Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 11/10/2013 @ 09:07:11, in Kumpanija, visitato 1539 volte)

La prima risposta (molto italiana) è:

  • non può fregarmene di meno ...ma parlare di Beppe fa salire il numero dei lettori, quindi:

Altra risposta all'italiana:

  • la domanda è mal posta.

Il mio umilissimo parere l'avevo già dato un anno e mezzo fa, e non si parlava di Beppe, bensì di un piccolo fatto di cronaca nera in Emilia. Sapendo quanto sono pigri i miei lettori, riassumo il concetto chiave: UN BUON 80% DI CHI SI PROFESSA RAZZISTA LO FA PER CONFORMISMO, IN REALTA' VUOLE CHE RAZZISTI LO DIVENTINO GLI ALTRI.

Sì, anche Beppe... mi ricorda tanto certi personaggi da commedia all'italiana, come Borghezio, o Sgarbi o Sallusti, per andare su altri temi. Non sono così, lo fanno per esigenze di scena e non sarebbero neanche obbligati a recitare quel copione. Ma vivono il terrore che i riflettori si dimentichino di loro, e allora devono ricorrere alla battuta, meglio se fuori contesto e che non porti a nulla. Un po' come sparare una puzza in un convegno elegante, magari qualcuno si volta a vedere chi è stato.

Ma il Beppe è un caso a parte, lo ammetto.

Perché da un lato vuole accarezzare la pancia popolana di un'Italia immiserita (nel portafoglio e nel cervello), dall'altra vorrebbe diventare un maitre-a-penser (scusate ma ho un problema con gli accenti) del XXI secolo. Non essendo mai stato né popolano né intellettuale, si è dovuto inventare un movimento, e ora corre davvero il rischio che il movimento si mangi il suo fondatore.

Perché, e qua torno al RAZZISMO DA BAR SPORT di Beppe, nel movimento c'è finito di tutto. Anche nel suo famoso blog (lo leggo dagli inizi, peccato che col tempo sia diventato illeggibile, sia come grafica che come contenuti): ha iniziato con padre Zanotelli per finire ai sacri confini invasi da negri e rumeni. In mezzo c'è stato di tutto e il suo contrario. Con una chiusa desolante, degna più di Casaleggio che del Beppe: NON E' NEI 10 PUNTI.

Ora... ... ... ... ... se 300 persone affogano alle porte di Lampedusa, se i superstiti vengono denunciati come "clandestini" ... ... ... (tento di mantenermi calmo, ma il VAFFANCULO GRILLO lo trattengo a stento), vorrei dagli eletti un briciolo di MORALITA', quella parola che ho sentito tante volte abbinata ai casi più improbabili. Non solo:

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente

Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

e allora, viva quei pescatori che sfidano la Guardia Costiera per salvare i naufraghi, viva quel poliziotto che non arresterà un clandestino, viva quell'eletto che sfiderà il suo partito e abolirà la Bossi-Fini (alla faccia di Beppe, i VAFFANCULO arrivano anche così).

Cosa cambia, abolendo il reato di clandestinità? Forse non lo sanno neanche quei M5S e SEL che l'hanno proposto, ma hanno fatto quello che loro competeva. Rimane un quadro europeo che è tutto da dipanare, ma mi permetto di azzardare che, se deve sempre esserci un'altra urgenza,, i 10 PUNTI valgono (e servono) quanto i 10 PIANI DI MORBIDEZZA.

Con questo, spero di aver accontentato i lettori più pigri. Per i solutori più che abili, ho ancora qualcosa:

Vi ricordate Maroni (sì, credo sia ancora vivo) quando a inizio anno diceva "Sul razzismo ci abbiamo marciato"? La Lega non nacque in un'Italia dalla coscienza limpida e pulita, ci mise ovviamente del proprio, ma i razzisti esistevano già. E iniziò prendendosela con gli immigrati, aggiungendo la categoria dei ladri (grandi e piccoli) come contorno; facendosi passare come anti-sistema, come movimento più che partito, come un gruppo di persone antipatiche, ma serie e oneste. Poi, abbiamo visto com'è finita.

In realtà, una fine non c'è. La Lega oggi è abbastanza sputtanata di suo, e PD e PDL ne hanno approfittato per sposarsi, un po' come quelle coppie che litigano ogni giorno, ma stanno insieme un po' per interesse, un po' perché c'è la famiglia da salvare, un po' perché forse si amano davvero ma non vogliono ammetterlo.

Ma la Lega puzza di cadavere, e forse non basteranno gli imbalsamatori Salvini o Tosi a profumarla. Che fine faranno quanti votavano Lega perché speravano in un partito serio ed onesto (turandosi il naso già 20 anni fa)? Che poi magari erano democristi o ciocialisti in crisi di coscienza?

Quanti saranno? Beppe come un avvoltoio è da tempo che se lo chiede; la Kasta, i ladri, gli immigrati... hanno sostituito la Biowash. Alla vecchia Italia codina propone il 2.0, visto che questo paese Internet non l'ha mai capito.

Chiusura:

Siamo nell'ennesima storia italiana: che Beppe e Napo Orso Capo non si sopportino, l'hanno capito tutti. Sulla PELLE dei "clandestini", che rimangono una pietra dello scandalo, assisteremo al passaggio di consegne tra la Turco-Napolitano e la Grillo-Casaleggio (con Bossi e Fini come testimoni di staffetta). A furia di insulti, ma nel segno PRATICO di un'italica continuità.

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Di Fabrizio (del 10/10/2013 @ 09:00:25, in musica e parole, visitato 1680 volte)
Un Minuto Con: Kelemen, violinista ungherese - orgoglioso delle sue radici rom - By Michael Roddy (Editing by Pravin Char) Copyright Thomson Reuters, 2013.


LONDRA (Reuters) - Il violinista ungherese Barnabas Kelemen che studiò col virtuoso Isaac Stern e ha ottenuto il premio della rivista Gramophone per il miglior Cd del 2013 di musica da camera, ciò che lo rende orgoglioso è la sua origine rom.

Kelemen, che era a Londra per ritirare il prestigioso premio Gramophone per il suo disco sulle suonate per violino di Bartok ed esibirsi domenica con sua moglie Katalin Kokas nel Kelemen Quartet alla Wigmore Hall, riconosce suo nonno violinista come la figura ispiratrice della sua vita.

"Posso suonare lo stile gypsy e lo adoro," dice Kelemen, 35 anni, in un'intervista alla Reuters.

"E' molto importante artisticamente," dice, notando che a causa della discriminazione contro la comunità rom in Ungheria e altrove nell'Europa centrale, "ci sono molti esempi di genitori che non parlano della loro provenienza."

Kelemen, d'altra parte, è orgoglioso che suo nonno Pali Pertis potrebbe essere stato il modello del compositore francese Maurice Ravel, quando scrisse il famoso "Tzigane" ispirato ai Rom, se non direttamente attinto dai Rom. Fu commissionato dalla violinista ungherese Jelly d'Aranyi e da lei eseguita la prima volta nel 1924.

"Mio nonno nacque nel 1903 e fu un vero bambino prodigio, da giovane viaggiò in Europa e non è improbabile che Ravel stesso abbia ascoltato mio nonno a Parigi.

Kokas, seduto al tavolo durante l'intervista, interviene suggerendo che sia andata così, ma Kelemen, pur non in disaccordo, dice "Non è provato".

Ecco cos'altro ha avuto da dire sul perché musica dei principali compositori ungheresi come Bartok e Kodaly si suoni meglio che mai, sul perché gli Ungheresi possano avere un vantaggio ma non siano gli unici a poterla eseguire, e sul futuro della sua carriera.

Le sonate per violino per cui tu e il pianista Zoltan Kocsis avete vinto il premio Gramophone per la musica da camera, non sono delle novità su disco, infatti il vostro mentore Isaac Stern registrò la prima sonata già nel 1951. Cosa rende speciale la vostra versione?

Devo dirti che la generazione di musicisti ungheresi che ora opera e ha studiato negli ultimi 10-20 anni, ha appreso da maestri fantastici che a loro volta furono educati dalla generazione dei Bartok e ne bevvero come il latte materno. Ciò che per loro era nuovo, per noi è naturale, ma ancora molto fresco. Parliamo un linguaggio che è unico e io stesso sto insegnando a nuove generazioni di studenti. Quindi, siamo in un momento molto fortunato riguardo lo stile di Bartok e Kodaly.

Si dice spesso che i migliori interpreti della musica russa sono i Russi, della musica ungherese gli Ungheresi, ma è così nel vostro caso?

Non sono tra quanti dicono che Bartok può essere suonato soltanto da Ungheresi, ma è molto importante per gli Ungheresi... e devi capire che parte della nostra musica data da tempi antichi, alcune melodie popolari hanno relazioni con la musica cinese e asiatica, e quindi è realmente unica...

Il premio Gramophone, il recital alla Wigmore Hall e l'apparizione a novembre come solista nell'estremamente impegnativo concerto per violino di Penderecki assieme alla London Philarmonic Orchestra, questo sembra essere il tuo anno, giusto?

Non sta a me dirlo, ma faccio il mio lavoro e cerco di suonare il meglio possibile, godendo delle cose belle che stanno arrivando. Sono sempre stato una persona e un musicista che si è divertito nello sviluppare passo dopo passo la sua carriera concertistica. Non mi sono mai spinto, e nessuno mi ha mai fatto pressioni eccessive.

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Di Fabrizio (del 09/10/2013 @ 09:06:33, in scuola, visitato 1898 volte)

Le sottoscritte insegnanti del plesso di scuola primaria di Via Russo 27 chiedono l'attivazione del trasporto per gli alunni rom che frequentano la scuola.

Non abbiamo saputo nulla a riguardo dalle istituzioni e questo silenzio pesa, e sulle famiglie e sugli operatori che da anni cercano di mettere in pratica ciò che dice la nostra Costituzione (art. 2, 3 e 34).

Quest'anno inoltre nella scuola verrà attivato il "Progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti"; la condizione di base per lo sua attuazione è la presenza, a scuola dei bambini del campo di Via Idro.

Il governo italiano ho assunto in sede nazionale, europea e internazionale l'impegno di promuovere lo parità di trattamento e l'inclusione economica e sociale delle comunità RSC nello società, assicurare un miglioramento duraturo e sostenibile delle loro condizioni di vita per renderne effettiva e permanente la responsabilizzazione, la partecipazione al proprio sviluppo sociale, l'esercizio e il pieno godimento dei propri diritti. Il progetto di cui sopra rientra in questo impegno e dovrebbe essere una delle azioni messe in atto per favorire processi d'inclusione dei bambini e adolescenti rom.

Ora ci chiediamo coma sarà possibile attuare il progetto con la mancanza di materia prima (alunni) e perché ogni anno dobbiamo rivolgerci a voi e agli organi
di stampa per cercare di ottenere qualcosa che è la conditio sine qua non.

A coloro che potrebbero obiettare che I'anno scorso lo presenza o scuola degli alunni è stata scarsa nonostante il pullman rispendiamo che le condizioni di degrado e pericolo verificatesi al campo non ne hanno sicuramente facilitato la presenza.

Avviare le persone (di qualunque etnia, religione, sesso...) all'autonomia e alla responsabilizzazione presuppone un percorso di socializzazione, istruzione e condivisione.

Tutto ciò è quello che gli insegnanti cernono di praticare do almeno 20 anni.

E le istituzioni?

Inoltre, nonostante l'assicurazione da parte della Dott.ssa Villella, nell'incontro tenutosi a scuola il 16 settembre con la presenza del Dirigente Scolastico Uboldi e le insegnanti interessate e coinvolte nel progetto, che íl contratto con le mediatrici culturali (facilitatrici?) sarebbe stato rinnovato, od ora 24 settembre non c'è nessuna conferma.

Rinnovando la nostro fiducia nell'amministrazione comunale chiediamo che al più presto le istanze di cui sopra vengano defínitivamente accolte.

Gli insegnanti dello scuola di Via Russo, 27 e il personale ATA.

(seguono firme)

Alla cortese attenzione
del Sindaco, GIULIANO PISAPIA,
dell'assessore, MARCO GRANELLI
dell'assessore, PIERFRANCESCO MAJORINO
dell'assessore, FRANCESCO CAPPELLI
dell'assessore PIERFRANCESCO MARAN
del Presidente del Consiglío dí Zona 2, MARIO VILLA
del presidente dello Commissione scuola, ALBERTO CIULLINI
del presidente della Commissione Consiliare ""Educazione - Istruzione", ELISABETTA STRADA
del presidente della Commissione Consiliare ""Mobilità e Ambiente", MARCO CORMIO
del presidente dello Commissione Coesione Sociale, Inclusione e Sicurezza, STEFANO COSTA

    7 ottobre 2013:
    Buon giorno a tutti. Siamo gli insegnanti e il personale ATA della scuola primaria di Via Russo che hanno sottoscritto la lettera a voi inviata il 25 settembre 2013. Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta alla nostra richiesta ma la cortesia istituzionale avrebbe richiesto almeno un vostro cenno, anche per farci pervenire la sensazione che le istituzioni cui ci rivolgiamo non siano totalmente sorde ai bisogni dei bambini. Il vostro silenzio dunque ci costringe a non fermarci qui; chiederemo a gran voce una risposta, anche se ciò significherà dover contattare e diffondere le nostre istanze tramite gli organi di stampa (cosa che faremo nei prossimi giorni).

    Distinti saluti.

    Gli insegnanti della scuola primaria di Via Russo

ULTIM'ORA:

Gentilissime
sono consapevole delle attuali difficoltà che l'assenza del trasporto scolastico sta provocando alla frequenza scolastica dei bambini del campo di Via Idro.
Difficoltà che ovviamente si ripercuotono sull'organizzazione scolastica e sull'organizzazione familiare.
Come immagino sapete le attuali difficoltà di bilancio dell'Amministrazione comunale hanno reso necessario anche un intervento di razionalizzazione del servizio di trasporto scolastico che, fatto salvo quello relativo agli alunni con disabilità, ha interessato tutte le altre tipologie di trasporto scolastico.
In particolare per il trasporto dei bambini residenti nei cosiddetti "Campi Nomadi" sto verificando, insieme agli uffici competenti e ad ATM la disponibilità economica residua con l'obiettivo, entro la fine di questo mese di poter riattivare il servizio o offrire possibili alternative.
Vi chiedo quindi di pazientare ancora un poco sapendo che considero l'inserimento scolastico di tutti i bambini, indipendentemente da condizioni sociali, etniche o religiose, e la loro frequenza un obiettivo prioritario dell'Amministrazione comunale e mio personale

Francesco Cappelli

Segreteria Assessore
Educazione e Istruzione
Via Porpora, 10
20131 MILANO
0288448160-48162-48161

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Di Fabrizio (del 08/10/2013 @ 09:06:24, in Italia, visitato 1316 volte)

ASSOCIAZIONE OPERA NOMADI MILANO
COMUNICATO STAMPA

Siamo ormai prossimi al raggiungimento di metà mandato Amministrativo della Giunta milanese e un bilancio seppur provvisorio su come sia stata affrontata e gestita dai due Assessorati competenti (Politiche Sociali e Sicurezza Volontariato) la "questione Rom" è doveroso farlo. Diciamolo subito con chiarezza, il nostro è un giudizio sostanzialmente negativo per l'inerzia con cui si affrontano i problemi quotidiani, quelli che nascono all'interno delle Comunità Romanì e non trovano nessun interlocutore esterno con cui confrontarsi e quelli dei cittadini che subiscono l'assenza di un soggetto pubblico e istituzionale a cui chiedere risposte concrete e non solo intenzioni. Due anni fa invocammo una valutazione generale della situazione, per capire come e in quanto tempo il corso delle nuove azioni avrebbero dovuto produrre dei risultati. D'altra parte non si fa un po' questo quando di apre un nuovo "cantiere"? Si spiegano i motivi dell'opera e il progetto, i tempi di realizzazione con i conseguenti disagi, il costo, la fine dei lavori. Non ricevemmo alcuna risposta e i risultati ad oggi sembrano indicarne il motivo: non fornire dei dati oggettivi e qualitativi di partenza per la conoscenza di un fenomeno che si è chiamati a gestire consente di non comprendere chiaramente cosa verrà fatto nel tempo, come e con quali esiti. Il "Progetto" approvato dal Comune circa un anno fa non solo disattende i problemi nella loro sostanza, ma si è rivelato pure uno "schiaffo" per tutte quelle Associazioni chiamate ad esprimere il proprio parere ma poi nei fatti estromesse nella realizzazione della strategia. Altro che partecipazione!

Ma già, quale strategia?

Un conto sono le parole, un conto i fatti.

Ci si nasconde dietro le restrizioni economiche ma, in verità, grazie ai fondi statali del precedente Piano Maroni così tanti soldi non sono mai stati posti a "bilancio", sia pure per mezzo di una Convenzione stipulata con la Prefettura, per la realizzazione di azioni di inclusione rivolte alle comunità romanì milanesi. Quello che manca sono però proprio le azioni, cioè continua a prevalere l'assenza o l'abbandono degli interventi sociali intesi in senso lato a partire proprio dai campi comunali. Non c'è stata nessuna rivisitazione rispetto ai criteri di gestione di, poche e sempre meno... azioni affidate in molti casi a Enti che pure hanno sostanzialmente fallito o esaurito i loro compiti di "mediazione sociale", abbandonando al contempo quelle buone pratiche che nel passato avevano pur tra mille difficoltà garantito un dialogo più costruttivo con le comunità romanì. Ogni giorno riceviamo segnalazioni da parte di cittadini che ci chiedono perché mai non ci sia un interlocutore in grado di metterli a confronto e lavorare insieme alle comunità zigane, almeno quelle stanziate stabilmente da anni nei quartieri. Non dovrebbero essere questi i "patti" di convivenza? Non avrebbero forse un interesse generale? Eppure non sono cittadini prevenuti e ostili in molti casi, ma persone che vivono sulla propria pelle un disagio crescente e la frustrazione di non sapere a chi rivolgersi. E questa frustrazione, che provoca rabbia, delusione e reazioni sconsiderate è la stessa che ritroviamo nelle Comunità Zigane lasciate allo sbando. Dobbiamo forse concludere che alla retorica bellicosa in stile De Corato si sia solo avvicendato un linguaggio meno esasperato ma con un orizzonte culturale che resta simile: l'esclusione di rom e sinti dalle politiche pubbliche e la loro inevitabile "assimilazione"?

Milano, 7 Ottobre 2013-10-07

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Di Fabrizio (del 07/10/2013 @ 09:00:56, in scuola, visitato 1482 volte)

I sacchetti - Monday, September 30, 2013 BALKAN CREW

Mirela abita al ponte Gazela. Nella casetta n. 67, fatta di cartone, lamiera e compensato. Questo è il suo indirizzo. Ha due sorelle ed un fratello. Frequenta la sesta classe. Un giorno, a scuola hanno parlato sul tema "Piccole cose che per noi significano molto" Alcuni bambini hanno raccontato del telefonino cellulare, alcuni di collezioni di bigiotterie, altri di cartoline arrivate da ogni parte del mondo oppure di libri, album di figurine e così via. Mirela ha deciso senza un attimo di esitazione: le borse di plastica. I normalissimi sacchetti per la spesa. Per lei sono piccolezze ordinarie ma anche cose importanti nella sua vita e in quella dei suoi fratellini. I bambini l'ascoltano con interesse.
Alle prime non la capiscono ma sono certi che sia un'alunna in grado di fornire sempre risposte esatte e attinenti. E' un'ottima alunna.

- Quali sacchetti? Di caramelle? Di regali?- chiedono alternandosi i bambini, impedendole di finire il suo racconto.
- I sacchetti, i sacchetti qualunque - ripete semplicemente Mirela. - Io conservo sempre i sacchetti perché so che mi aiuteranno. Se cade la pioggia, la nostra casetta ha un sacco di buchi nel tetto, che il papà ripara sempre. Ma non serve a niente. Quando piove fuori, piove anche dentro la nostra piccola abitazione. Io allora salvo quello che è più importante, i libri ed i quaderni di scuola e li metto nelle borse di plastica che mi ha dato la commessa del negozio al blocco 28 *.
Così sono un po' tranquilla perché so che le mie cose non si bagneranno, so che resteranno belle asciutte.
Le borse per me sono importanti anche quando vado a scuola.
La mamma, a me e ai miei fratelli, infila in ogni piede un sacchetto, che lega intorno al ginocchio. Solo così possiamo passare attraverso il Gazela e il fango del villaggio. Una volta raggiunto l'asfalto io levo i sacchetti e resto con le scarpe da ginnastica pulite. Questo è l'unico modo per venire a scuola e non essere rimandata indietro. Sì, perché le addette delle pulizie non vogliono che sporchi e dicono che siccome vivo nel fango non c'è altro modo per liberarmene. Io custodisco ogni sacchetto che mi capita e, prima o poi lo uso-.

- A volte, quando vedo che qualcuno sta per buttarne via uno ancora pulito, non mi vergogno di chiederglielo per piacere. Le borse di plastica mi serviranno anche alla fine della scuola di base*. Anche alle mie sorelle e a mio fratello. So che le persone nella vita di tutti i giorni non le notano considerandole insignificanti e spesso le gettano quando arrivano a casa, dopo averle svuotate di tutte le cose costose che ci sono dentro-.
Gli alunni se ne stanno in silenzio. L'insegnante dice che Mirela ha dato il migliore esempio di quanto le cose 'banali' di tutti i giorni, possano essere importanti nella nostra vita. Mirela ottiene un ottimo voto e l'indomani... l'indomani, l'insegnante e i bambini della sua classe le comprano un'infinità di borse che le potranno servire fino al termine della scuola.
Ed anche durante le vacanze, quando la scuola è chiusa. Mirela ama la pioggia, le piace pestare coi piedi nudi nelle pozzanghere e fare torte con il fango insieme agli altri bambini del villaggio.
Solo allora i suoi sacchetti si riposano ed aspettano in buon ordine di ritornare a scuola con la piccola Rom.

Racconto di Radmila Pecija Urosevic
Traduzione di Laura Maestrello


Vedi anche: Gazela

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Di Fabrizio (del 05/10/2013 @ 09:07:13, in Italia, visitato 1262 volte)

Stefano Cavalli è di Piacenza, ha una bella cravatta verde, è anche commissario per la Lega Nord di Reggio Emilia. In regione è vicepresidente della Commissione II (Politiche economiche) e componente della commissione V (Turismo, cultura, scuola, formazione, lavoro, sport).

Ignoro quali siano le sue competenze sulle tematiche rom e sinte, ma evidentemente l'essere di Piacenza è una molla più forte della competenza.

Leggo sulle cronache locali (ilPiacenza e PiacenzaSera), che in una serie di dichiarazioni il nostro:

  • si lamenta di ben 63 case assegnate ai nomadi di Piacenza (non si specifica se siano Rom o Sinti, se siano siano stranieri, italiani oppure piacentini);
  • contemporaneamente si aspetta "la chiusura totale dei campi nomadi in tutta l'Emilia Romagna";
  • e ovviamente, chiude i suoi ragionamenti con "la diffusa e manifesta indisponibilità ad integrarsi delle comunità di nomadi": "per definizione, in transito e poco inclini all'integrazione"

Dall'alto della mia ignoranza, non capisco cosa voglia questo Cavalli, come intenda affrontare la situazione, con quali mezzi, soldi e tempi (e logica)

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Di Fabrizio (del 04/10/2013 @ 09:07:48, in Italia, visitato 1214 volte)

Lunedì, 23 Settembre 2013 16:56 Dopo anni di "nomadismo" una casa stabile per l'associazione. Napoli città sociale

All'associazione Chi Rom e Chi no... da anni protagonista di interventi per la scolarizzazione, il sostegno e la lotta alla discriminazione nei confronti delle popolazioni Rom di Napoli il comune di Napoli riconosce una sede negli spazi dell'Auditorium di Scampia.

"Un luogo combattuto e conquistato con grande fatica alla fine di un percorso accidentato, difficile, ma costruito con fiducia e intesa con il comune di Napoli, che ha riconosciuto nella nostra storia e nei tanti progetti in cantiere un'occasione di sviluppo per il quartiere e per la nostra città", scrivono i membri dell'associazione, " In questo spazio, Chi rom e...chi no potrà continuare il lavoro di ricerca-azione sui temi dell'educazione, dell'housing, della pedagogia attiva, quello politico sullo spazio pubblico, sulla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini rom, italiani e stranieri". L'associazione che tra i tanti laboratori attivati vanta l'acclamata esperienza teatrale di Arrevuoto che ha coinvolto ragazzi Rom e italiani e che di recente ha dato vita a La Kumpania l' impresa sociale (che lavora attraverso la gastronomia rom e italiana combattendo le discriminazioni etniche, sociali, di genere, creando forme di economia comunitaria) avrà ora una casa con una grande e sana cucina.

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Di Fabrizio (del 03/10/2013 @ 09:05:05, in Regole, visitato 1917 volte)

Osservatorio Balcani e Caucaso - Bozhidar Stanishic' 23 settembre 2013

Berlino, il Muro (Foto Context Travel, Flickr)

Il recente voto del Parlamento Europeo sulla possibile reintroduzione dei visti rappresenta un'ulteriore minaccia alla libertà di movimento in Europa e la violazione di una promessa. Il commento

Il 12 settembre il Parlamento Europeo ha votato un dispositivo di legge che rende possibile il ritorno dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali.

I paesi più minacciati dalla possibilità di reintroduzione della misura sono la Bosnia Erzegovina, la Serbia e la Macedonia, paesi che fanno parte della cosiddetta "lista bianca" di Schengen e da poco beneficiano di un sistema agevolato di visti.

I 631 parlamentari presenti al voto hanno votato a maggioranza, 328, a favore dell'introduzione del meccanismo che permette il ritorno temporaneo del regime dei visti in situazioni d'emergenza e in casi di abuso del sistema.

Anche se questo "meccanismo di sicurezza" adottato dal Parlamento europeo non è una misura, ma solo una possibilità, esso potrà scattare su richiesta di uno o più paesi membri dell'Unione se qualcuno di loro avrà notato un aumento considerevole (superiore al 50%) delle richieste dei cosiddetti falsi richiedenti asilo.

In tale caso, il meccanismo sarà applicato per un periodo di sei mesi, con una possibile proroga per altri nove mesi. In breve: basta una lettera di uno degli stati dell'Unione poi si radunano gli esperti (che a Bruxelles non mancano mai ) e si va al voto. Il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), come sempre, sarà compatto.

Tanja Fajon, eurodeputata slovena, attenta alle problematiche di quella parte del vecchio continente, oltre alla critica del meccanismo di una votazione seguita ad un dibattito burrascoso (secondo lei il voto era illegale per la limitazione dei diritti del Parlamento e avrebbe dovuto essere fatta in un altro momento), è stata chiara: "Il Partito popolare europeo, insieme alle forze populiste e conservative del Parlamento europeo, ha mostrato per l’ennesima volta di non avere alcun riguardo per la sicurezza dei cittadini europei e per la libertà di movimento, che sono uno dei diritti umani fondamentali."

Jelko Kacin, consigliere del Parlamento europeo per i Balcani, da buon impiegato dice che non bisogna esserne preoccupati. Il meccanismo, sostiene, potrà essere applicato solo fino al 2016.

La vergogna delle file di fronte ai consolati
Subito dopo aver letto la notizia della possibile reintroduzione dei visti, nel primo pomeriggio del 12 settembre, ho incontrato a Udine un mio compaesano, originario della Bosnia occidentale. Anche lui aveva sentito la stessa notizia.

"Grazie a Dio, noi siamo a posto. Tutti in famiglia ora abbiamo la cittadinanza italiana."

Cosa potevo dire a quel mio amico, un ex impiegato che in Friuli si è trasformato in piastrellista? Citargli il profeta Geremia, la sua riflessione su Gerusalemme: "Se io ti dimentico, o Gerusalemme, dimentichi la mia mano destra ogni abilità"?

Un'ora più tardi mi ha chiamato un altro amico dalla Bosnia: "Che cosa vogliono da noi?" Stranamente contento perché il mio coetaneo non ha detto "che cosa volete", cercavo di consolarlo: "Tieni presente che non si tratta di una misura che è stata adottata, ma di una possibilità..." Mi ha interrotto: "Ma chi sono queste persone che, fra tutti i problemi in cui l'Europa è immersa, hanno tempo per discutere di un pugno di furbi, emarginati e qualche disperato che approfitta del regime dei visti per fare domanda di asilo?" Che cosa potevo o dovevo rispondergli?

Ho un'esperienza in materia. All'inizio del 1997, su proposta della sede italiana di un'organizzazione internazionale, sono stato al Consiglio d'Europa, a Strasburgo, per dare uno sguardo personale alla problematica del difficile ritorno dei profughi bosniaci al paese d'origine dopo la guerra. Sono tornato a casa con un'impressione più che amara: insieme agli altri relatori, compaesani esuli in diversi paesi europei, ho constatato l'ignoranza della materia da parte della stragrande maggioranza dei membri della commissione davanti a cui avevamo esposto le nostre osservazioni. Ricordo che un rappresentante romeno ha incominciato il suo commento con queste parole: "Nel mio paese c'è un proverbio: Chi ha visto un cavallo verde e un serbo onesto?"

Il mio amico ha proseguito, come se avesse intuito la mia risposta: "Quindi, i rappresentanti parlamentari di 28 paesi membri dell'Unione si sono pronunciati a favore di una misura del tutto fuori dallo spirito europeo?" Che potevo rispondergli: "Mica tutti hanno letto le opere di Massimo Cacciari o di Edgar Morin, o riescono a comprendere che l'Europa è un arcipelago, le cui isole sono pure i paesi dei Balcani occidentali..."

Lui, come se volesse dar sfogo a quella ribellione che di solito finisce fra le quattro pareti domestiche, mi ha chiesto: "Di nuovo, quindi, chi vuole viaggiare dovrà mettersi in fila davanti alle porte dei consolati? Le file, le file di nuovo! Che vergogna! In 328 hanno votato sì, 48 astenuti! Va bene, il mio rispetto a quei 238 con le palle umane!" Aggiungendo che non pensava più a sé, ma ai giovani, ha detto che secondo lui c'era qualcosa sotto, non soltanto la questione dei visti.

"Forse è l'annuncio che noi, secondo quei signori seduti sulle poltrone d'Europa che hanno alzato la mano del loro 'sì', non siamo benvenuti, né come viaggiatori né come Stati?"

Un lontano ricordo: la caduta del Muro
Tutti noi che ricordiamo la caduta del Muro, ricordiamo pure non solo i fuochi d'artificio e lo sventolare delle bandiere, ma pure le parole pronunciate, piene di promesse per un futuro migliore per tutti gli europei. Certo, promettere fa parte del mestiere del politico, perciò ricordo più volentieri la critica di Günter Grass sull'ipocrisia dell'accoglienza dei rifugiati nel periodo del dopo Muro. Secondo Grass, finita l'emergenza, finiti i nomi eccellenti dei personaggi in fuga dall'altra parte del Muro, si sono spenti i riflettori dei media, si è asciugato l'inchiostro nelle penne dei giornalisti.

Tradotto in parole povere, oggi, niente più Sacharov, né scrittori e intellettuali polacchi, ungheresi, romeni ed altri dell'ex blocco sovietico, ma persone, numeri, profughi delle guerre umanitarie, disperati senza nome.

Credo che il 12 settembre 2013 debba essere considerata una giornata vergognosa, e non solo per il Parlamento europeo. La vergogna è ancora superiore per coloro che rappresentano i partiti di destra (non dimentico i cittadini che li hanno votati) nei paesi dell'ex Est Europa. Mi pare che la memoria, là, sia diventata un lusso, forse una pillola proibita. Mi chiedo quanti a Riga, Praga, Varsavia, Budapest e altre città simbolo dell'oppressione dei regimi comunisti si ricordano della Cortina di Ferro, dell'impossibilità di viaggiare, di visitare le città occidentali. Quando i loro rappresentanti politici nell'Unione hanno alzato la mano per un "si" che minaccia milioni di cittadini dei paesi dei Balcani occidentali, da tempo paria di questa Europa promessa, si ricordavano quella marea di promesse del novembre 1989?

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Di Fabrizio (del 02/10/2013 @ 09:03:51, in casa, visitato 1270 volte)

Donne rom scioperano: By: Joe Fiorito Columnist, Published on Wed Sep 18 2013

Un gruppo di inquiline rom, inaspettatamente schiette, sono scese in sciopero dell'affitto per protestare contro le condizioni dei loro appartamenti.

Le romnià sono in sciopero dell'affitto, non tutte ma solo alcune, e non avevo mai sentito di una cosa simile. Ma ne hanno abbastanza.

Vivono con le loro famiglie in una serie di appartamenti popolari in Lake Shore Blvd. W. Ero lì l'altro giorno. Ma prima avevamo parlato sullo sciopero dell'affitto, qui nella vostra Toronto:

Nel parcheggio dietro gli appartamenti, una macchina abbandonata, portiere ammaccate, finestrini rotti, i bambini ci sono appoggiati come ad un'attrezzatura da parco giochi; nessuno sa di chi sia quella macchina.

In lontananza si possono vedere gli alberi spinosi e le bianche vele delle imbarcazioni ormeggiate nella marina sulle sponde del lago.

Quando arrivai, c'erano una mezza dozzina di donne che aspettavano nel parcheggio. Tutte volevano parlare, tutte assieme. Avevo l'aiuto di un traduttore ungherese, grazie al servizio legale della Parkdale Community.

Ho iniziato chiedendo dove fossero gli uomini. "Hoo, ha!" mi hanno risposto in segno di affettuosa derisione.

OK, perché uno sciopero dell'affitto?

Dicono di aver avuto molte difficoltà ad ottenere le riparazioni, e quando il lavoro è stato fatto,hanno dovuto pagarle di tasca propria e il costo non è stato detratto dal canone d'affitto.

Sono andate ingruppo, un paio di volte, nell'ufficio del padrone di casa, che è un avvocato. Gli incontri non sono andati bene.

Il fatto ha dello straordinario, perché la maggior parte dei Rom a Toronto evita di fare qualsiasi cosa che possa risvegliare attenzione nei loro confronti.

Il servizio legale della Parkdale Community ha scritto una lettera di lamentela al proprietario. Che a sua volta, ha risposto al servizio legale a stretto giro di posta, suggerendo di rivolgere le lamentele all'amministratore dell'immobile. "Comprendo che il responsabile della proprietà ha già avuto a che fare con qualcuno di voi", è nella sua risposta. Aggiungendo che gli inquilini che danneggiano la proprietà potrebbero essere sfrattati.

Secondo il legale di Parkdale, due famiglie hanno pagato l'affitto dopo le riparazioni. Ma diciotto famiglie continuano a rifiutarsi di farlo.

In ognuno dei tre edifici ci sono 38 unità.

In che condizioni sono?

Dice una donna "Lo scarico del vater non funziona. Devo usare un secchio." Riempie il secchio nella vasca da bagno e lo svuota nello scarico.

Cos'altro?

"Devo usare lo scotch per le finestre, perché non cadano." Le lastre di vetro sono rotte e, dicono, le finestre non si aprono o si chiudono correttamente.

"Il pavimento si sta sollevando e ci sono tonnellate di scarafaggi." Le altre, tutte, annuiscono all'elenco delle lamentele.

La discussione continua sui piccoli animali negli appartamenti, forse topi o forse ratti, per arrivare alle cimici.

Un'altra donna dice: "Venerdì non ho potuto usare la toilette, e ho dovuto andare in quella della vicina."

Quale vicina?

"Quella del secchio."

Oh, santo cielo!

Aggiunge: "Le tubazioni perdono. Ho dovuto chiudere l'acqua calda. Il lavandino è così intasato che la sua acqua sgorga dalla vasca da bagno."

Un'altra donna dice: "Ho molti scarafaggi. Il parquet sta andando. In camera da letto non ho elettricità, le prese non funzionano. Da aprile, non funziona il forno, e..."

Un attimo... Il forno non funziona? Come prepara la cena per la famiglia? "Uso la cucina di qualcuna che conosco." Cucina prima o dopo che l'ha fatto la sua vicina?

Quando lei ha già cucinato.

Un'altra dice: "Il mio bagno era intasato. Si sono allagati il mio appartamento e quello della famiglia al piano di sotto."

Infine, una donna: "Ho quattro bambini. La toilette non funziona. In cucina il rubinetto non si chiude. In cucina la dispensa è senza antine. Le finestre sono rotte. Il pavimento si sta sollevando."

Una delle donne mi concede di dare un'occhiata. Quando apre la porta di casa, gli scarafaggi scappano sui controsoffitti, attraverso la stufa, sotto i piedi e lungo le pareti. Rispondendo alle vostre domande, è una casalinga ordinata e pulita.

Aveva ragione su finestre e pavimento, e sulle perdite, e tornando a pianterreno, ho notato che le luci d'emergenza non funzionavano ed i corridoi erano al buio.

Di sicuro non è giusto.

Ho chiamato il proprietaro, l'avvocato. Ha detto di essere troppo occupato per avere un colloquio. Ha suggerito di sentire l'amministratore dell'edificio.

Quest'ultimo non voleva ammettere che ci fossero dei problemi, poi voleva sapere quale fossero gli appartamenti problematici ed infine, dietro suggerimento del suo avvocato, si è rifiutata di parlare.

Giusto così.

Così, settimana scorsa alcuni inquilini hanno avuto le attese riparazioni, che due famiglie hanno giudicato soddisfacenti. Ma ci sono ancora 18 famiglie che non stanno pagando l'affitto, e girà voce che la proprietà voglia portare il caso in tribunale.

Restate sintonizzati.

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Di Fabrizio (del 01/10/2013 @ 09:06:10, in casa, visitato 1527 volte)

Sabato, 28 Settembre 2013 17:26
Riceviamo e pubblichiamo:

Una bambina di sette anni con i suoi genitori, da un mese e mezzo, non avendo una casa, mangia e dorme nell'abitacolo di un'autovettura e da pochi giorni dentro un garage.

Dopo le ripetute richieste avanzate al Comune e ai diversi settori di pertinenza, ad oggi, i Commissari che gestiscono l'ente comunale non hanno ricevuto la famiglia e i Servizi sociali non si sono interessati minimamente del caso.

Lasciare che una bambina e i suoi genitori dormano su una automobile o sul cemento di un garage, non significa negare un diritto fondamentale ? In questo caso, è il comune di Reggio Calabria che nega questo diritto?

A queste domande la risposta che, da tempo, viene data dal Comune è la seguente: non ci sono alloggi disponibili per l'assegnazione.

Ma le cose non stanno così, e gli addetti ai lavori lo sanno bene.

Gli alloggi popolari necessari, da assegnare alle famiglie che ne hanno bisogno, ci sono. Su tutto il territorio della città, da Bocale a Catona, tantissimi (nell'ordine di qualche centinaio) sono gli alloggi popolari che non sono più abitati dagli assegnatari e che, secondo la normativa vigente, dovrebbero tornare nella disponibilità del Comune, se l'ente applicasse la legge e quindi disponesse le verifiche sulla permanenza dei requisiti degli assegnatari.

Non è solo l'Opera Nomadi che, da diversi anni, denuncia questa grave situazione di cattiva gestione della politica della casa e di illegalità. Nella relazione redatta dalla Commissione di Accesso al Comune di Reggio Calabria che ha portato allo scioglimento dell'ente alla pagina 59 viene riportato: "non risultano essere stati svolti dall'Ente accertamenti periodici al fine di verificare la sussistenza, nel tempo, dei requisiti che hanno portato all'iniziale assegnazione. Tale situazione di palese, ingiustificato inattivismo ha evidentemente determinato situazioni di palese irregolarità nelle quali, verosimilmente, alcuni inquilini hanno continuato a mantenere la disponibilità dell'alloggio popolare pur non avendone i requisiti ed a discapito di altri soggetti in stato di concreta ed attuale necessità".

Rispetto al periodo (2012), precedente al Commissariamento del comune, in cui la Commissione ministeriale ha verificato questo aspetto della politica comunale, nulla è cambiato. Anche in quest'ultimo anno le verifiche non sono state effettuate.

Se la Commissione straordinaria cominciasse ad applicare la legge effettuando le verifiche ritornerebbero al Comune almeno 1.000 alloggi, che potrebbe essere assegnati alle famiglie che ne hanno bisogno e urgenza (art. 31 della legge reg.le 32/1996), come la famiglia Amato.

In questo momento di crisi economica, riteniamo che sia particolarmente grave che il Comune non faccia nulla per riprendersi e assegnare gli alloggi non abitati, mentre tante famiglie non riescono a far fronte all'affitto, oppure sono già senza una casa e sono costrette a dormire su un'automobile.

Una Commissione di prefetti che amministra un comune sciolto per contiguità mafiosa e con una situazione debitoria molto grave, ha sicuramente molte cose importanti e urgenti da fare.

Ma a nostro parere la Commissione dovrebbe mettere anche questa tra le azioni importanti da fare, visto che è un'azione che non incide sul bilancio comunale e che serve a ripristinare una condizione di legalità e di giustizia sociale.

Pertanto chiediamo che la Commissione straordinaria provveda ad effettuare le operazioni di legge necessarie per assegnare alla famiglia Amato un alloggio popolare e proceda allo stesso modo per altri nuclei che si trovano nella stessa condizione.

Il presidente
Sig. Antonino Giacomo Marino

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