Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/10/2010 @ 23:42:36, in Europa, visitato 2408 volte)
Notizia importante per quanti hanno seguito per un anno e mezzo gli
sviluppi della storia della piccola
Natálka:
il tribunale ha emesso il proprio giudizio. Mi manca il tempo di tradurre le
varie agenzie, questo il lancio di
VIRGILIO notizie (segnalato da Alberto Maria Melis)
La foto è presa dalla
BBC
Ventidue anni di carcere, ridussero in fin di vita una bimba
Praga, 20 ott. (Apcom-Nuova Europa) - Pena esemplare in Repubblica ceca per i
quattro neonazisti che nella primavera del 2009 - con un attacco incendiario
contro una casa abitata da una famiglia Rom - ridussero in fin di vita una
bambina di due anni, Natalka, provocandole ustioni gravissime in tutto il corpo.
L'attentato fu compiuto come gesto dimostrativo per celebrare il 120esimo
anniversario della nascita di Adolf Hilter. Il tribunale di Ostrava, nella
Moravia del Nord, oggi ha inflitto 22 anni di carcere a tre degli attentatori,
mentre il quarto - incensurato, che li aveva aspettati in auto, per fuggire dopo
il raid - è stato condannato a 12 anni di detenzione. I quattro, di età compresa
fra 22 e 25 anni, dovranno anche versare un risarcimento complessivo di 17
milioni di corone (circa 600 mila euro). I condannati hanno immediatamente
impugnato la sentenza, con un ricorso in appello.
Di Fabrizio (del 22/10/2010 @ 09:45:56, in Europa, visitato 1710 volte)
Da
Czech_Roma (sulle sterilizzazioni forzate nell'est Europa,
QUI)
10-12-2010 Alle donne romanì che sono state vittime di sterilizzazioni forzate è stato
negato il risarcimento dal governo ceco, dopo anni che il caso è stato portato
alla luce. Su istigazione governativa, le donne romanì furono regolarmente
sterilizzate nella ex Cecoslovacchia durante gli anni '70. Anche se queste
politiche non esistono più, singoli casi sono stati riportati fino al 2007.
Ieri, un comunicato stampa dell'European Roma Rights Centre (ERRC) notava
come il primo ministro ceco avesse espresso il proprio rincrescimento per la
pratica, anche se sinora il governo non avesse fatto nessun passo significativo
per risarcire le coinvolte.
ERRC ha sottoposto un rapporto sulla sterilizzazione forzata al Comitato
sull'Eliminazione della Discriminazione Contro le Donne alla 47a
sessione del Comitato a Ginevra. In una dichiarazione scritta al comitato, ERRC
ha sollevato preoccupazioni sulle sterilizzazioni forzate avvenute dal 1989 al
2007. La maggior parte delle vittime di questa pratica mancano di un rimedio
efficace quando hanno scoperto di essere state sterilizzate dopo anni, e hanno
cercato assistenza legale quando ogni reclamo contro i perpetratori o lo stato è
andato prescritto.
ERRC ha ricordato all'ONU che il governo ceco ha mancato di prendere le
misure opportune per prevenire il verificarsi di sterilizzazioni forzate, dato
che legge sul consenso informato non è cambiata.
Si legge nel rapporto ERRC: "Nei 20 casi recentemente venuti alla luce ed
accaduti tra il 1989 e il 2007, sembra sia mancato il consenso libero ed
informato alle sterilizzazioni. La maggior parte delle donne firmò il proprio
consenso all'intervento chirurgico senza essere adeguatamente informate in
anticipo sulle conseguenze. Alcune delle donne firmarono sotto costrizione,
mentre altre non hanno memoria di aver firmato niente. Una di loro era
completamente analfabeta. Alcune donne dicono che a loro non è mai stato chiesto
di firmare il consenso." ERRC ha sistematicamente indagato su questi casi
assieme con l'associazione di Ostrava "Vivere Insieme".
Attualmente non esiste alcun rimedio efficace per la maggior parte delle
donne i cui diritti son stati violati. Secondo Kateřina Červená,
avvocato della Lega dei Diritti Umani, sinora soltanto due donne hanno ottenuto
un indennizzo dai tribunali. Una ragione è che molte delle donne hanno mai
saputo di essere sterilizzate solo parecchi anni dopo l'operazione. Quando hanno
cercato assistenza legale, il loro diritto ad un risarcimento da parte dei
perpetratori o dallo stato era andato in prescrizione.
Ha detto Gwendolyn Albert al portale di informazioni Romea.cz, presentando a
Ginevra il rapporto ERRC: "La Repubblica Ceca dovrebbe seguire l'esempio di
paesi come la Svezia, che hanno istituito una propria procedura di risarcimento
per le vittime di sterilizzazione forzata. Dato che la maggior parte dei casi è
andata in prescrizione, la Repubblica Ceca dovrebbe sviluppare una procedura
separata di compensazione. Affrontare la sterilizzazione forzata delle donne rom
significa fare i conti col passato".
Concorda
Robert Kushen, direttore esecutivo di ERRC: "Il governo ceco deve superare le
barriere esistenti nell'accedere alla giustizia, sperimentate dalle donne romanì
sterilizzate, e stabilire un meccanismo che possa assicurare un compenso che
tutte le donne colpite da questa pratica aberrante. Il governo ceco ha
l'opportunità di fornire un esempio guida agli altri paesi dove le le donne
romanì sono state coattivamente sterilizzate".
Oltre ad ERRC, anche la Lega per i Diritti Umani ha presentato un rapporto
sulla protezione delle donne nella Repubblica Ceca e sui loro vari problemi.
Oltre che sulle sterilizzazioni forzate, la Lega ha criticato l'attuale
situazione sulle violenze domestiche, come pure le barriere per scegliere
liberamente se partorire in casa o negli ospedali. Tra le altre questioni, la
Lobby delle Donne Ceche ha fatto presente il fatto che non ci sono donne
nell'attuale governo.
Nathalia Odwin
Di Fabrizio (del 23/10/2010 @ 09:03:02, in Europa, visitato 1932 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
MicroMega Intervista di Maria Serena Natale, Corriere della Sera,
20 ottobre 2010
Precarietà esistenziale, migrazioni incrociate, paura dello straniero. Zygmunt
Bauman, l'eminente sociologo polacco teorico della modernità liquida nata dalla
fine delle grandi narrazioni, inquadra il caso rom nella riflessione sull'età
delle diaspore e il sentimento d'incertezza che caratterizza le nostre società,
diventato fonte di legittimazione alternativa per lo Stato contemporaneo.
Professor Bauman, quali meccanismi vede dietro la linea dura di Sarkozy?
Additare lo straniero come responsabile del malessere sociale sta diventando
un'abitudine globale. Nel caso delle espulsioni è in gioco il conflitto
inseriti-outsider esaminato mezzo secolo fa da Norbert Elias: più di amici e
nemici, gli outsider sono imprevedibili, il senso d'impotenza che deriva
dall'incapacità di intuire le loro risposte ci umilia.
Con i rom la dinamica è amplificata?
Sì, perché sono percepiti come perpetui stranieri, colpevoli fino a prova
contraria, preceduti da storie di criminalità più o meno accertate ma assenti
dai luoghi deputati alla formazione delle opinioni, privi di élite capaci di
promuovere le ragioni delle comunità.
Le ansie legate ai flussi migratori sono un tratto dominante di quella che
lei descrive come una diaspora universale.
Oggi assistiamo a ondate migratorie organizzate per arcipelaghi planetari e
interconnessi di insediamenti etnici, religiosi, linguistici. Ogni Paese è
virtualmente bacino di emigrazione e meta di immigrazione, le rotte non sono più
determinate da legami imperial-coloniali: queste diaspore frammentate e
trasversali ci impongono di ridefinire il rapporto tra identità e cittadinanza,
individuo e luogo fisico, vicinato e appartenenza.
Come risponde la politica?
Lo Stato contemporaneo proclama come primo compito del potere la rimozione
dei vincoli alle attività orientate al profitto. Diventa così prioritario per i
governi trovare al senso di vulnerabilità dei cittadini cause non riconducibili
al libero mercato ma a rischi di altra natura. La priorità è la sicurezza,
minacciata da pericoli per la persona fisica, la proprietà e l'ambiente che
possono venire da pandemie, attività criminali, condotte anti-sociali di
sottoclassi, terrorismo globale ma anche da gang giovanili, pedofili, stalker,
mendicanti, regimi alimentari insani.
Uno stato d'allerta permanente.
Nel quale è impossibile sapere dove e quando le parole diventeranno carne.
La mancata materializzazione di una catastrofe paventata è presentata come il
trionfo della ragione governativa su un fato ostile, risultato di vigilanza e
cura delle autorità.
Come va ridefinito il patto sociale?
La migrazione universale porta in primo piano e per la prima volta nella
storia l'arte del convivere con la differenza. Un'alterità non più concepita
come transitoria richiede un ripensamento delle reti sociali, più tolleranza e
solidarietà, nuove abilità e competenze.
E come s'innesta questa differenza radicale sul terreno del
multiculturalismo?
Forme di vita antagoniste si fondono e separano in una generale assenza di
gerarchie: non valgono più ordini di valori consolidati né il principio di
evoluzione culturale ma si sviluppano battaglie per il riconoscimento
interminabili e non dirimenti.
In che modo risponde la democrazia?
Ha abdicato alla funzione di scoraggiare il ritrarsi dei singoli nella sfera
privata, rinunciato a proteggere il diritto delle minoranze a una vita
dignitosa. La democrazia non può fondarsi sulla promessa dell'arricchimento. Il
suo tratto distintivo è rendere servizio alla libertà di tutti. Ha di fronte una
sfida senza precedenti: elevare i principi della coesistenza democratica dal
livello degli Stati-nazione a quello dell'umanità planetaria.
(20 ottobre 2010)
Di Fabrizio (del 23/10/2010 @ 09:36:31, in Europa, visitato 1825 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
14/10/2010 - Sono apparsi due gruppi su Facebook, richiedenti l'espulsione
dei Rom dall'Istria.
Uno dei gruppi "Dignano senza zingari" era riuscito ad attrarre oltre 100
membri, prima di essere chiuso dagli amministratori. Il gruppo chiede la
rimozione degli zingari dalla città istriana di Dignano (Vodnjian in croato,
ndr), situata a pochi km. da Pola. Si dice nella descrizione: "I maiali
sarebbero più acculturati di loro".
Anche se entrambe le pagine sono presto state rimosse dagli amministratori di
controllo, pongono importanti domande sulla regione, conosciuta di solito per la
sua tolleranza della diversità etnica e religiosa.
Elizabeta Pavlovic, professoressa di sociologia, dice che in tempi di crisi
economica non è insolito per alcuni gruppi diventare capri espiatori dei
problemi di ognuno.
"La gente da la colpa a chiunque altro, e stanno crescendo il razzismo e
l'attività politica della destra. Hanno visto Sarkozy espellere i Rom dalla
Francia e si meravigliano sul perché non possa accadere lo stesso a Dignano ed
in Istria."
Secondo la sua opinione, molti giovani che aderiscono a gruppi simili non
sono quasi coscienti di cosa stiano facendo. Inoltre è più facile essere membro
di un gruppo Facebook perché si può essere anonimi.
La polizia istriana non ha ancora fatto nessun annuncio riguardo ad un
proprio coinvolgimento nel caso, ma il capo distrettuale Ivan Jakovcic ha
condannato il "gruppo intollerante e foriero didisordine".
Ha detto: "Riferirsi ad un gruppo etnico con parole così ingiuriose ed
offensive è oltre ogni parametro di civiltà. Una simile intolleranza è in
opposizione ai valori su cui costruiamo le nostre vite e lo spirito di
comunità".
Di Fabrizio (del 01/11/2010 @ 09:24:20, in Europa, visitato 1519 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Blitz notturno in campo rom con fucili e manganelli
Hanno fatto irruzione in un campo Rom incappucciati ed armati fino ai denti,
poi hanno cominciato a molestare e minacciare tutti i presenti. Č successo in
Francia, da settimane al centro di una dura polemica sull'espulsione dei Rom da
parte del governo, dove il commissariato di polizia di Poissy, nel dipartimento
delle Yvelines, ha aperto un'indagine dopo la violenta intrusione di diversi
uomini nella notte tra mercoledì e giovedi 28 ottobre, in un campo situato a
Triel-sur-Seine.
Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, gli uomini sono giunti nel
campo verso le due del mattino a bordo di un'auto munita di sirena. Poi sono
entrati nei camper, nelle roulottes, impugnando fucili e manganelli, sfondando
alcune porte. Diverse persone detto di essere state molestati e minacciate con
le armi, mentre una donna sarebbe stata costretta a spogliarsi. Il blitz è
durato circa mezzora, durante la quale gli aggressori avrebbero anche esploso
diversi colpi in aria. I Rom hanno anche precisato che "erano vestiti come
poliziotti".
"Queste famiglie non potranno mai dimenticare ciò che hanno vissuto. Ma la cosa
più drammatica è che questi uomini sono andati via con i documenti d'identità di
diversi abitanti del campo", dice Annick Omond, del collettivo di sostegno alle
famiglie Rom della zona. Nel campo, si legge sul sito internet del settimanale
Le Nouvel Observateur, vivono da tempo una trentina di famiglie Rom minacciate
di espulsione.
ATS
Di Fabrizio (del 02/11/2010 @ 09:19:41, in Europa, visitato 1843 volte)
Da
Roma_Daily_News
28/10/2010 TEKIRDAG/ Il quartiere Hacı Evhat è un vecchio insediamento
zingaro, da 60 anni nel distretto Malkara di Tekirdağ. L'intrecciatura di
cestelli e la stagnatura sono andate dimenticate a Haci Evhat. Molti dei
residenti oggi lavorano nelle miniere di carbone.
Il quartiere da molti anni è uno dei più importanti insediamenti rom nella
regione della Tracia. Tra i residenti circolano racconti della guerra nazionale
turca che mostrano quanto sia antico il quartiere. Uno dei ricordi più
drammatici su quel periodo e su una donna che cercava di nascondersi col suo
bambino dai soldati invasori. Comprimeva al petto il bambino perché non lo si
sentisse piangere e questo causò la morte di lui.
Sino al 1950 la popolazione zingara era bassa. Crebbe con le migrazioni da 72
villaggi zingari verso Malkara dopo il 1950. C'erano state migrazioni da Edirne,
Uzunköprü e Tekirdag verso il quartiere accanto ai villaggi di Malkara. Quanti
si stabilirono nel quartiere erano generalmente zingari specializzati
nell'intrecciare cesti e nella stagnatura. Dicono i più vecchi residenti del
quartiere che le loro condizioni di vita erano molto dure. Le case erano
costruite con canne. Anche se la maggior parte erano zingari provenienti dai
villaggi di Malkara, c'erano tra loro zingari che venivano dalla zone che
facevano parte dello scambio di territori del 1924 tra Grecia, Bulgaria e
Turchia.
Alcune famiglie iniziarono a lavorare nell'agricoltura e nell'allevamento in
fattorie donate dal governo nel periodo 1940-1945. Alcuni svendettero le loro
fattorie a causa di bisogni urgenti. Altre famiglie le persero nelle discussioni
sulla proprietà della terra. Per alcune famiglie le fattorie iniziarono ad
essere inadeguate con la crescita della popolazione ed anche loro vendettero la
terra. Solo qualche famiglia si dedica all'agricoltura. Molte di loro vivono nei
villaggi di Malkara ed hanno condizioni di vita migliori comparate alle altre
famiglie zingare.
Negli anni '60 alcuni residenti andarono all'estero per lavoro. Gli altri
continuarono con i lavori di fabbricazione di cesti, stagnini, fabbri ed
attività agricole. Anche se la musica era un'attività comune tra gli zingari
arrivati dalla Bulgaria e dalla Grecia, i loro discendenti oggi non sono
musicisti. Oggi nel quartiere non resistono più le tradizionali forme di
sussistenza [...], i residenti ne hanno trovate altre , come il lavoro nelle
miniere di carbone. Ci sono almeno 20 miniere di carbone a Malkara. Vengono
pagati 20 lire turche (14 $) per un intero giorno di lavoro. Alcuni dei
residenti raccolgono i pezzi di carbone caduti dai carrelli, per rivenderli.
Alcuni residenti nella raccolta rifiuti per il comune. Nel quartiere ci sono
anche zingari macellai e proprietari di bar e caffè.
Ci sono tre gruppi di dialetto romanes parlati dai residenti: il Kalayci,
lo Sepetçi ed i dialetti dei Rom migrati dalla Grecia e dalla Bulgaria.
I problemi principali del quartiere riguardano l'istruzione e la
disoccupazione. Specialmente i residenti più anziani ricordano Tahsin Eren con
gran rispetto, a causa del suo appoggio al quartiere quando era presidente del
comune.
Sono 7.000 i Rom che vivono oggi nel quartiere [...].
Çingeneyiz Tekirdağ -
www.cingeneyiz.org
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:19:49, in Europa, visitato 1711 volte)
Da
Roma_und_Sinti
Berlino, 02/11/2010 - Il premio Nobel per la letteratura Günter Grass,
martedì ha accusato la Germania di "spaventosa violazione dei diritti umani",
dicendo che i rimpatri di Rom kosovari era uno "scandalo" più grande della
deportazione francese degli zingari.
Lo scrittore ha fatto l'accusa in una lettera aperta al ministro degli
interni Thomas
de Maiziere.
La sua protesta riguarda la politica tedesca di rinviare 8.500 Rom in Kosovo,
da cui erano arrivati come rifugiati negli anni'90, ora che i loro permessi sono
scaduti.
Berlino ha negato di pianificare deportazioni di massa, ma dice che
continuerà, come in passato, a rimandarli gradualmente a casa.
Grass a sua volta accusa il governo di pianificare deportazioni che
metterebbero "in ombra" le espulsioni francesi dei Rom verso la Romania.
Scrive nella lettera: "Mentre tutta l'Europa guarda la Francia ed è furiosa
per i Rom ed i profughi espulsi verso la povertà della Romania, è in corso
un'operazione di deportazione su larga scala dalla Germania verso il Kosovo."
Grass, 83 anni, chiama i rimpatri "uno scandalo per la Germania ed una
macchia sulla pace Europea." Aggiunge che la Germania sta mandando in miseria
all'estero, bambini nati sul suo suolo che hanno vissuto nel paese per 15 anni.
"Niente alloggi, cibo, contatti sociali, niente scuole o lavoro: questa è la
realtà per la gente ricacciata in Kosovo," aggiunge.
"E' tempo ormai di agire. Questa ingiustizia cresce di giorno in giorno,"
dice. "Nel nome della fondazione, faccio appello alla Germania Federale ed ai
governi dei Länder perché modifichino questa decisione."
Grass e sua moglie Ute hanno contribuito alla nascita della Fondazione per il
Popolo Rom nel 1997. Grass, autore de Il Tamburo di Latta, ha vinto il Nobel per
la letteratura nel 1999.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha innescato una polemica politica a
settembre, quando ha giustificato i rastrellamenti negli accampamenti rom
dicendo che la Germania stava pianificando deportazioni simili. I Rom in
Germania generalmente vivono in appartamenti pubblici piuttosto che in
accampamenti abusivi.
© Deutsche Presse-Agentur
Di Fabrizio (del 08/11/2010 @ 09:59:03, in Europa, visitato 1726 volte)
Da
Czech_Roma
European City Ruolo della scena artistica ad Ostrava nel perpetuare gli
stereotipi "Rom", by Kathrin Buhl(1)
Premessa: Questo articolo riguarda la mutua relazione tra gli
stereotipi persistenti e l'esperienza vissuta dei Rom ad Ostrava. L'autrice
esamina aspetti della scena artistica alla ricerca di quale particolare
dimensione sociale contribuisca o si discosti dagli stereotipi, ed in che misura
i componenti delle comunità rom siano coinvolti nel processo della creazione
artistica. Un punto chiave è che quando la popolazione non-Rom presenta i Rom
nell'arte, il prodotto si afferma come arte. Ma quando i Rom, "l'oggetto"
dell'arte, sono attivamente coinvolti nel processo di creazione artistica,
appaiono maggiormente il rifiuto e la discriminazione. Questo paradosso
esistente rivela un meccanismo attraverso il quale vengono mantenuti nei
discorsi pubblici e nelle arti il razzismo e la discriminazione.
La storia dei membri delle comunità rom in Europa(2) è
stata caratterizzata per secoli da persecuzioni, discriminazioni ed esclusione
sociale. Vivendo ai margini della società, in molte nazioni il quadro "dei Rom"
incontra uno stereotipo comune che differisce solo leggermente da regione a
regione. Conosciuti come "Gypsy", "Zigeuner", "Gitans" o "Cíngaros", per molti
questi termini evocano quadri di persone scure in abiti colorati che
continuamente danzano e suonano di fronte alle loro carovane. Ma oltre a queste
spesso distorte immagini romantiche, gli "zingari" sembrano anche avere una
vasta gamma di esperienze sociali negative, come povertà, senza fissa dimora e
criminalità.
Ostrava, come pure un gran numero di altre città nella Repubblica Ceca, ha
una numerosa popolazione rom. Con quasi 320.000 abitanti, la città
post-industriale è la terza città della Repubblica Ceca, ed ha una popolazione
rom stimata tra i 20.000 e i 30.000 abitanti(3), pochi - anche
se il numero non è certo. Questo perché molti di origine rom che vivono ad
Ostrava non intendono identificarsi pubblicamente come tali, ma invece si
considerano e si dichiarano pubblicamente come Cechi. Questo fatto sfida i tempi
"moderni", un periodo apparentemente caratterizzato da democrazia, leggi
anti-discriminazione, la retorica dei diritti umani, ed il molto lodato
arricchimento della popolazione con "diversità" culturale ed un'aperta
conversazione con la storia, si senta ancora la necessità di nascondere le
proprie origini.
Una ragione per cui molti Rom non possono identificarsi come appartenenti
alle comunità rom è che spesso incontrano il rifiuto o la discriminazione nelle
società in cui vivono. Nel passato recente ci sono stati ripetuti esempi di
brutalità contro le famiglie rom, da parte di sconosciuti e talvolta (nei casi
diventati pubblici) da parte della polizia, in tutta Europa. Ma i membri della
comunità rom non sono esclusi dalla società maggioritaria tramite la sola
violenza, o l'aperta discriminazione e le offese. Ci sono anche ragioni più
profondamente radicate per cui i gruppi etnici continuano ad essere socialmente
esclusi(4).
In quanto tale, ritengo che nelle società sia nascosto un sofisticato sistema
di discriminazione che nasconda come lavori o avvenga su base giornaliera la
discriminazione dei componenti delle comunità rom. Tra l'altro, lo scopo di
questo articolo è dimostrare questa tesi. Ciò che farò sarà presentare alcuni
esempi che possano servire a sostanziare la mia affermazione. Questi esempi
offrono modi suggestivi di avvicinarsi alle più ampie - e più difficili da
risolvere - questioni sociali, quali il perché quel popolo con origini
differenti non sia in grado o sia incapace di diventare parte integrata della
società, nonostante le politiche sociali in atto. O, per dirla differentemente,
come le diverse dimensioni della società contribuiscano a perpetrare le
diseguaglianze esistenti tra i gruppi sociali.
Mi avvicino alle questioni con una ricerca nel settore artistico di Ostrava e
come si leghi alla comunità rom. Mi chiedo se ed in quale misura le arti, che
tradizionalmente hanno ricoperto il ruolo di rappresentare le rivendicazioni dei
popoli e dar loro una voce, accendano una luce sulla situazione dei Rom da
prospettive insolite o differenti. Per fare questo, ho tenuto la traccia di
mostre che hanno affrontato ad Ostrava varie questioni dall'anno 2002(5).
Ho trovato che rispetto alla relativamente ricca scena artistica e culturale
di Ostrava, l'arte connessa a "questioni rom" è sottorappresentata. Da un lato,
ciò si applica all'arte "su" o "circa" i componenti delle comunità rom, e
dall'altra all'arte nei cui processi creativi sono coinvolti gli stessi Rom in
quanti artisti, consulenti o registi. Dato che i Rom costituiscono quasi un
decimo della popolazione totale di Ostrava, diventa particolarmente urgente la
ragione di questa sottorappresentazione.
Mentre raccoglievo materiale da esaminare, ho parlato con persone collegate
in differenti contesti con membri delle comunità rom. Tra gli altri, inclusa la
preside di una scuola pubblica, dr. Soňa Tarhoviská, ed un'insegnante, Blanka
Kolářová, della stessa scuola "Církevní základní škola a mateřská škola Přemysla
Pittraand". Con 300 bambini iscritti, di cui solo due non sono rom, la scuola è
unica nel suo concetto artistico pedagogico. Dato che la scuola serve una
comunità che sotto molti aspetti è socialmente svantaggiata, la scuola, sin da
quando è stata fondata nel 1993, ha ospitato o partecipato a diversi progetti
artistici, che vanno dalla pittura alle produzioni teatrali, o spettacoli di
musica e danza.
Poiché il raggio d'influenza della scuola ed il gruppo coinvolto dall'arte
prodotta dai bambini non è il grande pubblico ma le famiglie degli alunni, non
fa parte dell'auto-concezione della scuola di contribuire a formare l'opinione
pubblica sui Rom. Secondo Blanka
Kolářová i progetti artistici, di cui una decina finanziati dalla città o
dall'Unione Europea, hanno più lo scopo di aiutare i bambini invece che dar loro
la possibilità di esprimersi. Un secondo e forse più importante obiettivo dei
progetti artistici è che i bambini, che nei progetti presentano le vite delle
loro famiglie, imparino di essere accettati come figli di famiglie rom. Secondo Blanka
Kolářová, la maggior parte dei bambini si vergogna di se stessi e di essere
parte di famiglie rom. I progetti artistici servono come approccio nel trattare
il concetto di identità e a sviluppare l'accettazione sino ad un certo grado di
autostima.
La scuola non solo si comprende come un contributo al lavoro esplicativo
rivolto ad una sfera di pubblico più vasta. Diventa invece evidente che il suo
approccio si basa sul livello base per un miglioramento dei bambini interessati
e delle loro reali situazioni familiari.
Poiché la scuola non raggiunge il pubblico, la risposta non è esattamente
valutabile. Però la preside stima che, se raggiungessero il pubblico coi loro
progetti, la risposta sarebbe positiva. Sono conclusioni tratte dalle reazioni
del pubblico alle esibizioni dei bambini nelle tradizionali danze e musiche rom
che hanno avuto luogo ad un festival annuale di Ostrava.
Ci fu una motivazione simile nell'aiutare le famiglie dei bambini a
sviluppare e rafforzare il senso di autostima e identità, secondo il direttore
del teatro "Divadlo Jiřího Myrona". Ha fatto recitare i figli delle delle
famiglie rom colpite dall'inondazione di Ostrava nel 1997 per l'esecuzione del
musical "AIDA". La risposta del pubblico fu, come riportata dai media,
abbastanza buona.
In passato, ci sono stati progetti artistici che in qualche modo hanno
coinvolto membri delle comunità rom, non solo come soggetti delle opere
artistiche, ma soprattutto come designer attivi delle mostre o degli spettacoli.
In questi progetti, la risposta del pubblico è stata differente da quella
dei progetti in cui i Rom (soprattutto bambini) hanno partecipato in quanto
persone socialmente svantaggiate o vittime.
Un esempio è un'esposizione che ha avuto luogo nel Museo di Belle Arti "Dům umění"
di Ostrava, nel 1999-2000. Un gruppo di studenti universitari ed una stazione
radio erano responsabili della mostra che presentava fumetti disegnati da
bambini rom. Originariamente era programmata alla Galleria Nazionale di Praga,
ma in seguito il direttore rifiutò di esporre "arte rom" nel suo museo. Soltanto
dopo il forte impegno di persone influenti, il progetto venne finalmente
finanziato ed esposto nel Museo di Belle Arti "Dům umění". Nonostante la
resistenza del direttore, il pubblico ha risposto positivamente alla mostra e le
persone coinvolte hanno detto di sentire un senso di rispetto da questa
esperienza.
L'idea dietro quel progetto era di aprire un sito importante di cultura
pubblica, come un museo, perché i Rom mostrassero i loro lavori come artisti e
come visitatori del museo interessati nel vedere l'arte dei Rom. Le difficoltà
di accesso che gli iniziatori hanno dovuto affrontare per entrare in un campo
come quello del Museo di Belle Arti, rappresenta solo un'idea dell'assenza di
qualsiasi accettazione del livello intellettuale per chi appartiene alla
comunità rom.
Se questi esempi possono essere considerati rappresentativi, confrontando i
differenti approcci all'arte rom ed ai differenti livelli in cui l'arte rom è
rappresentata, diventa ovvio quanto segue:
Quando il progetto artistico viene inquadrato sia per aiutare un
relativamente passivo protagonista (una vittima o un bambino) o inteso come un
progetto più o meno pedagogico, come parte di un festival che ha luogo soltanto
in un determinato periodo, la rappresentazione di una cultura (nel caso dei Rom,
danze e musiche) stereotipata (che arriva assieme agli aspetti "noti") volta
all'intrattenimento, sembra essere accettata. Ma appena il coinvolgimento dei
Rom è trasformato da oggetto di assistenza in soggetto attivo, o quando sono
percepiti come partecipanti alla creazione artistica in quanto artisti o come
parte della popolazione generale - come un potenziale visitatore - che era
antecedentemente riservato ai non rom, i Rom sembrano avere più difficoltà
nell'essere accettati o legittimati. Accettare persone in questa seconda
dimensione sociale, dove ci si incontra in posti come gallerie d'arte,
significherebbe accettarsi come uguali. Fintanto che la società interagisce con
"i Rom" soltanto nel perpetuare gli stereotipi, attraverso questi si mantiene il
controllo. Per esempio, possiamo parlare di loro, ma non con loro. Così, è
facile mantenere una certa immagine, uno stereotipo che ci permette di trattarli
in un certo modo. Fintanto che la società non permette ai Rom di parlare in
prima persona e quindi di poter generare un'(auto)concezione di se stessi, noi
non avremo da temere che possano variare la loro immagine, costruita e
manifestata attraverso discorsi che controllino e giustifichino il modo in cui
la società agisce con i Rom.
Lascerò alla discrezione del lettore considerare se il suggestivo argomento
fatto sull'arte recipiente nel museo, possa essere applicabile alle differenti
sfere della società, quali i luoghi di lavoro, il vicinato, o le istituzioni
educative. Inoltre, rimane la questione di come questa assegnazione di ruolo
manifestata da Rom e non Rom possa risolversi attraverso i discorsi pubblici e
le regole istituzionali.
1) Kathrin Buhl studia scienze culturali e scienze
politiche all'Università di Brema
2) Seguendo l'esempio di Rainer Mattern userò in tutto
questo articolo i termini "comunità rom" o "popolo rom" riguardo a Sinti e Rom,
Askali ed Egizi, citato in Mattern, R. (2009). Swiss-Aid-to-Refugees-Country
analysis, Kosovo: About the Repatriation of Roma. Bern,
Swiss-Aid-to-Refugees-Country Analysis.
3) Agarin, T., Brosig, M. (2009). "Minority integration
in Central Eastern Europe: between ethnic diversity and equality." Editions
Rodopi B.V. Last accessed October 4, 2010 at
http://books.google.de/books?id=182K1gZFAuoC&pg=PA307&dq=ostrava+population+statistics&ei=BuHmS_iUAoyqywSLhNDKCQ&cd=9#v=onepage&q=ostrava%20population%20statistics&f=false
4) Come esempio, è stato pubblicato un documento
sulla discriminazione dei Rom, sulla base di un lavoro sul campo nel 2008 in un
rapporto della Commissione Europea: Discriminazione nell'Unione Europea,
Percezioni, Esperienze ed Atteggiamenti.
5) Informazioni ricevute da Kumar Vishwanathan - Vivere Insieme, OnG di Ostrava sui diritti dei rom.
Di Fabrizio (del 09/11/2010 @ 09:59:16, in Europa, visitato 1611 volte)
Segnalazione di Sarci Lm
(clicca per vedere le foto)
Tra nostalgia e miseria, ostacolati da criminalità e discriminazione, i
gitani di Mosca faticano ad integrarsi nella società moderna. Russia Oggi è
andata a trovarli
Ve lo dico io: il problema degli zingari, è che non ce n'è uno che lavori".
Un giovane poliziotto russo sta visitando il villaggio rom di Possiolok
Gorodishy, a circa 150 km da Mosca. Uniforme con giacca di pelle, capelli corti
biondi e occhi chiari, assume un'aria sarcastica nel dire la sua a Georgij Šekin,
alias Yalush in lingua rom, che lavora per l'organizzazione interregionale russa
in difesa dei rom, e al vecchio Gendar, l'anziano del villaggio.
Gendar si difende fischiando tra i denti che gli mancano mentre il poliziotto se
ne sta andando: "I gitani non sono istruiti, ecco perché non trovano lavoro
nella società di oggi".
Gendar è il baro, ossia "l'anziano" del villaggio. In questo tabor (parola
antica per "accampamento") nella regione di Vladimir vivono gitani del gruppo
etnico dei Caldarari, uno di quelli che ha meglio conservato i propri usi e
costumi; erano tutti nomadi nel 1956, quando l'Unione Sovietica ha costretto gli
zingari a insediarsi in modo sedentario. I Caldarari, originari dell'Europa
orientale, erano per tradizione mercanti di cavalli o mastri ferrai. In seguito
all'avvento del comunismo alcuni di loro hanno convertito le loro attività in
aziende nel settore del riscaldamento. Ma qui, nel villaggio, nessuno ha avuto
successo. "Non facciamo niente tutto il giorno. Stiamo ad aspettare che il tempo
passi". Una dozzina di uomini vestiti di scuro con giacche di pelle sta in piedi
con le mani in tasca. Dietro di loro corre la ferrovia che costeggia il tabor,
fatto di case in legno allineate lungo la strada centrale, secondo la tradizione
russa. Continua Gendar : "I pochi che hanno la macchina lavorano occasionalmente
come fuochisti e riescono a sfamare la famiglia. Ma quelli che non hanno una
macchina? Beh, rubano. Č semplice, per i bambini".
Entriamo in casa di Gendar. "Tutto quello che c'è di bello qui dentro risale al
comunismo. In quel tempo non c'erano né poveri né ricchi", racconta con
rimpianto. "Quando non si aveva un lavoro si percepiva una disoccupazione". I
muri sono tappezzati con lo splendore dell'epoca sovietica esaltato da tendaggi
rosa e gialli, e i divani sono rivestiti con teli dai colori vivaci. Adagiata su
un divano la madre, in abito blu, fuma e mostra un sorriso sicuro. "Vuoi vedere
il filmato del matrimonio di mia nipote ?". Una bella ragazza di quindici anni
fa una ruota con la sua gonna arancio e fa tintinnare le medaglie di cuoio:
seguo la scena con la coda dell'occhio mentre la donna porta il tè, il burro e
dei funghi marinati. "Dimenticavo… vedi, non abbiamo più corrente".
Pur non rappresentando più, in Russia, una popolazione nomade, l'inoperosità dei
gitani è legata alla loro mancata integrazione nel sistema economico moderno,
urbano e concorrenziale. Sin dai tempi del comunismo alcuni gruppi rom, in
particolare i "Russka Roma", che sotto il regime zarista cantavano per i nobili
e che oggigiorno sono il gruppo più integrato, si erano specializzati nel
commercio di contrabbando, allora attività di nicchia. All'epoca le merci erano
ridotte. Si trattava di un'attività illegale ma non criminale. "Ma in seguito
alla Perestrojka in tutte le nazioni russe si è iniziato a commerciare e i
gitani, per lo più analfabeti, non sono stati al passo", questa la spiegazione
di Marianna Seslavinskaya, una dei dirigenti dell'unione interregionale russa in
difesa dei rom, Roma Union.
Marianna Sleslavinskaya e il marito, Georgij Tzvetkov, vedono nell'istruzione
dei gitani una priorità assoluta per l'integrazione della cultura rom. Entrambi
lavorano in un laboratorio di ricerca presso l'Istituto governativo di lingue di
Mosca, ma i mezzi a loro disposizione sono davvero scarsi: sono solo due per
tutto il territorio russo, su cui si stima la presenza di un numero di gitani
tra i 180.000 e i 400.000. "Non siamo circoscritti a una regione, come la
maggior parte delle minoranze in Russia e nessuno si occupa di finanziare la
trasmissione della nostra cultura. Ai bambini rom che vanno a scuola a sei anni
viene insegnato il russo come se fosse la loro lingua madre, mentre loro parlano
la lingua rom". Nel 1927 le autorità avevano avviato un programma di
insegnamento per i nomadi, ma Stalin l'ha revocato nel 1938 come preludio alla
sua campagna anti-cosmopolita.
Continua Marianna: "Č necessario un programma che insegni ai gitani inizialmente
la loro lingua e, in seguito, la cultura russa. Perché un gitano che perde la
sua cultura non può nemmeno diventare un vero russo. Si trasforma in un escluso.
Istruire i rom salvaguardando la loro identità è l'unica soluzione possibile per
far sì che si adattino alla società attuale. Così potranno trovare lavoro senza
essere ostacolati da problematiche identitarie né cadere nella povertà e nella
criminalità".
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 08:58:03, in Europa, visitato 1628 volte)
Presseurope Una settimana da rom
10 novembre 2010 ADEVĂRUL BUCAREST
Un giornalista si cala nei panni di uno zingaro per comprendere meglio il
"problema" che divide l'Europa. E scopre che il disprezzo per la diversità è
forte, ma la discriminazione è dovuta soprattutto alla povertà.
Cristian Delcea
Mai prima d'ora i rom erano stati tanto al centro del dibattito pubblico.
Quest'anno sono stati espulsi dalla Francia ottomila zingari romeni, anche se la
metà di loro vi ha già fatto ritorno. Quali speranze hanno di essere accolti in
Romania? Io ho cercato di scoprirlo indossando per una settimana i panni dello
zingaro-tipo: cappello, camicia variegata, giacca di pelle, pantaloni di
velluto. Mi sono lasciato crescere i baffi. La pelle scura l'avevo già,
grazie a dio.
Ho iniziato da Piazza dell'Università a Bucarest. C'erano alcuni studenti
ubriachi che si sono fatti beffe di me, gridandomi dietro quegli insulti
arci-noti nella lingua zigana: “mucles” (chiudi il becco!), “bahtalo” (buona
fortuna!), “sokeres” (come va?). Un tipo biondo grande e grosso mi ha scattato
qualche fotografia, poi ha fotografato le bottiglie allineate sul marciapiedi, i
cani, i mendicanti. Probabilmente, sul suo computer in Scandinavia la mia
fotografia sarà etichettata “spazzatura a Bucarest”.
Quella stessa sera, sul tardi, sono andato al Teatro Nazionale. La gente che mi
stava intorno non era in verità lieta della mia presenza, ma nessuno ha detto
nulla. Ho sentito le stesse risate di prima, provenienti da un gruppo di
giovani. Mi è sembrato che siano proprio loro i più cattivi verso gli zingari.
Ti ridacchiano sempre dietro le spalle. Può anche darsi che i loro sguardi
facciano più male ancora dell'occhiata crudele di Nicolas Sarkozy, il presidente
francese.
Vorremmo che gli zingari profumassero
Da noi ci sono campagne per l'integrazione e l'alfabetizzazione dei rom, ma non
ci sono campagne perché la gente eviti di ridere alle spalle di uno zigano per
strada. Ma questa non è discriminazione. Nessuno mi ha cacciato da un bar o da
un ristorante. Finché hanno incassato i miei soldi, mi hanno accolto a braccia
aperte. A esser vittima di discriminazione in Romania non sono gli zingari,
bensì i poveri.
Vorremmo che gli zingari profumassero e amassero l'arte, ma nessun datore di
lavoro vuole assumere uno zingaro. E senza soldi lo zingaro precipita nella
miseria, oppure cerca dei mezzi non convenzionali per procurarseli. Ho cercato
di ricorrere ai mezzi convenzionali, ho fatto tutto quanto era in mio potere per
farmi assumere. Ho consultato la pagina delle offerte di lavoro sui giornali per
operai non qualificati, lavamacchine, autodemolitori.
A telefono mi hanno detto che posti di lavoro ne avevano ancora, ma quando sono
arrivato alcuni mi hanno semplicemente detto “Vattene, zingaro!”, altri mi hanno
scacciato insultandomi e dicendo: “Non assumiamo più nessuno!” Perfino i
netturbini mi hanno respinto. La figlia del capo mi ha guardato dietro gli
occhiali e mi ha detto: "Non assumiamo. Non l'abbiamo mai fatto". Il che
significa, indubbiamente, che gli spazzini che si davano il cambio in cortile
devono essersi tramandati quel lavoro di padre in figlio.
Sulla strada
Pensavo, in ogni caso, che una certa solidarietà esistesse. Se non nella
popolazione, quanto meno tra automobilisti. Alla periferia di Bucarest ho forato
una gomma, più o meno di proposito. Ho trascorso più di tre ore sul ciglio della
strada, gesticolando, facendo segno agli altri automobilisti di passaggio di
aver bisogno di aiuto. Ho letto parolacce e ingiurie sulle labbra di alcuni.
Altri mi hanno suonato dietro il clacson ridendo. Uno ha perfino fatto finta di
venirmi addosso. Ero completamente solo. Centinaia di persone mi sono passate
accanto senza prestare soccorso. In quel preciso momento ho compreso perché gli
zingari si spostano in gruppo: se restassero soli morirebbero.
Alla fine si è fermata una vecchia Skoda Octavia. Ne è sceso un disgraziato
sulla cinquantina, che indossava una salopette sporca. Nei due minuti necessari
ad aiutarmi a sostituire la ruota, mi ha aperto il suo cuore: "Ti avevo visto,
due ore fa, quando mi avevi fatto segno di fermarmi. Ti ho guardato nello
specchietto retrovisore e mi sono pentito di non essermi fermato subito. Mi sono
ripromesso, se tu fossi stato ancora qui al mio ritorno, di fermarmi. Ecco:
credi che abbia fatto una buona azione?" A testa bassa gli ho risposto: "Sì,
signore".
Ripartendo per Bucarest mi sono fermato a fare benzina. Un impiegato della
stazione di servizio è uscito dal gabbiotto un po' impaurito e mi ha chiesto:
"Ti sei rifornito alla pompa 5?" No, alla pompa 4. Alla pompa 5 avevano fatto
benzina alcuni zingari a bordo di un'automobile dalle targhe gialle (quelle
temporanee delle automobili appena acquistate in Germania, difficili – per non
dire impossibili – da rintracciare). Avevano fatto il pieno e si erano
dimenticati di pagare. Mi sono voluto illudere che anche loro fossero
giornalisti alle prese con un esperimento giornalistico.
Questo articolo finisce dove è iniziato, in Piazza dell'Università. Credo di
aver concluso ben poco, di non aver trovato una soluzione al problema dei rom.
Come vuole la società che vada a finire per loro? Dopo essere stato trattato
come uno zingaro per sette giorni, oserei dire che la risposta l'ho trovata
sulla parete di una vecchia casa, dove qualcuno ha riportato un versetto del
vangelo (Giovanni 3,7): “Bisogna che voi siate generati di nuovo”. E in questo
caso non si tratta di una metafora. (traduzione di Anna Bissanti)
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