Di Sucar Drom (del 20/11/2013 @ 09:09:48, in Regole, visitato 2014 volte)
Giornalettismo- 19/11/2013 - Ben congegnata, fa già molte vittime
Una divertentissima bufala pubblicata dal blog
Giornaledelcorriere sta facendo
il giro di Facebook, con un gustoso codazzo di fessacchiotti che ci credono e si
sentono scandalizzati per il tutto:
La bufala (scritta in maniera da imitare il linguaggio giornalistico, e anche
molto bene) recita:
Approvato finalmente il D.lgs. 958/2013 che la Commissione Consultiva
dell'Integrazione ha richiesto per la salvaguardia delle popolazioni nomadi, le
quali sono rappresentate dal 1971 dall'Unione Rom Internazionale. Questo
movimento mira al riconoscimento di un'identità e di un patrimonio culturale e
linguistico nazionale senza stato né territorio, cioè presente in tutti i paesi
europei.
La massima del Decreto entrato in vigore con l'ultima Gazzetta Ufficiale cita
testualmente:
"L'individuo che dimostri con la buona fede di appartenere ad un gruppo Rom
(etnico e nomade) non sarà passibile di nessuna pena relativa al reato di furto
(art.624 c.p.) se il valore economico del bene o denaro sottratto è inferiore a
€ 200, in quanto l'unico sostentamento di determinate strutture sociali deriva
esclusivamente e da generazioni da tali azioni. Il soggetto dovrà altresì
dimostrare sul momento di non avere regolare residenza o fissa dimora in Italia.
Il presente non vale per chi possiede la cittadinanza italiana da almeno 10
anni".
In poche parole: se uno zingaro ruba oggetti o denaro del valore inferiore a 200
Euro, non potrà essere denunciato per furto in quanto la sua azione è legata da
secoli di usi e costumi del suo gruppo di appartenenza.
Ovviamente, bastano trenta secondi di ricerche su internet per scoprire che
nulla di tutto ciò è vero. E ad essere interessante è anche la firma: " Ilenia Tripidosi
- Corrispondente Estero"
ha già firmato molte altre bufale e trollate
a cui tanti hanno abboccato. D'altronde, come diceva Franz Kafka, "Tutte le
mattine escono di casa un furbo e un coglione. Se si incontrano l'affare è
fatto".
Di Fabrizio (del 19/11/2013 @ 09:01:02, in Europa, visitato 1309 volte)
Romeo Franz: L'Europa dev'essere libera da discriminazione e razzismo Berlin, 11.11.2013 23:47, (ROMEA) Veronika Patochkovà, translated by Gwendolyn
Albert
Quanto segue è un'intervista a Romeo Franz, 46 anni - compositore, pianista e
violinista. Fondò il suo primo gruppo, Romeo Franz Ensemble, nel 1991 e
nel 2012 compose il pezzo "Mare Manuschenge", in commemorazione delle
vittime romanì del nazismo.
Nel 2011 Franz si è iscritto al partito dei Verdi ed è diventato attivista
politico. Prima era stato presidente dell'Unione dei Sinti Tedeschi della Renania-Palatinato
e membro del consiglio di amministrazione del Consiglio Centrale dei Sinti e Rom
Tedeschi.
Franz è risultato sesto tra i candidati dei Verdi alle elezioni parlamentari
del 22 settembre 2013. Purtroppo non ha ottenuto un seggio all'Assemblea
Federale.
Qual è stato il momento o l'evento che ti hanno spinto a diventare un
attivista politico, cioè, a varcare la linea di impegno in quanto comune
cittadino a confronto delle opzioni offerte dalla società civile?
Da tempo ero attivo come difensore dei diritti civili e come vice-presidente
dell'Unione dei Sinti Tedeschi della Renania-Palatinato. Grazie a questa
attività ho accumulato una grande esperienza e ho lavorato con persone che si
trovano in situazioni difficili, che avevano bisogno d'aiuto, ecc. Ho imparato
molto in quel periodo. Decisi di iscrivermi ad un partito quando osservai che
come membro dell'Unione potevo raggiungere solo cambiamenti limitati - non si
riusciva ad andare oltre. Si è sempre nella posizione di supplicare, non si può
decidere nulla da se stessi. Col tempo ho deciso che così non si poteva
continuare, che così non si andava da nessuna parte. Decisi di entrare in
politica. Grazie al mio lavoro nell'Unione ho avuto esperienze con molti partiti
e mi sono fatta un'immagine precisa di ognuno di loro. Il partito dei Verdi era
quello on cui avevo più cose in comune.
Quindi, non c'è stato un preciso momento in cui hai deciso di darti
alla politica?
E' stata una decisione per gradi. Ho sempre intuito che fosse una
possibilità, ad esempio quando ricercavo appoggio nei vari progetti nell'area
dell'istruzione, sia per gruppi specifici che nel campo generale dell'istruzione
interculturale. Per anni ho lavorato di volta in volta sulle opportunità, senza
che nessuno dei miei progetti fosse approvato. A causa di ciò non sono stato in
grado di realizzarli o di lavorare con le persone, con i giovani... mi era
chiaro che andavo a sbattere contro un determinato muro.
Perché hai scelto i Verdi, in particolare? In Repubblica Ceca,
l'ultima volta non sono riusciti ad entrare nella Camera Bassa. Potresti
spiegare la tua decisione ai lettori cechi da un punto di vista tedesco?
In Germania i Verdi sono in Parlamento. Sono un partito che esiste da oltre
30 anni. In Germania hanno costruito una buona relazione con i loro votanti.
Come dicevo, grazie al mio lavoro precedente ho accumulato molte esperienze, ed
i Verdi fondamentalmente incontrano le mie esigenze meglio degli altri partiti,
riguardo all'ambiente, ai diritti umani e delle minoranze. E' per questo che la
mia decisione di unirmi a loro è stata abbastanza rapida.
Anche in Repubblica Ceca ci sono stati nove uomini e donne romanì
candidati nelle liste dei Verdi.
E' la testimonianza del fatto che i Verdi sono un partito molto importante
per questa minoranza, uno che apertamente e sinceramente rappresenta i loro
interessi. La decisione di quei candidati ne è una prova lampante.
Prima delle elezioni, chiunque andasse sul sito dei Verdi nel tuo
distretto elettorale di Ludwigshafen avrebbe visto immediatamente la tua
fotografia. Eri in un buona posizione nella lista dei candidati, al sesto posto,
anche se eri iscritto al partito da soli tre anni. Perché?
Può dipendere dal fatto che sono abbastanza conosciuto come musicista, e per
la mia attività politica tanto in Germania che nella mia regione. Grazie al mio
attivismo, ho una discreta esperienza. Penso che sia anche per questo. Un'altra
cosa, di cui sono assolutamente sicuro, è che alle elezioni nel mio collegio
elettorale hanno votato compattamente. Significa che nel nostro partito c'è
stata una enorme accettazione e grande volontà politica di nominare un
rappresentante dei Sinti come candidato al Parlamento. Due settimane dopo,
quando durante la conferenza regionale ho chiesto un posto specifico nella lista
dei candidati, ho ottenuto il terzo posto tra gli uomini. Significa che i Verdi
hanno una grande comprensione per la minoranza sinti. La esprimono non
vergognandosi di sostenere i diritti delle minoranze, mettendo rappresentanti
sinti nelle loro fila, e con una grande apertura. Credo che sia un messaggio
favoloso per la società.
Non pensi che i Verdi in Germania dovrebbero essere preoccupati di
perdere voti, quando scelgono come candidato un Rom o un Sinto?
In Germania il partito dei Verdi non deve preoccuparsene. Il partito è
conosciuto per il suo impegno nel proteggere l'ambiente e per la difesa dei
diritti delle minoranze. Ogni elettore dei Verdi lo sa.
Questo si collega alla mia prossima domanda, cioè è visibile che i
Verdi in Germania hanno anche altri rappresentanti di minoranza - l'esempio
migliore è che uno dei co-presidenti, Cem Oezdemir, ha origini turche. Tuttavia,
ci sono anche rappresentanti di minoranze che non hanno vissuto in Germania per
tutto il tempo dei Sinti. Perché i Sinti sono così sottorappresentati in
politica?
Questo è il punto: noi Sinti abbiamo vissuto in Germania per oltre 600 anni.
Le nostre vite sono state profondamente toccate dall'Olocausto. Tuttavia, anche
dopo la II guerra mondiale, non abbiamo mai ricevuto molti riconoscimenti. I Rom
e Sinti tedeschi che fecero ritorno in Germania dopo la guerra, non vennero
accolti a braccia aperte, al contrario, continuarono ad essere discriminati. In
Germania Occidentale, i responsabili che dovevano prendersi cura dei
sopravvissuti all'Olocausto erano spesso le stesse persone che in passato
avevano organizzato i trasporti [verso i campi di concentramento]. Il genocidio
dei Sinti venne riconosciuto solo nel 1981 dal cancelliere Helmut Schmidt, e lo
fece perché Romani Rose ed altri sopravvissuti entrarono in sciopero della fame
a Dachau. In quanto minoranza, abbiamo perso molto tempo perché per lungo tempo
non abbiamo preso parte alla vita della società. Per prima cosa abbiamo
costruito una base civile attiva. Il Consiglio Centrale dei Sinti e Rom
Tedeschi, come le singole unioni statali, hanno fatto in modo che quanti fossero
stati coinvolti nell'Olocausto ricevessero un indennizzo, anche se qualcuno lo
sta ancora aspettando. Adesso i Sinti e i Rom tedeschi stanno lentamente
acquisendo abbastanza fiducia in se stessi e la volontà di impegnarsi in
politica. Ecco il bello della mia candidatura - grazie a ciò sono riuscito a
convincere molti Sinti ad unirsi a partiti democratici ed essere attivi in
politica.
Quanti Romanì e Sinti tedeschi conosci che abbiano preso esempio da
te? Per loro sei un modello?
So di quattro Sinti e di un Rom che fanno parte di partiti tedeschi. Uno è
nell'Unione Cristiano Democratica, uno con i Socialdemocratici, uno con Die
Linke e due nei Verdi. Penso che sia un'ottima cosa. Ho anche una controparte in
Bulgaria, che si chiama Orhan Tahir, è avvocato e membro dei Verdi. Anche lui è
stato in corsa per il parlamento, dopo che sono andato a trovarlo in Bulgaria
l'aprile scorso. Il segno che è giusto impegnarsi in politica è ottenere una
buona risposta dalla nostra comunità. Altri che vorrebbero ottenere qualcosa si
stanno unendo a noi. Ricevo email e segnalazioni su Facebook in cui la gente si
congratula con me e che stanno per mettersi all'opera anche loro. Considero
degna questa attenzione e credo che la mia candidatura sia stata di successo
solo per questo, indipendentemente dai risultati.
Come si pongono i Romanì non-tedeschi in Germania, ad esempio, quanti
vi sono immigrati dall'Europa orientale o meridionale? Ho letto da qualche parte
che vuoi rappresentarli anche in politica, ma che vuoi che sia chiaro che i
Romanì non-tedeschi hanno destini differenti e bisogni differenti dai Sinti e
Rom tedeschi. Se tu, Sinto tedesco, parli per i Rom immigrati, non c'è il
rischio di un'ulteriore omogeneizzazione?
La vedo in maniera un po' differente. Il concetto di Sinti-e-Rom esiste solo
in Germania. A causa di questa doppia etichetta, si genera la sensazione che non
ci siano differenze tra Romanì e Sinti, che siamo un gruppo omogeneo, ma in
realtà questo è un errore. Per esempio. i Sinti tedeschi vivono in Germania da
oltre 600 anni, ma i Rom tedeschi sono qui da 200 anni. Ci sono anche Romanì
arrivati qui dopo la II guerra mondiale, o dopo la caduta del Muro di Berlino
nel 1989-1990. Non sono parte dei Rom e Sinti tedeschi, ci sono molti gruppi
nazionalmente differenti ed eterogenei. Ognuno di questi è una minoranza
nazionale che ha vissuto in altri paesi per 800 anni - in Serbia, ad esempio. In
quei paesi avevano la loro cultura romanì, proprio come in Germania abbiamo la
cultura sinti. Anche la lingua è differente. La società maggioritaria deve
tenere conto di queste differenze. Non è possibile equiparare automaticamente,
immediatamente, le tematiche dei Rom immigrati con quelle dei Sinti tedeschi.
Penso che succeda spesso e che produca ulteriore stigmatizzazione per tutti. Per
questo credo sia un mio compito spiegare alla gente che ci sono differenze tra i
gruppi.
Integrazione e politiche migratorie sono le tue aree, ma ciò non à
immediatamente auto-esplicativo, né tu né la tua famiglia siete immigrati, sotto
questo punto di vista. Non è una tua esperienza personale diretta.
Vedo il mio compito come quello di aiutare la gente, e non perché siano
Tedeschi, o Romanì, o Sinti. Intendo appoggiare gli immigrati e i nuovi arrivati
in Germania. Ho questo bisogno perché, grazie alla mia storia ed esperienza, ho
appreso quanto sia orribile è subire il razzismo e l'esclusione dalla società.
E' per questo che mi son dato l'obiettivo di lottare per tutte le minoranze che
sono discriminate o spinte lontano dalla società, senza l'opportunità di
parteciparvi. Personalmente non amo il termine "integrazione". Preferisco
parlare di inclusione, perché questa comprende meglio quanto le minoranze o i
socialmente esclusi fondamentalmente intendono raggiungere. Vogliono essere
parte della società, suoi membri di diritto.
La tua famiglia e i tuoi genitori cosa dicono della tua candidatura?
La mia famiglia ama davvero cosa faccio. Sono uno dei fattori grazie a cui ho
coltivato un interesse nella politica. Fondamentalmente i componenti della mia
famiglia mi hanno portato a tutto ciò attraverso il loro modo di vivere - sono
stati il mio modello. Il nazismo è un argomento ricorrente in casa nostra. La
mia famiglia ha perso sei parenti durante l'Olocausto e - come spiegarlo? In
qualche maniera siamo in obbligo verso quelle persone. Sulla base di quegli
eventi ed esperienze, mi sono interessato alla politica. Per questo la mia
famiglia mi appoggia in così pienamente, approva quanto faccio, e mi da forza -
e questo è molto importante.
Come dicevo, anche in Repubblica Ceca ci sono stati uomini e donne in
corsa per il parlamento. In conclusione, vorrei chiederti se vorresti mandare
loro un messaggio.
Con molto piacere! Vorrei dire loro che considero magnifico che siano
politicamente attivi. Spero che stiano assieme così da potere comunemente
contribuire allo sviluppo della società europea. L'Europa dev'essere una terra
per tutti e dev'essere libera da discriminazione e razzismo.
Di Fabrizio (del 18/11/2013 @ 09:05:30, in media, visitato 1542 volte)
By Ivan Ivanov - 6th November 2013
Ivan Ivanov spiega perché il "resocontare responsabile" è così
essenziale nel cambiare le opinioni e gli atteggiamenti verso i Rom
La recente copertura mediatica sul caso di una bambina greca ritrovata in un
campo rom in Grecia, ha sollevato la consapevolezza che ci sono "angeli biondi"
anche tra i Rom. Ciò contrasta con il ritratto fin troppo stereotipata e dannoso
dei Rom come "diavoli scuri". Rimuovere la sola bambina bionda dalla
famiglia rom con altri 14 figli di pelle più scura, è la dimostrazione che lo
stereotipo dei "Rom che rubano i bambini ai non-rom" è tuttora vivo nella testa
della gente. Voce smentita dato che la bambina è di origine romanì. L'altro
stereotipo generato dalle autorità e dai media è che i Rom siano "trafficanti
d'infanzia". Anche questo teorema è stato smontato, dato che la bambina bionda è
stata informalmente adottata da una famiglia molto povera della Grecia con 14
bambini, da un'altra famiglia povera della Bulgaria con 10 figli.
Un'azione così ben combinata da parte di alcuni media e politici anti-rom, ha
un forte impatto negativo in un momento in cui i sentimenti anti-rom in Europa
sono in crescita. L'impatto della recente isteria mediatica è profondamente
preoccupante in quanto riproduce miti e stereotipi negativi sui Rom, rinforzando
pregiudizi che possono incitare al razzismo e alla discriminazione contro queste
comunità. Resoconti parziali e bigotti possono avere dure conseguenze sulla vita
quotidiana delle comunità rom in tutta Europa ed indebolire qualsiasi sforzo
della società civile, del mondo accademico e di alcune istituzioni nel
promuovere un'identità ed un'immagine rom che sia differente e maggiormente
positiva. Purtroppo, il giornalismo sensazionalista e di parte vende più della
cronaca etica e responsabile, libera da stereotipi e pregiudizi.
Il caso della bambina rom bionda ritrovata in una famiglia rom mi da
speranza. Questo caso è un chiaro esempio della forza dei media e della loro
rapida influenza nella società. Perché non lavoriamo assieme per redirigere il
potere dei media verso un cambiamento progressivo, utile a combattere i
pregiudizi e gli stereotipi anti-rom, invece che ad incitarli? Dato che altri
canali e strumenti non sembrano funzionare o essere così efficaci, perché non
adoperare l'influenza dei media per cambiare opinioni e atteggiamenti della
gente? So che questo genere di media non vende, ma lo spero comunque.
Ivan Ivanov è direttore esecutivo dell'European Roma Information Office
"Noi apparteniamo al mondo, questo è secondo me un lato molto bello della nostra
cultura. Noi non diciamo questo è mio, quest"altro pure. Noi non abbiamo niente
la nostra cultura è libertà." Marinela Constantin, attivista Rom
Due anni fa veniva approvata la strategia nazionale d"inclusione di rom sinti e
camminati che avrebbe dovuto favorire un cambio di rotta nelle politiche
d"inserimento sociale di queste minoranze. Il tempo passato è tanto ma dell"applicazione
di tale piano, imposto dall"Europa e recepito in ritardo dall"Italia, non se n"è
fatto niente.
A livello locale i danni sono ancora più gravi. A Roma dove il destrorso Gianni
Alemanno è stato sostituito dal sindaco democratico Ignazio Marino, gli sgomberi
dei campi sono continuati con le stesse procedure superficiali della gestione
precedente e le associazioni nazionali e internazionali non smettono di farlo
presente.
In un panorama altrimenti buio è nato e si è sviluppato il progetto fuochi
attivi rivolto ai giovani rom di tutta italia.
L"obiettivo è trasformare questi ragazzi in comunicatori professionisti che
possano un giorno portare avanti le rivendicazioni e le aspirazioni di una
minoranza da troppo tempo emarginata e messa sotto silenzio.
Ospiti della puntata:
Badema Ramovich, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
Marinela Constantin, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
Domenico Spada, tra gli uomini di punta della boxe italiana a livello mondiale,
si racconta. Di etnia rom, mille mestieri, l'ombra della discriminazione sempre
presente, ma anche un grande riscatto sul ring e nella vita, con l'apertura di
una palestra tutta sua e un possibile futuro da attore. "L'Inno di Mameli che
suona per gli altri è anche il mio, darò il titolo del mondo all'Italia"LE FOTO
-
VIDEO APPROFONDIMENTI
Lo sguardo determinato non lascia
spazio a movimenti delle palpebre, tipico di chi guarda avanti, concentrato
sull'obiettivo, sempre deciso a saltare gli ostacoli. E Domenico Spada, uno dei
pochi pugili in grado di dare lustro al panorama professionistico italiano, di
ostacoli ne ha dovuti scavalcare parecchi prima di affermarsi come pugile e come
uomo. A febbraio dovrebbe vedersela con il messicano dal pugno di pietra Marco
Antonio Rubio (50 ko su 58 incontri vinti) per il Mondiale ad interim dei medi:
"Rigorosamente all'estero, in Italia è difficile organizzare un match di quel
livello, è difficile reperire soldi". In alternativa, il suo manager Franco
Cherchi potrebbe offrigli una chance europea contro l'ucraino Maksim Bursak.
L'asta per il match è fissata per metà dicembre.
All'estero. Perché Spada come pugile ha già dato tanto all'Italia, ricevendone
in cambio poco. Si è battuto due volte per il titolo del mondo dei pesi medi,
non accadeva dai tempi di Vito Antuofermo, il Paisà che fu capace di resistere
quindici round all'assalto del 'meraviglioso' Hagler nonostante il volto
devastato (ci vollero 33 punti di sutura). Ha perso entrambe le volte ai punti,
non senza recriminazioni, contro il tedesco Zbik, ma è dovuto andare nella tana
tedesca dove se non si vince per ko è tosta strappare il verdetto. Stesso
discorso quando è andato in Inghilterra per l'Europeo: Barker è un bel pugile,
ma l'arbitro gli ha dato la possibilità di fare ostruzionismo, poi i tre giudici
hanno fatto il resto.
In attesa di cogliere l'attimo fuggente in chiave iridata, Domenico si è anche
dedicato a prendere a calci le discriminazioni, lui che è di etnia rom. E non
sono stati isolati gli episodi su qualche brutta frase riferita alle sue
origini.
"Non mi piace la gente ignorante, irrispettosa delle culture degli altri. Quando
sento pronunciata con rabbia, abbinata alla volgarità, la parola 'zingaro', quel
tono dispregiativo, non ci vedo più dalla rabbia. Sono parole che fanno più male
dei pugni".
Anche perché essere rom non significa essere delinquente... "Io in vita mia non ho rubato nemmeno un centesimo. Ho preso la licenza media,
poi prima di fare la boxe a livello professionistico ho fatto di tutto. Dal
pasticciere al muratore, al parrucchiere".
Il parrucchiere? "Si, ha capito bene, ma non tagliavo i capelli, ero shampista... Ho sempre
cercato di aiutare in tutti i modi la mia famiglia. Io, i miei genitori, papà
faceva il muratore, e cinque sorelle. Tutti in un appartamento di 40 metri
quadrati. Va anche detto che nella nostra cultura, ma questo aspetto sta
cambiando, le donne non lavorano. Quindi il peso economico della casa era tutto
su me e mio padre. In casa e non in roulotte? Altro luogo comune, nella roulotte
non ci ho vissuto un giorno in vita mia".
Si batte contro lo stereotipo del pugile violento, senza cultura, che fuori
dal ring non riesce ad affermarsi "Certo, basta. E' come la questione del rom sul ring. Viene strumentalizzata,
l'inno di Mameli che suona per i calciatori è lo stesso che viene eseguito prima
di un incontro titolato. La mia famiglia ha dato tanto alla bandiera. Tra i miei
cugini Michele Di Rocco è attualmente campione d'Europa, Pasquale Di Silvio è
stato campione italiano, Romolo Casamonica ci ha rappresentato alle Olimpiadi".
Ma torniamo al fatto della strumentalizzazione "Sì, le cito qualche nome. Il grande Charlie Chaplin, la bella Rita Hayworth, il
carismatico Yul Brinner, Andrea Pirlo, Joquim Cortez. Sono tutti di etnia rom,
ma nessuno lo sottolinea. Poi magari sali sul ring, e tutti a ricamarci... La
mia gente è partita dall'India tanti secoli fa, ma ormai sono 600 anni che siamo
in Italia. Mio nonno Alizio ha fatto la Seconda Guerra Mondiale, è stato
prigioniero per anni, insomma...".
Ma la grande risposta è l'apertura di una palestra tutta sua "La Vulcano Gym, a Santa Maria delle Mole. L'ho aperta anche grazie all'aiuto
dei miei genitori. Ci vengono pugili amici, ma anche e soprattutto tantissimi
amatori. Avvocati, dottori, studenti, tanta gente che vuole mantenersi in forma
e ama quel grandissimo sport che è la boxe".
Vulcano è il suo nome di battaglia, chi glielo ha dato? "Me lo ha dato il padre del romeno Simon. Da dilettante avevo sconfitto il
figlio ma lui era rimasto colpito dal mio modo di combattere".
Da dilettante come mai non è andato alle Olimpiadi? "Avevo vinto il titolo italiano nel 1999, poi feci quattro tornei vincendone
tre, battei il campione del mondo juniores, ma al momento delle selezioni per le
Olimpiadi di Sydney, il ct di allora, Patrizio Oliva, scelse Di Corcia".
E come andò a finire? "Di Corcia fu battuto da Simon, proprio lui...".
A proposito di dilettanti, che pensa di Russo e Cammarelle, agli onori della
cronaca spesso più di lei? "Non voglio fare polemica, ma restando dilettanti saranno sempre pugili
incompleti. Stanno facendo come facevano i pugili sovietici o come fanno i
cubani: prendono lo stipendio dallo stato (azzurri quasi tutti nelle forze
armate, ndr) e non passano prof. Certo, vanno alle Olimpiadi e quindi la
federazione pugilistica li tutela, ma non va dimenticato che anche noi
professionisti quando combattiamo per un titolo le tasse alla Fpi le paghiamo
eccome...".
Nuova provocazione. Altri pugili, a nostro avviso non al suo livello, hanno
avuto chance più importanti sul ring della Capitale "Provocazione che raccolgo volentieri. Nella precedente amministrazione
comunale, nel mio sogno di combattere per il titolo a Roma, ho avuto quattro
anni di promesse puntualmente disattese, chissà perché... (ghigno). Ora spero
che con il sindaco Marino cambi qualcosa".
Qualcuno dice che lei ha la faccia d'attore? "Sicuramente la pensa così Aureliano Amadei, il regista di '20 sigarette'. Con
lui ho girato un documentario che si intitola 'L'incontro della vita', stiamo
attendendo che possa venire distribuito, questione di fondi"
Dunque le piacerebbe lavorare nel cinema? "Perché no. In fondo la passione per il cinema è un po' una tradizione di
famiglia. Da bambino ho partecipato al film di Sergio Rubini 'Il viaggio delle
sposa'. Parecchi miei parenti hanno avuto parti con Sergio Leone, Pier Paolo
Pasolini. Sono stati accanto ad attori come Marcello Mastroianni e Alberto
Sordi".
Visto che ha sempre denotato una certa precocità, il piccolo Spada è subito
salito sul ring? "No, ma ci ho messo poco per capire la strada maestra, visto che già dai novizi
primeggiavo. In precedenza ho provato a giocare a pallone con una società
oratoriale, la Juvenilia 88, ma non era cosa per me".
Altra curiosità, Spada nella vita privata? "Sto da anni con Claudia che presto sposerò, abbiamo tre figli maschi".
E se uno dei tre volesse diventare pugile? "Non mi opporrei, anche se mi piacerebbe una società più meritocratica, ma qui
non parlo solo di boxe. Vorrei andasse avanti chi lo merita, con le proprie
forze. E' una società ideale, lo so. Ma io ci credo".
Di Fabrizio (del 15/11/2013 @ 09:09:11, in scuola, visitato 1144 volte)
Ha preso il via il Corso di formazione per attivisti rom e sinti organizzato
da Associazione 21 luglio e dal Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC).
I giovani partecipanti spiegano perché hanno scelto di aderire all'iniziativa e
di impegnarsi per i diritti umani delle proprie comunità.
RTV Slovenia:Bastoni fra le ruote, non nelle pentole - Testo: Bogdan Miklich.
Foto: Matek Kristovich Al lavoro
A Maribor si doveva aprire un ristorante rom, al quale avevano dato nome Romani kafenava, ma nel quartiere di Magdalena non sono d'accordo sul fatto che il
ristorante sia al numero 34 di via Gornega, dove prima si trovava la pizzeria
Chu-Chu. Per questo il sindaco Andrej Fishtravec non ha firmato il contratto
d'affitto.
Per il ristorante, nel quale cuoche rom avrebbero preparato piatti tipici della
tradizione rom e nel quale avrebbero lavorato camerieri rom, sono stati spesi
300.000 euro. Il progetto è finanziato all'85% dall'Unione Europea e per il
restante 15% dal Ministero per il Lavoro, la Famiglia e gli Affari Sociali.
Il capo del progetto Shtefan Simonchich ha chiarito che è stato confiscato
un'ora e mezza prima della firma del contratto, seppure il locale fosse vuoto da
più di un anno. Una delle ragioni per aprirlo nella zona è la vicinanza con
centro intergenerazionale. "Abbiamo buoni rapporti con tutte le organizzazioni
che lavorano nei dintorni" dichiara Simonchich. "Il ristorante rom
collaborerebbe con un centro intergenerazionale e con gli altri attori. In quella
zona vi sono più di 1000 metri quadri di superficie e quindi c'è posto per
tutti. Sarebbe utile a tutti che vi siano più attività cosicché vi siano più
clienti anche per gli altri." ragiona Simonchich che non si sa spiegare come il
quartiere di Magdalena abbia bloccato l'apertura del ristorante rom.
Nel piatto
Potrebbe derivare dal fatto che, in quel quartiere, gli abitanti di un
condominio abbiano dato la colpa ai rom per problemi condominiali. "Spero che il
sindaco ci ripensi, dato che ha un dottorato in sociologia e perciò sono certo
che capisca quando sia difficile includere le minoranze in alcuni quartieri e
che quindi permetta l'apertura del ristorante rom in quel locale." dice Simonchich che aggiunge come esso sia uno dei passaggi che potrà facilitare
l'inclusione dei rom. Il ristorante rom porterà loro speranze di assunzione dato
che a Maribor si è già alla seconda generazione di rom disoccupati. "In città
nemmeno gli sloveni trovano lavoro, figuriamoci i rom."
Il desiderio del ristorante, secondo le parole di Simonchich, è di aprire il
prima possibile in modo tale che i rom ottengano al più presto un lavoro.
L'ultima scadenza è a febbraio 2014 perciò dovrebbero già cominciare a
risistemare il posto e la rete elettrica. "Se non ci daranno quel locale ne
dovemmo trovare un altro sempre a Maribor poiché dobbiamo portare a termine il
progetto. Se il ristorante non sarà aperto entro il 1 febbraio dovremmo ridare
indietro il denaro. Se questo progetto, unico in territorio sloveno, non verrà
portato a termine sarà evidente il loro odio nei confronti dei rom." dichiara Simonchich.
Il sindaco Fishtravec propone la ricerca di una locazione alternativa, cosa che
non piace ai coordinatori del progetto. "Da quando sono iniziati i problemi per
trovare un posto per il ristorante rom a Maribor sono aumentati i discorsi
contro i rom. Rimangono difficoltà tra gli abitanti rom e non-rom e arrendersi
porterebbe a aumentare i discorsi negativi. Le forbici e il nastro li ha in mano
il sindaco e perciò ancora una volta gli chiediamo di riconfermare il primo
locale scelto", afferma Simonchich.
Poiché il progetto ha titolo di cooperativa sociale hanno dovuto fare un
progetto ben sviluppato e evidenziare il numero di nuovi impieghi creati. Il
cibo sarà rom dei Balcani, del mediterraneo e turco. Vi saranno molte spezie.
"Sarà la cucina sana e saporita delle nostre mamme e delle nostre nonne" dice
Simonchich
"L'esperienza culinaria sarà arricchita da musica rom dal vivo e
aumenteremo le conoscenze della gente sulla cultura rom. Ci sarà anche la
possibilità di avere un bar. Il nostro obiettivo è di aumentare la vicinanza tra
la popolazione rom e non-rom grazie alla conoscenza del mondo rom e delle sue
tradizioni. Pensiamo che ciò possa arricchire la nostra città e richiamare
turisti, ci dispiace che alcuni non lo capiscano" dice Simonchich che, proprio
per questo, spera che le difficoltà vengano al più presto superate poiché il
progetto non porterebbe beneficio solo ai rom ma anche alla popolazione
maggioritaria.
Secondo il sindaco Fishtravec, se il quartiere di Magdalena vuole acquistare la
ex pizzeria Chu-chu e il relativo locale, il comune non darà loro le chiavi.
"Abbiamo chiarito con il comitato di quartiere che si possono vendere solo i
locali in cui il comitato svolge le sue attività. Il precedente sindaco ha dato
permessi non conformi alla legge anche se tali non si sono mai realizzati per
mancanza di un contratto d'affitto regolare" chiarisce Fishtravec e si augura
che le cose si sistemino. "Qui non si parla solo di xenofobia e di coabitazione
impossibile con altri gruppi etnici ma anche della realizzazione di un progetto
con fini politici positivi che spero di portare a termine a Maribor" afferma Fishtravec. Il motivo per una realizzazione impossibile per il comitato di
quartiere di Magdalena risiede nel fatto che esso è formato dai quadri dell'ex
sindaco.
Le rappresentazioni degli Zingari nella tradizione locale sono state espresse
attraverso storie che hanno le caratteristiche della leggenda o dei proverbi,
attraverso i quali le popolazioni contadine hanno elaborato l'immagine dell'
"altro", che non necessariamente doveva essere lo straniero, ma anche l'abitante
del villaggio vicino.
Emblematica è una leggenda esistente sulla nascita di Frontale:
"Riguardo all'origine dell'abitato di Frontale la tradizione orale parla di un
gruppo di nomadi che, in epoca imprecisata, stava risalendo la Valtellina per
recarsi verso il nord. Non potendo proseguire oltre la chiusa di Serravalle a
causa dell'ostilità della popolazione del bormiese, essi decisero di transitare
per la Val di Rezzalo per aggirare l'ostacolo, attraverso il Passo dell'Alpe e
il Gavia. Sopraggiunse l'inverno e la neve caduta in abbondanza impedì loro di
proseguire il viaggio. Si stanziarono così sul pianoro che domina la valle in
posizione soleggiata, attendendo l'arrivo della bella stagione.
Quando la primavera coprì i prati di fiori e le giornate si fecero più lunghe e
calde, i nomadi pensarono che non avrebbero potuto trovare altrove un luogo così
bello e decisero dunque di stabilire lì, per sempre, la loro residenza.
Il soprannome scherzoso che i sondalini usano per i indicare gli abitanti di
Frontale è sc'troelech che, tradotto, significa "nomade"." 1
Un tempo, al bambino curioso di Frontale desideroso di sapere com'era venuto al
mondo, gli adulti rispondevano di averlo trovato perché era stato abbandonato
dagli Zingari!
Come mi è stato suggerito da Gabriele Antonioli, Zìnghen è anche il soprannome
degli abitanti di Le Prese, tuttavia non se ne conosce il motivo.
A Sondalo era diffuso un proverbio riguardante gli abitanti di Grosotto,
ritenuti poco ospitali, in cui si diceva : a Grosót al se férma gnènca i zìnghen.
Il termine "Zingaro" viene attribuito all'"altro" e utilizzato come un aggettivo
dispregiativo, ad indicare le caratteristiche negative di chi non fa parte della
comunità; richiama la sfera della diversità, è "l'altro" per eccellenza ed è
considerato un personaggio socialmente pericoloso, per la sua vita
caratterizzata dal vagabondare, soprattutto in una realtà contadina come quella
valtellinese.
Nelle inchieste napoleoniche condotte in tutto il regno italico nel 1811, nel
paragrafo riguardante i pregiudizi e le credenze diffusi nei territori del
"Dipartimento dell'Adda", Giovanni Tassoni riporta una certa attitudine degli
abitanti della Valtellina alla superstizione e a credere nella fattucchieria.
Si legge: "Diversi sono i pregiudizi, e varie le superstizioni [che] tormentano
ed avviliscono lo spirito di queste popolazioni. Dipendono in gran parte dalla
natura del paese che abitano. Lo spettacolo della natura fra i monti,
particolarmente nella notte ha sempre qualche cosa di grande e di terribile,
capace a scuotere non solo le menti de' deboli e degli ignoranti, ma pur anche
talora quelle degli uomini colti ed illuminati. (…) Di qui nasce che
generalmente si crede ai fattucchieri, alla malignità ed invidia, de' quali
vengono attribuiti i fascini, le malattie e le disgrazie d'ogni genere. Anche i
saltimbanchi, i ballerini da corda e qualunque giocolare vengono annoverati
nella classe degli stregoni, e se il loro arrivo venisse accompagnato da qualche
meteora, si vedrebbero esposti in qualche luogo a gravi dispiaceri." 2
Nel testo, come vediamo, non vengono citati esplicitamente gli Zingari, ma le
figure a cui si fa riferimento evocano gli stessi: è infatti probabile che i
saltimbanchi di cui parla il Tassoni fossero proprio loro. Si legge che essi
erano considerati alla pari di stregoni ed era credenza che, se il loro
passaggio fosse avvenuto in concomitanza di eventi atmosferici rari avrebbe
portato disagi e sarebbe stato segnale di un brutto presagio.
In un altro documento, citato da Remo Bracchi ne: Nomi e volti della paura nelle
valli dell'Adda e della Mera, come Anonimo foglio manoscritto bormino3, è
presente una descrizione degli Zingari che richiama la sfera del mito più che
quella della realtà.
Tale documento è stato fatto risalire ai primi anni del XIX secolo o alla fine
del precedente e di provenienza dalla zona di Valfurva.
Il contenuto non fa pensare ad un documento istituzionale, bensì ad uno scritto
personale, ad una sorta di diario delle "memorie", in cui l'autore scrive con
l'intento di tramandare ai posteri alcuni insegnamenti.
Sugli Zingari si legge così: "Gli zingari non ponno stare più di tre giorni per
ogni paese, per maledizione della Vergine da essi mal accettata in Egitto. Loro
si permetta di applicare il fuoco alle paglie che non si accendono. Lontani però
da loro i soldi, che qual calamita li attraggono. Del resto acontentali e fuge a
facie eorum quasi di stregoni."4
Anche qui ritroviamo l'accostamento fra Zingari e il mondo della stregoneria "e fuge a facie eorum quasi di stregoni": "e fuggì da loro come se si trattasse di
stregoni".
Attorno alla valle chiamata li Valmani d'Aprica vi sono delle credenze in cui la
figura della zingara coincide con quella della strega: "I più anziani hanno
sentito parlare, nella loro lontana giovinezza della dòna dal gioech, una strega
che scorrazzava nella valle, apparendo e scomparendo improvvisamente. Inoltre i
vicini abitanti di Corteno, per indicare la stessa valle oltre il loro crinale,
la definivano al Canàl de la zìnghena, ossia "il canale della zingara", in
pratica un sinonimo di strega."5 È da notare come in quest'ultimo caso il
termine zingara richiami la sfera dell'alterità: infatti gli abitanti di Corteno
collegano, alla figura della zingara, la zona della valle al dì là del loro
crinale.
"L'equazione fra ‘zingara' e ‘strega', attraverso l'accezione di ‘vagabonda' si
coglie ancora nella voce ogolina sc'trigòza ‘ragazza leggera, da poco, (Rini,64),
tart. Strigòz (z) a ‘ragazza, donna leggera, sventata, scriteriata, che suscita
pettegolezzi sulla sua condotta' (DVT, 1209)."
"A Livigno ‘il vento che soffia dal Passo del Foscagno (da sud) verso Trepalle,
e porta pioggia' viene stigmatizzato come la zìngana, ossia ‘la zingara'.
(Emanuele Mambretti). Nel suo capriccioso manifestarsi gli alpigiani
sospettavano sempre qualcosa di cupamente disordinato."6
Ne La nascita e l'infanzia, il primo volume de Il ciclo della vita di Marcello
Canclini7, dove viene riportata una raccolta di tradizioni popolari dell'Alta
Valle, troviamo radicato il noto stereotipo che rappresenta gli Zingari e gli
ambulanti in generale come rapitori di bambini: " Radicato nei fanciulli era
anche il timore nei confronti degli zingari, i sc'plèngher, o degli ambulanti in
genere, che già a partire dalla più tenera infanzia erano descritti dai genitori
come rapitori di bambini. Il nome deriva quasi certamente dal termine
professionale tedesco Spengler, lattoniere ambulante. A Piatta, in modo
parallelo, era al magnàn, lo stagnino, l'uomo nero che rapiva i piccoli
capricciosi. Quando il 19 giugno, festa di San Gervasio e Protasio, patroni di
Bormio, ci si recava alla fiera, si insegnava ai ragazzi a stare ben aggrappati
ai calzoni del papà o alla gonna della mamma, perché c'erano i sc'tròlich che i portàen ìa i bagón e i bagonìn, gli zingari che rapivano piccolini e grandicelli
senza troppe distinzioni. Ne La leggenda della zingara del Sass de Scegn,
trascritta dal professore Alfredo Martinelli, si narra che la zingara più
vecchia del gruppo venne buttata, dagli altri componenti, in un dirupo formato
dal Sass de Scegn ad Isolaccia e prima di morire lanciò loro una maledizione.
Appena la zingara cadde, dove scorre il torrente Viola, si aprì una fenditura
che inghiottì gli altri Zingari e li buttò nel fondo.
Secondo l'autore, da quel momento, il luogo divenne impenetrabile per gli
abitanti, perché ancora frequentato dagli spiriti degli Zingari che, nelle notti
di luna piena, si aggirano minacciosi e con intenti malvagi.
In Valtellina, soprattutto nella zona dell'Alta Valle, vediamo come, nonostante
la bassa frequenza di passaggi di Zingari documentata, siano presenti delle
cristallizzazioni, degli stereotipi fissi che connotano tali figure. Lo zingaro
richiama la sfera del magico: "Sospeso tra terrore e poesia (…) è un' immagine
piuttosto che un uomo concreto". 8
(x) (Estratto dalla tesi di laurea "Da Egiziani a banditi. Il transito degli
Zingari in Valtellina nell'Età moderna" premiata al concorso in ricordo di Lisa
Garbellini con la seguente motivazione: "La tesi della dott.ssa Rossi è un
lavoro originale, che affronta una tematica insolita ma stimolante: la presenza
di popolazioni zingare in Valtellina tra 16esimo e 18esimo secolo, attraverso
una capillare rassegna bibliografica e un notevole lavoro di archivio. Il
lettore viene accompagnato in un immaginario viaggio tra i secoli attraverso le
differenti modalità di comportamento delle istituzioni nei confronti delle
comunità zingare di passaggio sul nostro territorio".
Di Fabrizio (del 12/11/2013 @ 09:01:34, in lavoro, visitato 1571 volte)
Monta la protesta tra gli zingari che vogliono manifestare a Venezia - di
Cristina Giacomuzzo
VICENZA. La burocrazia rende la vita difficile non solo agli artigiani e
imprenditori, ma anche agli zingari. Sono tempi duri per chi, nomade, si arrabbatta rivendendo il ferro vecchio. Sì
perché da almeno due settimane i gestori degli impianti di recupero hanno
bloccato tutto: non accettano più nulla, in attesa di una interpretazione della
norma che rientra nel sistema della rintracciabilità dei rifiuti (Sistri). E
intanto anche alla Caritas di Vicenza c'è preoccupazione perché il termometro
sale. E c'è chi denuncia tutta la sua disperazione. E' Cristian Argentini, 39 anni, zingaro che abita
nell'hinterland: "Questa era l'unica certezza economica che avevo per assicurare
qualcosa da mangiare ai miei quattro figli in modo legale. Cosa devo fare? E'
così che ci costringono a rubare".
IL QUADRO. Argentini è uno dei circa seicento nomadi che abita ormai stabilmente
nel Vicentino. "Il 98 per cento di questi - assicurano dalla Caritas - vive di
questo tipo di lavoro". Un tipo di attività che aveva già ricevuto un primo giro
di vite quando si era imposto l'iscrizione alla Camera di commercio, proprio
come un qualsiasi ambulante. Adesso però si complica perché pare che gli
ambulanti del ferro debbano provvedere alla compilazione di specifici formulari
e un'altra lunga serie di incombenze burocratiche. Conferma Argentini: "Vendere
il ferro vecchio rappresenta per me, come per tanti altri zingari, l'unica
entrata economica. Io non chiedo la carità - dice - ma almeno mi sia dia la
possibilità di lavorare. Ora per continuare a fare questo mestiere, mi si
chiedono 9 mila euro di deposito per il mezzo che deve avere determinate
caratteristiche per il trasporto del materiale. Ma come faccio?".
IL TAVOLO. Il nodo sta venendo al pettine in tutta la sua complessità. In
Caritas a Vicenza da settimane si raccolgono le testimonianze di sinti vicentini
che si ritrovano chiuse le porte del gestore dell'impianto che non accetta più
il loro ferro. Per questo i volontari avevano tentato di affrontare il problema
direttamente con il gestore, ma hanno capito che è questione di legge.
Di Fabrizio (del 11/11/2013 @ 09:05:08, in casa, visitato 1643 volte)
La Gazzetta di Modena
di Serena Arbizzi - Duecento persone protestano in consiglio comunale e pure i sinti rifiutano: "Un
ghetto". Rese note le cifre dell'assistenza
nomadi
"Cortile non è il posto dove nascondere i problemi di Carpi" e, ancora, "Prima
il confronto poi la delibera", "Sì al superamento del campo, no a nuovi ghetti".
Al suono di questi slogan, scritti sugli striscioni e ripetuti da oltre duecento
cittadini che ieri sera hanno "invaso" palazzo Scacchetti in occasione del
consiglio comunale, il più affollato dell'intera legislatura, in cui sono stati
dibattuti quattro ordini del giorno, due interrogazioni e altrettante mozioni
sull'infuocato argomento del trasloco del campo nomadi a Cortile. In
particolare, l'ordine del giorno Pdl "ritiene illegittima quella parte
dell'Ordinanza del Sindaco che dispone l'utilizzo di un terreno privato con
opere di urbanizzazione pubbliche" e ha sottolineato che già Emergency il 28
agosto 2012 aveva evidenziato condizioni disastrose in via Nuova Ponente.
Paradossalmente, ieri sera, le ragioni dei nomadi, presenti anch'essi con una
delegazione di dieci sinti, combaciavano con quelle dei comitati: "Noi non
vogliamo andare a Cortile, vogliamo le microaree - ha detto il gruppo che verrà
trasferito all'ex scuola - così veniamo ghettizzati. Noi lavoriamo, commerciamo
nel ferro, facciamo le pulizie... anche se la gente non si fida di noi".
In principio di seduta sono poi volate parole grosse tra il presidente del
consiglio Giovanni Taurasi e Antonio Russo perché la diretta prevista nella sala
vicina alla discussione era stata annullata.
L'assessore Alberto Bellelli ha invitato le opposizioni a proporre alternative,
dopo avere passato in rassegna gli interventi dell'Ausl nella storia del campo,
ma non "le microaree: non le reputo una soluzione, laddove sono state costruite
hanno moltiplicato problemi esistenti. Il centro di prima accoglienza di Cortile
era quello che poteva essere recuperato nei tempi più ragionevoli. Ho chiesto
agli uffici delle politiche sociali cosa significherebbe una chiusura del campo
in termini di spesa per l'accesso diretto ai servizi: 11 madri con 11 figli,
costerebbero fino a 99mila euro al mese, 16 minori da 7 a 16 anni, le rette
arrivano a oltre a 130 euro, fino a 69.400 euro al mese. Gli anziani non
autosufficienti costerebbero 780 euro al mese".
Applaudito l'intervento del consigliere Cristian Rostovi, che ha parlato di
"balle" dette dal Comune: "Per fortuna che si tratta della decisione dei tempi
più brevi: ci avete messo 25 anni... Quanto ai costi a carico delle politiche
sociali: sembra che li abbiate tenuti in quelle condizioni perché vi costavano
meno...".
I cittadini - che hanno già raccolto con la petizione 2.000 firme contrarie - si
sono scaldati anche sulle cifre spese dal Comune per i nomadi, 870mila euro,
enunciate da Russo.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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