Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 23/01/2014 @ 09:10:01, in Italia, visitato 1553 volte)
Posted
on 15 gennaio 2014
La voce degli attivisti rom e sinti
Come accaduto per i miei genitori, che hanno vissuto
sotto i ponti per due anni. Ed è lì che mio padre è stato colpito da un ictus.
Di Gladiola Lacramioara Lacatus.
Molti dei rom che abitano in Italia, in particolare nella regione in cui vivo
io, la Calabria, sono arrivati da altri Paesi per vari motivi, come la ricerca
di un lavoro per poter mantenere i propri figli.
Cercano di dare loro un futuro migliore.
Arrivati qui, però, si ritrovano spesso a vivere in pessime condizioni, perché
la maggior parte di loro non ha il documento d'identità, il codice fiscale, e
per avere questi documenti devono essere in possesso di alcuni requisiti, come
un alloggio e una retribuzione.
Il punto è che per entrare in possesso di questi requisiti hanno bisogno di
un
lavoro regolare e non in nero. E per dei rom che si ritrovano spesso costretti a
vivere nei campi, isolati dal resto del mondo, questo non è affatto scontato.
Senza questi criteri e documenti non possono usufruire del servizio medico
sanitario.
Ed è questa la situazione che vivono anche i miei genitori, arrivati in Italia
dalla Romania, i quali sono oggi ospiti presso una casa d'accoglienza per
persone in difficoltà. I miei genitori hanno vissuto sotto un ponte per circa
due anni ed è lì che mio padre ebbe un ictus, che lo ha limitato nella
deambulazione e uso della parola.
Nonostante adesso siano in una struttura e non più per strada, non hanno i
documenti e l'assistenza medico sanitaria, e questo perché mia madre non ha
trovato un lavoro.
Sono 5 anni che non sento la voce di mio padre, che non posso avere una
conversazione con lui, spesso mi ritrovo a piangere e a volte a darmi la colpa
di tutto ciò.
Abbiamo problemi con i farmaci che sono molto costosi e non possiamo
permetterceli: mamma chiede spesso aiuto a persone che hanno l'assistenza
medica, ma questo non potrà farlo ancora per molto.
Grazie all'aiuto delle suore presso le quali sono ospite, abbiamo portato mio
padre in comune per iscriverlo all'anagrafe, però ci hanno detto che se non ha
un lavoro fisso non può essere iscritto all'anagrafe.
Io e mia sorella siamo ospiti presso una casa famiglia da 6 anni, da quando
abbiamo avuto un incidente nel campo dove alloggiavamo (vivevamo dentro una
baracca costruita dai nostri genitori).
E' difficile vivere in queste condizioni soprattutto per le persone malate, che
hanno difficoltà nel trovare lavoro.
Spesso si crede che i rom non vogliano vivere nelle case e non vogliano lavorare
come tutti gli altri cittadini. Ma non è vero. Sono le difficoltà che incontrano
qui in Italia, la vita nei campi, la discriminazione e i
pregiudizi diffusi nei
loro confronti, che li spingono ai margini della società.
Spero che un giorno l'Italia diventi un Paese dove anche i rom potranno vivere
normalmente. Insieme agli italiani. Senza più discriminazioni e pregiudizi.
*nella foto Gladiola
Di Fabrizio (del 24/01/2014 @ 09:03:17, in Italia, visitato 1907 volte)
Volantino distribuito stamattina all'apertura del
Terzo Forum delle politiche sociali, presso il Teatro Elfo Puccini in
Corso Buenos Aires, 33 MILANO
E' passato un anno dall'ultimo Forum delle Politiche Sociali. In questo lasso
di tempo abbiamo cercato più volte di richiamare l'attenzione
dell'Amministrazione comunale sulla grave situazione del campo rom di via Idro,
comunale e regolare, abbandonato a sé stesso da ormai troppo tempo.
Abbiamo chiesto che tornasse a occuparsi del campo, tempestivamente e con
adeguate risorse economiche e umane, riqualificando gli spazi comuni,
ripristinando la legalità e le basilari condizioni di sicurezza e vivibilità,
individuando un "gestore" capace e affidabile, coinvolgendo
i cittadini della
zona 2 e il Consiglio di Zona.
Abbiamo avuto vari incontri con l'assessore Granelli, siamo stati ascoltati e
rassicurati, ma alle parole sono seguiti pochi fatti. Proprio pochi e di poco
rilievo.
Intanto la situazione si è ulteriormente deteriorata. Alcune famiglie sono state
costrette a scappare dal campo perdendo tutto quello che avevano. In una
sciagurata lite ci è scappato il morto. Altre famiglie ricevono quotidiane
minacce e si sono rassegnate a lasciare a loro volta il campo, ma per loro non
si riesce ancora a trovare una soluzione adeguata.
Per effetto di questa situazione è diminuita la frequenza scolastica e si sono
del tutto interrotte le attività volontarie - educative, ricreative e sociali ‑
condotte nel campo e in particolar modo nel Centro polifunzionale, che è stato
devastato nell'indifferenza generale e risulta ormai inutilizzabile.
Poteva andare diversamente? Pensiamo di sì, e comunque non crediamo che possa
essere tutto attribuito alla cattiva sorte. Per il campo di via Idro si sarebbe
almeno potuto tentare di fare qualcosa, ma non si è fatto niente. Se ciò è
dovuto a una scelta non lo sappiamo, ma se fosse così, è evidente che non si è
trattato di una scelta giudiziosa.
Allo stato delle cose, la riqualificazione del campo è diventata, se non
impossibile, certamente molto difficile e il problema della comunità rom di via
Idro, formata da un centinaio di cittadini italiani, resta irrisolto.
Ed è questo problema che vorremmo sottoporre all'attenzione del Forum,
accogliendo l'invito dell'assessore Majorino ‑ che finora si è tenuto fuori
dalla questione di via Idro, come se non lo riguardasse. Non ci aspettiamo che
sia risolto in questi giorni, ma non vorremmo che tra un Forum e l'altro le cose
restino così come sono, o trovino il modo di peggiorare.
La Rete delle associazioni e degli amici della Comunità rom di via Idro
ciclostilato in proprio - 24 gennaio 2014
Di Fabrizio (del 31/01/2014 @ 09:09:49, in Italia, visitato 1648 volte)
Pisa, 29 Gennaio 2014 Il comunicato di Africa Insieme e Rebeldia
Ci risiamo. Ancora una volta, la politica del Comune sui rom assume un solo e
unico volto: quello degli sgomberi. Con un intervento effettuato la scorsa
settimana, infatti, la Polizia Municipale ha notificato un'ordinanza di
allontanamento a quattro nuclei familiari del campo di Coltano.
Come noto, l'insediamento di Coltano è diviso in due aree: da un lato il
"villaggio", con le famose "casette" assegnate ai rom; dall'altro il "campo",
dove abitano famiglie che non sono rientrate nell'area attrezzata. Da mesi si
discute del destino di questa seconda area. Oggi l'amministrazione ha dato la
sua risposta: quattro nuclei verranno sgomberati, ma solo a due di questi è
stata proposta una dignitosa soluzione abitativa. Le altre famiglie - nelle
quali vi sono anche bambini - dovranno allontanarsi.
Ci risiamo, dunque: l'amministrazione comunale ripropone la consueta strada
degli anni passati. Nel frattempo, il mondo intorno a noi è cambiato. L'Italia
si è dotata di un programma nazionale denominato "Strategia di Inclusione", che
chiede di interrompere la spirale perversa degli sgomberi, e di avviare progetti
di inserimento abitativo.
La Regione Toscana ha creato
tavoli di lavoro con gli enti locali per trovare
soluzioni abitative e per scongiurare gli sgomberi forzati. Vi sono fondi
europei stanziati per progetti validi e innovativi, e già alcune città toscane
hanno avuto accesso a questi fondi. Il Comune di Pisa non ha presentato alcun
progetto ed è oggi il fanalino di coda delle politiche sociali sui rom, sia a
livello regionale che nazionale.
A pochi chilometri da Coltano, un altro campo - quello della Bigattiera - ha
suscitato
aspre polemiche nei mesi scorsi. Una
mozione del Consiglio Comunale
obbligava il Sindaco a ripristinare l'erogazione della luce elettrica e
dell'acqua corrente, e a garantire il trasporto scolastico dei bambini [per il
testo della mozione e il dibattito in aula si veda l'apposita pagina sul
sito
del Consiglio Comunale di Pisa]. Oggi, a quasi sei mesi di distanza, nulla si è
mosso, e quella comunità continua ad essere priva dei servizi essenziali.
Un
recente dossier dell'Associazione 21 Luglio - una delle più note
organizzazioni internazionali di tutela dei diritti umani - inserisce Pisa tra
le città dove più frequentemente sono violati i diritti dell'infanzia rom. Non è
proprio un bel biglietto da visita per un Sindaco che si definisce “amico
dell'infanzia”…
Ancora una volta, ci troviamo a proporre la soluzione più semplice. Si revochi
l'ordinanza di sgombero, e si apra un tavolo di lavoro con le famiglie
interessate, con la Regione e con le associazioni, per trovare soluzioni
condivise e rispettose dei diritti fondamentali. E' davvero così difficile
farlo?
Africa Insieme / Progetto Rebeldia
Di Fabrizio (del 07/02/2014 @ 09:00:13, in Italia, visitato 1760 volte)
Prefazione di PIERO LEODI
Le fotografie della fiaccolata sono di CLAUDIO FRATI
Dall'introduzione
Seconda edizione, dunque, dopo oltre vent'anni. Un documento storico, con foto e
testi che altrimenti sarebbero andati perduti.
A parte questo, un pezzo importante - secondo me - per alcune ragioni:
- restituisce un'immagine niente affatto stereotipata di una
delle comunità più discusse e meno conosciute in Italia;
- la raccolta a caldo delle loro impressioni. Magari in
maniera sgrammaticata (allora erano un gruppo poco scolarizzato
e le interviste fecero parte del programma di alfabetizzazione,
ma anche di quella di una sorta di "educazione civica"),
comunque convinta e partecipe per un evento che era stato voluto
e organizzato da loro stessi.
Avranno loro il tempo di formulare, di rivedere quei pensieri, noi potremo
essere d'accordo o meno, ma se si vuole uscire dai recinti della scarsa
conoscenza e degli stereotipi, è necessario ascoltarli in prima persona.
Infine, il valore del documento è dato dall'evento stesso: forse la prima
manifestazione di Rom in Italia: il tentativo di uscire tanto dall'isolamento
che dalla rassegnazione.
Si trattava, oggi i termini non sono molto cambiati, di chiedere migliori
condizioni di vita, di essere riconosciuti come persone non più "nomadi", ma
cittadini con diritti e doveri.
Questo veniva richiesto attraverso il riconoscimento a vivere in un "campo
nomadi", che fosse civile ed attrezzato.
Interessanti anche le reazioni della stampa di allora, molti snobbarono
l'evento, altri lo raccontarono in toni - tutto sommato - più generosi di quelli
a cui gli anni seguenti ci avrebbero abituato.
Vent'anni dopo, quando la situazione "campo sosta" ha mostrato tutti i suoi
limiti, chiudo con una ricostruzione della storia di questo campo, dall'inizio
alla probabile fine. Si tratterà di un punto di vista parziale e localizzato,
nonostante ciò la riflessione riguarderà anche considerazioni più generali.
PS: lo striscione c'è ancora, nell'armadio di casa mia...
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Pubblicato 4 febbraio 2014
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Di Fabrizio (del 09/02/2014 @ 09:02:21, in Italia, visitato 1638 volte)
Rom-Anzi Sergio Bontempelli, 6 febbraio 2014 su
corriere delle migrazioni
Milano e Roma, ma anche città piccole come Pisa: le amministrazioni comunali
tornano a sgomberare i campi rom. Come se non fosse cambiato nulla in questi
anni
Violano i diritti umani e alimentano l'emarginazione dei rom e dei sinti.
Costano cifre astronomiche (pagate dai contribuenti) e non producono risultati
apprezzabili. Sono vietati dalle norme internazionali sul diritto all'alloggio,
e di recente sono stati "messi al bando" anche dall'Unione Europea. Le nuove
politiche del governo italiano, sintetizzate nella "Strategia Nazionale di
Inclusione delle popolazioni rom", suggeriscono di evitarli, e propongono strade
alternative.
Insomma, gli sgomberi dei campi rom sono - per usare un eufemismo - "vivamente
sconsigliati". E per la verità sembravano anche passati di moda, dopo l'uscita
di scena dei loro principali sostenitori nei "palazzi che contano": Gianni
Alemanno al Campidoglio, Letizia Moratti a Palazzo Marino e Roberto Maroni al
Viminale. E invece, da qualche settimana la moda sembra tornata. In grande
stile.
Roma e il "metodo del rigore"
Le ultime notizie vengono dalla Capitale. Mercoledì scorso, alle prime luci
dell'alba, è iniziato lo sgombero forzato nel campo di Via Belmonte Castello,
alla periferia est della città: 20 famiglie rom, tra cui 40 bambini tra 0 e 12
anni, sono state allontanate con la forza dall'area. Secondo la
denuncia di
Associazione 21 Luglio e Popica Onlus, l'intervento rappresenta "una grave
violazione dei diritti umani".
"L'azione", spiegano le due associazioni, "non è stata accompagnata da una
genuina consultazione con gli interessati né dalla valutazione di adeguate
alternative allo sgombero. Non si è proceduto a dare un preavviso congruo e
ragionevole alle persone coinvolte. A causa dello sgombero, inoltre, i bambini
interrompono il loro percorso scolastico e le famiglie rom vengono rese ancora
più vulnerabili".
A dir la verità, la Giunta Marino non è nuova a queste imprese. Già nel
Settembre scorso il Campidoglio aveva fatto eseguire quello che era stato
definito "il primo sgombero della nuova amministrazione": 35 nuclei familiari
erano stati allontanati dal campo di Via Salviati. Da allora si sono registrati
diversi sgomberi, nei campi di Colle Oppio, Casal Bertone, Cesarina...
A sentire il primo cittadino, la sequenza di azioni "muscolari" si deve al
nuovissimo metodo partorito dalla sua Giunta: il "metodo del rigore". "Non
possiamo tollerare situazioni di insediamenti abusivi", ha spiegato lo stesso
Marino il 24 Gennaio scorso, durante una trasmissione radiofonica, "nei prossimi
mesi useremo un metodo di rigore. Useremo tutti gli strumenti legittimi per
allontanare i rom".
Cosa ci sia di nuovo, nel "metodo del rigore", rimane un mistero: il "pugno di
ferro" contro i rom era una vera e propria mania di Gianni Alemanno, il
predecessore di Ignazio Marino. E difatti l'Associazione 21 Luglio non esita a
parlare di vera e propria "continuità" con la passata amministrazione.
Sgomberi a Milano
Anche a Milano gli sgomberi non sembrano passati di moda. La scorsa settimana,
tra Martedì e Mercoledì, un'azione congiunta delle forze dell'ordine -
Carabinieri, Polizia e vigili urbani - ha definitivamente chiuso il campo di Via
Selvanesco. L'area era già stata sgomberata nel Novembre scorso, il Comune aveva
chiuso tutti gli accessi ma due gruppi di rom (una quarantina tra romeni e
bosniaci) continuavano a dormire di nascosto al campo. Tra l'altro il terreno
era di proprietà degli stessi rom: lo sgombero non era stato motivato
dall'occupazione "abusiva" dello spazio, ma da ragioni igienico-sanitarie e
dalla presenza di manufatti (baracche, roulotte ecc.) in violazione delle norme
urbanistiche.
Nel capoluogo lombardo, peraltro, la Giunta Pisapia non ha mai smesso di
sgomberare. Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Coesione Sociale,
va
dicendo da tempo che le cose sono cambiate rispetto all'era Moratti, che - certo
- gli sgomberi ci sono, ma che il Comune garantisce ai rom delle soluzioni
alternative dignitose. Le associazioni, però, sono di tutt'altro avviso. E negli
ultimi mesi hanno lanciato accuse pesantissime contro l'operato di Palazzo
Marino.
Alla fine di Novembre, ad esempio, la chiusura del campo di Via Montefeltro ha
suscitato le
proteste del Naga, storica associazione milanese, e anche
quelle
dell'European Roma Rights Center (Errc), una Ong internazionale con sede a
Budapest. "Si è proceduto ad uno sgombero di più di 700 persone", accusava il
Naga, "sapendo già che gran parte di queste non potranno accedere ad alcun
alloggio: i posti messi a disposizione dall'amministrazione comunale sono
infatti appena 200".
Grandi e piccole città: il caso di Pisa
Gli sgomberi non avvengono solo nelle grandi città: per restare ai fatti della
scorsa settimana, c'è da segnalare anche l'ordinanza emanata dal Sindaco di Pisa
Marco Filippeschi. Negli anni passati, gli sgomberi erano una prassi quotidiana
all'ombra della Torre Pendente: ma da qualche tempo le ambizioni "muscolari"
della Giunta targata Pd si erano un po' ridimensionate.
Nei giorni scorsi, il primo cittadino è tornato all'attacco, e stavolta ha preso
di mira il campo di Coltano. Si tratta, per la verità, dell'unico insediamento
autorizzato della città, che in tempi recenti era stato trasformato in un
"villaggio": al posto delle baracche e delle roulotte, il Comune aveva fatto
costruire delle "casette", in modo da rendere più dignitoso lo spazio. Come
spesso accade in questi casi, non tutti i rom erano stati autorizzati a entrare
nella nuova area attrezzata, e alcune famiglie si erano sistemate nei terreni
circostanti: così, accanto al "villaggio" era sorto il "campo", ovviamente non
autorizzato.
Da tempo si discuteva di una possibile soluzione per tutte le famiglie, e dunque
dell'inserimento abitativo dei nuclei confinati nel "campo". Ma la Giunta
comunale ha scelto la strada consueta: quella dell'allontanamento forzato.
"Quattro nuclei verranno sgomberati",
accusano Africa Insieme e Rebeldia, due
sigle da sempre impegnate a fianco dei rom, "ma solo a due di questi è stata
proposta una dignitosa soluzione abitativa. Le altre famiglie - nelle quali vi
sono anche bambini - dovranno allontanarsi".
Peraltro, le associazioni accusano il Comune di non aver voluto trovare
soluzioni: "La Regione Toscana", dicono, "ha creato tavoli di lavoro con gli
enti locali per scongiurare gli sgomberi forzati. Vi sono fondi europei
stanziati per progetti validi e innovativi, e già alcune città toscane hanno
avuto accesso a questi fondi. Il Comune di Pisa non ha presentato alcun progetto
ed è oggi il fanalino di coda delle politiche sociali sui rom, sia a livello
regionale che nazionale".
Il gioco dell'oca
Sono passati due anni da quando il Governo italiano ha varato la "Strategia
Nazionale di Inclusione", che chiedeva di superare il binomio segregazione nei
campi / allontanamenti forzati, e che sembrava aprire una nuova stagione nelle
politiche in materia di rom e sinti. Eppure, a vederla "dal basso" - da quel che
accade nelle grandi e piccole città, nei territori, nelle amministrazioni locali
- sembra davvero di essere tornati al punto di partenza. Come in un assurdo
gioco dell'oca.
Di Fabrizio (del 15/02/2014 @ 09:05:07, in Italia, visitato 1834 volte)
PREMESSA NECESSARIA: Di fondi, progetti e politiche rivolte a Rom e Sinti ne sento
parlare almeno da 20 anni. Il mese scorso stavo rileggendo la "Strategia
nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti", elaborata
dall'allora governo Monti a inizio giugno 2011. Date le esperienze precedenti,
non mi aspetto dopo tre anni che vi siano dei risultati, ma ritengo che sia un
periodo sufficiente per un bilancio.
- Ovviamente da parte di molti dei soggetti coinvolti ci
sono le consuete lamentele sull'applicazione del piano, così ho
voluto chiedere loro un breve parere (10-20 righe) su quale
fosse lo "stato dell'arte" rispetto ai TAVOLI DI CONSULTAZIONE
municipali (vedi
GIUGNO SCORSO), di cui si parla nella strategia. Ho lasciato
loro un tempo ragionevole per rispondermi. Il risultato è qui
sotto.
- Il mio blog (volente o nolente) viene considerato una
fonte attendibile. Quasi quotidianamente corrispondo con
attivisti o espertoni, che magari mi fanno i complimenti, o più
semplicemente cercano informazioni. Quindi, mi ero rivolto a
loro. Il desolante risultato che leggerete mi da l'impressione
che nei 15 anni in cui mi occupo di questo tipo di informazione,
non sia cambiato molto a livello di pressapochismo e chiusura
nel proprio microcosmo. Comunque, sono molto occupati dalle loro
strategie... o da se stessi.
- Ovviamente, scarsa fiducia su dove possano portare
simili tavoli: le amministrazioni hanno le loro colpe, ma
chi è seduto dall'altra parte non è migliore.
Scusate lo sfogo.
RISULTATI
- da Bologna, Dimitri Argiropoulos - In Emilia -
Romagna non esiste un coordinamento ufficializzato relativo alle questione della
Legge Regionale 47/88 sul nomadismo Hanno istituito un tavolo per il
"monitoraggio" della Strategia nazionale (nota bene ho messo fra virgolette il
termine monitoraggio. In questo coordinamento trovano spazio le coop sociali di
Gaggè che gestiscono i campi "nomadi" con un certo "successo" di bilancio... e
ritrovo anche l'Opera Nomadi... particolarmente impegnata da questa parti a fare
la conta dei rubinetti rotti nei campi. (NOTA: Mi ha pure inviato 5
allegati, con l'aggiunta di usarli con "prudenza" in quanto "ufficiali")
- da Roma - prima risposta: "Qui a Roma non è mai
esistito alcun Tavolo rom." Chiesto qualcosa di più articolato, non
pervenuto
- da Milano - Non pervenuto
- da Torino - Promesso. Non pervenuto
- da Napoli - Promesso. Non pervenuto
Di Fabrizio (del 17/02/2014 @ 09:08:12, in Italia, visitato 1463 volte)
NapoliToday, 7 Febbraio 2014
Il parroco di Caivano: "400 persone, tra cui tanti bambini, costretti a
respirare da mattina a sera i miasmi puzzolentissimi e velenosi che si
sprigionano da quei terreni avvelenati"
Don Maurizio Patriciello torna a fare un appello per la gente che vive nel cuore
della Terra dei Fuochi, questa volta il parroco "anti-roghi tossici" di Caivano
chiede un aiuto anche per le circa 400 persone che abitano il campo Rom di Giugliano, quello che insiste proprio accanto alla ex discarica Resit.
In una lettera indirizzata a Marco Tarquinio, direttore del quotidiano
"Avvenire" (e pubblicata anche su facebook), Don Maurizio scrive: "Il
Commissario della Resit, il dottor Mario De Biase, ebbe modo di affermare pochi
mesi or sono che lo scempio è tale da non farlo dormire di notte e che – secondo
lui – la situazione è paragonabile solo al disastro di Chernobyl. La cosa più
grave, di cui si parla tanto poco e tanto male, è che a ridosso della Resit
sorge un campo rom con una popolazione di circa 400 persone di cui la maggior
parte bambini, adolescenti o giovani mamme.
È qualcosa di inconcepibile, credimi. Queste persone sono costrette a respirare
da mattina a sera i miasmi puzzolentissimi e velenosi che si sprigionano da quei
terreni avvelenati. Noi, gente amante della vita, abbiamo il dovere di liberare
questo popolo e di aiutarlo a trovare una sistemazione più dignitosa e sicura".
Di Fabrizio (del 28/02/2014 @ 09:09:27, in Italia, visitato 1756 volte)
Senza Luce. Rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le
comunità rom e sinte nella città di Roma e il "Best House Rom", 3.3.2014
-
21luglio.org martedì, 25 febbraio, 2014
Lunedì 3 marzo, alle ore 11 presso la sede dell'Ordine Nazionale dei
Giornalisti, in via Parigi 11, a Roma, l'Associazione 21 luglio presenta
Senza
Luce, rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le comunità rom e sinte
nella città di Roma e il "Best House Rom".
Senza Luce è un rapporto che si prefigge come obiettivo quello di esaminare se e
come la nuova Amministrazione locale abbia iniziato a offrire, a otto mesi dal
suo insediamento, risposte adeguate alle urgenti problematiche che riguardano
gli oltre 8 mila rom e sinti della Capitale.
Contestualmente i curatori della ricerca hanno voluto operare un focus sul "Best
House Rom", un "centro di accoglienza" per soli rom, considerato
dall'Associazione 21 luglio un luogo simbolo che incarna le conseguenze delle
azioni sinora organizzate dalle autorità locali nei confronti di rom e sinti in
emergenza abitativa.
Nel "Best House Rom", situato in via Visso, nella periferia est di Roma, vivono
attualmente più di 300 rom, di cui 200 minori. Tra questi gli uomini, le donne e
i bambini sgomberati, nelle scorse settimane , dal "villaggio attrezzato" di
via
della Cesarina e dall'insediamento informale di
via Belmonte Castello. Ad oggi
gli sgomberi forzati realizzati dall'Amministrazione sono stati 17.
Il rapporto Senza Luce illustra inoltre un'esperienza di inclusione,
recentemente realizzata sul territorio nazionale, che potrebbe rappresentare per
l'Amministrazione romana una "buona pratica" da poter replicare nel contesto
locale.
Alla presentazione del rapporto sono state invitate anche le autorità locali.
Di Fabrizio (del 02/03/2014 @ 09:01:47, in Italia, visitato 1390 volte)
26 febbraio 2014 - Lorenzo Guadagnucci
A Firenze sono entrate in azione le pattuglie di agenti incaricate di tenere
lontano chi chiede monete ai passeggeri.
Missione compiuta: a Santa Maria Novella i poveri non ci sono più, il "decoro" è
salvo. Il rispetto delle persone no. E resta
aperta la questione del linguaggio utilizzato dalle istituzioni: gli onorevoli
Manconi e Boldrini, l'associazione Carta di
Roma non hanno nulla da dire?
Stamani sono andato in stazione e posso confermare ciò che sta tanto a cuore al
Comitato per l'ordine e la sicurezza di
Firenze, cioè al prefetto Varratta, al vice sindaco Nardella e ai vari dirigenti
delle forze dell'ordine che hanno messo nero su bianco
questo comunicato:
nel fare il biglietto a una delle
macchinette nessuno mi si è avvicinato, nessuno mi ha chiesto una moneta, tanto
meno persone "di etnia rom".
Quindi non ho potuto fare l'elemosina, come spesso mi capitava prima che le
autorità intervenissero a tutela del "decoro".
Chiedere e concedere un'elemosina, secondo i signori appena citati, nuoce
all'immagine di Firenze e - si sa - la stazione è
il "biglietto da visita della città". E quindi i poveri vanno tenuti lontano,
pattugliando costantemente l'interno e i
dintorni della stazione.
Posso confermare: missione compiuta. Nessun mendicante a chiedere una moneta,
nessun povero all'orizzonte, nemmeno una
persona - neppure "di etnia rom" - a controllare, con fugace gesto della mano,
se per caso qualcuno abbia dimenticato una
moneta di resto nei distributori automatici di pessimo cibo e di acqua minerale.
I quattro agenti che in pattuglia solcavano
avanti e indietro il grande corridoio di Santa Maria Novella hanno portato a
compimento il loro difficile cimento:
allontanare quei tipacci - tutti poveri, alcuni addirittura "di etnia rom" - che
deturpano la stazione, cioè - prefetto dixit
- "il fiore all'occhiello della città".
A dire il vero, appena fuori dai cancelletti, ma sotto la pensilina della
stazione, quindi ancora in "zona rossa", ho notato
tre giovani venditori ambulanti che esponevano la merce, approfittando del fatto
che i quattro agenti in pattuglia
camminavano in direzione opposta. I tre giovani erano guardinghi, pronti a
sollevare il lenzuolo con la mercanzia e darsela a
ganbe in caso di pronto intervento di altri agenti. E' accaduto addirittura che
un passante si sia fermato ad acquistare
qualcosa. Un chiaro strappo al "biglietto da visita" della città. Una evidente
smagliatura nella brillante operazione di
polizia: ma già domani si potrà fare meglio, magari inviando rinforzi.
Vorrei chiedere ad alcune persone note e stimabili - ad esempio al senatore
Manconi, all'onorevole Boldrini - ma anche ad
associazioni con compiti pubblici come Carta di Roma, per non citare che alcuni
fra i tanti soggetti che potrebbero
intervenire e che in passato ci sono stati maestri nell'affermazione dei diritti
dei migranti, dei rom, delle minoranze e
nella lotta al razzismo, se non trovino grave quanto sta accadendo alla stazione
di Firenze e che cosa pensino di un
comunicato della prefettura dove si dice testualmente che a Santa Maria Novella
"non è stato registrato infatti un aumento né
di furti né scippi, quanto piuttosto il ripetersi verso i viaggiatori di
comportamenti molesti, talvolta anche arroganti, ma
che non sconfinano in ambito penale, da parte di un gran numero di mendicanti,
in particolare di etnia rom".
Vorrei chiedere a Manconi, Boldrini, Carta di Roma e a chi si occupa di
protezione dei più deboli dai danni procurati dalla
cattiva informazione, dalle definizioni stereotipate, dalla stigmatizzazione,
se
non debba valere per la prefettura e il
Comitato per l'ordine pubblico ciò che si chiede - e anche si prescrive proprio
nella Carta di Roma - con riferimento ai
media, e cioè che siano evitate espressioni, metafore, indicazioni di
appartenenza culturale, nazionale o d'altro tipo quando
non sia necessario e quando ciò possa risultare discriminatorio.
Grazie per una celere e pubblica risposta.
Di Fabrizio (del 10/03/2014 @ 09:07:58, in Italia, visitato 1416 volte)
Posted
on 6 marzo 2014 su
La voce degli attivisti rom e sinti
La storia di una donna rom che vuole cambiare il mondo e battersi per i
diritti del suo popolo. Di Pamela Salkanovic.
Mia zia si chiama Dzemila Salkanovic ed è una donna che oggi lavora a Roma come
mediatrice culturale. Da piccola abitava in quelli che la gente chiama "campi
nomadi" ma, pian piano, ha cominciato a lavorare. Questo le ha permesso di
cominciare a uscire dal campo e dalla vita lì dentro, che è molto dura e
difficile, come vivere in un ghetto.
Mia zia aveva tre sorelle e quattro fratelli da mantenere. Lavorava soprattutto
per loro, da buona sorella maggiore.
A 18 anni ha trovato un impiego come domestica e per lei è stata una grande
soddisfazione. Però c'era anche qualcosa che non la faceva stare tranquilla. Le
ragazze rom, ai tempi di mia zia, erano abituate a sposarsi a 13-14 anni. Lei,
appunto, ne aveva 18 e la gente della sua comunità la giudicava negativamente
perché era l'unica tra tutte le giovani ragazze che ancora non si era sposata.
A 23 anni, però, Dzemila conosce quello che sarebbe diventato il suo futuro
marito. Dopo non molto tempo i due decidono di sposarsi e vivono in un campo, a
Roma, finché non hanno avuto la possibilità di prendersi una casa vera fuori dal
campo. Da allora la vita di mia zia è cambiata radicalmente. Ha iniziato a
frequentare altri cittadini italiani, non rom, e per lei l'inclusione sociale
non era più una chimera.
Ha trovato un bellissimo lavoro come responsabile di una casa famiglia per
minori, e ha iniziato a dedicarsi al volontariato. Oggi fa la mediatrice
culturale e allo stesso tempo frequenta una scuola per imparare meglio
l'italiano.
"Anche se non è stato facile, sono molto soddisfatta di ciò che ho fatto e sto
facendo nella mia vita. La vita di una ragazza rom spesso riserva molte insidie.
Io lo so ed è per questo che vorrei aiutare altre persone a inserirsi nella
società, con tutti gli altri cittadini italiani e di altre nazionalità. Spero
che un giorno noi rom non saremo più giudicati per la nostra cultura, per il
nostro colore della pelle o degli occhi e che tutti i pregiudizi negativi nei
nostri confronti saranno superati per sempre".
Parola di Dzemila, la mia super zia rom...
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