Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 09:42:15, in Regole, visitato 1578 volte)
Ricevo da Clochard
La recente richiesta di archiviazione delle denunce presentate sulla base
della notissima ordinanza fiorentina contro i "lavavetri" sposta sul piano del
diritto un dibattito che sino ad oggi è stato dominato dalla politica. Inutile
disquisire se il procuratore di Firenze sia tecnicamente nel giusto nella sua
richiesta di archiviazione, tanto più che la politica muscolare prospettata dal
sindaco Domenici preannuncia una ricerca con il lanternino del comma utile a
fungere da deterrente verso la temuta rioccupazione degli incroci. Tanto vale
quindi attendere il prossimo atto. E' invece utile fornire ai cittadini qualche
dato di contesto sino ad oggi trascurato.
Per chi non ami nascondersi dietro un dito, è evidente che l'attività dei
lavavetri è nella quasi totalità dei casi una forma malamente dissimulata di
mendicità. Ne condivide la funzione economica, e pone gli stessi, oggettivi,
problemi di potenziale sfruttamento e difficile inserimento nel tessuto urbano.
Ora, piaccia o no, la mendicità degli adulti è nel nostro ordinamento
perfettamente lecita. La sanzione della mendicità "semplice" è stata dichiarata
incostituzionale nel 1995. Cosa ancora più imbarazzante, e da nessuno sinora
ricordata, è che il reato di mendicità "invasiva", che la sentenza della corte
costituzionale aveva lasciato in piedi, venne cancellato dal legislatore nel
1999, senza introdurre alcuna sanzione amministrativa. Scelta incauta del
governo dell'epoca? Forse, ma comprensibilmente ciò non muta la realtà del
diritto. Il lavavetri e il mendicante possono commettere reati comuni (molestie,
minacce, e così via)? Certo. Ed è anche possibile che gli strumenti a
disposizione per la repressione di questi reati (che spesso prevedono una
querela della parte offesa) siano deboli. Esistevano, in paesi e epoche non
remoti, norme che punivano più gravemente i reati commessi da mendicanti. Pochi,
credo, ne sosterrebbero pubblicamente la reintroduzione.
Non occorre poi essere giuristi raffinati per comprendere che il potere degli
amministratori locali di proibire atti altrimenti leciti con ordinanze la cui
violazione diventa indirettamente un reato è un'arma potenzialmente insidiosa
per la libertà individuale, vista la discrezionalità insita nelle valutazioni
sottostanti. Anche qui, va mantenuto un minimo di rigore. Le richieste ai
semafori possono essere, come altre disavventure del quotidiano, fastidiose.
Anche i lavavetri (come avvocati, professori, assessori, e così via) possono
essere maleducati ed arroganti. E' anche però onesto chiedersi su quale base si
valuti l'effettiva dimensione dei fenomeni di comportamento realmente
aggressivo, al di là della generica intolleranza diffusa nella popolazione.
"Leggende metropolitane" e altri fantasmi sono moneta corrente in queste
vicende, e sarebbe interessante sentire come i lavavetri percepiscono noi
automobilisti.
L'occasionale lavaggio non richiesto può essere - anche per chi scrive - fonte
di irritazione. Ma siamo sicuri che l'interesse alla totale tranquillità del
cittadino in quella peculiare e sacra appendice che è ormai l'automobile sia
un'adeguata motivazione per la messa in moto di strumenti sanzionatori così
solleciti e severi? A questo interrogativo aggiungeremo un dubbio anche più
sgradevole. Rispettare lo "stato di diritto" nella quotidianità politica e
amministrativa impone certamente di non espandere a discrezione l'area di quanto
è suscettibile di sanzione penale. Ma presuppone anche che la messa in moto di
qualsiasi macchina sanzionatoria sia scevra da sospetti di parzialità e doppi
standard. La stretta sui lavavetri arriva invece quando quest'attività è a
Firenze in grande prevalenza svolta da Rom, verso i quali esiste un
radicatissimo pregiudizio In un paese dove, nonostante le costanti smentite
giudiziarie, continua a sopravvivere il mito dei "Rom che rubano i bambini",
ogni sospetto è lecito. Anche quello che l'ordinanza sia solo l'ennesimo caso in
cui tutta la potenza di un diritto lasciato ordinariamente "dormiente" viene
risvegliata solo per allontanare un gruppo comunque sgradito. Chi volesse
curiosare tra i fascicoli dei vari procedimenti penali che portarono alla
dichiarazione di incostituzionalità del reato di mendicità scoprirebbe che in
tutti i casi, nessuno escluso, quella norma penale altrimenti notoriamente
disapplicata era stata azionata contro Rom. E così via, in un'infinita serie di
simili vicende, italiane e non. Per la sua campagna di legalità il comune di
Firenze potrebbe in fondo trovare tra i Rom qualche valido consulente, visto che
di "tolleranza zero", a loro spese, hanno esperienza da qualche secolo.
Alessandro Simoni professore di sistemi giuridici comparati nell'Università di Firenze
Roma, 21 settembre 2008 - Parlano italiano, mangiano italiano e tifano per le
star del calcio italiano, ma non sono italiani. Nei fatti, è difficile dire cosa
sono.
Migliaia di persone stanno vivendo in Italia senza cittadinanza o documenti
d'identità di un qualche paese. Molti erano cittadini di paesi che non esistono
più, come la Jugoslavia o l'Unione Sovietica. Ma non hanno mai ricevuto la
cittadinanza dai paesi che hanno rimpiazzato la loro nazione che non c'è più, ed
inoltre sono venuti a mancare i requisiti per diventare cittadini in Italia.
E' difficile capire quanti siano perché sopravvivono ai margini della
società, ma la Comunità di Sant’Egidio, un'organizzazione cattolica di Roma,
pone il numero tra i 10.000 e i 15.000 Sono spesso cacciati dalle autorità, che
cercano di deportarli come immigranti illegali anche se non hanno dove andare.
La vita nel limbo può essere particolarmente dura per chi è nato ed è andato
a scuola in Italia. Una volta che compiono 18 anni, per la legge diventano poco
più che immigranti illegali.
"Noi non siamo jugoslavi, non siamo italiani. Siamo come nuvole," dice Toma
Halilovic, che vive con i suoi genitori, moglie e bambini in due container in un
campo improvvisato alla periferia di Roma.
Halilovic, 26 anni, è nato nella capitale italiana da genitori jugoslavi
arrivati qua illegalmente negli anni '70. Ha frequentato la scuola dell'obbligo,
fatto amicizie con i bambini del posto e si è appassionato per la squadra di
calcio dell'AS Roma.
Quando compì 18 anni, pensava avrebbe ottenuto la cittadinanza. I figli nati
da stranieri in Italia non ottengono automaticamente la cittadinanza, ma possono
richiederla tra i 18 e i 19 anni se hanno vissuto continuativamente e legalmente
nel paese.
Halilovic dice che la sua richiesta è stata rigettata per un tecnicismo. Alla
nascita non è stato registrato come residente, perché in quel periodo non era
richiesto dalla legge.
"Mi hanno detto che sono nato in transito," dice. "Cosa significa? Questo è
il mio paese."
In alcuni casi, i genitori non registrano i figli alla nascita perché hanno
perso la cittadinanza del loro paese d'origine e non possono rinnovare i loro
permessi di residenza italiani, dice Paolo Morozzo della Rocca, professore di
legge sull'immigrazione all'Università di Urbino.
Molti dei quasi invisibili in Italia sono Zingari dall'ex Jugoslavia. La
mancanza di carte d'identità e permessi di lavoro offre loro poche opportunità
di studiare, avere un lavoro e lasciare i poveri accampamenti che ospitano molta
della popolazione di 150.000 Zingari in Italia.
Una soluzione per quelli come Halilovic è di dichiararsi ufficialmente
apolidi. Una convenzione del 1954 dell'ONU, riconosce loro uno speciale
passaporto, permesso di risiedere e lavorare in Italia, ed un rapido percorso
verso la cittadinanza.
L'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati dice che nel 2007, i governi hanno
riconosciuto 886 apolidi in Italia, 948 in Francia, 4.461 nei Paesi Bassi e
9.091 in Germania. La Francia ha approntato un ufficio governativo per
investigare sulle richieste di apolidia e trovato che impiegano di solito circa
sei mesi.
Ma in Italia c'è una situazione da comma 22: il Ministero degli Interni
richiede un permesso di residenza per riconoscere l'apolidia. Ed il permesso non
può essere ottenuto senza un passaporto valido, che gli apolidi non hanno. Il
Ministero dell'Interno non ha commentato.
L'unica alternativa è far causa al ministero in un tribunale civile, cosa che
può prendere almeno tre anni, dice Morozzo della Rocca. Nota che la maggior
parte della gente senza documenti manca del tempo e dei soldi per rivolgersi ad
un tribunale.
"L'Italia si sta comportando con disonestà nell'applicare la convenzione,"
dice.
Il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha detto recentemente che il governo
intende garantire la cittadinanza ai bambini Zingari abbandonati nati in Italia.
Ma i gruppi umanitari dicono che la vera sfida è accellerare il processo per
dare agli apolidi i loro diritti.
Un problema è la difficoltà nel distinguere tra chi è veramente senza
cittadinanza ed i migranti clandestini che si sbarazzano dei loro documenti dopo
essere entrati in Italia, sperando di evitare il rimpatrio, dice Oliviero Forti,
capo dell'ufficio immigrazione della Caritas.
"Per qualcuno è un piano: Strappano i loro documenti e prendono vantaggio
dalla situazione," dice Forti. "Ma ci sono anche quelli nati nel nostro paese,
hanno vissuto qui ed improvvisamente si scoprono ad essere illegali."
Ieri sono state assegnate le case a Bruna, Samuel, Nicola, Gabriella,
Natalina. Non sono state consegnate loro delle chiavi, ma "un'autorizzazione":
un foglio di carta timbrato, in sostanza un contratto. Le case non sono proprio
come le nostre case, ma il nuovo campo nomadi di via Dozza, quartiere Savena, a
ridosso dei vivai Ansaloni, che è stato inaugurato ieri, nella giornata
della conferenza a Bologna delle Città Europee contro il razzismo, per molti
altri aspetti è un condominio. Vi abiteranno un'ottantina di Sinti: cittadini
italiani da generazioni, tutti con residenza nel Comune di Bologna, da una
ventina d'anni sistemati qui. Nomadi per cultura e per origine, ma più stanziali
di tanti altri cittadini italiani. Il precedente campo, che si stendeva sullo
stesso terreno comunale, era solo un'area sosta attrezzata: con bagni e docce in
batteria e allacciamenti per le roulotte. C'è stato un periodo in cui una sola
doccia funzionava, e le altre no. Nel 2005, il bando regionale per
l'assegnazione di contributi ai Comuni che intendessero migliorare le aree per i
nomadi, ha dato la possibilità di ristrutturare ma più ancora di ripensare come
organizzare il campo. L'intervento è costato 700mila euro, la Regione l'ha
finanziato per l'85 per cento. Ha spiegato ieri la vice sindaco Adriana
Scaramuzzino, anche assessore ai servizi sociali, che è possibile dare
accoglienza senza creare esclusione, offrire servizi dignitosi senza tradire
costumi e tradizioni. La qualità della convivenza si determina in base alla
condivisione dei progetti e dei servizi. Qui è stata usata molta pazienza, e poi
anche fantasia. I Sinti hanno scelto alcuni loro rappresentanti, e hanno
partecipato a una serie di incontri con gli operatori del Quartiere Savena - c'è
un giovane assistente sociale che si occupa specialmente di loro, Marco Tocco -
con i funzionari dei Lavori Pubblici del Comune e con il responsabile della
progettazione, Piero Vendruscolo, che già tre anni fa aveva disegnato il campo
sinti di Borgo Panigale. I Sinti desiderano continuare a vivere nelle loro case
mobili, come fanno da generazioni. Anche al Savena continueranno a vivere nelle
loro roulotte, ma avranno a disposizione, appena fuori casa, bagni riscaldati e
cucine, in muratura. Ma poiché, ad esempio, i piani di cottura in comune non
erano graditi, ci si è inventati "i locali cucina" sotto il portico. Ogni
portico ne contiene tre, separate da divisori. La comunità conta un'ottantina di
persone: il più piccolo, Justin, ha sei mesi, la più anziana 71 anni. È la
comunità che ha il più alto grado di scolarizzazione tra i Sinti di Bologna,
alcuni ragazzi hanno frequentato anche le superiori. È formata da cinque
famiglie allargate, composta ciascuna da tre, quattro nuclei. Perciò l'area è
stata divisa in cinque "microaree", separate tra loro da una rete: ogni
microarea, cioè ogni cortile, accoglie le roulotte e i camper della stessa
famiglia allargata. In ciascuna delle cinque microaree è stata costruita una
"casetta" in muratura, dipinta con i colori di Bologna: rosso e ocra gialla,
alternati sulle pareti e sotto i portici. Ogni casetta ospita tre (o quattro)
bagni completi con antibagno, con altrettante caldaie, e tre (o quattro) cucine,
uno e una per ciascun nucleo famigliare. Le cucine sono all'aperto, ma al
coperto, riparate dal portico che corre sui tre lati di ciascuna "casetta". È un
po' come un campeggio. Ma ogni nucleo familiare è intestatario del contratto per
la fornitura di elettricità, acqua e gas: non era mai successo prima. Pagheranno
utenze e consumi. E ogni famiglia, prima di accettare "l'autorizzazione", ha
saldato quanto doveva al Quartiere di affitto arretrato per la sosta nel
"vecchio" campo. Attorno alle casette è stato steso l'asfalto: e sull'asfalto la
comunità di Bruna, Luigi, Natalina, Samuel..., sposterà le sue roulotte, i suoi
camper e case mobili che per un anno, quanto sono durati i lavori, ha sistemato,
stretto e concentrato sui terreni attigui. C'è anche la chiesa: la comunità
ospita un pastore evangelico, Chiesi Luigi Ministro di Culto, Della MEZ e conta
un discreto gruppo di fedeli. Potrà fungere anche da sala per riunioni o
assemblee
Di Fabrizio (del 02/10/2008 @ 18:45:52, in Italia, visitato 2252 volte)
Segnalo un bellissimo post di Alain Goussot su
Rom Sinti @ Politica... mentre
lo leggo sento alla radio di un'ulteriore aggressione a Milano ad un ambulante
senegalese
Gli episodi di violenza a danno di cittadini stranieri continuano; Abdul ieri
a Milano morto dopo un vero linciaggio e oggi Emannuel nella 'civile' Parma
picchiato brutalmente da alcuni vigili, è di oggi il linciaggio da parte di
alcuni adolescenti italiani a Tor Vergata di un cittadino cinese di 25 anni.
Cosa sta succedendo e perché le autorità istituzionali più alte della Repubblica
tacciono?
I grandi quotidiani riportano le notizie ma sono pochi quelli che s'indignano;
anzi ve ne sono che mettono anche l'olio sul fuoco aizzando le folle contro il
Rom, lo straniero, il clandestino e il negro.
Non possiamo stare zitti, non possiamo stare a guardare, non basta dire "mi
dispiace", occorre agire seriamente sul piano sociale, educativo , culturale e
politico.
Non è tollerabile che un paese che si dichiara civile possa fare sua la regola
della violenza discriminatoria e razzista, il disprezzo dell'altro semplicemente
perché ha un colore di pelle , una religione o degli usi e costumi diversi.
La televisione, i giornali e la stessa legislazione (vedi le impronte ai bambini
rom oppure la schedatura dei bambini stranieri nelle scuole…) contribuiscono ad
alimentare l'ostilità verso chi viene da fuori, verso chi è povero, verso chi
parla un'altra lingua o pratica un'altra religione.
Si sta creando il capro espiatorio per deviare l'attenzione da chi ha delle
responsabilità nel degrado sociale che sta producendo povertà e diseguaglianze.
Serve un responsabile di tutti i mali: lo straniero, lo zingaro, il nero!!
La legge in qualche modo, avendo creato un trattamento differenziato per chi è
diverso etnicamente e culturalmente, legittima la diffidenza e anche
l'aggressione.
Voglio ricordare quello che diceva uno dei pensatore del pensiero liberale
europeo; Benjamin Constant: "L'obbedienza alla legge è un dovere, ma come tutti
i doveri, è relativo; riposa sulla supposizione che la legge parte da una fonte
legittima, e si rifugia nei suoi giusti limiti.
Ma nessun dovere ci legherebbe verso delle leggi che non solo restringerebbero
le nostre legittime libertà e s'opporrebbero a delle azioni che non avrebbero il
diritto di proibire ma ci costringerebbero a contrariare i principi eterni della
giustizia , della pietà, che l'uomo non può non osservare senza smentire la
propria natura…
Ogni legge che ordina la delazione, la denuncia , non è una legge; ogni legge
che mette in discussione l'inclinazione che comanda all'uomo di offrire un
rifugio a chi richiede asilo non è una legge…
Se la legge ci ordinasse la perfidia verso i nostri simili, o ancora la
persecuzione verso i vinti non sarebbe una legge, sarebbe solo barbarie ".
Riflettiamo su queste parole scritte quasi duecento anni fa e chiediamoci se
quello che sta succedendo sia non solo accettabile ma umanamente tollerabile.
Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità perché vale ancora il monito di
Bertold Brecht sulla co-responsabilità di chi taceva di fronte alla persecuzione
verso gli ebrei diventando così complici di un crimine contro l'umanità.
Martin Luther King diceva : "Le nostre vite cominciano a finire il giorno
in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano"
E tra le cose che contano vi è la dignità della persona umana!!
Ci rendiamo conto che questi appelli rischiano di cadere nel vuoto ma
consideriamo di grande importanza la reazione civile e democratica che sappia
denunciare il degrado delle relazioni sociali nel nostro paese. Pensiamo anche
come Carlo Cattaneo (vedi le 'Interdizioni israelitiche' 1857) che "la legge è
strumento di giustizia, non è strumento d'ingiurie. Non vi sono due giustizie
diverse; né la giustizia ha due diverse misure. Eseguiamo con umiltà ciò che la
giustizia ci detta, e avremo sparso negli uomini tutti i semi dell'onore e della
virtù".
Di Fabrizio (del 02/10/2008 @ 16:46:43, in Regole, visitato 3919 volte)
Questo articolo di
La Repubblica è segnalato da Marco Brazzoduro
La Procura di Venezia apre un fascicolo sul vice sindaco di Treviso
Le frasi alla festa della Lega: "Vadano a pisciare nelle loro moschee" "Dal palco istigazione al razzismo" Indagato il leghista Gentilini
da youtube la registrazione integrale del comizio di Gentilini
L'ARTICOLO: VENEZIA - La Procura di Venezia ha aperto un fascicolo
sulle frasi contro gli islamici pronunciate dal vice sindaco di Treviso
Giancarlo Gentilini durante la festa della Lega Nord a Venezia, il 14 settembre
scorso. L'ipotesi di reato è di istigazione all'odio razziale.
IL DISCORSO DA "LA TRIBUNA DI TREVISO" Dal palco, lo "sceriffo" aveva tuonato "contro quelli che vogliono aprire le
moschee e i centri islamici", scagliandosi contro "i phone center, i cui
avventori si mettono a mangiare in piena notte e poi pisciano sui muri: che
vadano a pisciare nelle loro moschee". Gentilini se l'era poi presa con "i
bambini che vanno a rubare agli anziani" e aveva dichiarato di non volere vedere
"neri, marroni o grigi che insegnano ai nostri bambini".
L'azione della magistratura non sembra comunque turbare l'esponente leghista:
"Ho detto quelle cose perché non voglio zingari che chiedano l'elemosina,
clandestini che compiano atti illegali e, almeno per ora, moschee e centri
islamici, perché questo è un problema nazionale".
Gentilini afferma di aver solo riportato le lamentele dei suoi concittadini e di
voler continuare a battersi "per la disciplina, l'ordine e il rispetto delle
regole".
Avellino - "Per il governo i poveri non sono più una voce di spesa.
L'Italia, con la Grecia, è l'unica nazione europea a non avere un piano di lotta
contro la povertà. L'unica ad aver cancellato ogni sostegno.
Per la prima volta la stanchezza dei poveri, la rabbia degli
immigrati e la concentrazione dei criminali, generano una spinta inarginabile.
Il governo non lotta più contro la povertà, ma contro i poveri. L’allarme
sicurezza è stato creato per distogliere l’attenzione dalle emergenze vere come
la povertà e la violenza che vede le donne sempre più di frequente vittime di
abusi, molto spesso all’interno della famiglia. Secondo l’indagine Istat 2007
non è la criminalità straniera ma la violenza subita dalle donne in famiglia,
spesso da parenti, il vero elemento preoccupante.
L'allarme sicurezza che prende di mira rumeni e rom è infondato. Per
capire la ‘questione’, è necessario disingarbugliare quanto noi stessi abbiamo
prodotto: pregiudizi, leggende metropolitane, discriminazioni pratiche,
misconoscimento di diritti".
Proprio contro il pregiudizio la federazione del Prc ha organizzato una festa
allo scopo di far conoscere l’interessante storia, l’interessante cultura, e le
persecuzioni degli zingari: "La festa dei figli del vento" ad Avellino il
4 ottobre 2008 alla Scuola Media "Francesco Solimena" alle ore 16.30. Ci sarà
una conferenza sul tema del razzismo dilagante in Italia e la persecuzione degli
zingari, la loro sconosciuta e interessante cultura e l’integrazione. ,
Interverranno Isadora Rapimmo, assessore alla Pace e all’Immigrazione della
Provincia di Napoli, Nihad Smajovic della Comunità Rom di Scampia, Carlo Luglio
Regista. Alle ore 18.00 proiezione del film "Sotto la Stessa luna", regia di
Carlo Luglio, produzione associazione "I figli del Bronx". Ore 19.30 proiezione
del video "Zingari" montato da Umberto Gemma. Ore 20,00 proiezione del
documentario di Carlo Preziosi : "Rom – Frammenti metallici". Ore 20.30 concerto
della "Banda di Branko e Dusko". Ci sarà uno stand di cucina zingara. Hanno
partecipato all’organizzazione lo Zia Lidia Social Club, Rosso fisso e il Centrodonna.
Di Fabrizio (del 02/10/2008 @ 09:30:15, in Kumpanija, visitato 2272 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Verona, 1 ottobre 2008. E' morto Cesare Togni, uno dei protagonisti della
cultura circense in Italia. Aveva 84 anni ed era ancora in piena attività. Si è
spento a Bussolengo, cittadina ostile come poche altre agli "zingari", lui che
si è sempre mostrato profondamente orgoglioso delle sue origini sinte.
Proprio a Bussolengo, in provincia di Verona, si è consumato meno di un mese fa
un grave abuso nei confronti di tre famiglie Rom, umiliate, picchiate e
torturate da rappresentanti delle forze dell'ordine. Alle 9 del mattino di oggi
il cuore di Cesare si è fermato, a causa di un infarto. Si trovava nell'ospedale
di Bussolengo per un controllo, in attesa di ripartire con i tendoni e le
meraviglie del suo circo. La nonna di Cesare, Teresa de Bianchi, era una
straordinaria cavallerizza "zingara", che mise al mondo ben 10 figli. Nella
giovinezza, Cesare era stato un notevole trapezista, ma anche un valente
addestratore di animali. Alla fine degli anni 1960 fondò il circo che porta il
suo nome. Nessun giornale, nessun telegiornale ha ricordato oggi, nel giorno del
suo decesso, le sue origini sinte né la sua fierezza di appartenere al mondo
degli "zingari". R.M.
26 settembre 2008, Basildon, UK: L'autorità locale sta minacciando di
demolire un centro comunitario costruito dai
Traveller di
Dale Farm, creando nuove tensioni nella lunga battaglia per lo sgombero di Dale
Farm che è arrivata in tribunale.
Il
Centro di San Cristoforo che è stato aperto a maggio, è diventato l'ultimo
obiettivo del Consiglio di Basildon, da quando sta cercando di rimuovere
circa 90 famiglie di Traveller dalle loro case nell'Inghilterra del sudest.
"Stanno montando il terrore per farci andare via," ha detto Richard Sheridan,
presidente della Dale Farm Housing Association.
Per due volte, nel 2005 e nel 2007, il Consiglio ha votato per sgomberare i
Traveller, ritenendo che vivano a Dale Farm illegalmente e senza permesso.
Questi ordini di sgombero furono fermati a maggio dal giudice Andrew Collins
dell'Alta Corte. Il giudice ordinò al Consiglio di trovare una terra alternativa
dove i Traveller potessero vivere. Il Consiglio ha fatto ricorso in appello, e
l'udienza in Corte d'Appello è programmata il 5 dicembre.
Nel frattempo, i Traveller stanno anche aspettando un'ingiunzione ed un
controllo giurisdizionale dell'Alta Corte per fermare la demolizione di San
Cristoforo, secondo Grattan Puxon, segretario della Dale Farm Housing
Association.
L'Advocacy Project (AP) ha lavorato con la Dale Farm Housing Association dal
2005, ed appoggiato i Traveller nella loro lotta contro lo sgombero.
Il Centro di San Cristoforo è stato costruito per i bambini di Dale Farm,
molti di loro non frequentano le scuole locali per via del bullismo e degli
insulti razzisti. Nel Centro sono stati installati dei computer per permettere
corsi sulla tecnologia informatica, e questo mese devono partire corsi di
fotografia e sartoria. Il Centro è anche usato dal Club Giovanile Chaveys, che
istruisce i ragazzi, e per gli incontri di preghiera ogni giovedì.
Malgrado un appello all'ultimo minuto di Lord Eric Avebury, membro della
Camera dei Lord, ed un rapporto della Commissione per l'Uguaglianza Razziale
dell'Essex, il Consiglio di Basildon ha votato giovedì scorso (16 settembre) la
demolizione di San Cristoforo, adducendo che è stato costruito in spregio ai
piani regolatori distrettuali. I ragazzi del Club Giovanile Chaveys hanno
protestato all'esterno della riunione svoltasi a porte chiuse, ma è stato
rifiutato loro di entrare per patrocinare il caso.
I Traveller rispondono che il Centro, un edificio in legno, non aveva bisogno
di alcun permesso perché costruito adiacente ad un edificio preesistente. La
disputa è ulteriormente complicata dal fatto che è il Centro è patrocinato dal
Dipartimento per l'Infanzia, le Scuole e la Famiglia (DCSF) che ne detiene la
proprietà. Il Consiglio di Contea dell'Essex (ECC), l'autorità regionale, l'ha
finanziato. Però i funzionari del DCSF e dell'ECC non hanno risposto alle
richieste dell'AP.
La minaccia a San Cristoforo agita le famiglie Traveller, che sono sempre più
preoccupate di perdere il prossimo appello e che venga permesso di procedere
all'evacuazione. Secondo Puxon, il Consiglio di Basildon ha messo da parte
circa 5 milioni di $ per spianare Dale Farm e distruggere oltre 130 chalet, case
mobili e caravan. Incluso la casa da viaggio di una giovane madre in attesa di u
parto trigemino.
Nelle recenti settimane, le famiglie sono anche state allertate per un piano
che prevede di porre i loro bambini in temporaneo affido governativo, nel caso
di uno sgombero. I genitori sono preoccupati che il processo possa essere
traumatico per i bambini, e di finire senza casa ed incapaci di riavere i propri
figli. Hanno anche paura che i funzionari possano obbligarli a lasciare la
contea in cambio di riottenere i figli.
Durante un incontro il 19 settembre, ECC ha confermato che gli assistenti
sociali non possono prendere i bambini senza una decisione del tribunale, ma può
farlo la polizia su richiesta del commissario. Nel prossimo futuro è programmato
un altro incontro tra l'ECC ed i genitori di Dale Farm, si sta inoltre cercando
un incontro col commissariato.
A Roma, venerdì 3 ottobre alla Feltrinelli Libri e Musica di Piazza Colonna
31/35, con inizio alle 18.00, sarà presentata in prima assoluta la collezione di
partiture musicali per orchestra sinfonica del musicista e compositore
Alexian Santino Spinelli intitolata "Romanó Drom". Il libro,
contenente 11 canzoni, è pubblicato e distribuito internazionalmente dalle
edizioni Ut Orpheus di Bologna, prestigiosa casa editrice di musica classica, in
collaborazione con CNI Music. Sarà presentata la versione Ensamble ed assolo per
Fisarmonica. Ogni volume avrà un colore differente: blu, verde e rosso che sono
i colori della bandiera Romanì riconosciuta dall'ONU. Il lavoro è unico perché è
la prima collezione di lavori per orchestra sinfonica composta e pubblicata da
un Rom. Verrà anche presentato il nuovo CD del gruppo musicale Alexian,
intitolato "Me pase ko Murdevèlë - io vicino a Dio" (Compagnia Nuove Indie CNI).
Partecipano all'evento l'editore internazionale Roberto De Caro (Edizioni Ut Orpheus)
e Paolo Dossena (CNI Music), rappresentanti della stampa nazionale e straniera.
Bambini italiani, rom, srilankesi e filippini, tutti uniti da interessi comuni
come il gioco e il sorriso. Le loro impronte colorate sono simbolo della loro
spensieratezza. Sono i protagonisti di un'esperienza di integrazione che per le
due prime settimane di luglio ha coinvolto quaranta bambini e alcuni adolescenti
a Messina. Il progetto si chiama "Impronte di Pace 2008", in risposta al
provvedimento del ministro degli Interni Roberto Maroni di raccogliere le
impronte digitali nei campi nomadi italiani. "Bisogna partire dai piu' piccoli -
spiega padre Antonio Palazzotto, viceparroco della chiesa di Santa Maria di
Pompei e promotore dell'iniziativa -. Attraverso il loro linguaggio diretto si
costruiscono forti rapporti di conoscenza reciproca".
A scuola di dialogo dai bambini, dunque, se la comunicazione fra gli adulti non
funziona. La realtà messinese non è molto diversa da quella di altre città: i
due principali accampamenti rom sono cittadelle isolate e invalicabili. Almeno
fino allo scorso 6 giugno, quando l'associazione culturale rom "Baxtalo drom"
("buona fortuna") ha "simbolicamente" aperto ai cittadini messinesi, per una
festa, le porte del villaggio Fatima San Ranieri, a ridosso della stazione
ferroviaria.
Una trentina di roulotte e casupole di lamiera, servizi igienici deteriorati,
topi e scarafaggi dappertutto: è il panorama del piccolo villaggio rom costruito
20 anni fa a Messina.
"Con la giunta dell'ex sindaco Francantonio Genovese - spiega Patrizia Maiorana,
vicepresidente dell'Arci Messina che opera dal 2002 con i nomadi - erano state
avanzate alcune soluzioni abitative ma non si è fatto mai nulla". Anche il nuovo
primo cittadino Giuseppe Buzzanca ha dimostrato sensibilità nei confronti dei
problemi dei rom. Tuttavia, la bonifica del litorale sud di Messina, proposta
dalla giunta Buzzanca, non sembra essere compatibile con la presenza dei circa
100 "zingari" che vivono fra la ferrovia e il mare. "Se costruiranno il ponte
potremo finalmente affacciarci e vedere le nostre baracche", commenta
ironicamente Saverio R., 58 anni, uno degli anziani del campo nomadi.
A San Ranieri vivono soprattutto bambini e adolescenti, perciò la Caritas punta
su scolarizzazione e coinvolgimento dei più giovani per stabilire vettori di
dialogo tra italiani e rom. Provengono dai Balcani e fino al 1998 avevano un
permesso di soggiorno umanitario. "Perso lo status di profughi - spiega la
Maiorana - non hanno più i documenti necessari e nemmeno la possibilità di
trovare un lavoro". Per questo e altri motivi l'intera comunità vive di
elemosina.
Per due settimane, a luglio, i piccoli hanno lasciato il campo tutti i
pomeriggi. Gli animatori, tutti con esperienza di servizio nel campo, sono
rimasti colpiti nel vedere una tale sintonia tra bambini di diverse etnie.
"Loro, certi problemi non se li fanno", commenta Ivana Risitano, una volontaria.
L'iniziativa della chiesa messinese e della Caritas diocesana è stata
un'occasione preziosa sia per i bambini che per i genitori che hanno partecipato
attivamente alla realizzazione del progetto.
"C'è ancora molto da fare. I pregiudizi di anni non si cancellano in pochi
giorni e anche il divario economico e sociale", conclude suor Gabriella
D'Agostino della Caritas.
L'iniziativa, sfruttando l'onda mediatica, ha puntato i riflettori su una realtà
trascurata, quella dei nomadi messinesi e gli organizzatori sperano che le
uniche impronte lasciate in queste settimane siano quelle colorate dei bimbi. Un
lenzuolo bianco e le loro impronte di pace.
La notizia degli abusi perpetrati sui piccoli rom, in quel vicoletto degli
orrori alle spalle di Palazzo San Giacomo, è arrivata nelle case di cartone dei
nomadi stanziati a Scampia e Secondigliano. Qui, tra un campo abusivo e uno
autorizzato, vivono più di duemila persone. È difficile la vita tra le baracche
dell'insediamento di Scampia, quello abusivo, situato ai margini di via Ghisleri
sotto i ponti dell'Asse mediano. Un esercito di senza nome, un migliaio di
individui divisi in quattro campi in base a provenienze etniche e religiose.
Senza identità, senza documenti. I bambini corrono tra enormi pozzanghere,
alcuni a piedi nudi. L'aria è quasi irrespirabile, resa pesante dai fumi di
plastica e immondizia data alle fiamme. I rifiuti sono ovunque, non esiste alcun
sistema di raccolta, per questo l'unico modo per disfarsene è bruciarli. È qui
che si è svolta la visita del consigliere regionale Luisa Bossa, accompagnata da
padre Pizzuti, dal pastore della chiesa evangelica zigana Gaetano Meglio, da
padre Sergio Sala e da alcuni ragazzi dell'associazione "Chi rom e chi no".
Forte è lo sconcerto seguito alla scoperta degli abusi sui bambini. Essenziale
capire e vedere da vicino, toccare con mano le condizioni di vita dei nomadi
sistemati sul territorio cittadino. «Vedo tanti bambini e tanti topi - racconta
Luisa Bossa -. Ho visitato il carcere di Poggioreale, ma questa è un'altra
prigione, la prigione della civiltà». I bambini corrono incuriositi, i più
grandi raccontano le loro storie. «Noi ci prendiamo cura dei nostri bambini -
dice uno di loro - cerchiamo di vestirli bene e di mandarli a scuola. Ma
guardate dove viviamo: loro giocano e si sporcano nel fango e nelle pozzanghere;
rischiano tutti i giorni di buscarsi delle malattie».
Sapete cosa è successo ad alcuni bambini, del fatto che si siano prostituiti?
«Sì, e siamo sconvolti - proseguono -. Ma questo non vuol dire che tutti
facciamo così». Zanzare e altri insetti ronzano sulle pozzanghere, mordono senza
lasciare tregua. Bruciano pure i morsi della scabbia che infesta le braccia di
una bimba rintanata in un angolo della sua baracca, in isolamento. Ci spiegano
che qui, più che altro, vivono profughi e rifugiati provenienti dalla ex
Jugoslavia. «È la prima volta che sento parlare di questi casi di pedofilia -
dice Barbara Pierro, dell'associazione "Chi rom e chi no" -. Al campo sono
rimasti tutti molto colpiti. Hanno avuto come uno scatto d'orgoglio e bisogna
chiarire che questi tremendi fenomeni non sono legati alla cultura rom, ma sono
frutto di situazioni di estremo disagio».
Sulla stessa linea il pastore della chiesa zigana, Gaetano Meglio: «Quello che
si è verificato dimostra l'enorme stato di bisogno di questa umanità. Le
istituzioni devono intervenire, non solo elargendo denaro ma dando sostegno
morale e sociale alle tante associazioni che quotidianamente lavorano in questi
insediamenti».
Dal campo abusivo a quello autorizzato. È stretto fra la circumvallazione
esterna e il carcere di Secondigliano. Container, strade asfaltate, molti
bambini che corrono a giocare. E immondizia, tanta immondizia. Il campo, sulla
carta, dovrebbe ospitare poco più di cento persone; ce ne sono quasi mille. Qui,
raccontano, è un po' come stare in galera. «Io ho tre figli - dice Antonich -,
voglio trovare un lavoro e vivere onestamente, ma senza documenti come si fa?
Siamo qui da vent'anni e molti di noi non hanno ancora i documenti. Senza lavoro
uno è costretto a rubare o a fare l'elemosina. E per guadagnare qualcosa possono
anche capitare queste cose orribili».
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