Di Fabrizio (del 04/07/2012 @ 09:24:11, in conflitti, visitato 1715 volte)
Roma buzz monitorBomba al quartier generale di Euroroma. Ferito
attivista
Lunedì (scorso, ndr.) protesta a Londra.
Un attivista si trova in ospedale gravemente ferito, dopo lo scoppio di una
bomba venerdì (29 giugno) al quartier generale del partito Euroroma, a
Sandanski, l'unica città bulgara ad eleggere un consiglio comunale composto solo
da Rom.
Quando Malin Iliev (59 anni) è andato a rimuovere un pacco sospetto lasciato
davanti al palazzo alle 6 del mattino, l'ordigno è esploso strappandogli il
braccio. Ricoverato nell'ospedale locale, è poi stato trasferito in terapia
intensiva a Sofia.
La maggior parte delle finestre degli uffici di Euroroma, che si trova nei
pressi della piazza del mercato, sono andate distrutte per la violenza
dell'esplosione. Secondo l'agenzia di stampa Novinite anche altri edifici hanno
subito danni.
La polizia sta esaminando i resti per determinare il tipo e la quantità di
esplosivi usati. Al momento di questo articolo non sono stati ancora effettuati
arresti (lunedì 2 luglio, arrestato un ventiduenne,
QUI, in
bulgaro. Aveva preso parte anche agli incidenti di
Katounitsa dell'anno scorso, ndr.).
"Iliev era uno dei nostri candidati alle elezioni locali," dice Toni Angelov,
responsabile della sezione locale di Euroroma. "Riteniamo che si tratti di un
attacco a sfondo politico e razziale."
Ma Tsvetan Tsvetanov, ministro degli interni, sosteneva già dal giorno
dell'esplosione che la politica non c'entrava, parlando di "atto puramente
criminale", sicuro che entro una settimana il commissario di polizia Georgi
Kostov avrebbe catturato i responsabili.
L'ex parlamentare Tsvetelin Kanchev, presidente di Euroroma, rilasciato dalla
prigione per indulto all'inizio dell'anno, critico con l'amministrazione afferma
di temere che la soppressione dell'attività politica romanì continui a tempo
indefinito.
Da Londra, Toma Nikolaev, direttore dell'agenzia Defacto, dice che il
dipartimento di stato USA ritiene la marginalizzazione dei 700.000 Rom bulgari
come la questione dei diritti umani più urgente nel paese. Aggiunge che sono
diffuse la corruzione nel governo e nella magistratura, oltre che ai
maltrattamenti dei carcerati.
"Parlo per esperienza personale," dice Nikolaev. "I miei uffici sono stai
distrutti, sono stato picchiato per strada e una bomba è stata piazzata sul mio
balcone. Ecco perché sono fuggito e ho chiesto asilo."
Nikolaev sta affrontando un procedimento di estradizione da Londra su
richiesta dei procuratori bulgari. Dicono che dovrebbe scontare ulteriori cinque
settimane dell'anno di carcere a cui era stato condannato per piccoli reati di
ordine pubblico. Lunedì 2 luglio l'udienza al
Westminster Magistrates Court.
Si terrà una protesta davanti al tribunale, contro la sua estradizione e
contro l'attentato in Bulgaria.
Nikolaev, presidente di Roma London BG, sta conducendo una campagna contro
quello che definisce il regime del primo ministro
Boykov Borisov. La segregazione scolastica è ancora comune, con molti bambini
che vivono ancora nelle baraccopoli senza aver mai ricevuto nessuna istruzione.
Inoltre, afferma che sotto Tsvetanov la polizia stia conducendo un vero regno
di terrore contro gli attivisti rom. Molti sono in carcere, inclusi i suoi
colleghi di Kupate (Assieme), un gruppo politico di quattro organizzazioni
romanì che ha presentato candidati alle elezioni generali.
Inizialmente, dopo la caduta del comunismo, i Rom vennero spinti a votare per
i partiti tradizionali. Se non si votava come indicato, si potevano perdere il
lavoro, la pensione o l'appartamento, dice Nikolaev. C'era molta compravendita
di voti, cosa che era un handicap per l'attività politica romanì.
Euroroma venne registrata nel 1998 e l'anno seguente i Rom a Silven fondarono
Futuro, guidato da Rusi
Golemanov. Seguirono Bulgaria Libera ed una ventina di altri gruppi, che
portarono ai primi successi nelle elezioni locali.
Bulgaria Libera vinse tre elezioni comunali, ottenendo 60 seggi nei consigli
municipali. Nel 2001, vennero eletti due Rom al Parlamento, ma tramite le liste
dei partiti tradizionali. Tittavie, dopo le elezioni del 2005, un solo
parlamentare rom entrò nel Sobranie. (parola che in molte lingue slave
indica il Parlamento; per kla Bulgaria il termine esatto è Assemblea Nazionale,
ndr.)
Due anni dopo, grazie anche ad una campagna per l'iscrizione nei registri
elettorali condotta da Amalipe e altri, una colaizione tra Euroroma, Drom e PLAM
ottenne un centinaio di seggi.
Molti altri Rom sono stati eletti come candidati dei partiti tradizionali. A
Sandanski, anche se la comunità rom locale è relativamente piccola, Euroroma ha
ottenuto una chiara maggioranza in consiglio comunale, creando un precedente
nella storia politica della Bulgaria.
Ma questo successo, in una città che ha preso il nome dal rivoluzionario
Yane Sandanski - accusato di aver ucciso numerosi avversari, per ora sembra per
ora il segno culminante dei progressi politici romanì. Dozzine di Rom sono stati
uccisi dalla polizia e da teppisti neofascisti, molti feriti durante spedizioni
paramilitari e pogrom. Nell'attuale clima di repressione pochi osano parlare,
mentre la maggioranza è inchiodata al suolo da un tasso di disoccupazione del
70% e dalla spirale di povertà.
Domenica scorsa, ero a spasso senza molta voglia di tornare in quella fornace
che è casa mia, a sentire urlare i vicini mentre seguivano la finale degli
Europei di calcio. Telefono agli amici in via Idro: anche se il calcio non
mi interessa, una cosa è passare la serata in una casa di ringhiera, senza
televisore e facendo altro, con il disturbo del tifo dei vicini. Altra far finta
di guardare la partita, ma godendosi
la buona
compagnia.
Così chiamo per accordarmi su quante birre - patatine - sigarette
devo portare per contribuire alla serata. Niente, mi rispondono, il
televisore non c'è più, ma tu passa lo stesso. Ripensandoci, c'è stato un
lutto il mese scorso, probabilmente è per questo che non guardano la
televisione.
Arrivo, ed invece tutte le famiglie si sono organizzate, con tavolate
all'aperto e un televisore in bella vista. Qualcuno sembra persino funzionare.
Del lutto non ne parla più nessuno e prima che inizi la partita, ci sono le
solite discussioni che mi ricordano dove sono: qualcuno ha paura di essere
sgomberato, qualcuno mi chiede cosa vuol fare il comune, ecc. Al solito, e li
rimprovero, nessuno si pone il problema di cosa vuol fare lui.
Finisco in una piazzola. In attesa della partita i bambini guardano i cartoni
animati, la madre cucina per tutti un piatto freddo e il padre innaffia prato e
cemento.
Parentesi: una vita fa, ci si allenava insieme quando dentro il campo s'era
formata una squadra di pallone. Lui attaccante e io difensore, puntualmente mi
stordiva con i suoi dribbling. Non riuscendo a fermarlo con le buone, spesso ci
provavo con qualche tackle assassino, ricevendo in cambio sonori calcioni,
perché lui non era la persona più indicata da trattare a scarpate.
Ora che tutti e due abbiamo 20 anni e parecchi dolori di più, guardare
assieme la partita è una scusa per scherzare su cosa è successo in tutto questo
tempo.
Fatalisti come sempre, già dal primo minuto di gioco i Rom dicono che gli
avversari son troppo forti, e che la partita è destinata a finir male. Da parte
mia, per rincarare la dose, tifo Spagna, più che altro perché Del Bosque visto
in TV sembra il mio ritratto sputato, anche se lui ha la cravatta.
Parentesi: una ragazza torna al campo dopo essere stata via un paio
di giorni. Sua sorellina (8 anni, una bambina allegra e solare come poche) scoppia
in lacrime dalla commozione, la abbraccia e non mollerà la presa per tutta la
partita. Persino suo padre, attaccato allo schermo e con nessuna voglia di
essere disturbato, si alza per provare a consolarla.
La partita sembra andare avanti a senso unico. Dall'altra parte del campo
arrivano in continuazione urla di gioia e suoni di trombette. Birra... liquida
la cosa il mio amico. Però mi ricordo che qualcuno di quel settore mi raccontava
con nostalgia di essere stato in Spagna, e di essersi trovato bene. Forse è per
quello.
Tutto finisce come sapete. Inaspettatamente, qualche macchina parte
verso la città, con i clacson e le bandierone italiane spiegate. Visto il
risultato, la scena è abbastanza surreale. Ci penso un po': probabilmente anche
a loro della partita non interessava niente, quello che non han mandato giù è che
non si potesse far festa come da tradizione (di via Idro).
Parentesi: mi racconta un'amica un episodio di tanti anni fa, quando
lì c'erano soltanto prati e roulotte. Alcuni di loro si erano procurati un
televisore per vedere una partita, come domenica scorsa. Ad un certo punto
il tifo aveva cominciato a crescere, al punto tale che gli altri, quelli che
erano già andati a dormire, erano scappati dalle loro roulotte a piedi nudi ed in mutande,
perché svegliati dal casino avevano pensato che nel campo fosse arrivata la
polizia.
Ormai sul tardi sono tornato su via Padova. Davanti ad un tabaccaio cinese
ancora aperto, alcuni sudamericani festeggiano la vittoria della Spagna. Credo
sarebbe inutile dire loro cosa hanno fatto gli spagnoli dalle loro parti...
probabilmente è solo un modo per rimarcare la loro identità. Mi immagino la
possibile rissa che potrebbe nascere, se incrociassero le macchine con la
bandiera italiana partite da via Idro. E mi immagino come potrebbero commentare
radiocronisti ed ascoltatori di RADIO PADANIA, che tutta sera hanno fatto un
tifo sfegatato per la Spagna.
Con questi pensieri, a mezzanotte mi concedo l'ultima granita (via Padova è
anche questo) e torno a casa.
Neanche a farlo apposta, seguendo distrattamente le cronache degli Europei di
calcio, ripensavo a quando ero bambino io, e a Milano di questa stagione per noi
c'erano solo interminabili partite a pallone e... gli oratori.
Poi, per una vita ho tentato di allontanarmene, ma certe cose rimangono
dentro, sottopelle. Così, uno dei miei primi pensieri è stato un "Sia
invece il vostro parlare sì, sì; no, no..." (Matteo 5,33-34.37)
riemerso da qualche anfratto della memoria. Probabilmente avevano ragione i
pretozzi che me l'hanno inculcato allora, non perché io sia ancora cristiano, ma
perché si suppone cristiano chi ha scritto quel cartello.
Ho scoperto che tutto
il discorso della Montagna, da cui proviene la frase, andrebbe riletto con
attenzione (sì, anche dagli atei). Ma, da quel peccatore e vizioso che sono, non
mi sogno nemmeno di insegnare ad altri il mestiere, a meno che non mi paghino
due o tre birre. Però, vorrei fare un ragionamento, se quella frase significa,
nell'interpretazione volgare che ne è seguita: "PARLA CHIARO, PARLA COME MANGI",
chi è che compie i furti e devo allontanare dalla casa di dio (e anche su questo
ci sarebbe da discutere)? Lo zingaro o il ladro?
Ecco, io avrei scritto, ma è un'opinione personale - non prendetevela, "A
CAUSA DI RIPETUTI FURTI I LADRI NON POSSONO ENTRARE".
Che poi ripeto, anche su questo se ne può parlare, ma in fondo i preti sono
uomini come tutti, non pretendo di parlare con dei filosofi o dei teologi.
E poi, dal punto di vista pratico, devo ancora conoscere un ladro che non
entra a rubare perché glielo vieta un cartello (o un comandamento, o una legge,
ma qua si parlerebbe di ladri più grossi, che possono entrare negli oratori).
Rimane un ultimo particolare: l'eterna discussione se GLI ZINGARI esistano o
no, visto che in Italia so che sono presenti Rom, Sinti, oltre ad uno sparuto
numero di Gitani e Caminanti. Se qualche famigliola rom o sinta, volesse fare un
giro a
Milano, proprio all'oratorio di san Silvestro: fatevi il giretto...
lasciate tutto come trovate! e
fotografate questa piccola gita.
The New York TimesLA ZINGARA IN ME By CRISTIANA GRIGORE
(Una versione di questo speciale è apparsa sulla versione cartacea di The
International Herald Tribune il 22 giugno 2012)
L'autrice alle elementari
Sono Rom, ma per molti anni ho negato le mie origini per paura di essere
chiamata zingara. Sono cresciuta in Romania, dove un significato di
tigan - tzigane, Zigeuner,
cigány, cigan, "zingaro" nelle altre lingue europee - è "una persona
coinvolta in attività dannose o illegali". Il nome deriva da una parola greca
medioevale che significa "intoccabile", con i suoi derivati - come "gypped"
o "gypsy cab" - riferiti al rubare ed imbrogliare.
I miei nonni ed i miei genitori erano perfettamente coscienti degli
stereotipi negativi sugli zingari ladri e mendicanti senza radici, e si presero
la briga di proteggermi. Da bambina, mia madre mi vestiva con colori tenui e mi
teneva i capelli corti, così che non sembrassi una zingara. Mio padre mi
ammoniva di non rubare mai e di accompagnarmi sempre con persone intelligenti.
Posso capire perché mio nonno, un fabbro, fosse così orgoglioso di comprare un
"angolo del villaggio" per costruirvi la casa dei suoi figli. Mia nonna
era una guaritrice - non per i poteri magici, ma in quanto volontaria che
accompagnava la gente dai migliori medici della capitale.
L'autrice con i suoi genitori ad un anno
Tuttavia, questi sforzi non bastavano a fermare i genitori delle mie compagne
dal rimproverare la maestra perché dava a me, una zingara, i voti più alti. Cosa
che confermava l'opinione di mio nonno, che "se fosse stato un funzionario del
ministero", sarebbe intervenuto, dato che non c'era "niente come un insegnante,
un prete o un avvocato zingaro". Anche lui voleva essere come "gli altri", ma
nel contempo era consapevole dei limiti invisibili che tenevano separati gli
zingari.
Sono cresciuta credendo che fosse meglio non essere una zingara, ed ancora
non potevo appartenere pienamente alla società "normale". Ho imparato che non
dovevo essere la migliore a scuola. Come uno struzzo, ho seppellito la mia testa
- nei libri. Ho passato ore a leggere e sognare di scoprire un'altra parola.
Malamente volevo vivere una vita diversa, ed aspettavo il momento giusto per
"evadere".
I miei sogni infantili iniziarono a diventare realtà nel 2006, durante un
viaggio negli Stati Uniti - il mio primo viaggio all'estero. A 22 anni, mi si
apriva un nuovo mondo, pieno di libertà, avventura, romanticismo e bellezza.
Immediatamente mi collegai con gente di tutto il mondo, sentendomi una di loro.
Partecipando a matrimoni e ricevimenti, indossai abiti da sera alla moda. Ho
allungato il collo sui grattacieli di New York. esplorato i musei di Washington
e visitato il mio primo campus universitario americano. Ho sentito la brezza
salata dell'Atlantico e respirato l'aria di montagna degli Appalachi.
Misentivo come Alice nel paese delle meraviglie (o Gypsy in Wanderland).
Un amico musicista, Nelson Emokpae, ha scritto una canzone per me - il
ritornello era: "Principessa, chi sei?"
Rimasi per tre mesi. Poco prima di tornare in Romania, ci fu un incidente che
riguardò del denaro che si era perso. Anche se nessuno mi aveva accusata, la
paura di essere sospettata di furto mi mise sulla difensiva ed in un ottovolante
emozionale. Non mi aspettavo questo incidente, ed in un momento di distrazione
si scatenò l'immagine repressa di zingari ladri e mendicanti che a lungo avevo
tenuto nell'armadio.
Vedere me stessa rispecchiata in questa immagine vergognosa mi terrorizzò.
Ero confusa e senti il bisogno di spiegare la mia reazione. Feci il mio
coming out. Non riuscivo a smettere di piangere, quando dissi per la prima
volta: "Sono un zingara" - e questo al mio amico Harley Flack, cugino della
cantante Roberta Flack. Come uomo di colore, conosceva bene l'impatto degli
stereotipi negativi. Per molti anni mi ero tenuta lontana dagli "zingari", e ciò
mi aveva lasciato senza contezza di chi fossi. Ma il suo incoraggiamento,
assieme alle tante esperienze positive avute negli Stati Uniti, mi diede la
forza per far uscire la mia identità.
Capii così che "zingara" non connota solamente accattonaggio e mancanza di
radici, ma anche fantasia, musica di violini che strazia l'animo e libertà. A
Nashville, dove andavo al college, o a New York, che ho visitato spesso, la
gente non conosce molto sugli zingari e di solito non ne ha mai incontrato uno.
Spesso pensano che io abbia uno stile di vita cool e spensierato come
Esmeralda nel Gobbo di Notre Dame. E' un'immagine romantica degli zingari -
popolo misterioso che vaga per il mondo nelle carovane e vive in un caos
pittoresco. I bambini corrono scalzi nella sporcizia, le ragazze indossano vesti
colorate ed hanno lunghi capelli fluenti e le anziane predicono il futuro. La
storia degli zingari è scritta nelle canzoni e la penna è l'arco del violino. E'
un'immagine resa popolare nei film, come La regina degli zingari di
Emil Loteanu - di epoca sovietica, i cui eroi sono liberi come il vento: Zobar è
un audace e coraggioso ladro di cavalli; Rada, il suo amore, incanta gli uomini
con i suoi occhi scuri e la danza tempestosa. Mi fece sentire interessante ed
esotica.
Ma l'altra immagine, quella da cui i miei genitori tentavano di proteggermi,
è lì vicino. Nel Tempo dei Gitani di Emir Kusturica (1988), il sordido
mondo sotterraneo dei ladri zingari appesantiva il mio cuore. Il giovane Perhan,
il protagonista, sogna una casa ed una vita onesta, ma è intrappolato in
attività criminali, un eterno emarginato zingaro.
L'autrice vestita da primavera, assieme alla madre
Circa 700 anni fa, quando i Rom arrivarono per la prima volta in Europa, gli
abitanti del posto pensarono, dato il colore scuro della pelle, che venissero
dall'Egitto - da cui l'inglese "Gypsies". In realtà provenivano
originariamente dall'India settentrionale, e si autodefinivano "Rom".
La cultura esotica e la resistenza all'assimilazione di questi popoli erranti
hanno portato ad una diffusa discriminazione e persecuzione, contribuendo
all'ampia dispersione dei Rom in tutta Europa. Furono fatti schiavi nei
principati di Valacchia e Moldavia (l'attuale Romania) dal XIV al XIX secolo, e
forzatamente assimilati sotto i comunisti. In tutto quel tempo, i Rom cercarono
di proteggere i loro costumi e tradizioni con lo spostamento, rafforzando
la loro immagine di nomadi. Le discriminazioni e le pressioni per assimilarli
continuano tutt'oggi: lo scorso dicembre una ragazza italiana affermò di essere
stata violentata dagli zingari, poi ritrattò, ma questo portò una folla ad
incendiare il campo rom a Torino; l'anno prima, il presidente Nicolas Sarkozy
ordinò l'espulsione dei Rom presenti illegalmente in Francia.
Le stime sul loro numero sono molto variabili, da 8 a 12 milioni, in
parte perché non sempre i Rom registrano la loro etnia. Secoli di vita in terre
differenti li ha portati ad una diversità di lingue e religioni, anche
all'interno delle stesse specifiche regioni, e solo una minoranza parla soltanto
romanés. I gruppi più numerosi in Europa si trovano in Romania, Ungheria, ex
Jugoslavia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacchia; ci sono anche consistenti
presenze in Francia, Italia, Spagna, Russia e Stati Uniti.
In famiglia non si parlava romanés o si seguiva uno stile di vita nomadico.
Tuttavia, mio nonno era un fabbro, occupazione comune tra i Rom. La pelle chiara
di mia madre mi permise di nascondere le mie radici, ma mio padre, la cui pelle
scura attirava subito l'attenzione, veniva evitato attorno alla scuola.
Hanno lavorato duro per la mia istruzione - mia madre raccoglieva rifiuti e
puliva le scale, e mio padre era un saldatore - e ciò mi permise di frequentare
l'università negli Stati Uniti, a Vanderbilt, dove sono adesso.
Oggi, la maggior parte dei Rom sono stanziali, ma non hanno ancora trovato il
loro posto nel mondo. La maggioranza di loro non trova lavoro, alloggi decenti o
assistenza medica adeguata. Secondo un rapporto del 2011 di Unicef, molti
bambini rom non frequentano la scuola, soltanto un quinto di loro in Europa va
alle elementari. E molti di questi sono vittime di bullismo e non sognano di
diventare professionisti o di guadagnare abbastanza.
Molti continuano a girare. Alcuni, perché diventare stabili significherebbe
perdere la loro fonte di sostentamento, altri perché non hanno un posto
dove andare. Sono i più poveri ed i più stigmatizzati in Europa, non hanno altra
scelta se non rimanere ai margini. Quali fossero i vantaggi di insediarsi
permanentemente, sono sopraffatti dai bisogni immediati.
Adesso so che è per questo che ho negato così a lungo la mia
identità etnica. Come molti altri Rom stanziali, non volevo né adattarmi né
combattere gli stereotipi. E da quando tre anni fa ho dichiarato la mia
identità, non so dire quanti parenti ed amici, tanto negli Stati Uniti che in
Romania, mi hanno detto che non sono "quel tipo di zingara", o che avrei dovuto
"superare" le mie esplorazioni etniche perché avrebbero limitato i miei
ulteriori sviluppi.
Eppure, molte di quelle stesse persone vedono lo zingaro come nella canzone
di Gershwin: "Tu e soltanto tu tiri fuori lo zingaro in me", e così mi sento
orgogliosa e3 grido "Sono una zingara autentica! La mia vita è piena e
meravigliosa come lo zingaro che immaginate!" Oggi, se qualcuno tentasse di
insultarmi chiamandomi zingara, riderei e lo prenderei come un complimento.
Credo fermamente che elimineremo lo stigma non sopprimendo lo zingaro in noi,
ma spiegando la bellezza, il romanticismo e la libertà zingare nell'antica
nazione rom, permettendoci di mantenere la nostra straordinaria cultura ed il
nostro posto nel mondo. Siamo l'archetipo del "popolo senza frontiere"
multinazionale: multiculturali per definizione, possiamo contribuire alla
costruzione dell'identità nel XXI secolo.
L'orgoglio di essere rom libera la zingara in me. Si esprime attraverso
l'intera gamma delle emozioni. Mi da forza e coraggio: non vedo limiti a
sviluppare il mio potenziale ed agire ai livelli più alti. Mi fa rifiutare
convenzioni assurde. Apro porte raccontando storie, e lascio che il fascino e la
creatività siano parte della mia vita. Faccio danza classica, ma in qualsiasi
momento mi unirò ad un ballo zingaro. I miei capelli sono lunghi ed a volte
indosso colori vivaci, stanno bene con la mia pelle scura.
Di Fabrizio (del 30/06/2012 @ 09:20:09, in lavoro, visitato 1670 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
PuntoCuneoGiovedì 28 giugno 2012 14:33 - Protesta in via Roma per chiedere
il permesso da ambulanti per raccogliere il ferro vecchio
La protesta da via Roma al Municipio
Hanno sfilato in via Roma fino a raggiungere il Comune. A protestare sono i rom-sinti che chiedono una licenza per la raccolta del ferro, finora negata.
"Non siamo cittadini di serie B - scrivono i rom - e come italiani rivendichiamo
il nostro diritto di uguaglianza e libertà, ma soprattutto di vivere nella
legalità. Seppur richiesta ci vediamo ancora negata la possibilità di avere una
normale licenza di ambulante per esercitare l’attività di raccolta del ferro
vecchio, attività che coniuga finalità ambientali con quelle dell’impresa.
Purtroppo il diniego di tale riconoscimento, che è normale per ogni altro
cittadino, ci viene opposto non per mancanza dei requisiti morali e
professionali ma soltanto perché siamo rom-sinti (ma sempre cittadini dello
Stato Italiano) e questo ci frustra moltissimo. Chiediamo all’amministrazione di
Cuneo soltanto di riconoscere la nostra attività e rilasciarci una licenza di
ambulante che ci permetta di esercitare legittimamente l’attività".
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:22:01, in Italia, visitato 1670 volte)
Ricordavo, la segnalazione precedente, che in Mahalla si
amano la favole. E se fosse un incubo?
Per anni, il Giornale è stato la mia scuola di cabaret; ma ripetere come un
disco rotto lo stesso repertorio è la fine destinata anche agli attori più
validi.
La situazione descritta è sempre quella, invariabile.
Occorre coraggio, occorre tirare fuori i coglioni. Ecco la mia soluzione:
Una campagna mediatica di destra-sinistra, dal Giornale a Repubblica; un patto
di ferro tra comune e costruttori, per rilanciare l'occupazione; poi verranno
RASI AL SUOLO tutti i campi, comunali ed irregolari; verranno abbattuti tutti
gli alberi in città (e per prudenza anche i cespugli); ogni prato - giardino -
spazio verde andrà eliminato, al suo posto nuove costruzioni; tolti anche gli
scivoli, le altalene, le panchine; demoliti anche tutti i campetti di calcio non
a pagamento; i bambini verranno parcheggiati davanti alle televisioni di qualche
megastore. Abolire per decreto cani, gatti, zecche, pulci e piccioni. Se
restasse uno spazio non edificato, piazzarci cubi di cemento di 1,5 m. di
lato. Telecamere e dissuasori ogni 50 m.
A questo punto, negli aeroporti, stazioni e caselli autostradali in entrata,
porre un grande cartello con scritto MAILAND MACHT FREI.
Ultima cosa: far pagare il biglietto agli zingari che vogliano vedere la vita
sicura che vogliamo condurre. Con i proventi realizzare un documentario su
MILANO COM'ERA BELLA.
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:13:35, in Kumpanija, visitato 2214 volte)
In Mahalla, lo ripetiamo spesso, amiamo le favole. Grazie
a Giancarlo Ranaldi che ha scovato questa di un paio di anni
fa. Ormai è tempo di viaggi e vacanze, ci sembra un buon modo per augurare,
anche a voi, LACIO DROM
Una breve favola sull'incontro tra due culture. Ecco "Inima de Spoitor -
Cuore di zingaro", cortometraggio scritto e interpretato da quindici ragazzi Rom
rumeni, di età compresa tra i dieci e i sedici anni, che vivono all'ombra del
Vesuvio. Diretto da Francesca Amitrano, il lavoro è stato presentato dal cast
tecnico e artistico nella sala Pignatiello di Palazzo San Giacomo. Protagonisti
della storia sono Petre e Alexandra, due adolescenti che si conoscono e si
dichiarano nel corso di una festa. Con l'aiuto degli amici, i giovani iniziano a
frequentarsi e a scoprire i luoghi caratteristici di Napoli. Sullo sfondo, la
scuola, il "lavoro" ai semafori e il rischio di devianza. Non mancano gli
imprevisti, ma la favola si conclude con un lieto fine. Scritto in italiano ma
girato interamente in lingua romanì, il minifilm è il frutto di un laboratorio
condotto per sei mesi dagli operatori dell'associazione "La Maieutica",
presieduta dallo psicanalista Antonio De Filippo, ed è stato prodotto dal
ministero del Lavoro e dall'assessorato comunale alle Politiche sociali. I
giovani interpreti, tutti scolarizzati, abitano con le loro famiglie nell'ex
scuola media Grazia Deledda di Pianura, un modello d'integrazione e inclusione
sociale della comunità Rom rumena con il territorio partenopeo. (alessandro
vaccaro)
Thenews.pl
20.06.2012 Ripresa la leggendaria poetessa rom per lo schermo d'argento
- PR dla Zagranicy -
Nick Hodge
Sono in corso le riprese di un videoracconto su Papusza, leggendaria
poetessa zingara del secondo dopoguerra, respinta dalla sua comunità dopo aver
raccolto le lodi dell'elite letteraria polacca.
Il veterano regista Krzysztof Krauze, che descrive il progetto come "una
storia epica", ha nel cast del film alcuni attori rom dilettanti.
"Sono attori fantastici", ha detto alla radio polacca.
"Sono molto cordiali, pieni di vita e di mentalità aperta," dice entusiasta.
Aggiunge: "In questo film abbiamo cercato di trattare gli zingari come una
nazione, e non solo come una fonte di colorato folclore."
Il racconto si sposta dalla nascita della poetessa nel 1910, sino alla morte
di suo marito nel 1970.
Rivela Krauze: "Mostreremo i pogrom, la guerra, la stanzializzazione forzata
e le minacce della polizia."
E poi: "Una simile storia sugli zingari non è mai stata raccontata prima."
Papusza (Bronislawa Wajs-Papusza) venne scoperta dallo scrittore Jerzy Ficowski,
che visse tra i Rom dopo la II guerra mondiale.
Come ufficiale veterano dell'esercito clandestino polacco nella II guerra
mondiale, Ficowski era a rischio di arresto da parte delle autorità comuniste, e
tra il 1948 ed il 1950 viaggiò con i Rom.
Ficowski nel film viene interpretato dall'attore polacco Antoni Pawlicki,
mentre il celebre poeta Julian Tuwim, che aiutò a far conoscere Papusza, da
Andrzej Walden.
Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:08:21, in Italia, visitato 1770 volte)
Segnalazione di Elvis Asti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Replica
Gentile Direttore,
voglio esprimere, da cittadina e da operatrice sociale, il mio dissenso, la
tristezza e la rabbia per le forme e i modi del comunicato congiunto dei
segretari provinciali del sindacato dei vigili del fuoco di Asti, (pubblicato
oggi, 18 giugno, nelle pagine del Piemonte de La Stampa) sulle condizioni del
campo nomadi : se è certamente condivisibile che tutti i lavoratori, in
particolar modo chi svolge una funzione così preziosa come quella svolta dal
corpo dei vigili del fuoco, siano messi nelle condizioni di fare bene il proprio
lavoro, con tutte le precauzioni dovute alla loro sicurezza e incolumità, ancora
più imprescindibile deve essere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.
Fare riferimento esplicito a “mancanza di igiene, maleducazione, violenza,
intimidazione” come fossero tratti specifici di un gruppo sociale (se non
etnico!) e non come naturali conseguenze di una degradante condizione
socio-abitativa, rischia di rafforzare la stigmatizzazione e il pregiudizio, già
purtroppo assai diffusi.
E, con tutto il rispetto, il problema principale dei campi nomadi, quello per il
quale bisognerebbe davvero dibattere pubblicamente e chiedere ad alta voce
misure urgenti, non è la sicurezza dei vigili o di altri operatori che
occasionalmente vi operano, semmai la condizione al limite dell'umanità in cui
gli stessi abitanti dei campi sono costretti a (soprav)vivere; l'immondizia, le
pozze maleodoranti, i ratti e gli escrementi, citati dal comunicato, non sono
solo odiose difficoltà da gestire durante un intervento esterno: sono il
desolante scenario quotidiano di persone, di donne, di uomini, di anziani, di
donne incinte, di bambini, di ragazzini,di neonati, di malati.
E' questa l'indecenza.
Questo è intollerabile.
Sperando che il Suo giornale possa dar voce anche ad un diverso punto di vista,
nell'ambito di una dialettica democratica e costruttiva, La ringrazio e la
saluto cordialmente
Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:51, in scuola, visitato 1719 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Comunicato Stampa. Fondazione Anna Ruggiu onlus
Cagliari 24 giugno 2012
Ormai da 10 anni la Fondazione Anna Ruggiu, promuove l'elevazione culturale
delle
popolazioni rom presenti in Sardegna mediante l'attribuzione di borse di studio
ai giovani
Rom più meritevoli per rendimento scolastico, con particolare attenzione a
quanti riescono
ad arrivare alle scuole superiori.
L‘iniziativa muove dalla convinzione che la formazione e la cultura possano
costituire
un prezioso strumento di comprensione interculturale, di dialogo e di una
interazione tra
individui e culture rispettosa delle peculiarità di ogni cultura.
L'esperienza di questi anni dimostra che è possibile superare gli stereotipi ed
i tabù che
rendono difficile la convivenza tra due culture ad iniziare dai banchi della
scuola.
Quando l'iniziativa della Fondazione si incontra con la disponibilità di
amministratori
comunali attenti, di insegnanti capaci, di assistenti sociali disponibili, è
stato ed è possibile
raggiungere risultati positivi.
La scelta della sede per la cerimonia di consegna delle borse di studio per il
presente
anno è caduta sul Comune di Monserrato, anche a testimonianza di una ormai lunga
esperienza di iniziative volte a favorire l'inclusione dei rom presenti nel
territorio comunale
raggiungendo livelli di eccellenza nella scolarizzazione.
Tra i premiati di quest'anno, tre studenti delle scuole superiori di tre diversi
campi del sud
Sardegna ed una giovane rom che frequenta la Scuola media di Sinnai (vedi
foto, ndr.).
La manifestazione, realizzata in collaborazione con l'Unicef di Cagliari, che
parteciperà
all'iniziativa con la presidente provinciale Rossella Onnis, si svolgerà presso
il quartiere
rom di Monserrato, nel piazzale della pace dove, proprio nei giorni scorsi, per
volere
dell'Amministrazione comunale, è stato inaugurato un monumento a ricordo dei rom
vittime dello sterminio nazista (vedi
QUI, ndr.).
Gli insegnanti dei rom premiati illustreranno il curriculum dei rispettivi
allievi.
La manifestazione avrà inizio alle ore 19,
nel piazzale della pace, nel quartiere rom di Monserrato,
giovedì 28 giugno
Il presidente: Gianni Loy
Fondazione Anna Ruggiu Viale Sant'Ignazio n. 38. 09123 -
Cagliari. Tel. 3207232122.
Gloy46@tiscali.it
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