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Romania
Di Daniele (del 30/05/2007 @ 09:00:40, in Europa, visitato 2922 volte)

Da La Stampa

Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom

In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina guadagno di più"

BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare, e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso migratorio verso una particolare città italiana.

Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi, nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci, gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.

I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci. «Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.

La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine - dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze. Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno. Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.

La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però, non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto distrutta, è meglio che qui».

Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova. «Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».

La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella pratica quotidiana.

«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti, possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's, lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville «che nemmeno i romeni hanno».

I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese - dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore, di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i romeni e gli italiani».


5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI

Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla necessità di avviare un dialogo».

La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica, la tossicodipendenza».

Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati, aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste, occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».

Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania, per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari. Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi sprecati».

E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti” gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali. Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare, i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di euro in avvocati».