Segnalazione di Roberto Malini
di Gabriele Augusto,
clandestinoweb.com
La corte "ha inquadrato la clausola del 'giustificato motivo' tra quelle
destinate in linea di massima a fungere da 'valvola di sicurezza' del meccanismo
repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori
della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del
precetto appaia concretamente 'inesigibile' in ragione, a seconda dei casi, di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo".
Roma, 17 dicembre 2010. Non si può punire lo straniero che in ''estremo stato di
indigenza'', o comunque per ''giustificato motivo'', non ottemperi all'ordine,
seppure reiterato, di allontanamento dall'Italia emesso dal questore. Lo ha
stabilito la Corte Costituzionale, redattore il giudice Gaetano Silvestri,
dichiarando incostituzionale una delle norme inserite nel "pacchetto sicurezza"
del 2009, nella parte che prevede il reato di clandestinità.
Tutto è nato dal tribunale di Voghera che, chiamato a giudicare una donna senza
permesso di soggiorno e più volte espulsa come clandestina, si è rivolto alla
Consulta sostenendo che la donna non aveva potuto lasciare il nostro paese
perché priva di mezzi propri. "Un giustificato motivo", che pero' non è
previsto, dicono i giudici della Corte, dall'art.14, comma 5 quater del testo
unico sull'immigrazione, modificato dal "pacchetto sicurezza".
"Questa Corte ha inquadrato la clausola del 'giustificato motivo' tra quelle
destinate in linea di massima a fungere da 'valvola di sicurezza' del meccanismo
repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori
della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del
precetto appaia concretamente 'inesigibile' in ragione, a seconda dei casi, di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo".
"Un estremo stato di indigenza, che abbia di fatto impedito l'osservanza
dell'ordine del questore nello stretto termine di cinque giorni non diventa
superabile o irrilevante perché permanente nel tempo o perché insorto o
riconosciuto in una occasione successiva".
Per tutto ciò, e tranne che le autorità non procedano con un'esecuzione coattiva
dell'espulsione (procurando il vettore aereo o altri mezzi per lasciare il
territorio nazionale), non si può lasciare allo stesso immigrato clandestino
l'esecuzione del provvedimento perché ''incontra i limiti e le difficolta'
dovuti alle possibilità pratiche dei singoli soggetti''.
Per la Consulta è indispensabile ''un ragionevole bilanciamento tra l'interesse
pubblico all'osservanza dei provvedimenti dell'autorità, in tema di controllo
dell'immigrazione illegale, e l'insopprimibile tutela della persona umana''.
E' ora auspicabile, commenta EveryOne, che si consideri egualmente "non
punibile" lo straniero colpito da espulsione il quale non ottemperi al decreto
ritenendo che, una volta rientrato in patria, si troverà a subire atti di
persecuzione, situazioni di crisi umanitaria o condizioni di povertà
intollerabili.