Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 10:44:00, in Italia, visitato 2396 volte)
Ciao,
Mi chiamo Vittoria, sono tedesca, ma vivo da diversi anni a Verona che ormai
considero la mia città. Purtroppo ho visto questo articolo oggi sull'Arena, il
quotidiano di Verona, dove hanno appena eletto un sindaco leghista (Tosi).
Con molta preoccupazione vi segnalo questo articolo, in particolare la parte
dove Tosi dice che l'etnia Rom ormai è destinata a finire. (Tosi è già stato
processato per istigazione all'odio razziale in precedenza)
Vittoria.
Il primo cittadino con una troupe di «Ballarò» nei due luoghi simbolo
delle sue campagne: ex Cartiere e campo nomadi
Il sindaco: fine dell’esperimento Rom
«Integrazione fallita per scelta loro, degrado, criminalità: Boscomantico
chiuderà presto»
Tosi ricorda che «lo spaccio alle ex Cartiere non è competenza del Comune ma
delle forze dell’ordine»
di Giampaolo Chavan
Un sopralluogo con la troupe di Ballarò, il programma di Raitre in onda tutti i
martedì, alle ex Cartiere e nel campo Rom di Boscomantico.
L’occasione per ribadire i punti cardine da realizzare a stretto giro di posta
del programma elettorale della Casa delle libertà. E così arriva la conferma dal
primo cittadino: il campo rom di Boscomantico chiuderà molto presto. Il nuovo
sindaco lo dice a pochi passi dall’ingresso della ventina di prefabbricati dove
vivono 200 nomadi di cui almeno la metà sono bimbi che frequentano asili e
scuole vicine.
«Il programma prevede la cessazione di questo esperimento di integrazione
fallito» afferma Tosi. E aggiunge, a poca distanza dall’ingresso del campo
mentre il giornalista della trasmissione Rai intervista i Rom: «Questo
esperimento ha portato solo degrado e criminalità con episodi clamorosi come
l’operazione Gagio con i Rom che vendevano i figli ai pedofili. I Rom sono stati
coinvolti in tutti i reati possibili e immaginabili e sono stati mantenuti
dall’ex amministrazione comunale».
A portare alla chiusura del campo anche il fatto che «qui a Boscomantico non c’è
un cittadino italiano perchè sono tutti romeni entrati per lo più in modo
clandestino sul nostro territorio». A deludere il neosindaco l’esito di questa
esperienza, voluta dall’amministrazione Zanotto: «Qui non c’è integrazione, ai
semafori c’è la situazione di prima, il livello di degrado e criminalità è
rimasto uguale. È stata la Procura veronese a definirlo una fucina di
criminalità». Tanto più che l’etnia Rom, a parere del sindaco Flavio Tosi,
sembra avere un futuro già segnato: «Ho una sentenza della Procura (forse
intendeva il tribunale, ndr) del 1995 che condanna i nomadi. La motivazione
sostiene che è abitudine per loro utilizzare i figli per compiere reati e per
raccogliere l’elemosina. Li costringono in questo senso e i figli una volta che
diventeranno grandi non potranno fare altro che reinserirsi nello stesso
meccanismo». La morale, a parere di Tosi, è una sola: «Questo è un meccanismo
che porta alla non integrazione per scelta di questo tipo di comunità, e si vede
da questo tipo di modo di vivere (e rivolge lo sguardo al campo rom ndr).
Quindi, se non c’è volontà di integrazione di chi arriva nel nostro territorio,
non vedo perchè la nostra amministrazione deve ospitare e mantenere chi non si
vuole integrare». Porte aperte, invece, «a chi si vuole integrare e vuole
rispettare le leggi».
La solidarietà della nuova giunta Tosi è già tracciata: «C’è un fatto di equità
perchè i Rom sono cittadini romeni e io so che il Comune ha anche una povertà
tutta veronese (anziani e giovani coppie con difficoltà economiche) e
l’amministrazione dovrebbe iniziare a rivolgere la propria attenzione verso le
nostre fasce deboli».
La troupe del conduttore Giovanni Floris si era recata poco prima anche alle ex
Cartiere. «Con la proprietà è doveroso da parte dell’amministrazione comunale
incontrarsi e approvare un progetto il prima possibile» afferma Tosi. È
fondamentale dare un’indicazione a chi è titolare di quell’area a Basso Acquar:
«La proprietà potrà procedere alla demolizione e smaltimento delle ex Cartiere
solo quando saprà che il Comune gli dà le garanzie precise su quello che potrà
fare».
Il problema è l’investimento che non può essere fatto per milioni di euro,
«tanto costano la demolizione e lo smaltimento senza avere garanzie sui
progetti». Poi parte un’altra stoccata all’amministrazione Zanotto: «Per più di
due anni non ha fatto nulla se non una delibera durante la campagna elettorale».
Nel frattempo, le ex Cartiere rimangono il luogo prediletto per gli spacciatori:
«Prima dell’accordo con la proprietà non puoi fare nient’altro. Lo spaccio nelle
cartiere? Non è competenza del Comune, è competenza eventualmente delle forze
dell’ordine. Dico eventualmente perchè, in realtà, le ex Cartiere rimangono
terra di nessuno per il tipo di area, per la possibilità di accesso
incontrollato e così sarà finchè non viene rasa al suolo e bonificata».
Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 09:21:16, in Europa, visitato 2157 volte)
Tommaso Vitale segnala questo articolo di
Repubblica
Viaggio nei paesi europei alla ricerca di un'integrazione possibile
Nel continente sono tra i 9 e i 12 milioni: ma non esistono censimenti
I rom e l'Europa, dal rigore tedesco alla Francia modello "bastone e carota"
I Rapporti della Divisione Roma and Travellers del Consiglio europeo
L'Italia ha la maglia nera. Ovunque esistono Uffici centrali nazionali
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - Sono "qualcosa" che non può essere ignorato. "Esistono" e devi
farci i conti. Sono, spesso, un "problema" per gli altri, cioè "noi"; ma
soprattutto per se stessi: condizioni igienico sanitarie pessime, massimo della
devianza, nessuna integrazione. Tutto vero. Eppure se cerchi di capire come
l'Europa affronta la questione rom e zingari rimbalzi in un muro di vaghezza e
pressapochismo. Nonostante gli sforzi del Dipartimento Roma and Travellers (Rom
e camminati, due delle varie etnie zingare), l'ufficio nato nel 1993 a
Strasburgo nell'ambito del Consiglio Europeo per fronteggiare la questione rom e
che ogni anno produce pagine e pagine di relazioni, rapporti internazionali,
raccomandazioni, manca totalmente un progetto esecutivo. Dalle parole non si
riesce a passare ai fatti. Risultato: se l'Italia non sa da che parte cominciare
per affrontare la questione rom, l'Europa è messa più o meno nelle stesse
condizioni.
"Purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione" dice Maria
Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio di
Europa. "La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la
questione con un proprio approccio politico. Negli ultimi venti anni le cose
stanno cambiando e il Consiglio d'Europa se ne sta facendo carico sul fronte dei
diritti umani, dei diritti delle minoranze e in funzione dell'integrazione
sociale".
Negli anni, attraverso numerose Raccomandazioni - ad esempio sulle condizioni
abitative (2005), sulle condizioni economiche e lavorative (2001), sui campi e
sul nomadismo (2004) - si è cercato di dare almeno una cornice di riferimento,
linee guida ai vari stati per gestire la continua emergenza rom. Buone
intenzioni, quindi, ma scarsi risultati. Secondo il Rapporto annuale della
Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze presentato al
Parlamento Europeo il 23 novembre 2005, i Rom risultano la popolazione più
discriminata d'Europa. Svantaggiati nel lavoro, nell'alloggio, nell'istruzione e
nella legislazione ma anche vittime regolari di continue violenze razziste. Il
Rapporto - va detto - non si occupa dell'aspetto devianze, cioè criminale, che
caratterizza da sempre la popolazione rom e che tanto pesa nel non-inserimento
sociale degli zingari.
Una minoranza di 9-12 milioni di persone - Uno dei file più aggiornati
della Divisione Roma and Travellers sono i numeri. Che vista l'assenza di
censimenti della popolazione rom - per il timore che possano diventare strumenti
discriminatori - è già tantissimo. In Europa si calcola che viva un gruppo di
circa 9-12 milioni di persone, in qualche paese del centro e dell'est europa -
Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia - arrivano a rappresentare fino
al 5 per cento della popolazione. Scorrendo i fogli delle statistiche ufficiali
europee (aggiornate al giugno 2006), colpisce come nei paesi della vecchia
Europa, nonostante la presenza e l'afflusso continuo di popolazione rom, manchi
del tutto un loro censimento. Eppure conoscere i contorni del problema dovrebbe
essere il primo passo per approcciarlo. Sono censiti solo gli zingari che vivono
nei paesi dell'est Europa, dal 1400 la "casa" dei popoli nomadi in arrivo
dall'India del nord est.
La Romania guida la classifica dei paesi con maggior numero di gitani: l'ultimo
censimento ufficiale del 2002 parla di una minoranza che si aggira tra il
milione e 200 mila e i due milioni e mezzo. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria
a pari merito (800 mila), Serbia e Repubblica Slovacca (520 mila), Francia e
Russia (tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto di Dominique Steinberger
del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di zingari), Regno Unito (300
mila), Macedonia (260 mila), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila).
L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un
censimento, che si aggira sui 120 mila. Sappiamo che oggi quel numero è salito
fino a 150-170 mila. Facendo un confronto con i paesi della vecchia Europa, è
una stima inferiore rispetto a Spagna e Francia, Regno Unito e Germania. Sui
motivi di queste concentrazioni la Storia conta poco: se è vero che la Germania
nazista pianificò, come per gli ebrei, lo sterminio degli zingari (Porrajmos) e
nei campi di concentramento tedeschi morirono 500 mila rom, in Spagna la
dittatura di Franco ha tenuto in vigore fino agli anni settanta la legislazione
speciale contro i gitani eppure gli zingari continuano ad essere, e sono sempre
stati, tantissimi.
Il caso italiano - A scorrere i Rapporti del Consiglio europeo, l'Italia
sembra avere la maglia nera nella gestione della questione rom. La lista delle
"mancanze" italiane è lunghissima. Contrariamente agli altri paesi della vecchia
Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno
mentre in altri paesi hanno la carta di soggiorno e anche i passaporti.
Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la
cittadinanza col risultato che migliaia di bambini rom nati in Italia risultano
apolidi; gli stessi bambini non vanno a scuola e non hanno accesso
all'educazione; non sono riconosciuti come minoranza linguistica. L'Italia,
soprattutto, continua ad insistere nell'errore di considerare queste persone
nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre
invece sono persone a tutti gli effetti stanziali. Si legge a pag. 29 del
rapporto: "Non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza
di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata
in modo valido". Bocciati, su tutta la linea. Persino "puniti" nel dicembre 2004
per la violazione della disposizione sul diritto alla casa. "Puniti" anche
Bulgaria e Grecia.
Gli Uffici centrali - Il nome di per sé evoca scenari da tragedia, liste,
schedature, concentrazione di informazioni. Nel 1929 a Monaco nacque "L'Ufficio
centrale per la lotta contro gli zingari in Germania", furono schedati, nel 1933
furono privati di tutti i diritti, poi lo sterminio. Eppure un Ufficio centrale
sembra essere l'unico modo per affrontare seriamente la questione rom, capire
quanti sono, dove vivono, di cosa hanno bisogno, tenere sotto controllo arrivi,
partenze, doveri e responsabilità oltre che diritti. All'estero esiste un po'
ovunque qualcosa di simile, in Germania, in Francia, in Olanda, Belgio e in
Spagna. "In questi uffici - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera
nomadi - lavorano anche i rom, sono mediatori culturali, parlano la lingua e i
dialetti, conoscono le abitudini dei vari gruppi, dettagli per noi
insignificanti e invece per loro fondamentali. Non si può prescindere da questo
se si vuole affrontare il problema con serietà e concretezza". Ministero
dell'Interno e Solidarietà sociale hanno avviato dei "tavoli tecnici" con
esperti e rom. Ma il ministro Giuliano Amato sta pensando a qualcosa di più: un
Ufficio governativo e una conferenza europea per avere gli strumenti e il luogo
dove fronteggiare la questione.
Lo statuto francese - Nonostante "la grande preoccupazione" del Consiglio
europeo "per i ritardi e l'emarginazione", la Francia (con 340 mila o un milione
di manouche) sembra aver adottato il modello migliore sul fronte
dell'accoglienza per i rom. Un modello che si muove tra l'accoglienza e la
tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la
legge Besson (la prima versione risale al 1990, una successiva è del 2000) che
prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un'area di
accoglienza; dall'altra la stretta in nome della sicurezza dell'ex ministro
dell'Interno, attuale presidente, Nicolas Sarkozy che nel febbraio 2003 ha
voluto la stretta e ha previsto (articoli 19 e 19 bis della legge sulla
sicurezza interna) sanzioni particolarmente pesanti contro le infrazioni allo
stazionamento. Chi non rispetta le regole dei campi e dell'accoglienza è fuori
per sempre. E chi occupa abusivamente un'area può essere arrestato e il mezzo
sequestrato. La legge Besson immagina i campi come una soluzione di passaggio e
prevede, contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai
gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per
alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.
Di tutto ciò è stato realizzato poco ma comunque qualcosa. Nella regione di
Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni (ne servirebbero tra
i 6 e gli 8 mila) e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo
di quelli necessari. Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in
vecchi quartieri. Pagano affitto, luce e acque. "Siamo responsabilizzati -
racconta Arif, rom kosovaro, un pezzo della cui famiglia vive in Francia -
viviamo nei centri abitati, non siamo emarginati, facciamo lavori come facchino,
gommista, piccolo trasporto, pulizie, guadagniamo e firmiamo un Patto di
stabilità per cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed è vietato
chiedere l'elemosina. Se siamo disoccupati per sei mesi abbiamo il sussidio - un
mio parente prende 950euro al mese - e abbiamo anche gli assegni familiari.
Certo chi sbaglia, chi delinque, chi ruba, chi non manda i figli a scuola, viene
cacciato dalla Francia. E su questo punto siamo noi i primi ad essere
d'accordo". Un altro risultato, visibile, è che in Francia difficilmente si
vedono zingari in giro, ai semafori o nelle vie dei centri cittadini. E' vietata
l'elemosina e l'accattonaggio. Recentemente l'ex ministro dell'Interno Sarkozy
ha sottoscritto un piano con la Romania per il rimpatrio dei rom romeni.
Il caso tedesco - Il Rapporto del Consiglio europeo, datato 2004, parla
di "svantaggi sociali, pregiudizio, discriminazione per quello che riguarda la
casa, il lavoro e la scuola e di casi clamorosi di razzismo" . Detto tutto ciò
in Germania i 130 mila circa tra Rom e Camminanti sono considerati per legge
"minoranza nazionale". Hanno diritti e doveri. "Dagli anni sessanta, con la
caduta del modello socialista titino - racconta Massimo Converso, presidente
dell'Opera nomadi italiana - e con le prime diaspore rom dall'est europeo verso
l'occidente europeo che poi si sono ripetute negli anni ottante e novanta con le
guerre nei Balcani, la Germania ha accolto queste migliaia di persone in fuga
con un progetto di welfare. Sono state assegnate case, singole o in palazzine
popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in
condizione di lavorare. Tutto questo - continua Converso - al prezzo di
rispettare i patti e la legge. Altrimenti, fuori per sempre. Ci sono stati anni
in cui interi gruppi stavano per lunghi periodi in Germania, poi venivano in
Italia dove invece non è mai stato pensato un vero, severo e anche rigido piano
di accoglienza e dove gli zingari hanno avuto da sempre maggiori e diverse fonti
di reddito, ben più remunerative perché spesso illegali".
La Spagna come la Bulgaria - Nonostante Franco, le leggi speciali e le
persecuzioni, la Spagna ha una delle comunità gitane più popolose e in Europa
occupa il terzo posto dopo Romania e Bulgaria con 800 mila presenze. Dalla fine
degli anni Ottanta il governo centrale ha elaborato un Programma di sviluppo per
la popolazione rom anche se il budget annuale sembra abbastanza ridotto (3,3
milioni di euro a cui però si aggiungono i finanziamenti delle singole regioni e
delle ong). Anche in Spagna ogni regione ha un Ufficio centrale che coordina gli
interventi e le politiche per gli zingari in cui lavorano sia funzionari del
governo che rom con funzioni di mediatori culturali. Il risultato è che non
esistono quasi più campi nomadi, quasi tutti - chi non lavora ha un sussidio di
circa 700 euro al mese per sei mesi - vivono in affitto nei condomini popolari o
in case di proprietà, nelle periferie ma anche nelle città. Dipende dal livello
di integrazione. Che è in genere buono anche se resta alto il tasso di
criminalità: furti ma soprattutto spaccio di droga. Sono zingare il venti per
cento delle donne detenute nelle carceri spagnole. Negli ultimi mesi nelle
periferie delle grandi città, a Barcellona come a Madrid, a Siviglia e a Granada,
stanno rispuntando baraccopoli e favelas: sono gli ultimi arrivati, i rom della
Romania, la nuova emergenza.
La ricetta del "politico" gitano - La Spagna ha saputo produrre, finora,
l'unico europarlamentare gitano: si chiama Juan de Dios Ramirez Heredia, è stato
rappresentante dell'Osservatorio europeo contro il razzismo e la xenofobia e nel
1986 ha fondato la Union Romanì, federazione della associazioni gitane spagnole.
Heredia , in un'intervista rilasciata al magazine europeo Cafè Babel,
immagina il futuro della comunità rom: "Potrà essere migliore solo se sapremo
mantenere una certa dose di sopravvivenza e riusciremo ad essere presenti dove
si prendono decisioni politiche. Non ha senso che in paesi come la Spagna, dove
siamo 800 mila, non ci sia un solo gitano deputato o senatore". A gennaio
scorso, per la prima volta, la Serbia - 600 mila rom ufficiali senza contare
quelli partiti negli anni e ora in giro per l'Europa senza documenti - ha
accettato in Parlamento due deputati dei partiti delle minoranze gitane,
l'Unione dei rom e il Partito dei rom.
Sono 36 milioni gli zingari nel mondo. Diciotto milioni vivono ancora in India.
Un milione circa è riuscito ad arrivare anche negli Stati Uniti. A parte poche
migliaia di loro che sono riusciti ad avere una vita normale e ad emergere,
ovunque sono rimasti gli ultimi nei gradini della società.
(3 fine)
(3 giugno 2007)
Di Fabrizio (del 03/06/2007 @ 09:22:58, in Italia, visitato 1586 volte)
Ricevo da Maurizio Pagani
Ad un anno c.ca dall’elezione del nuovo Sindaco di Milano e ad una settimana
appena dalla vittoria del centro destra in molti dei Comuni del Nord, il tema
della presenza dei “Rom” continua a tenere banco sui giornali e nei commenti di
chi, durante le elezioni, si è sbilanciato in promesse di ogni genere circa la
loro possibile “cacciata” in caso di vittoria del proprio schieramento.
Come stiano in realtà le cose, non da un anno a questa parte, ma ormai da oltre
un decennio, da quando cioè una salda coalizione di centro destra governa la
città, o come questa problematica sia stata gestita dal Governatore Formigoni in
Regione, ormai al suo terzo mandato, è sotto gli occhi di tutti, o almeno lo
sono gli effetti prodotti, in buona misura disastrosi.
Pur continuando a rappresentare una piccola minoranza di persone, c.ca 5.000 a
Milano, forse 10.000 o poco più in tutta la Provincia, e nonostante moltissime
delle comunità rom e sinte siano composte da cittadini italiani, cioè non
distinguibili né discriminabili di fronte alla legge per la loro appartenenza
“etnica”, il tema, come si diceva, suscita scalpore e tensioni, su un fronte
politico e sull’altro, per l’impossibilità di piegarlo ad una semplice
risoluzione. Quella di “cacciarli”.
Certamente non ha giovato l’intervento del Ministro degli Interni Amato che ha
offerto un pacchetto di misure per aumentare la sicurezza nelle aree
metropolitane, indicando proprio i Rom come uno dei principali problemi di
ordine pubblico da affrontare.
O ancora, nel cortile di casa, il commento del Sindaco di Sesto, Oldrini (DS),
uno tra i pochi rieletti al primo turno nel centro sinistra, che ha rivendicato
con orgoglio gli interventi di sgombero dei Rom da quel territorio.
Ma che dire di Veltroni a Roma e della sua idea, quasi impronunciabile per
quanto inverosimile, di realizzare 4 nuovi campi nomadi, spostando alcune
migliaia di rom dal centro urbano alla desolazione del raccordo anulare?
Mi ha colpito, tra le tante o poche manifestazioni di dissenso, quella di alcuni
cittadini ebrei romani che hanno rivendicato la propria posizione contraria a
questo progetto che sarà finanziato dal Governo, rievocando il proprio passato
“storico” carico di discriminazioni e sofferenze.
A quando un analogo gesto di solidarietà da parte della comunità ebraica
milanese?
Maggiore fortuna sembrano viceversa aver riportato quelle forze politiche (Lega
Nord e AN in testa, ma non è certamente da meno Forza Italia) da sempre ostili
ad ogni misura di buon governo del territorio, che fino a prova contraria ha
sempre favorito una migliore convivenza tra le comunità locali e quelle rom
anziché peggiorarla.
Ma i cittadini, o almeno la maggioranza di quelli che vanno a votare, sembrano
pensarla allo stesso modo.
A Rho, comune dove il centro sinistra si è a lungo arenato sulla questione del
“campo nomadi”, realizzandolo un mese prima della elezioni (…) e perdendole, tra
i nuovi venuti c’è chi ha trovato il modo di dire: “adesso cacciamoli” ( e
ridaglie), ma poi ha aggiunto: “e già che ci siamo, cacciamo anche tutti quei
ragazzini (54) che frequentano le scuola materna, elementare e media.
Compagni di banco dei loro figli.
Per usare un linguaggio a me inusuale, si potrebbe dire che la “parabola”
avviata con indubbia efficacia manageriale attraverso il sodalizio Moratti –
Moioli / Don Colmegna – Casa della Carità un anno fa a Milano, è giunta ad una
svolta e ha fatto scuola (loro lo chiamano Patto, modello ecc.).
Alla costruzione dell’immagine del “Rom”, un po’ straccione e un po’ accattone,
da associare prontamente a quella del deviante da redimere e reprimere, si
aggiunge ora, con il concorso morale e politico di chi dovrebbe costituire sulla
carta un’alternativa politica e culturale, il centro sinistra, quella del
“fastidio” da cui liberarsi prima possibile, meglio se in prossimità delle
elezioni o per decreto.
Ma chi può contestare tutto ciò, visto anche l’inopinabile appoggio al “pensiero
unico”offerto dagli organi di stampa?
Maurizio Pagani - Vicepresidente Opera Nomadi Milano
Di Sucar Drom (del 01/06/2007 @ 10:38:49, in blog, visitato 1810 volte)
Roma, il Prefetto Serra vuole un accordo da AN al PRC per "educare" i Rom
Sconvolgente dichiarazione resa dal Prefetto Serra a Repubblica e pubblicata
nelle pagine dedicate alla Capitale, il 24 maggio 2007. Secondo il Prefetto di
Roma «Solo eliminando le cause della devianza e del degrado possiamo tentare una
vera opera di educazione sociale che porta all...
Verona, dalle prime proiezioni il leghista Tosi è il nuovo Sindaco
Le prime proiezioni dopo la chiusura delle urne, avvenuta alle ore 15.00, per le
elezioni amministrative a Verona indicano Flavio Tosi, candidato unico della
Casa della Libertà, al 55%. Il Sindaco uscente del centro sinistra, Zanotto,
viene accreditato al 37,3%.
Ricordiamo a tutti i lettori di sucardrom che il leghista Flavio Tosi è stato
...
Roma, intervista a Hamidovic Nedzad
Nell’intervista apparsa il 23 Maggio sul quotidiano RomaOne Hamidovic Nedzad,
Presidente della Cooperativa "Rom Bosnia Herzegovina", dichiara tutta la sua
contrarietà al progetto di costruire quattro grandi “campi nomadi”.
Il progetto è anche fortemente avversato dalla sinistra radicale e dalle ...
Chiasso (Svizzera), stop agli aiuti per il rientro ai cittadini UE
L’Ufficio federale delle migrazioni ha deciso di sopprimere i 700 franchi
versati come aiuto al rientro per i richiedenti l’asilo respinti provenienti
dall’Unione Europea.
Il motivo, ha spiegato Klara Turtschi dell’ufficio delle migrazioni, è dovuto al
fatto di voler evitare gli abusi di cui ultimamente la c...
Trieste, accordo tra Regione e Comune per due nuovi "campi nomadi"
"La realizzazione sul Carso triestino di un campo per nomadi stanziale e di uno
di transito è l'oggetto di un accordo quadro sottoscritto oggi dall'assessore
regionale alle Autonomie Locali, della regione Friuli Venezia Giulia, e dal
sindaco di Trieste".
L'accordo prevede "un intervento territoriale integrato, considerato di valenza
strategica e inserito nel Piano regionale ...
Roma, camminare lungo gli argini (e i margini) della città
Camminare per attraversare i confini sociali della metropoli, per scoprire nuove
forme di urbanità, per vedere e capire l'altro lato della città. Camminare come
pratica estetica, fare arte. Camminare per incontrare nuove tribù metropolitane.
Camminare per perdersi.
Camminano, gli studenti della facoltà di architettura dell'università Roma Tre.
Lo fanno da un po', almeno da quando alcuni de...
Missione Evangelica Zigana in Italia
In questi giorni si sta svolgendo a Mantova, come ogni anno, la manifestazione
religiosa della Missione Evangelica Zigana. Un ampio tendone da circo che
contiene 500 persone è stato alzato e circa un centinaio di roulotte si sono
posizionate nell'area di transito adiacente, predisposta dal Comune di Mantova
il passato inverno.
La Missione ...
Torino, interviene Carla Osella dell'A.I.Z.O.
Affrontare il tema Rom e Sinti sull’onda dell’emergenza non può che rendere più
difficile l'integrazione e alimentare fenomeni di intolleranza. E’ da un mese
che noi di Rifondazione chiediamo al sindaco e all’assessore un tavolo politico
sulla questione».
Mentre Luca Cassano, capogruppo di Rifondazione in Comune, critica i tempi
dell’assessore Marco Borgione, Carla Osella, presidente dell’ ...
San Remo (IM), "foglio di via" per due donne e un uomo Rom Rumeni
Alle 11,30 del 22 maggio 2007 gli agenti del Commissariato di Sanremo, nel corso
del mercato ambulante di piazza Eroi, hanno notato due donne che si aggiravano
con "fare sospetto" tra la folla.
In seguito a controlli le due rumene, di 26 e 30 anni, risultavano risiedere a
Genova Pontedecimo presso il "campo nomadi". A carico delle due sono stati
rilevati numerosi precedenti di polizia...
Roma, individuati tredici siti per concentrare i Sinti e i Rom
Sorgeranno fuori il Raccordo anulare, a sud, est e nord della Capitale, i
quattro grandi «villaggi della solidarietà» o, come si usava definirli fino a
qualche giorno fa, campi rom. Le aree individuate sono circa 13, prevalentemente
nei Municipi meno «carichi» e dove si dispone di servizi sociali adeguati.
È stato infatti lo stesso sindaco Veltroni, all’indomani della firma del «Patto
per ...
Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 13:47:02, in Europa, visitato 2440 volte)
E' uscito l'aggiornamento di maggio 2007 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 09:45:55, in scuola, visitato 2868 volte)
Da
Bulgarian_Roma
UN ANNO SCOLASTICO DI SUCCESSO
Il 24 maggio è il giorno dell'alfabeto bulgaro. E' una grande
festa per gli studenti del primo grado. Quest'anno la festa è stata ancora più
grande per gli studenti del primo grado che vivono nel ghetto rom di Veliko
Turnovo.
Da più di un anno il Centro Amalipe ha iniziato a lavorare con
questi bambini e i loro genitori, per rompere il circolo vizioso delle scuole
speciali per bambini ritardati mentalmente che sono frequentate da molti bambini
del ghetto, la qual cosa porta alla miseria e alla disoccupazione.
Anke è una di loro. Era molto nervosa all'inizio della scuola,
l'anno precedente andava alla scuola speciale della città. Quest'anno è iscritta
nella scuola "normale". Sua madre voleva che fosse questo il suo nuovo inizio.
Per questo l'ha iscritta nuovamente in prima. Anke all'inizio aveva molta paura.
Chiedeva: "Mi picchieranno come facevano sempre nella scuola speciale? Mi
prenderanno in giro perché vengo dalla scuola speciale?"
Non è stato un facile inizio neanche per Ivan. Anche lui si è
iscritto in prima per la seconda volta. L'anno scorso era in un'altra scuola, ma
già il primo giorno era stato insultato da un insegnante ed i suoi genitori
l'avevano ritirato. Gli insegnanti della scuola speciale tentarono più volte di
convincerli a mandarlo a scuola. Rifiutarono. Sapevano che se Ivan voleva un
futuro migliore, doveva andare alla scuola normale. All'inizio per Ivan è stata
dura. Non aveva l'abitudine a stare in classe (e nemmeno nella scuola). La prima
settimana scappava da scuola per tornare a casa. Suo padre dovette prendere un
permesso per assentarsi dal lavoro e stare con Ivan a scuola finché non si è
abituato.
Anche per Georgi l'inizio è stato duro. A otto anni non era mai
andato a scuola e neanche all'asilo d'infanzia. La sua vita l'aveva vissuta per
le strade del ghetto. Non sapeva comunicare con gli altri bambini e non aveva
mai preso in mano una penna. Durante l'estate le insegnanti della scuola
speciale avevano provato ad iscriverlo. Senza successo, perché non voleva
sentire parlare di scuola. Il lavoro con i suoi genitori è stato il più
duro. C'è voluto più di un mese dall'inizio della scuola per convincerlo che non
c'era niente di male nell'andare a scuola.
Ora tutti e tre hanno terminato il primo grado alla scuola Petko
Rachev Slaveykov. E' una delle scuole migliori nel centro città. La mattina del
24 Anke, Ivan e Georgi hanno festeggiato con i genitori, ognuno di loro portando
un mazzo di fiori.
Inizia la festa. Viene chiesto ai bambini cosa hanno imparato
durante l'anno. I bambini scrivono, disegnano e fanno di conto. Le mani di Anke,
Ivan e Georgi si alzano contemporaneamente. Qualche volta rispondono giusto,
altre sbagliato - come gli altri bambini, rimanendo attivi. Sono contenti di
sentire il contatto e l'amicizia di insegnanti e compagni di classe.
Non è stato facile arrivare a questo 24 maggio.. Abbiamo
lavorato molto con i genitori dei nostri bambini. Assieme al direttore e agli
insegnanti abbiamo lavorato anche con i genitori degli altri bambini e con i
bambini stessi. Durante i nove mesi i volontari di Amalipe hanno svolto ogni
settimana attività con i bambini per aiutarli a convivere. Ora Anke è la
migliore della sua classe.
Anche gli altri bambini del ghetto sono scappati dalla trappola
delle scuole speciali e ora sono tra i migliori studenti delle loro classi. I
nove mesi hanno provato quanto sia importante per i bambini rom andare a scuola
come tutti gli altri. E' stato anche provato che i nostri ragazzi possono
farcela. Questi mesi d'altra parte hanno mostrato che per ottenere risultati
bisogna compiere molti sforzi - che coinvolgono tutti noi: gli stessi bambini, i
genitori, gli insegnanti, le OnG...
AMALIPE CENTER FOR INTERETHNIC DIALOGUE AND TOLERANCE, VELIKO TURNOVO
Bulgaria, Veliko Turnovo 5000,p.o.box 113, tel: 062/600-224, 600 541;
0888/681-134;
e-mail: deyan_kolev@yahoo.com,
center_amalipe@yahoo.com,
COMUNICATO STAMPA
Un
Ponte per... Jasenovac
Mostra fotografica
dal 28 maggio all' 8 giugno
alla
Casa della pace della Provincia di Milano – Milano
Jasenovac. Sulle rive del fiume Sava. A un centinaio di chilometri a sud-est di
Zagabria. Nome che sta a indicare, in lingua serbo-croata, “bosco di frassini”,
il luogo in cui vennero commessi i crimini più efferati da parte del regime
croato degli ustascia (ustasce = insorti) con a capo il Poglavnik/Führer
Ante Pavelic, che appoggiò le potenze dell'Asse durante la Seconda guerra
mondiale. Il luogo in cui morirono tra le 500 e 700 mila persone, in prevalenza
serbi ortodossi, Rom, ebrei e croati dissidenti al regime di Pavelic.
La
mostra fotografica è stata realizzata da “MOST ZA BEOGRAD – UN PONTE PER
BELGRADO IN TERRA DI BARI” – Associazione culturale e di solidarietà con la
popolazione jugoslava, su foto e testi forniti dal MUSEO DELLE VITTIME DEL
GENOCIDIO DI BELGRADO, e tradotti con la collaborazione della cattedra di
serbo-croato dell'Università di Bari, di cui è titolare la prof. Svetlana
Stipcevic.
A
Milano, la mostra è stata organizzata dall'associazione "UN PONTE PER...",
insieme al COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA, OPERA NOMADI e
Associazione La Tenda (progetti balcanici di Antonio Furlan), e con il
contributo della Provincia di Milano, e vorrebbe illuminare la memoria comune su
una pagina buia della nostra storia.
Gli
scatti sui volti di numerosi bambini e bambine forniti dal Museo delle vittime
del genocidio di Belgrado testimoniano i vuoti, l'assenza, l'innocenza portata
via dalle nefandezze e dalla cieca brutalità della dittatura e della guerra.
Jasenovac è il segreto oscuro dell'Olocausto. Noi, dopo 60 anni, questo tabù lo
vorremmo svelare. Le vittime di Jasenovac ce lo chiedono.
Il 28 maggio alle ore 18 l’inaugurazione della
mostra:
ERANO SOLO BAMBINI
Jasenovac. Tomba di 19432 bambini e bambine
Apertura dei lavori alla presenza degli Assessori provinciali Irma Dioli,
Francesca Corso, Giansandro Barzaghi.
Interverranno:
Andrea Catone (Most Za Beograd, Bari)
Jovan
Mirkovic (Museo delle vittime del genocidio di Belgrado)
Giuseppe Zaccaria (giornalista de "La Stampa")
Maurizio Pagani (Opera Nomadi)
Coordina: Jasmina Radivojevic (Un Ponte per…)
Al
termine degli interventi l'attrice Dijana Pavlovic leggerà la poesia "La Foiba"
del poeta croato Ivan Goran Kovacic, accompagnata dal musicista Jovica Jovic.
La mostra si potrà visitare: dal 28 maggio all'8
giugno presso la Casa della Pace della Provincia di Milano, via Ulisse
Dini 7 (MM2 Abbiategrasso), Milano.
Di Daniele (del 30/05/2007 @ 09:00:40, in Europa, visitato 2920 volte)
Da
La Stampa
Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina
guadagno di più"
BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia
perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare,
e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma
più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena
per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono
sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a
Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e
immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E
il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che
arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso
migratorio verso una particolare città italiana.
Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di
ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta
avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini
dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la
propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non
hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o
difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della
nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente
e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre
metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi,
nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania
che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano
accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri
romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci,
gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in
mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.
I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non
è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci.
«Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno
pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto
e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia
di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche
piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono
tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra
lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.
La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine -
dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa
storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno
aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino
all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro
Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di
Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né
roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie
dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze.
Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e
pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno.
Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.
La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di
elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi
intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da
gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo
periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro
per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì
mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha
un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la
Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a
matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però,
non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in
Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto
distrutta, è meglio che qui».
Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova.
«Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia
gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci
aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno
partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella
macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».
La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come
quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire
diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma
nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze
socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel
popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori
dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella
pratica quotidiana.
«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti,
possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i
giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una
guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è
stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono
le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate
dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's,
lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere
le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o
sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville
«che nemmeno i romeni hanno».
I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono
almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un
paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che
hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli
italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese -
dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa
non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per
lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore,
di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i
romeni e gli italiani».
5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI
Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due
milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per
l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di
consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla
necessità di avviare un dialogo».
La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a
Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica,
la tossicodipendenza».
Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il
problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati,
aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case
monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da
Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione
italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi
abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste,
occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di
lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di
sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono
alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi
che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».
Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania,
per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari.
Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi
sprecati».
E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge
lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti”
gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali.
Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come
prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla
pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare,
i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre
sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di
euro in avvocati».
Di Fabrizio (del 29/05/2007 @ 10:04:16, in casa, visitato 4100 volte)
La sottoscritta Paola
Cecchi del C.N.J. (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia) e dell’ass.
A.I.Z.O. rom e sinti sottopone alla vostra attenzione la situazione di 5
famiglie che si trovano attualmente a vivere in modo precario in Viale XI
Agosto nel cosiddetto “CAMPO NOMADI OLMATELLO”, va subito messo in evidenza
che nessun “nomade” vive in questo luogo, ma vivono tutti cittadini
Jugoslavi, la maggior parte sono originari della regione del Kosovo-Metohija,
la situazione nel campo è molto disagiata e le strutture dove sono
alloggiate le persone sono roulottes alcune in pessime condizioni,
attraverso una cooperativa interna il campo viene pulito regolarmente, molte
delle persone che vivono nel campo sono di etnia rom, i servizi come negozi,
autobus, ecc. sono molto distanti. Molte persone che prima vivevano nel
campo hanno avuto accoglienza come profughi in normali abitazioni o nel
corso degli anni hanno raggiunto i punti per poter avere un alloggio
popolare e sappiamo che di qui a breve diverse famiglie troveranno una
collocazione ed il campo dovrebbe essere chiuso, ma alcune nuclei “storici”
sono ritenuti dal quartiere 5 “non autorizzati” a stare nel campo e viene
loro intimato di lasciare, in breve, la precaria sistemazione dove vivono.
Si parla di 5 nuclei:
la famiglia Ibrahimi con due figlie piccole, la famiglia Bejzak con tre
piccoli (Edison ha 3 mesi)! La famiglia di Mustafa R. con due figli piccoli
e la giovane moglie è incinta ed altri due fratelli di Mustafa R. con
relative mogli e figli, quasi tutti i genitori sono nati in Italia o sono
arrivati da anni, i minori in totale sono 14 e sono tutti nati a Firenze e
stanno frequentando le scuole del quartiere, sappiamo che sono famiglie che
non sono certo in grado di sopportare le spese proibitive di un affitto.
Com’è noto in Kosovo
circa 300.000 persone di tutte le etnie, ma nella stragrande maggioranza
serbi e rom sono stati scacciati dalla loro terra nel 1999 e sono stati
costretti a diventare profughi!
Non scacciamo persone
che vivono da anni in baracche ! Cerchiamo insieme una sistemazione
dignitosa per queste persone e per questi piccoli.
In attesa di vostre
comunicazioni vi invio cordiali saluti
dott. Paola Cecchi
50144 Firenze
e-mail:
ristori @tin.itDestinatari:
Spett. sindaco
Leonardo Domenici, comune di Firenze
All’ass. Lucia De
Siervo comune di Firenze
Al pres. Eros
Croccolini comune di Firenze
Al cons. Pab Diaw
PRC comune di Firenze
Alla pres. IV
commissione Susanna Agostini comune di Firenze
Al cons. Jacopo
Borsi PRC quartiere 5 Firenze
Al cons Sandro
Targetti PRC capogruppo provincia di Firenze
Al cons. Aldo
Manetti PRC regione Toscana
Al cons. Mario
Lupi Verdi Regione Toscana
Ad Andrea
Martocchia - Coord. Naz. per la Jugoslavia
Alla pres.
A.I.Z.O. Carla Osella - Torino
Firenze 25 maggio 2007
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 10:50:31, in Italia, visitato 2700 volte)
Ricevo da Mariagrazia Dicati
Dal blog :
Rom
Sinti @ Politica,
testimonianza di alcuni ragazzi delle scuole di Ostia (Roma) e video dello
sgombero di un campo nomadi avvenuto il 10 maggio in via Aldobrandeschi a
Roma
Siamo un gruppo di studenti di Ostia, delle
scuole Labriola, Anco Marzio, Faraday e Toscanelli.
Abbiamo letto con indignazione dello sgombero avvenuto a via
Capo Sperone di circa 15 romeni (tra cui 3 minori) la scorsa settimana.
Alcuni mesi fa, accorgendoci della presenza di questo campo, abbiamo
scelto una strada diversa da quella che tutti ci consigliavano, quella
che pareva più normale: disprezzare, distogliere lo sguardo, affidarci
ai pregiudizi.
Abbiamo scelto invece di andare a conoscere di persona questi uomini,
donne e bambini che lì vivevano nell’abbandono più totale.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, nessuno di noi è stato
minacciato, derubato o malmenato una volta entrati nel loro campo. Siamo
stati invece accolti con una simpatia e un calore tale da farci vergognare
dei nostri pregiudizi. Difficilmente tra i nostri coetanei italiani
abbiamo mai ricevuto un’accoglienza così bella.
Non solo ci hanno fatto entrare a casa loro, ma ogni volta che siamo
tornati ci hanno sempre trattato come ospiti d’onore.
Crescendo l’amicizia con loro, di settimana in settimana, ci siamo anche
accorti della condizione tragica in cui versava tutto il loro campo: niente
corrente elettrica, niente gas né acqua corrente, che andavano a prendere da
una fontanella a 500 metri di distanza.
continua
link dello sgombero
http://www.youtube.com/watch?v=LddCcwdsj-Y
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