Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/02/2009 @ 09:16:27, in Europa, visitato 1663 volte)
Da
Hungarian_Roma
Budapest, 20 febbraio (MTI) - Orban Kolompar, capo dell'Autorità Nazionale
Zingara (OCO), ha chiesto alle comunità rom ungheresi di contribuire ad
un'analisi delle recenti manifestazioni anti-Rom e di addivenire a proposte che
calmino le tensioni con la società, ha detto venerdì Kolompar a MTI.
I sentimenti anti-Rom tenderanno a crescere nei prossimi mesi, in quanto i
nazionalisti radicali stanno facendo sforzi per aumentare la loro base
elettorale alimentando questi sentimenti, ha detto Kolompar.
Ha aggiunto che Fidesz, il principale partito d'opposizione, sta fornendo
"tacito appoggio" a queste attività, citando la recente dichiarazione del leader
di Fidesz, Victor Orban: "Non esiste un crimine zingaro, ma ci sono zingari
criminali".
Kolompar ha detto che OCO non permetterà che la comunità rom sia etichettata
collettivamente come un gruppo di criminali. "Chiunque usi questa retorica sta
giocando col fuoco," ha aggiunto.
I leaders dei 1.127 governi locali Rom d'Ungheria si incontreranno per una
conferenza nazionale agli inizi di marzo. L'agenda include anche i temi del
lavoro, dell'istruzione e della sicurezza pubblica, ha detto Kolompar.
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 14:27:03, in Italia, visitato 1368 volte)
Lunedì 23 febbraio 2009 - ORE 17.20 -
Si è tenuto stamattina, in un clima di cordiale collaborazione, l'incontro tra i
rappresentanti delle Organizzazioni sociali e del lavoro e il Procuratore Capo
della Repubblica di Foggia Vincenzo Russo. L'iniziativa di cui si sono fatte
promotrici le ACLI, la Caritas, la Cgil, la Cisl, l'Arci, l'Acsi, l'Opera
Nomadi, l'Associazione Genoveffa de Troia, l'Ordine dei medici e Solidaunia ha
avuto come oggetto la situazione del campo Rom di Borgo Arpinova, danneggiato
dall'incendio del 19 dicembre scorso nel quale trovò la morte il piccolo Geylo.
Dalle parole del Procuratore Capo si è appreso che l'istruttoria, seguita al
sequestro disposto dalla Procura della Repubblica di Foggia dopo l'incidente, si
avvia alla conclusione e a breve, quindi, il Comune di Foggia potrà disporre
dello spazio per le opere di ricostruzione. La prima maggiore difficoltà
incontrata dopo l'incidente viene così rimossa, dando alle circa 60 famiglie Rom
e ai 67 bambini la possibilità di un ritorno alla normalità e ad una vita
dignitosa. Pochi giorni ancora e il Comune di Foggia, con il quale più volte le
stesse Organizzazioni avevano promosso iniziative di confronto su quella che è
divenuta, nel frattempo, una vera e propria emergenza abitativa e sanitaria,
soprattutto, per le 10 famiglie Rom più gravemente colpite dall'incendio, potrà
iniziare il lavoro di ricostruzione. L'augurio, che ha trovato conforto nel
dialogo costante con l'Assessore comunale Paolo De Vito, è che il dissequestro
dell'area possa, nel più breve tempo possibile, stabilire le migliori condizioni
di vivibilità del Campo di Borgo Arpinova, anche attraverso la dotazione di
sistemi di sicurezza adeguati alla situazione.
redazione Teleradioerre
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 09:26:11, in Europa, visitato 1498 volte)
Da
Roma_Daily_News (tutti i link sono in tedesco o inglese)
17 febbraio 2009 – Assieme ai Liberali, la coalizione di Conservatori e
Socialdemocratici ha definitivamente rigettato, mercoledì scorso, una
mozione
introdotta dal partito di sinistra "Die Linke", che richiedeva una
temporanea moratoria sui rimpatri forzati verso il Kosovo. "Die Linke"
chiedeva anche al Governo Federale di garantire uno status di residenza
permanente ai membri delle minoranze etniche e di altri gruppi vulnerabili. Il
partito diceva anche che la Germania aveva una particolare responsabilità verso
i Rom, risultante dall'Olocausto.
In un
articolo sugli uffici del primo ambasciatore tedesco nominato per il Kosovo,
la rivista internet net.de scrisse che uno dei suoi compiti principali
sarebbe stato organizzare i ritorni dei rifugiati. Secondo l'ambasciatore, circa
200.000 abitanti del Kosovo vivono in Germania, la maggior parte con passaporto
serbo o jugoslavo. Tra questi, 35.000 molti di questi Rom, Askali ed Egizi sono
soltanto "tollerati". Sono a rischio di deportazione forzata in Kosovo, una
volta segnato l'accordo di riammissione tra Kosovo e Germania.
Romano Them
Vedere anche:
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 09:21:30, in Italia, visitato 1439 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Un gruppo di famiglie Rom Bosniache che vive fuori Livorno ha dato
accoglienza al cittadino Rumeno Karol Racz, presunto autore dello stupro della
minorenne avvenuto a Roma il 14 febbraio scorso.
I Rom in questione erano del tutto ignari del grave reato commesso (?) dal
cittadino Rumeno pochi giorni prima a Roma. Conoscevano Karol, già un anno fa
questi si era rivolto a loro perché bisognoso di aiuto e aveva trovato in questa
piccola comunità di Rom il necessario sostegno e la possibilità di svolgere
qualche piccolo lavoro: raccolta ferro, pulizia del campo. Si era sempre
mostrato gentile e calmo con tutti i componenti della famiglia Rom, ancora fanno
fatica a credere alle accuse che gli vengono mosse. Allora viveva con un gruppo
di suoi connazionali a poca distanza dal campo Rom. Poi aveva lasciato Livorno
per andare a Roma.
Qualche giorno fà Karol si era ripresentato al campo per chiedere agli stessi
Rom la possibilità di poter dormire e di fermarsi solo qualche giorno il tempo
per guadagnare qualche soldo per poi ripartire di nuovo. Era notte, faceva
freddo, giusto appunto c'è anche una roulotte libera, così i Rom accettano di
ospitarlo il tempo necessario, lo conoscono e si fidano: non immaginano
lontanamente che Karol è ricercato dalla Polizia per il presunto reato di stupro
a danno di una minorenne.
In quel momento i Rom vedono una persona, un uomo, un povero che chiede un
aiuto, un'ospitalità.. anche loro ci sono passati, sanno benissimo cosa vuol
dire essere rifiutati, messi fuori, passare le notti al freddo, sentirsi soli e
affidarsi alla bontà di qualche "cristiano" capace ancora di compassione. Per
loro in quel momento l'uomo precede la regola, il calcolo, il dentro e il fuori.
Si potrà ragionare e disquisire all'infinito senza arrivare a delle certezze
matematiche, e
quel dubbio che mina ogni possibile ragionamento: "ma se avessero saputo che lui
era ricercato, cosa avrebbero fatto?" Cosa avremmo fatto noi di fronte ad un
conoscente, ad un amico? Ma non è questo il punto, perché in quel momento le
famiglie Rom non lo potevano certo pensare o immaginare quali fossero le reali
intenzioni del Rumeno: davanti a loro c'era una richiesta di aiuto, quella di
Karol conosciuto l'anno prima, e la risposta fu quella di aprire la loro porta
ed accoglierlo.
" Venite, voi che siete benedetti dal Padre mio..perché io ero forestiero e
mi avete ospitato nella vostra casa.." (Mt.25, 35 ss.)
Quei Rom hanno accolto, non nascosto! Ingenuità o profezia?
La nostra società sa ancora accogliere l'altro senza calcolo, senza per forza
dover programmarlo secondo i nostri progetti o senza rivestirlo dei nostri
percorsi? E' ancora valida un'accoglienza dell'altro capace di rispettare la sua
identità, le sue tappe, le sue scelte e senza la pretesa di essere sempre e solo
noi a dover determinare tutto? Ne siamo ancora capaci?
Ti accolgo se accetti di cambiare al ritmo della mia bontà, se dimostri di
volerti integrare, se sottoscrivi questi patti, altrimenti.." Quando offri un
pranzo o una
cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi
vicini..perché tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un
banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno
da ricambiarti." ( Lc 14, 12-14)
Bisogna riconoscere che non poche volte comunità di Rom e Sinti accolgono al
loro interno persone (italiani e non) di passaggio, a volte sono persone ferite
dentro, emarginate dalla società..lì ritrovano anche quel calore umano che
altrove gli è precluso, rifiutato, negato o condizionato. E' un'accoglienza
semplice,
sopratutto umana e discreta ma spesso capace di ridare coraggio e di aprire
cammini nuovi a chi attraversa periodi di disagio e difficoltà.
Regolamento di campi imposto e blindato, quasi copiato nello spirito alle
leggi razziali d'un tempo che ci illudevamo di aver lasciato alle spalle,
demolizioni di
insediamenti abusivi, ordinanze contro mendicanti, lavavetri, censimento dei
senza fissa dimora, ronde..piano piano accettiamo come normalità interventi
sempre più duri contro i poveri, gli immigrati e i Rom in particolare; in nome
della sicurezza trangugiamo ogni sorta di boccone, spesso imbevuto con piccole
dosi quotidiane di razzismo, fino a non farci sentire il disgusto o la vergogna
per i nostri silenzi o peggio ancora collaboratori attivi a questi progetti.
L'accoglienza che questi Rom hanno donato a Karol, nonostante tutto è stato un
gesto di genuinità, di squisita solidarietà: hanno offerto il loro spazio, hanno
aperto all'accoglienza la loro mano, a differenza di gran parte della società
che in questi ultimi tempi vuol far mostra della sua "cattiveria" attraverso il
suo pugno chiuso.
Grazie per questo vostro messaggio umano e cristiano!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) - 21 Febbraio 2009
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 09:17:13, in Europa, visitato 1687 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Emportal.co.yu 18 febbraio 2009. Fonte: Tanjug
Bozidar Djelic, vice Primo Ministro per l'integrazione UE ha detto oggi
che per la fine di febbraio verrà disegnata una strategia per l'inclusione dei
Rom e verranno assicurati fondi per il suo sviluppo.
Parlando all'apertura del 15° incontro del Tavolo internazionale dei
Direttori del Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, tenutosi a Belgrado,
Djelic ha sottolineato l'importanza per la Serbia di predisporre la strategia
durante la sua presidenza.
Djelic, che è anche coordinatore nazionale per il Decennio dell'Inclusione
Rom, ha detto che l'organizzazione tenterà anche di essere formalmente più
attiva nel proporre una politica europea verso i Rom.
Ha ricordato che le priorità della Serbia durante la propria presidenza
saranno di risolvere i problemi dei Rom nella casa e nell'istruzione, come pure
il problema della discriminazione e la questione della loro inclusione nel
quadro di una politica Rom europea.
Ha detto che nei precedenti cinque anni la percentuale dei bambini rom che
ricevono l'educazione elementare obbligatoria è salita dal 56% al 75%,
aggiungendo che l'istruzione dovrebbe essere una priorità nell'integrazione
sociale dei Rom.
Ha detto che l'istruzione non può essere la soluzione di ogni problema ma è
un passo importante per risolvere gli altri problemi che la popolazione rom
affronta.
Ha detto che durante il 2007 metà delle famiglie rom vivevano sotto la linea
di povertà.
Commentando l'incidente di Kraljevo, dove un minorenne rom ha ucciso un serbo
di 18 anni, seguito su internet da minacce di vendette contro i Rom, Djelic ha
detto che ogni crimine dev'essere punibile solo per legge, senza riguardo
all'etnia.
Un singolo crimine non può diventare base per rivincite contro un particolare
gruppo etnico. Il governo serbo condanna le minacce apparse su internet, ha
detto Djelic, aggiungendo di appoggiare l'azione presa dallo stato, dai corpi
locali e dalle organizzazioni rom che richiamano alla calma.
Svetozar Ciplic, Ministro per le Minoranze ed i Diritti Umani, ha detto che
l'Europa ha compreso che è impossibile parlare di democrazia e responsabilità
sociale se non c'è coscienza dei problemi dei Rom.
Ciplic ha detto che il Decennio dell'Inclusione Rom partito cinque anni fa e
ha esplicitamente stabilito che l'integrazione dei Rom è l'obiettivo di tutti i
paesi firmatari.
I Rom sono una risorsa umana, culturale ed intellettuale che gli stati non
hanno ancora scoperto, ha detto il Ministro, aggiungendo che oggi ogni paese ha
problemi finanziari, ma la crisi economica globale non deve essere una
giustificazione per rallentare il lavoro sull'integrazione sociale dei Rom.
Il Decennio dell'Inclusione Rom è iniziato nel 2005, su iniziativa dell'Open
Society Institute e della Banca Mondiale e comprende 10 paesi.
Romania, Bulgaria ed Ungheria hanno già presieduto il Decennio Rom e la
Serbia tiene la presidenza dal 25 giugno 2008. Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Repubblica
Ceca, Slovacchia, Ungheria, Macedonia,
Montenegro, Romania, Bulgaria e Serbia stanno prendendo parte al Decennio.
Durante la presidenza serba, anche la Spagna è diventata membro di questa
iniziativa regionale.
I rappresentanti dei 12 paesi discuteranno su discriminazione nell'istruzione
e presenteranno i loro piani d'azione nazionali.
Iňigo de Palacio Espaňa, Ambasciatore spagnolo in Serbia, firmerà
una dichiarazione sull'accesso della Spagna al Decennio dell'Inclusione Rom.
Da
Roma_Daily_News
Carissimi,
C'è un nuovo sito web dalla Spagna chiamato Mundo Gitano (www.mundogitano.
net) dove si forniscono opinioni e informazioni sui Rrom in Spagna e America
Latina in generale; quanti di voi parlano spagnolo, possono entrare nel sito,
dare un'opinione e leggere diversi articoli e proposte, c'è anche un progetto
sul romanes, che forse non è così buono, ma dovete tenere a mente che in Spagna
la conoscenza di questa lingua non è buona. Sto tentando di aumentare le
informazioni che ci sono sul sito, ma da solo non basto, così penso che qui
abbiamo gente che potrebbe collaborare [...] in rromanes o spagnolo, forse
Kako Ron dal Canada o Yanko Hancock, che parla un po' di spagnolo?
Sarebbe grande se altri dessero le loro impressioni e opinioni sugli
argomenti che appaiono nelle pagine, i Rrom spagnoli sono davvero lontani dal
movimento Internazionale Romani, a causa del linguaggio (non parlano il rromanes),
invece, se lo parlassero, potremmo aiutarci. Vi posso assicurare che c'è un
grande interesse tra i Rrom spagnoli nel recuperare la lingua rromanes.
Saluti a tutti,
Lolya dall'Argentina
jorgebernaljohnson@hotmail.com
Di Fabrizio (del 23/02/2009 @ 09:38:44, in Europa, visitato 3079 volte)
Da
Urloweb.com
Venerdì 20 Febbraio 2009 13:08 - Più di una volta mi sono chiesto se il
nomadismo dei rom e dei sinti sia una scelta dettata dalla voglia di viaggiare o
da un vitale istinto di sopravvivenza.
Gli zingari rubano i bambini. Una ricerca dell’Università di Verona ha preso in
esame l’ultimo ventennio fino al 2007. Ha scartabellato in tutte le procure
italiane e non ha trovato un solo caso di rom o di sinto condannato per aver
rubato un bambino.
Ora invece facciamo un salto indietro nel tempo. Questa storia, riportata nel
mio libro “Non chiamarmi zingaro” edito da Chiarelettere, me l’ha raccontata
Mariella Mher la scrittrice jenische (gli zingari svizzeri) che all’età di due
anni fu “rubata”, per legge, alla propria famiglia. Siamo nel 1912 e in
Svizzera, per contrastare la mortalità infantile, viene creata una fondazione:
la Pro Juventute.
E’ subito riconosciuta di pubblica utilità e beneficia di contributi da parte
della Confederazione Elvetica.
Nel 1926 le viene affidato l’alto compito di proteggere i bambini dall’abbandono
e dal vagabondaggio e così idea il progetto Bambini di strada.
Il fondatore e direttore, dottor Alfred Siegfried, si fa personalmente carico di
“sradicare il male del nomadismo” dalla società svizzera. Cardine della sua
filosofia è la conversione di tutti gli jenisch, gli zingari svizzeri, da nomadi
a sedentari. Purtroppo gli adulti sono già dati per spacciati mentre sui bambini
si può ancora agire. Così, attraverso “misure educative sistematiche e
coerenti”, Siegfried sottrae con la forza, alle rispettive famiglie jenisch, i
figli. Queste operazioni vengono condotte in collaborazione con le autorità
cantonali e comunali.
Il dottore, che definisce gli zingari geneticamente “inferiori, deficienti e
mentalmente ritardati”, colloca i bambini, anche quelli in fasce, presso
orfanotrofi, collegi, ospedali psichiatrici o all’interno di famiglie
affidatarie.
L’operazione ha come obiettivo il riplasmare questo materiale umano
introducendolo all’interno di una società sedentaria, ordinata e normale. Ogni
contatto con la precedente famiglia è categoricamente vietato, pena la non
riuscita del piano rieducativo. “Ogni qualvolta” sottolinea il dottor Siegfried
“vuoi per nostra bonarietà, vuoi per uno sfortunato e casuale incontro, uno di
questi bambini, ancora disadattati e instabili, entra in contatto con i propri
genitori, tutto il nostro lavoro viene vanificato.”
Anche i cognomi vengono cancellati per impedire possibili e futuri
ricongiungimenti che potrebbero riportare il fanciullo verso una vita nomade e
di conseguenza verso il crimine.
Che il nomadismo jenisch anche in Svizzera sia dovuto alla ricerca della
sopravvivenza attraverso il piccolo commercio, non viene preso in considerazione
dal dottor Siegfried che, al contrario, lo considera una devianza genetica.
Il suo obbiettivo è recuperare questo popolo di asociali e così molte bambine,
come fu in seguito provato, sono sterilizzate. Per alcuni bambini con ritardo di
linguaggio si crea un metodo speciale: vengono infilati in una vasca da bagno e
quindi bloccati dentro con delle assi di legno che gli cingono il collo affinché
non possano uscire. Questa teoria medica asserisce che i problemi di linguaggio
del bambino, precedentemente sottratto con la forza alla legittima madre, si
risolvono immergendo il suo corpo, anche per venti ore, in acqua fredda.
L’ideologia nazista non è né sconosciuta né avversata dalla Fondazione Pro
Juventute che, anzi, attraverso il suo direttore, intrattiene strette
collaborazioni con psichiatri tedeschi e, in modo particolare, col dottor Robert
Ritter che tanta parte ebbe nella soppressione di 500.000 rom e sinti durante il
terzo reich.
In poco meno di quarantacinque anni e cioè dal 1926 al 1972, sono rubati alle
rispettive famiglie circa duemila bambini di cui più di seicento
dall’Associazione umanitaria Pro Juventute.
Nel 1972 un giornalista svizzero, Hans Caprez, raccoglie alcune testimonianze di
jenisch vittime del programma della Pro Juventute. E’ una bomba e lo scandalo
che ne scaturisce va su tutti i giornali. Non passa neanche un anno e la Pro
Juventute interrompe il progetto Bambini di strada.
Vengono condotte delle indagini sui responsabili.
Tuttavia devono passare quindici anni prima che la Pro Juventute chieda
pubblicamente scusa al popolo jenisch ammettendo le proprie colpe.
I risultati delle indagini sulle responsabilità della Confederazione arrivarono,
invece, nel 1998 quando è condannata a risarcire le vittime.
Quel che resta, oggi, a questi bambini rubati sono: traumi, lesioni, vergogne e
un risarcimento, riconosciuto dalla Confederazione Elvetica, di circa 10.000
euro.
Pino Petruzzelli
Di Fabrizio (del 23/02/2009 @ 09:17:37, in Italia, visitato 1841 volte)
Da
Circolo Pasolini Pavia
"Il Secolo XIX", 19 febbraio 2009 di Simone Schiaffino [dalla Liguria]
La ganascia d’acciaio sradica i sogni italiani. Demolisce speranza e degrado, in
egual misura. Abbatte come fuscelli le baracche elette a casa. Sconquassa le
povere cose che gli stranieri avevano raccolto laddove gli italiani gettano
quello che non gli serve più. "Ora dove andremo?". L’unica riposta può essere
"Via da qui, non all’ex Colonia Fara". Fa freddo, la pungente temperatura delle
sette del mattino, quando gli uomini che vestono tre diverse uniformi compaiono
nell’area esterna del grattacielo di Preli. Polizia municipale, agli ordini
del comandante Federico Bisso, carabinieri della compagnia retta dal capitano
Gianluigi Bevacqua, polizia di Stato, dal commissariato chiavarese governato dal
dirigente Giampiero Bove. Volanti, gazzelle e autopattuglie. Poi arriva anche un
camion dotato di un’enorme morsa metallica montata su un braccio mobile. Per
abbattere il degrado: il campo rom a Preli, sorto in un paio di "notti di
lavoro", nell’ultimo week end. Assistere alla demolizione della "baraccopoli"
provoca un po’ di emozione. Perché gli uomini in divisa si trovano,
metaforicamente, a guadare un fiume: da una parte gli ordini, gli obblighi, il
dovere. Dall’altro l’umanità: il trovarsi di fronte ai "reietti", agli ultimi,
quelli che una casa non ce l’hanno mai avuta. "Quando siamo arrivati qualcuno si
lavava in mare nell’acqua gelida, altri dormivano ancora - dice il comandante
Bisso -. Una parte è fuggita alla vista delle nostre auto; altri ci sono venuti
incontro, per sapere cosa sarebbe successo. Avevano l’aria affranta. Una donna
piangeva". Gli uomini della "forza pubblica" hanno spiegato che il campo rom
sulla riva del mare chiavarese di ponente sarebbe stata, di lì a poco, rasa al
suolo. Sgomberata. Disinfestata. Ulteriormente, per l’ennesima volta, recintata.
L’annuncio ha provocato qualche minuto di tensione. Uno straniero, dei più
giovani, ha sbraitato qualcosa nella sua lingua. Sembrava avesse l’intenzione di
avvicinarsi ai poliziotti con intenti bellicosi. I suoi connazionali, forse suoi
parenti, o fratelli, lo hanno preso per le braccia, impedendogli di farsi
arrestare per resistenza o lesioni a pubblico ufficiale. Tutto è finito lì.
Nello stesso momento, le otto o poco più, un ruggito sordo annunciava l’arrivo
del camion munito di braccio meccanico e ganascia. La ditta spezzina "Costa
Mauro", specializzata in bonifiche ambientali, è stata chiamata dal Comune di
Chiavari, appena si è saputo dell’esistenza del campo rom: la notizia l’ha data,
come sempre accade, un abitante di Preli, l’altro ieri sera. "Venite alla Fara -
ha detto l’abitante - stanno costruendo baracche sotto i portici della Fara".
Gli operai, che vestono tute antibatteriche e mascherine a naso e bocca,
infagottano tutto e caricano sul camion. Mentre la morsa demolisce e distrugge.
Resta a terra un orsacchiotto di peluche, portato lì forse da uno dei pochi
bambini che la comunità rom si è portata con sé a Chiavari."Prima di demolire
tutto abbiamo detto loro di prendere ciò che volevano portare con sé - conclude
il capo della polizia municipale di Chiavari -. Qualcuno ha preso una coperta,
altri qualche scatoletta di alimenti. Poi se ne sono andati". Nessun
provvedimento, nessuna denuncia è scattata nei confronti degli stranieri. Anche
perché l’unico reato poteva essere quello di occupazione abusiva di immobile. Ma
i "reietti" non sono entrati all’ex Colonia Fara: gli sbarramenti in cemento e
mattoni hanno retto. Si sono solo accampati accanto al fatiscente grattacielo. E
non avere un posto dove andare, bivaccando in un’area aperta a tutti, ancora non
è reato.
Di Fabrizio (del 22/02/2009 @ 09:47:21, in Europa, visitato 2417 volte)
Mutui e accampamenti : la maledizione delle case inglesi
di Giulia Alliani - 17 febbraio 2009
L'anno scorso uno dei nomadi l'aveva predetto: le autorità locali avrebbero
impiegato almeno otto anni per riuscire a buttarli fuori. Pochi giorni fa, la
tradizionale capacità divinatoria, che viene unanimemente riconosciuta agli
zingari, é stata ancora una volta confermata.
Il loro rappresentante, nella sua predizione, non é andato troppo lontano dalla
realtà: forse gli anni non saranno otto, ma cinque certamente sì, e forse anche
di più. I 64 nomadi che, grazie ai quattro giorni di vacanza dei funzionari
addetti al piano regolatore, erano riusciti a costruire a tempo di record, su un
appezzamento di terreno in Inghilterra, nei Cotswold, un accampamento illegale,
provvisto d i elettricità e condutture per l'acqua, hanno ottenuto da un
ispettore governati vo il permesso di rimanere nel sito prescelto per altri
quattro anni.
Il Consiglio del distretto di Stratford-on-Avon aveva rifiutato di concedere un
permesso retroattivo e aveva ingiunto agli zingari di andarsene, ma i nomadi
avevano proposto appello. Era quindi seguita un'inchiesta pubblica in dicembre,
terminata la quale, l'ispettore del Governo, Phillip Crookes, ha garantito a 16
famiglie un permesso provvisorio che scadrà nel 2013.
Secondo l'ispettore, nella zona c'é una carenza di campi nomadi e la misura
adottata dovrebbe dare alla comunità, che conta un centinaio di persone, il
tempo necessario per cercare "dei siti alternativi e garantire ai bambini un
passaggio senza strappi ad altre scuole se ciò si rendesse necessario". La
notizia é stata accolta con irritazione dagli abitanti del posto, che hanno
visto crollare il valore delle loro case, e dai loro rappresentanti, che
giudicano semplicemente patetico il fatto che la decisione permetta a dei gruppi
di individui di violare il piano regolatore al cui rispetto tutti sono tenuti.
Nella zona, prevalentemente rurale, conosciuta e apprezzata per i suoi luoghi
idilliaci, a poche centinaia di metri dall'accampamento, sorge anche la casa di
campagna di proprietà dell'ex-marito del ministro laburista Tessa Jowell,
l'avvocato David Mills, attualmente sotto processo a Milano, unico imputato di
corruzione in atti giudiziari dopo lo stralcio della posizione del presidente
del Consiglio Berlusconi, in conseguenza del Lodo Alfano.
La sentenza di primo grado dovrebbe essere pronunciata nei prossimi giorni.
Di Fabrizio (del 22/02/2009 @ 09:31:33, in media, visitato 2056 volte)
Da
corriere.it (una risposta a Beppe Sevegnini)
Caro Beppe,
nella tua risposta a Massimo Burioni (20 febbraio) ti domandi: «Dove sono gli
zingari a Berlino? Buon titolo per un'inchiesta: non se ne vede in giro uno».
Vorrei fare alcune precisazioni in proposito.
In Germania ci sono 110 mila-130 mila tra rom e sinti - sia di cittadinanza
tedesca che stranieri. Quelli tedeschi sono riconosciuti come minoranza
nazionale. Magari non li vedi perché in Germania sono riusciti ad adottare
politiche di integrazione e inserimento che qui da noi sono troppo
all'avanguardia, per cui non mendicano o rubacchiano per le strade (e sottolineo
che anche da noi sono una minoranza quelli che lo fanno) né vivono nei campi
«nomadi». Da noi i rom italiani non sono stati riconosciuti come minoranza,
seppure esista una legge che ne riconosce ben dodici, e che li ha esclusi
imponendo criteri per il riconoscimento tra cui anche loro rientrano. Del resto,
da noi il «problema» viene trattato come «emergenza sicurezza», per cui i rom
devono essere cacciati (che siano italiani o stranieri poco importa), non
aiutati a integrarsi.
Ultima precisazione: credo che la gente inorridirebbe se ti sentisse chiamare
un africano «negro». Quindi, che i rom e i sinti vengano chiamati con il loro
nome, e non «zingari» (che è offensivo) o «nomadi» (che è scorretto). Il fatto
che vengano chiamati nomadi serve solo a perpetuare il pregiudizio per cui loro
possono solo vivere nei campi, che lo vogliano o meno. Non dico che sia tutta
colpa degli organi d'informazione se ci sono problemi da una parte e dall'altra,
ma forse, se iniziassero a usare quanto meno una terminologia adatta, a non
strumentalizzare le notizie a tutti i costi limitandosi a riportare dati
effettivi e non di comodo, e se facessero una vera campagna d'informazione
corretta, già sarebbe un passo avanti.
Claudia Tavani, taffani@hotmail.com
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