Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 07/05/2012 @ 09:28:12, in Europa, visitato 1489 volte)
Da
Baltic_Roma
The Jewish Chronicle Gruppo giovanile neonazista finanziato dal
Consiglio d'Europa - By Marcus Dysch
02/05/2012 - Un gruppo neonazista lituano è stato adottato in un consiglio che
riceve fondi dall'Unione Europea.
L'Unione della Gioventù Nazionalista Lituana (ULNY) è stata eletta all'unanimità
nel Consiglio delle Organizzazioni Giovanili Lituane (LCYO), durante la
conferenza nazionale dello scorso fine settimana.
L'ULNY è una dei principali organizzatori della marcia neonazista che si tiene
annualmente a Vilnius durante il Giorno dell'Indipendenza. Sono state lanciate
petizioni internazionali perché l'evento di quest'anno, che ha avuto luogo l'11
marzo, fosse cancellata.
Il gruppo ombrello LCYO è la più grande OnG giovanile in Lituania, ed è
sostenuta finanziariamente tanto dal governo che dalla UE. E' composta da 64
gruppi ed oltre 200.000 aderenti.
Tutto ciò significa che la fascista ULNY è su un piano di parità con gruppi
studenteschi ed organizzazioni sociali.
La presidente della LCYO, Loreta Senkutė, ha detto ai media che l'ULNY ha
spiegato il suo lavoro prima che il voto avesse luogo, ricevendo "grande
supporto".
La votazione per l'adesione dell'ULNY ha visto 19 voti a favore, nessuno
contrario e sette astensioni.
Di Fabrizio (del 08/05/2012 @ 09:25:21, in Italia, visitato 1319 volte)
Stanotte rileggevo il mio vecchio blog, Pirori, e tra i
vecchi post ho ritrovato questo del
maggio 2004. Chissà se quel razzista è ancora in circolazione, e chissà se è
cambiato qualcosa...
Io odio i neri, gli zingari (e un po' anche i gialli): non mi sento più
sicuro di girare in città. Sono Italiano e me ne vanto.
Me ne vanto di meno quando incontro un francese o un inglese: mi guardano sempre
con quella superiorità di chi è un popolo da almeno 1000 anni, mentre di
Italia se ne è cominciato a parlare da neanche 200. Ma in casa ho il TV color,
il DVD, l'HiFi e tutte quelle cose col nome inglese. Se me le portassero via, mi
sentirei un po' nero anch'io. E ho paura.
Gli zingari non hanno tutte queste cose, ecco mi sentirei un po' zingaro...
Loro non pagano le tasse come me, per scacciare la paura loro rubano i TV color,
e poi li rivendono a noi italiani, o ci allevano dentro le galline. Io,
piuttosto che rimanere senza TV color, lo comprerei persino da uno zingaro (e
magari ci risparmio, basta stare zitti).
Io pago le tasse per stare in pace, e con le tasse mando i figli a scuola.
Adesso, anche gli zingari vogliono mandare a scuola i figli (con i soldi che
paghiamo noi!) Abbiamo fatto un presidio, alla fine alcuni loro genitori li
hanno ritirati dalla scuola. Poi, andando a lavoro, ho trovato uno di questi
bambini zingari per strada. Magari quel bambino andava a chiedere il mangel, o a
rubare. M'è venuto un pensiero strano in testa: e se quello andava a rubare, io
con quelli del presidio (tutti italiani, lavoratori, padri di famiglia) non è
che ce l'abbiamo mandato noi??
A scuola, con gli zingari, stanno succedendo cose strane: prima, o i soldi (le
mie tasse!) non venivano spesi, oppure dovevamo pagare di tasca nostra quello
che lo stato ci doveva. Adesso la scuola ha tutta una serie di finanziamenti che
neanche mi aspettavo. Però gli zingari sono sporchi: adesso a scuola hanno
chiesto persino una lavatrice. Ho fatto 2 conti: se ci tassiamo noi genitori,
avremo la lavatrice a scuola, e forse ci risparmiamo su quello che pagavamo
prima (o almeno andiamo in pari).
La lavatrice: è un idea che ho avuto parlando col dottore; però si è aperto un
nuovo problema. Il campo degli zingari fa schifo solo ad immaginarlo... non c'è
acqua o corrente, certo che i bambini arrivano sporchi a scuola. Ma, se per caso
lì dentro scoppiasse un'epidemia, le malattie (che non sono razziste come me),
prima o poi arrivano anche da noi. Potremmo fare un nuovo presidio, perché gli
zingari vadano via, magari al posto del campo, non faranno un parco, ma speriamo
almeno in un supermercato (ce ne sono già altri otto). E poi, mi sono detto:
"Quelli" dove vanno? Non che me ne importi, ma lo so già, staranno qui attorno e
gireranno nuovamente nel quartiere. Anche ad arrestarli tutti, poi dove li si
mette? Io non so più se sono razzista, o se è solo la paura che scrivevo all'inizio...
ma tra uno zingaro che ho già visto e uno sconosciuto che verrà poi, forse
preferisco quello che ho già visto, che il figlio va a scuola, che magari gli ho
dato dei vestiti alla mamma… Cercate di capirmi!
Credo che il Comune non ascolterà questi pensieri di un razzista, e sgombererà
il campo con la polizia e con le ruspe (che io pago con le mie tasse). Si
aspetterà che gli sia grato di questo quando ci saranno le elezioni. Dopo le
elezioni, avremo un altro accampamento abusivo, poco distante dal primo, e
dovremo ricominciare ad odiarci da capo, come se niente fosse successo.
Odiare per me non è un problema, sono abituato. Sono molto più preoccupato
perché le mie tasse da anni sono finite in un giro vizioso: polizia, ruspe,
sgombero dell'immondizia quando non se ne può più. Ogni anno senza che niente
possa cambiare. Gli zingari montano un campo, il Comune lo smonta, il Comune
monta un campo, gli zingari lo demoliscono.
Forse sarebbe meno pesante per le mie tasche, se il Comune li pagasse per
montare, e tenere in ordine, dove li manda. I soldi, ho scoperto ci sono, ma se
non vengono spesi, non è che saranno investiti per fare quel parco che avremmo
bisogno. No! Tornano in tesoreria, o a Bruxelles o chissà dove. Ho il sospetto
che per farmi un favore, mi nascondano i soldi... e questo non è bello, se sei
convinto che i ladri siano gli zingari!
Insomma, caro diario, sono sempre razzista, ma a ragionare mi è venuto una gran
mal di testa. Cosa mi rimane di sicuro? La mia paura. Se non ne avessi così
tanta, parlerei con gli zingari per capire chi è il ladro. Ma non ne sono
capace, e forse anche lo zingaro avrà paura di parlare con me. Saremo condannati
ad odiarci, e per fortuna è quello che sappiamo fare meglio.
Di Fabrizio (del 08/05/2012 @ 09:46:59, in Italia, visitato 3058 volte)
Il Programma:
Qualcosa su di noi:
Via Idro si trova a Milano, in zona nord-est praticamente al termine di via
Padova, non lontano dalla tangenziale est, al confine con i comuni di Sesto San
Giovanni e Cologno Monzese.
Quasi in aperta campagna, al numero 62, da oltre 20 anni vi risiedono in un
campo comunale circa 120 Rom Harvati, metà di loro hanno meno di 18 anni. Di
lontana origine croata, sono presenti nella zona da oltre 40 anni, prima in
sistemazioni di fortuna e dal 1989 lì regolarmente residenti.
Sono cittadini italiani, scolarizzati dalla metà degli anni '80, iscritti al
SSN. Inizialmente era solo un prato abbandonato, dove erano piazzate le roulotte
attorno ad un sentiero che lo percorre come un anello, sentiero poi asfaltato
dal comune. Data la situazione di relativa tranquillità degli anni scorsi, le
famiglie hanno potuto col tempo sistemare i propri spazi, rendendo il campo
simile ad un piccolo campeggio. Nel villaggio ci sono anche due MONUMENTI:
- proprio di fronte all'ingresso LA GRANDE SERRA DEL PERDUTO
LAVORO, costruita quando la cooperativa LACI BUTI (Buon Lavoro
nella loro lingua, la cooperativa è formata dai rom stessi
diplomatisi operatori del verde agli inizi degli anni '90)
coltivava piante da vendere al mercato. Ora il monumento è in
disuso, perché il comune non ha più rinnovato la licenza di
vendita.
- Al centro del villaggio: il CENTRO POLIFUNZIONALE. Costruito
una quindicina d'anni fa dal comune, nelle intenzioni doveva
essere un centro comunitario, presidio sanitario e sociale. In
tutti questi anni è stato adoperato 5-6 volte. E' intenzione
degli abitanti riportarlo all'originaria funzione, già ora
sarebbe possibile utilizzarlo per tenere corsi di cucito e
sartoria. Inoltre potrebbe aprirsi ad iniziative e mostre in
collaborazione con la zona.
Inoltre nel villaggio risiedono gli ultimi allevatori di cavalli dell'area di
Milano, eredi di una lunga tradizione. Anni fa, quando nell'insediamento si
erano formate diverse squadre di calcio, divise per età, era stata anche
bonificata un'area per sistemarla a terreno di calcio, che fu teatro di
memorabili sfide con altre squadre del quartiere.
Questo, in poche parole, il vissuto di un insediamento storico. Sia chiaro, i
problemi non sono mai mancati e non mancano tuttora. Ma nei decenni passati, la
comune volontà degli abitanti, delle varie amministrazioni comunali, dei
cittadini e dei volontari di zona, avevano fatto sì che questo fosse conosciuto
come un campo modello nella realtà milanese. L'abbandono degli ultimi anni, la
mancanza di manutenzione e di politiche sociali, assieme alla volontà delle
ultime amministrazioni di procedere ad una progressiva chiusura del campo, hanno
portato ad un progressivo deteriorarsi della situazione.
Da questo è nato un
progetto partecipato di riqualificazione dell'insediamento, accompagnato da
un lungo confronto tra gli stessi abitanti e le forze politiche e sociali della
zona, per dare finalmente sicurezze a chi risiede in zona da decenni ed
all'insediamento un carattere di villaggio solidale pienamente inserito
nell'area del costituendo Parco della Media Valle del Lambro. Il progetto spazia
in diversi ambiti: da quello del lavoro, all'abitare, alla scuola,
all'interazione col quartiere e con la città. E' anche il senso della
partecipazione per la prima volta della comunità di via Idro alla festa VIA
PADOVA E' MEGLIO DI MILANO, in quanto componente degli storici quartieri di
Crescenzago-Gobba-Adriano. Sperando, con il contributo di artisti, cantanti,
musici, scrittori e vari testimoni, di offrirvi un panorama ricco ed
interessante di questa cultura, vi aspettiamo tutti il 19 e 20 maggio.
Programma
Sabato 19 maggio
- dalle 10.00 alle 12.00: Ti costruisco una storia:
laboratori per bambini - Preparazione con i bambini dei
costumi e delle scenografie dello spettacolo teatrale del
pomeriggio. Laboratorio curato da Stefania Benedetti, Mela
Tomaselli, Karisa Kahindi (a cura di associazione AB)
- dalle 10.30 alle 11.30: Il tempo dell'incertezza:
comunità stanziali e sgomberate a confronto - Letture
di brani dei libri METROPOLI PER PRINCIPIANTI (Gianni Biondillo)
e di I ROM DI VIA RUBATTINO - UNA SCUOLA DI SOLIDARIETA' (a cura
di Elisa Giunipiero e Flaviana Robbiati), effettuate dagli
autori e con la presenza dei protagonisti. (a cura di Martesana 2 e
Comunità rom di via Idro)
- dalle 16.00 alle 17.00: Racconterò una fiaba che mi
hanno raccontato - "L'anim-attrice" Stefania Benedetti
condurrà per mano il pubblico attraverso un racconto del popolo
rom (a cura di associazione AB)
- dalle 19.00 alle 20.00: The million dollar Kid -
Proiezione del documentario (40’ circa) sui Traveller in
Irlanda, alla presenza del regista Gian Maria Carrara, presso il
centro polifunzionale. Interazione con gli ultimi allevatori di
cavalli della città, che risiedono proprio in via Idro (a
cura di Vivere in Zona 2 e Comunità rom di via Idro)
- dalle 21.00 alle 23.30: Musiche randagie – Antonio Ricci, Valeria Lista, Rosa Maurelli, Rosanna Casè e Piero Leodi. - Pietro Marazza e Paola D'Alessandro. - OSPITE SPECIALE: Alessio Lega (a
cura di Comunità rom di via Idro e Anpi Crescenzago)
Domenica 20 maggio
- dalle 10.30 alle 11.30: Non siamo nomadi, siamo
cittadini? - presentazione del libro VICINI DISTANTI,
CRONACHE DA VIA IDRO (a cura di Fabrizio Casavola). L'autore
intervisterà alcuni protagonisti del libro su problemi,
speranze, racconti, promesse, riguardo la loro presenza
quarantennale in zona 2, da ascoltarsi nelle loro piazzole di
sosta, sorbendosi un caffè (a cura di Vivere in Zona 2 e
Comunità rom di via Idro)
- dalle 15.00 alle 18.00: I nipoti di Zampanò -
Clown, trampolieri, mangiafuoco, fachiri e giocolieri... grandi
e piccini faranno un balzo indietro nel tempo, com'era una volta
lo spettacolo itinerante, in compagnia degli artisti del
Circo
Ciccioli (a cura di Vivere in Zona 2)
tra le 18.00 e le 18.30: arrivo della Biciclettata
poetico meticcia con performance poetica (a cura di
Teatro degli Incontri)
dalle 18.30 alle 21.00: Video e suoni con Annese e
Finessi – DALLE TERRE DI NESSUNO, 2009, 53',
documentario di Elvio Annese - “Se un giorno d'inverno un
suonatore di fisarmonica...” Un film di Valerio Finessi con
Jovica Jovic. Due sguardi sui mutamenti urbani (a cura di
City ART)
dalle 21.30 alle 22.30: Dopocena con Ratko -
Cabaret con Luca Klobas (Zelig). Consigli, suggerimenti,
opinioni e dritte per neoarrivati e lungodegenti, su come
sopravvivere all'Italia e agli italiani (a cura di Vivere in
Zona 2)
Inoltre, durante tutta la durata della festa: per i più piccini, giro del
villaggio di via Idro a dorso di pony.
Il villaggio vedrà l'esposizione di ZigZart: un evento di
urban art con 10 installazioni che si relazionano con la realtà urbana,
estrapolando significati dai luoghi toccati, danno visioni creative cercando di
costruire relazioni e istigare processi trasformativi. Il villaggio nomade è un
luogo urbano, un possibile terreno comune, dove sperimentare convivenze e
relazioni tra culture diverse, tessere fili tra una realtà concreta degli
abitanti del villaggio e il mondo circostante. (evento a cura di Sitart)
(AGI)
- Pescara, 19:12 07 MAG 2012
Circa venti giovani si sono presentati nella notte all'interno del Bingo che
si trova lungo la via Vestina, a Montesilvano (Pescara), con i volti coperti da
passamontagna e sciarpe. Cercavano i nomadi, che spesso frequentano questa
struttura ma da qualche giorno non si fanno vedere. La loro frequentazione del
Bingo si e' interrotta presumibilmente a seguito dell'omicidio di Domenico
Rigante, l'ultra' 24enne di Pescara che sarebbe stato ucciso proprio da un rom,
Domenico Ciarelli, arrestato sabato dalla polizia.
Nell'ambiente nomade si temono ritorsioni da parte dell'ambiente della
tifoseria pescarese a cui Rigante apparteneva. Quando c'e' stata l'irruzione nel
Bingo erano presenti circa 30 giocatori. Dopo aver fatto un giro senza trovare
cio' che volevano i giovani si sono allontanati e hanno chiesto scusa per
l'irruzione. Non sarebbero state viste armi ma non si esclude che l'obiettivo
fosse quello di aggredire e picchiare gli zingari. Quando sono andati via, erano
le 2.30 circa, e' stato lanciato l'allarme e sono stati avvertiti i carabinieri
della compagnia di Montesilvano, coordinati dal capitano Enzo Marinelli, che
hanno raccolto le testimonianze dei presenti e si stanno occupando delle
indagini. (AGI) Pe1/Ett
Di Fabrizio (del 10/05/2012 @ 09:09:12, in Italia, visitato 1300 volte)
OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA
L'omicidio del giovane Domenico Rigante è un fatto grave che va affrontato
assicurando tutti i colpevoli alla giustizia, nel rispetto della legge italiana.
Questo significa che le istituzioni pubbliche che in modo efficiente hanno
provveduto all'arresto del presunto omicida devono, allo stesso modo, condannare
e contrastare le azioni con le quali la comunità rom di Pescara è stata
minacciata e criminalizzata come colpevole del reato.
Contro queste azioni illegali di "etnicizzazione del reato" le
istituzioni, fino ad oggi, hanno fatto molto poco : li hanno subite e tollerate
. Lo striscione lasciato appeso di fronte al comune di Pescara con scritto "avete
cinque giorni per cacciarli dalla città" mette in evidenza l'approccio
utilizzato delle istituzioni locali. Per questo atteggiamento tollerante tante
famiglie rom di Pescara, persone per bene che non c'entrano nulla con
l'omicidio, per paura di subire delle violenze, hanno deciso di allontanarsi
dalle loro case.
Ci chiediamo se così facendo le istituzioni pubbliche abbiano garantito la
sicurezza anche ai cittadini rom. L'approccio tollerante utilizzato dalle
istituzioni, forse per evitare reazioni peggiori da parte del gruppo ultrà,
comunque lascia spazio alla realizzazione di altre violenze, le stesse che hanno
portato all'omicidio del giovane Rigante.
Anche l'approccio dei media è stato, a nostro parere, molto discutibile.
I media nazionali, che non subiscono le pressioni dei gruppi locali, hanno
riportato gli episodi gravi delle minacce che hanno spinto alcune famiglie rom
ad allontanarsi dalla città, come delle semplici "tensioni" successive
all'omicidio, senza esprimere alcuna forma di condanna verso queste. Nessuna
condanna neanche verso quei politici locali che hanno apertamente appoggiato
queste iniziative discriminanti, accompagnate dalle frasi "riprendiamoci il
territorio". Descrivere questi fatti di grave discriminazione come se fossero
una "normale reazione" all'omicidio, significa indirettamente accettarli e
legittimarli.
Episodi di questo genere sono azioni di razzismo, che troppo spesso hanno
preparato atti violenti contro delle famiglie inerme e totalmente estranee ai
fatti criminali che arbitrariamente gli vengono addebitate.
A nostro parere la condanna verso queste posizioni deve essere chiara e
inequivocabile e per questo non si devono accettare attenuanti e giustificazione
di nessuna specie. Proprio perché, dopo un atto di grave violenza come è stato
l'omicidio di questo giovane, vanno scongiurate in modo netto altre violenze.
Da lodare, invece, è il comportamento civile del padre del giovane ucciso.
Quest'uomo , nonostante il suo grande dolore per la perdita di un figlio, ha
invitato gli ultrà alla calma chiedendo giustizia e non vendetta. Siamo vicini a
questo padre che, dimostrando grande dignità ed equilibrio, ha capito che la
giustizia per suo figlio non si otterrà con gli atti di razzismo verso la
comunità rom. Atti assurdi e arbitrari come l'omicidio di suo figlio, atti il
cui argomento etnico è una pura invenzione.
I fenomeni criminali, che esistono in tutte le città, non hanno mai avuto una
connotazione etnica come alcuni lasciano intendere applicando l'approccio del
capro espiatorio. Approccio che serve altri interessi e non certo quelli del
bene comune. La criminalità, in ogni città, è una problematica di tipo sociale
che va affrontata con seri provvedimenti sociali e non attraverso la costruzione
di "scontri tra gruppi etnici", che in realtà non esistono. Questo è un modo
subdolo di affrontare le questioni sociali che non ha mai portato ad alcuna
soluzione, ma ha aumentato i problemi.
Invitiamo pertanto il comune di Pescara a condannare apertamente gli atti di
discriminazione posti in essere contro i cittadini rom, a collaborare con le
associazioni locali che da tempo denunciano l'esistenza di problemi sociali (non
etnici) sul territorio e a realizzare con queste gli interventi necessari.
Reggio Calabria, 7 maggio 2012
Il presidente
Sig. Antonino Giacomo Marino
Di Fabrizio (del 10/05/2012 @ 09:29:10, in Europa, visitato 1740 volte)
Da
Roma_Daily_News
-
Su Facebook
Toma Nikolaev è un rispettato attivista dei diritti rom, ed ex candidato al
Parlamento. Perseguitato in Bulgaria a causa delle sue critiche all'apartheid
che esclude la maggior parte dei 700.000 Rom di Bulgaria, è stato direttore
del giornale bilingue
DeFacto sino alla chiusura.
Temendo per la propria vita, dopo che una bomba era stata posta vicino a casa
sua, Nikolaev chiese asilo in Gran Bretagna. Ne seguì un lungo processo, mai
terminato, durante qwuel periodo Nikolaev continuò ad aiutare i Rom. Si unì alla
campagna per salvare la comunità di Dale Farm, interrotta dall'assalto della
polizia antisommossa il 19 ottobre 2011.
L'8 aprile 2012, giorno della nazione rom, Toma Nikolaev ha partecipato ad un
sit-in di fronte all'ambasciata bulgara a Londra. Poco dopo venne arrestato su
mandato europeo e passò tre giorni in custodia prima di essere rilasciato su
cauzione. E' stato convocato al tribunale dei magistrati di Westminster alle
9.30 del 22 maggio.
E' la prima volta che un importante attivista politico rom viene portato
davanti a questo tribunale, di solito riservato alle estradizioni e ai casi di
terrorismo.
Nikolaev potrebbe essere estradato in Bulgaria, dove lo attende una condanna
al carcere, imposta per le sue critiche al governo.
I Rom in Bulgaria costituiscono l'8% della popolazione, vivono soprattutto in
quartieri isolati e soffrono il 70% di disoccupazione. In questa condizione di
esclusione sociale, gli attivisti rom sono oggetto di persecuzione giudiziaria e
poliziesca, e anche di violenza da parte dei movimenti nazionalisti e razzisti,
in particolare del partito Ataka. Questo il motivo per cui non è sicuro per
Nikolaev, sua moglie ed i suoi figli di tornare in Bulgaria. Ci appelliamo
quindi al tribunale dei magistrati di Westminster per impedire il procedimento
di espulsione richiesto dallo stato bulgaro, e permettere a Toma Nikolaev di
rimanere in Gran Bretagna, dove gli sia concesso di richiedere asilo politico.
Il nostro appello è rivolto alla regina Elisabetta II, al Governo e al
Parlamento del Regno Unito. Chiediamo loro di intervenire nel caso di Toma
Nikolaev, offrendo così all'Unione Europea e al mondo un esempio di civiltà e
rispetto per i diritti umani. Facciamo anche pressione all'Alto Commissario per
i Rifugiati delle Nazioni Unite, Antonio Guterres; all'Alto Commissario ONU per
i Diritti Umani, Navi Pillay; il Commissario Europeo per i Diritti Umani, Nils Muiznieks;
il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, e a tutta la società civile
perché non rimangano indifferenti ad un caso paradigmatico delle attuali
condizioni dei Rom e di quanti difendono i loro diritti.
Speriamo in un verdetto giusto ed umanitario nel caso di Toma Nikolaev, ed
estendiamo a quanti risponderanno a questo appello i nostri migliori
ringraziamenti.
Chiediamo che Toma Nikolaev ottenga il diritto di rimanere in Gran Bretagna e
non venga estradato in Bulgaria, dove la sua vita e la sua libertà son in
pericolo.
We appeal to:
- the Westminster Magistrates' Court
- Queen Elizabeth II
- the Government and Parliament of the United Kingdom
- the United Nations High Commissioner for Refugees, Antonio Guterres
- the UN High Commissioner for Human Rights, Ms. Navi Pillay
- the European Commissioner for Human Rights, Nils Muiznieks
- the President of the European Parliament, Martin Schulz
alle bleiben!
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Assaman Martedì 08 Maggio 2012 13:27 - Scritto da Alessandra Montesanto
In Razzisti a parole (per tacer dei fatti) - un saggio edito da Laterza
nella collana Il nocciolo - Federico Faloppa prende in considerazione
parole, modi dire e frasi ricorrenti nella comunicazione degli italiani che
suggeriscono una mentalità ancora molto, troppo chiusa nei confronti degli
stranieri. Ma il linguaggio è anche un pretesto per analizzare le politiche in
atto, il mondo dell'informazione e la società stessa in relazione ai temi
dell'intercultura e delle nuove forme di polis e di cittadinanza.
Perché ha sentito l'urgenza di scrivere questo saggio? Si può
parlare, oggi, ancora di "razzismo"?
Lavoro sui temi del libro da una quindicina d'anni, ormai. E proprio
dall'osservazione del linguaggio, e dei suoi usi, ho avuto l'impressione che in
questi ultimi quindici anni - malgrado nel frattempo la società italiana sia
diventata più complessa, si sia arricchita di presenze, sia diventata, per usare
un termine chiaro ancorché discusso, molto più "multiculturale" - il nostro modo
di rappresentare questa ricchezza, questa "diversità" (in particolare quella
apportata dai migranti), e di parlarne, sia diventato paradossalmente più
approssimativo, più stereotipico, e poco rispondente alla realtà. Anzi, mi pare
che - per una serie di fattori precisi e concomitanti - atti non sporadici di
xenofobia, un evidente "razzismo istituzionale" (a questo proposito, invito a
leggere il recente libro di Clelia Bartoli Razzisti per legge), un disarmante
conformismo dell'informazione - si sia anche creato, in particolare nel decennio
2001-2011, un discorso razzista diffuso, direi egemonico: talmente egemonico da
apparire spesso normale, da non fare più scandalo, da non poter essere quasi
messo in discussione. Da passare paradossalmente per "realista" (malgrado gli
stessi dati lo sconfessino), in opposizione a quel presunto "buonismo" cui si
attribuiscono - artatamente - tutti i mali... Da queste constatazioni è nata
l'urgenza di scrivere un pamphlet che tentasse di decostruire questo discorso
egemonico, proponendo al lettore alcuni semplici esercizi di smontaggio dei
"testi" e quindi dei messaggi, più o meno celati, che questi veicolano.
Nel libro ha preso in considerazione alcune parole ed espressioni di uso comune:
"negro", "clandestino", "vu' cumprà": soffermiamoci sulla loro accezione
negativa - specie nel caso dei "clandestini" e cerchiamo di capire cosa nasconde
questa terminologia...
Provo a essere sintetico, anche se certi argomenti - in termini linguistici -
andrebbero sceverati con scrupolo. La lingua di per sé non è né buona né
cattiva. Dipende dai contesti, dagli usi, da fattori para-linguistici ed
extra-linguistici (come, rispettivamente, l'intonazione e le convenzioni
sociali, ad esempio). È altrettanto vero, però, che sul piano del significato
alcune parole hanno connotazioni negative, valutative, offensive più marcate
rispetto ad altre. Ed il significato è legato certo al momento
dell'enunciazione, ma anche alla storia, al "peso" che una certa parola porta
con sé. Ebbene, gli esempi che lei ha fatto, da questo punto di vista, sono
diversi. Negro, seppur etimologicamente "corretto", ha assunto nel tempo
connotazioni estremamente negative, ed oggi viene utilizzato soprattutto con
intento ingiurioso (in binomi lessicali o espressioni fisse come "sporco negro",
"negro di merda"). Clandestino ha conosciuto uno slittamento semantico
importante, ed e diventato, soprattutto nell'ultimo decennio, una sorta di iperonimo per migrante, immigrato irregolare, richiedente asilo, rifugiato,
ecc.; anzi - questa e la tesi che sostengo - è diventato un termine per indicare
non uno statuto temporaneo, ma quasi permanente: si è clandestini
ontologicamente, per natura, prima ancora di esserlo di fronte alla legge. Vu'
cumprà, neologismo degli anni Ottanta che sembrava scomparso, riaffiora non di
rado nel linguaggio giornalistico, ed anzi - in ragione della sua stabilità
nella lingua - è diventato anche morfologicamente produttivo (avendo originato i
vari vu' lavà, vu' parcheggià, vu' stuprà, ecc.). Queste e altre etichette hanno
usi e storie diverse, dicevo. Ma hanno una drammatica affinità: possono essere
pericolosamente ambigue, insinuanti, offensive. E sono ormai parte di un lessico
xenofobo riconoscibile, strutturato, diffuso. E di cui si fa sicuramente abuso,
sia nel linguaggio politico, sia in quello quotidiano e - mi si perdoni il
bisticcio - dei quotidiani e dei mezzi di informazione.
Molto interessante il capitolo che riguarda la cosiddetta "Discriminazione
transitoria positiva": di cosa si tratta ? E quali sono le conseguenze nei
confronti degli alunni stranieri?
Con quel capitolo ho tentato di criticare non solo l'impianto della cosiddetta
"mozione Cota" (quella, tanto per capirci, che nel 2008 proponeva l'introduzione
di "classi separate" nelle scuole italiane, indirizzate agli "immigrati" o ai
"figli di immigrati" che non padroneggiassero l'italiano) - un impianto fondato
su pochi triti luoghi comuni, privo di qualsiasi base glottodidattica - ma anche
il linguaggio, approssimativo, sciatto, fumoso, con cui essa venne scritta e
presentata, dentro e fuori il parlamento. Se si legge con attenzione quel testo,
è facile trovarvi lacune, contraddizioni, falsi presupposti che non dovrebbero
essere presenti in un documento del genere: un documento che tratta un argomento
cosi importante come l'educazione delle nuove generazioni e l'idea di società
che, a partire dalla scuola, si vuole costruire. Ma lo stesso esercizio di
smontaggio si potrebbe fare su molti altri testi proposti e discussi negli anni
scorsi, non solo dalle maggioranze di centro-destra. Perché il punto non è
(soltanto) quello di accusare di incompetenza gli estensori di quella
particolare mozione. È anche quello di puntare il dito contro i molti, troppi
discorsi privi di argomentazioni solide, in tema di immigrazione: redatti per
fini elettorali, o sull'onda dell'emozione suscitata da fatti di cronaca più o
meno gravi. Tornando alla scuola, non dimentichiamo che questa istituzione ha un
ruolo - e una responsabilità - fondamentale. Sia perché - nei fatti - è già da
anni un formidabile laboratorio di convivenza, dialogo, "intercultura". Sia
perché ha il ruolo, preziosissimo, di trasmettere un pensiero critico e di
raccontare la complessità agli italiani e ai "nuovi italiani". Non a caso si è
cercato, e si cerca di depotenziarla ad ogni occasione: sottraendole risorse,
competenze, autorevolezza.
È ancora in atto, a suo parere, una "politica della paura" che porta a
considerare gli immigrati come una minaccia per la sicurezza sociale?
Il governo in carica, per fortuna, ha smesso di calcare la mano sul tema. E
anzi, mi pare aver derubricato la voce "paura percepita" dalla lista dei
problemi e delle priorità della sua agenda politica. Tuttavia, se a livello
politico nazionale la tensione si è (forse) affievolita, ed i toni sembrano meno
allarmistici, non bisogna dimenticare che quei veri e propri carceri che sono i
CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), sono ancora in piedi, e lavorano
a pieno regime. E obbligano alla detenzione coatta centinaia di persone (molte
delle quali - tra l'altro - avrebbero diritto a protezione internazionale senza
se e senza ma) per le quali è stato di fatto abolito l'habeas corpus. Inoltre, a
livello locale (sui media, nelle ordinanze comunali, ecc.), spesso i discorsi
paiono essere sempre quelli: "attenzione, elettori, immigrati e rom sono sempre,
per definizione, una minaccia!"
Perché la paura e la diffidenza sono rivolte, in particolare, nei confronti dei
cittadini rom?
La paura nei confronti degli "zingari" ha origini lontane, e oggi vive
-
soprattutto - di "sentito dire", quando non di vere e proprie "leggende urbane",
bufale (come quella sulle zingare rapitrici di neonati). Per questo è difficile
da sradicare, o almeno da ridimensionare, da contestualizzare. Diciamo, in
breve, che gli "zingari" hanno storicamente rappresentato (non soltanto in
Italia) l'anomalia, l'altro che incombe - a milioni, ma in Italia sono circa
160.000 - sulle nostre certezze e sul nostro benessere, il mostruoso e
repellente. Li abbiamo spesso visti, e usati, come capro espiatorio per
eccellenza. E li descriviamo - si pensi a certa stampa locale, non solo di
destra - come la principale causa di degrado urbano e di tensione sociale.
Ebbene, questa "caccia alle streghe" (alimentata spesso ad arte a fini
elettorali) dovrebbe finire. E dovremmo smettere di esprimerci per iperboli,
senza sapere bene di che cosa stiamo parlando (rom, zingari, slavi, nomadi:
siamo sicuri che queste parole siano sinonimi?), e cominciare invece ad
affrontare razionalmente le questioni, qualora e quando queste si presentino,
evitando ad esempio di "etnicizzare" ogni singolo comportamento, ogni singola
devianza.
I mass-media (la stampa e la televisione, in particolare) contribuiscono a
veicolare un certo "razzismo democratico"?
A ragione Giuseppe Faso ha coniato, alcuni anni fa, l'espressione "razzismo
democratico" (si veda il suo - giustamente fortunato - libro Lessico del
razzismo democratico, del 2008), mettendo alla berlina non soltanto gli usi più
scopertamente "razzisti" del linguaggio (ad esempio gli insulti cosiddetti
"razziali", le espressioni chiaramente offensive) ma anche le formule che
sembrano più neutre, e che neutre - a ben guardare - non sono affatto: penso al
tanto diffuso «non sono razzista, ma...», penso - come già accennato - all'abuso
di clandestino, penso alla stessa parola etnico (ed "etnici" guarda caso sono
sempre gli altri), o a giovani immigrati per parlare delle "seconde
generazioni", e di persone nate qui, che quindi non sono mai "migrate". Ma non
si tratta solo del lessico, che è poi l'aspetto più superficiale. Si tratta
anche di argomentazioni fallaci, di errate implicazioni (in presenza di un
crimine, il sospetto cade prima sullo straniero), di cliché infondati, di
strategie discorsive che riducono i fenomeni migratori - e le rivendicazioni dei
migranti - a "problema", o il concetto di sicurezza a una questione di ordine
pubblico legata alla presenza di stranieri, ecc. Ebbene, i media (ad eccezione
di rari casi) hanno troppo spesso veicolato, più o meno deliberatamente,
quest'insieme di pratiche discorsive. O meglio: troppo spesso non hanno fatto
nulla per contrastarlo. E non bastano delle scuse una tantum (vedi l'ormai
celebre caso de "La Stampa", l'11 dicembre scorso) per fermare la tendenza, per
dissimulare l'abitudine. Lo sanno bene i colleghi dell'associazione "Carta di
Roma", o dell'associazione "Giornalisti contro il razzismo", o di COSPE, o di "Occhioaimedia",
che tentano con attività di monitoraggio e formazione a vari livelli di chiedere
ai giornali, e ai giornalisti, di riflettere criticamente su usi e abusi, e di
dimostrare maggiore responsabilità e professionalità nel dare notizie
riguardanti i migranti, gli "zingari", le minoranze.
Quale soluzione suggerisce per una vera "integrazione" degli stranieri?
Non sono né un politico né un "tecnico". E quindi non ho una "soluzione". Anche
perché le soluzioni non possono essere "una" soltanto, né unilaterali. Vanno
tentate e negoziate, sempre: tra tutti gli attori sociali (anche, quindi,
ascoltando e coinvolgendo gli "altri"). Senza contare che, in termini di
"integrazione" milioni di stranieri sono (e si sentono) già parte della comunità
nazionale, sono italiani a tutti gli effetti: continuare a non riconoscerlo non
solo è profondamente ingiusto nei loro confronti, ma stupidamente errato sul
piano della conoscenza dei fatti. L'"integrazione" già c'è, e già
- malgrado la
complessità dei processi - funziona piuttosto bene: basta guardarsi intorno.
Di Fabrizio (del 11/05/2012 @ 09:48:43, in scuola, visitato 1290 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojisvav
JusticeTv Mercoledì, 09 Maggio 2012 15: :24 - Scritto da Martina Chichi
In Croazia, per la prima volta, un tribunale nazionale condanna una donna
accusata di aver discriminato la comunità rom. È accaduto a Fiume, dove, due
anni fa, un'esercente ha rifiutato di accogliere nel suo negozio due ragazze di
origine rom che si erano presentate per svolgere un tirocinio richiesto dalla
scuola secondaria superiore.
La titolare dell'esercizio aveva chiuso loro in faccia la porta del locale
chiamandole "zingare". Le studentesse hanno denunciato l'episodio alla preside
della scuola di economia frequentata e, dopo aver trovato un altro negozio per
svolgere le ore di pratica necessarie per superare l'anno, si sono rivolte al
tribunale per ottenere giustizia.
Il giudice ha condannato il gesto d'intolleranza della donna, ordinandole di
pagare una pena pecuniaria. Si è trattato, secondo la pronuncia, di un caso di
discriminazione su base etnica. Caso che ha destato l'attenzione dell'opinione
pubblica in una città multiculturale come Fiume, dove gli episodi di
intolleranza verso le comunità rom e sinti non sono affatto rari.
Le giovani sono rimaste soddisfatte. "Credo che il verdetto aprirà la strada
ad altri processi e aiuterà molte persone che vengono danneggiate perché non
appartenenti alla maggioranza etnica che c'è nella popolazione" ha commentato
una delle ricorrenti.
È un verdetto importante per la Croazia, perché per la prima volta è un
tribunale nazionale a emanare una condanna. Finora vicende legali analoghe
avevano trovato seguito solo presso la Corte europea dei diritti dell'uomo.
La discriminazione scolastica in Croazia era stata oggetto, nel 2010, di una
sentenza dei giudici di Strasburgo. Quattordici ricorrenti di origine rom
lamentavano il fatto di aver visto inserire i propri figli in classi composte
esclusivamente da ragazzi della stessa etnia. In quella occasione la Corte aveva
ritenuto che formare nelle scuole elementari classi separate per i bambini rom
li sottoponesse a un trattamento differente rispetto a quello degli altri
alunni. Le classi separate finivano per sfavorire il grado di istruzione dei
bambini, senza tenere conto delle esigenze di coloro che conoscevano male la
lingua croata. La Croazia era stata condannata a risarcire per danni morali i
ricorrenti, colpevole di aver discriminato la comunità rom e di non aver
garantito il diritto all'istruzione.
Fa notizia, quindi, la sentenza di condanna per discriminazioni di un
tribunale croato, accolta nella giurisprudenza nazionale come un significativo
precedente.
Capita, di sentire paragonare la situazione di Rom e Sinti
in Europa a quella dei nativi americani. Una delle cose che può unirli, è la
conoscenza dell'erboristeria tradizionale, conoscenza che col tempo sta sparendo
tra le comunità romanì. Non conosco approfonditamente la situazione dei nativi
americani, ma vedo che tra loro questa memoria viene tramandata come identità
culturale.
Indian country
By ICTMN Staff May 4, 2012 RSS - Pat Gwin, direttore alle Risorse naturale
della Nazione Cherokee, discute sulle piante con Cathy
Monholland, storica delle tribù e specialista del curriculum
culturale, in preparazione della seconda conferenza annuale etnobotanica
della Nazione Cherokee. La conferenza si terrà il 24-25 maggio. (Courtesy of Cherokee Nation)
Imparare come i Cherokee usavano le piante tradizionale come medicina, cibo,
riparo, armi e altro ancora prima del Trail of Tears (l'esodo forzato dalle
terre native ndr.) e di come alcuni componenti delle tribù stanno operando
per preservare le tradizionali conoscenze ecologiche, e coltivare giardini con
queste piante importanti per gli Cherokee. Poi si andrà a piedi verso
Rocky Ford, a nord di
Tahlequah, Oklahoma, per osservare queste antiche piante crescere nel loro
ambiente naturale e ascoltare come iniziare il proprio giardino cherokee.
La seconda
conferenza annuale etnobotanica
della Nazione Cherokee si terrà il 24-25 maggio. Il primo giorno, gli oratori
condivideranno alcune conoscenze tradizionali riguardo le piante della
Riserva Cherokee del
complesso tribale W.W. Keeler a Cherokee, Oklahoma. La conferenza si concluderà
con la visita guidata a Rocky Ford.
"Scopo della nostra conferenza è far crescere la consapevolezza e
l'apprezzamento per le piante cherokee, che ci fornivano non solo da mangiare ma
anche medicina," dice Cathy Monholland, storica delle tribù e specialista del
curriculum culturale per la Nazione Cherokee, in un comunicato stampa. "In molti
hanno interesse ma non la competenza riguardo a queste piante, quindi vogliamo
insegnare di più su queste piante che ancora sono importanti nella vita dei
Cherokee, ed il nostro cammino nella natura ha lo scopo di permettere alle
persone di osservare alcune di queste piante nel loro habitat naturale."
Clint Carroll (Courtesy of the University of Minnesota)
Il primo giorno l'oratore ospite
Clint Carroll, della Nazione Cherokee, evidenzierà le diverse sfide
contemporanee che il suo popolo deve affrontare nel preservare la conoscenza
ambientale degli indiani americani e le sue pratiche, col discorso: "Cosa
sappiamo su ciò che vive nel mondo selvatico: la conoscenza ambientale cherokee
attraverso le epoche". Carroll è dottore associato in
studi degli indiani americani
all'università di Minnesota–Twin Cities ed ha lavorato come tecnico
all'ambiente e alle risorse naturali per la Nazione Cherokee.
Dopo il discorso di Carroll, i maestri giardinieri Tony e Carra Harris
presenteranno alle 13.30 "Se le piante potessero parlare: una relazione
cherokee". La coppia ha coltivato una delle più grandi collezioni nella nazione
di piante significative per i Cherokee. Tony illustrerà come le piante erano
usate per medicina, cibo, ripaqro, armi, strumenti e a scopo cerimoniale, prima
del Trail of Tears. Carra presenterà idee e risorse per iniziare un proprio
giardino cherokee.
La giornata conclusiva vedrà una passeggiata guidata di due ore nella natura,
durante la quale i relatori della conferenza ed i rappresentanti del
dipartimento alle Risorse Naturali illustreranno alcune delle piante presentate
nella conferenza.
"Portiamo i partecipanti dove possono vedere crescere le piante, cosa che
normalmente non è proponibile in un ambiente suburbano," ha detto Pat Gwin,
guida alla camminata e direttore alle Risorse Naturali della Nazione Cherokee.
"L'ambiente naturale dell'altopiano di Ozark assomiglia all'ambiente più a est
dove vivevano i Cherokee."
La conferenza è gratuita ed aperta al pubblico. Per la passeggiata nella natura,
verrà data precedenza ai primi arrivati. Informazioni sulla Conferenza
Etnobotanica della Nazione Cherokee, contattare Monholland (001) 918-453-5389.
Di Fabrizio (del 13/05/2012 @ 09:11:55, in casa, visitato 1823 volte)
Sitart.org Milano 19 - 20 Maggio 2012
ZigzArt è il titolo dell'evento promosso da SITART nel campo Rom di via Idro a
Milano.
Il progetto nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le
relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di "Via Padova è
meglio di Milano" cantiere d'integrazione multiculturale in progress.
Gli artisti: Ilaria Beretta, Beppe Carrino, Angelo Caruso, Federico De Leonardis,
Carlo Dulla, Pino Lia, Elisabetta Oneto, Sabina Sala, Stefano Sevegnani, con la
direzione artistica di Jacqueline Ceresoli, hanno creato installazioni
site-specific, temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un
progetto di estetica sociale e di arte sostenibile.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di
arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le
persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche
culturali e sociali.
Social Art di Jacqueline Ceresoli
Nell'era dell'iperconnessione veloce "Tout change, tout bouge, tout va de plus
en plus vite" e la rete per alcuni è una corsia preferenziale che accelera
contatti ed evoluzioni sociali, per altri, gli emarginati digitali, separa vite,
stili e identità di moltitudini di persone che si rifugiano in campi situati ai
confini della città dove, nei migliori casi, si recupera un modello di comunità
agricola, di villaggio contadino, in alternativa al modello urbano, ponendo alla
base della società non il denaro, ma il patto di rispetto e di solidarietà tra
gli individui.
Il Campo di via Idro è un Eden anomalo, trasformato in centro di convivenza tra
etnie diverse, situato al termine di via Padova e vicino alla Tangenziale est,
abitato da oltre 20 anni da circa 120 Rom Harvati, diventati cittadini italiani.
Questa tribù urbana è costituita da residenti iscritti al Servizio Sanitario con
bimbi scolarizzati e la metà di loro ha meno di 18 anni. Date queste condizioni
di stanzialità, ex nomadi hanno trasformato il campo in una comunità, dove si
contano più case che roulotte, molte delle quali con verande, orti o giardini,
cavalli, galli e galline, tacchini, cani, gatti, ponendosi in un rapporto
osmotico con il territorio, ma non con il tessuto urbano. In questa comunità di
integrati, ma divisi dai cittadini per scelte di vita, 9 artisti italiani
diversi per età, formazione e linguaggi adottati, hanno creato site-specific e
installazioni a tecnica mista temporanee sul luogo, per condividere con gli
abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile promosso da
Sitart.
ZigzArt nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni
tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di via Padova, cantiere
d'integrazione multiculturale in progress.
Dall'inizio di via Idro, lungo la Martesana, all'angolo di via Padova fanno
capolino le vele colorate e i nastri di carta riflettente che definiscono un
"Isola" immaginaria di Stefano Sevegnani, affacciata sul Naviglio.
Da via Padova fino al Villaggio Idro si estende intorno alla campagna limitrofa
il "Serpente d'oro", di Sabina Sala, composto da chicchi di grano: l'oro del
Mediterraneo e delle civiltà contadine.
Ilaria Beretta evoca il concetto di "migrazione" con una gigantesca capanna di
stoffa, come ready made del nomadismo dei Rom, prototipo di abitazione di uomini
in movimento, divenuti stanziali con la casa.
All'ingresso del Villaggio, troverete disegnato sul muro con martello e
scalpello l'opera "Pastorale" di Federico De Leonardis, un grande bastone,
simbolo del pastore che guida e accudisce al suo gregge, come insegna di un
modello di vita idilliaca e bucolica, come alternativa a quello urbano.
Angelo Caruso ricopre con "Foulards" variopinti di gusto gitano, donati dalle
donne del Villaggio, "la grande serra del perduto lavoro" della Cooperativa Rom
che coltivava piante da vendere al mercato ora abbandonata, qui riutilizzata
come rifugio per galline e altri animali da allevamento, cavalli al pascolo,
liberi di circolare sull'antistante orto coltivato: è un'altra evocazione
simbolica di vita agreste, perduta con la rivoluzione industriale, quando l'uomo
ha interrotto la relazione con la natura.
Zigzagando dentro il villaggio, lungo la strada principale, noterete
l'installazione "Fiat Lux", realizzata con alcune centraline di energia in
disuso, trasformate da Carlo Dulla in simbolici altarini, in cui compaiono ex
voto di luce, di gas e di acqua come apparizioni, presenze miracolose non sempre
garantite in questo campo.
Davanti al Centro Polifunzionale del villaggio, pensato come presidio sanitario,
sociale e culturale, sempre chiuso e poco utilizzato dal Comune, Elisabetta Oneto presenta,
"Pori", un'installazione di code di cavallo, che per i Rom
rappresenta un mezzo di trasporto, di sostentamento ed è il simbolo della loro
cultura nomade.
All'interno dell'edificio, Beppe Carrino ha rivestito una stanza con
"Scritture
del corpo": una serie di disegni a matita che rappresentano i calchi di mani,
piedi e fronte di varie persone e abitanti del Villaggio. Questa istallazione
ambientale prevede il coinvolgimento del pubblico che si presterà a lasciare una
traccia del suo passaggio nel campo.
Nel cortile dell'edificio dismesso, c'è ormeggiata una "Bari–Barca" di
Pino Lia,
a forma ellittica, in centro una ruota, simbolo del timone, circondata da
ramificazioni dalle quali pendono guanti in lattice e rose con immagini
multietniche, come metafora del viaggio e delle migrazioni di popoli sulla scia
del sogno di una terra promessa.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di
arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le
persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche
culturali e sociali, mettendo in discussione il ruolo dell'artista in questo
ambito, meno autoreferenziale e più utile alla collettività, sull'esempio della
"Scultura Sociale" di Beuys e trasforma Milano in un prototipo di "Museo
diffuso", dal centro alle periferie, open-space di un'arte sostenibile contro la museificazione dell'arte contemporanea, dinamica e complessa.
Info:
Titolo: ZigZart - Evento organizzato da SITART - Ideato e curato da Angelo
Caruso - Direzione artistica Jacqueline Ceresoli - Direzione all'accoglienza nel
Villaggio Fabrizio Casavola - Luogo: via Padova angolo via Idro al Campo Nomadi
sul Naviglio Martesana. - Periodo: 19+20 Maggio 2012
Partner: Comunità Rom di Via Idro, Comitato Vivere in Zona 2, Associazione AB,
City Art, Anpi Crescenzago, Martesana 2, Teatro degli incontri.
Per info: Angelo Caruso - Cell. 3357689814
info@sitart.org –
www.sitart.org –
www.meglioviapadova.org
Per informazioni: City Art, tel. 02-87167065, cell. 335-7689814, www.cityart.it,
info@cityart.it
Patrocinio: Comune di Milano - Consiglio di Zona 2
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