Rom e Sinti da tutto il mondo

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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/10/2010 @ 23:42:36, in Europa, visitato 2408 volte)

Notizia importante per quanti hanno seguito per un anno e mezzo gli sviluppi della storia della piccola Natálka: il tribunale ha emesso il proprio giudizio. Mi manca il tempo di tradurre le varie agenzie, questo il lancio di VIRGILIO notizie (segnalato da Alberto Maria Melis)

La foto è presa dalla BBC

Ventidue anni di carcere, ridussero in fin di vita una bimba

Praga, 20 ott. (Apcom-Nuova Europa) - Pena esemplare in Repubblica ceca per i quattro neonazisti che nella primavera del 2009 - con un attacco incendiario contro una casa abitata da una famiglia Rom - ridussero in fin di vita una bambina di due anni, Natalka, provocandole ustioni gravissime in tutto il corpo.

L'attentato fu compiuto come gesto dimostrativo per celebrare il 120esimo anniversario della nascita di Adolf Hilter. Il tribunale di Ostrava, nella Moravia del Nord, oggi ha inflitto 22 anni di carcere a tre degli attentatori, mentre il quarto - incensurato, che li aveva aspettati in auto, per fuggire dopo il raid - è stato condannato a 12 anni di detenzione. I quattro, di età compresa fra 22 e 25 anni, dovranno anche versare un risarcimento complessivo di 17 milioni di corone (circa 600 mila euro). I condannati hanno immediatamente impugnato la sentenza, con un ricorso in appello.

 
Di Fabrizio (del 22/10/2010 @ 09:45:56, in Europa, visitato 1710 volte)

Da Czech_Roma (sulle sterilizzazioni forzate nell'est Europa, QUI)

10-12-2010 Alle donne romanì che sono state vittime di sterilizzazioni forzate è stato negato il risarcimento dal governo ceco, dopo anni che il caso è stato portato alla luce. Su istigazione governativa, le donne romanì furono regolarmente sterilizzate nella ex Cecoslovacchia durante gli anni '70. Anche se queste politiche non esistono più, singoli casi sono stati riportati fino al 2007.

Ieri, un comunicato stampa dell'European Roma Rights Centre (ERRC) notava come il primo ministro ceco avesse espresso il proprio rincrescimento per la pratica, anche se sinora il governo non avesse fatto nessun passo significativo per risarcire le coinvolte.

ERRC ha sottoposto un rapporto sulla sterilizzazione forzata al Comitato sull'Eliminazione della Discriminazione Contro le Donne alla 47a sessione del Comitato a Ginevra. In una dichiarazione scritta al comitato, ERRC ha sollevato preoccupazioni sulle sterilizzazioni forzate avvenute dal 1989 al 2007. La maggior parte delle vittime di questa pratica mancano di un rimedio efficace quando hanno scoperto di essere state sterilizzate dopo anni, e hanno cercato assistenza legale quando ogni reclamo contro i perpetratori o lo stato è andato prescritto.

ERRC ha ricordato all'ONU che il governo ceco ha mancato di prendere le misure opportune per prevenire il verificarsi di sterilizzazioni forzate, dato che legge sul consenso informato non è cambiata.

Si legge nel rapporto ERRC: "Nei 20 casi recentemente venuti alla luce ed accaduti tra il 1989 e il 2007, sembra sia mancato il consenso libero ed informato alle sterilizzazioni. La maggior parte delle donne firmò il proprio consenso all'intervento chirurgico senza essere adeguatamente informate in anticipo sulle conseguenze. Alcune delle donne firmarono sotto costrizione, mentre altre non hanno memoria di aver firmato niente. Una di loro era completamente analfabeta. Alcune donne dicono che a loro non è mai stato chiesto di firmare il consenso." ERRC ha sistematicamente indagato su questi casi assieme con l'associazione di Ostrava "Vivere Insieme".

Attualmente non esiste alcun rimedio efficace per la maggior parte delle donne i cui diritti son stati violati. Secondo Kateřina Červená, avvocato della Lega dei Diritti Umani, sinora soltanto due donne hanno ottenuto un indennizzo dai tribunali. Una ragione è che molte delle donne hanno mai saputo di essere sterilizzate solo parecchi anni dopo l'operazione. Quando hanno cercato assistenza legale, il loro diritto ad un risarcimento da parte dei perpetratori o dallo stato era andato in prescrizione.

Ha detto Gwendolyn Albert al portale di informazioni Romea.cz, presentando a Ginevra il rapporto ERRC: "La Repubblica Ceca dovrebbe seguire l'esempio di paesi come la Svezia, che hanno istituito una propria procedura di risarcimento per le vittime di sterilizzazione forzata. Dato che la maggior parte dei casi è andata in prescrizione, la Repubblica Ceca dovrebbe sviluppare una procedura separata di compensazione. Affrontare la sterilizzazione forzata delle donne rom significa fare i conti col passato".

Concorda Robert Kushen, direttore esecutivo di ERRC: "Il governo ceco deve superare le barriere esistenti nell'accedere alla giustizia, sperimentate dalle donne romanì sterilizzate, e stabilire un meccanismo che possa assicurare un compenso che tutte le donne colpite da questa pratica aberrante. Il governo ceco ha l'opportunità di fornire un esempio guida agli altri paesi dove le le donne romanì sono state coattivamente sterilizzate".

Oltre ad ERRC, anche la Lega per i Diritti Umani ha presentato un rapporto sulla protezione delle donne nella Repubblica Ceca e sui loro vari problemi. Oltre che sulle sterilizzazioni forzate, la Lega ha criticato l'attuale situazione sulle violenze domestiche, come pure le barriere per scegliere liberamente se partorire in casa o negli ospedali. Tra le altre questioni, la Lobby delle Donne Ceche ha fatto presente il fatto che non ci sono donne nell'attuale governo.

Nathalia Odwin

 
Di Fabrizio (del 23/10/2010 @ 09:03:02, in Europa, visitato 1932 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

MicroMega Intervista di Maria Serena Natale, Corriere della Sera, 20 ottobre 2010

Precarietà esistenziale, migrazioni incrociate, paura dello straniero. Zygmunt Bauman, l'eminente sociologo polacco teorico della modernità liquida nata dalla fine delle grandi narrazioni, inquadra il caso rom nella riflessione sull'età delle diaspore e il sentimento d'incertezza che caratterizza le nostre società, diventato fonte di legittimazione alternativa per lo Stato contemporaneo.

Professor Bauman, quali meccanismi vede dietro la linea dura di Sarkozy?
Additare lo straniero come responsabile del malessere sociale sta diventando un'abitudine globale. Nel caso delle espulsioni è in gioco il conflitto inseriti-outsider esaminato mezzo secolo fa da Norbert Elias: più di amici e nemici, gli outsider sono imprevedibili, il senso d'impotenza che deriva dall'incapacità di intuire le loro risposte ci umilia.

Con i rom la dinamica è amplificata?
Sì, perché sono percepiti come perpetui stranieri, colpevoli fino a prova contraria, preceduti da storie di criminalità più o meno accertate ma assenti dai luoghi deputati alla formazione delle opinioni, privi di élite capaci di promuovere le ragioni delle comunità.

Le ansie legate ai flussi migratori sono un tratto dominante di quella che lei descrive come una diaspora universale.
Oggi assistiamo a ondate migratorie organizzate per arcipelaghi planetari e interconnessi di insediamenti etnici, religiosi, linguistici. Ogni Paese è virtualmente bacino di emigrazione e meta di immigrazione, le rotte non sono più determinate da legami imperial-coloniali: queste diaspore frammentate e trasversali ci impongono di ridefinire il rapporto tra identità e cittadinanza, individuo e luogo fisico, vicinato e appartenenza.

Come risponde la politica?
Lo Stato contemporaneo proclama come primo compito del potere la rimozione dei vincoli alle attività orientate al profitto. Diventa così prioritario per i governi trovare al senso di vulnerabilità dei cittadini cause non riconducibili al libero mercato ma a rischi di altra natura. La priorità è la sicurezza, minacciata da pericoli per la persona fisica, la proprietà e l'ambiente che possono venire da pandemie, attività criminali, condotte anti-sociali di sottoclassi, terrorismo globale ma anche da gang giovanili, pedofili, stalker, mendicanti, regimi alimentari insani.

Uno stato d'allerta permanente.
Nel quale è impossibile sapere dove e quando le parole diventeranno carne. La mancata materializzazione di una catastrofe paventata è presentata come il trionfo della ragione governativa su un fato ostile, risultato di vigilanza e cura delle autorità.

Come va ridefinito il patto sociale?
La migrazione universale porta in primo piano e per la prima volta nella storia l'arte del convivere con la differenza. Un'alterità non più concepita come transitoria richiede un ripensamento delle reti sociali, più tolleranza e solidarietà, nuove abilità e competenze.

E come s'innesta questa differenza radicale sul terreno del multiculturalismo?
Forme di vita antagoniste si fondono e separano in una generale assenza di gerarchie: non valgono più ordini di valori consolidati né il principio di evoluzione culturale ma si sviluppano battaglie per il riconoscimento interminabili e non dirimenti.

In che modo risponde la democrazia?
Ha abdicato alla funzione di scoraggiare il ritrarsi dei singoli nella sfera privata, rinunciato a proteggere il diritto delle minoranze a una vita dignitosa. La democrazia non può fondarsi sulla promessa dell'arricchimento. Il suo tratto distintivo è rendere servizio alla libertà di tutti. Ha di fronte una sfida senza precedenti: elevare i principi della coesistenza democratica dal livello degli Stati-nazione a quello dell'umanità planetaria.

(20 ottobre 2010)

 
Di Fabrizio (del 23/10/2010 @ 09:36:31, in Europa, visitato 1825 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

14/10/2010 - Sono apparsi due gruppi su Facebook, richiedenti l'espulsione dei Rom dall'Istria.

Uno dei gruppi "Dignano senza zingari" era riuscito ad attrarre oltre 100 membri, prima di essere chiuso dagli amministratori. Il gruppo chiede la rimozione degli zingari dalla città istriana di Dignano (Vodnjian in croato, ndr), situata a pochi km. da Pola. Si dice nella descrizione: "I maiali sarebbero più acculturati di loro".

Anche se entrambe le pagine sono presto state rimosse dagli amministratori di controllo, pongono importanti domande sulla regione, conosciuta di solito per la sua tolleranza della diversità etnica e religiosa.

Elizabeta Pavlovic, professoressa di sociologia, dice che in tempi di crisi economica non è insolito per alcuni gruppi diventare capri espiatori dei problemi di ognuno.

"La gente da la colpa a chiunque altro, e stanno crescendo il razzismo e l'attività politica della destra. Hanno visto Sarkozy espellere i Rom dalla Francia e si meravigliano sul perché non possa accadere lo stesso a Dignano ed in Istria."

Secondo la sua opinione, molti giovani che aderiscono a gruppi simili non sono quasi coscienti di cosa stiano facendo. Inoltre è più facile essere membro di un gruppo Facebook perché si può essere anonimi.

La polizia istriana non ha ancora fatto nessun annuncio riguardo ad un proprio coinvolgimento nel caso, ma il capo distrettuale Ivan Jakovcic ha condannato il "gruppo intollerante e foriero didisordine".

Ha detto: "Riferirsi ad un gruppo etnico con parole così ingiuriose ed offensive è oltre ogni parametro di civiltà. Una simile intolleranza è in opposizione ai valori su cui costruiamo le nostre vite e lo spirito di comunità".

 
Di Fabrizio (del 01/11/2010 @ 09:24:20, in Europa, visitato 1519 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Blitz notturno in campo rom con fucili e manganelli

Hanno fatto irruzione in un campo Rom incappucciati ed armati fino ai denti, poi hanno cominciato a molestare e minacciare tutti i presenti. Č successo in Francia, da settimane al centro di una dura polemica sull'espulsione dei Rom da parte del governo, dove il commissariato di polizia di Poissy, nel dipartimento delle Yvelines, ha aperto un'indagine dopo la violenta intrusione di diversi uomini nella notte tra mercoledì e giovedi 28 ottobre, in un campo situato a Triel-sur-Seine.

Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, gli uomini sono giunti nel campo verso le due del mattino a bordo di un'auto munita di sirena. Poi sono entrati nei camper, nelle roulottes, impugnando fucili e manganelli, sfondando alcune porte. Diverse persone detto di essere state molestati e minacciate con le armi, mentre una donna sarebbe stata costretta a spogliarsi. Il blitz è durato circa mezzora, durante la quale gli aggressori avrebbero anche esploso diversi colpi in aria. I Rom hanno anche precisato che "erano vestiti come poliziotti".

"Queste famiglie non potranno mai dimenticare ciò che hanno vissuto. Ma la cosa più drammatica è che questi uomini sono andati via con i documenti d'identità di diversi abitanti del campo", dice Annick Omond, del collettivo di sostegno alle famiglie Rom della zona. Nel campo, si legge sul sito internet del settimanale Le Nouvel Observateur, vivono da tempo una trentina di famiglie Rom minacciate di espulsione.

ATS

 
Di Fabrizio (del 02/11/2010 @ 09:19:41, in Europa, visitato 1843 volte)

Da Roma_Daily_News

28/10/2010 TEKIRDAG/ Il quartiere Hacı Evhat è un vecchio insediamento zingaro, da 60 anni nel distretto Malkara di Tekirdağ. L'intrecciatura di cestelli e la stagnatura sono andate dimenticate a Haci Evhat. Molti dei residenti oggi lavorano nelle miniere di carbone.

Il quartiere da molti anni è uno dei più importanti insediamenti rom nella regione della Tracia. Tra i residenti circolano racconti della guerra nazionale turca che mostrano quanto sia antico il quartiere. Uno dei ricordi più drammatici su quel periodo e su una donna che cercava di nascondersi col suo bambino dai soldati invasori. Comprimeva al petto il bambino perché non lo si sentisse piangere e questo causò la morte di lui.

Sino al 1950 la popolazione zingara era bassa. Crebbe con le migrazioni da 72 villaggi zingari verso Malkara dopo il 1950. C'erano state migrazioni da Edirne, Uzunköprü e Tekirdag verso il quartiere accanto ai villaggi di Malkara. Quanti si stabilirono nel quartiere erano generalmente zingari specializzati nell'intrecciare cesti e nella stagnatura. Dicono i più vecchi residenti del quartiere che le loro condizioni di vita erano molto dure. Le case erano costruite con canne. Anche se la maggior parte erano zingari provenienti dai villaggi di Malkara, c'erano tra loro zingari che venivano dalla zone che facevano parte dello scambio di territori del 1924 tra Grecia, Bulgaria e Turchia.

Alcune famiglie iniziarono a lavorare nell'agricoltura e nell'allevamento in fattorie donate dal governo nel periodo 1940-1945. Alcuni svendettero le loro fattorie a causa di bisogni urgenti. Altre famiglie le persero nelle discussioni sulla proprietà della terra. Per alcune famiglie le fattorie iniziarono ad essere inadeguate con la crescita della popolazione ed anche loro vendettero la terra. Solo qualche famiglia si dedica all'agricoltura. Molte di loro vivono nei villaggi di Malkara ed hanno condizioni di vita migliori comparate alle altre famiglie zingare.

Negli anni '60 alcuni residenti andarono all'estero per lavoro. Gli altri continuarono con i lavori di fabbricazione di cesti, stagnini, fabbri ed attività agricole. Anche se la musica era un'attività comune tra gli zingari arrivati dalla Bulgaria e dalla Grecia, i loro discendenti oggi non sono musicisti. Oggi nel quartiere non resistono più le tradizionali forme di sussistenza [...], i residenti ne hanno trovate altre , come il lavoro nelle miniere di carbone. Ci sono almeno 20 miniere di carbone a Malkara. Vengono pagati 20 lire turche (14 $) per un intero giorno di lavoro. Alcuni dei residenti raccolgono i pezzi di carbone caduti dai carrelli, per rivenderli. Alcuni residenti nella raccolta rifiuti per il comune. Nel quartiere ci sono anche zingari macellai e proprietari di bar e caffè.

Ci sono tre gruppi di dialetto romanes parlati dai residenti: il  Kalayci, lo Sepetçi ed i dialetti dei Rom migrati dalla Grecia e dalla Bulgaria.

I problemi principali del quartiere riguardano l'istruzione e la disoccupazione. Specialmente i residenti più anziani ricordano Tahsin Eren con gran rispetto, a causa del suo appoggio al quartiere quando era presidente del comune.

Sono 7.000 i Rom che vivono oggi nel quartiere [...].

Çingeneyiz Tekirdağ - www.cingeneyiz.org

 
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:19:49, in Europa, visitato 1711 volte)

Da Roma_und_Sinti

Berlino, 02/11/2010 - Il premio Nobel per la letteratura Günter Grass, martedì ha accusato la Germania di "spaventosa violazione dei diritti umani", dicendo che i rimpatri di Rom kosovari era uno "scandalo" più grande della deportazione francese degli zingari.

Lo scrittore ha fatto l'accusa in una lettera aperta al ministro degli interni Thomas de Maiziere.

La sua protesta riguarda la politica tedesca di rinviare 8.500 Rom in Kosovo, da cui erano arrivati come rifugiati negli anni'90, ora che i loro permessi sono scaduti.

Berlino ha negato di pianificare deportazioni di massa, ma dice che continuerà, come in passato, a rimandarli gradualmente a casa.

Grass a sua volta accusa il governo di pianificare deportazioni che metterebbero "in ombra" le espulsioni francesi dei Rom verso la Romania.

Scrive nella lettera: "Mentre tutta l'Europa guarda la Francia ed è furiosa per i Rom ed i profughi espulsi verso la povertà della Romania, è in corso un'operazione di deportazione su larga scala dalla Germania verso il Kosovo."

Grass, 83 anni, chiama i rimpatri "uno scandalo per la Germania ed una macchia sulla pace Europea." Aggiunge che la Germania sta mandando in miseria all'estero, bambini nati sul suo suolo che hanno vissuto nel paese per 15 anni.

"Niente alloggi, cibo, contatti sociali, niente scuole o lavoro: questa è la realtà per la gente ricacciata in Kosovo," aggiunge.

"E' tempo ormai di agire. Questa ingiustizia cresce di giorno in giorno," dice. "Nel nome della fondazione, faccio appello alla Germania Federale ed ai governi dei Länder perché modifichino questa decisione."

Grass e sua moglie Ute hanno contribuito alla nascita della Fondazione per il Popolo Rom nel 1997. Grass, autore de Il Tamburo di Latta, ha vinto il Nobel per la letteratura nel 1999.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha innescato una polemica politica a settembre, quando ha giustificato i rastrellamenti negli accampamenti rom dicendo che la Germania stava pianificando deportazioni simili. I Rom in Germania generalmente vivono in appartamenti pubblici piuttosto che in accampamenti abusivi.

© Deutsche Presse-Agentur

 
Di Fabrizio (del 08/11/2010 @ 09:59:03, in Europa, visitato 1726 volte)

Da Czech_Roma

European City Ruolo della scena artistica ad Ostrava nel perpetuare gli stereotipi "Rom", by Kathrin Buhl(1)

Premessa: Questo articolo riguarda la mutua relazione tra gli stereotipi persistenti e l'esperienza vissuta dei Rom ad Ostrava. L'autrice esamina aspetti della scena artistica alla ricerca di quale particolare dimensione sociale contribuisca o si discosti dagli stereotipi, ed in che misura i componenti delle comunità rom siano coinvolti nel processo della creazione artistica. Un punto chiave è che quando la popolazione non-Rom presenta i Rom nell'arte, il prodotto si afferma come arte. Ma quando i Rom, "l'oggetto" dell'arte, sono attivamente coinvolti nel processo di creazione artistica, appaiono maggiormente il rifiuto e la discriminazione. Questo paradosso esistente rivela un meccanismo attraverso il quale vengono mantenuti nei discorsi pubblici e nelle arti il razzismo e la discriminazione.

La storia dei membri delle comunità rom in Europa(2) è stata caratterizzata per secoli da persecuzioni, discriminazioni ed esclusione sociale. Vivendo ai margini della società, in molte nazioni il quadro "dei Rom" incontra uno stereotipo comune che differisce solo leggermente da regione a regione. Conosciuti come "Gypsy", "Zigeuner", "Gitans" o "Cíngaros", per molti questi termini evocano quadri di persone scure in abiti colorati che continuamente danzano e suonano di fronte alle loro carovane. Ma oltre a queste spesso distorte immagini romantiche, gli "zingari" sembrano anche avere una vasta gamma di esperienze sociali negative, come povertà, senza fissa dimora e criminalità.

Ostrava, come pure un gran numero di altre città nella Repubblica Ceca, ha una numerosa popolazione rom. Con quasi 320.000 abitanti, la città post-industriale è la terza città della Repubblica Ceca, ed ha una popolazione rom stimata tra i 20.000 e i 30.000 abitanti(3), pochi - anche se il numero non è certo. Questo perché molti di origine rom che vivono ad Ostrava non intendono identificarsi pubblicamente come tali, ma invece si considerano e si dichiarano pubblicamente come Cechi. Questo fatto sfida i tempi "moderni", un periodo apparentemente caratterizzato da democrazia, leggi anti-discriminazione, la retorica dei diritti umani, ed il molto lodato arricchimento della popolazione con "diversità" culturale ed un'aperta conversazione con la storia, si senta ancora la necessità di nascondere le proprie origini.

Una ragione per cui molti Rom non possono identificarsi come appartenenti alle comunità rom è che spesso incontrano il rifiuto o la discriminazione nelle società in cui vivono. Nel passato recente ci sono stati ripetuti esempi di brutalità contro le famiglie rom, da parte di sconosciuti e talvolta (nei casi diventati pubblici) da parte della polizia, in tutta Europa. Ma i membri della comunità rom non sono esclusi dalla società maggioritaria tramite la sola violenza, o l'aperta discriminazione e le offese. Ci sono anche ragioni più profondamente radicate per cui i gruppi etnici continuano ad essere socialmente esclusi(4).

In quanto tale, ritengo che nelle società sia nascosto un sofisticato sistema di discriminazione che nasconda come lavori o avvenga su base giornaliera la discriminazione dei componenti delle comunità rom. Tra l'altro, lo scopo di questo articolo è dimostrare questa tesi. Ciò che farò sarà presentare alcuni esempi che possano servire a sostanziare la mia affermazione. Questi esempi offrono modi suggestivi di avvicinarsi alle più ampie - e più difficili da risolvere - questioni sociali, quali il perché quel popolo con origini differenti non sia in grado o sia incapace di diventare parte integrata della società, nonostante le politiche sociali in atto. O, per dirla differentemente, come le diverse dimensioni della società contribuiscano a perpetrare le diseguaglianze esistenti tra i gruppi sociali.

Mi avvicino alle questioni con una ricerca nel settore artistico di Ostrava e come si leghi alla comunità rom. Mi chiedo se ed in quale misura le arti, che tradizionalmente hanno ricoperto il ruolo di rappresentare le rivendicazioni dei popoli e dar loro una voce, accendano una luce sulla situazione dei Rom da prospettive insolite o differenti. Per fare questo, ho tenuto la traccia di mostre che hanno affrontato ad Ostrava varie questioni dall'anno 2002(5).

Ho trovato che rispetto alla relativamente ricca scena artistica e culturale di Ostrava, l'arte connessa a "questioni rom" è sottorappresentata. Da un lato, ciò si applica all'arte "su" o "circa" i componenti delle comunità rom, e dall'altra all'arte nei cui processi creativi sono coinvolti gli stessi Rom in quanti artisti, consulenti o registi. Dato che i Rom costituiscono quasi un decimo della popolazione totale di Ostrava, diventa particolarmente urgente la ragione di questa sottorappresentazione.

Mentre raccoglievo materiale da esaminare, ho parlato con persone collegate in differenti contesti con membri delle comunità rom. Tra gli altri, inclusa la preside di una scuola pubblica, dr. Soňa Tarhoviská, ed un'insegnante, Blanka Kolářová, della stessa scuola "Církevní základní škola a mateřská škola Přemysla Pittraand". Con 300 bambini iscritti, di cui solo due non sono rom, la scuola è unica nel suo concetto artistico pedagogico. Dato che la scuola serve una comunità che sotto molti aspetti è socialmente svantaggiata, la scuola, sin da quando è stata fondata nel 1993, ha ospitato o partecipato a diversi progetti artistici, che vanno dalla pittura alle produzioni teatrali, o spettacoli di musica e danza.

Poiché il raggio d'influenza della scuola ed il gruppo coinvolto dall'arte prodotta dai bambini non è il grande pubblico ma le famiglie degli alunni, non fa parte dell'auto-concezione della scuola di contribuire a formare l'opinione pubblica sui Rom. Secondo Blanka Kolářová i progetti artistici, di cui una decina finanziati dalla città o dall'Unione Europea, hanno più lo scopo di aiutare i bambini invece che dar loro la possibilità di esprimersi. Un secondo e forse più importante obiettivo dei progetti artistici è che i bambini, che nei progetti presentano le vite delle loro famiglie, imparino di essere accettati come figli di famiglie rom. Secondo Blanka Kolářová, la maggior parte dei bambini si vergogna di se stessi e di essere parte di famiglie rom. I progetti artistici servono come approccio nel trattare il concetto di identità e a sviluppare l'accettazione sino ad un certo grado di autostima.

La scuola non solo si comprende come un contributo al lavoro esplicativo rivolto ad una sfera di pubblico più vasta. Diventa invece evidente che il suo approccio si basa sul livello base per un miglioramento dei bambini interessati e delle loro reali situazioni familiari.

Poiché la scuola non raggiunge il pubblico, la risposta non è esattamente valutabile. Però la preside stima che, se raggiungessero il pubblico coi loro progetti, la risposta sarebbe positiva. Sono conclusioni tratte dalle reazioni del pubblico alle esibizioni dei bambini nelle tradizionali danze e musiche rom che hanno avuto luogo ad un festival annuale di Ostrava.

Ci fu una motivazione simile nell'aiutare le famiglie dei bambini a sviluppare e rafforzare il senso di autostima e identità, secondo il direttore del teatro "Divadlo Jiřího Myrona". Ha fatto recitare i figli delle delle famiglie rom colpite dall'inondazione di Ostrava nel 1997 per l'esecuzione del musical "AIDA". La risposta del pubblico fu, come riportata dai media, abbastanza buona.

In passato, ci sono stati progetti artistici che in qualche modo hanno coinvolto membri delle comunità rom, non solo come soggetti delle opere artistiche, ma soprattutto come designer attivi delle mostre o degli spettacoli. In questi progetti, la risposta del pubblico è stata  differente da quella dei progetti in cui i Rom (soprattutto bambini) hanno partecipato in quanto persone socialmente svantaggiate o vittime.

Un esempio è un'esposizione che ha avuto luogo nel Museo di Belle Arti "Dům umění" di Ostrava, nel 1999-2000. Un gruppo di studenti universitari ed una stazione radio erano responsabili della mostra che presentava fumetti disegnati da bambini rom. Originariamente era programmata alla Galleria Nazionale di Praga, ma in seguito il direttore rifiutò di esporre "arte rom" nel suo museo. Soltanto dopo il forte impegno di persone influenti, il progetto venne finalmente finanziato ed esposto nel Museo di Belle Arti "Dům umění". Nonostante la resistenza del direttore, il pubblico ha risposto positivamente alla mostra e le persone coinvolte hanno detto di sentire un senso di rispetto da questa esperienza.

L'idea dietro quel progetto era di aprire un sito importante di cultura pubblica, come un museo, perché i Rom mostrassero i loro lavori come artisti e come visitatori del museo interessati nel vedere l'arte dei Rom. Le difficoltà di accesso che gli iniziatori hanno dovuto affrontare per entrare in un campo come quello del Museo di Belle Arti, rappresenta solo un'idea dell'assenza di qualsiasi accettazione del livello intellettuale per chi appartiene alla comunità rom.

Se questi esempi possono essere considerati rappresentativi, confrontando i differenti approcci all'arte rom ed ai differenti livelli in cui l'arte rom è rappresentata, diventa ovvio quanto segue:

Quando il progetto artistico viene inquadrato sia per aiutare un relativamente passivo protagonista (una vittima o un bambino) o inteso come un progetto più o meno pedagogico, come parte di un festival che ha luogo soltanto in un determinato periodo, la rappresentazione di una cultura (nel caso dei Rom, danze e musiche) stereotipata (che arriva assieme agli aspetti "noti") volta all'intrattenimento, sembra essere accettata. Ma appena il coinvolgimento dei Rom è trasformato da oggetto di assistenza in soggetto attivo, o quando sono percepiti come partecipanti alla creazione artistica in quanto artisti o come parte della popolazione generale - come un potenziale visitatore - che era antecedentemente riservato ai non rom, i Rom sembrano avere più difficoltà nell'essere accettati o legittimati. Accettare persone in questa seconda dimensione sociale, dove ci si incontra in posti come gallerie d'arte, significherebbe accettarsi come uguali. Fintanto che la società interagisce con "i Rom" soltanto nel perpetuare gli stereotipi, attraverso questi si mantiene il controllo. Per esempio, possiamo parlare di loro, ma non con loro. Così, è facile mantenere una certa immagine, uno stereotipo che ci permette di trattarli in un certo modo. Fintanto che la società non permette ai Rom di parlare in prima persona e quindi di poter generare un'(auto)concezione di se stessi, noi non avremo da temere che possano variare la loro immagine, costruita e manifestata attraverso discorsi che controllino e giustifichino il modo in cui la società agisce con i Rom.

Lascerò alla discrezione del lettore considerare se il suggestivo argomento fatto sull'arte recipiente nel museo, possa essere applicabile alle differenti sfere della società, quali i luoghi di lavoro, il vicinato, o le istituzioni educative. Inoltre, rimane la questione di come questa assegnazione di ruolo manifestata da Rom e non Rom possa risolversi attraverso i discorsi pubblici e le regole istituzionali.

1) Kathrin Buhl studia scienze culturali e scienze politiche all'Università di Brema

2) Seguendo l'esempio di Rainer Mattern userò in tutto questo articolo i termini "comunità rom" o "popolo rom" riguardo a Sinti e Rom, Askali ed Egizi, citato in Mattern, R. (2009). Swiss-Aid-to-Refugees-Country analysis, Kosovo: About the Repatriation of Roma. Bern, Swiss-Aid-to-Refugees-Country Analysis.

3) Agarin, T., Brosig, M. (2009). "Minority integration in Central Eastern Europe: between ethnic diversity and equality." Editions Rodopi B.V. Last accessed October 4, 2010 at http://books.google.de/books?id=182K1gZFAuoC&pg=PA307&dq=ostrava+population+statistics&ei=BuHmS_iUAoyqywSLhNDKCQ&cd=9#v=onepage&q=ostrava%20population%20statistics&f=false

4) Come esempio, è stato pubblicato un documento sulla discriminazione dei Rom, sulla base di un lavoro sul campo nel 2008 in un rapporto della Commissione Europea: Discriminazione nell'Unione Europea, Percezioni, Esperienze ed Atteggiamenti.

5) Informazioni ricevute da Kumar Vishwanathan - Vivere Insieme, OnG di Ostrava sui diritti dei rom.

 
Di Fabrizio (del 09/11/2010 @ 09:59:16, in Europa, visitato 1611 volte)

Segnalazione di Sarci Lm

(clicca per vedere le foto)

Tra nostalgia e miseria, ostacolati da criminalità e discriminazione, i gitani di Mosca faticano ad integrarsi nella società moderna. Russia Oggi è andata a trovarli

Ve lo dico io: il problema degli zingari, è che non ce n'è uno che lavori". Un giovane poliziotto russo sta visitando il villaggio rom di Possiolok Gorodishy, a circa 150 km da Mosca. Uniforme con giacca di pelle, capelli corti biondi e occhi chiari, assume un'aria sarcastica nel dire la sua a Georgij Šekin, alias Yalush in lingua rom, che lavora per l'organizzazione interregionale russa in difesa dei rom, e al vecchio Gendar, l'anziano del villaggio.

Gendar si difende fischiando tra i denti che gli mancano mentre il poliziotto se ne sta andando: "I gitani non sono istruiti, ecco perché non trovano lavoro nella società di oggi".
Gendar è il baro, ossia "l'anziano" del villaggio. In questo tabor (parola antica per "accampamento") nella regione di Vladimir vivono gitani del gruppo etnico dei Caldarari, uno di quelli che ha meglio conservato i propri usi e costumi; erano tutti nomadi nel 1956, quando l'Unione Sovietica ha costretto gli zingari a insediarsi in modo sedentario. I Caldarari, originari dell'Europa orientale, erano per tradizione mercanti di cavalli o mastri ferrai. In seguito all'avvento del comunismo alcuni di loro hanno convertito le loro attività in aziende nel settore del riscaldamento. Ma qui, nel villaggio, nessuno ha avuto successo. "Non facciamo niente tutto il giorno. Stiamo ad aspettare che il tempo passi". Una dozzina di uomini vestiti di scuro con giacche di pelle sta in piedi con le mani in tasca. Dietro di loro corre la ferrovia che costeggia il tabor, fatto di case in legno allineate lungo la strada centrale, secondo la tradizione russa. Continua Gendar : "I pochi che hanno la macchina lavorano occasionalmente come fuochisti e riescono a sfamare la famiglia. Ma quelli che non hanno una macchina? Beh, rubano. Č semplice, per i bambini".

Entriamo in casa di Gendar. "Tutto quello che c'è di bello qui dentro risale al comunismo. In quel tempo non c'erano né poveri né ricchi", racconta con rimpianto. "Quando non si aveva un lavoro si percepiva una disoccupazione". I muri sono tappezzati con lo splendore dell'epoca sovietica esaltato da tendaggi rosa e gialli, e i divani sono rivestiti con teli dai colori vivaci. Adagiata su un divano la madre, in abito blu, fuma e mostra un sorriso sicuro. "Vuoi vedere il filmato del matrimonio di mia nipote ?". Una bella ragazza di quindici anni fa una ruota con la sua gonna arancio e fa tintinnare le medaglie di cuoio: seguo la scena con la coda dell'occhio mentre la donna porta il tè, il burro e dei funghi marinati. "Dimenticavo… vedi, non abbiamo più corrente".

Pur non rappresentando più, in Russia, una popolazione nomade, l'inoperosità dei gitani è legata alla loro mancata integrazione nel sistema economico moderno, urbano e concorrenziale. Sin dai tempi del comunismo alcuni gruppi rom, in particolare i "Russka Roma", che sotto il regime zarista cantavano per i nobili e che oggigiorno sono il gruppo più integrato, si erano specializzati nel commercio di contrabbando, allora attività di nicchia. All'epoca le merci erano ridotte. Si trattava di un'attività illegale ma non criminale. "Ma in seguito alla Perestrojka in tutte le nazioni russe si è iniziato a commerciare e i gitani, per lo più analfabeti, non sono stati al passo", questa la spiegazione di Marianna Seslavinskaya, una dei dirigenti dell'unione interregionale russa in difesa dei rom, Roma Union.

Marianna Sleslavinskaya e il marito, Georgij Tzvetkov, vedono nell'istruzione dei gitani una priorità assoluta per l'integrazione della cultura rom. Entrambi lavorano in un laboratorio di ricerca presso l'Istituto governativo di lingue di Mosca, ma i mezzi a loro disposizione sono davvero scarsi: sono solo due per tutto il territorio russo, su cui si stima la presenza di un numero di gitani tra i 180.000 e i 400.000. "Non siamo circoscritti a una regione, come la maggior parte delle minoranze in Russia e nessuno si occupa di finanziare la trasmissione della nostra cultura. Ai bambini rom che vanno a scuola a sei anni viene insegnato il russo come se fosse la loro lingua madre, mentre loro parlano la lingua rom". Nel 1927 le autorità avevano avviato un programma di insegnamento per i nomadi, ma Stalin l'ha revocato nel 1938 come preludio alla sua campagna anti-cosmopolita.

Continua Marianna: "Č necessario un programma che insegni ai gitani inizialmente la loro lingua e, in seguito, la cultura russa. Perché un gitano che perde la sua cultura non può nemmeno diventare un vero russo. Si trasforma in un escluso. Istruire i rom salvaguardando la loro identità è l'unica soluzione possibile per far sì che si adattino alla società attuale. Così potranno trovare lavoro senza essere ostacolati da problematiche identitarie né cadere nella povertà e nella criminalità".

 
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 08:58:03, in Europa, visitato 1628 volte)

Presseurope Una settimana da rom
10 novembre 2010 ADEVĂRUL BUCAREST

Un giornalista si cala nei panni di uno zingaro per comprendere meglio il "problema" che divide l'Europa. E scopre che il disprezzo per la diversità è forte, ma la discriminazione è dovuta soprattutto alla povertà.

Cristian Delcea
Mai prima d'ora i rom erano stati tanto al centro del dibattito pubblico. Quest'anno sono stati espulsi dalla Francia ottomila zingari romeni, anche se la metà di loro vi ha già fatto ritorno. Quali speranze hanno di essere accolti in Romania? Io ho cercato di scoprirlo indossando per una settimana i panni dello zingaro-tipo: cappello, camicia variegata, giacca di pelle, pantaloni di velluto. Mi sono lasciato crescere i baffi. La pelle scura l'avevo già, grazie a dio.

Ho iniziato da Piazza dell'Università a Bucarest. C'erano alcuni studenti ubriachi che si sono fatti beffe di me, gridandomi dietro quegli insulti arci-noti nella lingua zigana: “mucles” (chiudi il becco!), “bahtalo” (buona fortuna!), “sokeres” (come va?). Un tipo biondo grande e grosso mi ha scattato qualche fotografia, poi ha fotografato le bottiglie allineate sul marciapiedi, i cani, i mendicanti. Probabilmente, sul suo computer in Scandinavia la mia fotografia sarà etichettata “spazzatura a Bucarest”.

Quella stessa sera, sul tardi, sono andato al Teatro Nazionale. La gente che mi stava intorno non era in verità lieta della mia presenza, ma nessuno ha detto nulla. Ho sentito le stesse risate di prima, provenienti da un gruppo di giovani. Mi è sembrato che siano proprio loro i più cattivi verso gli zingari. Ti ridacchiano sempre dietro le spalle. Può anche darsi che i loro sguardi facciano più male ancora dell'occhiata crudele di Nicolas Sarkozy, il presidente francese.

Vorremmo che gli zingari profumassero
Da noi ci sono campagne per l'integrazione e l'alfabetizzazione dei rom, ma non ci sono campagne perché la gente eviti di ridere alle spalle di uno zigano per strada. Ma questa non è discriminazione. Nessuno mi ha cacciato da un bar o da un ristorante. Finché hanno incassato i miei soldi, mi hanno accolto a braccia aperte. A esser vittima di discriminazione in Romania non sono gli zingari, bensì i poveri.

Vorremmo che gli zingari profumassero e amassero l'arte, ma nessun datore di lavoro vuole assumere uno zingaro. E senza soldi lo zingaro precipita nella miseria, oppure cerca dei mezzi non convenzionali per procurarseli. Ho cercato di ricorrere ai mezzi convenzionali, ho fatto tutto quanto era in mio potere per farmi assumere. Ho consultato la pagina delle offerte di lavoro sui giornali per operai non qualificati, lavamacchine, autodemolitori.

A telefono mi hanno detto che posti di lavoro ne avevano ancora, ma quando sono arrivato alcuni mi hanno semplicemente detto “Vattene, zingaro!”, altri mi hanno scacciato insultandomi e dicendo: “Non assumiamo più nessuno!” Perfino i netturbini mi hanno respinto. La figlia del capo mi ha guardato dietro gli occhiali e mi ha detto: "Non assumiamo. Non l'abbiamo mai fatto". Il che significa, indubbiamente, che gli spazzini che si davano il cambio in cortile devono essersi tramandati quel lavoro di padre in figlio.

Sulla strada
Pensavo, in ogni caso, che una certa solidarietà esistesse. Se non nella popolazione, quanto meno tra automobilisti. Alla periferia di Bucarest ho forato una gomma, più o meno di proposito. Ho trascorso più di tre ore sul ciglio della strada, gesticolando, facendo segno agli altri automobilisti di passaggio di aver bisogno di aiuto. Ho letto parolacce e ingiurie sulle labbra di alcuni. Altri mi hanno suonato dietro il clacson ridendo. Uno ha perfino fatto finta di venirmi addosso. Ero completamente solo. Centinaia di persone mi sono passate accanto senza prestare soccorso. In quel preciso momento ho compreso perché gli zingari si spostano in gruppo: se restassero soli morirebbero.

Alla fine si è fermata una vecchia Skoda Octavia. Ne è sceso un disgraziato sulla cinquantina, che indossava una salopette sporca. Nei due minuti necessari ad aiutarmi a sostituire la ruota, mi ha aperto il suo cuore: "Ti avevo visto, due ore fa, quando mi avevi fatto segno di fermarmi. Ti ho guardato nello specchietto retrovisore e mi sono pentito di non essermi fermato subito. Mi sono ripromesso, se tu fossi stato ancora qui al mio ritorno, di fermarmi. Ecco: credi che abbia fatto una buona azione?" A testa bassa gli ho risposto: "Sì, signore".

Ripartendo per Bucarest mi sono fermato a fare benzina. Un impiegato della stazione di servizio è uscito dal gabbiotto un po' impaurito e mi ha chiesto: "Ti sei rifornito alla pompa 5?" No, alla pompa 4. Alla pompa 5 avevano fatto benzina alcuni zingari a bordo di un'automobile dalle targhe gialle (quelle temporanee delle automobili appena acquistate in Germania, difficili – per non dire impossibili – da rintracciare). Avevano fatto il pieno e si erano dimenticati di pagare. Mi sono voluto illudere che anche loro fossero giornalisti alle prese con un esperimento giornalistico.

Questo articolo finisce dove è iniziato, in Piazza dell'Università. Credo di aver concluso ben poco, di non aver trovato una soluzione al problema dei rom. Come vuole la società che vada a finire per loro? Dopo essere stato trattato come uno zingaro per sette giorni, oserei dire che la risposta l'ho trovata sulla parete di una vecchia casa, dove qualcuno ha riportato un versetto del vangelo (Giovanni 3,7): “Bisogna che voi siate generati di nuovo”. E in questo caso non si tratta di una metafora. (traduzione di Anna Bissanti)

 

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