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Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 10:44:00, in Italia, visitato 2396 volte)

Ciao,

Mi chiamo Vittoria, sono tedesca, ma vivo da diversi anni a Verona che ormai considero la mia città. Purtroppo ho visto questo articolo oggi sull'Arena, il quotidiano di Verona, dove hanno appena eletto un sindaco leghista (Tosi).
Con molta preoccupazione vi segnalo questo articolo, in particolare la parte dove Tosi dice che l'etnia Rom ormai è destinata a finire. (Tosi è già stato processato per istigazione all'odio razziale in precedenza)

Vittoria.

Il primo cittadino con una troupe di «Ballarò» nei due luoghi simbolo delle sue campagne: ex Cartiere e campo nomadi
Il sindaco: fine dell’esperimento Rom
«Integrazione fallita per scelta loro, degrado, criminalità: Boscomantico chiuderà presto»

Tosi ricorda che «lo spaccio alle ex Cartiere non è competenza del Comune ma delle forze dell’ordine»

di Giampaolo Chavan

Un sopralluogo con la troupe di Ballarò, il programma di Raitre in onda tutti i martedì, alle ex Cartiere e nel campo Rom di Boscomantico.
L’occasione per ribadire i punti cardine da realizzare a stretto giro di posta del programma elettorale della Casa delle libertà. E così arriva la conferma dal primo cittadino: il campo rom di Boscomantico chiuderà molto presto. Il nuovo sindaco lo dice a pochi passi dall’ingresso della ventina di prefabbricati dove vivono 200 nomadi di cui almeno la metà sono bimbi che frequentano asili e scuole vicine.
«Il programma prevede la cessazione di questo esperimento di integrazione fallito» afferma Tosi. E aggiunge, a poca distanza dall’ingresso del campo mentre il giornalista della trasmissione Rai intervista i Rom: «Questo esperimento ha portato solo degrado e criminalità con episodi clamorosi come l’operazione Gagio con i Rom che vendevano i figli ai pedofili. I Rom sono stati coinvolti in tutti i reati possibili e immaginabili e sono stati mantenuti dall’ex amministrazione comunale».
A portare alla chiusura del campo anche il fatto che «qui a Boscomantico non c’è un cittadino italiano perchè sono tutti romeni entrati per lo più in modo clandestino sul nostro territorio». A deludere il neosindaco l’esito di questa esperienza, voluta dall’amministrazione Zanotto: «Qui non c’è integrazione, ai semafori c’è la situazione di prima, il livello di degrado e criminalità è rimasto uguale. È stata la Procura veronese a definirlo una fucina di criminalità». Tanto più che l’etnia Rom, a parere del sindaco Flavio Tosi, sembra avere un futuro già segnato: «Ho una sentenza della Procura (forse intendeva il tribunale, ndr) del 1995 che condanna i nomadi. La motivazione sostiene che è abitudine per loro utilizzare i figli per compiere reati e per raccogliere l’elemosina. Li costringono in questo senso e i figli una volta che diventeranno grandi non potranno fare altro che reinserirsi nello stesso meccanismo». La morale, a parere di Tosi, è una sola: «Questo è un meccanismo che porta alla non integrazione per scelta di questo tipo di comunità, e si vede da questo tipo di modo di vivere (e rivolge lo sguardo al campo rom ndr). Quindi, se non c’è volontà di integrazione di chi arriva nel nostro territorio, non vedo perchè la nostra amministrazione deve ospitare e mantenere chi non si vuole integrare». Porte aperte, invece, «a chi si vuole integrare e vuole rispettare le leggi».
La solidarietà della nuova giunta Tosi è già tracciata: «C’è un fatto di equità perchè i Rom sono cittadini romeni e io so che il Comune ha anche una povertà tutta veronese (anziani e giovani coppie con difficoltà economiche) e l’amministrazione dovrebbe iniziare a rivolgere la propria attenzione verso le nostre fasce deboli».
La troupe del conduttore Giovanni Floris si era recata poco prima anche alle ex Cartiere. «Con la proprietà è doveroso da parte dell’amministrazione comunale incontrarsi e approvare un progetto il prima possibile» afferma Tosi. È fondamentale dare un’indicazione a chi è titolare di quell’area a Basso Acquar: «La proprietà potrà procedere alla demolizione e smaltimento delle ex Cartiere solo quando saprà che il Comune gli dà le garanzie precise su quello che potrà fare».
Il problema è l’investimento che non può essere fatto per milioni di euro, «tanto costano la demolizione e lo smaltimento senza avere garanzie sui progetti». Poi parte un’altra stoccata all’amministrazione Zanotto: «Per più di due anni non ha fatto nulla se non una delibera durante la campagna elettorale». Nel frattempo, le ex Cartiere rimangono il luogo prediletto per gli spacciatori: «Prima dell’accordo con la proprietà non puoi fare nient’altro. Lo spaccio nelle cartiere? Non è competenza del Comune, è competenza eventualmente delle forze dell’ordine. Dico eventualmente perchè, in realtà, le ex Cartiere rimangono terra di nessuno per il tipo di area, per la possibilità di accesso incontrollato e così sarà finchè non viene rasa al suolo e bonificata».

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Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 09:21:16, in Europa, visitato 2157 volte)

Tommaso Vitale segnala questo articolo di Repubblica

Viaggio nei paesi europei alla ricerca di un'integrazione possibile
Nel continente sono tra i 9 e i 12 milioni: ma non esistono censimenti
I rom e l'Europa, dal rigore tedesco alla Francia modello "bastone e carota"
I Rapporti della Divisione Roma and Travellers del Consiglio europeo
L'Italia ha la maglia nera. Ovunque esistono Uffici centrali nazionali
di CLAUDIA FUSANI

ROMA - Sono "qualcosa" che non può essere ignorato. "Esistono" e devi farci i conti. Sono, spesso, un "problema" per gli altri, cioè "noi"; ma soprattutto per se stessi: condizioni igienico sanitarie pessime, massimo della devianza, nessuna integrazione. Tutto vero. Eppure se cerchi di capire come l'Europa affronta la questione rom e zingari rimbalzi in un muro di vaghezza e pressapochismo. Nonostante gli sforzi del Dipartimento Roma and Travellers (Rom e camminati, due delle varie etnie zingare), l'ufficio nato nel 1993 a Strasburgo nell'ambito del Consiglio Europeo per fronteggiare la questione rom e che ogni anno produce pagine e pagine di relazioni, rapporti internazionali, raccomandazioni, manca totalmente un progetto esecutivo. Dalle parole non si riesce a passare ai fatti. Risultato: se l'Italia non sa da che parte cominciare per affrontare la questione rom, l'Europa è messa più o meno nelle stesse condizioni.

"Purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione" dice Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio di Europa. "La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la questione con un proprio approccio politico. Negli ultimi venti anni le cose stanno cambiando e il Consiglio d'Europa se ne sta facendo carico sul fronte dei diritti umani, dei diritti delle minoranze e in funzione dell'integrazione sociale".


Negli anni, attraverso numerose Raccomandazioni - ad esempio sulle condizioni abitative (2005), sulle condizioni economiche e lavorative (2001), sui campi e sul nomadismo (2004) - si è cercato di dare almeno una cornice di riferimento, linee guida ai vari stati per gestire la continua emergenza rom. Buone intenzioni, quindi, ma scarsi risultati. Secondo il Rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze presentato al Parlamento Europeo il 23 novembre 2005, i Rom risultano la popolazione più discriminata d'Europa. Svantaggiati nel lavoro, nell'alloggio, nell'istruzione e nella legislazione ma anche vittime regolari di continue violenze razziste. Il Rapporto - va detto - non si occupa dell'aspetto devianze, cioè criminale, che caratterizza da sempre la popolazione rom e che tanto pesa nel non-inserimento sociale degli zingari.

Una minoranza di 9-12 milioni di persone - Uno dei file più aggiornati della Divisione Roma and Travellers sono i numeri. Che vista l'assenza di censimenti della popolazione rom - per il timore che possano diventare strumenti discriminatori - è già tantissimo. In Europa si calcola che viva un gruppo di circa 9-12 milioni di persone, in qualche paese del centro e dell'est europa - Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia - arrivano a rappresentare fino al 5 per cento della popolazione. Scorrendo i fogli delle statistiche ufficiali europee (aggiornate al giugno 2006), colpisce come nei paesi della vecchia Europa, nonostante la presenza e l'afflusso continuo di popolazione rom, manchi del tutto un loro censimento. Eppure conoscere i contorni del problema dovrebbe essere il primo passo per approcciarlo. Sono censiti solo gli zingari che vivono nei paesi dell'est Europa, dal 1400 la "casa" dei popoli nomadi in arrivo dall'India del nord est.

La Romania guida la classifica dei paesi con maggior numero di gitani: l'ultimo censimento ufficiale del 2002 parla di una minoranza che si aggira tra il milione e 200 mila e i due milioni e mezzo. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria a pari merito (800 mila), Serbia e Repubblica Slovacca (520 mila), Francia e Russia (tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto di Dominique Steinberger del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di zingari), Regno Unito (300 mila), Macedonia (260 mila), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila). L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un censimento, che si aggira sui 120 mila. Sappiamo che oggi quel numero è salito fino a 150-170 mila. Facendo un confronto con i paesi della vecchia Europa, è una stima inferiore rispetto a Spagna e Francia, Regno Unito e Germania. Sui motivi di queste concentrazioni la Storia conta poco: se è vero che la Germania nazista pianificò, come per gli ebrei, lo sterminio degli zingari (Porrajmos) e nei campi di concentramento tedeschi morirono 500 mila rom, in Spagna la dittatura di Franco ha tenuto in vigore fino agli anni settanta la legislazione speciale contro i gitani eppure gli zingari continuano ad essere, e sono sempre stati, tantissimi.

Il caso italiano - A scorrere i Rapporti del Consiglio europeo, l'Italia sembra avere la maglia nera nella gestione della questione rom. La lista delle "mancanze" italiane è lunghissima. Contrariamente agli altri paesi della vecchia Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno mentre in altri paesi hanno la carta di soggiorno e anche i passaporti. Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la cittadinanza col risultato che migliaia di bambini rom nati in Italia risultano apolidi; gli stessi bambini non vanno a scuola e non hanno accesso all'educazione; non sono riconosciuti come minoranza linguistica. L'Italia, soprattutto, continua ad insistere nell'errore di considerare queste persone nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre invece sono persone a tutti gli effetti stanziali. Si legge a pag. 29 del rapporto: "Non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata in modo valido". Bocciati, su tutta la linea. Persino "puniti" nel dicembre 2004 per la violazione della disposizione sul diritto alla casa. "Puniti" anche Bulgaria e Grecia.

Gli Uffici centrali - Il nome di per sé evoca scenari da tragedia, liste, schedature, concentrazione di informazioni. Nel 1929 a Monaco nacque "L'Ufficio centrale per la lotta contro gli zingari in Germania", furono schedati, nel 1933 furono privati di tutti i diritti, poi lo sterminio. Eppure un Ufficio centrale sembra essere l'unico modo per affrontare seriamente la questione rom, capire quanti sono, dove vivono, di cosa hanno bisogno, tenere sotto controllo arrivi, partenze, doveri e responsabilità oltre che diritti. All'estero esiste un po' ovunque qualcosa di simile, in Germania, in Francia, in Olanda, Belgio e in Spagna. "In questi uffici - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi - lavorano anche i rom, sono mediatori culturali, parlano la lingua e i dialetti, conoscono le abitudini dei vari gruppi, dettagli per noi insignificanti e invece per loro fondamentali. Non si può prescindere da questo se si vuole affrontare il problema con serietà e concretezza". Ministero dell'Interno e Solidarietà sociale hanno avviato dei "tavoli tecnici" con esperti e rom. Ma il ministro Giuliano Amato sta pensando a qualcosa di più: un Ufficio governativo e una conferenza europea per avere gli strumenti e il luogo dove fronteggiare la questione.

Lo statuto francese - Nonostante "la grande preoccupazione" del Consiglio europeo "per i ritardi e l'emarginazione", la Francia (con 340 mila o un milione di manouche) sembra aver adottato il modello migliore sul fronte dell'accoglienza per i rom. Un modello che si muove tra l'accoglienza e la tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la legge Besson (la prima versione risale al 1990, una successiva è del 2000) che prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un'area di accoglienza; dall'altra la stretta in nome della sicurezza dell'ex ministro dell'Interno, attuale presidente, Nicolas Sarkozy che nel febbraio 2003 ha voluto la stretta e ha previsto (articoli 19 e 19 bis della legge sulla sicurezza interna) sanzioni particolarmente pesanti contro le infrazioni allo stazionamento. Chi non rispetta le regole dei campi e dell'accoglienza è fuori per sempre. E chi occupa abusivamente un'area può essere arrestato e il mezzo sequestrato. La legge Besson immagina i campi come una soluzione di passaggio e prevede, contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.

Di tutto ciò è stato realizzato poco ma comunque qualcosa. Nella regione di Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni (ne servirebbero tra i 6 e gli 8 mila) e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo di quelli necessari. Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in vecchi quartieri. Pagano affitto, luce e acque. "Siamo responsabilizzati - racconta Arif, rom kosovaro, un pezzo della cui famiglia vive in Francia - viviamo nei centri abitati, non siamo emarginati, facciamo lavori come facchino, gommista, piccolo trasporto, pulizie, guadagniamo e firmiamo un Patto di stabilità per cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed è vietato chiedere l'elemosina. Se siamo disoccupati per sei mesi abbiamo il sussidio - un mio parente prende 950euro al mese - e abbiamo anche gli assegni familiari. Certo chi sbaglia, chi delinque, chi ruba, chi non manda i figli a scuola, viene cacciato dalla Francia. E su questo punto siamo noi i primi ad essere d'accordo". Un altro risultato, visibile, è che in Francia difficilmente si vedono zingari in giro, ai semafori o nelle vie dei centri cittadini. E' vietata l'elemosina e l'accattonaggio. Recentemente l'ex ministro dell'Interno Sarkozy ha sottoscritto un piano con la Romania per il rimpatrio dei rom romeni.

Il caso tedesco - Il Rapporto del Consiglio europeo, datato 2004, parla di "svantaggi sociali, pregiudizio, discriminazione per quello che riguarda la casa, il lavoro e la scuola e di casi clamorosi di razzismo" . Detto tutto ciò in Germania i 130 mila circa tra Rom e Camminanti sono considerati per legge "minoranza nazionale". Hanno diritti e doveri. "Dagli anni sessanta, con la caduta del modello socialista titino - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi italiana - e con le prime diaspore rom dall'est europeo verso l'occidente europeo che poi si sono ripetute negli anni ottante e novanta con le guerre nei Balcani, la Germania ha accolto queste migliaia di persone in fuga con un progetto di welfare. Sono state assegnate case, singole o in palazzine popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in condizione di lavorare. Tutto questo - continua Converso - al prezzo di rispettare i patti e la legge. Altrimenti, fuori per sempre. Ci sono stati anni in cui interi gruppi stavano per lunghi periodi in Germania, poi venivano in Italia dove invece non è mai stato pensato un vero, severo e anche rigido piano di accoglienza e dove gli zingari hanno avuto da sempre maggiori e diverse fonti di reddito, ben più remunerative perché spesso illegali".

La Spagna come la Bulgaria - Nonostante Franco, le leggi speciali e le persecuzioni, la Spagna ha una delle comunità gitane più popolose e in Europa occupa il terzo posto dopo Romania e Bulgaria con 800 mila presenze. Dalla fine degli anni Ottanta il governo centrale ha elaborato un Programma di sviluppo per la popolazione rom anche se il budget annuale sembra abbastanza ridotto (3,3 milioni di euro a cui però si aggiungono i finanziamenti delle singole regioni e delle ong). Anche in Spagna ogni regione ha un Ufficio centrale che coordina gli interventi e le politiche per gli zingari in cui lavorano sia funzionari del governo che rom con funzioni di mediatori culturali. Il risultato è che non esistono quasi più campi nomadi, quasi tutti - chi non lavora ha un sussidio di circa 700 euro al mese per sei mesi - vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, nelle periferie ma anche nelle città. Dipende dal livello di integrazione. Che è in genere buono anche se resta alto il tasso di criminalità: furti ma soprattutto spaccio di droga. Sono zingare il venti per cento delle donne detenute nelle carceri spagnole. Negli ultimi mesi nelle periferie delle grandi città, a Barcellona come a Madrid, a Siviglia e a Granada, stanno rispuntando baraccopoli e favelas: sono gli ultimi arrivati, i rom della Romania, la nuova emergenza.

La ricetta del "politico" gitano - La Spagna ha saputo produrre, finora, l'unico europarlamentare gitano: si chiama Juan de Dios Ramirez Heredia, è stato rappresentante dell'Osservatorio europeo contro il razzismo e la xenofobia e nel 1986 ha fondato la Union Romanì, federazione della associazioni gitane spagnole. Heredia , in un'intervista rilasciata al magazine europeo Cafè Babel, immagina il futuro della comunità rom: "Potrà essere migliore solo se sapremo mantenere una certa dose di sopravvivenza e riusciremo ad essere presenti dove si prendono decisioni politiche. Non ha senso che in paesi come la Spagna, dove siamo 800 mila, non ci sia un solo gitano deputato o senatore". A gennaio scorso, per la prima volta, la Serbia - 600 mila rom ufficiali senza contare quelli partiti negli anni e ora in giro per l'Europa senza documenti - ha accettato in Parlamento due deputati dei partiti delle minoranze gitane, l'Unione dei rom e il Partito dei rom.

Sono 36 milioni gli zingari nel mondo. Diciotto milioni vivono ancora in India. Un milione circa è riuscito ad arrivare anche negli Stati Uniti. A parte poche migliaia di loro che sono riusciti ad avere una vita normale e ad emergere, ovunque sono rimasti gli ultimi nei gradini della società.
(3 fine)

(3 giugno 2007)

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Di Fabrizio (del 03/06/2007 @ 09:22:58, in Italia, visitato 1586 volte)

Ricevo da Maurizio Pagani

Ad un anno c.ca dall’elezione del nuovo Sindaco di Milano e ad una settimana appena dalla vittoria del centro destra in molti dei Comuni del Nord, il tema della presenza dei “Rom” continua a tenere banco sui giornali e nei commenti di chi, durante le elezioni, si è sbilanciato in promesse di ogni genere circa la loro possibile “cacciata” in caso di vittoria del proprio schieramento.

Come stiano in realtà le cose, non da un anno a questa parte, ma ormai da oltre un decennio, da quando cioè una salda coalizione di centro destra governa la città, o come questa problematica sia stata gestita dal Governatore Formigoni in Regione, ormai al suo terzo mandato, è sotto gli occhi di tutti, o almeno lo sono gli effetti prodotti, in buona misura disastrosi.

Pur continuando a rappresentare una piccola minoranza di persone, c.ca 5.000 a Milano, forse 10.000 o poco più in tutta la Provincia, e nonostante moltissime delle comunità rom e sinte siano composte da cittadini italiani, cioè non distinguibili né discriminabili di fronte alla legge per la loro appartenenza “etnica”, il tema, come si diceva, suscita scalpore e tensioni, su un fronte politico e sull’altro, per l’impossibilità di piegarlo ad una semplice risoluzione. Quella di “cacciarli”.

Certamente non ha giovato l’intervento del Ministro degli Interni Amato che ha offerto un pacchetto di misure per aumentare la sicurezza nelle aree metropolitane, indicando proprio i Rom come uno dei principali problemi di ordine pubblico da affrontare.

O ancora, nel cortile di casa, il commento del Sindaco di Sesto, Oldrini (DS), uno tra i pochi rieletti al primo turno nel centro sinistra, che ha rivendicato con orgoglio gli interventi di sgombero dei Rom da quel territorio.

Ma che dire di Veltroni a Roma e della sua idea, quasi impronunciabile per quanto inverosimile, di realizzare 4 nuovi campi nomadi, spostando alcune migliaia di rom dal centro urbano alla desolazione del raccordo anulare?

Mi ha colpito, tra le tante o poche manifestazioni di dissenso, quella di alcuni cittadini ebrei romani che hanno rivendicato la propria posizione contraria a questo progetto che sarà finanziato dal Governo, rievocando il proprio passato “storico” carico di discriminazioni e sofferenze.

A quando un analogo gesto di solidarietà da parte della comunità ebraica milanese?

Maggiore fortuna sembrano viceversa aver riportato quelle forze politiche (Lega Nord e AN in testa, ma non è certamente da meno Forza Italia) da sempre ostili ad ogni misura di buon governo del territorio, che fino a prova contraria ha sempre favorito una migliore convivenza tra le comunità locali e quelle rom anziché peggiorarla.

Ma i cittadini, o almeno la maggioranza di quelli che vanno a votare, sembrano pensarla allo stesso modo.

A Rho, comune dove il centro sinistra si è a lungo arenato sulla questione del “campo nomadi”, realizzandolo un mese prima della elezioni (…) e perdendole, tra i nuovi venuti c’è chi ha trovato il modo di dire: “adesso cacciamoli” ( e ridaglie), ma poi ha aggiunto: “e già che ci siamo, cacciamo anche tutti quei ragazzini (54) che frequentano le scuola materna, elementare e media.

Compagni di banco dei loro figli.

Per usare un linguaggio a me inusuale, si potrebbe dire che la “parabola” avviata con indubbia efficacia manageriale attraverso il sodalizio Moratti – Moioli / Don Colmegna – Casa della Carità un anno fa a Milano, è giunta ad una svolta e ha fatto scuola (loro lo chiamano Patto, modello ecc.).

Alla costruzione dell’immagine del “Rom”, un po’ straccione e un po’ accattone, da associare prontamente a quella del deviante da redimere e reprimere, si aggiunge ora, con il concorso morale e politico di chi dovrebbe costituire sulla carta un’alternativa politica e culturale, il centro sinistra, quella del “fastidio” da cui liberarsi prima possibile, meglio se in prossimità delle elezioni o per decreto.

Ma chi può contestare tutto ciò, visto anche l’inopinabile appoggio al “pensiero unico”offerto dagli organi di stampa?

Maurizio Pagani - Vicepresidente Opera Nomadi Milano

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Di Sucar Drom (del 01/06/2007 @ 10:38:49, in blog, visitato 1810 volte)

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Ricordiamo a tutti i lettori di sucardrom che il leghista Flavio Tosi è stato ...

Roma, intervista a Hamidovic Nedzad
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In questi giorni si sta svolgendo a Mantova, come ogni anno, la manifestazione religiosa della Missione Evangelica Zigana. Un ampio tendone da circo che contiene 500 persone è stato alzato e circa un centinaio di roulotte si sono posizionate nell'area di transito adiacente, predisposta dal Comune di Mantova il passato inverno.
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San Remo (IM), "foglio di via" per due donne e un uomo Rom Rumeni
Alle 11,30 del 22 maggio 2007 gli agenti del Commissariato di Sanremo, nel corso del mercato ambulante di piazza Eroi, hanno notato due donne che si aggiravano con "fare sospetto" tra la folla.
In seguito a controlli le due rumene, di 26 e 30 anni, risultavano risiedere a Genova Pontedecimo presso il "campo nomadi". A carico delle due sono stati rilevati numerosi precedenti di polizia...

Roma, individuati tredici siti per concentrare i Sinti e i Rom
Sorgeranno fuori il Raccordo anulare, a sud, est e nord della Capitale, i quattro grandi «villaggi della solidarietà» o, come si usava definirli fino a qualche giorno fa, campi rom. Le aree individuate sono circa 13, prevalentemente nei Municipi meno «carichi» e dove si dispone di servizi sociali adeguati.
È stato infatti lo stesso sindaco Veltroni, all’indomani della firma del «Patto per  ...

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Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 13:47:02, in Europa, visitato 2440 volte)


E' uscito l'aggiornamento di maggio 2007 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese. 

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Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 09:45:55, in scuola, visitato 2868 volte)

Da Bulgarian_Roma

UN ANNO SCOLASTICO DI SUCCESSO

Il 24 maggio è il giorno dell'alfabeto bulgaro. E' una grande festa per gli studenti del primo grado. Quest'anno la festa è stata ancora più grande per gli studenti del primo grado che vivono nel ghetto rom di Veliko Turnovo.

Da più di un anno il Centro Amalipe ha iniziato a lavorare con questi bambini e i loro genitori, per rompere il circolo vizioso delle scuole speciali per bambini ritardati mentalmente che sono frequentate da molti bambini del ghetto, la qual cosa porta alla miseria e alla disoccupazione.

Anke è una di loro. Era molto nervosa all'inizio della scuola, l'anno precedente andava alla scuola speciale della città. Quest'anno è iscritta nella scuola "normale". Sua madre voleva che fosse questo il suo nuovo inizio. Per questo l'ha iscritta nuovamente in prima. Anke all'inizio aveva molta paura. Chiedeva: "Mi picchieranno come facevano sempre nella scuola speciale? Mi prenderanno in giro perché vengo dalla scuola speciale?"

Non è stato un facile inizio neanche per Ivan. Anche lui si è iscritto in prima per la seconda volta. L'anno scorso era in un'altra scuola, ma già il primo giorno era stato insultato da un insegnante ed i suoi genitori l'avevano ritirato. Gli insegnanti della scuola speciale tentarono più volte di convincerli a mandarlo a scuola. Rifiutarono. Sapevano che se Ivan voleva un futuro migliore, doveva andare alla scuola normale. All'inizio per Ivan è stata dura. Non aveva l'abitudine a stare in classe (e nemmeno nella scuola). La prima settimana scappava da scuola per tornare a casa. Suo padre dovette prendere un permesso per assentarsi dal lavoro e stare con Ivan a scuola finché non si è abituato.

Anche per Georgi l'inizio è stato duro. A otto anni non era mai andato a scuola e neanche all'asilo d'infanzia. La sua vita l'aveva vissuta per le strade del ghetto. Non sapeva comunicare con gli altri bambini e non aveva mai preso in mano una penna. Durante l'estate le insegnanti della scuola speciale avevano provato ad iscriverlo. Senza successo, perché non voleva sentire parlare di scuola. Il lavoro con i suoi genitori  è stato il più duro. C'è voluto più di un mese dall'inizio della scuola per convincerlo che non c'era niente di male nell'andare a scuola.

Ora tutti e tre hanno terminato il primo grado alla scuola Petko Rachev Slaveykov. E' una delle scuole migliori nel centro città. La mattina del 24 Anke, Ivan e Georgi hanno festeggiato con i genitori, ognuno di loro portando un mazzo di fiori.

Inizia la festa. Viene chiesto ai bambini cosa hanno imparato durante l'anno. I bambini scrivono, disegnano e fanno di conto. Le mani di Anke, Ivan e Georgi si alzano contemporaneamente. Qualche volta rispondono giusto, altre sbagliato - come gli altri bambini, rimanendo attivi. Sono contenti di sentire il contatto e l'amicizia di insegnanti e compagni di classe.

Non è stato facile arrivare a questo 24 maggio.. Abbiamo lavorato molto con i genitori dei nostri bambini. Assieme al direttore e agli insegnanti abbiamo lavorato anche con i genitori degli altri bambini e con i bambini stessi. Durante i nove mesi i volontari di Amalipe hanno svolto ogni settimana attività con i bambini per aiutarli a convivere. Ora Anke è la migliore della sua classe.

Anche gli altri bambini del ghetto sono scappati dalla trappola delle scuole speciali e ora sono tra i migliori studenti delle loro classi. I nove mesi hanno provato quanto sia importante per i bambini rom andare a scuola come tutti gli altri. E' stato anche provato che i nostri ragazzi possono farcela. Questi mesi d'altra parte hanno mostrato che per ottenere risultati bisogna compiere molti sforzi - che coinvolgono tutti noi: gli stessi bambini, i genitori, gli insegnanti, le OnG...

AMALIPE CENTER FOR INTERETHNIC DIALOGUE AND TOLERANCE, VELIKO TURNOVO

Bulgaria, Veliko Turnovo 5000,p.o.box 113, tel: 062/600-224, 600 541; 0888/681-134;

e-mail: deyan_kolev@yahoo.com, center_amalipe@yahoo.com,
 

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Di Fabrizio (del 30/05/2007 @ 10:05:08, in conflitti, visitato 2872 volte)

COMUNICATO STAMPA

 

Un Ponte per... Jasenovac

 

Mostra fotografica

dal 28 maggio all' 8 giugno

alla Casa della pace della Provincia di Milano – Milano

 

 

Jasenovac. Sulle rive del fiume Sava. A un centinaio di chilometri a sud-est di Zagabria. Nome che sta a indicare, in lingua serbo-croata, “bosco di frassini”, il luogo in cui vennero commessi i crimini più efferati da parte del regime croato degli ustascia (ustasce = insorti) con a capo il Poglavnik/Führer Ante Pavelic, che appoggiò le potenze dell'Asse durante la Seconda guerra mondiale. Il luogo in cui morirono tra le 500 e 700 mila persone, in prevalenza serbi ortodossi, Rom, ebrei e croati dissidenti al regime di Pavelic.

 

 

La mostra fotografica è stata realizzata da “MOST ZA BEOGRAD – UN PONTE PER BELGRADO IN TERRA DI BARI” – Associazione culturale e di solidarietà con la popolazione jugoslava, su foto e testi forniti dal MUSEO DELLE VITTIME DEL GENOCIDIO DI BELGRADO, e tradotti con la collaborazione della cattedra di serbo-croato dell'Università di Bari, di cui è titolare la prof. Svetlana Stipcevic.

 

 

A Milano, la mostra è stata organizzata dall'associazione "UN PONTE PER...", insieme al COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA, OPERA NOMADI e Associazione La Tenda (progetti balcanici di Antonio Furlan), e con il contributo della Provincia di Milano, e vorrebbe illuminare la memoria comune su una pagina buia della nostra storia.

 

 

Gli scatti sui volti di numerosi bambini e bambine forniti dal Museo delle vittime del genocidio di Belgrado testimoniano i vuoti, l'assenza, l'innocenza portata via dalle nefandezze e dalla cieca brutalità della dittatura e della guerra. Jasenovac è il segreto oscuro dell'Olocausto. Noi, dopo 60 anni, questo tabù lo vorremmo svelare. Le vittime di Jasenovac ce lo chiedono.

 

 

Il 28 maggio alle ore 18 l’inaugurazione della mostra:

ERANO SOLO BAMBINI

Jasenovac. Tomba di 19432 bambini e bambine

 

Apertura dei lavori alla presenza degli Assessori provinciali Irma Dioli, Francesca Corso, Giansandro Barzaghi.

 

 

Interverranno:

Andrea Catone (Most Za Beograd, Bari)

Jovan Mirkovic (Museo delle vittime del genocidio di Belgrado)

Giuseppe Zaccaria (giornalista de "La Stampa")

Maurizio Pagani (Opera Nomadi)

 

Coordina: Jasmina Radivojevic (Un Ponte per…)

 

 

Al termine degli interventi l'attrice Dijana Pavlovic leggerà la poesia "La Foiba" del poeta croato Ivan Goran Kovacic, accompagnata dal musicista Jovica Jovic.

 

La mostra si potrà visitare: dal 28 maggio all'8 giugno presso la Casa della Pace della Provincia di Milano, via Ulisse Dini 7 (MM2 Abbiategrasso), Milano.
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Di Daniele (del 30/05/2007 @ 09:00:40, in Europa, visitato 2920 volte)

Da La Stampa

Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom

In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina guadagno di più"

BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare, e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso migratorio verso una particolare città italiana.

Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi, nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci, gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.

I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci. «Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.

La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine - dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze. Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno. Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.

La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però, non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto distrutta, è meglio che qui».

Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova. «Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».

La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella pratica quotidiana.

«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti, possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's, lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville «che nemmeno i romeni hanno».

I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese - dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore, di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i romeni e gli italiani».


5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI

Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla necessità di avviare un dialogo».

La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica, la tossicodipendenza».

Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati, aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste, occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».

Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania, per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari. Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi sprecati».

E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti” gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali. Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare, i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di euro in avvocati».
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Di Fabrizio (del 29/05/2007 @ 10:04:16, in casa, visitato 4100 volte)

La sottoscritta Paola Cecchi del C.N.J. (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia) e dell’ass. A.I.Z.O. rom e sinti  sottopone alla vostra attenzione la situazione di 5 famiglie che si trovano attualmente a vivere in modo precario in Viale XI Agosto nel cosiddetto “CAMPO NOMADI OLMATELLO”, va subito messo in evidenza che nessun “nomade” vive in questo luogo, ma vivono tutti cittadini Jugoslavi, la maggior parte sono originari della regione del Kosovo-Metohija, la situazione nel campo è molto disagiata e le strutture dove sono alloggiate le persone sono  roulottes alcune in pessime condizioni, attraverso una cooperativa interna il campo viene pulito regolarmente, molte delle persone che vivono nel campo sono di etnia rom, i servizi come negozi, autobus, ecc. sono molto distanti. Molte persone che prima vivevano nel campo hanno avuto accoglienza come profughi in normali abitazioni o nel corso degli anni hanno raggiunto i punti per poter avere un  alloggio  popolare e sappiamo che di qui a breve diverse famiglie troveranno una collocazione ed il campo dovrebbe essere chiuso, ma alcune nuclei “storici” sono ritenuti dal quartiere 5 “non autorizzati” a stare nel campo e viene loro intimato di lasciare, in breve, la precaria sistemazione dove vivono.
Si parla di 5 nuclei: la famiglia Ibrahimi con due figlie piccole, la famiglia Bejzak con tre piccoli (Edison ha 3 mesi)! La famiglia di Mustafa R. con due figli piccoli e la giovane moglie è incinta ed altri due fratelli di Mustafa R. con relative mogli e figli, quasi tutti i genitori sono nati in Italia o sono arrivati da anni, i minori in totale sono 14 e sono tutti nati a Firenze e stanno frequentando le scuole del quartiere, sappiamo che sono famiglie che non sono certo in grado di sopportare le spese proibitive di un affitto. 
Com’è noto in Kosovo circa 300.000 persone di tutte le etnie, ma nella stragrande maggioranza serbi e rom sono stati  scacciati dalla loro terra nel 1999 e sono stati costretti a diventare profughi! 
Non scacciamo persone che vivono da anni in baracche ! Cerchiamo insieme una sistemazione dignitosa per queste persone e per questi piccoli.
In attesa di vostre comunicazioni vi invio cordiali saluti

dott. Paola Cecchi


 
50144 Firenze
e-mail:  ristori @tin.it

Destinatari:

Spett. sindaco Leonardo Domenici, comune di Firenze
All’ass. Lucia De Siervo comune di Firenze
Al pres. Eros Croccolini comune di Firenze
Al cons. Pab Diaw PRC comune di Firenze
Alla pres. IV commissione Susanna Agostini comune di Firenze
Al cons. Jacopo Borsi PRC quartiere 5 Firenze 
Al cons Sandro Targetti PRC capogruppo provincia di Firenze
Al cons. Aldo Manetti PRC regione Toscana
Al cons. Mario Lupi Verdi Regione Toscana
Ad Andrea Martocchia - Coord. Naz. per la Jugoslavia
Alla pres. A.I.Z.O. Carla Osella - Torino

Firenze 25 maggio 2007
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Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 10:50:31, in Italia, visitato 2700 volte)

Ricevo da Mariagrazia Dicati

Dal blog : Rom Sinti @ Politica,

testimonianza di alcuni ragazzi delle scuole di Ostia (Roma) e video dello sgombero di un campo nomadi avvenuto il 10 maggio in via Aldobrandeschi a Roma

Siamo un gruppo di studenti di Ostia, delle scuole Labriola, Anco Marzio, Faraday e Toscanelli.
Abbiamo letto con indignazione dello sgombero avvenuto a via Capo Sperone di circa 15 romeni (tra cui 3 minori) la scorsa settimana.
Alcuni mesi fa, accorgendoci della presenza di questo campo, abbiamo scelto una strada diversa da quella che tutti ci consigliavano, quella che pareva più normale: disprezzare, distogliere lo sguardo, affidarci ai pregiudizi.

Abbiamo scelto invece di andare a conoscere di persona questi uomini, donne e bambini che lì vivevano nell’abbandono più totale.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, nessuno di noi è stato minacciato, derubato o malmenato una volta entrati nel loro campo. Siamo stati invece accolti con una simpatia e un calore tale da farci vergognare dei nostri pregiudizi. Difficilmente tra i nostri coetanei italiani abbiamo mai ricevuto un’accoglienza così bella.

Non solo ci hanno fatto entrare a casa loro, ma ogni volta che siamo tornati ci hanno sempre trattato come ospiti d’onore.

Crescendo l’amicizia con loro, di settimana in settimana, ci siamo anche accorti della condizione tragica in cui versava tutto il loro campo: niente corrente elettrica, niente gas né acqua corrente, che andavano a prendere da una fontanella a 500 metri di distanza.

continua

link dello sgombero
http://www.youtube.com/watch?v=LddCcwdsj-Y

 

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