Da
Slovak_Roma Continua la raccolta di testimonianze femminili dal vivo, da
parte di Kristína Magdolenová. E' la ripresa di una
vecchia intervista che non avevo fatto in tempo a tradurre.
Puntata precedente
Ingrid Lukáčová Source: Courtesy of Mecem
The Slovak Spectator 3 agosto 2009 Il razzismo è un problema degli adulti
By Kristína Magdolenová & Jarmila Vaňová - Politics & Society
Ingrid Lukáčová viene da Prešov ed attualmente vive a Košice dove lavora come
direttrice di una scuola secondaria d'arte.
I tuoi cosa ti hanno incoraggiato a fare?
Soprattutto ad avere un'istruzione. Mi hanno sempre incoraggiato in questa
direzione. Mi ricordo che ci sedevamo assieme in famiglia e mia madre e mio
padre parlavano su cosa avremmo fatto. Mia sorella sarebbe stato dottore o
avvocato, perché era la più brava. Sapeva leggere all'età di 5 anni e anche
riconoscere l'alfabeto cirillico. Dato che ero più grande e studiavo il russo,
lei imparava con me. Sin da subito ci si aspettava che diventassi insegnante.
Mio padre voleva che mio fratello diventasse un musicista.
Perché pensi che vostra madre permetteva a te e tua sorella di studiare?
Dico sempre che mia madre ha un'intelligenza naturale, anche se non ha
studiato. Ha vissuto tutta la sua vita come la gente moderna, ma non ha mai
dimenticato di essere una donna rom e di vivere la vita rom tradizionale; ha
mantenuto le tradizioni. Ha lavorato per tutta la vita e lavora tuttora, l'ha
fatto tra i non-Rom. Si è assicurata che andassimo a prescuola e a scuola. L'ha
imparato a casa sua, perché suo fratello è andato all'università, così ha
imparato che l'istruzione è l'unico modo per cambiare la propria vita.
Nei tuoi studi, sia alla scuola primaria, che a quella secondaria o
all'università, c'è stata qualcosa che t'ha fatto sentire che eri differente,
che eri una Rom?
Si può dire che forse sono stata fortunata. Non ho mai avuto problemi simili.
Mi sono capitate, ma non con le mie compagne di scuola. Anche alla scuola
secondaria non ho avuto problemi perché ero tra le migliori studentesse. Anche
lì, ero la sola alunna rom dell'intera scuola, e alla fine ero capoclasse. La
mia insegnante era sorpresa il primo anno che 36 studenti votassero me come
capoclasse.
Quindi secondo te è importante che una madre rom sia quella che guida la
famiglia e garantisca l'istruzione dei bambini?
Penso che la madre sia la persona più importante. Questi mi è confermato dal
fatto che anche se ho avuto un padre che aveva studiato molto, e a cui cono
molto grata, se mia madre fosse stata differente da ciò che era, non sarei mai
arrivata dove sono. Ed è per questo che dico che le madri rom dovrebbero essere
al fondamento. Sappiamo come va tra i Rom: un uomo, se aveva lavoro, usciva di
casa la mattina per andare a lavoro, tornava a casa per mangiare e questo è
tutto. Portava a casa i soldi. E, sfortunatamente, le comunità rom funzionano
così che il padre non si prende cura di niente.
Di dov'è tuo marito?
Mio marito è di Michalovce. E' un Rom, anche se non ne parla la lingua e non
assomiglia a un Rom. E' stato un grande amore, perché ci siamo incontrati quando
avevamo 18 anni. Ma mia madre subito gli disse che io studiavo e semplicemente
che se mi voleva, doveva aspettare. Così aspettò, anche se nel frattempo non ci
vedevamo. Ero all'università e dopo, a giugno feci gli esami di stato e ad
agosto ci sposammo. Più tardi divorziammo.
Perché?
Avevo 23 anni quando mi sposai. Quell'anno nacque mia figlia. Vivevamo in
casa di mia suocera. Avevo opinioni differenti sulla vita dai miei suoceri e
semplicemente non andavamo d'accordo. Là successe qualcosa e mio marito perse il
lavoro a Michalovce e decidemmo che si doveva tornare a Prešov o andare a Košice
dove c'erano migliori opportunità. Così insegnavo a scuola anche se ero in
maternità e cercavamo lavoro qui a Košice. Per mio marito questo cambio era
inconcepibile. Così lasciai. Non ho mai voluto tornare indietro. Sarei potuta
tornare nella casa di mia suocera. Lì avrei avuto una casa, avrei cucinato,
pulito e forse avrei insegnato a bambini non-Rom in qualche villaggio. Ed allora
tutto quanto d'altro sarebbe andato per quella strada. Era una decisione
difficile: carriera o famiglia. Dico che trionfò la "romanipé" in me.
Di sicuro per te non è stato un periodo facile, ma la vita cambiò per te e
sei di nuovo con tuo marito. Oggi come va?
Non mi spiace di essere rimasta sola per quei sette anni. Mi hanno insegnato
ad essere forte, a seguire le mie mete. E realmente a passare attraverso quei
momenti difficili e mostrare a me stessa che posso farcela senza un uomo
attorno. Ma d'altra parte, devo dire che siamo ancora assieme. Viviamo
assieme in una famiglia anche se non siamo più sposati legalmente. Ma è una
piccola differenza, siamo una famiglia completa. Questo è molto importante
soprattutto tra i Rom perché quello che dirò ora, forse farà ridere, ma mi è
stato confermato: Se non hai un marito, non hai la verità. Molte volte, e non
solo tra i Rom, ma anche tra i non-Rom. Significa essere una donna cattiva, una
donna facile o sciatta.
Questo significa che quando una donna è senza marito, perde di valore?
Certamente. Tanto tra i Rom che i non-Rom. Occorre una donna molto forte per
smentirlo. Parlo per esperienza.
La maggioranza delle donne rom che raggiungono il successo o la laurea e
si costruiscono una loro carriera, scelgono un partner non-Rom. Tu hai scelto un
Rom. Pensavi a tutto questo sul suo essere o no un Rom?
No, non ci ho mai pensato. Ci incontravamo con non-Rom ed eravamo amici; i
nostri vicini ci venivano a trovare a casa. Ma tra di noi c'era qualcosa di
differente; oggi questo è difatti una situazione più estrema, e ciò non è bene.
Ho avuto molte opportunità, soprattutto all'università. Non mi importava se
fossero Rom o no. Ma in me c'era sempre una barriera che mi diceva no. Non può
essere. Potevamo essere amici, capirci l'un l'altra come fratello e sorella, ma
niente di più intimo.
Ed ancora, d'altra parte capisco le donne che sposano un non-Rom, perché ho
studiato in un'università dove c'erano studenti rom. Ma non è che le ragazze non
volessero un Rom; vedevo i ragazzi rom, i miei colleghi di studio, nessuno di
loro voleva una ragazza rom. Può essere triste il fatto che loro avessero
un'istruzione significa che pensavano che se sposavano una non-Rom, loro stessi
non sarebbero più stati Rom. Lo penso ancora. Molto pochi di quei ragazzi che
hanno completato l'università hanno sposato ragazze rom, e quando l'hanno fatto,
hanno sposato ragazze rom che avevano un'istruzione, perché ci sono coppie
simili che non hanno niente in comune con i Rom.
Gli uomini rom hanno paura delle donne sagge e non vogliono donne
intelligenti. Vogliono donne che faranno quello che dicono loro di fare. O poi
ci sono quelli che vogliono donne non-Rom per stare tra i non-Rom. Quanto alla
nostra famiglia, ci sono anche dei matrimoni misti.
Cosa incoraggi tua figlia a fare? Come cerchi di crescerla?
Ad avere un'istruzione. A casa parliamo il romanés, così lei sa di essere Rom
[...]. Soprattutto da me ha questo sentirsi Rom. E penso di avercela fatta.
Perché lei ha vissuto in un ambiente non-Rom e non ha vissuto con i Rom. A parte
la sua famiglia, non conosce davvero la loro mentalità. Sto cercando di
instillarle tante cose, ma in modo naturale. D'abitudine viene con me agli
spettacoli, matrimoni, battesimi, sa ballare come una Romnì. Messa
semplicemente, ha questa gioia con lei.
Pensi che la romanipé, così com'è, arricchisca le persone?
Sì, per me certamente. Noi non neghiamo la nostra identità come quelli che
vogliono ed hanno mariti e mogli non-Rom. Ho anche amici da matrimoni misti,
anche se vivono differentemente. Non posso immaginare di vergognarmi di ciò che
siamo. Così non neghiamo questa identità, cerco di crescere mia figlia e provare
anche a cambiare mio marito, anche quando a volte sembra impossibile. Mio
marito, anche se è cresciuto in quella famiglia, ora dice che gli dispiace di
non sapere il romanés. Mette musica rom più di quanto ora faccia io. Dico che
questo è perché la sua famiglia ed i genitori hanno negato la loro identità. E'
interessante, mi pare, che quando ci sono matrimoni o battesimi, cantano in
romanés e ballano la musica rom. E per ciò che dico che questo è rinunciare e
negare se stessi. Perché è lampante che siano Rom. Penso che sia importante, e
che è un peccato se i Rom istruiti rinunciano alla loro identità. Ma succede ad
ogni tipo di gente.
Abbiamo accennato alle tradizioni rom. Quali sono le più importanti
impresse nella tua memoria? Ci sono ancora tradizioni rom?
Certamente ci sono. Le insegno a mia figlia e a mio marito, perché lui non le
conosce. Natale, per esempio. Di solito, abbiamo cibo rom per cena. Dev'esserci
un pezzo di gója (un tipo di salsiccia), un pezzo di pašváre (nervi di porco
affumicati). Non tanto, ma abbastanza perché con questo cibo manteniamo le
nostre tradizioni rom. Ci piace di più così; ne vogliamo più di una certa
cotoletta, dell'insalata, dei pesci e di queste cose. Dopo, per esempio, la
nascita di un bambino - una pittura sacra, un nastro, una croce, viene messo
sugli occhi. E' qualcosa che faccio regolarmente. Poi gli impegni in casa di mia
mamma, il mangavipen (la cerimonia)... I miei cugini, quando hanno una cerimonia
rom, si legano tra loro le mani con un foulard. L'ho sempre ritenuto adeguato...
Mi è sempre piaciuto.
Come si manifestava l'amore nella vostra famiglia?
Questo è un problema con i Rom. Nella nostra famiglia, non era un problema
quando eravamo ancora insieme. Ma dopo che i miei genitori divorziarono, mamma
aveva sempre da fare. Anche se posso dire che ha saputo sempre elogiarci. Ma non
era sempre così. Forse perché eravamo cresciuti... non ci ha più coccolati come
da piccoli. Posso dire che dei suoi fratelli e sorelle - erano in nove - lei era
la più capace di esprimere affetto.
Si dice dei Rom che siano genitori davvero affettuosi e che siano basati
sulla famiglia, ma è vero che noi, come Rom, apriamo questa comunità attorno a
noi in modo che questo amore in queste famiglie non sia ben espresso?
Dico che è nascosto. Perché so per certo che questi genitori amano i loro
figli. Ma non sono capaci di esprimerlo. L'hanno in qualche modo codificato. Io,
per esempio, non sono di questo tipo.
Forse perché sono condizionati dal ritenere che i figli dovranno iniziare
presto a prendersi cura di sé - e così i genitori inconsapevolmente li preparano
per una vita difficile?
Forse sì. Se guardo indietro, la maggioranza dei Rom vizia i bambini
piccoli. Da un anno di età ai tre. E poi basta. Non li accarezzano più, non
esprimono più amore.
Stiamo parlando di linguaggio ed educazione. I bambini rom a scuola hanno
bisogno di qualcosa a differenza dei non-Rom? Penso alla scuola primaria.
Ho studiato educazione dal primo al quarto grado. Ho insegnato per sette
anni in una classe ponte, dove c'erano bambini rom e dico che è differente.
Dipende dal tipo di comunità da cui arriva il bambino, ma io dico sempre che i
bambini rom sono differenti nella testa dai non-Rom, in quanto vengono in un
ambiente completamente estraneo di cui hanno paura. Non capiscono la lingua
della maggioranza, non ne hanno le capacità comunicative ed hanno un vocabolario
molto povero. Comprendono bene il romanés, che è la loro lingua madre, ma
neanche tutti. In questo sono differenti. Alle scuole primarie hanno soprattutto
di qualcuno che capisca il romanés e sia Rom e di cui fidarsi.
E' quindi una questione di barriera linguistica?
Sì, ma è anche culturale. I bambini non vanno a prescuola, così non ne
conoscono l'ambiente. Arrivano in un ambiente completamente da quello familiare.
Non lo capiscono e non capiscono cosa è loro richiesto.
Sfortunatamente, non tutti sono insegnanti nel vero senso del termine e
molti dei miei colleghi non permettono ai bambini di svilupparsi. Li fanno
sedere agli ultimi banchi e sono esclusi da tutto. Quindi questo è un problema,
un grosso problema nella scuola primaria. Quando, per esempio, sostituivo una
collega, la mia classe ponte veniva divisa ed io andavo a sostituire un'altra
insegnante. Soltanto che io volevo avere i miei scolari nella classe, perché
altrimenti non sarebbero venuti a scuola. Così succedeva che i bambini non-Rom
non volevano sedersi con un bambino rom vicino e piangevano. Ho fatto la
sostituzione per un mese intero. Insegnavo loro a lavorare assieme, a giocare
assieme, a parlare assieme. I bambini non-rom vedevano che ero una donna rom e
che parlavo il romanés. La relazione era totalmente differente. Tutti i bambini
sono uguali; non hanno problemi nel stare assieme. Il razzismo è un problema
degli adulti. Quei bambini in un mese erano capaci di lavorare assieme. I
colleghi osservavano: 40 bambini in classe e non c'erano problemi!
Come dovrebbe essere un sistema di istruzione ideale dal grado 1 al 4 per
i bambini rom?
Almeno sino alle quattro del pomeriggio, con un buon insegnante che abbia
intesa e conoscenza sui Rom, ovviamente un assistente all'insegnamento andrebbe
benissimo, se l'insegnante non è Rom. Il processo dovrebbe durare tutta la
giornata, perché i bambini devono essere molto coinvolti in questa scuola.
Ovviamente dovrebbe esserci una buona mensa, tutte le attrezzature di cui c'è
bisogno a scuola. Così possono preparare e fare i loro compiti.
Cosa dici di quei genitori che vogliono i loro bambini nelle scuole
speciali, solo perché è più vantaggioso per loro?
Prima di tutto, non permetterlo. Perché i genitori fanno così, si può dire,
per una specie di calcolo o per rendere più facili le cose. Se c'è una scuola
speciale proprio qui nell'insediamento o nel villaggio, perché dovrei prendere
il bus la mattina per portarlo alla scuola regolare? Siamo andati tutti là e là
andranno i miei figli. Com'è possibile prevenire ciò? Penso che dovrebbe esserci
un esame psicologico per le scuole speciali, perché sono certa che metà dei
bambini sono lì e non dovrebbero esserlo.
Si potrebbe dire che una simile indifferenza dello stato verso
l'educazione speciale ed il numero di Rom in queste scuole in realtà demanda il
problema nel futuro alle cosiddette comunità rom?
Sì, certamente. E' un tema di cui si è parlato a lungo e niente è stato
fatto. E come dico, molto denaro va ancora alle scuole speciali. Non dico che
ora bisognerebbe abolirle, perché ci sono alcuni bambini, sia Rom che no, che ne
hanno bisogno. Ma sinora non è stato fatto niente per impedire che bambini sani
vi vadano.
Sarebbe d'aiuto se i Rom avessero una propria rappresentanza politica?
Certamente. E spero che accada e che avremo un buon partito politico, perché
senza di questo non succederà niente. Ne sentiamo un gran bisogno. La cosiddetta
intelligentsia rom può avere 100 laureati, ma senza volontà politica non
cambierà niente.
Forse il problema è anche nel fatto che molta di questa gente che
formalmente agisce per i Rom e li rappresenta, non è realmente cresciuta in un
ambiente rom, non ne parla la lingua, non ne conosce la storia, non conosce la
cultura rom e realmente non ha sensibilità per i Rom. Ma il fatto che siano un
po' più scuri di pelle, significa che questo li qualifica a sufficienza per
essere percepiti come rappresentanti della comunità rom...
E' così. Quanti Rom vivono a Bratislava? O che tipo di Rom? [...] Musicisti
che non vogliono avere niente a che fare con i Rom. E poi c'è un gruppo, i
cosiddetti pesci grossi che non parlano romanés, come hai detto. Non sanno chi
sono, ma vedono dietro questo qualcosa di differente. Soldi. Dovrebbe essere
detto apertamente. O non è adatto per loro a causa della gran distanza per cui
dovrebbero lasciarsi dietro la loro famiglia e tutti gli altri. Forse l'inganno
risiede nel fatto che la più grande concentrazione di Rom è nella Slovacchia
orientale. E allora perché tutto si trova a Bratislava?
Quindi gli uffici ed il governo plenipotenziario dovrebbero essere qui?
Beh, naturalmente. L'ufficio del plenipotenziario, i dipendenti, le
cosiddette commissioni che dovrebbero essere in ogni ministero? Perché non
potrebbero essere qui? Lasciatele qui nell'est, dove vivono i Rom. Lasciatele
andare sul campo. Non solo noi, quelli che operano giorno a giorno, ma anche i
cosiddetti pesci grossi di Bratislava che risolvono tutto a tavolino. Non sono
mai stati in un insediamento rom. La penso così.
Tu sei membro del consiglio governativo per le minoranze nazionali. In
passato la Slovacchia è stata spesso criticata proprio per non risolvere il
problema rom. La situazione è cambiata negli anni recenti?
Ho la sensazione che si sia fatto qualche passo avanti. Anche se mi
aspettavo di più. Ma con l'ultimo governo personalmente non ho avuto una buona
impressione. Ed è giusto dire che ora siamo fermi. Un certo gruppo ne ha
approfittato. Ma riguardo all'istruzione e altre cose, tutto si è fermato.
Il problema che si presenta spesso con queste strategie, concezioni,
progetti, è il fatto che non sappiamo quanti Rom ci siano qui in Slovacchia...
Non lo sappiamo perché il censimento funziona in maniera che i Rom non
dichiarano il loro status di minoranza nazionale. Questo ha certamente un
retroterra storico, il perché lo sappiamo, ed ovviamente molti Rom si dichiarano
Ungheresi. In questo caso la maggioranza può ostruire, dicendo che non siamo in
molti quando in realtà sanno quanti siamo.
Il fatto che non esistano statistiche significa che il numero dei Rom può
variare, così quando riguarda i soldi del Ministro della Cultura ci sono meno
Rom e quando riguarda i soldi dell'Unione Europea ce ne sono di più.
E' così che funziona. E si continuerà ad operare così perché non cambi
niente. Ognuno utilizza quel che sa. Ed, ovviamente dico io, i Rom sono un buon
oggetto per ottenere soldi ed è perciò che qualcuno può arricchirsi.
Se tu potessi dire ai membri del Parlamento Europeo qualcosa sui Rom in
Slovacchia, cosa sarebbe?
Vorrei solo mostrare che ci sono Rom in Slovacchia che mantengono la loro
cultura, tradizioni, identità e che usano la loro lingua, sono in tanti, ed è
importante dire ai membri del parlamento di venire e vedere le condizioni in cui
vivono i Rom, e che dovrebbero incontrare le elite rom e non le organizzazioni
di non-Rom, coi non-Rom, ma con i Rom che lavorano per i Rom e che vogliono
cambiare le cose in questa nazionalità, in questa nazione, così che abbiano
l'opportunità di sentire i Rom stessi.
Se ci reincontrassimo tra cinque anni, proprio qui a questo tavolo, cosa
vorresti che fosse differente?
Bene, spero che la posizione dei Rom sia differente: di non avere problemi
con l'istruzione, che ci siano più Rom acculturati e di poter dire che il numero
di persone istruite che già abbiamo eguagli quello di chi frequenterà la scuola
secondaria e l'università, potendo dire con certezza che il governo ci ha
aiutato. E di avere un partito politico.
Oltre ad insegnare per tre scuole in lingua romanés, sei soprattutto
attiva nel terzo settore. Perché ha questo bisogno di fare qualcosa, quando già
insegnare in tre scuole richiede certamente abbastanza?
Ho iniziato essendo coinvolta nelle comunità rom. Ed ora è difficile dire a
queste donne, con l'occupata che sono, che non voglio più lavorare con loro,
quando queste stesse donne mi chiamano per chiedermi: quando si fa qualcosa e
quando ci incontriamo?
Realmente cosa fai?
Questo è davvero il network delle donne rom, Fórum pale romňa. Queste sono
attività per le donne rom della comunità. Cerchiamo di aiutarle a diventare
leader. A casa, nella comunità. E così si coinvolgono nelle elezioni locali.
Stiamo provando a cambiare la posizione delle donne rom, almeno nella società.
In questi anni hai visto un cambiamento in queste donne?
Sicuramente. Queste donne viaggiano sino a Detva, nella Slovacchia centrale,
è qualcosa di nuovo per loro. Quello ed il fatto che loro marito le lasci andare
fuori di casa e famiglia e figli per due giorni. Tutto questo diverte ed ora è
normale.
La società dovrebbe sapere di più sulla vita di queste donne?
Sì, naturalmente. Abbiamo fatto una piccola campagna per aiutare la gente a
conoscere queste donne. Ma non era sufficiente. C'è bisogno di soldi. Anche per
queste donne e soprattutto perché possano fare nella società quello che fanno
così bene a casa.
Interviews with Roma women are part of a project by the Roma Press Agency and
will be published in a forthcoming book.