Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 23/07/2008 @ 11:36:42, in Italia, visitato 2046 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 22 luglio2008 NOMADI/PESARO: AL SAN SALVATORE MEDICI RIFIUTANO CURE A
DONNA ROM MALATA DI CANCRO CEREBRALE PERCHE’ SENZA DIMORA
GRUPPO EVERYONE CHIEDE L’INTERVENTO DEL MINISTRO DELLA SALUTE SACCONI
Questa mattina Mia Copalea, romena di etnia Rom, si è recata con il figlio
Ionitz Ciuraru presso l’Ospedale San Salvatore di Pesaro per richiedere una
visita medica urgente e un eventuale ricovero in seguito a fortissimi dolori
alla testa che da giorni la tormentano, dovuti a un cancro al seno con metastasi
cerebrale. Mia ha subito un delicato intervento alla testa a Milano qualche mese
fa, prima di trasferirsi a Pesaro con la famiglia, dove non ha trovato altra
sistemazione che un edificio abbandonato. Il Gruppo EveryOne, che assiste la
donna e i familiari da alcuni mesi, e sta cercando di mettere a punto, in
concerto con le istituzioni locali, un programma di inserimento del nucleo
familiare con la collaborazione del sindaco Ceriscioli Luca e di Opera Nomadi
Pesaro, aveva contattato il professor Antinori, primario di pronto soccorso del
San Salvatore, che si era premurato di far prendere in cura immediatamente la
donna, vista la gravità della sua situazione. Mia Copalea, recatasi al
distaccamento oncologico presso la dottoressa Baldelli, cui la donna era stata
affidata, si è vista chiudere le porte in faccia dal distaccamento ospedaliero
perché priva di una residenza. "Pur avendo i nostri documenti romeni, hanno
impedito il ricovero di mia madre perché qui a Pesaro non ha una casa presso cui
prendere la residenza. Si sono rifiutati di farci anche una semplice ricetta
medica per prescriverle le medicine più urgenti che le servono per combattere il
cancro e il mal di testa" ha spiegato al Gruppo EveryOne il figlio Ionitc. "Le
hanno detto, in alternativa" ha continuato "che per poter avere una visita
oncologica deve spendere non meno di 3-400 euro".
"Questa è una delle tante battaglie per cui ogni giorno ci troviamo a doverci
scontrare con aziende sanitarie, autorità di forza pubblica e istituzioni
locali" commentano i leader di EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario
Picciau. "Questa mattina all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze abbiamo
dovuto minacciare un’azione giudiziaria europea perché una giovane donna rom
venisse dimessa assieme alla sua bambina appena nata, proprio perché l’azienda
sanitaria, i medici e gli operatori sanitari si rifiutavano di lasciare la
bambina in consegna alla madre a causa dell’impossibilità di quest’ultima di
avere una fissa dimora in Italia. Ciò che sta avvenendo nel nostro Paese"
continuano gli attivisti "è sintomo di una completa ignoranza delle norme
europee che tutelano i cittadini comunitari e in particolare il popolo Rom,
anche dal punto di vista socio-sanitario. Quanto poi al caso di Mia, ricordiamo
che il giuramento di Ippocrate impone la cura di un individuo a ogni medico,
indipendentemente dalla sua condizione personale e sociale".
Il Gruppo EveryOne si appella al ministro della Salute Maurizio Sacconi
affinché intervenga nell’immediato presso il distaccamento oncologico del San
Salvatore di Pesaro per far sì che Mia Copalea possa essere accolta al più
presto nella struttura ospedaliera, beneficiando di tutte le cure necessarie,
come ogni altro essere umano. "Mia sta male" concludono Malini, Pegoraro e
Picciau "e ci auguriamo che almeno il Ministro possa avere compassione di quanto
di terribile sta colpendo questa famiglia, come moltissime altre nel nostro
Paese che non hanno la possibilità di un alloggio e di un lavoro a causa della
discriminazione".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527 – (+ 39) 331-3585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 23/07/2008 @ 00:47:41, in Italia, visitato 1692 volte)
Ricevo da
Union Romani
DIO MIO, DOVE ANDREMO A FINIRE?
21.07.2008 / Quando ricevetti la notizia pensai che stavo sognando, che ero
vittima di un terribile incubo. Non poteva essere vero quello che ci comunicava
Roberto Malini,del Gruppo EveryOne, organizzazione italiana dedita alla difesa
dei diritti umani e culturali come alla cooperazione internazionale.
Due bambine gitane, di 11 e 12 anni, sono annegate nella spiaggia di
Torregaveta, Napoli, nel modo più strano. Le bambine giravano per la spiaggia
vendendo calamite e improvvisamente - cosa strana! - han deciso di fare il
bagno. I loro corpi sono rimasti sulla spiaggia completamente vestiti. Però le
bambine non erano sole. In verità erano in quattro. Le altre due, più
piccole delle affogate, che sono sopravissute, sono state trattenute dalle
autorità. Non possiamo fare a meno di chiederci: Perché non le ridanno ai loro
genitori? Perché nessuno da una spiegazione credibile di cosa sia veramente
successo?
Però tutto questo, anche se così grave, non è il più terribile. Questa
mattina, quando María, la mia giovane aiutante avvocata, è entrata nel mio
ufficio, dopo aver conosciuto la notizia, mi ha detto:
- Ma hai visto le fotografie che pubblica il Gruppo EveryOne nella sua
pagina web?
Immaginai il peggio. In realtà lo stavo leggendo nel viso di María. Entrai
nel sito annunciato e anche se mi costa fatica accettare che l'essere umano sia
arrivato a tale grado di insensibilità, di durezza di animo, di disprezzo della
condizione umana, che avesse potuto comportarsi come quelli che stavano accanto
ai cadaveri delle povere bambine gitane.
Me lo ha confermato Roberto Malini, leader ed attivista seriamente impegnato
nella causa della difesa dei gitani. Violeta e Cristina, che sono i nomi delle
due bambine, sono morte affogate. Permettetemi di trascrivere le sue parole
(in italiano nel testo ndr) per non togliere forza alla sua denuncia: "Dopo
la tragedia, la sorprendente reazione di una parte della spiaggia: i bagnanti
hanno continuato a pranzare e a prendere il sole, come se nulla fosse successo.
“Abbiamo recuperato quei corpi tra l´indifferenza generale”, dice sdegnato
Pasquale Desiato, l´autista del 118."
Terribile incredibile. Le povere gitane morte sulla spiaggia e la gente che
prende il sole a lato, a pochissimi metri. La gente ha continuato a fare il
bagno, bevendo e mangiando vicino ai corpi delle sfortunate bimbe. E quando sono
arrivate le pompe funebri per mettere i corpicini nelle bare, i bagnanti non
hanno cambiato atteggiamento. Hanno continuato a prendere il sole,
coraggiosamente, mentre la terribile scena aveva luogo davanti le loro stesse
narici bruciate dal sole e dai loro corpi seminudi sulle amache e sulla sabbia.
(vedi anche questo
mini-video ndr)
Dio mio. Cosa sta succedendo qui? Le povere bambine uscirono dall'acqua
vestite. I loro corpi sono rimasti sulla sabbia, coperte parzialmente, durante
più di due ore, "davanti all'indifferenza generale" come ha detto il
soccorritore.
Non mi restano parole per manifestare il mio dolore. Voglio soltanto elevare
al cielo una preghiera secondo il messaggio di una canzone popolare "Chiedo
solamente a Dio che il dolore non mi sia indifferente. Chiedo solamente a Dio
che l'ingiustizia non mi sia indifferente. Chiedo solamente a Dio che il futuro
non mi sia indifferente."
Juan de Dios Ramírez-Heredia
Presidente de Unión Romaní.
Se volete vedere le tristi fotografie di cui parliamo, questo è il
link
UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL:
http://www.unionromani.org/index_es
Di Fabrizio (del 18/07/2008 @ 08:55:24, in Italia, visitato 3680 volte)
Da
Mundo_Gitano
INTERNACIONAL
RAPPORTO: L'Italia non è per i gitani
"Cara Europa..."
La bambina rumena
Rebecca Covaciu resiste ad una vita di persecuzione e miseria.
Un viaggio di tristezza da Arad a Milano, Ávila, Napoli ed ora Potenza
MIGUEL MORA - Potenza - 13/07/2008
Tutta la famiglia Covaciu, con Rebecca - CARLES RIBAS
Con i suoi 12 anni, Rebecca Covaciu - occhi grandi, denti bianchi, sorriso
splendido - ha vissuto e visto così tante cose, che potrebbe scrivere, se
scrivesse, un buon libro di memorie. Rebecca è rumena di etnia romaní, ed ha
passato metà della sua vita per strada. Ha dormito in un furgone, in una
capanna, per terra. Alcuni giorni ha mendicato con i suoi genitori in Spagna ed
Italia. Altri giorni ha visto distruggere la sua baracca, è stata aggredita
dalla polizia italiana, ha ascoltato sotto una coperta quando suo padre era
picchiato per difenderla, ha visto bambini morire perché non avevano medicine,
ha conosciuto la paura dei gitani che fuggivano da Ponticelli (Napoli) quando
l'accampamento fu incendiato. Però Rebecca ha resistito. Ed ha commosso l'Italia
con la sua storia. Una lettera in cui riassume il suo sogno: andare al collegio
e che i suoi genitori abbiano un lavoro.
Con la su semplice lettera, intitolata "Cara Europa", ed una serie di
disegni, I ratti e le stelle, innocenti e precari, però speciali come
lei, ha dimostrato il suo talento. Rebecca, al posto di deprimersi con questa
"vita di tristezza", ha gridato al mondo la sua storia dickensiana in prima
persona, convertendola in un appello di giustizia e speranza. Ai suoi sogni
privati di andare al collegio e che i suoi genitori abbiano un lavoro "per no
chiedere l'elemosina", ne aggiunge un altro più grande: "che l'Europa aiuti i
bambini che vivono per strada".
Ora , Rebecca è contenta. Da alcuni giorni vive, sogna e disegna in una
piccola casa in campagna, situata vicino ad un paese della Basilicata, una
regione montagnosa ed agricola, a 250 km. a sud di Napoli.
Cade la sera e la luce dell'antica Lucana romana è uno spettacolo. Rebecca e
suo padre, Stelian, ricevono sorridenti sulla porta, sua madre Georgina prepara
un caffè turco ed un dolce, e poi la bambina trae i disegni dalla sua cartella e
li mostra. Lentamente, con orgoglio ma senza presunzione: "Degli alberi di
colore, un angelo, una spiaggia italiana, dei bambini che fanno il bagno, un
principe ed una principessa, una coppia di sposi (pure italiani), due farfalle,
un mazzo di fiori, un collier di Versace, frutta, ancora frutta..."
Rebecca Covaciu, una bambina rumena di 12 anni ed etnia romaní -
CARLES RIBAS
Rebecca partì dalla sua città, Siria jud Arad, vicino a Timisoara, circa
cinque anni fa, ora parla rumeno, romaní, italiano ed un poco di spagnolo. "Lo
imparai ad Ávila quando vivevamo in Spagna, spiega in italiano: "Non avevamo
casa e dormivamo nel furgone. Lì feci la terza elementare, mi ricordo molto
dell'insegnante. Mi voleva molto bene, le piacevano i miei disegni".
La bambina è il capo della famiglia. E gran parte del suo futuro. A parte il
suo talento per la pittura, riconosciuto il maggio scorso dall'Unicef quando
ricevette a Genova il Premio Arte ed Intercultura Café Shakerato, Rebecca è
dolce, educata e giudiziosa. Mentre parla a ruota libera, come un libro aperto,
i suoi genitori, Stelian, di 43 anni, ex contadino e pastore evangelico, e
Georgina, 37 anni, i suoi fratelli Samuel (17), Manuel (14) y Abel (9), e la
moglie di Samuel, Lazania, incinta di 16 anni, la mirano con un misto di
sorpresa e riverenza, come se fosse un'estranea. In un certo modo lo è.
I Covaciu arrivarono qui di notte. Venivano in treno, un lungo viaggio da
Milano. Giorni prima, alcuni poliziotti
avevano colpito Stelian con dei bastoni. "Mi minacciarono di tornare se li
denunciavo", ricorda. Lo fece, e dovette fuggire.
Ora, mentre prova a superare il panico ed il dolore dei colpi, Stelian, un
uomo che quando parla sembra sul punto di piangere, si dichiara "felice, grazie
a Dio e a questi signori italiani tanto generosi che ci hanno lasciato la loro
casa".
Si riferisce a G. e A., una coppia di media età che risiede a Potenza, il
capoluogo di provincia. "Conosciamo la storia di Rebecca da Internet, e dalla
notte al giorno abbiamo deciso di offrirle rifugio in questa casa che non
usiamo", spiegano. In cambio , una firma di un contratto di affitto gratuito per
un anno. G. e A. preferiscono non essere identificati. "Non vogliamo convertirci
in un prototipo mediatico della famiglia italiana solidale". Però il loro
altruismo ha restituito il sorriso alla prole di Stelian.
La famiglia da cinque anni non dormiva sotto un tetto vero. "A Siria jud Arad
avevamo casa, ma non avevamo pane", spiega Rebecca, "e mangiavamo con
l'elemosina dei vicini. Invece, a Milano i miei genitori non trovavano lavoro",
continua senza drammi, "ed anche lì dovevamo chiedere. Non potevamo andare a
scuola perché non avevamo casa. Però ora mi han detto che potremo andarci".
Per poter accedere alla scuola, i Covaciu devono dimostrare un domicilio
fisso ed essere registrati nel censimento municipale. Precisamente questa è una
delle ragioni che ha invocato il Governo italiano per elaborare il polemico
censimento della comunità romaní. Dei 140.000 gitani che vivono nel paese, la
metà sono italiani e quasi un terzo sono rumeni. Ed il 50% sono minori. Molti di
loro sono senza scolarizzazione.
Come altri compatrioti e fratelli di etnia, i Covaciu attraversarono col loro
furgone l'Ungheria e l'Austria per arrivare a Milano compiendo il rito dell'effetto
chiamata. Dopo alcuni mesi cercando fortuna, senza successo, decisero di
tentare con la Spagna. "Un amico che viveva ad Ávila ci disse che aveva la casa,
i documenti ed il lavoro, però arrivammo tardi. Mandammo i bambini a
scuola, però non trovavamo lavoro. Così andammo a Torrelavega, ci stemmo due
mesi. Tornammo a Milano".
Georgina parla italiano, qualcosa di spagnolo ed un poco di francese. Ha
vissuto anche in Germania. "Fu nel 1990, Samuel nacque lì. Stavamo bene, però
dopo due anni nn ci pagarono il sussidio e ci mandarono in Romania. Anche se si
definisce "metà rom e metà no", ha dieci denti d'oro."Costano solo 10 € l'uno!"
si difende ridendo. "Ce li ha messi un medico di Siria di passaggio a Milano, ora sono di
moda in Romania. L'unica che non vuole metterseli è Rebecca."
Al principio, a Milano, tutto andava più o meno bene, ricorda la ragazza: "Ci
costruimmo una capanna con cartone e plastica sotto un ponte del Giambellino".
Era un piccolo insediamento illegale dove vivevano altre cinque famiglie di
Timisoara. "Per mangiare, chiedevamo al mercato degli antiquari. Solo un paio
d'ore, perché i bimbi potessero mangiare", assicura la madre abbassando gli
occhi. Come si vede in uno dei disegni di Rebecca, anche lei ha mendicato un
"triste giorno"; suo fratello Manuel, che chiamano Ioni, suonava la fisarmonica.
Un anno fa, Roberto Malini, un dirigente di EveryOne, una giovane OnG per i
diritti umani che segue circa 60 famiglie di origine gitana a Milano, incrociò
la vita dei Covaciu. "Vidi un gruppo di gente che insultava un bambino gitano
molto magro che li guardava terrorizzato mentre teneva in braccio un cane." Era
Abel, il piccolino. "Lo accusavano di aver rubato il cane e volevano linciarlo.
Tentammo di riportare la calma, e nel mentre arrivò sua madre con i documenti
del cane. Lo avevano portato seco dalla Romania".
EveryOne si fece carico delle necessità basiche dei Covaciu quando iniziavano
a capire che una parte del paese andava stancandosi dei gitani. "Noi abbiamo
paura della polizia e facciamo paura agli italiani. E' così", dice Georgina.
Secondo l'ultimo
Eurobarometro sulla discriminazione, gli italiani sono gli europei che,
assieme ai cechi, si sentono più a disagio con i gitani. Un 47% degli
intervistati in Italia afferma di non volere un romaní come vicino. La
sensazione cresce in Europa, anche se la media di intolleranza nella UE dei 27 è
la metà: un 24%.
La paura s'è installata in molta gente per lo meno da otto anni. Già nel
2000, prima delle ultime elezioni vinte da Silvio Berlusconi, la Lega Nord
dell'attuale ministro degli Interni, Roberto Maroni, lanciò una furibonda
campagna contro i romaní usando gli slogan uditi tante volte da quando nell'anno
1400 i gitani arrivarono in Occidente: violano ed assassinano le nostre donne,
rapiscono i nostri bambini, rubano nelle case, non vogliono lavorare ne andare a
scuola.
La litania non includeva dati che aiutassero a completare la fotografia. La
speranza di vita dei gitani che vivono in Italia è di 35 anni. L'indice di
mortalità infantile è 10 volte più alto di quelli dei bambini non gitani.
L'ultimo rapimento di un bimbo per mano di un gitano fu registrato in Italia nel
1899.
"Scese la strategia dell'odio e diede molti voti alla Lega ed alla destra",
ricorda Malini. "I gitani passarono dall'essere una molestia a
convertirsi nel centro dell'emergenza sicuritaria. Ora, la consegna
ufficiale è salvare i bimbi gitani dai ratti e dallo sfruttamento dei loro
genitori. Per conseguire questo obiettivo tanto lodevole vale tutto: che la
polizia li accusi, applicare ordinanze discriminatorie come quella delle
impronte digitali, incluso sottrarre bambini alle famiglie accusandoli di
mendicità o furto per portarli al Tribunale dei Minori. Abbiamo denunciato al
Parlamento Europeo vari casi a Napoli, Rimini e Firenze. Chi ruba i bambini a
chi?".
Un'altra opzione consiste nel demolire le baracche illegali e invitare gli
abitanti a tornare nel loro paese. Il 24 aprile, il governatore della Lombardia
inviò le scavatrici nel quartiere milanese del Giambellino con un gruppo di
polizia anti sommossa. Il mini accampamento dove vivevano i Covaciu fu reso
sgombero in un minuto. "Fu un'evacuazione brutale", ricorda Malini. "Li
obbligarono ad uscire dalle baracche e li posero in fila a contemplare la
distruzione". Rebecca: "Ci dissero che non potevamo raccogliere le nostre cose
perché con il nuovo Governo non potevamo restare in Italia". I Covaciu e altre
cinque famiglie persero tutto. "Restammo alcuni giorni dormendo nella Casa della
Carità e Roberto ci mandò a Napoli", aggiunge.
Mentre il treno arrivava al sud, una turba organizzata dalla Camorra
attaccava e bruciava gli accampamenti di Ponticelli, dove vivevano 700 persone.
"Dormimmo in una scuola, c'erano molti rumeni", ricorda Rebecca. "Le donne
raccontavano di aver avuto molta paura. Si avvicinava gente alle finestre e ci
gridava: 'Fuori di qui, zingari, tornate al vostro paese!".
Nuovo ritorno a Milano, Rebecca continua a disegnare, il Governo annuncia le
misure di emergenza rifiutate questa stessa settimana dal Parlamento Europeo.
Oltre alle principesse e alle spiagge immaginate, la ragazza dipinge la sua vita
reale. Ritratti di emarginazione, la diaspora, la mendicità. EveryOne li
presenta al premio Unicef. Tra 150 candidati, Rebecca vince con I ratti e le stelle.
"Prima disegnai Roberto, mi disse che ero un artista. Ne feci un altro, lo mise
nella sua pagina web e mi diedero il premio e questa medaglia".
I media la convertono per un giorno nella "piccola Anna Frank del popolo
gitano". I suoi disegni viaggiano all'esposizione collettiva Psiche e catene,
inaugurata il Giorno dell'Olocausto a Napoli. E sono ricevuti come testimonianza
contro la segregazione razziale nel Museo di Arte Contemporanea di Hilo delle Hawai.
Dopola fama effimera, i Covaciu installano la loro tenda nella zona di San
Cristoforo. Una mattina, dieci giorni fa, arrivano degli uomini alla tenda e,
senza dire parola, iniziano a picchiare Ioni e Rebecca. Il padre tenta di
difenderli e anche lui le prende. L'OnG decide di raccontarlo alla stampa. Due
auto della polizia arrivano sul posto. "Erano gli stessi del giorno prima, ma
questa volta portavano l'uniforme", dice Rebecca. "Mi misi nella tenda è mi
coprii con la coperta, i poliziotti presero papà ed iniziarono a picchiarlo. Lo
sentivo gridare molto forte".
"Trauma cranico per aggressione". Questo dice il referto medico, che il
pastore evangelico ricevette al pronto soccorso. Lì lo visitarono altri
poliziotti. Il messaggio era chiaro: "Se denunci, torneremo". Covaciu decide di
denunciare. Questo suppone andarsene dalla città, allontanarsi, nascondersi. Qui
appare la coppia di Potenza. "Quando lo Stato maltratta così la gente, quel che
segue è che cresce la solidarietà", medita il signor G.
I Covaciu arrivarono di notte a questa preziosa zona d'Italia. A soli due km.
c'è un paese tranquillo, una scuola rurale ed un curato, don Michele. "La storia
dei Covaciu prova che non abbiamo una politica d'integrazione", spiega. "Tutto
dipende dal volontariato della gente. Come la Bibbia è una storia di
emigrazione, Dio non ha paura".
Rebecca si congeda regalando disegni a tutti.
- Che farai da grande?
- Voglio curare i bambini poveri e fare la pittrice.
- E credi che in Europa ci sia razzismo?
- Che significa razzismo?
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 22:54:10, in Italia, visitato 2852 volte)
Da
L'Unità
di Rachele Gonnelli - I riccioli biondi, gli occhialetti rettangolari un po' scesi sul naso,
italiano perfetto con accento "padano". Quando Eva Rizzin si presenta - "sono
sinta, piacere" - sindaci, assessori, giudici, assistenti sociali rimangono
generalmente a bocca aperta per qualche secondo. È l'antitesi del paradigma che
li vuole tutti "brutti, sporchi e ladri".
Trent'anni, laurea a Trieste in scienze politiche sul suo gruppo etnico - i
sinti di origine tedesca - , master in geopolitica, quattro mesi di stage al
Parlamento Europeo, lavora a Mantova all'osservatorio contro le discriminazioni
finanziato da Comune e Provincia. E fa parte del consiglio direttivo della
Federazione "Rom e Sinti Insieme", una nuova organizzazione che raggruppa 22
associazioni di diverse comunità di rom e sinti, appunto, che si pone il
problema di una nuova interlocuzione con le istituzioni, più fondata sulla
partecipazione e la rivendicazione dei diritti finora negati che sulla gestione,
un po' magmatica, dell'esistente. "Finora - spiega lei - in Italia non si sa
bene come siano stati impiegati i fondi, a parte per la bonifica dei campi, ma
tutti gli interventi che ci sono stati avevano comunque un approccio
assistenzialista. Lavorando a Bruxelles e avendo modo di confrontare realtà
diverse, dove l'integrazione funziona, è chiaro invece che a determinare
l'efficacia dei progetti è sempre la responsabilizzazione".
Responsabilità. Per molti il problema è quello della legalità.
"La nostra realtà è molto eterogenea. Ci sono i rom che sono arrivati in Italia
intorno al XIV secolo e sono italiani, con cognomi italiani, e votano, come il
nostro presidente Nazareno Guarnieri. E ci sono moltissimi che, arrivati bambini
durante la guerra nella ex Jugoslavia, vivono qui da decenni senza documenti,
senza permesso di soggiorno o asilo, senza neanche la possibilità di richiederlo
perché magari l'atto di nascita è andato perso o distrutto con gli archivi dei
paesi d'origine. Ci sono i sinti come quelli di Venezia - molti non vivono nei
campi ma hanno casomai il problema del mutuo da pagare - e gli ultimi arrivati,
dalla Romania o dal Kosovo.
È innegabile che ci sono anche ladri e persone che vivono nel sottobosco della
malavita. Anche in Italia non si può negare che ci siano mafiosi e camorristi.
Ma la responsabilità penale è personale, no? Non si può processare un intero
popolo. Enfatizzare solo il lato negativo, appiattire i giudizi senza
verificarli, generalizzando e cavalcando l'onda della paura e soprattutto di una
campagna xenofoba costruita ad arte per trovare un capro espiatorio di fronte
alle mancanze dello stato sociale, alla riduzione di servizi per tutti, come
hanno fatto i mass media più influenti in Italia, è istigazione all'odio. Non è
informazione o libertà di espressione, perché anche quella ha dei limiti e delle
regole".
Si dice che gli zingari non lavorano e non mandano i figli a scuola.
"Trovare un lavoro è difficile per un italiano, figuriamoci per noi. Ci sono dei
lavori tradizionali. Molti bosniaci, macedoni, serbi prima della guerra
lavoravano come giostrai, musicisti, nei mercati dell'usato, nell'edilizia,
anche nelle fabbriche. Ma è difficile riuscire a ricostruirsi una vita dignitosa
quando sei continuamente soggetto a sgomberi forzati o ti rinchiudono in un
campo nomadi. Anche l'accesso alla scuola - per noi fondamentale per migliorare
le condizioni di chi oggi vive nei campi - non è così facile quando parti da una
situazione di degrado. E poi spesso agli insegnanti basta togliere i bambini
dalla strada, contenerli, e non hanno strumenti culturali per insegnare loro
niente, così alla fine vengono solo umiliati e i genitori finiscono per non
mandarceli più. Recentemente, nel '99, sono state riconosciute in Italia 12
nuove minoranze linguistiche ma noi no. Noi chiediamo che venga approvata la
proposta di legge presentata il 2 luglio 2007. E il rispetto della Direttiva
europea 2043 che stabilisce parità di trattamento delle persone al di là della
loro appartenenza etnica".
l'assemblea della Federazione Rom e Sinti
Eppure per integrare i bambini nelle scuole sono stati fatti progetti,
stanziati fondi. Anche a livello europeo, no?
"Strumenti anche finanziari ci sono, nel Fondo sociale europeo. Il presidente
della Commissione Barroso lo ha ricordato. Il problema è la volontà politica e
il sostegno popolare necessario agli amministratori per implementarli. In
Europa, ma anche Toscana, con il progetto "città sottili" e la proposta di legge
sulle decisioni partecipate, che stabilisce percorsi di confronto e
partecipazione delle popolazioni locali, ci sono esempi di buona prassi. Certo
se si vuole mandare a scuola i bambini rom non si può cominciare con il
prendergli le impronte".
Ma adesso le prenderanno a tutti, nel 2010. Anche agli italiani.
"Sì, intanto però per prima cosa prendono le nostre, quelle dei bambini sinti e
rom. Hanno anche detto che non si trattava di una schedatura ma di un
censimento. E che lo facevano per noi, per aiutarci. Poi si sono resi conto di
aver esagerato, di essere sotto i riflettori dell'Europa, e hanno cercato di
correggere. Ma la sostanza di una politica discriminatoria e razzista non
cambia. A Napoli tre giorni fa dalla Prefettura fatto girare un questionario in
cui si doveva indicare l'appartenenza etnica e religiosa. Poi non ci si può
meravigliare se le popolazioni insorgono, danno fuoco ai campi".
Pubblicato il: 17.07.08
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 10:30:11, in Italia, visitato 1453 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Il governo non lo farà. Il ministero dell'Istruzione non lo farà. Ancora una
volta, dobbiamo farlo noi, avvalendoci, grazie a internet, dei media liberi, dei
portali e dei blog indipendenti, dei forum che si occupano di diritti umani.
Dobbiamo fare scuola, contro l'imbarbarimento morale e civile del nostro Paese.
E' necessario attivare programmi educativi che consentano alle nuove generazioni
di conoscere la Storia, la cultura, la vita del popolo Rom, opponendo la verità
alle calunnie discriminatorie portate avanti senza il minimo scrupolo da
politici, autorità e media. La deriva razzista coinvolge ormai i giovanissimi,
trascinati verso l'odio razziale dalla propaganda che leggono sui giornali e
ascoltano in tv. Tornano attuali testi deliranti come il saggio "L'uomo
delinquente" (1876) del razzista Cesare Lombroso, fondatore
dell'antropologia criminale e propugnatore di bieche teorie relative a legami
fra razza e crimine. Anticipando di sessant'anni gli scienziati della razza
fascisti e nazisti, Lombroso pose ipotesi pseudoscientifiche a fondamento
dell'odio razziale. Secondo lui, gli 'zingari' - "delinquenti antropologici" -
possedevano "tutti i vizi e le passioni: l'oziosità, l'ignavia, l'amore per
l'orgia, l'ira impetuosa, la ferocia e la vanità. Essi infatti assassinano
facilmente a scopo di lucro. Le loro donne sono più abili nel furto e vi
addestrano i loro bambini. (...) Hanno tendenze malvagie che ripetono la loro
origine da una organizzazione fisica, psicologica diversa da quella dell'uomo
normale". I movimenti razzisti italiani, che trovano esponenti, ormai, nelle più
alte cariche istituzionali, seguono metodicamente (e diffondono presso i loro
adepti) le teorie di Lombroso, finalizzate ad applicare all'interno dello Stato
italiano azioni di prevenzione e di purga atte a risolvere la "questione
zingara": arresti e condanne pretestuosi, sgomberi dagli insediamenti di
fortuna, deportazione, sottrazione di minori ai genitori (persino i neonati Rom,
ormai, vengono affidati, poche ore dopo il parto, a famiglie italiane o
comunità, perché i genitori non hanno una casa), operazioni punitive; tutto per
prevenire e combattere la riproduzione di un "popolo nato criminale". Evitando
di perseguire i gruppi organizzati di razzisti - e gli agenti violenti - che
attuano periodicamente azioni punitive nei confronti dei Rom, le Istituzioni
incoraggiano tali organizzazioni. Non a caso negli ultimi due anni si sono
verificati centinaia di casi di aggressione nei confronti di persone di etnia
Rom, con numerose vittime, ma nessuno degli autori di tali crimini è mai stato
identificato o punito. La censura attuata dai media, naturalmente, è un fattore
critico di successo per la campagna razzista in corso in Italia. Per rendersi
conto di quanto sia capillare il controllo delle Istituzioni sulla stampa
italiana è sufficiente analizzare quanto spazio sia stato dato alla divulgazione
della Risoluzione del Parlamento europeo sul censimento dei Rom in Italia,
approvata il 10 luglio 2008: brevi note di agenzia, rari commenti e publicazioni
di estratti del testo, nessun dibattito significativo, tanto che il popolo
italiano non è praticamente a conoscenza di un documento fondamentale nella
Storia dell'Unione europea. Al contrario, quotidiani, radio e televisioni hanno
offerto il massimo risalto ai commenti del ministro dell'Interno, del primo
ministro e di altri esponenti della destra al potere. E' una tattica che il
partito nazionalsocialista utilizzava spesso, quando le sue politiche ricevevano
critiche dall'esterno, per trasmettere al popolo la sensazione di essere guidati
da un governo forte e autorevole, tanto forte da permettersi di snobbare o
addirittura ridicolizzare l'Unione europea. Identico trattamento è stato
riservato alle dichiarazioni dell'Alto commissario alle Nazioni unite per i
diritti umani, che stigmatizzano la persecuzione dei Rom in Italia. Per
osservare de visu gli orrori che l'Italia riserva alle famiglie Rom, la
Commissione europea aveva deciso di inviare una delegazione, guidata da
specialisti (in primis, i leader del Gruppo EveryOne). Ripetendo la mossa della
Germania di Hitler - che nel 1941 invitò la Croce Rossa a visitare un campo di
concentramento per verificare le condizioni di vita riservate agli ebrei
deportati - il ministro Maroni ha preso tempo: l'indagine si farà a settembre e
sarà lo steso governo italiano a decidere l'itinerario e a presentare gli
insediamenti alla delegazione. I nazisti riuscirono a ingannare il mondo civile
con la messinscena di Theresienstadt, il "ghetto modello" che mascherava la
persecuzione e lo sterminio. Prima dell'ispezione, a Theresienstadt furono
ridipinte le facciate delle case, pulite le strade, piantate aiuole fiorite,
inaugurato un teatro musicale sulla piazza del mercato, colmate di prodotti di
ogni genere le vetrine delle botteghe. Quindi si provvide a ridurre il
sovraffollamento, trasferendo 7500 ebrei ad Auschwitz, verso le camere a gas. La
Croce Rossa giudicò umano ed accogliente il ghetto boemo e i nazisti poterono
continuare indisturbati ad attuare lo sterminio. L'idea del primo ministro (che
ieri ha affermato che le schedature etniche dei bambini Rom servono a...
proteggerli dai loro genitori degeneri) e del ministro dell'Interno ricalca
quella dei carnefici di Hitler: sistemare un insediamento o due, dotandoli di
acqua e servizi igienici, allontanare i Rom che potrebbero rendere dichiarazioni
non gradite al governo, organizzare una festa zingara con canti e balli, quindi
congedare con il più ampio e rassicurante dei sorrisi i commissari e i loro
accompagnatori. Non si illudano i nuovi aguzzini: le cose non andranno così.
segue: Ripartono le schedature etniche
Il governo italiano ignora la Risoluzione del Parlamento europeo sul
censimento dei Rom e le ammonizioni dell'Alto commissario ai Diritti Umani delle
Nazioni unite e dichiara di voler procedere con la schedatura dei Rom, adulti e
minori. "La minoranza Rom si è resa colpevole di reati che hanno colpito
negativamente l'opinione pubblica e dunque è necessario procedere," ha
commentato il ministro del'Interno. Secondo informazioni di buona attendibilità,
un primo censimento sperimentale, con una nuova scheda che prevede rilievo
impronte digitali (anche per i minori) foto segnaletiche di fronte e profilo,
indicazione dell'etnia, ma non della religione, inizierà domani, 16 luglio, da
alcuni dei più popolosi insediamenti abusivi sul Tevere. Ai Rom è stato detto -
secondo una testimonianza - che se rifiuteranno la schedatura, saranno espulsi
dall'Italia. Per evitare sit in e manifestazioni di protesta da parte degli
antirazzisti, le schedature saranno effettuate senza preavviso.
Per informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527 - (+ 39) 331-3585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 16/07/2008 @ 15:46:23, in Italia, visitato 1685 volte)
Ricevo da Michela
Rom e Sinti cittadini di Pavia. Una serata giovedì 17 luglio, al campo dei Sinti
di piazzale Europa Per discutere di questi temi, ma innanzitutto per
conoscere direttamente la realtà dei Sinti pavesi, in collaborazione con le loro
comunità invitiamo la cittadinanza Giovedì 17 luglio ad un momento di incontro e
di socializzazione presso il campo di piazzale Europa, che sia il punto di
partenza per un “riconoscimento dal basso” delle istanze e delle motivazioni di
questi nostri concittadini. Durante la serata funzionerà un servizio bar a
prezzo di costo. L’accesso al campo è sulla destra del Palazzo esposizioni.
GIOVEDI’ 17 LUGLIO – CAMPO SINTI DI P.LE EUROPA
H.21: PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO “SIAMO TUTTI SULLO STESSO FIUME”, sulle
comunità dei Sinti pavesi, realizzato da ARCI Pavia, Università di Pavia e
Comune di Pavia
H.22: DIBATTITO PUBBLICO.
PARTECIPANO: Paolo Casagrande (Comunità Sinti P.le Europa), Erasmo Formica
(Comunità Sinti via Bramante); Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani (Opera
Nomadi Lombardia), Luciano Muhlbauer (Rifondazione Comunista, Milano);
Giovanni Vitrano (Ass. FuoriLuogo); Giovanni Giovannetti (Circolo Pasolini);
Pablo Genova (Rifondazione Comunista, Pavia); Vito Savino (Arci Comitato
Prov. Pavia)
MODERA: Andrea Membretti (Sociologo, Università di Pavia) - (Intervistato
da
ilticino.net)
Ore 23. MUSICA E BALLI ZIGANI. IL SERVIZIO BAR E' A PREZZI ESTREMAMENTE
CONTENUTI
Da molti mesi assistiamo ad una violenta campagna di disinformazione nei
confronti delle comunità di Rom e di Sinti che vivono in Italia: l’immagine che
i media continuano a trasmettere è quella di un popolo di ladri, di sfruttatori
di bambini, di persone che amano vivere nel “degrado”, nella sporcizia, nella
mancanza di qualsiasi regola sociale.
Spinti da forze politiche dichiaratamente razziste, ma con l’appoggio di
fatto anche di partiti sedicenti democratici, i media lavorano incessantemente
le nostre coscienze sopite, per costruire un’idea di “zingaro” che faccia rima
con “non umano”. In modo simile, il regime nazista aveva costruito la
persecuzione nei confronti degli ebrei e delle stesse popolazioni zigane a
partire dal concetto di “sotto-uomini”, ovvero di “non-persone”, con cui
venivano etichettati questi soggetti. Ieri erano gli sgomberi a catena dei campi
nomadi, organizzati brutalmente e senza prospettive anche nella Roma
“democratica” di Veltroni; oggi è l’aberrante iniziativa del governo Berlusconi,
finalizzata a schedare in modo poliziesco i bambini Rom e Sinti, tramite la
presa delle impronte digitali. Dobbiamo riconoscere che è in atto una
progressiva discriminazione razziale, che si accompagna a misure di
ghettizzazione di queste popolazioni, sempre più espulse dalle città e relegate
nelle aree extra-urbane, spesso senza i minimi servizi e senza politiche di
integrazione. La stessa Unione Europea ha mostrato grave preoccupazione per come
l’Italia sta affrontando la questione zigana sul suo territorio.
A Pavia abbiamo già assistito, cercando di contrastarla come associazioni,
partiti di sinistra e realtà della società civile, alla disastrosa “gestione”
del caso Snia da parte della Giunta Capitelli lo scorso autunno 2007: i Rom sono
stati buttati in mezzo alla strada, nel sostanziale disinteresse
dell’Amministrazione locale, mentre si dava spazio alle proteste razziste
culminate nel tentato linciaggio di Pieve Porto Morone e nella manifestazione
neo-nazista degli aderenti a Forza Nuova. A distanza di mesi, e nonostante
alcune meritorie iniziative di solidarietà (anche da parte di singoli cittadini)
i Rom sono perlopiù dispersi sul territorio o hanno migrato a Milano, entrando
in gran parte in quella “invisibilità sociale” tipica appunto delle “non
persone”.
Oggi si discute, in modo ben poco trasparente, di dove ricollocare i campi
dei Sinti di p.le Europa e di via Bramante: in queste aree in disuso, oggetto
delle future speculazioni edilizie garantite dal nuovo PRG, vivono da decenni
gli oltre 300 Sinti di Pavia. Si tratta di comunità coese, dove i bambini
frequentano tutti le scuole locali e la gran parte degli adulti lavora
regolarmente. Sono tutti cittadini italiani, residenti a Pavia, iscritti alle
liste elettorali.
Chiediamo con forza che qualsiasi ipotesi di ricollocare queste comunità sia
discussa con i diretti interessati e che venga avviato un processo di mediazione
con gli abitanti del quartiere in cui il nuovo campo verrà insediato, per
evitare il sorgere di nuovi e dannosi conflitti. Chiediamo inoltre che sia i
Sinti che i Rom di Pavia, indipendentemente dalla loro nazionalità, vengano
riconosciuti cittadini a tutti gli effetti, con pari dignità, diritti e doveri
rispetto agli altri abitanti del nostro territorio, avviando concrete politiche
locali di integrazione e fornendo i servizi necessari affinché Pavia possa
davvero fregiarsi di quel titolo di “città dell’accoglienza”, che oggi appare
purtroppo grottesco. Non accettiamo “trattamenti differenziali” per etnia,
nazionalità o cultura. Per discutere di questi temi, ma innanzitutto per
conoscere direttamente la realtà dei Sinti pavesi, in collaborazione con le loro
comunità invitiamo la cittadinanza ad un momento di incontro e di
socializzazione presso il campo di P.le Europa, che sia il punto di partenza per
un “riconoscimento dal basso” delle istanze e delle motivazioni di questi nostri
concittadini.
Di Fabrizio (del 15/07/2008 @ 00:55:54, in Italia, visitato 2170 volte)
Da
Roma_Daily_News
Carissimi,
Potete aggiungervi alla
nostra
protesta contro le impronte digitali ai bambini Rom (qui
il testo tradotto in italiano ndr). Basta aggiungere il vostro nome/titolo
ed indirizzo mail e vi aggiungerete a quanti hanno già firmato. Le vostre mail e
firme saranno inviate ai funzionari Italiani e della Commissione Europea.
A seguito del
meeting di San Rossore un numero di partecipanti ha deciso di firmare la
petizione contro l'anti-ziganismo che le Organizzazioni Rom Europee di Base
facevano circolare. La dichiarazione è ispirata alla Risoluzione del Parlamento
Europeo del 10 giugno. Tra i firmatari ci sono il Presidente del Centro
Marthin Luther King Jr di Atlanta, Isaac Newton , Joe Beasley Presidente di
Ascensione Africana, Laura Balbo, ex ministro italiano delle Pari Opportunità e
Doudou Diene - Relatore Speciale ONU sulle forme contemporanee di razzismo.
Sono disponibili una
foto ed un
video clip
di Doudou Diene che decide di appoggiare una campagna contro ciò che sta
succedendo in Italia, mentre mi mostra il proprio dito pronto per le impronte
digitali in solidarietà.
Un articolo del
Manifesto (verso la fine) che menziona la nostra azione.
I migliori saluti e grazie per ilvostro appoggio
Valeriu Nicolae – Executive Director
European Roma Grassroots Organisation
Strada Rezonantei Nr.1-3 Bl 15-16 Sc A Ap 3 Sector 4 Bucuresti Romania
Tel : (004) 0742379657 or 0727708788
Dichiarazione contro l'antiziganismo - San
Rossore, Italia 10-11 luglio 2008
Noi sottoscritti, notando che l'antiziganismo continua ad essere la forma
di razzismo più diffusa, accettata e principalmente impunita in Europa.
- rifiutiamo i rapporti ripetuti di dichiarazioni pubbliche di sentimenti anti-Romani
di alti funzionari italiani,
- rifiutiamo il fatto che il governo Italiano descriva i Rom come la
causa che "determina una situazione di serio allarme sociale, con possibili
serie ripercussioni sull'ordine pubblico e sulla sicurezza" del resto della
popolazione, giustificando uno "stato d'emergenza" di 12 mesi, in cui
possono essere prese dai Prefetti misure straordinarie in deroga alle leggi,
- chiediamo alle autorità Italiane di astenersi dal condurre un
censimento che includa la possibilità di prendere le impronte digitali ai
Rom ed ai minori Rom, essendo questo in contraddizione con la proibizione di
discriminazione diretta ed indiretta prevista nella direttiva UE su razza ed
etnia, mentre un'ulteriore discriminazione tra i Rom e gli altri cittadini è
promulgata perché gli ultimi non debbano subire simili procedure,
- chiediamo con urgenza che le autorità Italiane intraprendano
immediatamente misure estensive per calmare gli infiammati sentimenti
anti-Romani in Italia e rendano chiaro il proprio impegno per la promozione
di una vibrante società multiculturale in Italia, come pure riaffermino
pubblicamente la propria risolutezza nella lotta a tutte le forme di
razzismo,
- chiediamo che le autorità Italiane rendano immediatamente pubbliche le
informazioni dettagliate sulle persone portate alla giustizia per gli
attacchi motivati razzialmente a persone e comunità Romani dall'aprile 2008,
- chiediamo che la Commissione ed il Consiglio assicurino che gli Stati
Membri applichino costantemente e completamente le leggi UE, e prendano le
misure necessarie in caso di infrazione,
- chiediamo che l'Agenzia per i Diritti Fondamentali dia il suo parere
alle istituzioni dell'Unione sulla legalità di queste nuove misure
intraprese dal governo Italiano,
- chiediamo alla Commissione ed al Consiglio di rafforzare ulteriormente
le politiche UE sui Rom, lanciando una strategia UE sui Rom completa ed a
lungo termine.
Di Fabrizio (del 14/07/2008 @ 09:38:02, in Italia, visitato 1383 volte)
Da
Roma_Italia
Immaginate. Maggio - Giugno 2008
Quattro bombe molotov sono lanciate in un quartiere Ebreo in Italia. Due
giorni dopo, assalitori bruciano un altro quartiere Ebreo causando la fuga di
circa 800 residenti. Folle di persone sono viste salutare sul principale canale
TV urlando: Via gli Ebrei! La polizia anti-rivolta non viene neppure
avvisata quando avviene la radiodiffusione.
Le settimane seguenti, succedono diversi incidenti simili. Il ministro degli
interni, conosciuto per le sue dichiarazioni anti-Semite quando era ministro del
lavoro, decide che ai bambini Ebrei devono essere prese le impronte digitali per
quelle che chiama "ragioni di sicurezza".
L'OCSE, organizzazione che tratta principalmente temi sulla sicurezza e la
prevenzione e risoluzione dei conflitti, conosciuta per l'impegno estensivo nel
combattere il razzismo e promuovere la tolleranza, annuncia di voler discutere
entro un mese, durante il prossimo incontro a Vienna, della tematica relativa
agli Ebrei.
L'OCSE pianifica le seguenti tre sessioni:
Ruolo e responsabilità delle autorità regionali e locali nell'assistere
gli Ebrei nell'integrazione
Pratiche positive e maggiori sfide nel migliorare la situazione degli
Ebrei a livello locale: esempi per le municipalità
Politiche per facilitare il pari accesso degli Ebrei ai servizi pubblici,
in particolare i servizi sociali e l'istruzione
Effettivamente quanto sopra è difficile da immaginare. Sia gli incidenti che
le reazioni sarebbero appena credibili anche ai più ostinati anti-Semiti.
Sarebbe fuori questione che l'OCSE indirizzasse soltanto tematiche sui margini
estremi dei temi rilevanti, ed evitasse di menzionare attacchi motivati
etnicamente o l'evidente anti-Semitismo delle autorità italiana. Ci si
aspetterebbe dai capi del mondo democratico dure parole contro l'Italia e
condanna degli atti contro gli Ebrei.
Su
http://www.ergonetwork.org/fascism.htm potete trovare l'intero articolo che
presenta non solo una lunga lista di abusi in Italia contro i Rom, ma anche il
fallimento delle organizzazioni Europee ed Intergovernamentali nel deplorare
simili standard per i Rom come per le maggioranze etniche d'Europa, ma anche la
riluttanza nel parlare contro l'anti-ziganismo. Conclude l'articolo:
L'anti-ziganismo continua ad essere la forma di razzismo in Europa più
estesa, accettata ed impunita. L'attuale crisi italiana - in cui partiti con
un'agenda esplicitamente razzista si impossessano dello stato e sviluppano la
loro agenda esplicitamente razzista, mentre nel contempo fomentano il pubblico
ad atti di violenza - non ha precedenti nell'Europa post-Olocausto.
Anche se ci sono state espressioni smorzate di preoccupazione per gli eventi
attuali in Italia, nessuna entità ha osato accettare le misure apertamente - ad
esempio invocando le disposizioni di emergenza di diritti dell'uomo del Trattato
dell'Unione Europea - per l'unica ragione che, in Europa "tali misure polemiche
non sono fatte in compagnie educate". Questa era, invero, la stessa logica che
portò all'estesa tolleranza europea ed internazionale per Hitler. Dopo tutto, si
riteneva a quel tempo, forse aveva dei punti positivi. Molti in Italia ed Europa
sull'argomento dicono la stessa cosa, stridente con "la negligenza ed il
disprezzo per i diritti umani*" (*dalla Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani - UDHR) nel caso dei Rom o "atti barbarici*" come i recenti eventi
in Italia, Ungheria e Romania. Il 10 dicembre di quest'anno saranno passati 60
anni dall'adozione dell'UDHR. Molti dei Rom diranno giustamente che questi 60
anni sono passati invano.
Valeriu Nicolae – Executive Director
European Roma Grassroots Organisation
Strada Rezonantei Nr.1-3 Bl 15-16 Sc A Ap 3 Sector 4 Bucuresti Romania
Tel : (004) 0742379657 or 0727708788
Di Fabrizio (del 12/07/2008 @ 11:35:51, in Italia, visitato 2145 volte)
VAKRIBEN* !
Giornata Rom all'insegna del dialogo interculturale in Europa
Università La Sapienza, P.le Aldo Moro, Roma – 17 Luglio 2008
17.30 TAVOLA ROTONDA Rom, sinti e camminanti: dall'esclusione all'integrazione
europea
[Aula Amaldi, Dipartimento di Fisica]
Saluti:
Renato GUARINI, Rettore Università La Sapienza
Pier Virgilio DASTOLI, Direttore Rappresentanza in Italia della
Commissione europea
Introduzioni:
Commissione europea: Joachim OTT, Unità Azioni contro le
Discriminazioni, DG Occupazione, affari sociali e pari opportunità
Parlamento europeo: Roberta ANGELILLI (UEN), Marco CAPPATO
(ALDE), Monica FRASSONI (VERDI), Viktoria MOHACSI (ALDE)
Onu: Marta GUGLIELMETTI, Referente Italia Campagna del Millennio
Testimonianze:
Roberta CIPOLLINI, Docente Facoltà di Sociologia, Università La Sapienza
Umiza HALILOVIC, Portavoce Villaggio Rom di Monte Mario
Mirko GRGA, Gruppo di lavoro CILAP/EAPN Italia partecipazione persone e
povertà
Alexian Santino SPINELLI, Rappresentante per l'Italia dello European Roma
and Travellers' Forum e Docente di Lingua e Cultura Romanì all'Università di
Trieste
Pino PETRUZZELLI, Regista e attore, autore del libro "Non chiamarmi
zingaro"
Sergio GIOVAGNOLI, Presidente ARCI Solidarietà Lazio ONLUS
Carlo DE ANGELIS, Presidente Coordinamento Nazionale Comunità di
Accoglienza (CNCA) Lazio
Modera il dibattito Angela MANGANARO, Giornalista Sole 24Ore
19.30 Buffet
21.00 Serata di cinema, musica e poesie
[Piazzale della Minerva, Università La Sapienza]
Proiezione del cortometraggio: "Treni strettamente riservati", realizzato
da Fandango Film per l'Ufficio per l'Italia del Parlamento europeo. Presenterà
il cortometraggio l'autore e regista Emanuele Scaringi
HOT CLUB DE ZAZZ, formazione musicale dedicata al musicista jazz Django
Reinhardt
Lettura poesie Romanì da Alexian Santino SPINELLI
MUSICANTI RUDARI musica tradizionale e moderna di area balcanica
ALEXIAN GROUP musica romanì di diverse regioni del mondo
Una delegazione della Commissione europea e del Parlamento europeo visiterà
venerdì 18 i campi Rom Salone, Casilino 900, Candoni e Martora
In collaborazione con:
Sapienza – Università di Roma – Parlamento europeo Ufficio per l'Italia –
EAPN Arci Solidarietà – Ermes Cooperativa sociale Onlus -CNCA
Per ulteriori informazioni, contattare: Elena Montani,
Elena.Montani@ec.europa.eu –
06.69999215
* Vakriben significa dialogo in lingua romanì
Rosella Conticchio Schirò
Commissione europea
Rappresentanza in Italia
Via IV Novembre, 149
00187 Roma
tel. + 39 06 69999 204
fax + 39 06 679 16 58
e-mail:
Rosella.Conticchio-Schiro@ec.europa.eu
http://ec.europa.eu/italia
Di Fabrizio (del 12/07/2008 @ 08:42:14, in Italia, visitato 1704 volte)
Ricevo da
Eleonora Casula
In tutta Italia, giorno dopo giorno, i diritti umani e civili del popolo rom
vengono violati dai nostri amministratori. Un popolo, quello dei Rom, tutelato
sulla carta anche in Sardegna con leggi regionali ad hoc che "danno diritti" ai
"nomadi" per "preservare la loro cultura", ma ciò poi non è praticato dai fatti,
o quando si tenta di praticarlo i soldi stanziati dall'assemblea regionale non
bastano mai.
Nella realtà quotidiana, la pacifica vita del popolo rom, viene disturbata da
raid autorizzati con ordinanze di sgombero immediato dove le loro abitazioni
vengono distrutte, i beni frantumati, e le persone vengono lasciate sulla
strada, ma soprattutto vengono puniti i più piccoli delle comunità, bambini e
bambine che già vivono un difficile contesto di inclusione sociale.
A volte ci capita di legger e notizie di sgombero nelle più svariate parti
d'Italia, rimaniamo immobili, quasi siamo certi che qui, nella nostra terra,
questo non potrebbe mai accadere. Invece accade... Qualche giorno fa, è stato
sgombrato e raso al suolo un insediamento rom che sorgeva ai margini di
Terralba, ed ora la piccola comunità, con 28 minori, è profuga per forza, o
meglio lo sarebbe se non esistesse don Giovanni Usai e la comunità il
Samaritano.
L'apporto dato da Don Giovanni Usai che gli ospita nei terreni della comunità
da lui gestita è sicuramente immenso e prezioso, accogliere e dare nuove
certezze in particolare ai minori ha un grandissimo valore umano e sociale,
dovrebbe essere l'esempio da seguire per tutti noi.
Molti membri e militanti della nostra associazione si battono da anni, per il
rispetto e la tutela di questo popolo e soprattutto per i diritti dei piccoli
rom sempre oltremodo violati.
Noi che abbiamo camminato con loro, che abbiamo pianto e festeggiato,
sentiamo un profondo disagio quando leggiamo il battage politico sulla nostra
stampa regionale, e, come tutt* quell* che da sempre si occupano di esseri umani
in difficoltà leggere quotidianamente sulla stampa di amministratori e politici
pro o contro ROM, come se non si trattasse di essere umani con i loro corpi, i
loro sorrisi, le loro gioie, i loro amori e i loro dolori ci fa male. Non basta
e non serve dire IO SONO UNO ZINGARO, IO SONO UN IRREGOLARE come te, non è
utile, non risolve il problema, continua purtroppo a fomentare un'ulteriore
bagarre, ora più che mai serve ora più che mai la SOLIDARIETA' CONCRETA. Per ora
le famiglie rom, e per i loro bimbi, in età scolastica sono ben ospitati presso
la comunità il SAMARITANO, serve tutto, ma soprattutto servono azioni concrete,
come ci ha confermato lo stesso don Giovanni USAI, da lui in prima persona sono
stati accolti umanamente, alloggiano in tende fornite dalla protezione civile,
hanno acqua luce e quel che serve per TIRARE A CAMPARE.
Però non basta, non basta perché lo sgombero del loro campo li ha lasciati
inermi senza nulla. Ora è giunto il momento di dare una concreta mano di aiuto,
perchè questo è quello che vi chiedono ed è quello che ci siamo resi conto che
serve. Soltanto Don Giovanni e i suoi amici non possono bastare e noi ci
troviamo in DOVERE, in DOVERE UMANO, di chiedere aiuto a tutta la popolazione
sensibile a questo problema. Servono con urgenza BENI ALIMENTARI (pasta, sugo,
zucchero, caffè....) ABITI e BIANCHERIA INTIMA, PANNOLINI, LATTE PER BAMBINI;
Giocattoli per i bimbi, MEDICINE di primo soccorso, antinfiammatori,
antistaminici e altro (forniamo la lista a chi la dovesse richiede) - chiediamo
ai medici della provincia di Oristano e anche oltre di aiutarci nella raccolta.
Necessita tutto il vostro aiuto, anche se non potete materialmente economico,
la nostra associazione come sempre fatto fin ora pubblicherà tutto online, per
questo mettiamo a disposizione il nostro conto corrente postale n 83660159
intestato all'associazione EL GATO OBRERO o IBAN IT75 L076 0117 4000 0008 3660
159 bonifici o conto paypal
gatoobrero@yahoo.it con causale "per i bimbi rom di Terralba".
E' necessario fare un'azione concreta, un gesto di solidarietà umana per
ridare fiducia a chi oggi è sotto accusa proprio come se vi fosse in atto una
pulizia etnica. Quello che sta succedendo in questo territorio oramai è
diventato ridicolo. Prima un sindaco rade al suolo un campo per altro ben
sistemato, poi un altro emana un'ordinanza di sgombero immediato, e l'emana non
nei confronti dei Rom ma intima Don Giovanni. A noi sorge il dubbio che si
preferisce vedere le kampine dei rom parcheggiate lungo le strade provinciali
del nostro territorio. Non è più dignitoso e più sicuro per loro stessi e per i
bimbi stare comunque, si accampati, ma accampati in un luogo sicuro e
protetto???Noi siamo e sosteniamo Don Giovanni ma sopratutto stiamo dalla parte
dei Rom, nostri fratelli.
In questi giorni i nostri tanti amici portano avanti una raccolta di beni
necessari e, saremmo come associazione in piazza ad Oristano per raccogliere il
vostro contributo, comunicheremo al più breve ore e luoghi, ma nel frattempo
restiamo a disposizione sulla nostra utenza 3397916117 o su mail
gatoobrero@yahoo.it affinché tutt* i
cittadini che volessero contribuire con un gesto solidale possano farlo
liberamente ed al più presto.
ciao a tutti
eleonora
blog:
http://gatoobrero.blogspot.com
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