Claudia, una giovane donna rom, è stata sgomberata a gennaio dal campo ex
Osmatex di Sesto Fiorentino. Trasportata d'urgenza in ospedale qualche giorno
dopo, ha perso i due gemellini che portava in grembo
Firenze, 26 ottobre 2010 - Ha perso i due gemellini che aveva in grembo da
sette mesi la giovane donna rom che, sgomberata dal campo ex Osmatex di
Sesto Fiorentino il 16 gennaio 2010, è stata costretta a vivere in condizioni di
vita brutali.
Lo rende noto Matteo Pegoraro, del Gruppo EveryOne, affermando che il
Gruppo EveryOne ha depositato per questo epiosodio un atto di denuncia in
Procura nei confronti delle Istituzioni locali.
"Trasportata d'urgenza in ospedale nella giornata di domenica 24 e subito
ricoverata - scrive Pegoraro - , Claudia, già oggetto di un'incomprensibile
pressione poliziesca e giudiziaria, è stata informata dai medici che i suoi due
bambini non erano sopravvissuti, con tutta probabilità a causa di ripetuti
traumi e delle avverse condizioni di vita cui la donna è soggetta assieme ad
altre 185 persone romene di etnia Rom: senza una casa, senza pasti caldi né
medicinali e senza alcuna assistenza sociale da parte degli enti locali".
Prosegue Matteo Pegoraro che "Claudia, incarcerata nei mesi scorsi con
l'accusa di estorsione aggravata per aver richiesto 20 euro per rendere un
gattino ritrovato per strada alla legittima proprietaria, è stata - ancor prima
del processo - preventivamente oggetto di un'espulsione, per ordine del Prefetto
e del Questore di Firenze, per cinque anni dal territorio fiorentino, perché
considerata asociale e pericolosa per l'ordine pubblico. Successivamente assolta
dalla Procura per il reato di estorsione, è stata ed è tuttora oggetto di fermi
e perquisizioni da parte delle autorità, il più recente proprio all'uscita
dell'ospedale, dopo che era stata operata e suturata. Claudia, ovviamente
provata e terrorizzata dell'intera situazione, è riuscita a scappare grazie
all'aiuto dei suoi connazionali e ora è probabilmente ricercata e rischia anni
di carcere per non aver rispettato un provvedimento di espulsione che si
configura come illegittimo, anticostituzionale e contrario alle direttive
europee 38 sulla libera circolazione e 43 sulla non discriminazione. Oltretutto,
versa in una condizione psicofisica tragica".
Oggi il quotidiano free press Leggo, edizione di Milano, titola: "Gli zingari
denunciano Maroni". Così, proprio così. E poi, "La Lega insorge: «Ingrati»".
Attendiamo titoli del tipo: "I negri ora pretendono un lavoro". Ma poi, ingrati
perché? De che?
Vabbé, così va il giornalismo (ANCHE il giornalismo) da queste parti. Ma
parliamo del merito. Dieci famiglie nomadi del campo di via Triboniano hanno
denunciato il sindaco, il prefetto e il ministro perché prima si erano visti
assegnare le case popolari previste dai "progetti di autonomia abitativa" e poi
se le sono viste negare perché altrimenti si penalizzerebbero i milanesi. Facile
pensare che siano state le pressioni della base della Lega a provocare il
dietrofront. È ovvio che le famiglie che avrebbero dovuto avere le case popolari
sono famiglie di persone che lavorano, con figli che vanno a scuola. Gente che
tra poco resterà letteralmente senza un tetto perché il campo di via Triboniano
sarà sgomberato. In pratica il comune dice: «Vi tiriamo giù il posto dove vivete
adesso, non vi diamo altra soluzione. Cazzi vostri». Romano La Russa dice: «Non
ci faremo intimidire dalle denunce di quattro rom o dalle predicozze
fintomoraliste di don Colmegna». Ecco, predicozze fintomoraliste. Don Colmegna,
già direttore della Caritas ambrosiana e della Città della Carità voluta dal
cardinale Martini, è uno che per Milano ha speso ogni energia della sua vita.
Magari un po’ di rispetto ci vorrebbe persino da Romano la Russa. Matteo Salvini,
della Lega, ha detto: «Una risata li seppellirà, anche se qualche giudice
buontempone che li ascolti, magari amico di don Colmegna, lo trovano pure.
Avanti con gli sgomberi, magari li aiuterà Gianfranco Fini». Vabbé, che dire?
Mi ricordo un servizio che trasmise il telegiornale, lo trovate su Youtube
oppure qui sotto. È datato 14 maggio 1991, si vede l’allora sindaco socialista
di Milano Paolo Pillitteri che litiga con un gruppo di tranvieri (immagino
leghisti, ma potrei sbagliarmi) che vogliono lo sgombero di un insediamento di
extracomunitari. Pillitteri litiga e urla: «Siete fascisti. Fascisti e
razzisti». Ora, io tutto avrei pensato ma mai e poi mai che avrei rimpianto
Paolo Pillitteri. E anche Tognoli, Borghini, figuriamoci Iso. A rimpiangere
Albertini non ci sono ancora arrivato ma mi sa che tra un po’…
Di Fabrizio (del 27/10/2010 @ 13:12:41, in Italia, visitato 1936 volte)
Rom a Milano: per risolvere i problemi occorre la forza della ragione non
la propaganda
Da settimane stiamo assistendo a Milano a uno spettacolo poco edificante sulla
vicenda del campo rom di via Triboniano, campo regolare che in passato era stato
indicato spesso come "modello".
Ora si dice che quel campo va abbattuto per un problema di viabilità dell'Expo.
Si è così aperto un confronto che ha definito una varietà di strumenti per
dare un'alternativa agli sfollati, tra i quali l'assegnazione di alcuni alloggi
pubblici non abitabili e da ristrutturare con i soldi del "fondo Maroni", da
affidarsi al privato sociale che li assegnerà alle famiglie interessate.
Una soluzione, pur parziale, di buon senso si era dunque profilata. Se non fosse
che la Lega, con una posizione ideologica e propagandistica, ha bloccato
l'Amministrazione Comunale, la quale invece si era già impegnata con le famiglie
rom e le organizzazioni del terzo settore , firmando accordi per l'assegnazione
degli alloggi.
Questa situazione di blocco − a nostro avviso irresponsabile − sta però
generando un clima di insicurezza sul futuro di molte famiglie, che a oggi non
hanno nessuna prospettiva al di fuori del più volte annunciato sgombero del
campo di Triboniano. La situazione è senz'altro aggravata dal fatto che sono
diversi i campi regolari che l'amministrazione ha dichiarato di voler chiudere
in tempi brevi.
Crediamo che questi prossimi giorni debbano vedere l'Amministrazione Comunale
produrre proposte alternative al campo per tutte le famiglie regolarmente
residenti, e chiediamo che si eviti in tutti i modi il ricorso alla forza, che
sarebbe ingiustificato e intollerabile.
Con questo presidio chiediamo a tutti i cittadini, oltre che alle forze
politiche e sociali, di mandare un segnale chiaro all'Amministrazione Comunale:
si usi la ragione per risolvere i problemi e si abbandoni la disumana politica
degli sgomberi senza soluzioni alternative. Non può passare sotto silenzio
l'importante risoluzione che il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha
preso il 21 ottobre 2010 (CM/ResChS(2010)8) all'unanimità contro l'Italia,
richiamando con forza lo stato italiano, a tutti i livelli, a garantire anche
per i rom i diritti all'abitazione sanciti nella Carta Sociale Europea.
La Camera del Lavoro di Milano, Arci Milano, Gruppo Abele Milano,
Associazione Rom e Sinti insieme, Aven Amentza, UPRE Roma
Di Fabrizio (del 26/10/2010 @ 09:09:12, in Italia, visitato 1678 volte)
Invio, per opportuna conoscenza, il comunicato di Africa Insieme sulla
vicenda delle intimidazioni del Comandante della Polizia Municipale di Pisa,
dott. Massimo Bortoluzzi, contro un gruppo di rom.
Ulteriori materiali sulla vicenda sono disponibili all'apposita pagina del
nostro sito: http://www.denuncia.africainsieme.net/
Un caro saluto Sergio Bontempelli, associazione Africa Insieme
La scorsa settimana, al campo rom di Cisanello sotto sgombero, è
avvenuto un fatto straordinariamente grave. Il Comandante della
Polizia Municipale, dott. Massimo Bortoluzzi, la mattina del 13
Ottobre si è recato di persona al campo, ha rivolto parole ingiuriose
e offensive agli attoniti capifamiglia rom, minacciandoli di
rivolgersi alla Procura dei minori per sottrarre loro i bambini.
L'Associazione Africa Insieme dispone di una breve registrazione del
colloquio intercorso tra i rom e il dott. Bortoluzzi. Le parole di
quest'ultimo lasciano poco spazio all'immaginazione: «a me di venì qui
[...] mi girano le palle, è chiaro?», «andate dove cazzo volete, ma ve
ne dovete andare». Frasi ingiuriose e offensive, rivolte a persone che
si rivolgevano al Comandante con cortesia e deferenza: un
comportamento inqualificabile, da parte di un funzionario preposto
alla tutela dell'ordine.
Non basta. Il Comandante ha invitato i rom a trasferirsi in altri
Comuni (nella registrazione si sente dire distintamente «andate in un
altro Comune e mi va benissimo... perché non andate a Cascina? Andate
a S. Giuliano...»; e ancora: «andate... a Livorno... dove volete...»).
Poi, ha annunciato la "linea dura" sui bambini: «perché qui adotteremo
la linea dura... ma dura... e l'adotterò attraverso la Procura dei
minori nei confronti dei bambini, eh? Ve lo dico subito...».
Il Comandante dovrebbe sapere che sottrarre i bambini alle loro
famiglie è un atto estremo, che nel nostro ordinamento è consentito
solo in casi molto gravi (quando, cioè, è chiaramente impossibile una
loro permanenza nelle famiglie di origine). Oltretutto, la procedura
richiede l'intervento di assistenti sociali qualificati e competenti,
che assistano i bambini e le famiglie. Il Comandante, però, usa questo
argomento come minaccia per far paura: si può immaginare cosa
significhi, per una mamma, vedersi portar via il proprio bambino.
La cosa è tanto più grave, perché il Comandante è intervenuto proprio
quando era in corso una difficile trattativa tra la nostra
associazione e il Comune: pochi giorni prima, si era tenuta una
riunione alla Società della Salute per discutere delle politiche in
materia di rom e sinti. Il giorno prima dell'intervento del
Comandante, personale dei Servizi Sociali aveva visitato il campo per
valutare eventuali iniziative di inserimento sociale o abitativo in
favore di alcune famiglie. Lo sgombero era stato sospeso, in attesa di
ulteriori decisioni da parte della Giunta. Non c'era dunque alcun
motivo per un intervento del Comandante della Polizia Municipale, né
tantomeno per un intervento così pesante e aggressivo.
L'Associazione Africa Insieme ha scritto al Sindaco per chiedere
spiegazioni su questo comportamento. Ci auguriamo che l'iniziativa del
dott. Bortoluzzi non sia stata concordata con la Giunta, e che le
autorità politiche di questa città prendano gli opportuni
provvedimenti.
Di Fabrizio (del 24/10/2010 @ 09:28:26, in Italia, visitato 1705 volte)
Si invia il seguente comunicato ed il volantino allegato con
preghiera di pubblicazione o diffusione attraverso i vostri canali.
COMUNICATO STAMPA "Na Darà", nella lingua dei Rom "non aver paura"
un progetto a "pensiero ed azione Rom"
"Na Darà" è il titolo di un progetto "a pensiero ed azione Rom", realizzato
dall'associazione delle donne Rom di Torino IDEA ROM ONLUS in
collaborazione con Romanò Ilò, l'Opera Nomadi ed i Gruppi di Volontariato
Vincenziano, con un finanziamento nazionale pubblico del Dipartimento per le
Pari Opportunità - Ufficio Antidiscriminazioni Razziali - UNAR, il patrocinio ed
un contributo in servizi delle Circoscrizioni 5 e 6 del Comune di Torino.
Per la prima volta a Torino un'iniziativa promossa direttamente dai Rom e
sostenuta da alcune istituzioni pubbliche, un segno concreto della speranza e
della voglia di essere cittadinanza attiva da parte della comunità più
emarginata della città.
"Na Darà" prevede interventi di accompagnamento alla convivenza nei condomini di
case popolari, corsi sulle danze tradizionali ed attività di comunicazione che
sfatino l'immagine negativa dei Rom.
Il primo dei corsi sulle danze tradizionali Rom, 10 lezioni settimanali
gratuite, partirà mercoledì 3 novembre, dalle 18 alle 20, presso il Centro
d'Incontro di via Cavagnolo 7 a Torino (mezzi pubblici 50, 51, 51/, 4).
La partecipazione è gratuita ma occorre iscriversi inviando una e-mail a
idea.rom@gmail.com
Il corso è rivolto a tutti ed è soprattutto un'occasione d'incontro e conoscenza
tra Rom e Gagé (coloro che non sono Rom).
La campagna "DOSTA!" ("basta" in lingua romanes)
promossa dalla Comunità europea è coordinata e finanziata dall'UNAR
(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) in collaborazione con il
Consiglio d'Europa e con le principali federazioni rom e sinte per promuovere in
Italia una maggiore conoscenza della cultura dei Rom e dei Sinti, la più grande
minoranza etnica d'Europa, e per sconfiggere con la conoscenza gli stereotipi
che hanno sempre accompagnato questo popolo.
Piacere di conoscervi!
Siamo i Rom e i Sinti, ma molti per ignoranza o cattiveria ci chiamano "zingari"
o "nomadi".
Viviamo in mezzo a voi da circa seicento anni ma ancora in pochi ci conoscono
veramente. Probabilmente avete letto sui giornali che siamo sporchi, ladri,
accattoni… ma non è così. Certo alcuni di noi sono molto poveri e alcuni hanno
commesso degli sbagli. Ma non siamo tutti uguali anche se siamo tutti presi di
mira da discriminazioni e in alcuni casi da razzismo vero e proprio.
In Europa siamo in dodici milioni, in Italia molto meno, circa 100.000. In
maggioranza siamo Cittadini italiani dal 1871 ma alcuni di noi vengono dalla ex
Yugoslavia e dalla Romania: scappati dalla guerra o dalla miseria.
Provate ad immaginare di non poter avere documenti (anche se i vostri e
genitori sono nati in Italia), di non poter chiedere lavoro o continuare a
studiare per questo motivo, di dover aspirare al massimo a vivere in un
container o in una roulotte… di essere allontanati se entrate in un bar, di
essere oggetto di battute e scherno… che vita sarebbe? La vita di molti di noi
al momento.
Noi siamo i Rom e Sinti e come ogni altra minoranza abbiamo una lunga memoria
storica, valori, costumi, tradizioni, arti, talenti, musica e bellezza. Abbiamo
i colori di una civiltà millenaria che non hai mai preso parte ad una guerra.
Tutto questo tuttavia resta confinato troppe volte negli angusti spazi che
occupiamo alle periferie delle città, in ghetti che chiamano "campi nomadi".
La campagna DOSTA può rappresentare la possibilità di superare quel muro del
pregiudizio che circonda la nostra gente.
Noi vi tendiamo una mano, metteremo in piazza frammenti della nostra cultura,
vi sorprenderemo con il calore della nostra musica, le emozioni delle nostre
danze e lo faremo in una serie di eventi che si snoderanno per tutta Italia,
accompagnati da seminari e conferenze, mostre fotografiche e proiezioni video,
momenti di riflessione in cui ci racconteremo a voi.
Il programma di Milano è stato realizzato dalla "Federazione Rom&Sinti
insieme" e dall'Associazione UPRE ROMA con il patrocinio e il contributo di:
Fondazione Culturale San Fedele
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Fondazione Fabrizio De André onlus
Casa della Cultura
Hanno aderito: ARCI Milano, Associazione Aven Amentza, Associazione Romano
Drom, Lavoro, Gruppo Abele di Milano, Opera Nomadi di Milano
Rom e sinti: una piaga da scacciare o una realtà
da conoscere?
A Milano la campagna "DOSTA!" contro la discriminazione di Rom e Sinti
Venerdì 29 ottobre alle ore 11.30 nella sala Marra di palazzo Marino è
convocata la conferenza stampa di presentazione della campagna DOSTA!
La campagna " DOSTA!" ("basta" in lingua romanes) è stata promossa dalla
Comunità europea, in Italia è coordinata e finanziata dall'UNAR (Ufficio
Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) del ministero per le Pari Opportunità in
collaborazione con il Consiglio d'Europa e con le principali federazioni rom e
sinte, per promuovere una maggiore conoscenza della cultura dei Rom e dei Sinti,
la più grande minoranza etnica d'Europa, e per sconfiggere con la conoscenza gli
stereotipi che hanno sempre accompagnato questo popolo.
A Milano la Federazione " Rom& Sinti insieme" e l'associazione UPRE ROMA
hanno prodotto uno sforzo particolare per la situazione estremamente delicata
delle comunità rom e sinte (350 sgomberi di campi abusivi e la prevista chiusura
di 4 campi regolari con il coinvolgimento di oltre 1000 persone tra uomini,
donne e bambini).
Il programma di iniziative che viene proposto alla città ha visto il
coinvolgimento di autorevoli istituti culturali come la Fondazione Culturale San
Fedele, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, la Casa della Cultura, la
Fondazione De André e l'adesione dell'ARCI Milano, dell'Associazione Aven
Amentza, dell'Associazione Romano Drom, della Camera del Lavoro, del Gruppo
Abele di Milano, dell'Opera Nomadi di Milano.
Alla presentazione del programma intervengono Massimiliano Monanni
direttore dell'UNAR, Dijana Pavlovic vicepresidente della Federazione
Rom& Sinti insieme, Giacomo Costa per la Fondazione culturale San Fedele,
Chiara Daniele direttrice della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli,
Ferruccio Capelli presidente della Casa Della Cultura.
Grazie per l'attenzione
Per informazioni: 339-11.70.311
29 ottobre - ore 11.30 – sala Marra di palazzo
Marino Conferenza stampa di presentazione della campagna DOSTA!
8 novembre - ore 21 Auditorium San Fedele, via Hoepli 3/b Saluti:Giacomo Costa, fondazione culturale San Fedele Presentazione: un esponente dell'UNAR; Fabrizio Casavola, Upre Roma "Le danze di Billy e Dijana" di Daniele Lamuraglia, con Dijana Pavlovic e Diego Conti
Nell'occasione verrà esposta la mostra sul Porrajmos (lo sterminio dei rom e dei
sinti)
12 novembre - ore 18-20.30 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, via
Romagnosi 3 "Rom: a Milano si può? Politiche abitative (e altro): soluzioni possibili" Saluti:Carlo Feltrinelli presidente della Fondazione
Giangiacomo Feltrinelli Introduzione: un esponente dell'UNAR; Alfredo Alietti, Upre Roma,
docente di sociologia università degli studi di Ferrara Testimonianze:don Massimo Mapelli, Casa della Carità; abitanti
dei campi; Interventi:Laura Balbo, docente di sociologia università degli
studi di Padova; Antonio Tosi, docente di sociologia urbana al
Politecnico di Milano; Tommaso Vitale, Scientific Director of the Master
"Governing the Large Metropolis" CEE, Sciences Po Paris
E' stata invitata Mariolina Moioli, assessore alle politiche sociali
Comune di Milano.
18 novembre – ore 20.30-23 - Casa della Cultura, via Borgogna 3 "La rappresentazione mediatica dei rom e dei sinti: tra dovere di informare e
violazione dei diritti." Presenzia:Ferruccio Capelli, presidente della Casa della
Cultura Introduzione: un esponente dell'UNAR; Paolo Cagna Ninchi,
presidente Upre Roma Interventi:Michael Guet, Capo della Divisione dei Rom e dei
viaggianti del Consiglio d'Europa; Eva Rizzin e Angelica Bertellini,
Articolo 3 - Osservatorio sulle discriminazioni di Mantova; Ferruccio de
Bortoli, direttore del Corriere della Sera; Roberto Escobar, docente
di filosofia della politica alla Statale di Milano; David Parenzo,
conduttore e autore televisivo,
E' prevista la presenza del ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna
1 dicembre – ore 21 – Casa della Cultura, via Borgogna 3 "Sebben che siamo donne… rom - La via dei campi e la via dell'arte" Presenzia:Ferruccio Capelli, presidente Casa della Cultura Introduce: un esponente dell'UNAR. Rebecca Covaciu, rom rumena, premio UNICEF per i disegni; Laura Halilovic, rom bosniaca, autrice di "Io, la mia famiglia rom e
Woody Allen"; Dijana Pavlovic, rom serba, attrice
Nel corso dell'incontro saranno proiettati frammenti delle realizzazioni
artistiche
9 dicembre - ore 21 - Auditorium San Fedele, via Hoepli 3/b
Concerto conclusivo con artisti rom e italiani organizzato con la Fondazione De
André (programma in via di definizione)
Di Fabrizio (del 22/10/2010 @ 09:49:46, in Italia, visitato 1726 volte)
Dopo l'intimazione ultimativa di abbandonare il campo effettuata ieri
19.10.2010 nel tardo pomeriggio dalla Polizia locale, cosa evidentemente
impossibile da compiersi nell'imminenza della sera e in assenza del supporto di
servizi sociali e Amsa, nella tarda mattinata di oggi 20.1.2010 è stato
effettuato l'ennesimo sgombero - il quattordicesimo - del microcampo rom di via
Cavriana, in zona Forlanini, a Milano.
Dalle 7 di stamane gli abitanti del campo – una quindicina – hanno atteso
l'arrivo della Polizia locale insieme a una decina di componenti del Gruppo di
sostegno Forlanini, che segue da due anni la loro situazione adoperandosi
per il riconoscimento del loro diritto a vivere un'esistenza dignitosa.
Nonostante la presenza di minori (due bambine di 15 e 19 mesi e un maschio di
7 anni) – già verificata da precedenti accertamenti e in ultimo dal sopralluogo
di ieri sera (stamattina le madri e le rispettivi bimbe si erano
comprensibilmente allontanate per non assistere allo scempio) – e di anziani con
seri problemi sanitari, la procedura è stata avviata comunque; il Gruppo di
sostegno, grazie al supporto dell'avvocato presente, ha preteso, ma inutilmente,
l'esibizione di un titolo scritto per lo sgombero, oltretutto inizialmente in
assenza di una chiara individuazione del proprietario del fondo.
Da mezzogiorno di oggi, gli abitanti del campo vagano di nuovo nel quartiere
e nella città, in una città in cui non vengono riconosciuti a questa categoria
“speciale” i diritti di base: la casa, la salute, l'assistenza sociale e
sanitaria, l'istruzione, un lavoro.
Le ruspe intanto stanno distruggendo le baracche e tutti quei beni che gli
abitanti del campo non sono riusciti a portarsi dietro nel loro ennesimo esodo.
Oggi pomeriggio i genitori del ragazzino di sette anni, che siamo riusciti a
iscrivere nella scuola elementare di zona (e che sta sperimentando nelle maestre
e nei compagni finalmente dei soggetti che lo riconoscono e collaborano
positivamente con lui), andranno ad accoglierlo all'uscita; gli si è voluto
risparmiare lo spettacolo indecente di un atto di forza, ma anche per lui
prosegue una vita grama e precaria.
Il Gruppo di sostegno Forlanini proseguirà, come più volte ribadito,
nell'affiancamento a questi uomini e donne, battendosi insieme a loro per
conquistare i diritti essenziali, consapevole che quegli stessi diritti, così
preziosi, sono sempre più spesso sotto tiro per gli stessi “oriundi”. Cedere su
questo fronte implica un ulteriore imbarbarimento della vita sociale.
Di Fabrizio (del 19/10/2010 @ 09:40:00, in Italia, visitato 1725 volte)
Donatella Ascari - Segretaria Ass.Them Romanò Onlus - Reggio
Emilia
Con Dosta! La Campagna del Consiglio d'Europa per dire basta al razzismo,
ci siamo messi in piazza a disposizione di tutti coloro che volessero chiederci
della nostra vita, del nostro lavoro, volevamo farci conoscere per combattere i
pregiudizi che ci accompagnano da secoli solo perché, unici e rari, ci
consideriamo cittadini del mondo. Abbiamo suonato con i nostri violini, abbiamo
offerto cibo, mostrato le roulotte e, alla politica, abbiamo chiesto
precisamente si essere coinvolti nelle decisioni che ci riguardano, di
partecipare alla gestione dei campi, di avere voce. E' invece partita una
assurda polemica in cui, ancora una volta, nessuno ci ha consultato. Tutti ci
parlano addosso e nessuno ci ascolta, è proprio questo che non sopportiamo più.
Noi siamo cittadini reggiani solo quando, in campagna elettorale, vengono a
chiederci i voti, poi ridiventiamo un fastidio, un problema che, addirittura il
signor Sindaco paragona a tossicodipendenti e carcerati. Vorremmo chiarire che
la vita nomade è una scelta, una cultura, un diritto che abbiamo difeso in
centinaia di anni di persecuzioni fino ai campi di sterminio. Nessuno è
obbligato a vivere da sinto o rom, tutti possono decidere altrimenti, ma non è
concepibile che si pretenda di "normalizzarci" come se il nostro stile di vita
fosse una colpa. Noi vogliamo l'uguaglianza non essere tutti uguali, quando
tutti sono uguali si chiama totalitarismo e noi ricordiamo meglio di voi cosa
vuol dire. Non abbiamo chiesto case popolari, chi vuole può fare domanda come
tutti gli altri, ma la maggioranza di noi preferisce vivere con il proprio
nucleo famigliare non in campi di concentramento ma in situazioni dignitose. Per
questo chiediamo che si trovi il modo ci legalizzare le nostre residenze in
piccoli appezzamenti di terreno che abbiamo acquistato, senza il contributo di
nessuno, intorno alla città e su cui viviamo da decenni. Noi amiamo vivere
all'aria aperta, girare con le nostre giostre tra sagre e fiere a contatto con
la gente, come pensate che potremmo parcheggiare una giostra nel garage di una
casa popolare? Volete anche che cambiamo lavoro, volete spegnere il circo, i
Luna Park? Già si sta andando su questa strada: a Rubiera, a Sant'Ilario e a
Poviglio si vogliono spostare le giostre lontano da dove sono i bambini e il
nostro pubblico, perché si cerca di mettere in difficoltà interi nuclei
famigliari che di questo vivono, volete creare nuovi disoccupati? Ogni volta che
cerchiamo di mantenerci con le nostre sole forze, si cerca di emarginarci,
perché noi dobbiamo essere quelli che chiedono l'elemosina. Già combattiamo
contro i pregiudizi dei cittadini ma se la politica, che dovrebbe portare
equilibrio, ci indica come problema, come si potrà creare un clima positivo in
città? Siamo molto delusi ma non vogliamo richiuderci tra noi, noi abbiamo
offerto la nostra disponibilità, spetta alla politica e alla città fare la sua
parte, noi siamo già cittadini del mondo e non solo dell'Europa, la nostra casa
è la famiglia non una costruzione in mattoni e non c'è nessuna porta tra noi e
chiunque voglia conoscerci.
Di Fabrizio (del 17/10/2010 @ 09:39:53, in Italia, visitato 1813 volte)
I rom a Lecce non sono di passaggio, ma le istituzioni non sembrano capirlo
10 ottobre 2010 - Andrea Aufieri (direttore rivista Palascìa_l'informazione
migrante)
Fonte: Palascìa_l'informazione migrante, Anno I numero 2, maggio-settembre 2010
- 10 ottobre 2010
Antonio Ciniero, ricercatore dell'Osservatorio provinciale sull'immigrazione
della Provincia di Lecce, ci racconta storia e quotidianità del campo "Panareo".
«La situazione che vivono i rom a Lecce è il risultato di discutibili scelte
fatte negli scorsi anni. Lo stereotipo più diffuso è quello di credere che siano
un gruppo omogeneo, ma più che parlarne in generale bisognerebbe considerare i
singoli gruppi. Quello dei rom è "un mondo di mondi", per dirla con Piasere. Nel
caso della comunità di campo "Panareo" si tratta di rom khorakhanè shqiptare,
rom di tradizione musulmana di provenienza montenegrina e kosovara. Vengono
soprattutto da Podgorica, e hanno capito cosa significa vivere in roulotte o in
baracca solo qui, visto che in patria vivevano nelle proprie case. Il loro
arrivo è avvenuto sulla base dei flussi migratori che hanno seguito la
dissoluzione della Jugoslavia, vista la tragica contingenza di guerre fratricide
impropriamente chiamate etniche. Molti di loro hanno scelto di non imbracciare
le armi e di spostarsi. La scelta del Salento non è stata casuale: alcuni
commercianti di abbigliamento compravano qui dei capi di vestiario per
rivenderli sulle coste montenegrine, che proprio in quegli anni divenivano meta
di flussi turistici. Nel '95-'96, durante la guerra del Kosovo, arriva un
secondo gruppo, ma nessuno se ne interessa, se non il volontariato locale e in
particolare la Caritas. Che chiede l'intervento delle istituzioni per migliorare
le loro condizioni di vita, ma l'ottica dell'intervento istituzionale resta
quella securitaria: si effettuano sgombri delle zone occupate accampando motivi
di igiene e ordine pubblico. Le uniche risposte istituzionali sono quelle di
realizzare un "campo sosta": dapprima si individua l'ex-campeggio di Solicara
(1995) e poi dal 1998 si individua la Masseria Panareo».
«Oltre a quella demagogica non si cerca mai una reale soluzione. Si sorvola
sul fatto che molti rom siano richiedenti asilo, che meriterebbero tutele che di
fatto non hanno: alcuni non possono neanche tornare in Montenegro, dove pure
hanno delle case di proprietà, perché risulterebbero disertori. È impossibile
non ritenere che quello dell'approccio alla questione dei rom sia un errore di
gestione politica. Un esempio di approccio errato alla "questione rom" è
l'emanazione dell'ultimo regolamento del campo approntato dalla commissione per
i servizi sociali del Comune di Lecce, che li considera ancora soggetti nomadi.
Questo perché non ci si è relazionati con la realtà. È dovuto intervenire il
portavoce della comunità, Benfik "Beni" Toska, che ha fatto presente che le
stesse persone che si credono nomadi sono qui da venticinque anni».
«La soluzione dei campi è adottata solo in Italia, la prima cosa che invece
dicono i rom è che vogliono uscire fuori dal campo. Il campo e un'istituzione
totalizzante sul soggetto. Chi assume un rom in "sosta temporanea"? Il campo non
fa che riprodurre i meccanismi della stigmatizzazione e dell'emarginazione
sociale. La sua stessa collocazione sembra studiata ad arte, a 7 km da Lecce e
da Campi, 4 da Novoli e da Surbo, 5 da Trepuzzi, senza collegamento pubblico con
le città. Una situazione di questo genere porta all'emarginazione. Qui c'è
l'intera quarta generazione nata e cresciuta all'interno del campo. Quella del
campo è una scelta imposta. Ancora oggi, in materia di decisioni politiche, si
assiste al solito canovaccio per cui prima si decide cosa e come fare, ma poi ci
si deve adeguare a quanto deliberato. In una società democratica, non è
possibile prescindere dal costante coinvolgimento e dal confronto con i
cittadini rom -in questo caso- ogni qualvolta un'istituzione è chiamata in causa
per prendere decisioni che li riguardano direttamente. Per pianificare le
politiche migratorie territoriali, esiste poi un luogo istituzionale preposto
per legge. È la prefettura con i Consigli territoriali per l'immigrazione. A
Lecce questa istituzione latita. Sono anni che si chiede uno specifico tavolo
tematico che appronti, assieme a tutti gli attori, istituzionali e non, le
questioni poste dalla presenza dei rom sul territorio, per individuare insieme a
loro concrete e praticabili soluzioni che vadano nella direzione dell'
inclusione sociale».
«È in questo quadro che l'Opi svolge le sue indagini avvalendosi della
metodologia della ricerca/azione. Una ricerca militante, che mira alla
conoscenza della realtà sociale per poterla modificare insieme ai
soggetti/oggetti di ricerca e alle istituzioni locali. Trovare il capro
espiatorio nel solo Comune di Lecce, che ha individuato nel campo sosta la
soluzione alloggiativa per questo gruppo di cittadini, sarebbe molto facile ma
altrettanto sbagliato. La richiesta che viene dal campo è quella di risiedere
nel tessuto urbano e sociale dei comuni della provincia. Chi è già uscito dal
campo ha visto che la qualità della propria vita è migliorata. Il problema è di
riuscire a concertare e pianificare percorsi praticabili a livello
istituzionale». «Riguardo al lavoro, uno degli stereotipi più diffusi tra i gagè
è quello che i rom rifiuterebbero il lavoro per "cultura". I rom del "Panareo"
si danno da fare, eccome. Sono quasi tutti organizzati con la vendita delle
piante presso tutta la provincia, con regolare licenza. Un lavoro congiunturale,
però,che richiede autonomia, mobilità, capacità di compravendita, con il quale
spesso non si riesce a far fronte alle esigenze economiche di una famiglia. Nel
corso del tempo, poi, si ravvisano molte modifiche. Per esempio è venuta meno la
logica del manghel (chiedere il denaro per strada), perché i ragazzini nati e
cresciuti qui si vergognano di praticarlo. In Italia ancora si attende il
riconoscimento dei rom e dei sinti come minoranze linguistico-culturali, come
avvenuto per altre realtà. Nel variegato panorama sociale italiano il gruppo più
debole è proprio quello dei rom, che pagano gli effetti di un razzismo
strisciante presente nella società italiana. Come ci insegna la storia, la
logica razzista si basa sul prendere a oggetto il gruppo più facilmente
attaccabile, l'anello più debole della catena, per poi colpire gli altri. Quando
è andato al potere il governo più xenofobo dal dopoguerra a oggi, da subito i
rom sono stati "oggetto d'attenzione", partita con la montatura come quella del
"tentato rapimento" di un bambino a Ponticelli a opera di una ragazzina rom, che
ha scatenato un vero e proprio pogrom, con l'avallo politico delle opposizioni
(ricordiamo il vergognoso volantino redatto dal Pd di Napoli che sosteneva i
pogrom!) che è culminata con l'emanazione di decreti e atti chiaramente
razzisti, come l'Europa, in generale, e l'Italia, in particolare, hanno
conosciuto solo durante il triste periodo dei totalitarismi».
Note:
Link alla rivista Palascìa_l'informazione migrante, sfogliabile gratuitamente
all'indirizzo
http://www.metissagecoop.org
Di Fabrizio (del 16/10/2010 @ 09:22:06, in Italia, visitato 1610 volte)
Segnalazione di Maria Grazia Dicati
Don Albino Bizzotto - Il mattino di Padova
Cari sindaci, cari carabinieri e vigili della polizia municipale, che cosa sta
succedendo? Far rispettare la legge può significare violare i diritti
fondamentali delle persone? E' possibile che un cittadino italiano non possa
materialmente esistere, perché non può disporre di nessun metro quadro di
territorio? A questo siamo arrivati di fatto oggi. Con le ultime leggi sulla
sicurezza i sindaci possono emanare ordinanze che precludono a chicchessia la
possibilità di stazionare sul proprio territorio. Ci sono in Italia persone che
vivono in roulottes o in camper. Generalmente sono sinti o rom. Esco dal
generico: vado al fatto, l'ultimo. Vengo chiamato d'urgenza. "Padre, ci sono
carabinieri e vigili che ci vogliono cacciare e non intendono ragioni. Venga,
faccia presto". Vado. E' vero: obbligo di sgombero. Per andare dove? Non
interessa. "Devono andare via di qua", dice un vigile. Ma per quale reato e
dove? "Siamo subissati dalle telefonate dei cittadini... Stamattina uno di
quelli delle roulottes ha fatto la pipì all'aperto. E' stato anche fotografato".
So, interrompo, che in questi giorni siete stati allertati per movimenti
sospetti attorno ad alcune case, ma vi garantisco che non si tratta di queste
persone.
Risposta di uno dei carabinieri: "Ma questi sono di quella gente, zingari".
Sarebbe come dire che anch'io sono ladro, visto che molti italiani cercano di
frodare con il "fai da te", dalle cricche politiche fino all'ultimo evasore.
Così si spara sul mucchio, invece di perseguire chi veramente delinque. "Ma che
vadano in zone attrezzate!". Appunto: tutti le reclamano ma nessuno si azzarda a
realizzarle nel proprio Comune. "Ma noi che possiamo fare? Dobbiamo eseguire gli
ordini". Certo. Ma chi coordina e dà gli ordini? Un panorama complesso, con
personalismi e varie fonti di potere. "Che si mettano d'accordo!". Mi offro di
andare dal sindaco immediatamente. Vado. Ho trovato comprensione e impegno.
Accetta di dilazionare l'intervento. Ma tutte le contraddizioni rimangono, con
rischio di spaccatura nella stessa coalizione di maggioranza. Ritorno al luogo
delle roulottes. Vedo la gazzella dei carabinieri e dietro il furgone della
polizia municipale. Cerco di raggiungerli per portare il messaggio del sindaco,
facendo i fari a intermittenza... Accelerano e se ne vanno. Le roulottes non ci
sono più ed è stata installata una sbarra con lucchetto per impedire l'entrata
nella zona libera. Neanche la pazienza di una verifica! Anche la beffa!
Ritelefono ai miei amici e li faccio comunque ritornare nella stessa zona,
assumendomi la responsabilità di una disobbedienza civile di fronte a questa
ingiustizia continua, nei confronti di 9 persone esasperate e perseguitate
quotidianamente nella loro patria con un perenne foglio di via: ma verso dove? E
molte volte trattate con aggressività e arroganza, non secondo legge! Stranieri
in patria!
Conosco tutta la loro Via Crucis senza fine da un luogo a un altro, un numero
interminabile di posti. Di mezzo c'è anche la perdita di una creatura per lo
stress che procura questo tipo di vita. Nessuno che si avvicini, né
un'assistente sociale, né qualche persona che si impegni a conoscere la
situazione e prendersela a cuore.
Ci sono 3 bambini ma che importa? Nei momenti di tregua cercano di racimolare
qualche soldo con la raccolta del ferro vecchio, ma con gli spostamenti continui
non ce la fanno. E' vero. Nella nostra società oggi c'è più attenzione e sono
più curati e protetti i cani e i gatti che questo tipo di persone. Eppure questi
miei amici, come tanti altri sinti e rom, sono dispostissimi a rinunciare alle
loro roulottes immediatamente, anche solo per un rudere di casa. Ma non possono
partecipare a nessun concorso di assegnazione di case, perché non hanno i
requisiti necessari, in particolare il reddito minimo e la residenza.
Impossibile trovare un imprenditore disposto a provare a impiegarli in un
lavoro. Tutti pretendiamo che si integrino nella società, ma non offriamo
nessuna possibilità se non quella di essere mandati via. Sono tanti i sinti e
rom analfabeti che desiderano un futuro migliore per i loro bambini e desiderano
mandarli a scuola. Ma non si parte dai bambini per affrontare la situazione
sociale. Ho raccolto le lacrime di qualcuna di queste mamme che non ce la fanno
più. Sono lacrime proprio come quelle delle altre mamme, con qualche peso in
più.
Eppure le leggi ci sono perché possano trovare un po' di pace: art 16 della
Costituzione, Legge 328 - 2000, (Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali) Legge 1228 del '54 sull'iscrizione
anagrafica. Ma è meglio ignorarle e stare alle ultime ordinanze. Spero vengano
presto dichiarate illegittime, perché non possono prevalere sui diritti
fondamentali della persona.
Mi premono due considerazioni:
1) Il fulcro del problema sta in noi. Parlo prima di tutto per me; anch'io,
figlio di contadini, sono cresciuto con il pregiudizio e la paura degli
"zingari". Sono cambiato quando ho accettato di conoscere le persone con i loro
problemi. Il pregiudizio e la paura regola ancora i nostri "non rapporti" con i
sinti e i rom, percepiti come più pericolosi degli immigrati. Le pressioni più
forti sui sindaci e sulle forze dell'ordine vengono dalla popolazione stessa,
che pretende sicurezza non affrontando i problemi, ma rifiutando in blocco
questa categoria di persone. Non si fanno né distinzioni, né differenze e quindi
non si accettano posizioni problematiche. I tentativi di soluzione vengono visti
come una ingiustizia: "Vengono aiutati i delinquenti e non noi che fatichiamo
tanto e siamo onesti". Anche le comunità ecclesiali sono in difficoltà, si
delega qualche persona di buona volontà della Caritas, ma le comunità non
vogliono saperne. Così anche i preti si rassegnano e si comportano come i
sindaci. Se la gente si ribella che cosa possono farci? Se qualche prete si
espone e richiama a un atteggiamento più umano, si ritrova con una parte dei
fedeli che abbandona la messa. Quello dei più poveri e maltrattati pone un serio
problema di fede.
2) E qui avviene il corto circuito della politica. Molti politici hanno
ottenuto il consenso elettorale puntando sulla paura e andando a gara con la
promessa della sicurezza. Più gli amministratori si mostrano intransigenti, più
ottengono consenso. Ma la sicurezza delegata alle sole forze dell'ordine e alle
case chiuse a chiave come casseforti non costruisce né fiducia né convivenza. I
problemi vengono semplicemente rimossi e i pregiudizi e la paura rimangono e
vengono scaricati sui più deboli socialmente, trattati come capri espiatori. Una
riprova del disagio della nostra società si riscontra nelle esplosioni di
violenza che avvengono con sempre più frequenza nelle nostre case. Oggi prevale
la politica che cura soprattutto i serbatoi di voti. Sarà fatica, ma
amministrare e governare significa anche oggi curare il bene di tutta la
comunità, non solo la maggioranza, puntando alla convivenza con tutte le persone
esistenti in un territorio, senza selezionare o scartare settori di società. A
nessuno piacciono i problemi gravi in casa, ma quando ci sono bisogna
affrontarli. E nella famiglia la sicurezza non si realizza con i controlli e gli
interventi della polizia, ma con i rapporti di fiducia tra le varie persone,
anche e soprattutto nei momenti più difficili. Questo come regola vale anche per
la costruzione di qualsiasi altra forma di convivenza comunitaria. Proviamoci!
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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