto la situazione del campo Rom di Borgo Arpinova, danneggiato
dall'incendio del 19 dicembre scorso nel quale trovò la morte il piccolo Geylo.
Dalle parole del Procuratore Capo si è appreso che l'istruttoria, seguita al
sequestro disposto dalla Procura della Repubblica di Foggia dopo l'incidente, si
avvia alla conclusione e a breve, quindi, il Comune di Foggia potrà disporre
dello spazio per le opere di ricostruzione. La prima maggiore difficoltà
incontrata dopo l'incidente viene così rimossa, dando alle circa 60 famiglie Rom
e ai 67 bambini la possibilità di un ritorno alla normalità e ad una vita
dignitosa. Pochi giorni ancora e il Comune di Foggia, con il quale più volte le
stesse Organizzazioni avevano promosso iniziative di confronto su quella che è
divenuta, nel frattempo, una vera e propria emergenza abitativa e sanitaria,
soprattutto, per le 10 famiglie Rom più gravemente colpite dall'incendio, potrà
iniziare il lavoro di ricostruzione. L'augurio, che ha trovato conforto nel
dialogo costante con l'Assessore comunale Paolo De Vito, è che il dissequestro
dell'area possa, nel più breve tempo possibile, stabilire le migliori condizioni
di vivibilità del Campo di Borgo Arpinova, anche attraverso la dotazione di
sistemi di sicurezza adeguati alla situazione.
redazione Teleradioerre
Di Fabrizio (del 25/02/2009 @ 09:43:52, in Italia, visitato 2278 volte)
Ricevo da
Marco Brazzoduro
Marian è un rom romeno che da qualche mese vive insieme a sua moglie in uno
dei cosiddetti “insediamenti abusivi” della Capitale, una baraccopoli di oltre
70 persone (di cui la metà minori) invasa dai topi. Ogni mattina, Marian si alza
all’alba e, insieme al cugino, percorre le strade della città a bordo del suo
Fiat Iveco alla ricerca di ferraglia varia da poter rivendere al peso. Grazie a
questa attività, può rientrare ogni sera al campo con qualche spicciolo nelle
mani sudice e rovinate da una giornata di ricerca e fatica. Quei soldi raccolti
onestamente, senza rubare niente a nessuno, apportando involontariamente un
servizio di riciclaggio alla città, sono l’unica fonte di reddito per sè e per
sua moglie, l’unico mezzo per mangiare alla sera.
Sabato 14 febbraio, il giorno di San Valentino, alle ore 18.00, poco prima che a
qualche chilometro di distanza si consumasse una mostruosa violenza contro una
coppia di ragazzini, Marian e sua moglie vengono fermati a bordo del loro
camioncino da un’attenta coppia di vigili – un uomo ed una donna di cui non
pubblicheremo il nome – per un normale controllo.
L’assicurazione è perfettamente in regola, la patente del conducente anche, i
parametri di sicurezza del mezzo sono ok, non vi sono contraffazioni di sorta, i
bolli sono tutti pagati. Eppure, il mezzo viene sequestrato.
Marian protesta e si rifiuta di firmare il verbale, ma la municipale consegna
loro un foglio in cui si legge che il mezzo sarà condotto al deposito di via
Artena per violazione dell’art. 100 del Codice della Strada.
La nostra Associazione (Popica Onlus), che collabora con i rom dell'insediamento
di Marian, viene avvertita solo lunedì mattina. L’art. 100 del CdS reca questo
titolo: “Targhe di immatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei
rimorchi”.
Decidiamo di accompagnare Marian allo sportello della Polizia Municipale del
Municipio VI per cercare di capire cosa sia successo.
La funzionaria, in modo non proprio accomodante, ci spiega che il problema sta
proprio nella targa. È contraffatta? No. È illeggibile? No. È vecchia? No. E
allora qual è il problema? La targa ha perso di rifrangenza.
Ci viene da ridere, ma forse dovremmo piangere. Al comma 5 del suddetto art. 100
del Codice Stradale, in effetti si dice: “Le targhe indicate ai commi 1, 2, 3, 4
devono avere caratteristiche rifrangenti”.
Ci scorrono nella mente le immagini fugaci di tutte quelle targhe vecchie e
scolorite che ogni giorno ci passano davanti nel traffico capitolino: targhe
scritte sul cartone, targhe completamente ricoperte di fango e adesivi, targhe
su cui sono stati apposti dei cd rifrangenti sui lati per evitare il flash degli
autovelox.
La situazione avrebbe una sua comicità, se non fosse tragica.
Non possiamo esimerci dal complimentarci con i funzionari della polizia
municipale per l’encomiabile lavoro svolto, per l’impeccabile applicazione della
legge.
Intanto Marian per riavere il mezzo dovrà passare dagli uffici della municipale
alla motorizzazione più volte, mentre il Fiat Iveco arricchirà le casse del
deposito. Ci vorranno centinaia di euro per riprendersi il furgoncino.
Come associazione abbiamo immediatamente contattato un avvocato per il ricorso.
Il legale, nonostante sia da anni impegnato nel settore, si è detto però
assolutamente nuovo ad un caso del genere.
Ci hanno detto che “la legge è uguale per tutti”: crediamo però che, in questo
caso, la legge sia stata “più uguale” per questa coppia di rom, che stasera non
avrà soldi per mangiare perché è stato loro sottratto il lavoro proprio in nome
della legge e della loro integrazione.
di Gianluca Staderini e Michele Camaioni
POPICA ONLUS - www.popica.org
http://www.myspace.com/popicaonlus
Di Fabrizio (del 27/02/2009 @ 18:46:13, in Italia, visitato 3250 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA 27 febbraio 2009: LE AUTORITA' AVEVANO L'ORDINE DI
SGOMBERARE E DI SMEMBRARE LE FAMIGLIE
FOTO:
http://www.everyonegroup.com/downloads/pesaro25.zip
Gruppo EveryOne: "Abbiamo vissuto momenti tragici. Una donna è caduta a
terra. Madri e padri di famiglia in lacrime volevano darsi fuoco se avessero
tolto loro i bambini. Proibita la mediazione umanitaria ai nostri attivisti e
nessuna assistenza ai malati". Inatteso il raid della forza pubblica, perché
Sindaco e autorità si erano impegnati formalmente ad attuare un programma di
integrazione casa-lavoro
Nella mattina del 25 febbraio, a Pesaro, circa 20 tra agenti della
Polizia di Stato e della Polizia Locale sono intervenuti intorno
alle 7.00 in via Fermo 49, all'altezza della fabbrica dismessa dove da quasi un
anno si erano rifugiati 30 Rom romeni – tra cui pazienti cardiopatici
e oncologici dell'ospedale San Salvatore, molte donne e 9 minori,
compreso un bimbo di pochi mesi – con l'obiettivo di sgomberare lo stabile e
sottrarre tutti i minori ai genitori. "Siamo accorsi sul posto e abbiamo
assistito a scene strazianti" riferiscono gli attivisti del Gruppo EveryOne. "Madri
e padri erano in lacrime e i bambini terrorizzati. Gli agenti avevano
annunciato che i bambini sarebbero stati affidati ai Servizi Sociali e quindi
sistemati in una comunità. Solo le mamme, però, avrebbero potuto restare con
loro, mentre i padri sarebbero stati messi in mezzo alla strada". Nico
Grancea, uno dei più noti attivisti Rom in campo internazionale, faceva parte
della comunità "nomade" che viveva a Pesaro. "I poliziotti ci hanno detto che il
proprietario della fabbrica aveva denunciato l'occupazione dello stabile, ma
sapevano che il Sindaco e tutte le Istituzioni pesaresi erano al corrente della
nostra presenza nell'edificio, dove ci siamo rifugiati per sfuggire povertà e
intolleranza in Romania. Molte delle persone sgomberate si trovavano sotto la
tutela del Parlamento europeo, perché avevano denunciato di aver subito
gravi aggressioni, pestaggi e intimidazioni in Italia, sia da parte della Forza
Pubblica che di razzisti". Le autorità, però, non hanno ascoltato alcuna
ragione, nonostante Roberto Malini e Dario Picciau di EveryOne spiegassero
loro la delicata condizione di testimoni per l'Unione europea della comunità Rom
che veniva invece smembrata e sgomberata. "Il nostro Gruppo aveva ottenuto un
impegno formale da parte del Comune di Pesaro" proseguono gli attivisti, "che
garantiva un programma casa-lavoro. Il programma avrebbe dovuto iniziare
all'inizio di settembre 2008, ma è stato sempre rimandato. Il Messaggero e altri
quotidiani locali riportano le dichiarazioni del Sindaco e di alcuni Assessori,
riguardo all'impegno assunto dal Comune". Il Gruppo EveryOne aveva già
segnalato nomi, cognomi e caratteristiche della comunità Rom sia ai Servizi
Sociali che alle Autorità. Il locale Ospedale San Salvatore, quando è stato
informato della presenza di bambini, donne incinte e malati gravi, ha intrapreso
un programma di assistenza che ha assicurato cure mediche alle famiglie.
Disattesi i tempi in cui era previsto il progetto di inclusione e stremata dalla
povertà e dall'inverno, la comunità si trovava ora di fronte al dramma
umanitario contro cui si battono la Commissione europea, il CERD delle
Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali per i diritti dei Rom: la
sottrazione di minori da parte delle autorità. "Le famiglie Rom fanno
dell'unione la loro stessa ragione di vita," spiegano gli esperti EveryOne, "e
in molti casi lo smembramento provoca tentativi di suicidio da parte dei
genitori. Negli anni dell'Olocausto, i nazisti conoscevano questo aspetto della
cultura Rom e infatti ad Auschwitz, a differenza delle famiglie ebree, quelle
‘zingare' venivano tenute unite nello ‘Zigeunerlager'. Quando padre, madre e
figli vengono separati, si creano situazioni di dolore e panico incontrollabili.
Durante l'operazione di polizia, una giovane donna è stramazzata a terra,
altre si lamentavano disperate, mentre una mamma nascondeva un coltello da
cucina in una piega della gonna e sussurrava che si sarebbe sgozzata se
l'avessero divisa dal marito. Nonostante il cordone di poliziotti, siamo
riusciti a comunicare con la comunità Rom, evitando il peggio". Non veniva
garantita libertà di movimento e comunicazione con gli altri attivisti
neanche a Nico Grancea, il giovane attivista protagonista di tante azioni a
tutela dei diritti dei Rom perseguitati, testimone e consulente per il
Parlamento europeo e organizzazioni internazionali per i diritti umani. "Mia
moglie aveva in braccio il nostro bimbo di quattro mesi," racconta Nico, "mentre
le altre madri erano terrorizzate da ciò che si stava prospettando. Gli
agenti non ci ascoltavano, non vedevano famiglie davanti a loro, ma una pratica
da sbrigare. Non conoscono lo spirito di sacrificio dei Rom. Non sanno che
tanti di noi erano vicini a compiere atti di autolesionismo irreparabili.
Alcuni meditavano di darsi fuoco se avessero diviso le famiglie. Non ci
avrebbero separati, avremmo protestato sacrificando le nostre vite. I miei amici
di EveryOne hanno capito perfettamente la gravità della situazione e ci hanno
aiutato con la loro esperienza di fronte a situazioni estreme, mentre gli agenti
non volevano riconoscere il loro ruolo di mediatori incaricati dal Parlamento
europeo". Per fortuna le madri Rom si organizzavano e riuscivano coraggiosamente
a sottrarsi alle forze dell'ordine, fuggendo con i loro piccoli. "Studio
l'Olocausto e le dinamiche delle persecuzioni da trent'anni," dice Roberto
Malini, "ho pubblicato libri e tenuto conferenze sull'argomento. E'
innegabile che vi sono precise attinenze fra gli anni delle leggi razziali e il
presente. La fuga delle madri Rom di Pesaro mi ricorda la famosa operazione
del Gruppo Westerweel, in Olanda, condotta da Mirjam Pinkhof – mia cara amica,
sopravvissuta alla Shoah – e altri attivisti, che misero in salvo numerosi
bambini ebrei". Alcuni membri della Commissione Ue e del Parlamento europeo
seguivano con ansia le vicende di Pesaro, in contatto con EveryOne. "Mentre
si svolgevano i fatti, abbiamo tenuto un canale di comunicazione aperto anche
con alcuni deputati e senatori italiani, oltre che con la Procura della
Repubblica di Pesaro e Urbino" prosegue Matteo Pegoraro. "Il timore di tutti
era che l'operazione di polizia degenerasse in tragedia. Malini, Picciau e
Grancea, però, hanno esperienza da vendere e non è certo la prima volta che
EveryOne si trova in situazioni tanto difficili. Ora che però l'azione è
compiuta, sono necessarie prese di posizione anche da parte del mondo
politico, e alcuni deputati radicali mi hanno confermato la volontà di
presentare un'interrogazione parlamentare sull'intera vicenda".
"Non capisco perché le Istituzioni e le Autorità non ci abbiano contattati,
prima di attuare un'azione del genere" si chiede Dario Picciau. "Mentre si
svolgevano i fatti, ero in contatto telefonico con la parlamentare europea
Viktoria Mohacsi, mentre le principali ONG europee si prodigavano per
organizzare una task-force a sostegno della comunità Rom. Non possiamo criticare
gli agenti, che hanno obbedito agli ordini e non hanno considerato, poiché non
vi erano tenuti, la vulnerabilità delle famiglie nonché le loro condizioni di
salute fortemente precarie e la paura di ognuno, dettata da tanti episodi di
intolleranza. Non riusciamo a capire, però, che bisogno c'era di inviare 20
agenti armati con volanti e un furgone anziché risolvere la contingenza intorno
a un tavolo, con politici, autorità e attivisti. Viktoria Mohacsi, altri
europarlamentari e alcuni dei principali esperti europei di cultura e vita del
popolo Rom erano pronti a partecipare personalmente all'eventuale tavola
rotonda".
Domenica 22 febbraio Canale 5 aveva inviato alla fabbrica di via Fermo a
Pesaro una troupe, condotta dal giornalista Mimmo Lombezzi, per un servizio
sulla condizione dei Rom in Italia da mandare in onda nella puntata di martedì
24 febbraio: Grancea e diversi Rom hanno raccontato alle telecamere il grado
di persecuzione che sono costretti a subire quotidianamente, l'atteggiamento
delle forze dell'ordine nei loro confronti, la segregazione in cui sono tenuti,
l'azione delle ronde di pulizia etnica, che commettono gravi abusi sui Rom
profittando del clima di intolleranza. Un uomo aveva mostrato alle telecamere
di Canale 5 i lividi ancora evidenti sul corpo per un pestaggio subito ad Ancona
il 15 febbraio, il giorno dopo l'offensiva di violenza xenofoba scoppiata in
Italia in seguito allo stupro al parco romano della Caffarella.
Un dossier sui fatti di Pesaro è stato consegnato al Parlamento
europeo, alla Commissione e al Consiglio Ue, alla Corte Internazionale dell'Aja,
al CERD (Comitato anti-discriminazione delle Nazioni Unite) e all'Ufficio Legale
Europeo per i Diritti dei Rom, in relazione ai gravissimi danni che hanno
cagionato alla comunità Rom i mancati interventi di assistenza e la mancata
realizzazione del programma di integrazione garantito dal Comune di Pesaro.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
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Mobile: +39 334 8429527 - +39 331 3585406
Di Fabrizio (del 28/02/2009 @ 09:47:20, in Italia, visitato 4175 volte)
Da
Roma Files
UNIRSI - Unione Nazionale ed Internazionale dei Rom e dei Sinti in Italia
Federazione delle Associazioni e dei Gruppi Autonomi dei Rom e dei Sinti
in Italia
Forum Europeo dei Rom e dei Viaggianti di Strasburgo
In risposta ai recenti sviluppi politici e la più recente ondata di razzismo
contro il popolo rom in Italia, una coalizione di organizzazioni, inclusa
UNIRSI, ha intrapreso una documentazione di prima mano sui diritti umani in
Italia (tra il 23 e il 30 maggio 2008). Dette organizzazioni hanno condotto una
ricerca, intervistando approssimativamente 100 Romanì che vivevano in campi
formali e informali a Roma, Napoli, Firenze, Brescia, Milano e Torino.
Le organizzazioni hanno visitato diversi campi formali e semi-formali, inlusi:
Secondigliano e Centro Lima (Napoli); Salviati , Fiume , Casilino 900
e Martora (Roma); Via Triboniano (Milano); Campo nomadi di
Brescia per i Sinti Italiani. La coalizione ha anche visitato i seguenti
campi informali: Scampia , Ponticelli
, Santa Maria e Torre Annunziata Nord (Napoli); Cave di Pietralata
ed un campo senza nome accanto a Cave di Pietralata (Roma); Corsico e Bacula (Milano);
Via Germagnano (Torino).
Nonostante sia il paese europeo con la più bassa percentuale di Rom/Sinti (la
Grecia ne conta lo stesso numero dell'Italia, ma con una popolazione di soli 10
milioni di persone), l'Italia è indietro di almeno 25 anni rispetto a tutte le
politiche d'integrazione per i Rom/Sinti.
Mentre non esiste nessun censimento ufficiale, un censimento condotto da varie
organizzazioni (inclusa UNIRSI) su scala nazionale mostra che i Rom e i Sinti in
Italia sono circa 170.000, di cui 70.000 con cittadinanza italiana e 100.000 (in
crescita costante dalla Bulgaria e specialmente dalla Romania) dai Balcani.
Il 30% di questi 100.000 arriva dalla Jugoslavia ed il resto dalla Romania, con
un centinaio di presenze dalla Bulgaria e dalla Polonia.
Le ultime due generazioni di Rom "jugoslavi" sono nati in un paese, l'Italia,
che non riconosce lo "jus soli" e quindi nega ai bambini i requisiti
basici per un'istruzione bilanciata ed integrazione: cittadinanza.
La minoranza dei Rom/Sinti è caratterizzata da bassa aspettativa di vita (la
media è tra i 40 e i 50 anni) e dalla presenza di un'alta percentuale di bambini
[il 60% della popolazione Rom e Sinti ha meno di 18 anni. Il 47% dei bambini
ha tra i 6 e i 14 anni; il 23% tra i 15 e 18 anni; la percentuale rimanente
(30%) tra i 0 e i 5 anni].
I Rom e i Sinti con cittadinanza italiana sono circa 70.000. Oggi le
comunità Rom e Sinte (chiamate "zingari" e "nomadi" in maniera dispregiativa ed
etnocentrica) sono ancora oggetto di discriminazione, esclusione e segregazione.
La discriminazione è estesa in tutti i campi, sia pubblici che privati,
così l'esclusione e la segregazione economica e sociale dei Sinti e dei Rom
diventa discriminazione etnica (Raccomandazione n.1557/2002 Consiglio d'Europa).
In Italia, le diverse comunità Rom e Sinte non sono riconosciute come Minoranze
Linguistiche Nazionali e perciò non usufruiscono dei diritti che questo status
comporta.
Le politiche sociali rivolte alle popolazioni Rom e Sinta tendono apertamente
all'inclusione sociale, e all'integrazione. Le comunità Rom e Sinte sono
raramente considerate protagoniste del pensare sociale, di politiche
d'integrazione, partecipazione diretta e mediazione culturale. L'Italia nega
alle comunità Rom e Sinte l'applicazione delle direttive europee sulle Minoranze
Linguistiche che proteggono le lingue minoritarie ed inoltre nega la Convinzione
sulle Minoranze Nazionali.
In molti casi i Rom e i Sinti si vedono negati i diritti basici come residenza,
salute, istruzione, lavoro. In Italia costruiamo ancora i "campi nomadi" che
sono posti di segregazione che imprigionano gli individui contro la loro
volontà. In Italia molti comuni, in contrasto con le disposizioni costituzionali
(art. 16), negano il diritto di residenza e di movimento all'interno del
territorio nazionale ai cosiddetti "nomadi" o "zingari".
In questa tragica situazione i Rom di Slovenia, Bosnia, Jugoslavia, Romania,
Polonia, Ungheria stanno tutti soffrendo queste politiche estremamente
discriminatorie. Intere famiglie scappano dai loro paesi nativi a causa dei
conflitti etnici e delle guerre civili e l'Italia nega loro i principali diritti
basici.
UNIRSI – Piazza Antonio Meucci, 18 – 00146 Rome - Italy.
UNIRSI president and ERTF Delegate Mr. Kasim Cizmic : e-mail:
unirsi@supereva.it
UNIRSI Secretary: Mr Balo Cizmic : e-mail: unirsi@supereva.it
Web site: www.unirsi.net
Di Fabrizio (del 01/03/2009 @ 11:11:22, in Italia, visitato 1656 volte)
Da Lia Didero
Al Sindaco di Pesaro
Al Prefetto
Alla città di Pesaro
Noi, associazioni, realtà cittadine, semplici abitanti e frequentatori di questa
città, avuto notizia delle operazioni di polizia contro le famiglie rom presenti
a Pesaro il 25 febbraio,
riteniamo quanto successo una grave sconfitta politica e sociale di una città
come la nostra.
Una comunità rom di poco più di 30 persone tra adulti e bambini, che non si è
mai fatta notare per atteggiamenti contrari alla legge ma cercava semplicemente
di sopravvivere alla meno peggio, è stata sgombrata e costretta ad allontanarsi
con la forza. Donne, bambini, malati costretti ad andarsene. Dove? Non importa,
l'importante è fuori dai confini comunali.
Si dirà: avevano occupato illegalmente una fabbrica, una casa abbandonata, ed è
reato.
Noi diciamo: la fabbrica, la casa erano vuote, fatiscenti, in vendita da chissà
quanto tempo e chissà per quanto tempo, e loro non avevano una casa, un posto
dove stare. E fa freddo, d’inverno./
Si dirà: non avevano un lavoro onesto.
Noi diciamo: è vero, ma lo hanno cercato, hanno bussato a tante porte e nessuno
ha dato loro una possibilità.
Si dirà: erano dei parassiti, volevano vivere sfruttando la carità della gente.
Noi diciamo: a chi non ha nulla, basta poco, meno del superfluo di chi ha
troppo. Non amiamo la carità, ma la solidarietà sì.
Si dirà: erano sporchi, puzzavano, non sanno vivere.
Noi diciamo: provate a vivere senz’acqua, senza luce, e sapendo che vi possono
sgombrare in ogni momento, e vediamo che decoro siete capaci di mantenere.
Si dirà ancora: i bambini non possono vivere in quelle condizioni.
Noi diciamo: E’ vero, non dovrebbero. Ma sono bambini amati, e per non perderli
i genitori sono stati costretti a lasciare quel poco che potevano avere qui. e
adesso quei bambini vivono ancora peggio.
Si dirà: Pesaro adesso è più sicura.
Noi diciamo: NO, Pesaro adesso è meno civile, meno giusta, meno ricca. Meno
nostra.
Adesioni (individuali e collettive) da spedire a
altlib@altraofficina.it
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