Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Il titolo del convegno è esplicito: Il ruolo delle donne rom nella tutela dei
diritti umani e in tempi di crisi economica. Lo ha organizzato a Roma la sezione
italiana di Amnesty international, riunendo quattro donne unite da forti
motivazioni, esperienza, capacità comunicative e competenza: Isabella Miheleche,
attivista per i diritti delle donne in Romania, Beatriz Carrillo, presidente
dell'associazione Fakali, per i gitani nella regione spagnola dell'Andalusia, Dijana Pavlovic, dell'associazione Rom e Sinti insieme che opera in Italia, e
Dzemila Salkanovic, per l'associazione 21 luglio.
Isabela Michalache, nel denunciare l'aumento delle discriminazioni, le
difficoltà nell'accesso al lavoro e ai servizi pubblici (è successo che anche i
medici, a volte, abbiano rifiutato le cure), ha toccato anche il delicato tasto
delle problematiche interne alle stesse comunità, dai casi di violenza fra le
mura domestiche al ripristino di regole ancestrali come quella sulla verginità e
ai matrimoni precoci. A causa della crisi, ha spiegato, le donne sono divenute
ancora più vulnerabili. In Romania era stato approvato un piano strategico
nazionale che prevedeva interventi a lungo termine, soprattutto nel campo della
formazione e dell'istruzione, ma non ci sono le risorse per attuarlo.
"Bisognerebbe – ha affermato Michalache – operare per rendere le donne più
autonome, fornendo libri di testo, sussidi alle famiglie, favorendo la
concessione di crediti per chi ad esempio in Moldavia, vuole lavorare la terra,
bloccare sfratti e sgomberi che creano emarginazione e disagi, produrre
cambiamento anche valorizzando le ong composte da rom. Ci sarebbero mille
piccoli interventi alla nostra portata, non solo in Romania, e che produrrebbero
cambiamenti importanti e duraturi".
Beatriz Carrillo, con un intervento molto appassionato, ha voluto aprire una
riflessione su quella che ha definito "storia muta e invisibile", anche se è
consapevole che la situazione spagnola finora è stata fra le migliori d'Europa.
Sarà per una presenza numericamente molto consistente, stabile e nata da tempi
lontani e per una programmazione di interventi messi in atto per la salute, il
lavoro, l'istruzione, fatto sta che in Spagna sono nate istituzioni partecipate
e riconosciute dal governo come il Consiglio statale del popolo rom e l'Istituto
di cultura gitana. In Spagna si è tenuto il primo congresso mondiale delle donne
gitane senza aver bisogno di intermediari. "La Spagna in questo senso è un
modello da seguire – ha dichiarato la relatrice- Ma da noi è stato più facile
anche grazie all'alto numero di gitani che esercitano professioni che hanno
esercitato influenza nella cultura spagnola e che si sono amalgamati con la
società". L'immagine che però viene riaffermata anche in Spagna delle
popolazioni rom è carica di negatività, tanto che nelle scuole, a detta di Carrillo, spariscono la lingua, le differenze e anche la rivendicazione di
identità. "Anche da noi, come nel resto d'Europa, le cose peggiorano. Gruppi
estremistici entrano nei governi e nei parlamenti con un messaggio razzista e
discriminatorio. Gruppi che vengono condannati a parole ma mai concretamente
sanzionati. La situazione è poi precipitata anche da noi con la crisi. Non
vogliamo essere un fanalino di coda ma essere ad armi pari. Non siamo disposte a
vedere annientati i nostri valori culturali, vogliamo affrontare anche con gli
uomini la società gitana. Fakali è impegnata per l'emancipazione femminile e per
far valere i nostri valori di solidarietà e rispetto rifiutando però
l'assimilazione". E c' è stato anche modo e tempo per ricostruire un percorso
che attraversa gli anni bui della dittatura franchista e che ha una svolta nel
1978 quando, nel primo governo democratico, trova posto anche un rom che si era
distinto per l'impegno in anni scomodi. Le donne rom hanno operato anche insieme
alle altre cittadine spagnole, per una legislazione più paritaria, sono entrate
nelle università e hanno fatto sentire anche politicamente la propria voce.
Dijana Pavlovic ha stupito e commosso recitando una parte del monologo Vita mia
parla, basato sulla vita di Mariella Mehr, scrittrice e poetessa jenish (nome
dato ai rom svizzeri), che nel paese elvetico fu vittima del programma di
sterilizzazione forzata imposto dagli anni Venti fino al 1974 tramite
l'istituzione Pro Juventute. Un testo violento e diretto, in cui si raccontano
con crudo realismo le violenze subite e l'odio accumulato, torture che non
sembrano possibili e che pure sono state reali in un Europa cieca e pronta a
girarsi dall'altra parte.
Dzemila Salkanovic, invece, come racconta nella lunga
intervista che ci ha
rilasciato, ha parlato della vita difficile che nella capitale italiana
conducono i rom, tanto divisi e poco capaci ancora di fare fronte comune.
Numerose le domande che hanno trovato puntuale e non scontata risposta. A chi
criticava il machismo spesso diffuso nelle comunità rom è stato comunemente
risposto come il machismo, la violenza sulle donne, gli elementi di
problematicità a volte drammatica, siano caratteristica comune e da combattere
in ogni cultura. Non nascondendosi dietro alla presunzione che il problema
riguardi solo universi ritenuti inferiori ma mettendosi, come uomini e come
donne, in discussione. Fra i tanti elementi emersi, che meriterebbero ulteriori
approfondimenti, il peggioramento delle condizioni nell'Est europeo dopo il
crollo del muro e dei regimi. C'era concordia nell'affermare che la
privatizzazione di ogni servizio abbia approfondito le disparità, tolto ai rom
diritti acquisiti come la casa, la sanità, la scuola e il lavoro. Duro accettare
che tali disagi vengano comunemente imputati alla "democrazia". E' comune la
richiesta di una moratoria continentale della politica degli sgomberi, capaci
solo di produrre disperazione. E a dirlo, a spiegarlo non sono attivisti neutri
di associazioni che si occupano dei rom, ma donne rom in carne ed ossa.
RadioBremenI Rom in Germania "I nostri bambini venivano picchiati"
Devono combattere contro molti pregiudizi: si tratta dei Rom. Un rapporto sul
loro gruppo etnico - spesso perseguitato dal punto di vista politico - nota come
sempre più Rom vengano in Germania. Nella battaglia per il loro riconoscimento
sociale trovano un sostegno presso il "Refugio", un'associazione che assiste
psicologicamente i profughi provenienti da aree di crisi. "Refugio" è un centro
di trattamento psicosociale e terapeutico per profughi e per sopravvissuti a
torture, persone che hanno visto la guerra con i loro occhi. Il più delle volte
si tratta di superare dei traumi: le persone che vengono al "Refugio" sono state
perseguitate a causa della loro appartenenza religiosa, politica, etnica o
sessuale e, talvolta, hanno subito anche torture.
Il signor M. - che non intende rivelare il suo nome per intero - vive in
Germania da tre anni. Con i suoi cinque figli e sua moglie ha cercato asilo in
Germania, poiché la vita da rom nel suo villaggio di origine in Serbia diventava
ogni giorno più difficile. "Non avevamo pace, i nostri bambini venivano
picchiati. Tornavano a casa da scuola sempre piangendo". La goccia che ha fatto
traboccare il vaso: una delle sue figlie venne investita da un'auto;
sopravvisse, riportando però gravi lesioni. Il conducente dell'auto ammise di
aver travolto la bambina di proposito - perché si trattava di una bambina rom.
Scarso accesso all'assistenza sanitaria
Adesso la famiglia di M. vive in Germania e si sente al sicuro, grazie anche
all'aiuto del "Refugio". L'anno scorso sono arrivati al centro di trattamento
della città anseatica 16 Rom, "un po' più degli anni precedenti", spiega Bjoern
Steuernagel, direttore del "Refugio" di Brema. I pazienti hanno vissuto sulla
loro pelle discriminazione ed emarginazione: "Si può parlare a tutti gli effetti
di una violenza sistematica nei confronti della minoranza etnica dei Rom, che si
manifesta nello scarso accesso all'assistenza sanitaria e ai contributi sociali.
Si tratta di un tipo di emarginazione dalla quale scaturisce poi inevitabilmente
la povertà".
800 Rom vivono a Brema - tendenza in aumento
Nessuno sa con esattezza quanti Rom vengano via via in Germania. Questo perché
l'ufficio federale per la migrazione e per i profughi non rileva i singoli
gruppi etnici. Sono soltanto i paesi di origine a fornire un'indicazione.
Veniamo così a sapere che è di etnia Rom circa il 90 per cento dei richiedenti
asilo provenienti dagli stati balcanici quali Macedonia, Serbia, Kosovo e
Bosnia-Erzegovina. Da questi paesi, fino ad ottobre 2012, erano arrivati in
Germania circa 5000 Rom. A settembre erano ancora 2800. E da allora il numero
dei richiedenti asilo è aumentato ancora. A Brema vivono attualmente 800 Rom.
Secondo l'Associazione Federale dei Sinti e Rom di Brema questa tendenza sarebbe
in aumento.
Tra gli immigrati rientrano anche i cittadini dell'UE provenienti dalla Romania
e dalla Bulgaria. Afferma Steuernagel: "Dove comincia il diritto di asilo e dove
finisce? Perché anche persone provenienti dalla Romania o dalla Bulgaria possono
venirsi a trovare in condizioni esistenziali di grave disagio economico e, di
conseguenza, decidere di venire qua - grazie alla libera circolazione
all'interno dell'UE - nell'aspettativa di un lavoro almeno temporaneo".
Steuernagel stima che, nei paesi di origine, fino al 90 per cento dei Rom sia
senza lavoro. A questo punto, secondo lui, il passo successivo verso la povertà
e verso i margini della società viene di conseguenza.
Razzismo profondamente radicato
Steuernagel attribuisce ad un razzismo profondamente radicato il motivo
principale della situazione attuale in cui si trovano i Rom. Un razzismo che è
presente in tutti i paesi europei. M. afferma che non gli siano mai capitati
direttamente episodi di razzismo, ma di essere a conoscenza, tuttavia, dei
pregiudizi esistenti nei confronti dei Rom e di averne timore: "E' una brutta
cosa. Se tutti cominciassero a pensare che i Rom non siano in grado di dare il
loro contributo alla società, allora anche qui in Germania non ci sarebbe più
posto per noi, esattamente come in Serbia".
Centro commerciale chiede la rimozione dei lavoratori rom
Budapest, 21 marzo 2013: Skopje City Mall,
un centro commerciale macedone, ha incaricato l'agenzia che fornisce il
personale addetto alle pulizie di rimuovere tutto lo staff romanì che lavorava
nel reparto alimentare. Skopje City Mall ha inviato una mail il 9 gennaio
2013, richiedendo che i lavoratori romanì fossero lasciati a casa entro il 20
gennaio 2013. La vicenda è venuta alla luce
sui media nazionali solo questa settimana.
L'agenzia di pulizia, Land Service, si è opposta alla richiesta. Secondo
quanto riportato sui mezzi d'informazione, il centro commerciale ha motivato la
richiesta in seguito ai furti di beni alimentari. L'agenzia impiega lavoratori
rom e no nel reparto - soltanto i Rom sono stati stigmatizzati sulla base della
loro etnia.
ERRC respinge in toto l'azione dei manager di City Mall, che viola la
costituzione macedone, i codici del lavoro e quelli anti-discriminazione.
L'azione viola inoltre le norme internazionali sui diritti umani.
"Non è accettabile incolpare collettivamente il personale in base alla sua
origine etnica," ha detto Dezideriu Gergely, direttore esecutivo di ERRC.
"Questo tipo di discriminazione sul posto di lavoro contro i Rom,
presumibilmente sulla base di stereotipi come -la criminalità zingara- non
devono essere tollerati."
ERRC sta sollecitando il corpo macedone sull'uguaglianza ad affrontare il
caso, che sta seguendo con le pertinenti istituzioni UE.
Per ulteriori informazioni, contattare:. Sinan Goekchen Media and Communications Officer European Roma Rights Centre sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324
Pubblichiamo il comunicato stampa del Consiglio direttivo dell'associazione Sucar Drom, dopo il "blitz" delle Forze dell'Ordine che ha visto coinvolte alcune famiglie mantovane, appartenenti alla minoranza linguistica sinta.
L'associazione Sucar Drom condanna l'azione spropositata messa in atto nella mattinata del 26 marzo 2013 nell'area di Trincerone a Mantova. Un esercito di 150 persone formato da Carabinieri, Finanza, Polizia di Stato, Corpo Forestale dello Stato e Vigili del Fuoco con l'aggiunta di Polizia Municipale, Arpa, Tea, Urbanistica del Comune di Mantova e Parco del Mincio hanno bloccato tutte le strade con decine e decine di mezzi blindati. Erano anche presenti unità cinofile antidroga e squadre della Polizia di Stato che hanno operato a viso coperto con i passamontagna. Il risultato? Otto persone indagate per presunti abusi edilizi. Durante l'azione tutte le persone, residenti dagli Anni Ottanta, sono state tenute in stato di fermo e alla richiesta di spiegazione la risposta è stata: "è una normale operazione di polizia".
Per noi non è stata una "nomale azione di polizia", ma uno sperpero di risorse pubbliche senza precedenti. In un momento di grave crisi economica riteniamo indecente questa dissipazione di risorse pubbliche ed è per questo che chiederemo alla Corte dei Conti di indagare sulle responsabilità dirette e indirette.
L'azione è stata condotta in questi termini per il solo fatto che a Trincerone abitano dei cittadini mantovani, appartenenti alla minoranza linguistiche sinta. Se non fossero stati residenti dei sinti italiani l'azione sarebbe stata completamente diversa. Quindi l'azione in tali dimensioni nasce da un'idea distorta e razzista insita nelle Istituzioni che al contrario dovrebbero combattere tali fenomeni. L'azione è la riprova che a Mantova è insita nelle Istituzioni un'irrazionale volontà di stigmatizzazione e criminalizzazione di una piccola minoranza, già colpita duramente durante il fascismo e ancora oggi sottoposta a intimidazione inaccettabile in un Paese che si dichiara democratico.
La situazione a Trincerone è il frutto dell'inerzia della politica mantovana che non ha mai voluto ascoltare il grido di dolore che la comunità sinta mantovana lanciava da quel ghetto che è il "campo nomadi" di viale Learco Guerra. Un'inerzia che ha visto decenni di disinteresse, quando non proprio ostilità e violenza. Ancora oggi non c'è una soluzione seria e credibile per la chiusura dell'Area di viale Learco Guerra e per chi ha cercato in questi anni di costruirsi un percorso indipendente c'è oggi l'incubo del sequestro della propria casa. La beffa è ancora più crudele perchè le famiglie residenti a Trincerone hanno fatto tutto nella legalità ma nel 2005 è entrata in vigore una legge (Testo Unico 380) che ha trasformato in illegale tutto ciò che fino a 31 dicembre 2004 era legale (Legge 47/1985). Chi sono stati i cittadini italiani colpiti da quest'assurdità legislativa? I sinti. Un classico esempio di discriminazione razziale indiretta che dovrebbe essere bloccata e sanzionata dalla Direttiva 2000/43, forse la Magistratura non la conosce?
Chiediamo al Signor Prefetto l'istituzione di un tavolo con il Sindaco di Mantova e il Presidente della Provincia di Mantova con lo scopo di trovare delle soluzioni che sappiano contemperare diritti e doveri per tutti, partendo da quanto approvato dal Governo italiano e convalidato dalla Commissione europea su queste situazioni.
Dossier:
Azione spropositata con dispendio di uomini e forze senza precedenti. Controllate solo le proprietà delle famiglie sinte, tutte le altre proprietà non toccate dal blitz...
Mantova, blitz contro le lottizzazioni abusive Da stamani (26 marzo, ndr.) blitz delle forze dell'ordine al Trincerone di Mantova per controllare alcuni terreni su cui erano stati avviati lavori poi sospesi su ordine della Procura. Polizia locale, Carabinieri, Finanza, Forestale, Vigili del fuoco e Polizia di Stato, con i tecnici dell'Asl e dell'assessorato ai lavori pubblici del Comune, circa 150 uomini, hanno bloccato gli accessi al Trincerone; chiuse anche via Donati e via Parma. In azione anche unità cinofile. Sarebbero stati sequestrati quattro lotti su cui erano state edificate trenta casette. Diverse persone risulterebbero indagate per lottizzazione abusiva
Gazzetta di MantovaMantova, lottizzazioni abusive al Trincerone - Maxi-blitz, scoperte anche villette con piscina
Circa 150 persone hanno controllato e posto sotto sequestro quattro lotti di terreno abusivo su cui erano state edificate circa trenta casette abusive, molte le persone indagate. Bloccati tutti gli accessi alla zona. Gli indagati sarebbero 12. Scoperte residenze e villette con piscina nascoste da siepi
MANTOVA. Blitz delle forze dell'ordine al Trincerone per controllare alcuni terreni abusivi su cui, nei mesi scorsi, erano stati avviati lavori poi sospesi su ordine della procura. Polizia locale, Carabinieri, Guardia di Finanza, Forestale, Vigili del fuoco e Polizia di Stato, con i tecnici dell'Asl e dell'assessorato ai lavori pubblici del Comune di Mantova, circa 150 uomini, hanno bloccato gli accessi al Trincerone a partire dal Camattino; chiuse anche via Donati e via Parma. In azione anche unità cinofile provenienti da Milano.
Sarebbero stati posti sotto sequestro alcuni lotti di terreno su cui erano state edificate circa trenta casette. Diverse persone risulterebbero indagate per lottizzazione abusiva. Il blitz è scattato alle 9 dopo il concentramento in piazzale Montelungo di uomini e mezzi delle forze dell'ordine.
"Hanno usato uno spiegamento di forze dell'ordine fuori da ogni immaginazione. Sono arrivati in divisa e con le unità cinofil. Mia figlia si è spaventata e a mia madre è venuta la febbre". Chi parla è una delle persone a cui è stato notificato il sequestro del terreno e dei fabbricati. E intanto l'associazione Sucar Drom ha già annunciato che nelle prossime ore organizzerà una marcia di protesta in città.
26 marzo 2013
Gazzetta di MantovaLa rabbia dei sinti dopo il blitz "Soldi sprecati dalle istituzioni" Dura reazione della comunità all'operazione anti-abusivismo: "Chiederemo alla Corte dei Conti quanto è stato speso". Otto gli indagati - di Sandro Mortari
Il giorno dopo il blitz delle forze dell'ordine al Trincerone che ha visto nel mirino alcune famiglie nomadi, e non solo, per lottizzazioni abusive, il segretario dell'associazione Sucar Drom, Carlo Berini, si scaglia contro le istituzioni.
"Chiederemo alla Corte dei Conti di sapere quanto è stato speso per questa operazione che ha visto in campo più di 150 persone soltanto per notificare degli avvisi di abusi edilizi. Ho l'impressione - aggiunge amaro - che in un giorno si sia speso quanto in cinque anni si spende a Mantova per la mediazione culturale. Chiederemo un incontro con il procuratore capo Condorelli per capire che cosa stia succedendo". Un'idea, Berini, se l'è fatta: "Contro i sinti e i rom ci sono dei pregiudizi difficili da sconfiggere. Martedì abbiamo assistito a scene che mai avremmo voluto vedere. C'erano poliziotti ovunque, sono state bloccate delle vie pubbliche per cinque ore. Bambini e vecchi della nostra comunità erano sotto shock, e lo sono tuttora; una persona anziana è finita all'ospedale. Hanno buttato all'aria tutto alla ricerca di non so che cosa e, alla fine, non hanno trovato niente".
Nel frattempo, sul tavolo del procuratore ieri è arrivata la relazione sull'intera operazione effettuata martedì, assieme alla documentazione sequestrata (rogiti e materiale informatico) necessaria a comprovare il reato di lottizzazione abusiva. Le indagini, dunque, continuano. Il Comune, dal canto suo, ha avviato la procedura per confiscare gli otto lotti di terreno e le 24 strutture adibite ad abitazione, posti sotto sequestro e affidati alla custodia giudiziale degli stessi proprietari.
La comunità sinta è attonita ma reagirà, promette Berini. Già state preannunciate manifestazioni di protesta che, all'ultimo momento, sono state fermate dagli stessi organizzatori: "Le associazioni sinte e rom sono in agitazione - annuncia Berini - e già martedì volevano venire a Mantova da tutt'Italia per manifestare contro l'emergenza abitativa che abbiamo qui. Abbiamo preferito indurre tutti alla calma. Ora ci riuniremo per definire la strategia da seguire". Berini assicura di non aver ancora pensato a quali iniziative adottare, "ma nulla è da escludere, potrebbe anche essere che occupiamo piazza Sordello in maniera permanente". Un punto tiene a precisare il segretario di Sucar drom: "I sinti non hanno ville né piscine".
E difende chi è stato indagato per lottizzazione abusiva: "Al Trincerone c'erano solo persone che hanno cercato di costruirsi un futuro fuori dal campo nomadi quando, a fine anni 80, la legge consentiva di tenere le roulotte su terreni agricoli. Nel 2005 la legge è cambiata, il Comune non ha applicato il condono edilizio e, per la prima volta, una legge è diventata retroattiva tanto che, otto anni dopo, ci considerano dei criminali. Ma noi non lo siamo".
28 marzo 2013
Notizia di contorno:
"Macchinari comprati dagli zingari" ma li avevano rubati da una ditta - 28 marzo 2013 Un 44enne e un 39enne colti in flagranza a Revere, seguiti di nascosto fino a Gazzo e arrestati in un'azienda di rottami
Italiani (si presume, non viene stranamente indicata la nazionalità) "prendono a prestito" macchine industriali, dicono di averle acquistate dagli zingari. Bottino: 1000 euro (principianti).
Sull'imponente operazione di polizia di ieri al Trincerone rilevo, con preoccupazione, l'enorme sproporzione tra le motivazioni dell'intervento e le modalità di esecuzione dello stesso. Quando mai un controllo per abusi edilizi richiede la presenza attiva - assieme ai tecnici comunali, a quelli dell'Arpa e agli agenti della polizia locale - di oltre 150 unità di tutti e cinque i corpi di polizia (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Forestale e Vigili del Fuoco), addirittura con unità cinofile? Oltre tutto la posizione di irregolarità di alcune roulotte - irregolarità divenuta tale dopo la legge del 2005 - era ben nota al Comune di Mantova, tanto da essere stata oggetto di discussione in occasione dell'approvazione del Prg. Cosa c'entra, poi, la chiusura di tutti gli accessi al Trincerone, i bambini sequestrati in casa per ore o il sequestro di beni familiari come cd musicali, chiavette Usb o i computer dei bambini? Incredibile! Un atto amministrativo è stato trasformato in un problema di ordine pubblico, con una spettacolarizzazione inaccettabile che ha lanciato, consapevolmente o inconsapevolmente, un messaggio devastante: i sinti e i rom sono dei criminali. Mi aspetto una spiegazione ufficiale dai responsabili di questa operazione.
Di Fabrizio (del 30/03/2013 @ 09:06:01, in Europa, visitato 1636 volte)
Politis.frIl vero volto della "caccia ai Rom" Ai limiti di Parigi, un campo di rom è minacciato di sgombero senza
alternative, mentre gli eletti dell'UMP si mobilitano per impedire la
costruzione di un'area d'accoglienza, a 700 metri di distanza. Reportage.
(ULTIMORA: sgombero effettuato il
27 mattina)
Alle prime ore del giorno, già si diffonde il fumo dai
camini di tubi forati che si alzano da una fila di baracche di fortuna. Da
mercoledì 20 marzo, la decina di famiglie rumene accampate su una bretella in
disuso dell'autostrada A4, a lato del bois de Vincennes, attendono di essere
sgomberate in ogni momento. Raccontano tre genitori, intorpiditi ed ansiosi, in
francese rudimentale.
Da un anno e mezzo hanno lasciato la regione di Buzau, Romania, dove
sopravvivevano come braccianti agricoli. Poi si sono installati in questi
rifugi, e vivono di materiali di recupero, cercando nella spazzatura cibo e
oggetti da vendere. Due gruppi elettrogeni e delle stufe a legna forniscono un
principio di confort.
Mercoledì le forze dell'ordine sono venute ad ingiungere di lasciare il
luogo, perché l'intervento era imminente. "Ci hanno dato sino a martedì per
andare - racconta un padre alzandosi dal letto. - Mercoledì, sfasciano
tutto."
"I Rom sono buttati per strada come cani"
Dal 18 luglio 23 di loro hanno ricevuto l'ordine di espulsione dal tribunale
di Parigi. Hanno appoggiato le loro valige su una bretella abbandonata
dell'autostrada A4 che la direzione stradale dell'Île-de-France vuole
recuperare.
"Da uno o due mesi viene sempre la polizia, - racconta Cosmin, 17
anni, che il francese l'ha imparato a scuola in Romania. - Ma non abbiamo
dove andare."
Rientrare in Romania? "Impossibile, - risponde il giovane, - là
non troviamo lavoro, neanche col diploma. Qui, almeno possiamo cercare
nell'immondizia. In Romania non sempre è possibile." Senza alternative, il
gruppo sembra quindi rassegnato a dovere "aspettare l'espulsione".
"Non ci sono mai soluzioni di rialloggio, i Rom sono buttati per strada come
cani," s'intromette Evelyne Perrin, pensionata e attivista iperattiva che
sostiene queste famiglie assieme ad un piccolo collettivo di Joinville-le-Pont
(Val-de-Marne). Da diversi mesi, sta muovendo mezzo mondo - dall'ambasciata
rumena ai difensori dei diritti, passando per sindaci locali e parlamentari -
per tentare di scolarizzare i 12 bambini dell'accampamento. "Ho provato di
tutto, ma non è stato possibile," sospira.
L'UMP vuole salvare il bosco di Vincennes
Nello stesso tempo, a due passi, davanti alla stazione RER di Joinville-le-Pont,
un pugno di militanti dell'UMP distribuisce volantini. A 700 metri dal campo, un
parcheggio dev'essere trasformato in area di accoglienza per "gens du voyage".
Lo prevede la legge ed il consiglio di Parigi ha approvato il 12 febbraio due
progetti dentro i boschi di Vincennes e di Boulogne. Inoltre, il senatore UMP
della Val-de-Marne,
Christian Cambon, assieme ad 8 città, hanno lanciato
una petizione contro questo progetto, che dovrebbe realizzarsi nel primo
trimestre del 2014.
Progettate dal 2010 dal sindaco di Parigi, la costruzione di queste due aree di
sosta è stata accolta dal rifiuto sistematico degli eletti locali. Nell'aprile
2011, la commissione dipartimentale dei siti, presieduta da Claude Goasguen,
sindaco UMP del XVIe arrondissement di Parigi, dichiarava "alluvionale"
la zona del bois de Boulogne. Ed il progetto di Vincennes è stato aggiornato a
novembre 2011, sulla base del solo parere della commissione superiore di siti:
un'area di accoglienza in un bosco non sarebbe conforme ai vincoli
paesaggistici.
Ai limiti del bois de Vincennes, l'area di accoglienza contestata dall'UMP e
l'accampamento minacciato di sgombero (clicca sull'immagine per vederla a
grandezza naturale)
Al giorno d'oggi "l'installazione dei campi non va nel senso dell'ecologia,"
martella Valérie Montandon, consigliera UMP del XIIe arrondissement di Parigi.
Firmatario della petizione sulla "violazione dell'integrità del bois de
Vincennes" il suo collega Claude Goasguen minaccia di portare il caso in
tribunale: "Se il prefetto di Parigi darà nonostante tutto il suo assenso,
la decisione sarà comunque annullata dal tribunale amministrativo."
I primi 60 posti di Parigi
Dal 5 luglio 2000 la legge Besson impone ai comuni di oltre 5.000 abitanti di
predisporre aree permanenti di accoglienza per le popolazioni nomadi. Già a
giugno 2011 il presidente della commissione nazionale consultiva della gens du voyage, Pierre Hérisson,
avvertiva François Fillon dell'inadempienza dei comuni, il 31 dicembre 2010
soltanto il 52% aveva provveduto a mettere in pratica la legge. Il 31 luglio
2012 ripeteva l'allarme al nuovo governo a maggioranza socialista: "Devono
essere create nuove strutture."
Sinora Parigi ha approntato 60 aree, quando un accordo del 2004 col prefetto
fissava a 200 i posti necessari all'area parigina. La cifra è stata abbassata a
90 posti.
Strana inerzia, nello stesso momento in cui il ministro degli interni - che ha
fatto espellere 12.000 Rom nel 2012 - promette di smantellare "più campi
insalubri possibile" e che François Hollande sostiene che "spera che
quando viene sgomberato un campo insalubre, vengano proposte soluzioni
alternative."
Quanti si oppongono al progetto dell'area di accoglienza nel bois de Vincennes,
hanno indetto una manifestazione sabato 23 marzo, nel l'area in questione. I
militanti che sostengono i Rom hanno già annunciato una contro-dimostrazione.
Volantino distribuito giovedì mattina alla stazione di Joinville-le-Pont
Di Fabrizio (del 31/03/2013 @ 09:00:27, in sport, visitato 1634 volte)
ROMEDIA FoundationThe sound of silence: Calcio ungherese, razzismo
vergognoso - by Alastair Watt, 26 marzo 2013
Il 22 marzo a Budapest si è giocata Ungheria-Romania, importante partita di
qualificazione per la Coppa del Mondo di calcio che si terrà in Brasile nel
2014, e dopo molti anni entrambe i paesi sono nella migliore posizione per
partecipare a questo importante evento sportivo. Lo stadio Ferenc Puskas,
che può contenere oltre 50.000 spettatori, avrebbe dovuto essere un'esplosione
di suoni e colori, unendo un paese nella vittoria.
Invece, c'era silenzio. Assordante e, per l'Ungheria, imbarazzante
silenzio. All'inizio dell'anno la FIFA, l'organo di governo del calcio mondiale,
annunciava che l'Ungheria avrebbe giocato la sua prossima partita casalinga a
porte chiuse, come punizione per i cori antisemiti dei suoi fan, prima e durante
la partita con Israele dell'agosto scorso. Venerdì, l'Ungheria ha pareggiato con
la Romania con un potenzialmente pericoloso 2-2, in un'atmosfera decisamente
strana. Dopo aver segnato i goal, i giocatori ungheresi correvano per celebrare
davanti ad un pubblico che non c'era. Ben presto la confusione è subentrata alla
gioia iniziale.
Nel frattempo, fuori dallo stadio veniva disperso coi gas lacrimogeni dalla
polizia anti-sommossa un folto gruppo di manifestanti in passamontagna che
sventolavano le bandiere dello Jobbik. Il bel gioco veniva marchiato da atti
orribili.
Una partita tra Ungheria e Romania sarebbe comunque surriscaldata in ogni
circostanza, data la lunga rivalità tra i due paesi, e una significativa
minoranza di Ungheresi che vivono in Romania. Dal punto di vista calcistico è
uno scontro tra due3 nazioni riemergenti, con una generazione nuova ed
emozionante di giocatori. Tuttavia, l'incontro non è stato marcato né da
rivalità né da tecnica brillante. E' stato più caratterizzato da quell'atmosfera
vuota ed inquietante, che ha mostrato la malattia pervasiva ma raramente
affrontata dal paese: il razzismo. L'Associazione Calcistica Ungherese,
distintasi per la perdita di oltre 100.000 euro a seguito del divieto, ha
reagito, no condannando quei canti vili, ma facendo ricorso contro la decisione.
Ha sostenuto che la punizione era "dura" e "sproporzionata". Eppure, sono gli
stessi che promettono di "espellere le voci estremiste dal calcio ungherese".
Senza dubbio, un messaggio ambivalente. Da un lato, si vuole liberare il gioco
nazionale dal razzismo. Dall'altra, quando un incidente razzista nazionale viene
perpetrato dai propri sostenitori, nel proprio stadio, si reagisce con debolezza
e indulgenza. E' stata un'occasione tristemente mancata per prendere una
posizione contro il razzismo. Il loro ricorso è stato ovviamente respinto dal
Tribunale arbitrale per lo Sport. Erano gli Ebrei il bersaglio di agosto, ma il
razzismo e l'odio contro i Rom e i giocatori di colore si sono diffusi da anni
nel calcio ungherese.
Assistetti alla mia prima partita in Ungheria nell'ottobre 2011, al Florian Albert
Stadium, sede del Ferencvaros, la squadra più popolare di Budapest. Non
memorabile la partita contro il Videoton. Ma ciò che vidi e sentii sugli spalti
lo fu. "Cigano" (zingaro) gridò una coppia di tifosi Fradi (Ferencvaros)
alla mia destra, quando il portiere avversario corse verso la fine dello stadio.
Epiteto che, imparai presto, è tra i preferiti dalla folla. E' usato per ogni
apparente infrazione. L'arbitro prende una decisone da contestare: "Cigany!". Un
giocatore del Ferencvaros compie un errore: "Cigany!". I tifosi avversari
arrivano allo stadio: "Cigany!".
Questi cori sono stati resi illegali, ma la polizia non ha fatto niente. Se
avessero applicato la legge alla lettera, ci sarebbero stati migliaia di
arresti. Da altre parte in città, ad Ujpest per esempio, cori simili sono meno
comuni nella mia esperienza, ma sono esistiti. Nel contempo, vengono diretti a
gran voce fischi discriminatori e slogan di "scimmia" verso i giocatori di
colore. Raramente c'è un servizio d'ordine o qualche forma di autocontrollo
sugli spalti. Ci vorrebbe qualcuno di coraggioso che dicesse ai suoi compagni di
tifo che questi cori razzisti sono inaccettabili, ed il coraggio è una merce
rara nel calcio ungherese di oggi.
L'allenatore di un noto club ungherese, che preferisce rimanere anonimo, mi ha
detto che sarebbe un "suicidio per la carriera" ingaggiare un giocatore romanì
in Ungheria. Gli esempi sono dappertutto. Nel 2008-2009 il portiere Jan-Michael
Williams, di Trinidad, giocò nel Ferencvaros. Quella che avrebbe dovuto essere
una mossa interessante da parte di una squadra una volta famosa, diventò un
acido autogol, dato che Williams era sottoposto a frequenti abusi razziali,
anche da parte dei suoi "sostenitori".
Ricordando quella che descrive come la peggior esperienza della sua vita: "Sin
dall'inizio c'erano abusi razziali, sia da parte della nostra che degli
avversari. C'era il gesto della scimmia, "tornatene in Africa", manifesti e
cartelli." I tifosi ed i giocatori del MTK Budapest, fondato anche da ebrei
ungheresi, sono sottoposti a terribili abusi, tra cui il più inquietante è il
"sibilo" (che imita ipl suono delle camere a gas naziste), ripetuto dai tifosi
del Ferencvaros durante una partita agli inizi degli anni 2000.
Ne3gli anni recenti la scomparsa del calcio ungherese e le susseguenti scarse
presenze in Europa e Champions League, hanno mantenuto a livello locale questo
razzismo rampante, nascosto tra i confini ungheresi. Di tanto in tanto le
autorità europee o mondiali mandano ammonimenti, ma le reazioni a livello
nazionale riguardo al razzismo nel calcio sono di un'incertezza allarmante.
Hooligans di diverse squadre ungheresi sono noti per essere affiliati al partito
di estrema destra Jobbik, che si sposta con rapidità per trarre profitto dai
provvedimenti punitivi. Durante le manifestazioni tenutesi fuori dallo stadio
prima, durante e dopo la partita, lo Jobbik faceva opera di proselitismo tra i
tifosi colpiti dal divieto.
Questo è un test per i tifosi di calcio ungheresi. Si sentiranno accusati a
torto come gruppo, aggiungendo le loro grida all'eco del pianto degli estremisti
vittimizzati? O si coalizzeranno contro i razzisti i cui comportamenti minano i
progressi della migliore selezioni di giovani calciatori dopo decenni?
Lo dirà il tempo, ma se il danno auto-inflitto alle loro speranze di prendere
parte alla Coppa del Mondo non porterà ad una resistenza più attiva contro il
razzismo, non so cosa potrà succedere. Sono passati sessant'anni da quando la
più forte selezione ungherese (conosciuta come i magici Magiari) ottenne il suo
miglior risultato, battendo l'Inghilterra a Wembley, ispirata dal grande Puskas.
Che farsa, quindi, che lo stadio a lui intitolato fosse deserto per colpa degli
estremisti, che pure manifestavano al suo esterno, mentre il razzismo continua
senza essere affrontato nel calcio ungherese.
L'istruzione, elemento centrale nel progresso del popolo rom
E' notorio per tutti l'importanza fondamentale che ricopre l'istruzione, nello
sviluppo della persona e delle popolazioni.
C'è un ampio consenso tra professionisti e rappresentanti delle diverse comunità
rom, quanto all'importanza fondamentale dell'istruzione rispetto alla crescita
sociale. Allo stesso modo, c'è consenso nell'evidenziare le difficoltà
incontrate per abbordare in modo efficace le situazioni maggiormente
problematiche in questo campo.
"Se dai un pesce a un uomo affamato, lo nutri una giornata. Se gli insegni a
pescare, lo nutrirai per tutta la vita". (Lao-tsé)
Nel caso delle comunità gitane, si continua a constatare un certo disavanzo. L'abandono
prematuro del sistema scolastico, nello specifico durante la transizione tra la
scuola primaria e secondaria, gli alti indici di assenteismo, il limitato
accesso ai nidi e alla scuola materna, o la percentuale bassa di promossi verso
i livelli medi e superiori, sono motivi di preoccupazione per tutti gli
operatori implicati.
Un approccio della situazione della popolazione gitana Navarra, in relazione al
sistema dell'istruzione, rileva l'esistenza di diverse situazioni:
Situazioni di accesso normalizzato al sistema scolare tra i 3 e 16 anni, che
si riscontra in un gruppo che incomincia il suo percorso dal prescolare e
termina la scuola dell'obbligo, benché tuttavia con scarsi casi di promozione ai
livelli superiori.
Situazioni di inserimento nel sistema scolastico, che presentano però problemi
riguardo all'assistenza regolare e la continuità nell'ultima fase
dell'insegnamento dell'obbligo.
Situazioni di gravi esclusioni dal sistema scolare, come la descolarizzazione
di minori durante il percorso relativo alla scuola dell'obbligo (6-16 anni),
l'assenteismo protratto, l'irregolarità nell'assistenza e l'abandono precoce
senza giungere fino alla tappa delle classi secondarie.
La mancanza di accesso ai nidi e alla scuola materna (0-6 anni), comporta
importanti effetti di svantaggio rispetto agli alunni che si sono inseriti già
durante questa tappa. Nonostante l'accesso dei bambini e bambine gitani a questi
livelli si stia incrementando, non può però essere considerata una tendenza
maggioritaria né durante il ciclo pre-scolare (0-3 anni), né tantomeno nel ciclo
della materna (3-6 anni).
"La grandiosità dell'imparare qualcosa, sta nel fatto che nessuno può
togliercelo". (B.B King)
Uno degli obiettivi del
Piano di Assistenza Globale alla Popolazione Rom di
Navarra è quello di aumentare le competenze del corpo insegnante, e
dell'insieme degli operatori che agiscono nell'ambito educativo, con lo scopo di
migliorare l'efficacia degli interventi riguardo agli alunni rom.
Uno dei mezzi contemplati dal Plan è quello di introdurre e diffondere in aula
diverse risorse, mirando a una particolare attenzione nei confronti della
diversità.
Il ministero dell'educazione adatterà e svilupperà insieme all'alunno rom
alcuni sistemi validi che abbiano ottenuto risultati positivi nelle aule
(materiale interculturale, pedagogico ecc ...).
Il ministero dell'educazione includerà nella sua offerta formativa, una
formazione specifica del corpo insegnante in merito alla cultura gitana,
adattamento curriculare e particolare attenzione nei confronti della diversità.
Si realizzeranno azioni di sensibilizzazione insieme alle famiglie rom, con lo
scopo di stimolare la loro implicazione nello sviluppo dell'istruzione dei
propri figli(e)
Si svilupperanno attività scolastica dei genitori, con lo scopo di stimolare
la partecipazione degli stessi alle attività dei vari centri e APYMAS
(associazioni di padri e madri).
"Insegnare ai bambini a contare è buono, però insegnar loro quello che realmente
conta è ancora meglio" (Bob Talbert)
"IO VADO A SCUOLA"/"K-I SKÒLA 3AV"/"ESKOLARA NOA", è una campagna di
sensibilizzazione che pretende di contribuire a ridurre le disugualianze
educative esistenti tra la comunità rom e il resto della società, ciò per mezzo
di questo documentario.
Questo documentario riflette testimonianze di bambini e bambine, adolescenti,
giovani, donne e uomini adulti, ognuno protagonista della propria campagna di
sensibilizzazione. In queste testimonianze loro esprimono le loro opinioni e il
loro vissuto rispetto all'istruzione formale.
Il suo formato audiovisivo e di breve durata permette di farlo giungere a
tutta la popolazione.
Apporta esempi, opinioni, riflessioni, che ci aiuteranno a lavorare su questo
tema.
E' stato progettato ed elaborato dalla comunità rom.
Solo colui che sa è libero, è maggiormente libero colui che sa di più...
Solo la cultura dona libertà...
Non proclamare la libertà di volare, piuttosto dona delle ali; né quella di
pensare, piuttosto dona pensieri.
La liberà dei popoli è la cultura.
(Miguel de Unamuno)
Milioni di Rom in tutta Europa sperimentano pregiudizi, esclusioni,
sgomberi forzati, segregazione a scuola, mancanza di accessi ai servizi pubblici
e odio che può portare alla violenza. Come comportarsi con la discriminazione
giornaliera che ancora continua? Cosa li spinge a sperare che il futuro sia
migliore? Ecco quattro attivisti romanì che parlano della loro lotta per
i diritti umani, i diritti dei loro figli e delle loro comunità.
Lotta contro la segregazione nell'istruzione: "Ci avete dato la
forza"
Peter e Marcela vivono a Levocha, in Slovacchia. Grazie ad Amnesty
International, hanno recentemente ottenuto che i loro figli non fossero più
segrgati in classi epr soli Rom, anche se questa pratica continua tuttora.
Peter: Mi sento Slovacco, ma sono Rom. Non mi piace essere
etichettato come Rom o zingaro. Appartengo a questa società, come i miei figli.
Il loro fututo sarà migliore. Frequentano classi miste - hanno più opportunità
ed hanno un approccio differente alla scuola. Spero che ci sia un cambiamento.
Le classi separate vanno abolite. E' giusto che la gente lo sappia - se non se
ne parla, non cambierà o non si risolverà niente. Quindi, è stato un bene di
sicuro operare con Amnesty, perché a Levocha e altrove le cose ora sono
cambiate.
Marcela: Mi sono battuta non solo per i miei figli, ma per
tutti i bambini. Sarei così felice se il Ministero dell'Istruzione abolisse
tutte le scuole e le classi separate. E vorrei che si battessero anche gli altri
genitori, come abbiamo fatto io e mio marito. Lavorare con Amnesty International
mi ha dato tanta forza ed energia. Se voi non foste stati con noi, non avrei
saputo da dove partire. Per me è stata una grande esperienza. Avete dato la
forza per andare avanti con la nostra lotta.
Combattere gli sgomberi forzati: "Non posso arrendermi"
Claudia Greta e la sua comunità sono state allontanate a forza da Cluj-Napoca,
in Romania, a dicembre 2010 e risistemati alla periferia della città, accanto
alla discarica municipale. La storia fu descritta nella nostra pubblicazione Write for Rights
del 2012. Claudia e gli altri attivisti ora stanno conducendo una campagna con
Amnesty International per essere nuovamente riportati in città e con un adeguato
alloggio.
Il giorno dello sgombero mi ha segnata per il resto della vita. Da allora ci
siamo battuti per mostrare che dovremmo avere gli stessi diritti legali di
tutti. Voglio mostrare al mondo intero che non ci arrenderemo, anche se abbiamo
la pelle di colore più scuro. Non importa - siamo tutti umani. Non voglio che i
nostri bambini passino l'infanzia in un inferno.
Voglio che la gente veda che siamo persone normali: mandiamo i bambini a
scuola, andiamo a lavoro, i nostri bambini vanno all'asilo. Facciamo cose
normali come qualsiasi etnia. Siamo esseri umani.
Andare a Varsavia con Amnesty International ha avuto su di me un grande
impatto. Un bambino di 10 anni mi ha mostrato la lettera che aveva scritto per
noi, e mi ha toccato profondamente. Ora sentiamo che non siamo soli. Ogni
lettera mostra che altri lottano accanto a noi. Quando vedo così tante lettere
di incoraggiamento, non posso arrendermi. Neanche la morte mi fermerà. Qualcuno
prenderà il mio posto e continuerà.
Quando la Romania ha aderito all'Unione Europea, erano inclusi Rom e
Ungheresi, Ebrei e tutti gli altri gruppi etnici che vivono qui. Quindi, anche
noi siamo parte dell'Unione Europea. Se la UE vedesse discriminazioni nel nostro
paese, allora dovrebbe intervenire.
Rita Izsak, è una romnì dell'Ungheria. Ora è consulente indipendente ONU
sulle questioni delle minoranze.
Il cognome di mia madre era Orsos, che è tradizionale tra i Rom. Per tutta la
vita, quando ho dovuto indicare nei documenti ufficiali il suo cognome, è stato
chiaro che appartenevo al gruppo rom.
Quando ero studentessa, lavoravo part-time come organizzatrice d'eventi e fui
licenziata senza ragione. Sentii che il mio capo aveva scoperto che mia madre
era rom, e non poteva permettersi che la compagnia fosse rappresentata da una
Romnì. Non importava che studiassi legge, che parlassi fluentemente due lingue,
che fossi pulita e gentile; l'unica cosa importante è che mia madre avesse
origine rom.
Mi arrabbiai ed entrai nell'European Roma Rights Centre. Divenni un'attivista
per i diritti dei Rom. Ero stata messa di fronte ad una terribile verità e ciò
fece di me una combattente.
Vedo segnali positivi - per esempio, la mia organizzazione in Ungheria ha
appena fondato un club femminile rom, dove incontro dozzine di Romnià molto
promettenti, giovani, altamente istruite e di talento che lavorano per la loro
comunità.
Penso che ciò che manca davvero è un linguaggio chiaro su cosa sta
succedendo. Non ci sono abbastanza discussioni franche, che permettano alle
persone di digerire cosa sta succedendo. I politici spesso hanno troppa paura
per usare parole come "segregazione" o "violenza" o "omicidi di Rom". C'è
silenzio.
Nell'Europa occidentale l'odio e i discorsi che incitano al razzismo sono in
aumento, non solo contro i Rom, ma anche contro altri gruppi come gli ebrei e i
musulmani. Ma i Rom si distinguono perché siamo il bersaglio in quasi tutti i
paesi dove viviamo. La grande difficoltà è che manchiamo di potere politico,
economico o nei media.Così è importante trovare piattaforme per mostrare
solidarietà. C'è sempre un modo per entrare in contatto con queste comunità.
Dobbiamo agire ora per evitare la perdita di un'altra generazione di Rom, le
cui uniche aspettative siano vivere in povertà, discriminati ed esclusi.
ACT NOW
Il 4 aprile, Amnesty International lancia una nuova campagna in tutta Europa per
fermare la discriminazione contro il popolo romanì. Unitevi alla campagna!
Visitate amnesty.org/roma
Di Fabrizio (del 03/04/2013 @ 09:09:27, in Europa, visitato 1220 volte)
Da Roma_Francais (Augurandovi di essere usciti tutti interi dalla
scorsa settimana santa, ho beccato un articoletto a tema)
I Rom sono pericolosi alla salute dei morti - 29 marzo
2013 par
Philippe Alain
Il sindaco di Villeurbanne è quello che si dice un socialista disinibito.
La scorsa estate aveva firmato su Le Monde una piattaforma a sostegno della
politica razzista del governo e chiedendo lo smantellamento mirato degli
accampamenti rom. Per lui, l'importante non è la rosa, non è nemmeno
l'accampamento, ma proprio il campo rom.
Fine agosto: assegna quindi al tribunale un centinaio di persone che avevano
trovato rifugio in fondo ad un parco naturale. Allora, per giustificare la
domanda d'espulsione, il sindaco precisava che i Rom minacciavano... le specie
protette.
La richiesta in effetti precisa: "Il parco naturale della Feyssine ospita
delle specie protette la cui protezione può essere minacciata da questo tipo di
occupazione."
In Francia è più importante proteggere gli animali che i bambini rom.
Il giudice ordina l'espulsione immediata e le famiglie si spostano su altri
due terreni, sempre a Villeurbanne, tanto per dimostrare l'assurdità di questa
politica che sposta senza risolvere assolutamente niente.
Ancora, i due terreni sono oggetto di una procedura d'espulsione, lanciata a
fine agosto 2012.
Durante tutti i 6 mesi in cui sono occupati dalle famiglie, nessuno di questi
terreni è fatto oggetto dell'applicazione della
circolare interministeriale del 28 agosto, inviata a tutti i prefetti.
E' la circolare che prevede la messa in opera, prima dell'espulsione, di una
diagnosi e sostegno alle famiglie.
Probabilmente, il prefetto di Lione non riceve le circolari
interministeriali. O forse non le legge, troppo occupato, senza dubbio, ad
affrontare la questione degli
elefanti da sottoporre ad eutanasia, che si trascina da mesi.
Per giustificare la sua domanda d'espulsione, il sindaco di Villeurbanne, in
mancanza di specie animali da proteggere trova un nuovo argomento: "Questa
occupazione, se dovesse prolungarsi, porrebbe immancabilmente gravi problemi
d'igiene tanto per gli occupanti che per gli abitanti attorno."
Bon, mi direte, è un classico, è l'argomento abituale... Salvo che... I
vicini delle famiglie installate sul terreno di Villeurbanne non sono dei vicini
così comuni. Sono morti.
Eh sì, morti e sepolti. Cacciate da tutte le parti, minacciati dai vicini che
a volte bruciano le loro baracche, queste famiglie si sono installate a lato di
un cimitero. Pensando, senza ombra di dubbio, che almeno qui non rischiano di
svegliare i vicini facendo troppo rumore.
Invece no. Il sindaco di Villeurbanne ritiene che i Rom, dopo aver minacciato
specie protette, minaccino l'igiene delle persone sepolte. Forte, vero?
In Francia l'igiene dei morti è più importante di quella dei bambini rom.
Ieri, 28 marzo 2013, sotto una pioggia gelata, il prefetto del Rodano, a
seguito della richiesta del sindaco di Villeurbanne, ha dunque provveduto
all'espulsione di 80 persone, la metà delle quali sono bambini. Tutto è successo
molto in fretta. La polizia è arrivata con i bulldozer che hanno spaccato tutto.
Gettate sul marciapiede, le famiglie si sono fermate per un momento a guardare
la Francia distruggere tutto ciò che possedevano, cioè: poca roba.
La sera stessa, alla televisione, François Hollande, dall'alto del suo 29% di
popolarità, ci spiegava che rinunciava al socialismo. L'avevamo capito, grazie.
L'associazione Sucar Drom, insieme alla
Federazione Rom e Sinti Insieme,
invita tutti alla manifestazione con corteo "IA CHER PAR KROLL - UNA CASA PER
TUTTI" per riaffermare il diritto alla casa per i Cittadini italiani,
appartenenti alle minoranze linguistiche sinte.
Partecipa anche tu per manifestare contro le discriminazioni istituzionali che
colpiscono i sinti sull'abitare. I singoli e le associazioni possono aderire
alla manifestazione scrivendo a
info@sucardrom.eu
Nel mese di febbraio 2012 il Governo italiano ha adottato il documento
"Strategia d'inclusione dei rom,dei sinti e dei camminanti" in ottemperanza alla
Comunicazione n.173/2011 della Commissione europea. Nel documento si chiede
esplicitamente alle Amministrazioni comunali di regolarizzare le abitazioni
(roulotte) delle famiglie sinte nelle aree agricole (pagina 85). Questa
richiesta è motivata dal fatto che le famiglie a partire dagli Anni Ottanta
hanno acquistato piccole proprietà con l'obiettivo di non entrare od uscire
dalle logiche ghettizzanti e assistenzialistiche proprie dei cosiddetti "campi
nomadi", in particolare nel Nord Italia. Le piccole proprietà sono state
acqusitate agricole per due motivi:
1) la legge permetteva di posizionare le strutture mobili sulle aree agricole,
2) la limitata capacità economica delle famiglie.
Dal 2005 il posizionamento di strutture mobili su terreni agricoli è diventato
illegale, ma nessuna norma è stata predisposta per regolarizzare le piccole
proprietà abitate dalle famiglie da decenni. Il Comune di Mantova colpevolmente
non ha attuato nessuna azione per ricercare delle soluzioni e tutte le proposte
presentate dall'associazione Sucar Drom in questi anni sono state rifiutate.
Nel mese di maggio 2012 sono stati presentati i dati dell'indagine "The
situation of Roma in 11 Ue Member States" che ha coinvolto 11 Paesi membri
dell'UE, tra cui l'Italia e Mantova ed è stata curata dell'Agenzia dell'UE per i
diritti fondamentali (FRA) e del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite
(UNDP). In Italia e a Mantova l'indagine è stata coordinata da Sucar Drom, dalla
Federazione Rom e Sinti Insieme, da Demaskopea e ha coinvolto decine di giovani
e meno giovani sinti e rom come rilevatori. La relazione finale si basa su due
indagini che analizzano la situazione socioeconomica di rom e sinti e dei loro
concittadini abitanti nelle stesse zone, in undici Stati membri dell’Unione
europea e in paesi europei limitrofi. Secondo la relazione molti rom e sinti
continuano a essere oggetto di discriminazione ed esclusione sociale in tutta
l’Unione europea. In media, la situazione dei rom e dei sinti è peggiore di
quella dei loro concittadini che vivono nelle strette vicinanze. Secondo la
relazione, negli undici Stati membri dell’UE considerati, che ospitano la
stragrande maggioranza dei cittadini rom e sinti dell’Unione europea, la
situazione scolastica, occupazionale, abitativa e sanitaria dei rom e dei sinti
è in media peggiore di quella degli altri abitanti nelle stesse zone. Inoltre,
rom e sinti continuano a subire discriminazioni e non hanno una conoscenza
sufficiente dei diritti garantiti dalla legislazione dell’Unione europea.
Il 26 marzo 2013 con un'azione spettacolare il Comune di Mantova, insieme alla
procura di Mantova, ha posto sotto sequestro le piccole proprietà dove vivono
tante famiglie sinte a Mantova. Noi diciamo no a questo scempio e alla
criminalizzazione di intere famiglie.
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