LIVEWIRE Amnesty's global human rights blog - Posted on 28 March 2013 by
Livewire Team
Milioni di Rom in tutta Europa sperimentano pregiudizi, esclusioni,
sgomberi forzati, segregazione a scuola, mancanza di accessi ai servizi pubblici
e odio che può portare alla violenza. Come comportarsi con la discriminazione
giornaliera che ancora continua? Cosa li spinge a sperare che il futuro sia
migliore? Ecco quattro attivisti romanì che parlano della loro lotta per
i diritti umani, i diritti dei loro figli e delle loro comunità.
Peter e Marcela hanno vinto la battaglia perché i loro figli non fossero
segregati in classi per soli-Rom. © Private
Lotta contro la segregazione nell'istruzione: "Ci avete dato la
forza"
Peter e Marcela vivono a Levocha, in Slovacchia. Grazie ad Amnesty
International, hanno recentemente ottenuto che i loro figli non fossero più
segrgati in classi epr soli Rom, anche se questa pratica continua tuttora.
Peter: Mi sento Slovacco, ma sono Rom. Non mi piace essere
etichettato come Rom o zingaro. Appartengo a questa società, come i miei figli.
Il loro fututo sarà migliore. Frequentano classi miste - hanno più opportunità
ed hanno un approccio differente alla scuola. Spero che ci sia un cambiamento.
Le classi separate vanno abolite. E' giusto che la gente lo sappia - se non se
ne parla, non cambierà o non si risolverà niente. Quindi, è stato un bene di
sicuro operare con Amnesty, perché a Levocha e altrove le cose ora sono
cambiate.
Marcela: Mi sono battuta non solo per i miei figli, ma per
tutti i bambini. Sarei così felice se il Ministero dell'Istruzione abolisse
tutte le scuole e le classi separate. E vorrei che si battessero anche gli altri
genitori, come abbiamo fatto io e mio marito. Lavorare con Amnesty International
mi ha dato tanta forza ed energia. Se voi non foste stati con noi, non avrei
saputo da dove partire. Per me è stata una grande esperienza. Avete dato la
forza per andare avanti con la nostra lotta.
Claudia Greta con altri della sua comunità stanno chiedendo un alloggio
adeguato in città, dopo lo sgombero forzato nel2010. © Laurent Ziegler
Combattere gli sgomberi forzati: "Non posso arrendermi"
Claudia Greta e la sua comunità sono state allontanate a forza da Cluj-Napoca,
in Romania, a dicembre 2010 e risistemati alla periferia della città, accanto
alla discarica municipale. La storia fu descritta nella nostra pubblicazione Write for Rights
del 2012. Claudia e gli altri attivisti ora stanno conducendo una campagna con
Amnesty International per essere nuovamente riportati in città e con un adeguato
alloggio.
Il giorno dello sgombero mi ha segnata per il resto della vita. Da allora ci
siamo battuti per mostrare che dovremmo avere gli stessi diritti legali di
tutti. Voglio mostrare al mondo intero che non ci arrenderemo, anche se abbiamo
la pelle di colore più scuro. Non importa - siamo tutti umani. Non voglio che i
nostri bambini passino l'infanzia in un inferno.
Voglio che la gente veda che siamo persone normali: mandiamo i bambini a
scuola, andiamo a lavoro, i nostri bambini vanno all'asilo. Facciamo cose
normali come qualsiasi etnia. Siamo esseri umani.
Andare a Varsavia con Amnesty International ha avuto su di me un grande
impatto. Un bambino di 10 anni mi ha mostrato la lettera che aveva scritto per
noi, e mi ha toccato profondamente. Ora sentiamo che non siamo soli. Ogni
lettera mostra che altri lottano accanto a noi. Quando vedo così tante lettere
di incoraggiamento, non posso arrendermi. Neanche la morte mi fermerà. Qualcuno
prenderà il mio posto e continuerà.
Quando la Romania ha aderito all'Unione Europea, erano inclusi Rom e
Ungheresi, Ebrei e tutti gli altri gruppi etnici che vivono qui. Quindi, anche
noi siamo parte dell'Unione Europea. Se la UE vedesse discriminazioni nel nostro
paese, allora dovrebbe intervenire.
Rita Izsak, romnì ungherese ed esperta indipendente ONU sulle questioni delle
minoranze. © UN BIH CO
Lotta alle discriminazioni: "Mi sono arrabbiata"
Rita Izsak, è una romnì dell'Ungheria. Ora è consulente indipendente ONU
sulle questioni delle minoranze.
Il cognome di mia madre era Orsos, che è tradizionale tra i Rom. Per tutta la
vita, quando ho dovuto indicare nei documenti ufficiali il suo cognome, è stato
chiaro che appartenevo al gruppo rom.
Quando ero studentessa, lavoravo part-time come organizzatrice d'eventi e fui
licenziata senza ragione. Sentii che il mio capo aveva scoperto che mia madre
era rom, e non poteva permettersi che la compagnia fosse rappresentata da una
Romnì. Non importava che studiassi legge, che parlassi fluentemente due lingue,
che fossi pulita e gentile; l'unica cosa importante è che mia madre avesse
origine rom.
Mi arrabbiai ed entrai nell'European Roma Rights Centre. Divenni un'attivista
per i diritti dei Rom. Ero stata messa di fronte ad una terribile verità e ciò
fece di me una combattente.
Vedo segnali positivi - per esempio, la mia organizzazione in Ungheria ha
appena fondato un club femminile rom, dove incontro dozzine di Romnià molto
promettenti, giovani, altamente istruite e di talento che lavorano per la loro
comunità.
Penso che ciò che manca davvero è un linguaggio chiaro su cosa sta
succedendo. Non ci sono abbastanza discussioni franche, che permettano alle
persone di digerire cosa sta succedendo. I politici spesso hanno troppa paura
per usare parole come "segregazione" o "violenza" o "omicidi di Rom". C'è
silenzio.
Nell'Europa occidentale l'odio e i discorsi che incitano al razzismo sono in
aumento, non solo contro i Rom, ma anche contro altri gruppi come gli ebrei e i
musulmani. Ma i Rom si distinguono perché siamo il bersaglio in quasi tutti i
paesi dove viviamo. La grande difficoltà è che manchiamo di potere politico,
economico o nei media.Così è importante trovare piattaforme per mostrare
solidarietà. C'è sempre un modo per entrare in contatto con queste comunità.
Dobbiamo agire ora per evitare la perdita di un'altra generazione di Rom, le
cui uniche aspettative siano vivere in povertà, discriminati ed esclusi.
ACT NOW
Il 4 aprile, Amnesty International lancia una nuova campagna in tutta Europa per
fermare la discriminazione contro il popolo romanì. Unitevi alla campagna!
Visitate amnesty.org/roma