Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 05/10/2006 @ 10:45:07, in Italia, visitato 1803 volte)

Con la campagna di disinformazione e diffamazione sugli immigrati
In occasione della giornata europea per i diritti dei cittadini immigrati

Presidio a Milano
sabato 7 ottobre
Ore 15 Piazza Cavour
Di fronte al palazzo dell’informazione

Promuovono: Ass. Al Qafila, Ass. Cultural de Chile, Ass. Insieme per la Pace, Ass. Studio 3R, Ass. Todo Cambia, Comitè ecuatoriano Simon Bolívar, Revista El Carrete, Revista Panorama Latino

Chiediamo a tutte le associazioni e comunità di immigrati di promuovere insieme questa iniziativa
Chiediamo a tutte le realtà antirazziste italiane di aderire a questa iniziativa

Info: comitatoimmigrati.mi@libero.it

 
Di Fabrizio (del 07/10/2006 @ 10:22:08, in Italia, visitato 2384 volte)

Ricevo da:

Opera Nomadi
 Ente Morale (D. P. R. 26/03/70 n. 347)
 Sezione del Lazio
operanomadilazio@supereva.it
http://operanomadilazio.supereva.it
Via di Porta Labicana, 59 -00185 Roma
tel. 06/44700166 - 44701860 fax 06/44701859
codice fiscale 97042500583
p. IVA 07088291005

COMUNICATO STAMPA

Siamo indignati per l'espulsione di massa di centinaia di Rom Rumeni da Roma  in Romania: perchè il Governo di centrosinistra ha effettuato un'operazione  mai compiuta a Roma nemmeno da Pisanu e dal suo governo non certo famoso per l'accoglienza dei migranti (vedi Lega)?
 
A cosa è servita la visita del Ministro Amato ai Rom "jugoslavi" a Ferragosto ?
 
E l'indignazione diventa irrefrenabile se si pensa che già tali pratiche (le espulsioni collettive) sono state condannate (come riportiamo in allegato) e che gli espulsi facevano parte della Comunità Rom che ha visto il 19 marzo di un anno fa morire per annegamento una loro figlia di 18 mesi, Odisea Gramescu, proprio sotto Ponte Marconi.
 
Solo le espulsioni o gli sgomberi sono la risposta di una città come Roma di fronte all'emergenza freddo e le favelas formatisi lungo i suoi fiumi a causa della dispersione periodica dei migranti dagli insediamenti
spontanei?

Crediamo che altre possano essere le strade da percorrere anche perchè l'industria Italiana, come accertato formalmente dalla CGIL, sfrutta selvaggiamente il mercato della manodopera in Romania (salari medi di 100 euro mensili!) causando questa inarrestabile ondata migratoria anche del  popolo Rom che in Romania, prima della caduta del cosiddetto muro, era inserito in tutta l'attività produttiva del Paese e disponeva di pur minimi ammortizzatori sociali, come ancora oggi accade in Ungheria, Paese dove i  Rom sono il 6% della popolazione complessiva e che non emigrano però verso Occidente.
 
Pertanto chiediamo che associazioni, partiti, istituzioni, sinceri democratici e cittadini intervengano subito presso il Ministro Ferrero perchè non venga offesa l'immagine della Roma progressista ed interculturale e perchè la situazione rimbalzerà, come giusto, a livello internazionale (Martedì - tra l'altro - alle ore 8.30 l'Opera Nomadi - con un'ampia delegazione di Rom/Sinti - incontrerà il Commissario ONU per i DIRITTI UMANI) dove già l'Italia ha subito pesanti censure per la sua politica nei confronti dei Rom/Sinti.
 
E' doveroso che l'Amministrazione Comunale di Roma ponga riparo a questo atto di pura xenofobia su un gruppo che ha visto subire addirittura, nei mesi scorsi, l'annegamento di una loro bambina nell'adiacente Fiume Tevere.

Roma 6 ottobre 2006 - dr Massimo Converso - Presidente Opera Nomadi Lazio

Allegato

La pratica delle espulsioni cd. collettive è da ritenersi illegittima secondo l'art.4 del Protocollo 4 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo.
 
Il Giudice, sciogliendo la riserva

OSSERVA

L'art.4 del Protocollo 4 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, applicabili in Italia ad integrazione della normativa vigente interna, recita, in modo laconico ma perciò anche estremamente chiaro ed insuscettibile di interpretazioni, che "le espulsioni collettive di stranieri sono vietate".
 
Con ciò, al fine di non suscitare allarme sociale e non consentire operazioni di polizia allo scopo di espellere interi gruppi etnici, si è voluto sottolineare il principio che un provvedimento di espulsione deve essere adottato sempre individualmente e prendendo in considerazione, in modo reale e non fittizio e di mera forma, le singole e differenziate situazione di ogni individuo, vietando qualunque situazione di rastrellamento collettivo di appartenenti a determinate nazionalità, per non trasformare l'applicazione di una legge, quale quella che disciplina l'ingresso e la permanenza in uno stato degli stranieri, in una forma inaccettabile e distorta di rigetto di una pluralità di soggetti colpiti principalmente per essersi radunati in forza della loro comune provenienza cultura o religione, che verrebbe a legittimare operazioni di pulizia etnica.
 
Nel caso in specie i ricorrenti sono stati tutti colti nella medesima operazione di sgombero di una unica area e trattasi tutti di cittadini rumeni appartenenti al popolo Rom e tutti sono stati poi destinatari di un provvedimento di espulsione uguale nella sua formulazione per tutti.
 
Pertanto non può dubitarsi che, stante l'unicità di luogo, tempo e di motivazione dei decreti impugnati, si verte in una ipotesi di espulsione collettiva, come tale vietata,che resta tale nella sostanza anche se i provvedimenti di espulsione sono stati stilati in numero pari ad ogni soggetto e intestati singolarmente ad ognuno, essendo ovvio che il divieto di cui al Protocollo allegato alla Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo non potesse fare riferimento ad espulsioni disposte con un unico atto per più soggetti, che sarebbe comunque illecito, ma proprio ha voluto sancire l'illiceità di azioni che colpiscano in contemporanea un gruppo di stranieri.
 
 
Pertanto, attesa la natura di provvedimento collettivo che integrano i singoli decreti, questi devono essere dichiarati nulli perché contrari alla legge.
 
P.Q.M.
 
dichiara la nullità e pertanto la revoca dei decreti di espulsione emessi in data 17/5/04 dal Prefetto della Provincia di Milano avverso: seguono i nomi dei destinatari dei decreti di espulsione.
 
 
  Milano 2 agosto 2004
  I1 Giudice ***
 
  DEPOSITATO IN CANCELLERIA
  OGGI 3 agosto 2004 - n. 2992 cron

 
Di Fabrizio (del 19/10/2006 @ 16:15:24, in Italia, visitato 2046 volte)

NEW del 18 ottobre 2006

Nomadi e Sinti : incontro al Viminale
di Mauro W. Giannini

Si e' tenuta due giorni fa al Viminale la prima riunione per affrontare i temi legati alla presenza di nomadi, Sinti e Camminanti sul territorio nazionale per fare una prima ricognizione delle problematiche da affrontare.

Hanno partecipato all'incontro i sottosegretari Marcella Lucidi, Ettore Rosato e Cristina De Luca e il Direttore Generale per l'Immigrazione, Giuseppe Maurizio Silveri, il Capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione, Mario Morcone e il Direttore Centrale dell'Immigrazione e della Polizia di Frontiera, Pasquale Piscitelli.

Il 24 Aprile 2006 il Comitato Europeo per i Diritti Sociali ha deciso che l'Italia viola sistematicamente, con politiche e pratiche, il diritto di Rom e Sinti ad un alloggio adeguato, mentre la situazione dei Rom e Sinti in Italia e' stata oggetto di analisi e denuncia da parte del commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Alvaro Gil Robles lo scorso anno, dopo la sua visita nel nostro Paese.

Le comunità Rom in Italia sono stimate in circa 120.000 persone, essenzialmente nel centro e nel sud del Paese. Secondo un pregiudizio corrente sono considerati stranieri, mentre una grande parte della comunità Rom è italiana. Secondo le stime, ci sarebbero tra i 60.000 e i 90.000 Rom italiani e tra 45.000 e 70.000 Rom «stranieri» (nati al di fuori dall’Italia, o in Italia, ma da genitori non italiani) originari soprattutto dei Balcani – ex Jugoslavia, Bulgaria e Romania.

Il commissario ha rilevato che giuridicamente queste minoranze non sono tutelate in quanto non esiste uno status specifico per loro nella legislazione italiana e sono stati esclusi dalla legge sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche attuativa dell’articolo 6 della Costituzione italiana, in quanto non correlati a zone territoriali specifiche.

Ma il comissario europeo ha notato che manca anche una politica globale che tenga conto dei problemi di tali gruppi, con ricaduta negativa su lavoro, salute, istruzione e questione abitativa. Peraltro le autorita' italiane hanno tendenza a considerare che i Rom siano dei nomadi che desiderano vivere negli accampamenti, ma tra i Rom italiani, circa 40.000 sono sedentarizzati.

Nel suo rapporto, il commissario Gil-Robles ha esortato le autorita' italiane ad applicare pienamente la legislazione ove esistente, a provvedere a rimuovere gli ostacoli amministrativi e burocratici per l'acquisizione della cittadinanza e per il diritto allo studio ed a contrastare l'intolleranza ed il razzismo riguardo queste minoranze. Il lavoro da fare, per il ministero dell'interno sara' quindi notevole.

 
Di Fabrizio (del 24/10/2006 @ 10:05:11, in Italia, visitato 1629 volte)
Sabato 28 ottobre 2006 - ore 15.00
p.zza San Gerolamo (inizio cavalcavia Buccari)
MILANO
MANIFESTAZIONE – CONCERTO
con
LES AMBASSADEURS (Sound Sistem dal Senegal)
LES ANARCHISTES

PERCHE’ SI ROMPA IL MURO DI SILENZIO CHE COPRE LE ESPULSIONI E I TRATTENIMENTI DEI CITTADINI STRANIERI

PER CHIUDERE I CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA

PER USCIRE DALLA POLITICA DELLA REPRESSIONE E AFFERMARE LA NOSTRA VOLONTA’ AL RISPETTO DI TUTTI E TUTTE

In allegato il volantino e l'appello, da diffondere e far girare!

per adesioni
citta.pertutti@yahoo.it

ROMPIAMO IL SILENZIO

CHIUDIAMO I CPT

Sono ormai oltre 3 milioni gli uomini e le donne immigrati in Italia, di cui un quarto circa in Lombardia, arrivati per cercare un lavoro e un futuro migliore. Sono profughi di un sistema economico internazionale che ingabbia la maggior parte dell’umanità nella povertà, mentre consegna sempre più ricchezze a una ristretta minoranza.

L’Italia è già multietnica e la costruzione di una società multiculturale potrebbe essere una grande opportunità. Invece, le politiche sin qui praticate trattano i cittadini stranieri esclusivamente come un problema di ordine pubblico e come manodopera a basso costo e senza diritti. Così il 75% delle risorse pubbliche spese in Italia in materia di immigrazione sono destinate a misure repressive, mentre non esistono canali di regolarizzazione, se non l’attesa dell’ennesima sanatoria, dichiarata o mascherata. Il risultato non è certo la diminuzione dei flussi migratori, bensì l’allargamento della condizione di clandestinità, la diffusione di situazioni di abuso e sfruttamento e l’assenza di politiche di accoglienza e di diritti di cittadinanza. Una negazione di diritti che colpisce specificamente i cittadini stranieri, ma che provoca una progressiva erosione dei diritti e delle tutele per l’insieme della società italiana, a partire dai ceti popolari e dai lavoratori.

Simbolo e paradigma di questo approccio securitario e del doppio binario giuridico che ne consegue sono i cosiddetti Cpt, i centri di permanenza temporanea, dove cittadini stranieri non in regola con il permesso di soggiorno possono essere segregati fino a 60 giorni, senza aver commesso alcun reato e senza mai vedere alcun giudice ordinario. Sono delle vere e proprie carceri amministrative su base etnica, dove vigono delle regole che si collocano al di fuori dalla nostra Costituzione. A Milano ce n’è uno in via Corelli, nascosto alla vista della città dal ponte della tangenziale e da alti muri.

Dicono che i Cpt non sono carceri, chiamano i detenuti “ospiti” e affermano che sono strutture “necessarie” e che non c’è nulla da nascondere. Eppure, sono coperti da segretezza più di un supercarcere. Un’omertà istituzionale che fa sì che la stragrande maggioranza dei cittadini non sappia cosa siano, cosa vi accada e quanto costino.

Siamo convinti che strutture del genere non siano compatibili con i principi democratici e che vadano chiusi insieme alla stagione delle leggi repressive, cominciando con l’abrogazione della Bossi-Fini.

E siamo altrettanto convinti che occorre urgentemente porre fine all’omertà istituzionale, permettendo così ai cittadini di poter sapere. Ecco perché avevamo chiesto al Prefetto di Milano di rendere pubblici tutti i dati relativi al Cpt di via Corelli, ricevendo però un diniego totale di fonte ministeriale.

Riteniamo sia inaccettabile continuare a negare la trasparenza e pretendere poi di assumere decisioni politiche sulla base di una presunta “necessità”. Invitiamo quindi le organizzazioni sociali, i movimenti, le forze politiche, i cittadini e le cittadine a partecipare alla mobilitazione presso il Cpt di via Corelli.

SABATO 28 OTTOBRE - ORE 15.00

appuntamento in p.zza San Gerolamo (inzio cavalcavia Buccari)

MILANO

prime adesioni:

Arci Milano - Arciragazzi Milano – Ass. Al Qafila - Ass. Azad – Berretti Bianchi Lombardia - Comunità Kurda Milano - Attac Milano - Bastaguerra Milano - Centro delle Culture - Comitato Intercomunale per la Pace del Magentino - Coordinamento Immigrati Bergamo - Coordinamento nord sud del mondo – CRIC - Fiom Milano – Naga – Leoncavallo spa - Opera Nomadi Milano - Rivista Guerre&Pace – SinCobas – Todo Cambia - Giovani Comunisti Milano - Associazione Sinistra Rossoverde – Mov. per il PCL Milano - Partito della Rifondazione Comunista Milano - Partito Umanista - Franco De Alessandri (segr. gen. Fillea-Cgil Lombardia) - Tommaso Vitale, Alberto Giasanti (Università di Milano Bicocca) - Andrea Membretti (Università di Pavia) - Bruno Cousin (dottorando in Sociologia) – Fabrizio Casavola (Mahalla) - Gigi Malabarba (ex senatore Prc) – Franco Vanzati (Cgil Pavia) – Mario Agostinelli, Luciano Muhlbauer, Osvaldo Squassina (cons. reg. Lombardia, Prc) – Giorgio Roversi (resp. dip. immigrazione Cgil Lombardia) - Vittorio Agnoletto (europarlamentare Prc-Gue) – Piero Maestri (cons. prov. MI, Prc) – Paolo Limonta (insegnante elementare)

info e adesioni: cittapertutti@yahoogroups.com

 
Di Fabrizio (del 25/10/2006 @ 12:40:32, in Italia, visitato 2437 volte)
Succede anche questo, verrebbe da dire. Cosa si prova ad essere accusati solo per il colore della pelle, ne parla Lameziaweb.biz:

"Sono una zingarella, mi chiamo Nada e ho 18 anni. L'altro giorno davanti all'ospedale un "italiano" mi ha accusato di avergli rubato il telefonino. S'è arrabbiato e s'è messo a gridare. Gli ho ripetuto tante volte che non sono stata io a prendere il suo telefono, ma lui ha continuato ad urlare e a dirmi tante brutte parole". A parlare è Nada Bevilacqua, ragazza Rom che abita nell'accampamento di Scordovillo, e che fino a qualche giorno fa era solita fermarsi davanti all'ospedale in attesa di Karin Faistnauer, ...

[cut]

Troppo facile puntare il dito contro i Rom che «non vogliono lavorare e per questo vanno a rubare; su di loro non puoi fare nessun affidamento». Questi i commenti più "soft" che si sentono in giro comunemente, le espressioni e i pensieri ripetibili insieme ai quotidiani atteggiamenti di vero razzismo perché «gli zingari sono brutti, sporchi e cattivi e tali resteranno. Per sempre». Ma il pregiudizio è il peggior male sociale: gli zingari rubano auto nel parcheggio, e chiedono in cambio soldi per restituirle ai proprietari. È vero. Ma è pure vero che la responsabilità penale di un furto è di chi lo commette, non di un'intera etnia.

 
Di Fabrizio (del 03/11/2006 @ 10:35:25, in Italia, visitato 2083 volte)

Da l'Espresso - Trentino

«Sulle microaree serve maggior convinzione: c’è un progetto pronto da un anno e mezzo»
«Coi nomadi la repressione non porta a nulla»
Chiara Zomer

Nucleo speciale dei vigili urbani: critico Magagni, operatore al campo dei Lavini

ROVERETO. «Con la repressione non si ottiene nulla. E l’esperienza di questi vent’anni dovrebbe avercelo insegnato: non è un caso se ora il problema del campo ci è scoppiato in mano». Gianluca Magagni, volontario di Aizo nonché operatore al campo nomadi dei Lavini, non approva il progetto dell’amministrazione di istituire un nucleo speciale di polizia municipale specializzato nella repressione dei campeggi abusivi. L’amministrazione - osserva - meglio farebbe a pensare a soluzioni strutturali. Magari cominciando da quelle microaree allo studio da due anni.
L’obiettivo finale sembra essere quello. Sia l’assessore Giovanni Spagnolli sia il sindaco Guglielmo Valduga l’hanno detto più volte: eliminare il campo dei Lavini e puntare sulle micro aree. Campi cioè dati alle diverse famiglie di Sinti perché ci vivano secondo usanze e tradizioni della loro cultura.
Ma se l’obiettivo sembra chiaro, ad esserlo meno sono i tempi e i modi. Perché la giunta ha l’aria di volerci andare con i piedi di piombo - comprensibile: è anche una questione di consenso popolare - ma intanto gli zingari aspettano. Ed escono sempre più spesso dal campo: «Come Aizo abbiamo consegnato alla Provincia il progetto sulle micoraree un anno e mezzo fa, in tempo perché non si arrivasse all’attuale stato di emergenza - spiega Magagni - ma ora è necessaria un’azione più incisiva. Ed è possibile: in altre realtà le microaree esistono da 18 anni. Nella zona di Modena, per esempio, funzionano bene. Ma prima di tutto dobbiamo fermarci un attimo e chiederci quali sono i frutti di 20 anni di legge sugli zingari. Con il Comune abbiamo avviato un tavolo di lavoro. Ci auguriamo possa portare a qualcosa in tempi più ragionevoli rispetto a quelli della Provincia».
Rimangono, è ovvio, i problemi legati all’integrazione. Distribuire i Sinti sul territorio vuol dire metterli a contatti con la popolazione. E non è detto vengano accolti a braccia aperte: «Dipende. Il progetto casa ha funzionato bene - continua Magagni - Le difficoltà erano legate alla mentalità dei nomadi, che vanno seguiti nel pagamento delle utenze, per esempio, che non appartiene alla loro cultura. Ma non ci sono stati contrasti con il vicinato. Certo, c’è una fatica nel progresso, che pesa su entrambe le popolazioni. Ma non è detto che i Sinti debbano vivere tutti in città. Perché non coinvolgere i diversi comuni della Vallagarina? L’integrazione in un piccolo centro può essere anche facilitata dal controllo sociale che, a differenza delle città, c’è nei paesi».
Quel che è certo, secondo Magagni, è che il campo non può più essere considerato un’opzione: «E’ una realtà dove è impossibile una crescita e dove è più facile che nascano devianza e disagio. Queste sono persone che, dopo le medie, vivono solo tra loro, con problemi di analfabetismo di ritorno gravi. E’ un luogo dove li abbiamo costretti noi a vivere, non è una loro scelta, benché l’Unione Europea abbia più volte bacchettato l’Italia invitandola a dare a questa gente dignità abitativa».

(02 novembre 2006)

 
Di Sucar Drom (del 06/11/2006 @ 16:33:32, in Italia, visitato 1729 volte)
Pubblichiamo il comunicato stampa dell'Associazione Sucar Drom e dell'Ente Morale Opera Nomadi Sezione di Vicenza, redatto dopo la polemica nazionale scoppiata per la realizzazione di un fossato anti-sinti a Schio in Provincia di Vicenza. Al comunicato si associa la Sezione di Mantova dell'Opera Nomadi.


Nelle ultime settimane il Comune di Schio ha subito un’esposizione mediatica nazionale, dopo la realizzazione di un fossato in via Lago di Misurina per impedire l’accesso in un terreno alle famiglie appartenenti alle Minoranze Nazionali ed Europee dei Sinti e dei Rom.

Le nostre organizzazioni si sono trovate ancora una volta di fronte ad un atto che lascia nelle nostre menti diversi punti interrogativi. Ovviamente non possiamo che dissociarci dall’idea che per risolvere problemi o incomprensioni si debba ricorrere a misure così discriminatorie.

Siamo consapevoli che il terreno in questione doveva essere liberato perchè in vendita e quindi era prevedibile l’allontanamento, ma non è stata offerta nessuna alternativa alle famiglie dei Sinti in questione.
Quello che ci chiediamo è: perché scavare una fossato? Non si potevano informare le famiglie interessate che non avrebbero più potuto sostare in quel terreno?

Alcuni cittadini, residenti a Schio, hanno dichiarato agli organi di stampa che la situazione era diventata insostenibile: troppe carovane. Di certo insostenibile è essere Cittadini Italiani ma non avere un luogo dove vivere, non riuscire ad ottenere l'iscrizione anagrafica e la carta d’identità e, di conseguenza, non poter accedere all'assistenza sanitaria se non per le emergenze, al sostegno e alla regolarizzazione lavorativa, o godere dei diritti costituzionali di base, quali il diritto di voto.

In alcuni momenti può esserci molta confusione e può succedere che la situazione sfugga al controllo e che vengano adottate iniziative basate sulla fretta e sull'emotività.

Ribadiamo comunque che il Comune di Schio ha sempre dimostrato la volontà di costruire percorsi di interazione con le Minoranze Sinte e Rom e che, negli ultimi due anni, ha supportato le nostre iniziative, facendosi carico in Prefettura di sensibilizzare quelle Amministrazioni Comunali che in questi anni hanno invece praticato una politica di esclusione ed espulsione, come nel caso di Piovene Rocchette.

Nel dibattito accesisi in questi giorni traspare, ancora una volta, la mancanza di conoscenza della realtà vissuta dalle famiglie Sinte e Rom e questo non permette di risolvere le diverse problematiche, partendo dalla individuazione di luoghi dove poter sostare o resi idonei alla sosta.

Siamo convinti che la questione vada discussa tra tutte le Amministrazioni Comunali interessate alla residenza, sosta e transito delle famiglie Sinte e Rom: lo spiacevole episodio del fossato di Schio può essere utile per interrogarci seriamente su queste problematiche. Esse coinvolgono non solo il territorio scledense ma buona parte dell'alto vicentino, come pure Vicenza e i comuni contermini, in forma permanente e non di semplice emergenza.

Per questo abbiamo proposto al Prefetto e all'Amministrazione Provinciale la realizzazione di un progetto di mappatura dei bisogni, denominato “Pringiarasmi” ("Conosciamoci", in lingua Sinta), attraverso il quale comprendere la realtà territoriale e cominciare a elaborare soluzioni condivise tra Istituzioni e Comunità Sinte e Rom presenti da decenni sul territorio.

Chiediamo un incontro con il Sindaco di Schio e con i referenti dei diversi Uffici Comunali interessati, in primis i Servizi Sociali, per rielaborare quanto successo e non disperdere il lavoro svolto insieme da un anno a questa parte.

per l’Associazione Sucar Drom
Fabio Dalla Vecchia, Davide Casadio e Teresa Braidich

per l'Ente Morale "Opera Nomadi di Vicenza"
Nereo Turati, Benito Bernardoni e Lorenzo Cavazza

In foto Teresa Braidich lungo il fossato anti-sinti
 
Di Fabrizio (del 18/11/2006 @ 19:25:13, in Italia, visitato 1801 volte)

Traferite 123 persone, tra cui 35 bambini e donne incinte

(Fonte: Agenzia Redattore Sociale)

A 40 giorni dall'ingresso di Bulgaria e Romania nell"Unione Europea, prevista per gennaio 2007, il Comune di Bologna ha fatto sgomberare, alle 5 di questa mattina, il campo nomadi di via Bignardi e dell'area che costeggia il canale Navile, popolato da rom bulgari e rumeni. Le persone, ora trasferite in Questura e nelle Caserma dei Carabinieri, sono in tutto 123, tra cui 35 bambini e 14 donne incinte.

"Questo sgombero - commenta Sebastian Zlotea della Lega per i diritti delle persone comunitarie, extracomunitarie e dei rifugiati politici - risulta ancora più disumano se si considera l'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'Unione Europea previsto per l’inizio dell’anno prossimo. Alla luce di questo, che senso ha continuare a trattare il problema dei rom con sgomberi, espulsioni e Cpt?". Mentre sono ancora in corso le identificazioni, infatti, c'è già un aereo pronto a volare verso la Romania, per riportare a casa gli irregolari. Chi non dovesse poi essere identificato, come prevede la legge Bossi-Fini, verrà rinchiuso al Cpt, mentre chi ha già un precedente decreto di espulsione rischia il carcere.

Lo sgombero del campo, nella zona da oltre un anno, è partito da un'ordinanza del sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, per fare fronte, come si legge nel documento, "a un'area che presenta grandi quantità di rifiuti abbandonati che generano una situazione di notevole rischio igienico-sanitario per le persone occupanti e per quelle che vivono e lavorano nelle aree circostanti". Le ruspe, quindi, questa mattina hanno spazzato via tutto: "voglio sottolineare – ha spiegato l'avvocato Andrea Ronchi, che ha seguito la fasi dello sgombero -, che le strutture del campo sono state demolite e non rimosse come prevede l'ordinanza, e che i beni all'interno delle baracche sono stati distrutti invece che depositati nei magazzini comunali".

Insieme alle baracche, quindi, sono stati demoliti anche stufe, oggetti, pentolame, oltre ai giochi e i ai libri di ragazzini che avevano cominciato percorsi di inserimento scolastico. "Con questo sgombero - precisa il consigliere indipendente di Rifondazione, Valerio Monteventi, che insieme all'Altra sinistra (l'asse Prc-Verdi-Cantiere in Comune) ha subito preso posizione contro le modalità dell'operazione - si sono gettati via anche quei percorsi scolastici per i ragazzi, attivati tra mille difficoltà.

Incomincia davvero a filtrare il messaggio politico di una città che mette in atto un'accoglienza disincentivante". Ora l'Altra sinistra chiede l'immediata convocazione del tavolo interistituzionale sull'immigrazione per affrontare il tema e realizzare un progetto per queste persone: per offrire un tetto agli "sfollati", ad esempio, ci sarebbero le strutture di Borgo Panigale, dove sorge un villaggio allestito per gli operai impegnati nei lavori dell'Alta velocità.
 
Di Fabrizio (del 30/11/2006 @ 14:21:44, in Italia, visitato 2713 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir

Lettera del vescovo di Vicenza Mons.Cesare Nosiglia.

(Vicenza, Episcopio, 1 novembre 2006)

FIGLI DELLO STESSO PADRE

Frammenti di umanità dentro e fuori la città

Alla Chiesa di Vicenza,

ricca di comunità cristiane accoglienti nel segno della pace.

Ai fratelli e sorelle Rom e Sinti,

figli di un popolo ancora troppo poco conosciuto e amato.

Alle istituzioni e a tutte le persone di buona volontà

che abitano il nostro territorio.

Non posso pensare alla Chiesa di Vicenza a me affidata e non tenere abbracciato con gli occhi del cuore e della fede ogni realtà, ogni comunità cristiana, ogni angolo abitato, ogni persona. E lo sguardo si ferma lì, dove la vita è dura non solo per le fatiche ordinarie, ma perché non c’è ancora uno spazio per stare, per mangiare, per lavorare, per dormire. Sì, penso a voi, fratelli e sorelle Rom e Sinti che abitate già da decenni vicini a noi e per i quali è come se fosse sempre il primo giorno del vostro arrivo: la precarietà, il rifiuto, la paura, fanno di voi dei perenni esiliati, dei costretti fuggitivi senza tregua.

E penso anche a voi, fratelli e sorelle delle comunità cristiane, nati e cresciuti in terra vicentina. Penso alla fatica di continuare a cercare espressioni nuove di solidarietà e di accoglienza per non sentire troppo pesante il giudizio di quella Parola di Gesù che ci invita ad amarci gli uni gli altri di un amore forte fino alla fine.

Penso a noi come Chiesa, tutta insieme, chiamata a celebrare la misericordia del Padre, assidua nella preghiera che genera relazioni umane autentiche e coraggiose, vigilante nella carità che è via di pace.

In questa mia lettera la cui attenzione va in particolare ai fratelli e sorelle Rom e Sinti (e Zingari in genere), vorrei fare mie le parole che il Papa Paolo VI pronunciò al Campo Internazionale degli Zingari il 26 settembre 1965 a Pomezia: “Voi, nella Chiesa, non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore”.

La vostra presenza ci riconduce ad immagini bibliche antiche nelle quali ritroviamo le radici del nostro essere popolo di Dio: “Davanti a voi cammina il Signore, il Dio di Israele chiude la vostra carovana”

Un popolo in cammino, uno snodarsi in fila di carovane cariche di vita, dentro le generazioni e gli anni della storia, alla ricerca dei beni essenziali per vivere. Provvisorietà, lentezza del cammino, sete e fatica, fanno parte del nostro quotidiano, ma mai siamo vagabondi. Lì dove c’era la possibilità che un solo uomo, Caino, andasse ramingo per il mondo a causa del suo peccato, Dio intervenne perché non gli fosse fatto alcun male.

L’acqua, il pane, il vestito, una casa che serva da riparo, sono i beni essenziali per vivere e questi beni noi cerchiamo con la certezza che Dio accompagna e protegge il nostro cammino. Ed è proprio questa “presenza-compagnia” di Dio che siamo chiamati a rendere visibile, concreta, tra una carovana e l’altra, tra un accampamento e l’altro. Se questa certezza ci è radicata nel cuore, la fatica trova sostegno, la paura è superata, la provvisorietà diventa accoglienza.

Certo, le carovane di oggi hanno assunto forme diverse, il cammino non è più attraverso il deserto sabbioso, ma i nostri bisogni primari sono quelli di sempre e la loro ricerca è ancora affannosa e contrastata. Voi, fratelli e sorelle Rom e Sinti, continuate ad abitare ai margini delle nostre città e paesi, nella ricerca spesso senza speranza di un luogo dove poter abitare, dove stabilire relazioni che vi consentano di sentirvi appartenenti ad un territorio, familiari di altre persone, impegnati a costruire futuro per voi e per i vostri figli.

Ce lo chiediamo insieme: come costruire convivenze possibili, dignitose, rispettose delle reciproche diversità culturali, religiose, sociali che ogni etnia, ogni popolo porta con sé come bagaglio di vita?

Se perdiamo di vista che il Signore accompagna il nostro cammino, tutto si complica e sembra senza soluzione. La diversità appare una minaccia alle sicurezze acquisite; gli usi e i costumi che ci caratterizzano sono occasioni di scontro più che di incontro.

Ho presente, conosco bene la laboriosità del popolo vicentino, la sua instancabilità, le tante fatiche sopportate per raggiungere situazioni di benessere per le proprie famiglie, per i figli dei figli. E so anche che la solidarietà, l’ospitalità non devono e non possono mettere a repentaglio ciò che ognuno si è procurato con il sacrificio ed il lavoro.

Ma è tempo di aprire spiragli di vita anche per chi, più svantaggiato per cause diverse, chiede di abitare tra noi, chiede di abitare con noi. Troppe sono ancora le provocazioni che ci impediscono di dormire sonni tranquilli, ma le provocazioni della storia possono essere occasioni per approfondire anche la nostra fede, per convertire il nostro cuore a Dio, allenandoci a proclamare con le labbra ciò che il cuore vive nella carità. Dove la ricerca della carità è una ricerca autentica, coraggiosa, testimoniale, lì la carità diventa operosa, capace di fantasia, profezia di una giustizia che si ristabilisce, anticipazione della pace.

E poi, quale consolazione e quale forza ci suscitano le parole che la traduzione biblica dei LXX ha posto a commento in Proverbi 18,19: “Un fratello aiutato da suo fratello è come una città alta e fortificata, è forte come un bastione regale”, ed ancora Proverbi 19,17 aggiunge: “Chi dona ad un povero, fa un prestito a Dio. Chi restituirà se non Egli stesso?”.

Possiamo davvero “tollerare” che questi nostri fratelli Rom e Sinti non abbiano le condizioni minime per vivere (terra, acqua, dimora) e sentirci a posto come cristiani?

Il dover vagabondare, il non essere riconosciuti mai da nessuno, produce comportamenti di aggressività, di violenza da una parte e di intolleranza dall’altra.

Non c’è bisogno di improvvisazione o di gesti di spontaneismo, ma di riflessioni e proposte concrete che aprano percorsi di convivenza e di corresponsabilità che ci consentano di sentirci ugualmente coinvolti nel trovare risposte adeguate e durature.

Diritti umani e stili di vita, fede e prossimità si incontrano, costruiscono un tessuto sociale nel quale ognuno è tutelato in quanto persona a partire dai più piccoli e indifesi. Elemosina e giustizia camminano insieme.

Con il salmista chiediamo al Signore “Apri la tua mano e sazia ogni vivente”, anche noi apriamo le nostre mani e condividiamo l’umanità che siamo. Non c’è paura nel condividere, perché dal Vangelo ci viene la lezione più straordinaria di matematica: dividendo si moltiplica! L’episodio della moltiplicazione dei pani di cui ci parlano i Vangeli( cfr Marco 6,30-44) né è un esempio illuminante. Certo, parliamo di una moltiplicazione che riguarda le relazioni umane nuove, creative, libere e liberanti che il contatto con il povero ci dona. Quante volte, in questi anni, vi ho sentito dire con gioia che avete sperimentato quanto dia serenità all’animo e senso di gratitudine, donare, aiutare, soccorrere chi è nel bisogno. Sembra una frase fatta quella che “nel dare si riceve molto di più di ciò che si dona”, ma è straordinariamente vero che la prossimità apre finestre che lasciano entrare aria pura ed il nostro cuore si ossigena al contatto con ciò che ciascuno in profondità è.

Ma da chi iniziare? Da chi crede che ad amare non si perde, da chi sceglie di osare la prossimità, da chi sente come una spina nel fianco che altri fratelli e sorelle siano ai margini senza possibilità di riscatto.

L’invito è innanzitutto a voi, fratelli e sorelle Rom e Sinti, perché vi sentiate “costruttori insieme” di futuro e non tanto dei “ricevitori” di cose o di soluzioni già confezionate.

Le vicende storiche, gli abbattimenti di alcune frontiere, le guerre, i cambiamenti sociali in genere, hanno modificato anche la vostra vita. Anche per voi c’è la fatica di mantenere fede alle vostre tradizioni sia culturali che religiose nel rispetto delle generazioni che crescono. Anche voi desiderate caparbiamente non perdere le caratteristiche che vi contraddistinguono come popolo, come etnia, eppure sentite la necessità di trovare mediazioni che vi permettano di farvi accogliere nei contesti dove ora siete. Certamente, alcuni cambiamenti fanno soffrire e portano degli sconvolgimenti che a prima vista sembrano irreparabili. Penso, per esempio, alla dimensione del lavoro che vi ha caratterizzato per aspetti tipici, particolari: lavoro artigianale, commercio. Penso alle donne che chiedono l’elemosina. Come, oggi, qui, è possibile restare fedeli a queste tradizioni? Quali altre modalità cercare, quali ambiti di lavoro individuare nei quali guadagnare il necessario per vivere e mantenere le vostre famiglie?Come accettare e rispettare le regole su cui si fonda la nostra società, che possono sembrare stringenti ed estranee alla vostra tradizione e cultura,ma che sono la base per una civile convivenza pacifica e giusta tra persone, famiglie ed etnie diverse che abitano lo stesso territorio?

Comprendo e sento che non sono passaggi facili, so che richiedono anche per voi, dialogo in famiglia, collaborazione, unità, volontà di interagire. Anche a voi chiediamo di cogliere le opportunità che vi vengono offerte per un “coabitare” vivibile, aperti al cambiamento lì dove occorra.

E’ una scommessa aperta anche per la nostra chiesa: dare vita a progetti di inclusione sociale rivolti a singoli nuclei familiari. Gli obiettivi intermedi sono la scolarizzazione dei minori, l’inserimento lavorativo attraverso le cooperative, un cammino di fede in vista dei sacramenti ma non solo. Lo stile è quello di fare in modo che siate voi al centro delle vostre scelte e responsabilità attraverso una condivisione in itinere dei percorsi stessi.

Per tutti noi c’è l’invito a purificare il nostro vivere da quegli atteggiamenti che non consentono il dialogo, la conoscenza reciproca, la ricerca del bene. Impariamo a dare un nome alla nostra paura di fronte alla differenza tentando percorsi di conoscenza che ci facilitino la via dell’incontro. Favoriamo l’ascolto reciproco, accogliamo il buono che ogni storia umana porta con sé, creiamo possibilità di vita che comprendano i valori comuni riconosciuti.

Mi rivolgo alle comunità cristiane.

L’evangelizzazione, la catechesi possono essere momenti per incontrarci, per conoscerci, per accoglierci alla luce della Parola del Signore. Sarebbe bello pensare ad una intesa umana così profonda e rispettosa del nostro credo religioso, se fossimo capaci di pensare a dei percorsi catechistici e anche a un catechismo, da costruire insieme con i bambini, con i ragazzi. Anche l’uso della lingua propria è importante per comprendere meglio la storia, le sfumature, il pensiero e la religiosità di un popolo.

Il Vangelo che abbiamo interiorizzato in famiglia, in parrocchia o, per voi Rom e Sinti, nei racconti dei vostri capofamiglia, può essere il punto di partenza per aiutarci a pregare insieme, a condividere il nostro pensare Dio in modo diverso. In fondo, tutta la Bibbia è percorsa da questa ricerca-accoglienza del “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, quasi a dire che il nostro Dio non è il Dio dei luoghi ma delle persone e si fa vicino passando attraverso “altri”. Possiamo cominciare a scoprire quali segni di religiosità accompagnano la nostra giornata, i fatti importanti della nostra vita (la nascita, il matrimonio, la morte) e, mettendoli vicini, cogliere ciò che ci unisce quando parliamo del Dio in cui crediamo.

A chi non professa la fede cattolica, dico di non temere: la Chiesa vi sente ugualmente al centro del suo cuore e dove vive il rispetto per l’uomo, sempre è possibile un dialogo.

Un invito particolare ai catechisti ed agli animatori: proteggete e difendete la spontaneità di relazione e di familiarità che i bambini portano “naturalmente” con sé. E’ un tesoro di cui siamo responsabili e la cui salvaguardia è nelle mani di noi adulti. Le attività dell’oratorio, della vita associativa, le attività sportive, sono “cantieri” privilegiati dove far nascere l’incontro e l’accoglienza alle diversità. Lì dove un bambino si sente amato, ci sono buone possibilità perché il suo sviluppo come persona sia adeguato, armonico, libero.

A voi pastori delle comunità infine e ai consigli pastorali, chiedo di promuovere nella gente sentimenti di accoglienza e di pace superando timori e chiusure,di sostenere quelle istituzioni che tentano vie di soluzione dei problemi e offrire loro una sponda presso l’opinione pubblica,di aiutare quanti operano in questo ambito con spirito di solidale amicizia e stima

Mi rivolgo alle famiglie. Sarebbe consolante anche per me, vostro Vescovo, sapere che ci sono famiglie disponibili a vivere una solidarietà vicina, spicciola, con altre famiglie Rom e Sinte. In molte occasioni, in questi anni, state dimostrando che l’amore per i poveri vi sta a cuore e la Chiesa vi è grata. La richiesta che vi rivolgo è di aprire la vostra famiglia, inizialmente anche per brevi momenti, a qualche bambino per aiutarlo nei compiti pomeridiani. Anche qualche mamma Rom/Sinta potrebbe avere il desiderio di scambiare qualche sua preoccupazione/fatica nell’educazione dei figli, nei problemi familiari. Non abbiate paura di mescolare i vostri figli con i figli degli “altri”, perché non è allontanando che ci si difende, ma chiamandoci per nome si può superare la diffidenza. Non ribellatevi quando intuite che qualcuno ha iscritto i bambini Rom e Sinti alla scuola dove vanno i vostri figli. Quale futuro può esserci per un bambino che non conosce la lingua del paese dove si inserisce se non sa leggere, scrivere o fare i conti? Come potremo pensare che, da adulto, troverà un lavoro che gli consentirà di vivere dignitosamente?

Mi rivolgo alle istituzioni. E’ un invito a continuare quella collaborazione che è iniziata nei mesi scorsi e che ci vede impegnati a cercare e trovare spazi abitativi senza i quali ogni progetto di promozione e di inclusione sociale si banalizza e si vanifica. Senza un pezzo di terra dove poggiare regolarmente una roulotte, un prefabbricato e una serie di servizi essenziali per vivere dignitosamente, nessun inserimento lavorativo, nessuna scolarizzazione dei minori è fattibile, nessuna socializzazione può accadere.

Il rifiuto o l’allontanamento verso altri Comuni, non risolve i problemi di fondo anche se li sposta altrove: perché non promuovere collaborazioni e sinergie sul territorio per affrontarli insieme?

E mi rivolgo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: aiutiamoci a fare accoglienza, aiutiamoci a non subire passivamente le povertà dei fratelli che ci vivono accanto. Insieme, diventiamo testimoni di carità a partire da piccoli passi che ognuno di noi prova a vivere dentro la propria vita. E’ un metterci in gioco che prevede tempi lunghi, passione per l’uomo, progettualità, sinergie dentro e fuori la chiesa.

Non mancheranno fallimenti e crisi, che del resto abitano anche le nostre famiglie e il nostro credere. Ma non per questo ci si arrende. Le tante inadeguatezze che abitano anche oggi le nostre famiglie non ci autorizzano infatti a non credere più nella famiglia.

Così è per le complesse difficoltà di relazioni e di dialogo con chi è “diverso da noi”: non devono impedirci di tentare comunque vie di rispetto, attenzione, disponibilità a capire,ad aiutare,a percorrere vie concrete di solidarietà reciproca.

Dio che ascolta il grido del povero, di certo, non resterà sordo all’invocazione di aiuto di quei figli che, nel suo nome, vivono la carità.

Vi benedico di cuore

+ Cesare Nosiglia, arcivescovo

vescovo di Vicenza

 
Di Fabrizio (del 07/12/2006 @ 09:21:20, in Italia, visitato 1629 volte)

La Regione Lazio istituira' una borsa di studio intitolata a Sasha Traikovich, il giovane rom morto insieme alla moglie Lijuba Mikic nel rogo del campo nomadi di Via dei Gordiani.

L'iniziativa e' degli assessori agli Affari istituzionali, Regino Brachetti, e all'Istruzione, Silvia Costa, che hanno deciso di concretizzare in questo modo l'impegno delle istituzioni a riconoscere e rendere il giusto tributo nei confronti sacrificio del ragazzo nomade che prima di morire ha salvato dalle fiamme i genitori, due sorelle e una nipotina.
La borsa di studio sara' destinata a uno studente di etnia rom, anche e soprattutto nella prospettiva di promuovere e sostenere la scolarizzazione dei ragazzi dei campi nomadi, spesso protagonisti di massicci fenomeni di abbandono scolastico.
"La morte di Sasha Traikovich e della giovane moglie - ha detto l'assessore Brachetti - devono diventare il simbolo, per i ragazzi rom, di una voglia di riscatto e di integrazione, che la scuola puo' concretizzare, anche attraverso la diffusione dei valori della tolleranza e della solidarieta' che le sono propri".
"La conoscenza e l'istruzione costituiscono un formidabile mezzo di autotutela, - ha concluso Brachetti - pure nella prospettiva della ricerca di sicurezza, propria e degli altri".
"Vogliamo che la memoria del gesto eroico di Sasha, che ha perso la vita con la giovane moglie, - ha dichiarato l'assessore Costa - prosegua nel tempo e che aiuti i giovani rom a proseguire negli studi, ad uscire da situazioni difficili e ad allontanarsi dal pericolo di abbandono della scuola".
"E', questo, uno degli obiettivi prioritari del mio Assessorato: di recente abbiamo istituito l'Osservatorio sulla dispersione e l'abbandono scolastico - ha concluso la Costa - e a breve attiveremo un tavolo con le 24 Comunita' Rom della capitale, per discutere dell'accompagnamento e dell inserimento scolastico e formativo dei ragazzi rom dopo la scuola dell'obbligo".

 

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