Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 07/04/2011 @ 09:40:10, in Regole, visitato 1824 volte)
CARTA.org 4/04/2011 di Patrizio Gonnella
E' illegale la detenzione finalizzata all'espulsione di una donna che ha dato
da poco vita a un bambino. E' quanto ha sentenziato la Corte europea dei diritti
umani nei giorni scorsi. Qualche settimana prima, le Camere hanno approvato la
legge sulle detenute madri. Nel caso Seferovic contro Italia (ricorso n.
12921/04), la Corte, all'unanimità, ha affermato che ci fosse una violazione
dell'articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza) della Convenzione sui
diritti umani del 1950.
Mediha Seferovic, di etnia rom e di nazionalità bosniaca, viveva da tempo
preso i campi nomadi romani di Casilino 700 e Casilino 900. Nel settembre del
2000, temendo discriminazioni al suo rientro in Bosnia, la Seferovic chiese il
riconoscimento dello status di rifugiata. L'istanza fu rigettata per motivi
formali. Nel settembre del 2003 dette vita a un bimbo che morì pochi giorni dopo
in ospedale. L'11 novembre del 2003 la polizia le contestò un ordine di
espulsione e la condusse al centro per espellendi di Ponte Galeria a Roma, dove
trascorse un periodo di detenzione amministrativa. Nei mesi successivi fu
rivisto il provvedimento di espulsione e nel 2006 le fu riconosciuto lo status
di rifugiata politica. I giudici di Strasburgo, nel condannare l'Italia al
risarcimento di 7500 euro a favore della cittadina bosniaca, hanno
perentoriamente affermato che è inammissibile detenere una donna – anche qualora
penda un provvedimento di espulsione – che ha appena partorito. L'illegalità
della detenzione non viene meno anche nella ipotesi in cui la donna abbia perso
il bambino.
E di bambini in carcere si è occupato il Senato, che ha approvato il testo
unificato di alcune proposte di legge in materia di rapporto tra detenute madri
e figli minori. Durante la discussione parlamentare sono state introdotte
modifiche restrittive al testo originario che rischiano di vanificarne del tutto
i contenuti e lasciare più o meno invariato il numero di bambini sotto i 3 anni
incarcerati con le loro mamme, principalmente straniere, essendo la giustizia
italiana sommaria sempre più discriminatoria. A oggi sono poco meno di 50. La
novità più sostanziosa è la modifica dell'articolo 275 del codice di procedura
penale. Viene previsto l'innalzamento da 3 a 6 anni dell'età del bambini al di
sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare
della madre in carcere (ovvero del padre, qualora la madre sia deceduta o
assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che
sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In presenza di tali
esigenze il testo approvato prevede la possibilità di disporre la custodia
cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei
anni in un istituto a custodia attenuata per minori (Icam), del tipo funzionante
a Milano dal 2007. Sono state poco significativamente toccate le norme
dell'ordinamento penitenziario relative alla detenzione domiciliare speciale per
le madri con figli di età non superiore a 10 anni. La legislazione previgente
prevedeva che il primo terzo di pena andasse comunque scontato in carcere. Con
le modifiche apportate ora sarà possibile scontare a casa (o in un Icam) anche
il primo terzo di pena. Questa facoltà non è comunque concessa a chi è
condannato per uno dei crimini di cui all'articolo 4 bis della legge del 1975,
ossia una buona parte delle donne recluse.
Di Fabrizio (del 01/04/2011 @ 14:20:30, in Regole, visitato 1627 volte)
Indispensabile iscriversi alla Lista elettorale aggiunta del Comune di
residenza. Tempo fino al 4 aprile.
01 aprile 2011 - Il 15 e il 16 maggio prossimo anche i cittadini comunitari
residenti in Italia saranno chiamati alle urne in oltre 1300 Comuni per eleggere
il Sindaco ed i consiglieri comunali.
Per godere del diritto di voto è necessario iscriversi ad una Lista
elettorale aggiunta presso il Comune di residenza entro il 4 aprile. La
procedura è molto semplice: basta recarsi presso l'Ufficio elettorale comunale e
riempire il modulo precompilato appositamente realizzato o, laddove l'Ufficio ne
fosse sprovvisto, formulare una richiesta su carta semplice in cui vanno
indicati i dati personali, la cittadinanza, l'attuale residenza e l'indirizzo
nello Stato di origine. Il Comune, fatte le opportune verifiche, iscriverà il
richiedente nell'apposita lista aggiunta e gli invierà la tessera elettorale,
documento da conservare con cura per esercitare il diritto di voto in occasione
di ogni elezione al quale il cittadino comunitario potrà partecipare.
L'iscrizione alle liste aggiunte resta valida fino ad eventuale richiesta di
cancellazione da parte dell'interessato, oppure fino a che non intervenga una
cancellazione d'ufficio a seguito di trasferimento dell'elettore in un altro
Comune di residenza oppure di perdita dei diritto di voto.
I Comuni cercheranno di tutelare il diritto di voto anche dei "ritardatari"
ossia coloro che si iscriveranno alla Lista dopo il 4 aprile.
Per i cittadini comunitari che invece intendono candidarsi come consiglieri
comunali le date da tenere a mente sono il 15 e il 16 aprile: in questi giorni,
all'atto del deposito della lista dei candidati, oltre alla documentazione
richiesta per i cittadini italiani va aggiunta una dichiarazione contenente
l'indicazione della cittadinanza, dell'attuale residenza e dell'indirizzo nello
Stato di origine nonché un attestato in data non inferiore a tre mesi
dell'autorità amministrativa competente dello Stato membro di origine, dal quale
risulti che l'interessato non è decaduto dal diritto di eleggibilità.
Da tenere bene presente che i cittadini comunitari non possono candidarsi
alla carica di Sindaco.
(Maria Rita Porceddu)
Di Fabrizio (del 28/03/2011 @ 09:44:45, in Regole, visitato 2041 volte)
Blitz quotidiano
PARIGI – "Ci hanno trattato come fossimo cani": cosi' Bria Lisor, una donna rom
di 55 anni, ha raccontato la disavventura vissuta ieri a Nantes, nell'ovest
della Francia, insieme al figlio Saban, di 17 anni, e a un'altra famiglia di
nomadi che, come loro, abitavano in una roulotte in un campo accanto ad un
supermercato. Bria e gli altri sono stati espulsi dalle loro roulotte con la
forza, da un bulldozer e una dozzina di uomini.
Lo sgombero e' avvenuto proprio sotto la direzione del supermarket, della
catena di alimentazione Leclerc. La notizia e' stata resa nota oggi dal
quotidiano locale Ouest-France, prima di essere confermata dalla polizia e
sollevare una viva emozione in Francia dove il giro di vite nei confronti dei
nomadi e dei rom, annunciato dal presidente Nicolas Sarkozy la scorsa estate, ha
portato gia' allo sgombero del 70% dei campi illegali. Oggi la direzione del
Leclerc ha avanzato scuse pubbliche: "Tutta la squadra del Leclerc di Nantes si
scusa sinceramente con le famiglie coinvolte per il modo in cui e' avvenuta
l'espulsione", ha dichiarato il direttore generale dell'ipermercato, Pierre
Chartier. "E' stata una decisione maldestra e spiacevole – ha aggiunto –
assumeremo le nostre responsabilita' e ci impegniamo sin d'ora a riparare gli
eventuali pregiudizi".
Le scuse non bastano alle due famiglie rom che, insieme all'associazione "solidaire
Roms Nantes", intendono sporgere denuncia. La legge francese prevede che il
proprietario del terreno occupato illegalmente non puo' intervenire di sua
iniziativa, ma deve fare appello alla giustizia e solo le forze dell'ordine
possono effettuare lo sgombero. Le due famiglie vivevano nel terreno abbandonato
vicino al supermercato da diverso tempo. "Ero gia' a scuola e mia madre, con
l'altra signora, stavano andando via quando il bulldozer e' arrivato. Ha
caricato della terra e l'ha gettata contro una delle roulotte dove c'erano
ancora dei bambini molto piccoli", ha raccontato Saban. "Ci hanno cacciato come
se fossimo cani", ha aggiunto sua madre, Bria. Quando il bulldozer e'
intervenuto due bambini di 13 anni, due di 6 anni ed uno di 3 erano ancora
dentro la roulotte. E' stato uno dei ragazzini piu' grandi a portare in salvo
gli altri. Poi, hanno raccontato i bambini, si e' avvicinato loro un "uomo
calvo", il "capo" del supermercato, insieme ad un'altra dozzina di uomini e
"hanno trascinato le roulotte fuori dal campo", sul ciglio della strada. E' a
questo punto che sono intervenuti i poliziotti.
25 marzo 2011 | 23:38
Di Fabrizio (del 23/03/2011 @ 09:16:38, in Regole, visitato 2663 volte)
Questa (ieri NDR) mattina si è svolta presso la Camera
del Lavoro di Milano la presentazione dell'appello "I Diritti non si
sgomberano", per fermare gli sgomberi dei campi Rom a Milano, che ha già
raccolto l'adesione di oltre 60 associazioni.
Sono intervenuti alcuni dei rappresentanti delle numerose realtà che hanno
promosso l’appello: Onorio Rosati e Corrado Mandreoli per la CGIL, don Massimo
Mapelli della Casa della Carità, Annamaria Bufalini per le Mamme e Maestre
di Rubattino, Bruno Segre del Campo della Pace Ebraico , Paolo Agnoletto per il
Gruppo Sostegno Forlanini, Claudio Cristiani di Agesci Zona Milano, Diana
Pavlovic di Rom e Sinti Insieme, Avv. Alberto Guariso di Avvocati per Niente e
Associazioni Studi Giuridici sull'Immigrazione, una operatrice del Naga e l'avv.
Gilberto Pagani di Legal Team Italia.
Un appello rivolto all’amministrazione perché opti per politiche di vera
integrazione ed abbandoni la logica degli sgomberi, appello però rivolto anche
al tessuto civile di questa città perché ritrovi il gusto della partecipazione
alla costruzione di una città capace di tutelare i diritti di tutti al di là
delle appartenenze etniche e culturali.
In allegato il testo dell'appello con tutte le firme raccolte fino ad oggi.
L'intento è quello di raccogliere nuove adesioni sia di associazioni e gruppi
che di singoli cittadini, che andranno comunicate ad uno dei seguenti indirizzi
scendiamoincampo@gmail.com
oppure gaggini@libero.it
L'invito è quindi quello di farlo girare il più possibile e di pubblicarlo
sui diversi siti internet (se vi serve in altro formato chiedetemelo); allego
anche una griglia da utilizzare eventualmente in caso di raccolta diretta delle
firme (che andranno poi comunicate comunque ai due indirizzi mail indicati
sopra).
Saluti a tutti
Negli ultimi due anni a Milano sono stati effettuati oltre 360 sgomberi di
campi abitati da Rom e Sinti che hanno coinvolto alcune centinaia di nuclei
familiari presenti da tempo sul territorio cittadino.
Dopo ogni sgombero si assiste solo alla rituale esibizione dell'effetto
"pulizia" e alle soddisfatte dichiarazioni degli Amministratori Comunali
riguardo ai quintali di immondizia rimossi.
Spesso gli sgomberi vengono eseguiti senza alcuna preventiva notifica e a
volte gli agenti di polizia intervengono in numero decisamente spropositato
rispetto alla popolazione Rom che intendono allontanare, considerando anche
l'alto numero di anziani e bambini presenti; gli sgomberi spesso sono attuati
all'imbrunire o alle prime luci dell'alba ed anche in pieno inverno con avverse
condizioni atmosferiche, molti sgomberi sono avvenuti sotto la pioggia o la
neve; a seguito degli sgomberi le abitazioni e i pochi altri beni
personali dei Rom sono arbitrariamente distrutti, spesso si tratta di
oggetti di scarso valore economico che tuttavia per quelle famiglie
rappresentano le uniche proprietà; la maggior parte delle persone sgomberate non
riceve alcun tipo di offerta circa una sistemazione alternativa, e nelle rare
occasioni in cui sono presenti i servizi sociali le soluzioni proposte prevedono
lo smembramento delle famiglie o l'allontanamento dei minori.
A causa dei continui e ripetuti sgomberi molti bambini Rom sono stati costretti
ad interrompere la frequenza scolastica e i preziosi legami di amicizia
costruiti con i compagni. Le maestre e i genitori delle scuole dove sono stati
inseriti alcuni bambini Rom, ci hanno più volte ricordato come i continui
sgomberi violano l'inalienabile diritto all'istruzione. Quella di
frequentare la scuola è l'unica possibilità per questi bambini di pensare ad un
futuro diverso. I bambini a cui viene negato il diritto all'istruzione sono
bambini privati anche del diritto di sapere che si può vivere in un modo
migliore, privati anche solo del diritto di sognare una vita diversa.
Questa scelta praticata dall'Amministrazione Comunale di Milano ci risulta
intollerabile, in quanto viola sistematicamente i più elementari diritti
di adulti e bambini sanciti dalle Convenzioni Internazionali e dalla nostra
Costituzione: il diritto all'abitare, all'integrità personale, alla salute,
all'istruzione, nonché il divieto di discriminazione.
In questi anni gli sgomberi e le ruspe non hanno risolto nulla, anzi -
con un grosso dispendio di risorse pubbliche - hanno contribuito a rendere
ancora più difficile e drammatica la vita delle famiglie Rom, ed in particolare
di alcune centinaia di bambini, aumentando il loro disagio e la loro esclusione
dal tessuto sociale.
Infatti, nonostante gli ingenti finanziamenti ricevuti (€ 13.115.700,00 il 29
agosto 2008, da parte del Fondo per la sicurezza urbana e la tutela dell'ordine
pubblico del Ministero dell'interno), nessuna azione di integrazione e
promozione sociale è stata avviata dal Comune di Milano nei confronti dei campi
Rom non regolari.
Il Tribunale ha recentemente condannato il Comune di Milano per comportamento
discriminatorio relativamente alla vicenda legata alla mancata assegnazione
delle case alle famiglie Rom del Campo di Triboniano; per lo stesso motivo, un
gruppo di 39 cittadini ha denunciato alla Procura della Repubblica il Sindaco
Moratti e il Vicesindaco De Corato per i ripetuti sgomberi dei campi Rom,
ipotizzando i reati di abuso di ufficio, interruzione di servizio pubblico (in
particolare relativamente all'obbligo scolastico ) e danneggiamento, con
l'aggravante di averli commessi per finalità di discriminazione e di odio etnico
e
razziale .
In questi anni a Milano c'è però anche chi ha scelto di incontrare questi
volti, queste persone, di costruire rapporti di vicinanza, di
considerarli i nuovi vicini di casa o i nuovi compagni di banco. A volte dopo
uno sgombero sono partite inaspettate catene di solidarietà, che hanno avuto
anche risalto sui mass-media locali e nazionale, ma queste reazioni pur
importanti non sono sufficienti.
Alcune associazioni e gruppi ma anche singoli cittadini, maestre e genitori
hanno costruito con le famiglie Rom dei rapporti basati sulla fiducia, imparando
a superare diffidenze e paure reciproche. Sono nati così progetti di
integrazione abitativa, lavorativa, scolastica. Queste persone hanno scelto di
vivere così il proprio ruolo di cittadinanza attiva per costruire una città
più vivibile e quindi più sicura per tutti, proprio perché più accogliente;
una città capace di tutelare i diritti di tutti al di là delle appartenenze
etniche e culturali.
Siamo coscienti che quelli dell'inclusione e della sicurezza sociale sono temi
delicati e non facili da affrontare, ma queste esperienze ci hanno insegnato che
basta riconoscere nei Rom e nei Sinti prima di tutto delle persone con gli
stessi diritti e doveri di ogni abitante, vecchio e nuovo, di questa
metropoli per iniziare un percorso diverso.
Chiediamo al Sindaco Moratti e al Vicesindaco De Corato di interrompere il
trattamento disumano ed illegale cui sono sottoposte le popolazioni Rom e Sinte
che abitano nel territorio municipale.
Chiediamo all'Amministrazione Comunale di Milano di porre immediatamente fine
alla pratica degli sgomberi.
Chiediamo che le risorse pubbliche non vengano più sistematicamente sprecate per
demolire e distruggere baracche e beni, sogni e legami, ma siano utilizzate per
promuovere percorsi reali di integrazione abitativa e lavorativa e progetti che
garantiscano il diritto all'istruzione ed alla salute per tutti, Rom e Sinti
compresi.
Chiediamo che i Rom e Sinti siano riconosciuti come soggetti a pieno titolo,
interlocutori attivi dei progetti che li riguardano
Ci rivolgiamo alle Associazioni, ai rappresentanti sindacali, alle Chiese, alle
Confessioni Religiose, agli uomini di cultura, agli operatori dei servizi, agli
insegnanti, agli avvocati e a tutti i cittadini che credano nell'inviolabilità
dei diritti umani e civili sanciti dalla nostra Costituzione, affinché
sostengano e sottoscrivano questo nostro appello.
Milano 2 febbraio 2011
Potete mandare la vostra adesione al presente appello ai seguenti
indirizzi:
scendiamoincampo@gmail.com
gaggini@libero.it
Adesioni all' appello per fermare gli sgomberi dei campi Rom a Milano
ASSOCIAZIONI
1. Gruppo Sostegno Forlanini
2. Mamme e Maestre Rubattino
3. Associazione Genitori Scuola B. Munari via Feltre
4. Associazione Genitori Scuola Media "Quintino di Vona", Milano
5. Casa della Carità
6. Comunità di Sant'Egidio
7. Padri Somaschi di Milano
8. Aven Amentza
9. Federazione Rom e Sinti Insieme
10. Naga
11. CGIL Milano
12. ARCI
13. ACLI
14. Everyone
15. Istituto di Cultura Sinta – Mantova
16. Associazione UPRE Roma
17. Associazione Sucar Drom - Mantova
18. Ufficio Politiche Sociali CGIL Brianza
19. Campo della Pace Ebraico (Milano)
20. CNCA Lombardia (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienza)
21. Cooperativa Sociale Comunità del Giambellino
22. Associazione Comunità Il Gabbiano Onlus
23. Agesol
24. Associazione Società Informazione
25. Gruppo Abele
26. Libera
27. Gruppo Caritativo Tabità Onlus presso la Parrocchia della Madonna della
Medaglia Miracolosa – Milano
28. La Comunità per lo Sviluppo Umano – Milano
29. Associazione 21 Luglio – Roma
30. Progetto Ekotonos di San Vittore Milano
31. Antigone
32. Cooperativa Sociale Alice
33. Avvocati per niente
34. ASGI Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
35. Immigrati Autorganizzati
36. Associazione Familiari e Amici di Fausto e Iaio Onlus
37. Coordinamento INTERGAS
38. GAS Feltre
39. GAS Lambrate
40. GAS Giambellino
41. ANPI Provinciale Milano,Presidente prof. Carlo Smuraglia
42. ANPI Sezione Martiri di Lambrate Ortica, Presidente Ginetto Mori
43. Coordinamento sezioni ANPI ZONA 4 MILANO
44. Associazione Zona 3 x la Costituzione, Presidente Titti Benvenuto
45. Coordinamento Nord Sud del Mondo
46. Legal Team Italia
47. Rivista Popoli, mensile internazionale dei Gesuiti italiani
48. Rivista Aggiornamenti Sociali, mensile di ricerca e intervento sociale dei
Gesuiti
49. AGESCI ZONA MILANO, Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani
50. Gruppo Scout AGESCI MILANO 68
51. Gruppo Scout AGESCI MILANO 45
52. Gruppo Scout AGESCI MILANO 4
53. Unione Inquilini - Milano
54. Sicet Cisl - Milano
55. Comitato Inquilini Molise –Calvairate-Ponti
56. Redazione Mahalla
57. Redazione di Faber
58. Rete delle Scuole Senza Permesso
59. Banda degli Ottoni a Scoppio
60. Convergenza delle Culture - Milano
61. Spazio Mondi Migranti (Parabiago)
62. RSU ST Castelletto
63. RSU RAI
64. RSA CGIL Scala Milano
65. RSA FISAC CGIL di Equens Italia Milano
66. RSA FISAC CGIL di Sinsys Milano
67. RSA FISAC CGIL di Banca Montepaschi Milano
68. RSA FISAC CGIL di UNICREDIT Milano
ADESIONI INDIVIDUALI
1. Agnoletto Paolo, Avvocato
2. Agostoni Claudio, Radio Popolare
3. Alietti Alfredo, Università Ferrara
4. Bittasi Padre Stefano (Gesuita Villapizzone – Milano)
5. Borsani Silvia, Maestra scuola via Guicciardi
6. Boschetti Laura, Institut d'Etudes Politiques de Grenoble
7. Brambilla Anna, Avvocato
8. Bravi Luca, Università di Chieti
9. Brugnatelli Francesco, Avvocato
10. Campagna Barbara, Funzione della professionalità giuridico pedagogica in
servizio a San Vittore – RSU Milano San Vittore
11. Carpentieri Rosario, Insegnante di Marcianese CE
12. Colucci Francesco Paolo, Docente Psicologia sociale, Università di
Milano-Bicocca
13. Conte Massimo, Presidente di Codici Società Cooperativa Sociale Onlus
14. Dardanelli Ezio, Segretario Generale FISAC CGIL Lombardia
15. Don Gino Rigoldi, Presidente Comunità Nuova Milano
16. Faggi Stefania, Maestra Rubatino
17. Giansanti Alberto
18. Guariso Alberto, Avvocato
19. Levi della Torre Stefano
20. Lomonaco Michele, Segreteria FISAC CGIL Milano
21. Maneri Marcelli , Università Bicocca Milano
22. Mariani Rosalba, Ufficio Presidenza Direttivo CGIL Milano
23. Micheli Giuseppe
24. Mingione Enzo, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Università
Bicocca
25. Moffa Ottavio, Educatore professionale presso la Cooperativa Sociale
Comunità del Giambellino
26. Moni Ovadia
27. Morera Giorgia, Educatrice Cooperativa Sociale Comunità del Giambellino
28. Naldi Alessandra
29. Pagani Gilberto, Avvocato
30. Pavlovic Dijana
31. Robbiati Flaviana, Maestra
32. Roselli Licia, Direttrice Associazione Agenzia di Solidarietà Agesol onlus
Milano
33. Rossi Ernesto, Aven Amentza
34. Sarcinelli Alice Sophie, Ecoles des Hautes Etudes en Sciences Sociales/Médecins
du Monde
35. Segre Bruno
36. Semprebon Michela, Dottore di Ricerca in Sociologia Urbana Università
Bicocca
37. Tosi Simone, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Università Bicocca
38. Trento Michela, Presidente Direttivo FISAC-CGIL Milano
39. Vanzati Franco, Associazione Insieme Voghera
40. Vincenti Assunta, Maestra
41. Vitale Tommaso, Università Milano Bicocca e Parigi Sciences Politiques
42. Volpato Chiara, Professore Psicologia sociale, Università Milano-Bicocca
43. Zucali Stefani, Avvocato
Di Fabrizio (del 19/03/2011 @ 09:02:04, in Regole, visitato 2506 volte)
Segnalazione di Isabella Bianchi, da "Il Tirreno, cronaca di
Pisa" 24 febbraio 2011, pag VI
Lunedì sono stati condannati in primo grado quattro rom che, secondo i
giudici, avevano scippato piccole somme a oltre 40mila pisani per un totale di
più di due milioni di euro. Le istituzioni, i commercianti, i comitati, la
destra, ma anche semplici cittadini, hanno urlato la loro preoccupazione per
la sicurezza, il loro sdegno per la paura che alligna tra la gente, il loro
allarme per la convivenza civile in città. Come dite? Non avete sentito niente?
Già perché non erano rom, sono i quattro potenti membri del vecchio Cda della
defunta Cassa di Risparmio di Pisa e il silenzio, come si può constatare, è
tombale.
by Tanfucio
Di Fabrizio (del 19/01/2011 @ 09:42:20, in Regole, visitato 1689 volte)
Da
Roma_Francais
AFP
Stoccolma - La giustizia svedese ha annunciato che Ikea, il gigante del mobile,
dovrà versare 60.000 corone (6.730
euro) per danni ed interessi a quattro clienti rom che uno dei suoi guardiani
aveva sorvegliato in maniera "discriminatoria dovuta alla loro appartenenza
etnica".
"Ikea ha esposto queste donne ad una discriminazione per la loro appartenenza
etnica", scrive nella decisione pubblicata sul suo sito l'ombudsman svedese
sulle discriminazioni (DO).
Le quattro donne, che riceveranno 15.000 corone a testa, si erano lamentato
di essere state seguite e osservate "in permanenza" da un guardiano durante la
loro visita in un magazzino Ikea alla periferia di Göteborg, nel sud-est della
Svezia.
"Altri clienti avevano constatato che la guardia le sorvegliava, cosa che le
donne avevano vissuto come un'offesa supplementare", sottolinea l'ombudsman,
signora Katri Linna.
La mediatrice della giustizia svedese indica di aver deciso di portare Ikea
davanti al tribunale, ma prima ha proposto al numero uno mondiale del mobile in
kit, un compromesso per regolare la controversia, cosa che Ikea ha accettato.
Il gruppo svedese, che si vuole un modello d'impresa socialmente ed
ecologicamente responsabile, "non si è pronunciato sul fatto che le donne siano
state (o meno) discriminate, ma rifiuta che si siano sentite discriminate e
s'impegna a prendere misure per evitare che questo genere di casi si ripeta",
indica l'ombudsman.
Di Fabrizio (del 15/01/2011 @ 09:58:56, in Regole, visitato 1834 volte)
Tratto da
Polisblog
14 gennaio 2011: Il 27 settembre scorso Roberto Maroni
dichiarava:
"Nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi nomadi regolari
di Milano e che hanno i titoli per restare in città, saranno ospitate in
alloggi popolari, come originariamente previsto nel piano per
l’emergenza rom. (…) E’ una scelta politica, di saggezza, che mette
d’accordo le sensibilità di tutti, compresa quella di chi vuole
l’assegnazione delle case popolari prima ai milanesi"
E’ notizia di ieri che due delle dieci famiglie del Triboniano che hanno
vinto la causa civile
sono già entrate negli alloggi.
Di Fabrizio (del 14/01/2011 @ 09:49:50, in Regole, visitato 1769 volte)
L'Espresso di Fabrizio Gatti
Ecco la storia di una coppia di rom italiani che ha fatto ricorso contro lo
sgombero
(11 gennaio 2011) Quando si è rom i diritti costituzionali non valgono.
Nemmeno se si è cittadini italiani. Nemmeno se si abita da vent'anni in un campo
autorizzato dal Comune. È il caso di una coppia che vive in via Idro, periferia
est di Milano. Lui, 55 anni, è nato in provincia di Padova. Lei, stessa età, in
Brianza. Le due figlie, ancora minorenni, a Milano.
Tre mesi fa Carmela Madaffari, direttore centrale dell'ufficio comunale
Famiglia, scuola e politiche sociali, ha scoperto che la mamma delle ragazze ha
presunte condanne definitive a carico in base a vecchie sentenze, pronunciate
tra il 1974 e il 1982. Così è scritto nell'ordinanza di sgombero. Per questo il
Comune ha ordinato lo sfratto a tutto il nucleo familiare da eseguire entro 48
ore. L'articolo 12 del regolamento per la gestione dei campi, entrato in vigore
nel 2009, prevede come motivo di revoca dell'autorizzazione la "sopravvenienza
di condanne definitive".
La polizia locale di Milano non fa differenza tra condanne già scontate 37 anni
fa e reati appena commessi. E nemmeno tra condannati e familiari incensurati,
compresi i figli minorenni. Il piano del Comune sta destabilizzando le famiglie
rom lombarde che da anni hanno abbandonato il nomadismo e lavorano nella
metropoli.
La coppia di via Idro ha fatto ricorso. Nel campo di via Idro sono una ventina
le famiglie sotto sfratto per la stessa ragione: "Si tratta in buona parte di
sentenze sospese o di condanne per accattonaggio", spiega Antonio Braidic, tra i
firmatari di una lettera di protesta: "Dal maggio 2009 si parla dello sgombero
del nostro campo. Ma in tutto questo tempo nessuno ci ha mai detto quando
avverrà. E quale sarà il nostro destino di cittadini italiani che in questa zona
abitano, lavorano e mandano a scuola i figli"
Di Fabrizio (del 25/12/2010 @ 09:14:42, in Regole, visitato 2169 volte)
Autogol del Governo che, per mantenere il punto con la politica di
rigore, non si adegua alla direttiva 2008/115; ma le nuove regole si applicano
comunque, anche in Italia. Questure in difficoltà nonostante la circolare del
Capo della Polizia.
24 dicembre 2010 - Scade a mezzanotte il termine imposto dall'Unione europea
agli Stati membri per uniformarsi alla direttiva 2008/115 sul rimpatrio di
cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L'Italia, che aveva
contribuito alla stesura della direttiva al tempo del Governo Prodi, non ha
avuto fretta ed ha lasciato scadere i termini per adeguare il testo unico
immigrazione alle nuove regole. Trascuratezza o scelta politica? Diagnosi
difficile ma, se si valuta la portata della direttiva, che rovescia come un
calzino l'impostazione della Bossi/Fini sulle procedure di espulsione,
sembrerebbe più probabile pensare ad una scelta ragionata. Però, ragionata fino
ad un certo punto. Infatti, da oltre venti anni è pacifico il concetto stabilito
dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea secondo cui "in tutti i casi in cui
alcune disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale,
incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere
dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia
recepito tempestivamente la direttiva nel diritto nazionale sia che l'abbia
recepita in modo inadeguato". Quindi, anche se l'Italia non recepisce la
direttiva 2008/115, quelle disposizioni "incondizionate e sufficientemente
precise" si applicheranno comunque. Ma di fronte all'opinione pubblica il
Governo potrà sempre sostenere: "non siamo stati noi, prendetevela con
l'Europa".
Senza considerare, però, che il mancato adeguamento della Bossi/Fini alla
direttiva comporterà seri problemi, o comunque grande imbarazzo alle questure
che da domani dovranno applicare procedure non scritte nella legge nazionale,
anzi con questa del tutto in contrasto.
Infatti la direttiva prevede un meccanismo "ad intensità graduale crescente"
che di fatto ribalta il sistema attualmente disciplinato dalla Bossi/Fini,
basato sull'automatica ed immediata espulsione. Per la norma europea
l'espulsione deve essere disposta, di norma, non con misure coercitive, ma
attraverso la partenza volontaria del cittadino straniero entro un periodo di
tempo compreso tra sette e trenta giorni, eventualmente prorogabili in presenza
di bambini che frequentano la scuola o di altri legami familiari e sociali. In
questi casi (un po' come prevedeva la vecchia legge "Martelli" del 1990) sarà
possibile imporre l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la
costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o
l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.
Ovviamente la direttiva non esclude l'accompagnamento immediato, ma questo sarà
possibile solo in presenza di concreto rischio di fuga dello straniero, quando
la sua domanda di soggiorno sia stata respinta perché manifestamente infondata o
fraudolenta, o quando la persona costituisce un pericolo per l'ordine pubblico,
la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale; tutte circostanze che devono
essere debitamente motivate.
Altra disposizione immediatamente operativa e parzialmente in conflitto con
la Bossi/Fini è quella relativa alla misura del trattenimento nei CIE che, d'ora
in avanti, sarà possibile solo nei casi di rischio di fuga o quando lo straniero
eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento, salvo che
nel caso concreto possano essere efficacemente applicate altre misure
sufficienti ma meno coercitive.
Come si muoveranno questure e prefetture a partire da domani? Per evitare una
marea di ricorsi contro i provvedimenti di espulsione adottati in contrasto con
la direttiva e quindi destinati a far soccombere l'amministrazione, il Capo
della Polizia ha ritenuto opportuno diramare una circolare per spiegare a
questori e prefetti come impostare i decreti di allontanamento: rispettare i
punti fondamentali della normativa europea, evitare di applicare automaticamente
la Bossi/Fini, valutare in modo approfondito la posizione dello straniero ed
adottare provvedimenti "ad intensità graduale crescente".
(Raffaele Miele)
Di Fabrizio (del 19/12/2010 @ 09:54:16, in Regole, visitato 1816 volte)
Segnalazione di Roberto Malini
di Gabriele Augusto,
clandestinoweb.com
La corte "ha inquadrato la clausola del 'giustificato motivo' tra quelle
destinate in linea di massima a fungere da 'valvola di sicurezza' del meccanismo
repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori
della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del
precetto appaia concretamente 'inesigibile' in ragione, a seconda dei casi, di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo".
Roma, 17 dicembre 2010. Non si può punire lo straniero che in ''estremo stato di
indigenza'', o comunque per ''giustificato motivo'', non ottemperi all'ordine,
seppure reiterato, di allontanamento dall'Italia emesso dal questore. Lo ha
stabilito la Corte Costituzionale, redattore il giudice Gaetano Silvestri,
dichiarando incostituzionale una delle norme inserite nel "pacchetto sicurezza"
del 2009, nella parte che prevede il reato di clandestinità.
Tutto è nato dal tribunale di Voghera che, chiamato a giudicare una donna senza
permesso di soggiorno e più volte espulsa come clandestina, si è rivolto alla
Consulta sostenendo che la donna non aveva potuto lasciare il nostro paese
perché priva di mezzi propri. "Un giustificato motivo", che pero' non è
previsto, dicono i giudici della Corte, dall'art.14, comma 5 quater del testo
unico sull'immigrazione, modificato dal "pacchetto sicurezza".
"Questa Corte ha inquadrato la clausola del 'giustificato motivo' tra quelle
destinate in linea di massima a fungere da 'valvola di sicurezza' del meccanismo
repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori
della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del
precetto appaia concretamente 'inesigibile' in ragione, a seconda dei casi, di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo".
"Un estremo stato di indigenza, che abbia di fatto impedito l'osservanza
dell'ordine del questore nello stretto termine di cinque giorni non diventa
superabile o irrilevante perché permanente nel tempo o perché insorto o
riconosciuto in una occasione successiva".
Per tutto ciò, e tranne che le autorità non procedano con un'esecuzione coattiva
dell'espulsione (procurando il vettore aereo o altri mezzi per lasciare il
territorio nazionale), non si può lasciare allo stesso immigrato clandestino
l'esecuzione del provvedimento perché ''incontra i limiti e le difficolta'
dovuti alle possibilità pratiche dei singoli soggetti''.
Per la Consulta è indispensabile ''un ragionevole bilanciamento tra l'interesse
pubblico all'osservanza dei provvedimenti dell'autorità, in tema di controllo
dell'immigrazione illegale, e l'insopprimibile tutela della persona umana''.
E' ora auspicabile, commenta EveryOne, che si consideri egualmente "non
punibile" lo straniero colpito da espulsione il quale non ottemperi al decreto
ritenendo che, una volta rientrato in patria, si troverà a subire atti di
persecuzione, situazioni di crisi umanitaria o condizioni di povertà
intollerabili.
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