Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 06/04/2008 @ 09:44:31, in Europa, visitato 1949 volte)
Da
Roma_Francais
I Sulejmani vivono ad Herbiers da più di un anno. La loro domanda
d'asilo rifiutata, queste vittime dimenticate della guerra del Kosovo non
immaginano di dover ancora ripartire. E per andare dove?
La famiglia Sulejmani lasciò il Kosovo nel 1999. "Come molte altre case dei Rom,
la nostra fu bombardata", dice il padre Bun Sulejmani, 47 anni. Oggi, l'avvenire
della famiglia è di nuovo incerto.
I Sulejmani abitavano a Mitrovica. "Prima della guerra, vivevamo bene in
Kosovo. Avevamo una drogheria, non c'erano problemi. Ma oggi, i Rom non sono più
accettati da nessuna parte. Siamo come palloni da football."
I Rom sono le vittime dimenticate della guerra che ha devastato il Kosovo
alla fine degli anni '90. Una minoranza presa nella tenaglia del confronto che
opponeva Serbi ed Albanesi. Oggi, i Rom restano indesiderabili in questo paese
divenuto indipendente lo scorso 17 febbraio. "Prima della guerra, c'erano circa
144.000 Rom in Kosovo," completa Yvon Albert che insegna il francese alla
famiglia Sulejmani. "Oggi, non ne restano che il 10%"
Attorno a Yvon Albert, nell'appartamento della famiglia messo a disposizione
dal Centro d'accoglimento dei richiedenti asilo (CADA), si sono raggruppate una
dozzina di persone. Sono cittadini di Herbiers sensibili alle sorti di questa
famiglia. "I bambini vanno a scuola, i genitori imparano il francese. E' una
famiglia molto unita, che chiede di integrarsi. Una petizione recentemente
lanciata ha raccolto 1.500 firme."
Bun e Sheribana hanno sei figli. Quattro di loro vivono a Herbiers. La più
giovane, Ikbal, ha 11 anni. Frequenta la scuola del quartiere, ha lasciato il
Kosovo che aveva 3 anni. "Non mi ricordo di quel paese. Io, voglio restare in
Francia, continuare ad andare a scuola."
Dopo il bombardamento della loro casa, la famiglia s'è ritrovata in un campo
a Podgorica, nel Montenegro. "Gli otto membri della famiglia ci sono restati per
otto anni, min una baracca grande come una stanza," dice
Geneviève Cantiteau, dell'associazione Actif, che milita per i richiedenti
asilo. "Alimentazione e cure erano aleatori." La famiglia è riuscita infine a
pagare uno spallone che li ha condotti in Francia. Dopo aver soggiornato in
diverse città, sono arrivati ad Herbiers nell'aprile 2007.
"Là, abbiamo seguito la prassi abituale," illustra
Geneviève Cantiteau. "La loro prima domanda di regolarizzazione è stata
rifiutata. Ugualmente per il ricorso. Sembra per ragioni amministrative."
La famiglia dovrà lasciare l'appartamento entro il 10 aprile. Ha indirizzato
un ultimo ricorso alla prefettura della Vandea. E' l'ultima possibilità.
"Vogliono che ritorniamo in Kosovo, ma non è possibile," continua il padre della
famiglia. "L'indipendenza non cambia niente per noi Rom. I Serbi ci detestano,
gli Albanesi pure. Non abbiamo nessun posto dove andare."
Sua moglie Sheribana, silenziosa sino a questo momento, alza le braccia e gli
occhi al cielo. "Meglio morire che rientrare in Kosovo."
E' stata pubblicata su Internet una petizione:
http://www.educationsansfrontieres.org/
[...]
Di Fabrizio (del 07/04/2008 @ 08:55:58, in casa, visitato 2287 volte)
Da
British_Roma
Lucas Dudi non si lamenta della sua vita a Glasgow. "La mia sistemazione è
buona. Tutto è a posto. Non c'è lavoro in Slovacchia. C'è lavoro a Glasgow, e
così sono venuto qui."
Come molti lavoratori migranti dalla Slovacchia, lavora nell'industria
alimentare, con uno stipendio che non gradito a molti scozzesi ma è attraente
per chi arriva da paesi dove c'è un alto tasso di disoccupazione. Lavora nel
processo alle patate. Altri slovacchi sono impiegati nell'inscatolamento della
carne, in altri campi alimentari e nel lavaggio delle auto.
Ma Dudi, che condivide un confortevole appartamento al piano terra con la sua
famiglia, è tra i fortunati. Migliaia di lavoratori slovacchi e le loro famiglie
sono arrivati a Glasgow nel 2004, quando il loro paese si è unito alla UE.
Molti sono rom - dall'est estremo della Slovacchia, che fuggono da persecuzioni
ed esclusioni tra cui la disoccupazione.
La sfida posta ai servizi sociali dell'area sud di Glasgow è stata immensa.
Le famiglie migranti hanno richiesto uno sforzo al NHS (Servizio Sanitario
Nazionale) e alle scuole, oltre che alla polizia.
Attraverso accordi e collaborazioni molte di queste agenzie dicono che grandi
progressi sono stati fatti nell'affrontare i problemi più seri. Ma altri
ammoniscono che i rom slovacchi continuano a sovraccaricare riguardo gli slum
abitativi e le agenzie di collocamento.
Per paradosso, quando un gruppo pone domande dirette ai servizi locali, i rom
tendono ad essere profondamente sospettosi delle autorità ed hanno basse
aspettative di aiuto sociale. Ma portano significanti problemi speciali. Per
contrasto, ad esempio, gli immigranti polacchi - che tendono ad essere ben
organizzati e i cui numeri includono interlocutori di lingua inglese - i rom
slovacchi sono esclusi dalla casa [...] La maggior parte
delle agenzie hanno lottato per comunicare con loro e la traduzione rimane il
problema più grande.
Diverse agenzie hanno fatto stime differenti sul numero degli arrivati, la
cui cifra oscilla dai 1000 ai 3000 individui o forse più. Molti abitano in case
affittate privatamente, spesso di dubbia qualità - una situazione esacerbata dal
sovraffollamento. In situazioni limite si sono incontrate famiglie di 14 persone
in appartamenti a due stanze ed altri che ospitano tre famiglie in un unico
spazio. Questo crea problemi in particolare con i servizi sanitari ed i rifiuti.
Anche se di bassa qualità, la casa non è economica. Qualcuno paga sino a 650
sterline al mese per un appartamento base, e queste case sono spesso legate a
disoccupazione, con la sistemazione ritirata se il lavoro manca.
Anna Lear, direttrice della Govanhill Housing Association, è allarmata dalla
mancanza di politiche sulle condizioni degli immigrati slovacchi. La sua
organizzazione ha rinnovato circa 2000 proprietà abitative nell'area, teme che
molto lavoro andrebbe perso a causa del deterioramento delle proprietà.
Quest'associazione sta portando avanti una dettagliata ricerca su uno delle
quattro strade chiave che forniscono alloggio a molti dei migranti slovacchi, in
un quadrato costituito da Calder Street, Dixon Avenue, Westmoreland Street e
Annette Street. Sono incluse proprietà davvero povere. Dice Lear: "Abbiamo
nuovamente scene di povertà comparabili agli slums degli anni '60".
"In certe case le condizioni sono terribili. La gente continua a pagare 650
sterline al mese per un appartamento con blatte, ratti, insetti o deve si deve
cucinare con un fornellino a gas.
Non c'è niente di nuovo, fa notare. Le condizioni erano molto dure prima
degli ultimi arrivi. "Abbiamo contato 600 appartamenti sfitti nell'area. I
problemi non sono nuovi, ma il cambio della popolazione rendono tutto più
difficile."
La popolazione base di Govanhill è di circa 10.000. Così, a seconda che siano
qui 1000, 1500 o 2000 rom slovacchi, c'è una crescita tra il 10% e il 20%. Fa
notare che "Se avessimo il 20% d'aumento nell'uso della scuola, lavoro sociale,
casa e così via, ci sarebbero le possibilità di fare pressione." Ma è la casa
l'elemento chiave: "Vorremmo vedere i governi locali e centrali impegnarsi per
ammodernare le rimanenti proprietà."
Basta dare un occhio ai due lati di Allison Street, la via pubblica
principale di Govanhill, per scoprire le condizioni degli edifici. Una finestra
si apre al cielo, con la pioggia che cade sulle scale ed un gruppo di piccioni
vi staziona. Gran parte della scala è coperta di escrementi d'uccelli.
Mucchi di rifiuti, confezioni di giocattoli e tubi che escono dal suolo non
sono rari nelle corti interne. Qualcosa o qualcuno ha fracassato le finestre,
con le inferriate della scala tagliate e "fissate" con compensato. Altri hanno
messo un avviso comunale sulla presenza di veleno per ratti.
Gli slovacchi condividono gli spazi con alcuni residenti locali meno
desiderabili. I graffiti indicano il mari di aghi scartati probabilmente
lasciati da alcune persone indigene.
Il consiglio ha difficoltà nell'affrontare il sovraccarico dei residenti che,
per paura di perdere le loro case, colluderanno spesso con i proprietari nel
fornire dati imprecisi [...]
Lentamente si affrontano i problemi di comunicazione. La
Govanhill Housing Association ha ingaggiato uno studente slovacco
dell'Università di Glasgow per sviluppare il lavoro. Nel frattempo, altre due
slovacche, Lydia Zelmanova e Marcela Adamova, sono stati impiegati da Oxfam e
dalla Glasgow Braendam Link per aiutare le famiglie migranti nell'accedere ai
servizi e offrire loro aiuto per l'emergenza. Anche se Zelmanova è tornata in
Slovacchia il mese scorso, le posizioni sono state formalizzate e la Community
Health Care Partnership ha assunto la direzione dei lavori, impiegata da NHS e
il suo rimpiazzo è in divenire.
Prima di lasciare, Zelmanova ha detto a The Herald che le lacune
nel sistema stavano conducendo alla frode e allo sfruttamento. Anche se gli
interventi sono principalmente intesi per affiancare i servizi sociali e
sanitari, la maggior parte degli interventi richiesti riguarda il lavoro.
Dice: "La gente pagherà per ottenere il lavoro per diverse settimane, ma allora
non ce ne sarà più. E' stato detto loro che se desiderano un secondo lavoro
debbano pagare £50-200."
Zelmanova aggiunge quanto le frodi fossero comuni. I lavoratori
la cui occupazione termina sono rimandati a casa, dice, mentre alcune bande di
malavitosi continuano ad esigere i benefici quali gli accreditamenti di imposta
sui figli. Adamova ha detto che parecchi casi sono stati segnalati all'autorità.
Dicono i lavoratori slovacchi che questi problemi vengono
affrontati dando lezioni di inglese, così che siano meno dipendenti dai loro
sfruttatori. Questi corsi sono offerti, ma la richiesta supera l'offerta.
Adamova dice che pure la sistemazione è un problema arduo da
affrontare, parzialmente perché i migranti tollerano condizioni peggiori dei
locali. "Molto slovacchi non direbbero di vivere in sovraffollamento, perché per
noi è comune da tre generazioni vivere in due stanze."
D'altra parte, i lavoratori credono che i proprietari siano
degli sfruttatori. Molti non hanno contratto d'affitto e le somme richieste sono
alte. "Se termina il lavoro, l'agenzia non pagherà l'affitto," spiega Adamova.
"Per terminare, abbiamo degli homeless."
Mike Dailly, della Govan Law Centre, dice che finché non ci sono
soluzioni complessive, la legge dovrebbe essere in grado di fornire una vita
migliore ai lavoratori migranti. Questo è il motivo per cui si srta progettando
un centro legale a Govanhill, dice."Gli avvocati non hanno tutte le soluzioni ma
la gente ha i suoi diritti."
C'è molta manipolazione ed i Rom stanno tollerando le condizioni
degli slums. Molta gente è cosciente dei limiti dei problemi. Sono membri di
un'etnia che negli anni è stata un capro espiatorio e non vogliamo che questo
succeda a Glasgow.
I programmi per il centro legale hanno una solida base e
potrebbe essere in servizio in una coppia dei mesi se si potesse assicurare un
contributo finanziario sufficiente.
Spiega Dailly che se il centro aiuterà i migranti slovacchi,
sarà comunque a disposizione per chiunque abiti l'area. "Srà er chiunque secondo
i nostri criteri si trovi in stato di necessità." Questo approccio dovrebbe
mitigare le tensioni sociali, ragiona Dailly.
Una delle sfide per la polizia è data dagli atteggiamenti
sociali differenti dei rom e degli altri residenti di Govanhill. In particolare,
molte delle famiglie slovacche gradiscono riunirsi sulle vie nella prima sera e
più tardi nella notte, non causando danni ma disturbando altri residenti.
Tutte queste cose assieme creano tensioni sociali e dividono la
gente," dice Dailly. "La comunità può declinare se non è indirizzata."
By STEPHEN NAYSMITH,
Society Editor
Di Fabrizio (del 08/04/2008 @ 08:58:30, in Italia, visitato 1547 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
DICHIARAZIONE DI ANTONIO SCLAVI, PRESIDENTE DI UNICEF ITALIA SU SGOMBERO
BAMBINI ROM A MILANO
Roma, 2 aprile 2008 - “Quale progetto di vita per quei bambini e quelle famiglie
sgomberate dal campo rom a Milano in via Bovisasca? Perché ad uno sgombero
previsto risulta difficile individuare alternative altrettanto prevedibili? Lo
Stato italiano, tutto lo Stato ha una responsabilità precisa nel garantire i
diritti di tutti i bambini e gli adolescenti a diverso titolo presenti sul suo
territorio. E’ questo quanto sancito dalla Convenzione sui diritti
dell’infanzia: una responsabilità comune, che attraversa tutti i diversi livelli
delle istituzioni competenti.
Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, il diritto
all’istruzione e alla salute dei bambini rom, sinti e camminanti non possono che
essere assicurati dalla collaborazione positiva tra tutti i soggetti in campo,
istituzionali e non.
La presenza di questi minorenni nei nostri Comuni non può essere trattata come
un’emergenza temporanea: occorre che nel Piano nazionale infanzia venga dedicata
una parte specifica a definire una strategia nazionale per loro, risorse
adeguate, ma anche un Garante a livello nazionale e regionale che sappia
rafforzare il sistema di garanzia a loro tutela.
La Convenzione ONU del 1989, ratificata dall’Italia, ribadisce l’uguaglianza fra
tutti i bambini come principio cardine e sottolinea come l’interesse superiore
del bambino debba sempre prevalere su ogni altra considerazione.
E’ l’ennesima circostanza, questa, in cui l'UNICEF rinnova l’ appello al
Governo, ai politici e ai media affinché si adoperino attivamente al superamento
dei pregiudizi per contrastare la diffidenza e il razzismo diffuso verso la più
vasta minoranza etnica in Europa, che conta tra gli 8 e i 10 milioni di
appartenenti.
In uno stato di diritto la sicurezza affidata alle forze dell’ordine non può
prescindere da interventi a favore della sicurezza sociale. Per un bambino, per
ogni bambino, ‘essere al sicuro’ equivale a ricevere protezione e rispetto per
la propria dignità.”
Per maggiori informazioni: Ufficio stampa UNICEF Italia, 0647809233/287 – 335
333077, press@unicef.it,
www.unicef.it
Di Fabrizio (del 09/04/2008 @ 09:31:54, in media, visitato 1744 volte)
Agostino Rota Martir segnala un'intervista interessante del
vescovo di Pisa (ormai ex), Mons. Plotti sugli accattoni di Firenze, apparso su
La Repubblica, pagina regionale.
Una delle voci più coraggiose della Chiesa tuona contro Cioni:
il decoro, che concetto ipocrita
“Quella proposta è un abominio”
Plotti: si cacciano i poveri perché intralciano lo shopping
MARIA CRISTINA CARRATÙ
«Dietro proposte del genere c’è una fìlosofìa terribile: far finta che la
povertà non esista».
Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo uscente di Pisa, una delle voci più
alte e coraggiose della Chiesa, non ha dubbi: la proposta dell’assessore Cioni
sui mendicanti è «un abominio».
Un abominio, sostiene, come lo sono altre proposte che si preoccupano
del«decoro» della città piuttosto che delle esigenze dell’umano».
E’ anche vero, però, monsignor Plotti, che un responsabile delle istituzioni
deve cercare di contemperare esigenze diverse, sia quelle dei poveri, che quelle
di chi ha il diritto alla propria incolumità, soprattutto se debole e
sofferente, come la signora caduta a causa del barbone steso sul marciapiede.
«Si, ma la risposta non mi sembra tanto a questa esigenza, quanto a quella di
garantire una certa immagine a una città che si offre al turismo, ovviamente in
una logica prevalentemente commerciale. L’avversione per i poveri, per chi
‘intralcia’ il passo a chi viene in visita, o a chi cammina per fare shopping, è
palpabile ovunque, mica solo a Firenze. A Milano si dà la caccia ai rom in
assetto da sommossa, a Pisa perfino delle suore hanno protestato contro il
progetto per un dormitorio di poveri vicino al loro asilo, per paura che i
bambini si spaventassero».
Secondo l’assessore Cloni, però, dietro l’accattonaggio può esserci un giro
di affari, che può far pensare, almeno in qualche caso, a una falsa mendicità.
«Non so, certo che i falsi mendici, che esibiscono una povertà presunta, ci sono
sempre stati, la loro è una frode e mi chiedo perché si sia aspettato tanto ad
estirparla. Ma non facciamoci fuorviare. La grande maggioranza di chi chiede
l’elemosina è fatta di poveri veri, prodotto sempre più numeroso, fra l’altro,
della stessa società che poi li perseguita, e che non sanno realmente come
vivere. E come si può pensare che un concetto ipocrita come il decoro, un certo
perbenismo di maniera, possano ispirare una qualunque iniziativa efficace
riguardo a bisogni reali, concreti, spesso drammatici?».
Lei, allora, dovesse dare un consiglio a un amministratore, cosa gli
suggerirebbe?
«Intanto è indispensabile che non una sola istituzione pubblica, ma tutte
quante, e con la Chiesa in prima linea, lavorino insieme. Quindi, bisogna
partire da un punto di vista totalmente diverso: pensare di avere davanti non un
problema di decoro, ma un problema umano. E che ogni persona ha diritto di
venire avvicinata, ascoltata, compresa, prima che allontanata. Ma per far questo
ci vogliono squadre di operatori che vadano in giro, e soprattutto strutture per
accogliere chi, certamente, va prima o poi tolto dalla strada. Nessuno ama
chiedere l’elemosina, ma per impedirglielo bisogna offrirgli un’alternativa, non
limitarsi a sperare che non si faccia più vedere, ciò che fra l’altro è del
tutto illusorio. La cittadinanza deve essere sempre e comunque accogliente, non
solo a certe condizioni».
Di Fabrizio (del 09/04/2008 @ 10:55:04, in Italia, visitato 1818 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
Salve mi chiamo Cosimo e scrivo per segnalarvi un romanzo "Il circo capovolto"
di Milena Magnani ed. Feltrinelli che ho visto presentato in forma di reading
spettacolo con attore e fisarmonica ( più autrice)
due sere fa al teatro Parenti di Milano, nella rassegna racconto italiano.
Finalmente un romanzo che parla in maniera decisa dell'olocausto rom e che
al tempo stesso pone il lettore in collegamento con il mondo interculturale di
oggi, dove le lingue della nuova immigrazione hanno un ruolo di rilievo.
Essendo ambientato in una baraccopoli, racconta il convivere di persone di
diverse etnie che si devono confrontare e misurare su ciò che li unisce e non su
ciò che li divide.
Bellissimo è il fatto che l'autrice, oltre alla narrazione in lingua italiana,
abbia lasciato idiomi riferibili a cinque diversi ceppi linguistici (non solo
albanese, ma anche rumeno, ungherese, ceko, romanes) e che non abbia sentito il
bisogno di metterne la traduzione in italiano a fondo pagina. Su questo punto ho
avuto modo di ascoltare le sue motivazioni durante la presentazione che ha fatto
in mezzo alle straordinarie letture di Andrea Lupo e alla fisarmonica gitana di
Sanelli e mi è piaciuto sentirle dire che il senso della storia, e quindi di una
trama comune, si afferra e procede al di là che dei personaggi e delle loro
culture non si capisca tutto tutto fino in fondo.
E su questo devo concordare che l'intento è pienamente riuscito. Le differenze
non sono ostacolo qui ma solo elementi normali della vita intorno a cui si
adatta una volontà di comunanza. La storia poi, la trama che il romanzo
sviluppa, ruota intorno a un ungherese Branko Hrabal che arriva in questa
baraccopoli portando con se i vecchi materiali appartenuti al circo di suo
nonno, un circense deportato a Birkenau. Raccontando ai bambini delle baracche
la storia di questo magico circo e affidando loro i materiali che ha recuperato,
riesce a restituire lai bambini oro un senso e una dignità del loro stare nel
mondo e nella storia.
Quasi certamente voi conoscete già questo libro, io sono stato molto colpito dal
tipo di presentazione che è stata fatta in forma di spettacolo perchè è stato
come fare un'immersione dentro il libro.
Un romanzo così meriterebbe risonanza in luoghi dove si fa cultura di pace.
Se per caso poi non lo conoscevate, spero di avervi fatto segnalazione gradita.
Cosimo
Di Fabrizio (del 10/04/2008 @ 09:08:43, in Italia, visitato 3320 volte)
Chiunque è d'accordo è pregato di inviare adesione
Marco Brazzoduro
Casilino 900 è un campo abitato da rom di diversa provenienza: Bosnia,
Montenegro, Kossovo. All’incrocio tra via Casilina e via Palmiro Togliatti è
un’area che già decenni addietro ospitava una baraccopoli di sottoproletari
italiani, immigrati dalle regioni meridionali. Dopo decenni di tolleranza e
qualche modesto intervento pubblico (scolarizzazione, bagni chimici, una (!)
fontanella, periodica pulizia) da qualche tempo qualcuno ha deciso che era
venuta l’ora di rendere la vita difficile agli abitanti. I controlli di polizia
sono diventati sempre più frequenti. Improvvisamente è stata interrotta
l’erogazione di energia elettrica con il conseguente forte disagio. Inoltre sono
state fatte circolare voci di un prossimo sgombero. Chi dice a maggio chi più
benevolo dice a giugno in modo da far completare l’anno scolastico ai 236
bambini iscritti nelle scuole del quartiere. Naturalmente si è diffuso un
comprensibile nervosismo. Nessuno infatti si è premurato di avvisare gli
abitanti del loro destino. Nessuna tra le autorità, evidentemente non
autorevoli, ha avvertito la responsabilità etica di assumere un impegno che in
primo luogo salvaguardi i diritti umani di base come quello all’alloggio e
quello all’unità familiare. Ci si chiede se sarà rispettata la raccomandazione
della Carta Sociale Europea che esige che gli sgomberi abbiano come presupposto
il trasferimento a situazione abitativa alternativa. L’esperienza italiana e in
particolare quella di Roma, ove gli sgomberi significano brutale abbattimento
con ruspa dei miseri ricoveri e abbandono di gran parte delle vittime, siano
donne incinte o bambini in tenera età, in mezzo alla strada, induce a credere
che Roma si distingua ancora una volta per una brutalità che non le appartiene.
Tra gli abitanti del campo, stranieri ma in Italia da tanto di quel tempo (30 se
non 40 anni) da doversi considerare di fatto se non di diritto cittadini
italiani, serpeggia un comprensibile disagio che in non pochi assume le
sembianze della paura. La domanda che corre sulle bocche di tutti è : “che fine
faremo ?”
Prime adesioni: Associazione Nuova Vita, Stalker-Osservatorio Nomade, Marco
Brazzoduro (Università di Roma, La Sapienza), Roberta Cipollini (Università di
Roma, La Sapienza), Roberto De Angelis (Università di Roma, La Sapienza),
Tommaso Vitale (Università di Milano, Bicocca), Maria Grazia Dicati (Verona),
Alfonso Perrotta (Associazione Interculturale Villaggio Globale, Roma), Carlo
Berini e Yuri Del Bar (Sucar Drom), Cristina Formica (Roma), Vanessa Ioannoni
(Roma), Alessia Montuori (Senza Confine), Rita Corneli (CPN Rifondazione
Comunista), Andrés Barreto (candidato al Consiglio Comunale, Roma), Roberto
Malini (Everyone), Milena Magnani (scrittrice, Bologna), Enrico Masci (cittadino
romano), Fabrizio Casavola (Mahalla), Gianluca Peciola (Assessore XI Municipio,
Roma), Stefano Galieni (Coordinatore Nazionale dipartimento immigrazione, Prc),
Claudio Graziano (responsabile immigrazione ARCI Roma), Claudio Meloni, Attac
Roma, Nazzareno Guarnieri (candidato al Consiglio Comunale, Pescara), Romsinti
politica, Associazione POPICA ONLUS, Christian Picucci (Roma), Piero Colacicchi
(Osservazione), Elisabetta Vivaldi, Fulvio Vassallo Paleologo (Università di
Palermo), Nuove Tribù Zulu & Chinh India-Italia, Annamaria Rivera (Università di
Bari), Andrea Billau (Campo della pace ebraico), Pietro Luppi (Occhio del
Riciclone), Erasmo Silvano Formica (M.E.Z), Sergio Mauceri (Università di Roma,
La Sapienza), Francesco Careri (Università di Roma 3), Marina Stracchi
(Università di Roma, La Sapienza), Valeria Tolli (Università di Roma, La
Sapienza), Enrica Paccoi (ASSOCIAZIONE YAKAAR di amicizia ITALIA SENEGAL), don
Bruno Nicolini (centro Studi Zingari), Davide Truffo (studente, Roma), Hamadi
Zribi (PRC), Antonella Giacobini (Roma), Silvia D'Alessandro (Roma), Django Jazz
Tzigana (Monteporzio), Antonella Zarantonello, (Granello di Senape ONLUS,
Vicenza), don Paolo Lojudice (Pontificio Seminario Romano Maggiore), Lucia
Ercoli, (Servizio di Medicina Solidale Policlinico di Tor Vergata), Paolo
Missori (Policlinico Umberto I), Associazione Afroitaliani/e, Ilaria Vasdeki
(Roma), Alberto Melis (scrittore), Imma Tuccillo Castaldo (Roma), Karin Maria
Faistnauer Catanese (Associazione "Donne e Futuro" Lamezia Terme), Marco Nieli
(Presidente Opera Nomadi Napoli), Paola Pavese e Bernardino Venanzi (Gruppo
Status).
Di Fabrizio (del 10/04/2008 @ 16:04:46, in casa, visitato 1965 volte)
Di Fabrizio (del 11/04/2008 @ 00:03:21, in Italia, visitato 1424 volte)
Calusca City Lights & CSOA Cox 18
Via Conchetta 18 Milano
Domenica 13 aprile 2008
ore 16,30
CACCIA ALLO ZINGARO
Attualità della resistenza Rom
nell’occhio del ciclone repressivo e securitario
"Pacchetto sicurezza" e "Patto di legalità": cosa sono, cosa comportano, quali
sono i loro obiettivi?
Canea razzista, molotov contro i campi, guerra ai poveri, sgomberi a
ripetizione, espulsioni... Come contrastare questa ondata di fango?
Rom e Gadgi ne discutono insieme
Partecipano:
Associazione Carlo Cuomo, campagna "Via Adda non si cancella",
compagni di Torino e Bologna, promotori delle manifestazioni "Rompere il
silenzio",
e delegazioni dai vari campi Rom milanesi
- Proiezione del documentario "Via Adda non si cancella"
- Mostra fotografica su "I Rom nella Resistenza"
Di Fabrizio (del 11/04/2008 @ 09:16:01, in casa, visitato 1497 volte)
Una tavola rotonda, una mostra fotografica, una fisarmonica zingara e la
voglia di conoscere il mondo rom fuori dai luoghi comuni.
a
Fa' la cosa giusta!
Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili
Domenica 13 aprile 2008 – ore 15:00
Sala Rossa – Padiglione 7
Fieramilanocity – Porta Eginardo
Le condizioni attuali delle popolazioni Rom e Sinti impongono una presa di
coscienza e di responsabilità da parte del mondo politico e della società, per
ricercare alternative, soluzioni e iniziative volte ad una maggiore
integrazione, al miglioramento delle condizioni abitative e alla garanzia di
sicurezza e tutela dei diritti di tutti.
Modera l'incontro Dario Paladini, giornalista di Terre di Mezzo
Partecipano:
Mariolina Moioli – Assessore a Scuola, Famiglia e Politiche sociali del
Comune di Milano (in attesa di conferma)
Don Virginio Colmegna – Presidente di Casa della carità
Maurizio Pagani – Vice presidente di Opera Nomadi
Pietro Massarotto – Presidente dell'Ass.ne NAGA
Prof. Tommaso Vitale - Docente di Sociologia presso Università Milano
Bicocca
La tavola rotonda sarà introdotta da un'esibizione del musicista Jovic
Marinkovic Jovica e accompagnata da una mostra fotografica a cura di Marilisa
Cosello e Alessandro Stellari.
Per informazioni:
www.falacosagiusta.org
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