Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 05/08/2009 @ 09:12:06, in Europa, visitato 1684 volte)

Da Roma_Francais

Nordéclair.fr VILLENEUVE D ASCQ / UN GIORNO CON (3/6): Fine dei viaggi per la gens du voyage - Publié le lundi 03 aoűt 2009 à 06h00 MARIE GOUDESEUNE villeneuvedascq@nordeclair.fr

Goya, Anne e Marc sperano che sia assicurata l'area di accoglienza dei 4 Cantoni e che i loro caravan vengano sostituiti da case mobili

Si scorgono i loro caravan quando, lasciando il parco scientifico dell'Haute Borne, ci si dirige verso la A22. Di fronte alla discoteca Fabrik, i "Rom francesi" ci hanno aperto le porte. Ritratto di famiglie sempre più sedentarie.

"Non si viaggia più. Si resta qui". Al nostro arrivo sono le prime parole di Goya - Robert, dal suo nome francese -, "il patriarca". Nel campo tranquillo, i bambini camminano qua e là, delle giovani con dei carrelli. Ci si crederebbe in un villaggio. E negli occhi di Goya, difficile sapere se quest'installazione duratura è un male o un bene.

"Ci vorrebbero delle piccole case al posto dei nostri caravan. Perché resteranno qui di padre in figlio. Il viaggio ci interessava perché non si sapeva che c'era la scuola. E tutto d'un colpo, hanno fatto questo terreno".

Chiusi come sardine

Dopo la legge Besson votata nel 1990, ogni comune con più di 5.000 abitanti ha, di fatto, l'obbligo di sistemare un'area d'accoglienza per la gens du voyage. Quella dei 4 Cantoni ha visto la luce nel 1998. "Siamo rimasti più di 20 anni pigiati come sardine su un piccolo terreno, là. C'era una toilette per cento persone. Ora va meglio" ritiene Goya, che mostra col dito il terrene vicino del futuro grande Stadio.

Presto avrà 60 anni. Ed ormai, il termine viaggio ha fatto il suo buco nella categoria del souvenir. "Prima, non c'erano frontiere. Andavamo dove ci piaceva. Spagna, Italia, l'Europa intera. Faceva bello a Parigi? Si andava a Parigi. Era formidabile". Ma portando l'istruzione ed un'igiene di vita più comoda, l'area di accoglienza ha finito per fissare i piedi dei viaggianti. La gens du voyage si muove ormai come i sedentari, o al massimo per andare fare le vendemmie, come a settembre prossimo.

Oggi, le loro preoccupazioni riguardano soprattutto la loro vita qui: che venga aggiunto un passaggio pedonale all'ingresso dell'area, che intorno venga tagliata l'erba alta, ridipinti i muri, dei giochi per i bambini e che sia installato un terreno di pallone. "Qui, è tenuto male e non in sicurezza. Ma tutto dipende dalla buona volontà del sindaco. Da quando si è là, non è mai venuto, rilevano Goya ed i suoi amici. E quindi soprattutto si chiedono case o case mobili, perché nelle roulotte non c'è veramente spazio.

"Se la figlia di Goya è insegnante ed uno dei suoi figli operatore del verde, molti vivono senza un lavoro fisso, con la RMI. Quella mattina, qualche giovane è occupato a separare ferraglia: "La recuperano davanti alle case. Mettono il rame da parte: è il più caro. Ma ormai ci si sono messi tutti, anche i rumeni e gli arabi, perché non hanno più lavoro".

Francesi e SDF (Senza fissa dimora)

Nate per la maggior parte in Francia, le famiglie che incontriamo parlano allo stesso tempo francesi e romanès. "Si è nati in Francia. I Rom della Romania, loro, non è da molto che sono lì. Hanno tutto, noi solo la fame," si rammarica di Marc. Sua moglie Anne ci mostra la sua carta d'identità, sulla quale appare uno spazio vuoto: "Si rifiutano di darci un indirizzo. Ci considerano come SDF: come fare con le banche e le assicurazioni?" Il 10 agosto prossimo, le tre famiglie dovranno lasciare la superficie, per quattro giorni, il tempo della pulizia annuale del terreno. Frattanto si preoccupano di sapere dove andranno: sarà il "sistema D". Ma non appena possibile, ritorneranno all'area d'accoglienza, dove ormai sono bene installate.

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Di Fabrizio (del 06/08/2009 @ 09:25:51, in sport, visitato 2046 volte)

 il link del video è QUESTO

Cari amiche e amici,

per iniziare ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato fin ora nelle selezione della nazionale senza tetto!!!

La Nuova MultiEtnica comunica a tutti quanti che mancano 30 giorni al mondiale di Homeless World Cup 2009 che si svolgerà a Milano (Parco Sempione Arena Civica).
La MultiEtnica è incaricata da 7 anni preparare la rappresentativa italiana di homeless. Le selezioni della rappresentativa si svolgeranno attraverso i nostri allenamenti presso la Villetta (idroscalo) dove selezioneremo non soltanto in base alla qualità di gioco, ma anche tenendo presente la storia personale di ogni giocatore.

Il ritiro della Rappresentativa Italiana HWC Milano e previsto dal 29 agosto fino 5 settembre nella prossimità delle zone terremotate in Abruzzo. Dove Selezioneremo 4 giocatori Abruzzesi che anno perso le
proprie case e dove porteremo la solidarietà della Nazionale Italiana Senza Tetto ( A.S.C. Nuova MultiEtnica Onlus )

Per far si che tutto questo accada la Rappresentativa Italiana HWC ha bisogno di:

  • Attrezzatura sportiva; 25 giocatori
  • Due porte per allenamento smontabile
  • Fondo casa per trasporto e vitto alloggio, lavanderia, staff e comunicazione.

10.000 € circa.

4 settembre Conferenza stampa. Con la presentazione del primi 8 giocatori della rappresentativa Italiana Senza Tetto. 10 giocatori di riserve per tutte le 48 Nazioni. Consegna delle maglie e attrezzatura per tutti giocatori da parte di rappresentante di FIGC

Le selezioni non sono ancora chiuse!!!
Lanciamo un appello a tutti i nostri amici e amiche di diffondere questo messaggio per dare l’opportunità a tutte le persone che hanno il desiderio di rappresentare l’Italia ai mondiali di HWC Milano 2009 di venirne a conoscenza.
La MultiEtnica può realizzare questo sogno ad occhi aperti!!!

Inizio allenamenti fino 05/09/2009
Luogo di allenamenti: la Villetta (idroscalo)
Giorno ed orari di allenamenti: mercoledì, dalle 19:30 alle 22:00 sabato, dalle 17:00 alle 19:30

contatti: Bogdan Kwappik (presidente/allenatore) cell: 3478638372 fisso: 0373450523 mail: bogdan@nuovamultietnica.com
Jonathan Cervantes - Cell: 3409902751 (Porta Voce)
Amin Othman : 3920639660 (responsabile stampa)
Mail: Jonny_Jo@msn.com - othmanit@hotmail.com
Sito web: www.nuovamultietnica.com

Vi ricordo inoltre che se volete sostenerci ed aiutare a realizzare i sogni di tanti senza fissa dimora potete farlo attraverso un versamento alle seguenti coordinate bancarie:

Associazione Sportiva e Culturale Nuova MultiEtnica (ONLUS)
Via Bellezza 16/a – Milano
Codice Fiscale – 97309030159
BANCA INTESA
COORDINTE IBAN – IT16 G030 6909 4446 1524 9931 460
ABI 03069 CAB 09444 C/C 6152499314/60

Un Abbraccio forte

Bogdan

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Di Fabrizio (del 06/08/2009 @ 09:26:02, in conflitti, visitato 1638 volte)

Da Hungarian_Roma

Una donna rom di mezza età è stata colpita diverse volte da assalitori sconosciuti ed è morta a Kisléta, nella contea di Szabolcs (Ungheria del nord est). Sua figlia è rimasta ferita nell'attacco. János Lázár, presidente del Comitato Parlamentare per il Rafforzamento della Difesa Nazionale e della Legge, ha chiesto una sessione straordinaria del Comitato che abbia luogo giovedì (oggi ndr) alle 13.00, durante la quale il Ministro della Giustizia illustri al Comitato sull'omicidio di Kisléta e sulla successione di crimini simili.

La donna di 45 anni è stata colpita a morte, sua figlia di 13 anni severamente ferita da ignoti assalitori nella notte tra domenica e lunedì (Kisléta, con 1.900 abitanti, è a 60 km. da Tiszalök e 30 km. ad est di Nyíregyháza). Dichiara la polizia che in seguito all'uccisione, József Bencze, Alto Commissario della Polizia, ha raddoppiato la taglia offerta per ottenere informazioni sull'identità dei criminali coinvolti negli attacchi contro i Rom. Il premio di 100 milioni di fiorini è il più alto nella storia della criminologia ungherese (l'ultima taglia, 25 aprile, assommava a 50 milioni di fiorini). L'Ufficio Nazionale Investigazioni lunedì all'alba ha assunto la direzione dell'indagine sul crimine commesso in Kisléta.

La donna, colpita dai proiettili di una arma a pallini, abitava in una delle ultime case in una strada ai limiti del villaggio. I proiettili l'hanno colpita al torace, alla testa e al braccio. La figlia è stata ferita al collo e al braccio ed è stata trasportata all'ospedale András Jósa di Nyíregyháza.

Le condizioni della ragazza si sono stabilizzate e sono soddisfacenti, per quanto serie, ha detto Pál Felföldi, primo traumatologo (...) Dato che non ci sono testimoni oculari, la polizia sta aspettando che la ragazza esca dall'unità di cura intensiva a cui è sottoposta, sperando di ottenere informazioni sugli assalitori.

Potrebbero essere due di loro

L'investigazione sulla scena del crimine, la ricostruzione dei fatti e la ricerca e gli interrogatori degli eventuali testimoni sono continuati sino al primo pomeriggio in via Bocskai, dietro la quale ci sono campi di mais. Lì vicino una strada non asfaltata porta verso Nyírbogát, probabilmente il percorso scelto dagli assalitori per la fuga.

Secondo l'Agenzia Stampa Ungherese (MTI), i colpi sono stati esplosi da due fucili da caccia, il che significa che gli assalitori erano almeno due. La polizia ha trovato le cartucciere, che sono state consegnate agli esperti dell'Ufficio Investigazioni di Budapest.

Secondo la MTI, gli esami hanno accertato che armi da fuoco simili sono state adoperate in diversi attacchi contro i Rom. Secondo la polizia, diversi dettagli dell'attacco coincidono rispetti ad altri assalti contri i Rom. E' per questo che le indagini sono state prese in carico dall'Ufficio Nazionale Investigazioni, che ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio contro diverse persone.

Sono stati uditi tre-quattro colpi

Il sindaco Sándor Pénzes ha detto che i vicini hanno sentito tre o quattro colpi, domenica tra le 23.30 e le 24.00. L'assalitore o gli assalitori hanno aperto a calci la porta ed iniziato a sparare. Le vittime sono state ritrovate dai membri della famiglia. La ragazza non è ancora stata interrogata, dato che è ancora sottoshock. Le sue ferite sono serie, attualmente è in unità di cura intensiva, non ci sono informazioni precise sulle sue condizioni.

Secondo Sándor Pénzes, nel villaggio le relazioni tra Ungheresi e Rom sono molto buone. "La vittima era una gran lavoratrice. Cresceva da sola sua figlia, in condizioni pulite e salubri". - dice il sindaco. Mária B. era vedova e aveva due figlie. La famiglia lavora regolarmente e usufruisce anche del'assistenza sociale. "Tutto il villaggio è sorpreso per questa esecuzione. Non sappiamo cosa possa aver motivato gli assassini." - ha detto il sindaco a MTI.

Romedia Foundation, Budapest , 4 August 2009
Extracts from Index.hu, Hungary, 3 August 2009, 7 a .m.

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Di Fabrizio (del 07/08/2009 @ 09:02:18, in media, visitato 1468 volte)

Da Roma_Francais

France24.com Cinema: Teddy Lussi-Modeste, un "voyageur" nella Repubblica
Par Mié KOHIYAMA

Immagini © 2007 AFP Jean-Philippe Ksiazek

GRENOBLE, "Mi sento come un passatore tra due mondi": bambino, Teddy Lussi-Modeste si è allontanato dei suoi per dedicarsi agli studi. A 31 anni, questo cineasta di Grenoble testimonia la sua ricerca identitaria tra il mondo della gens du voyage, da cui proviene, e la società francese.

"Mi sembra che ci sia uno iato tra il fatto di essere un voyageur" il nome che si danno la gens du voyage in Francia, "ed il fatto di sentirsi francese", osserva il realizzatore, che gira quest'estate a Grenoble il suo primo lungometraggio.

"E' molto più difficile sopportare il rifiuto di cui può essere vittima" questa comunità "perché si sentono francesi", sottolinea. Il suo film "Jimmy Rivière", nel quale recitano Béatrice Dalle ed Hafsia Herzi ("la Graine et le Mulet"), racconta la storia di un giovane nomade (Guillaume Gouix), che abbandona la boxe e la sua piccola amica per convertirsi all'evangelismo.

Da qualche anno, questo movimento religioso incontra infatti un grande successo nella gens du voyage, valutata a 450.000 in Francia, di cui più della metà si è convertita. "C'è una parte di me in questo personaggio, che è in una ricerca spirituale", spiega il cineasta all'AFP.

Uscito da una famiglia di "voyageur" di Grenoble, Lussi-Modeste sono passato la sua infanzia sballottato tra carovane, case mobili o case, a fianco dei suoi genitori, che migravano in base ai lavori stagionali. Suo nonno paterno ed un prete l'incoraggiano a studiare e Teddy Lussi-Modeste diventa appassionato di letteratura: "era come una specie di divieto. Andavo verso i libri che erano la rappresentazione molto concreta della cultura francese gadjé", scritta, in opposizione a quella della gens du voyage.

Il cineasta è segnato dai romanzi di Jean Genet, nei quali l'autore esplora il tema del tradimento. "Mi sentivo un po' traditore rispetto alla mia Comunità perché avevo desideri che non erano quelli dei miei genitori. Mio padre avrebbe certamente preferito che fossi un boxeur come lui e che girassi i mercati", racconta.

Per i suoi studi, il giovane frequenta la Fémis, la celebre scuola di cinema parigina, e diventa professore di lettere in istituti universitari e collegi, prima di dedicarsi interamente al cinema. Si concepisce come un "passatore" di storie che trasmettono "informazioni da un campo all'altro" e situa il suo posto "all'interno delle due comunità", sentendosi "culturalmente attraversato da un meticciato".

Per il suo film, Teddy Lussi-Modeste ha fatto appello ad attori non professionisti, gens du voyage di cui ha avuto "voglia di filmare i corpi, i visi, il loro modo di muoversi". Ha accordato una cura particolare allo scenario per riprodurre l'accento, le tenere derisioni o i pudori del linguaggio della gens du voyage, come il ricorso frequente all'antifrase "le vilain garçon" (il ragazzo sgradevole ndr) per dire che è bello.

Teddy Lussi-Modeste spera che "Jimmy Rivière", che uscirà nel 2010, trasmetta un messaggio di tolleranza, essendo la differenza di cultura secondo lui allo stesso tempo "una dannazione ed una possibilità morale".

AFP

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Di Fabrizio (del 07/08/2009 @ 09:18:55, in Italia, visitato 1658 volte)

Prima o poi doveva succedere: che i Rom/Sinti finalmente potessero parlare in prima persona con i "politici". Stupisce, ma non più di tanto, che sia il partito della Lega a fare il primo passo. Per il momento siamo ancora alle provocazioni, speriamo che al più presto si passi ad un vero confronto

Localport.it Politica - Ivrea - 05/08/2009
Giglio Vigna (Lega Nord): "Voglio incontrare i Nomadi del campo eporediese"
di Marco Campagnolo

Non fosse che il consigliere cittadino della Lega Nord Alessandro Giglio Vigna non ha sicuramente il "Physique du role" del pistolero, si potrebbe dire che quella che lancia è una sfida all’Ok Corral. O, visti i toni garbati, è più cavallerescamente il lancio del guanto di sfida.

"A settembre – annuncia l’esponente leghista - chiederò all'Amministrazione di imprestarci una delle sale del nostro Palazzo Civico per incontrare una delegazione di nomadi del campo, naturalmente la stampa cittadina sarà invitata".

E la lettera in cui Giglio Vigna accoglie l’idea di un incontro lanciata dalla comunità nomade eporediese, sembra proprio l’annuncio di un duello, con tanto di testimoni (la stampa) e secondi (un avvocato, un commercialista, un architetto e un medico).

Ma forse giova un riepilogo della vicenda.

Nel consiglio comunale del 13 luglio scorso Giglio Vigna presenta una interrogazione che verte sui rapporti tra gli abitanti del quartiere San Giovanni e i nomadi del vicino campo. Nel quartiere, scrive in quell’occasione il giovane consigliere "Nelle ore notturne, in particolar modo del fine settimana, a parere dei residenti, alcuni nomadi arrivano dal vicino campo importunando i residenti, abusando di alcol e spadroneggiando nel quartiere, nel quale, alcune volte, avvengono risse fra gli stessi nomadi".

Ma alla comunità nomade eporediese non piacque di essere rappresentata in maniera tanto negativa e, a mezzo stampa, propose a Giglio Vigna di incontrarli per conoscerli realmente per quello che sono.

Invito che il consigliere (con un piccolo ritardo dovuto, per sua stessa precisazione, all’organizzazione di Miss Eporedia) ha ora ufficialmente accolto. Ma non solo, come si direbbe a poker, "vede", addirittura "rilancia":

Consiglio ai nomadi – scrive quindi Giglio Vigna -, se ancora saranno disposti ad incontrarmi, di organizzare una piccola squadra composta da:

  • un avvocato
  • un commercialista
  • un architetto
  • e un medico

Quattro esperti di loro fiducia di quattro settori di cui si andrà a discutere durante l'incontro: quattro "angeli custodi".

Io sto già preparando la mia squadra, la quale mi aiuterà a porre alcune domande ai nomadi, domande che in città molti eporediesi si pongono da tantissimo tempo, ma che evidentemente non sono state mai poste ai diretti interessati.

I quattro esperti della squadra di lavoro dei nomadi li aiuteranno a rispondere alle domande da noi poste.

Naturalmente anche io sarò disposto a rispondere alle eventuali domande sulla mia linea amministrativa (seppur di opposizione) che i nomadi vorranno pormi.

La presenza di avvocati ci servirà per discutere di questioni minorili e di questioni legali riguardanti il fatto che ,nonostante esita un campo nomadi ad Ivrea, i nomadi che arrivano da fuori debbono sostare in altre aree della città non adibite alla sosta delle loro "carovane".

La presenza di un commercialista ci servirà per discutere alcuni aspetti tributari e fiscali.

La presenza di un architetto per discutere alcuni aspetti catastali.

La presenza di un medico per discutere di aspetti sanitari, in particolare riferiti alla presenza di minori nel campo.

Spero che la mia risposta positiva all'incontro sia ben accetta dalla comunità nomadi.

Durante il mese di agosto, oltre a completare la formazione della mia squadra mi informerò sulla cultura Sinti e ne studierò i vari aspetti. Auspico che i delegati del campo allo stesso modo si informino sul mio bagaglio culturale dal punto di vista politico, le radici filosofiche dell'autonomismo, la lega, il movimento giovani padani, il rispetto delle tradizioni di chi ospita, della legalità costituita come cardine della società e tutto quant'altro può essere utile per comprendere bene da dove arriva (culturalmente) il loro interlocutore.

Questo per far si che l'incontro sia proficuo partendo da una conoscenza reciproca, almeno in linea teorica e di base, degli interlocutori.

Occorrerà quindi aspettare settembre per scoprire se vi sarà il duello e se sarà "cavalleresco" o alla "rusticana", se sarà a colpi di fioretto o di sciabola (o addirittura con armi da fuoco) e, soprattutto, se sarà al primo o all’ultimo sangue.

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Di Fabrizio (del 08/08/2009 @ 09:42:44, in Europa, visitato 1432 volte)

Da Nordic_Roma, per quanto possa sembrare strano leggendo le prime righe, non si parla dell'Italia

"La disoccupazione è alta, le infrastrutture carenti, la disponibilità di energia antiquata ed insufficiente, deficiente la sanità ed inefficienti i tribunali."

Il 15-20% dell'economia consiste di "crimine organizzato". Strutture interne all'establishment politico "usano la loro posizione per ottenere vantaggi pubblici". Il paese è "una base per il contrabbando internazionale (Narcotici, armi, tabacco, traffici)".

Per i gruppi rom la situazione è "tuttora problematica". Sono esposti a "discriminazione sistematica" e "disordini etnici" possono verificarsi ancora. E allora "ci sarà bisogno di assistenza internazionale (KFOR)".

Questi fatti allarmanti possono essere trovati in un nuovo rapporto nazionale del Tavolo Migrazione Svedese, rilasciato poco prima dell'estate.

Nel febbraio 2008 il Kosovo ha dichiarato l'indipendenza dalla Serbia. Molti dei paesi UE hanno riconosciuto l'indipendenza, ma non tutti, e sicuramente non la Serbia. L'indipendenza porterà qualche miglioramento alla minoranza rom in Kosovo? Loro temono di no. Nonostante le loro richieste, non sono mai stati coinvolti nelle negoziazioni di Ahtisaari che hanno portato a quella decisione.

200.000 persone dal Kosovo, la maggioranza di loro Rom, vivono ancora in esilio, nei confinanti paesi dei Balcani e in Occidente. Hanno terrore di ritornare in Kosovo, da cui furono cacciati dieci anni fa in un crudele esempio di pulizia etnica. La maggioranza albanese accusa i Rom di collaborazionismo con i Serbi durante la guerra.

Quali conclusioni trae il Tavolo Migrazione dal suo stesso rapporto? La Svezia vanta alti standard di diritti umani, un eccellente sistema democratico, ed una generosa politica di asilo. Così i Rom del Kosovo troveranno finalmente protezione in Svezia?

La risposta è no. Al contrario il Tavolo ha iniziato segretamente una serie di deportazioni di massa dei Rom in Kosovo, nonostante gli ammonimenti dell'UNHCR, di Thomas Hammarberg - commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, e le raccomandazioni di numerose OnG.

Fino al 2009, 29 kosovari sono stati rispediti a forza dalla Svezia al Kosovo, secondo il Tavolo Migrazione Svedese. Ma dato che agli incaricati del Tavolo non è permesso registrane l'etnia, non sanno dire se fossero Rom.

Ma io lo so. Attraverso i miei contatti, so che i 29 deportati corrispondono esattamente alla lista di nomi rom in mio possesso. Ad agosto, altri 14 Rom saranno deportati mentre in 20 stanno ancora attendendo dopo aver fatto appello contro l'ordine di deportazione. So i loro nomi. I miei informatori mi hanno detto che molti altri nella stessa situazione non vogliono sia rivelato il loro nome.

Tra quanti saranno deportati c'è una famiglia che ha vissuto in Svezia per due anni. L'uomo era presidente di un'organizzazione rom ed era perennemente minacciato in Kosovo. In un'occasione, gli assalitori albanesi ferirono suo figlio di tre anni, che perse la vista da un occhio. La famiglia ha anche una figlia, nata durante l'esilio in Svezia.

Il Tavolo Migrazione Svedese si aspetta che la famiglia firmi un documento in cui afferma di voler tornare in Kosovo di propria volontà. Ora la famiglia si appella al popolo svedese per un aiuto.

In un intervista al giornale tedesco Frankfurter Rundschau, Thomas Hammarberg, commissario per i Diritti Umani, ha detto che è totalmente sbagliato deportare i Rom in Kosovo. Hammarberg ritiene che i governi europei stiano tenendo un approccio puramente tecnico, firmando un accordo col Kosovo. Il Kosovo ora è indipendente, ma questo non significa automaticamente che abbia la capacità di riammettere i Rom di ritorno.

La Germania, il paese che dai tempi del nazismo ha il debito più grande con i Rom, ora, proprio come la Svezia, li sta rimandando nei loro tormenti in Kosovo. L'Europa tiene gli occhi chiusi sul suo debito plurisecolare versoi Rom.

In Germania, almeno, c'è una forte e vivida opinione contro le deportazioni forzate.

Ma nessuno sembra ascoltare il commissario svedese del Consiglio d'Europa. E la presidenza svedese dell'Unione Europea mantiene il silenzio. La persecuzione dei Rom nella UE - Italia, Ungheria, Repubblica Ceca - non è nell'agenda del Primo Ministro Fredrik Reinfeldt.

Mi vergogno del mio paese!

Irka Cederberg
Journalist
Davidshallsgatan 25 A S-21145 Malmö Sweden
Tel. +46-40-232402
GSM: +4670-6368817

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Di Fabrizio (del 08/08/2009 @ 11:10:59, in Italia, visitato 1589 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Roma, 27 agosto 2009. Un giovane Rom, padre di famiglia, ha compiuto un gesto disperato tentando di gettarsi sotto un'auto, a Roma. Con prontezza è riuscito a trattenerlo, afferrandolo d'istinto per la maglietta, il fratello di lui. Dal 27 luglio scorso, il giovane e i suoi congiunti sono senzatetto e senza mezzi di sopravvivenza. Quel giorno, infatti, il campo di via Dameta e via Neida, in zona Rustica, è stato sgomberato e le abitazioni, in cui 140 Rom vivevano da oltre 20 anni, sono state distrutte dalle ruspe. "Serviva lo spazio per realizzare le strade complanari alla A24 e inoltre l'insediamento era abusivo e di certo non possiamo tollerare l'illegalità," hanno spiegato le autorità. "Ci avevano avvisati, ma non credevamo che l'avrebbero fatto," commenta una delle vittime dell'evacuazione. "Sono venuti circa 200 agenti per mandarci via, come se fossimo una banda di delinquenti. Non ci danno alcuna alternativa, se non una breve permanenza al dormitorio della ex Fiera. Eppure, quel terreno lo avevamo pagato profumatamente ad alcuni italiani, che però, secondo quanto dice il Comune, non erano proprietari del lotto. Ma se è così, perché ce lo dicono solo ora? Possibile che non abbiamo maturato diritti, in tutti questi anni di sofferenze ed emarginazione, magari dietro pagamento di un affitto? Alcuni di noi andranno al campo di Salone, che è un ghetto. Perderemo tutti i contatti che ci consentivano di svolgere piccoli lavori. Che speranze abbiamo di sopravvivere, se vogliamo restare onesti?"

Gruppo EveryOne
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Di Fabrizio (del 09/08/2009 @ 00:45:24, in Europa, visitato 2070 volte)

Da Slovak_Roma Continua la raccolta di testimonianze femminili dal vivo, da parte di Kristína Magdolenová. E' la ripresa di una vecchia intervista che non avevo fatto in tempo a tradurre. Puntata precedente

Ingrid Lukáčová Source: Courtesy of Mecem

The Slovak Spectator 3 agosto 2009 Il razzismo è un problema degli adulti
By Kristína Magdolenová & Jarmila Vaňová - Politics & Society

Ingrid Lukáčová viene da Prešov ed attualmente vive a Košice dove lavora come direttrice di una scuola secondaria d'arte.

I tuoi cosa ti hanno incoraggiato a fare?

Soprattutto ad avere un'istruzione. Mi hanno sempre incoraggiato in questa direzione. Mi ricordo che ci sedevamo assieme in famiglia e mia madre e mio padre parlavano su cosa avremmo fatto. Mia sorella sarebbe stato dottore o avvocato, perché era la più brava. Sapeva leggere all'età di 5 anni e anche riconoscere l'alfabeto cirillico. Dato che ero più grande e studiavo il russo, lei imparava con me. Sin da subito ci si aspettava che diventassi insegnante. Mio padre voleva che mio fratello diventasse un musicista.

Perché pensi che vostra madre permetteva a te e tua sorella di studiare?

Dico sempre che mia madre ha un'intelligenza naturale, anche se non ha studiato. Ha vissuto tutta la sua vita come la gente moderna, ma non ha mai dimenticato di essere una donna rom e di vivere la vita rom tradizionale; ha mantenuto le tradizioni. Ha lavorato per tutta la vita e lavora tuttora, l'ha fatto tra i non-Rom. Si è assicurata che andassimo a prescuola e a scuola. L'ha imparato a casa sua, perché suo fratello è andato all'università, così ha imparato che l'istruzione è l'unico modo per cambiare la propria vita.

Nei tuoi studi, sia alla scuola primaria, che a quella secondaria o all'università, c'è stata qualcosa che t'ha fatto sentire che eri differente, che eri una Rom?

Si può dire che forse sono stata fortunata. Non ho mai avuto problemi simili. Mi sono capitate, ma non con le mie compagne di scuola. Anche alla scuola secondaria non ho avuto problemi perché ero tra le migliori studentesse. Anche lì, ero la sola alunna rom dell'intera scuola, e alla fine ero capoclasse. La mia insegnante era sorpresa il primo anno che 36 studenti votassero me come capoclasse.

Quindi secondo te è importante che una madre rom sia quella che guida la famiglia e garantisca l'istruzione dei bambini?

Penso che la madre sia la persona più importante. Questi mi è confermato dal fatto che anche se ho avuto un padre che aveva studiato molto, e a cui cono molto grata, se mia madre fosse stata differente da ciò che era, non sarei mai arrivata dove sono. Ed è per questo che dico che le madri rom dovrebbero essere al fondamento. Sappiamo come va tra i Rom: un uomo, se aveva lavoro, usciva di casa la mattina per andare a lavoro, tornava a casa per mangiare e questo è tutto. Portava a casa i soldi. E, sfortunatamente, le comunità rom funzionano così che il padre non si prende cura di niente.

Di dov'è tuo marito?

Mio marito è di Michalovce. E' un Rom, anche se non ne parla la lingua e non assomiglia a un Rom. E' stato un grande amore, perché ci siamo incontrati quando avevamo 18 anni. Ma mia madre subito gli disse che io studiavo e semplicemente che se mi voleva, doveva aspettare. Così aspettò, anche se nel frattempo non ci vedevamo. Ero all'università e dopo, a giugno feci gli esami di stato e ad agosto ci sposammo. Più tardi divorziammo.

Perché?

Avevo 23 anni quando mi sposai. Quell'anno nacque mia figlia. Vivevamo in casa di mia suocera. Avevo opinioni differenti sulla vita dai miei suoceri e semplicemente non andavamo d'accordo. Là successe qualcosa e mio marito perse il lavoro a Michalovce e decidemmo che si doveva tornare a Prešov o andare a Košice dove c'erano migliori opportunità. Così insegnavo a scuola anche se ero in maternità e cercavamo lavoro qui a Košice. Per mio marito questo cambio era inconcepibile. Così lasciai. Non ho mai voluto tornare indietro. Sarei potuta tornare nella casa di mia suocera. Lì avrei avuto una casa, avrei cucinato, pulito e forse avrei insegnato a bambini non-Rom in qualche villaggio. Ed allora tutto quanto d'altro sarebbe andato per quella strada. Era una decisione difficile: carriera o famiglia. Dico che trionfò la "romanipé" in me.

Di sicuro per te non è stato un periodo facile, ma la vita cambiò per te e sei di nuovo con tuo marito. Oggi come va?

Non mi spiace di essere rimasta sola per quei sette anni. Mi hanno insegnato ad essere forte, a seguire le mie mete. E realmente a passare attraverso quei momenti difficili e mostrare a me stessa che posso farcela senza un uomo attorno.  Ma d'altra parte, devo dire che siamo ancora assieme. Viviamo assieme in una famiglia anche se non siamo più sposati legalmente. Ma è una piccola differenza, siamo una famiglia completa. Questo è molto importante soprattutto tra i Rom perché quello che dirò ora, forse farà ridere, ma mi è stato confermato: Se non hai un marito, non hai la verità. Molte volte, e non solo tra i Rom, ma anche tra i non-Rom. Significa essere una donna cattiva, una donna facile o sciatta.

Questo significa che quando una donna è senza marito, perde di valore?

Certamente. Tanto tra i Rom che i non-Rom. Occorre una donna molto forte per smentirlo. Parlo per esperienza.

La maggioranza delle donne rom che raggiungono il successo o la laurea e si costruiscono una loro carriera, scelgono un partner non-Rom. Tu hai scelto un Rom. Pensavi a tutto questo sul suo essere o no un Rom?

No, non ci ho mai pensato. Ci incontravamo con non-Rom ed eravamo amici; i nostri vicini ci venivano a trovare a casa. Ma tra di noi c'era qualcosa di differente; oggi questo è difatti una situazione più estrema, e ciò non è bene.

Ho avuto molte opportunità, soprattutto all'università. Non mi importava se fossero Rom o no. Ma in me c'era sempre una barriera che mi diceva no. Non può essere. Potevamo essere amici, capirci l'un l'altra come fratello e sorella, ma niente di più intimo.

Ed ancora, d'altra parte capisco le donne che sposano un non-Rom, perché ho studiato in un'università dove c'erano studenti rom. Ma non è che le ragazze non volessero un Rom; vedevo i ragazzi rom, i miei colleghi di studio, nessuno di loro voleva una ragazza rom. Può essere triste il fatto che loro avessero un'istruzione significa che pensavano che se sposavano una non-Rom, loro stessi non sarebbero più stati Rom. Lo penso ancora. Molto pochi di quei ragazzi che hanno completato l'università hanno sposato ragazze rom, e quando l'hanno fatto, hanno sposato ragazze rom che avevano un'istruzione, perché ci sono coppie simili che non hanno niente in comune con i Rom.

Gli uomini rom hanno paura delle donne sagge e non vogliono donne intelligenti. Vogliono donne che faranno quello che dicono loro di fare. O poi ci sono quelli che vogliono donne non-Rom per stare tra i non-Rom. Quanto alla nostra famiglia, ci sono anche dei matrimoni misti.

Cosa incoraggi tua figlia a fare? Come cerchi di crescerla?

Ad avere un'istruzione. A casa parliamo il romanés, così lei sa di essere Rom [...]. Soprattutto da me ha questo sentirsi Rom. E penso di avercela fatta. Perché lei ha vissuto in un ambiente non-Rom e non ha vissuto con i Rom. A parte la sua famiglia, non conosce davvero la loro mentalità. Sto cercando di instillarle tante cose, ma in modo naturale. D'abitudine viene con me agli spettacoli, matrimoni, battesimi, sa ballare come una Romnì. Messa semplicemente, ha questa gioia con lei.

Pensi che la romanipé, così com'è, arricchisca le persone?

Sì, per me certamente. Noi non neghiamo la nostra identità come quelli che vogliono ed hanno mariti e mogli non-Rom. Ho anche amici da matrimoni misti, anche se vivono differentemente. Non posso immaginare di vergognarmi di ciò che siamo. Così non neghiamo questa identità, cerco di crescere mia figlia e provare anche a cambiare mio marito, anche quando a volte sembra impossibile. Mio marito, anche se è cresciuto in quella famiglia, ora dice che gli dispiace di non sapere il romanés. Mette musica rom più di quanto ora faccia io. Dico che questo è perché la sua famiglia ed i genitori hanno negato la loro identità. E' interessante, mi pare, che quando ci sono matrimoni o battesimi, cantano in romanés e ballano la musica rom. E per ciò che dico che questo è rinunciare e negare se stessi. Perché è lampante che siano Rom. Penso che sia importante, e che è un peccato se i Rom istruiti rinunciano alla loro identità. Ma succede ad ogni tipo di gente.

Abbiamo accennato alle tradizioni rom. Quali sono le più importanti impresse nella tua memoria? Ci sono ancora tradizioni rom?

Certamente ci sono. Le insegno a mia figlia e a mio marito, perché lui non le conosce. Natale, per esempio. Di solito, abbiamo cibo rom per cena. Dev'esserci un pezzo di gója (un tipo di salsiccia), un pezzo di pašváre (nervi di porco affumicati). Non tanto, ma abbastanza perché con questo cibo manteniamo le nostre tradizioni rom. Ci piace di più così; ne vogliamo più di una certa cotoletta, dell'insalata, dei pesci e di queste cose. Dopo, per esempio, la nascita di un bambino - una pittura sacra, un nastro, una croce, viene messo sugli occhi. E' qualcosa che faccio regolarmente. Poi gli impegni in casa di mia mamma, il mangavipen (la cerimonia)... I miei cugini, quando hanno una cerimonia rom, si legano tra loro le mani con un foulard. L'ho sempre ritenuto adeguato... Mi è sempre piaciuto.

Come si manifestava l'amore nella vostra famiglia?

Questo è un problema con i Rom. Nella nostra famiglia, non era un problema quando eravamo ancora insieme. Ma dopo che i miei genitori divorziarono, mamma aveva sempre da fare. Anche se posso dire che ha saputo sempre elogiarci. Ma non era sempre così. Forse perché eravamo cresciuti... non ci ha più coccolati come da piccoli. Posso dire che dei suoi fratelli e sorelle - erano in nove - lei era la più capace di esprimere affetto.

Si dice dei Rom che siano genitori davvero affettuosi e che siano basati sulla famiglia, ma è vero che noi, come Rom, apriamo questa comunità attorno a noi in modo che questo amore in queste famiglie non sia ben espresso?

Dico che è nascosto. Perché so per certo che questi genitori amano i loro figli. Ma non sono capaci di esprimerlo. L'hanno in qualche modo codificato. Io, per esempio, non sono di questo tipo.

Forse perché sono condizionati dal ritenere che i figli dovranno iniziare presto a prendersi cura di sé - e così i genitori inconsapevolmente li preparano per una vita difficile?

Forse sì. Se guardo indietro, la maggioranza dei Rom vizia i bambini piccoli. Da un anno di età ai tre. E poi basta. Non li accarezzano più, non esprimono più amore.

Stiamo parlando di linguaggio ed educazione. I bambini rom a scuola hanno bisogno di qualcosa a differenza dei non-Rom? Penso alla scuola primaria.

Ho studiato educazione dal primo al quarto grado. Ho insegnato per sette anni in una classe ponte, dove c'erano bambini rom e dico che è differente. Dipende dal tipo di comunità da cui arriva il bambino, ma io dico sempre che i bambini rom sono differenti nella testa dai non-Rom, in quanto vengono in un ambiente completamente estraneo di cui hanno paura. Non capiscono la lingua della maggioranza, non ne hanno le capacità comunicative ed hanno un vocabolario molto povero. Comprendono bene il romanés, che è la loro lingua madre, ma neanche tutti. In questo sono differenti. Alle scuole primarie hanno soprattutto di qualcuno che capisca il romanés e sia Rom e di cui fidarsi.

E' quindi una questione di barriera linguistica?

Sì, ma è anche culturale. I bambini non vanno a prescuola, così non ne conoscono l'ambiente. Arrivano in un ambiente completamente da quello familiare. Non lo capiscono e non capiscono cosa è loro richiesto.

Sfortunatamente, non tutti sono insegnanti nel vero senso del termine e molti dei miei colleghi non permettono ai bambini di svilupparsi. Li fanno sedere agli ultimi banchi e sono esclusi da tutto. Quindi questo è un problema, un grosso problema nella scuola primaria. Quando, per esempio, sostituivo una collega, la mia classe ponte veniva divisa ed io andavo a sostituire un'altra insegnante. Soltanto che io volevo avere i miei scolari nella classe, perché altrimenti non sarebbero venuti a scuola. Così succedeva che i bambini non-Rom non volevano sedersi con un bambino rom vicino e piangevano. Ho fatto la sostituzione per un mese intero. Insegnavo loro a lavorare assieme, a giocare assieme, a parlare assieme. I bambini non-rom vedevano che ero una donna rom e che parlavo il romanés. La relazione era totalmente differente. Tutti i bambini sono uguali; non hanno problemi nel stare assieme. Il razzismo è un problema degli adulti. Quei bambini in un mese erano capaci di lavorare assieme. I colleghi osservavano: 40 bambini in classe e non c'erano problemi!

Come dovrebbe essere un sistema di istruzione ideale dal grado 1 al 4 per i bambini rom?

Almeno sino alle quattro del pomeriggio, con un buon insegnante che abbia intesa e conoscenza sui Rom, ovviamente un assistente all'insegnamento andrebbe benissimo, se l'insegnante non è Rom. Il processo dovrebbe durare tutta la giornata, perché i bambini devono essere molto coinvolti in questa scuola. Ovviamente dovrebbe esserci una buona mensa, tutte le attrezzature di cui c'è bisogno a scuola. Così possono preparare e fare i loro compiti.

Cosa dici di quei genitori che vogliono i loro bambini nelle scuole speciali, solo perché è più vantaggioso per loro?

Prima di tutto, non permetterlo. Perché i genitori fanno così, si può dire, per una specie di calcolo o per rendere più facili le cose. Se c'è una scuola speciale proprio qui nell'insediamento o nel villaggio, perché dovrei prendere il bus la mattina per portarlo alla scuola regolare? Siamo andati tutti là e là andranno i miei figli. Com'è possibile prevenire ciò? Penso che dovrebbe esserci un esame psicologico per le scuole speciali, perché sono certa che metà dei bambini sono lì e non dovrebbero esserlo.

Si potrebbe dire che una simile indifferenza dello stato verso l'educazione speciale ed il numero di Rom in queste scuole in realtà demanda il problema nel futuro alle cosiddette comunità rom?

Sì, certamente. E' un tema di cui si è parlato a lungo e niente è stato fatto. E come dico, molto denaro va ancora alle scuole speciali. Non dico che ora bisognerebbe abolirle, perché ci sono alcuni bambini, sia Rom che no, che ne hanno bisogno. Ma sinora non è stato fatto niente per impedire che bambini sani vi vadano.

Sarebbe d'aiuto se i Rom avessero una propria rappresentanza politica?

Certamente. E spero che accada e che avremo un buon partito politico, perché senza di questo non succederà niente. Ne sentiamo un gran bisogno. La cosiddetta intelligentsia rom può avere 100 laureati, ma senza volontà politica non cambierà niente.

Forse il problema è anche nel fatto che molta di questa gente che formalmente agisce per i Rom e li rappresenta, non è realmente cresciuta in un ambiente rom, non ne parla la lingua, non ne conosce la storia, non conosce la cultura rom e realmente non ha sensibilità per i Rom. Ma il fatto che siano un po' più scuri di pelle, significa che questo li qualifica a sufficienza per essere percepiti come rappresentanti della comunità rom...

E' così. Quanti Rom vivono a Bratislava? O che tipo di Rom? [...] Musicisti che non vogliono avere niente a che fare con i Rom. E poi c'è un gruppo, i cosiddetti pesci grossi che non parlano romanés, come hai detto. Non sanno chi sono, ma vedono dietro questo qualcosa di differente. Soldi. Dovrebbe essere detto apertamente. O non è adatto per loro a causa della gran distanza per cui dovrebbero lasciarsi dietro la loro famiglia e tutti gli altri. Forse l'inganno risiede nel fatto che la più grande concentrazione di Rom è nella Slovacchia orientale. E allora perché tutto si trova a Bratislava?

Quindi gli uffici ed il governo plenipotenziario dovrebbero essere qui?

Beh, naturalmente. L'ufficio del plenipotenziario, i dipendenti, le cosiddette commissioni che dovrebbero essere in ogni ministero? Perché non potrebbero essere qui? Lasciatele qui nell'est, dove vivono i Rom. Lasciatele andare sul campo. Non solo noi, quelli che operano giorno a giorno, ma anche i cosiddetti pesci grossi di Bratislava che risolvono tutto a tavolino. Non sono mai stati in un insediamento rom. La penso così.

Tu sei membro del consiglio governativo per le minoranze nazionali. In passato la Slovacchia è stata spesso criticata proprio per non risolvere il problema rom. La situazione è cambiata negli anni recenti?

Ho la sensazione che si sia fatto qualche passo avanti. Anche se mi aspettavo di più. Ma con l'ultimo governo personalmente non ho avuto una buona impressione. Ed è giusto dire che ora siamo fermi. Un certo gruppo ne ha approfittato. Ma riguardo all'istruzione e altre cose, tutto si è fermato.

Il problema che si presenta spesso con queste strategie, concezioni, progetti, è il fatto che non sappiamo quanti Rom ci siano qui in Slovacchia...

Non lo sappiamo perché il censimento funziona in maniera che i Rom non dichiarano il loro status di minoranza nazionale. Questo ha certamente un retroterra storico, il perché lo sappiamo, ed ovviamente molti Rom si dichiarano Ungheresi. In questo caso la maggioranza può ostruire, dicendo che non siamo in molti quando in realtà sanno quanti siamo.

Il fatto che non esistano statistiche significa che il numero dei Rom può variare, così quando riguarda i soldi del Ministro della Cultura ci sono meno Rom e quando riguarda i soldi dell'Unione Europea ce ne sono di più.

E' così che funziona. E si continuerà ad operare così perché non cambi niente. Ognuno utilizza quel che sa. Ed, ovviamente dico io, i Rom sono un buon oggetto per ottenere soldi ed è perciò che qualcuno può arricchirsi.

Se tu potessi dire ai membri del Parlamento Europeo qualcosa sui Rom in Slovacchia, cosa sarebbe?

Vorrei solo mostrare che ci sono Rom in Slovacchia che mantengono la loro cultura, tradizioni, identità e che usano la loro lingua, sono in tanti, ed è importante dire ai membri del parlamento di venire e vedere le condizioni in cui vivono i Rom, e che dovrebbero incontrare le elite rom e non le organizzazioni di non-Rom, coi non-Rom, ma con i Rom che lavorano per i Rom e che vogliono cambiare le cose in questa nazionalità, in questa nazione, così che abbiano l'opportunità di sentire i Rom stessi.

Se ci reincontrassimo tra cinque anni, proprio qui a questo tavolo, cosa vorresti che fosse differente?

Bene, spero che la posizione dei Rom sia differente: di non avere problemi con l'istruzione, che ci siano più Rom acculturati e di poter dire che il numero di persone istruite che già abbiamo eguagli quello di chi frequenterà la scuola secondaria e l'università, potendo dire con certezza che il governo ci ha aiutato. E di avere un partito politico.

Oltre ad insegnare per tre scuole in lingua romanés, sei soprattutto attiva nel terzo settore. Perché ha questo bisogno di fare qualcosa, quando già insegnare in tre scuole richiede certamente abbastanza?

Ho iniziato essendo coinvolta nelle comunità rom. Ed ora è difficile dire a queste donne, con l'occupata che sono, che non voglio più lavorare con loro, quando queste stesse donne mi chiamano per chiedermi: quando si fa qualcosa e quando ci incontriamo?

Realmente cosa fai?

Questo è davvero il network delle donne rom, Fórum pale romňa. Queste sono attività per le donne rom della comunità. Cerchiamo di aiutarle a diventare leader. A casa, nella comunità. E così si coinvolgono nelle elezioni locali. Stiamo provando a cambiare la posizione delle donne rom, almeno nella società.

In questi anni hai visto un cambiamento in queste donne?

Sicuramente. Queste donne viaggiano sino a Detva, nella Slovacchia centrale, è qualcosa di nuovo per loro. Quello ed il fatto che loro marito le lasci andare fuori di casa e famiglia e figli per due giorni. Tutto questo diverte ed ora è normale.

La società dovrebbe sapere di più sulla vita di queste donne?

Sì, naturalmente. Abbiamo fatto una piccola campagna per aiutare la gente a conoscere queste donne. Ma non era sufficiente. C'è bisogno di soldi. Anche per queste donne e soprattutto perché possano fare nella società quello che fanno così bene a casa.

Interviews with Roma women are part of a project by the Roma Press Agency and will be published in a forthcoming book.

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Di Sucar Drom (del 10/08/2009 @ 09:49:41, in blog, visitato 1467 volte)

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Di Fabrizio (del 11/08/2009 @ 09:09:21, in Europa, visitato 1468 volte)

Da Roma_Daily_news

Cari amici,

Ecco uno spettacolo unico tenutosi lo scorso maggio. L'iniziativa Roma Fashion presenta la bellezza e la dignità della cultura rom attraverso una performance unica ed emozionalmente espressiva. La performance è l'esibizione di autentici vestiti femminili rom da tutto il mondo, come pure la loro interpretazione contemporanea, accompagnata dalle voci della musica e della poesia rom internazionale.

L'idea è un'espressione di un nuovo modo di comunicazione nel contesto della società contemporanea ed una ricerca per significati di presentazione costruttivi e creativi sul tema della diversità culturale in Bulgaria.

Più informazioni (in lingua bulgara ed inglese) a: www.romafashion.net

Video dello Spettacolo:

  • Prima parte
  • Seconda parte (questo secondo me è il più interessante: mostra la moda femminile rom vista attraverso i tanti paesi della diaspora. Ma ci sono anche i video sulla preparazione della sfilata finale e il "dietro le scene" ndr)
  • Terza parte

I migliori saluti,

Roma Fashion Team
info@romafashion.net

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