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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 31/07/2012 @ 09:23:58, in Italia, visitato 1579 volte)

PisaNotizie

Da quasi due settimane sono senza acqua nelle abitazioni le circa quaranta famiglie che vivono nell'ex campeggio della polizia. Solo due fonti attive, con una pressione molto flebile. Le famiglie: "Ci hanno detto che tra poco verranno a sgomberarci". Africa Insieme: "Dove sono i 400mila euro stanziati dalla Regione per questo campo?". L'assessore Ciccone risponde e annuncia querele: "I soldi sono stati destinati a interventi concordati con la Regione"

Quello della Bigattiera è il campo dei bambini. Ne spuntano a gruppi di cinque o sei da dietro i pini, dall'ombra delle costruzioni che sorgono su quello che un tempo era conosciuto come il campeggio della polizia. Il mare è lì a due passi, ma alle dodici non tira un filo d'aria. L'ombra è l'unico rifugio dall'afa, e per per fortuna gli alberi ne offrono in buona quantità.

I bambini della Bigattiera rappresentano la maggioranza dei residenti, quasi una "piccola repubblica" tra il vai e vieni delle loro madri. Sono quasi 90 su una popolazione generale di 120. E considerato che in quel campo vivono circa quaranta famiglie, si ha una media di poco più di due bambini per famiglia. Quasi un'isola d'infanzia, se si considera che la maggior parte di questi sono ultraminorenni.

Chiedono una foto, mostrano l'ultimo arrivato - uno smarrito cucciolo di gatto - circondano con mille richieste i volontari di Africa Insieme che nella mattinata di sabato hanno assistito le famiglie a indire una conferenza stampa, durante la quale hanno raccontato la loro condizione, dopo che da quasi due settimane vivono senza corrente elettrica, in seguito alla scelta da parte dell'Amministrazione di disabilitare la centralina che alimentava il n° 13 della Bigattiera.

Il panorama è presto detto: decine di famiglie private dell’accesso ai servizi minimi. Un paio di piccole fontane, alimentate da un’autoclave che in assenza di elettricità non funziona. Uomini, donne e bambini costretti a fare la fila per lavarsi, utilizzando il filo d’acqua che esce dalla fonte. O ad andare al mare e usare le docce pubbliche.

La luce, come già accennato, non è stata staccata dall’Enel a seguito del mancato pagamento delle bollette, o comunque di qualche inadempienza da parte delle famiglie. L’intervento è stato deciso direttamente dal Comune, che ha voluto in questo modo avviare le operazioni di sgombero dell’insediamento. "Sono venuti qui alcuni giorni fa - racconta Kamil, uno dei capifamiglia che abitano nel campo - c’erano quelli del Comune accompagnati dalle forze dell’ordine. Hanno staccato tutto senza dare alcuna spiegazione. Qualcuno ci ha detto poi che tra poco verranno qui a sgomberare".

Le prime vittime di questa situazione sono proprio i bambini. "Ho tre figli piccoli - racconta una giovane madre - è estate e fa caldo, come facciamo con così poca acqua?". Oltre tutto, in assenza di luce elettrica i rom sono costretti a illuminare le loro baracche con le candele: una situazione molto pericolosa – come fanno notare gli abitanti del campo – perché molte baracche sono di legno, e il verificarsi di un incendio non sarebbe un fatto improbabile.

Non a caso proprio un paio di giorni fa ha preso fuoco un container. Una ragazza del campo ci ha mostrato le pareti annerite della struttu­ra: "Per fortuna avevamo gli estintori, solo per caso non è successa una disgrazia". Le famiglie del campo temono ora uno sgombero. "Continuano a dirci che verranno presto a mandarci via - protestano - ma nessuno ci dice dove andare, nessuno ci propone una soluzione alternativa".

"La Regione - ha spiegato Sergio Bontempelli, presidente dell’associazione Africa Insieme - ha stanziato 400mila euro per risolvere le situazioni più critiche senza ricorrere a sgomberi". I volontari hanno mostrato la delibera della Giunta Regionale n. 1009 del 21-11-2011, dove alla zona pisana viene assegnata quella cifra per prevenire e contrastare le situazioni di emergenza attraverso lo sviluppo di processi di inclusione sociale, con particolare riferimento alle persone presenti nell’area cd. 'Bigattiera' ".

"Ci chiediamo - hanno concluso i volontari di Africa Insieme - che fine abbiano fatto questi soldi. Ci chiediamo anche perché si continuano a fare sgomberi, in contrasto con le politiche della Regione".

La situazione, con tutta evidenza, è di quelle che si presentano di difficile gestione per l'attuale amministrazione. Tanto che, poche ore dopo la conferenza stampa delle famiglie rom alla Bigattiera, giunge la smentita dell'assessore alle politiche sociali e presidente della Società della Salute, Maria Paola Ciccone: "Tutte le persone presenti alla Bigattiera che ne avevano diritto sono state sistemate in alloggi, mentre per altri nuclei sono in corso trattative con altri Comuni della Toscana per il rientro alle condizioni dell'ultimo accordo siglato che prevede la solidarietà fra Comuni nell'accoglienza ai nuclei rom per non gravare in modo sproporzionato solo su alcuni Comuni come quello di Pisa".

In particolare, l'assessore Ciccone, replicando ai rom che accusano il Comune di voler sgomberare il campo senza offrire alternative, ricorda che il "protocollo d'intesa firmato con la Regione Toscana nel 2009 prevede la chiusura degli accampamenti abusivi e gli inserimenti abitativi solo per gli aventi diritto, in regola con leggi" e sottolinea che l'amministrazione, negli ultimi due anni, "ha consegnato alle famiglie rom 26 alloggi comunali di cui 17 appartamenti nuovi appena edificati accogliendo in totale 134 cittadini macedoni".

Riguardo al distacco dell'energia elettrica l'assessore sottolinea che "la fornitura è stata sospesa a seguito di un caso di morte per folgorazione di un giovane macedone per allacci abusivi alla corrente elettrica e per la reiterazione di questa rischiosissima pratica malgrado le diffide dalle autorità competenti" mentre "i servizi idrici sono garantiti e anche i servizi sanitari di base con il supporto della Asl 5 e del volontariato della Pubblica assistenza".

Infine, sull'accusa dei volontari di Africa Insieme di non avere impiegato i 400 mila euro stanziati dalla Regione Toscana, l'assessore annuncia querele: "I soldi erogati sono stati destinati a interventi concordati in sede di cabina di regia regionale".

 

31 Luglio 2012 - all'attenzione di:

Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (European Roma Rights Centre, ERRC)1, l'Associazione 21 luglio2, la Consulta Rom e Sinti della Città di Milano3, il Gruppo di Sostegno Forlanini4, il NAGA5 e UPRE ROMA6 scrivono alle autorità italiane al fine di sottolineare la forte discrepanza esistente tra gli impegni recentemente assunti dal governo in seguito all'adozione della Strategia di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti (RSC) e quanto invece avviene a livello locale, con particolare riferimento alle città di Milano e Roma.

In data 24 Febbraio 2012 il governo italiano ha approvato la Strategia Nazionale di Inclusione di RSC7 elaborata dall'UNAR con la partecipazione delle federazioni italiane di RSC, di alcune organizzazioni internazionali di diritti umani nonché delle associazioni che a vario titolo si occupano di RSC in Italia. La Strategia italiana adempiendo alla comunicazione europea n. 173 del 5 Aprile 2011 dal titolo "Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020"8 segue i quattro assi da essa indicati, ovvero istruzione, lavoro, casa e salute. Il merito coralmente riconosciuto alla Strategia è stato quello di aver sottolineato ed enfatizzato più volte la necessità di superare "definitivamente la fase emergenziale che, negli anni passati, ha caratterizzato l'azione soprattutto nelle gradi aree urbane. D'altra parte, - continua il testo - gli assi di intervento, investono ruoli, funzioni e competenze di Amministrazioni diverse, che devono concorrere in maniera coordinata all'obiettivo che il governo si è prefissato nella cornice comunitaria"9.

Il 15 Giugno 2012 il Ministro dell'Integrazione e della Cooperazione Internazionale Andrea Riccardi ha inviato ai prefetti della Repubblica Italiana ed altre autorità locali la missiva n. 3014 con la quale comunicava ai destinatari i contenuti della Strategia e l'articolazione della stessa, ovvero la predisposizione di tavoli tematici nazionali con competenze nei diversi settori d'intervento e la costituzione di tavoli regionali/locali a livello locale. Questi ultimi, si sottolinea nella comunicazione del Ministro, si caratterizzano per "la partecipazione di rappresentanti delle Amministrazioni periferiche statali, delle regioni, delle province e dei comuni, nonché il coinvolgimento delle associazioni e degli enti della società civile impegnate nella tutela delle comunità RSC e di rappresentanti delle medesime comunità. I tavoli regionali avranno il compito di sensibilizzare e monitorare l'attuazione della strategia a livello locale e costituiranno il luogo di elaborazione dei Piani locali che verranno prioritariamente sperimentati nelle regioni in passato ricomprese nella gestione emergenziale (Lazio, Campania, Lombardia, Piemonte e Veneto)"10.

A tutt'oggi rimane uno stridente contrasto tra gli scopi enunciati dalla Strategia e le azioni intraprese dalle autorità a livello locale e che coinvolgono RSC nelle città di Roma e Milano.

Nella città di Roma non risulta al momento l'elaborazione di alcuna Strategia locale per RSC e l'unico piano che va avanti è il cosiddetto "Piano Nomadi" adottato dall'allora Commissario Straordinario per l'Emergenza Nomadi11 della regione Lazio il 31 Luglio 2009. Emergenza che è poi stata dichiarata illegittima dalla sentenza n. 6050 del Consiglio di Stato12. Come conseguenza del Piano Nomadi il 18 Giugno 2012 è stato ufficialmente aperto il campo formale segregante de La Barbuta. Tra il 5 e il 13 Luglio 2012 il campo tollerato di via del Baiardo è stato invece chiuso e i suoi abitanti censiti. In questo campo rom di origine serba e macedone hanno vissuto per circa 20 anni. Da diversi anni il comune di Roma non ha più eseguito lavori di ristrutturazione e mantenimento nel campo, il quale versava in effettive condizioni di degrado. Operatori dell'ERRC e dell'Associazione 21 luglio erano presenti al campo durante i giorni dello sgombero. E' significativo notare che solo alcune decine dei rom di via de Baiardo (circa 30 persone in tutto) hanno accettato di andare nel nuovo campo de La Barbuta in quanto non ritenuto un luogo adeguato. Soltanto le famiglie con bambini hanno ricevuto l'offerta del centro di accoglienza per un massimo di 90 giorni dopo di che secondo il sindaco Gianni Alemanno "dovranno tornare nel loro Paese"13.

Il 6 Luglio 2012 la città di Milano ha presentato "Il Progetto Rom, Sinti e Caminanti 2012 - 2015. Proposta del Comune di Milano". Gli assessori Marco Granelli e Pierfrancesco Majorino hanno illustrato "le linee guida dell'intervento dell'Amministrazione comunale sul tema delle popolazioni RSC presenti a Milano e la base per l'elaborazione del Progetto definitivo che necessita di una fase di confronto con le diverse istituzioni interessate e con le diverse forme di rappresentanza associative e delle popolazioni RSC attualmente presenti e organizzate […]. Il Progetto RSC di Milano - continua il documento - intende inserirsi nel quadro tracciato a livello nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con il documento Strategia Nazionale d'Inclusione dei RSC"14. Gli assessori hanno affermato che gli sgomberi dei campi informali andranno avanti e di non voler sospendere quelli già programmati. D'altronde il giorno prima della presentazione della bozza di piano, ovvero il 5 Luglio, il comune di Milano ha sgomberato due insediamenti abusivi per un totale di circa 300 rom rumeni nonostante ci fossero soltanto 85 posti disponibili nei centri di accoglienza comunale. Il Piano inoltre contiene delle misure, sgomberi forzati e, se disponibili, centri di accoglienza soltanto per brevi periodi, volte ai rom dei campi informali la cui applicazione finora praticata non ha portato a reali percorsi di inclusione. Per quanto riguarda invece i campi formali vi sono alcuni elementi di continuità con l'Emergenza Nomadi dichiarata illegale dal Consiglio di Stato nel Novembre 2011. I rappresentanti delle popolazioni RSC e le associazioni non sono stati coinvolti nell'elaborazione delle linee guida ed è stato soltanto chiesto loro di esprimersi su di esse.

Infine le organizzazioni scriventi sono preoccupate per la notizia del notevole ridimensionamento del personale dell'UNAR, il quale oltre a svolgere l'importante funzione di garante della parità di trattamento in Italia è anche Punto di Contatto Nazionale della Strategia di Inclusione di RSC. La riduzione del suo staff pregiudicherebbe la già debole applicazione della Strategia.

Le organizzazioni scriventi chiedono che il governo italiano verifichi e promuova azioni adeguate affinché la Strategia nazionale venga rispettata e applicata in tutto il territorio italiano.

Vi ringraziamo per l'attenzione alla presente lettera e ci rendiamo disponibili per eventuali incontri volti a discutere l'effettiva implementazione della Strategia a tutti i livelli.

Distinti saluti

  • Dezideriu Gergely, Direttore Esecutivo ERRC
  • Carlo Stasolla, Presidente Associazione 21 luglio
  • Pietro Massarotto, Presidente Associazione Naga
  • Stefano Nutini, Gruppo di Sostegno Forlanini
  • Djiana Pavlovic, Consulta Rom e Sinti di Milano
  • Paolo Cagna Ninchi, UPRE ROMA

Note:

  • Dott. Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri
  • Dott.ssa Annamaria Cancellieri, Ministro dell'Interno
  • Dott.ssa Elsa Fornero, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
  • Dott. Andrea Riccardi, Ministro dell'Integrazione e della Cooperazione Internazionale
  • Ufficio di Presidenza dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali
  • Dott. Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano
  • Dott. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma
  1. L'ERRC è un'organizzazione legale internazionale di pubblico interesse che combatte il razzismo contro i Rom e l'abuso dei diritti umani. Le attività dell'ERRC includono contenziosi strategici nell'ambito del diritto, assistenza legale internazionale, sviluppo delle ricerche e delle politiche relative, nonché la formazione di attivisti Rom. Maggiori informazioni sono disponibili al sito www.errc.org
  2. L'Associazione 21 luglio è un'organizzazione che promuove e difende i diritti dell'infanzia e rivolge una particolare attenzione ai bambini rom che vivono in Italia. La mission dell'organizzazione è salvaguardare i bambini rom, combattere ogni forma di discriminazione, promuovere campagne e appelli al fine di porre fine alla violazione dei diritti dei bambini rom. Maggiori informazioni sono disponibili al sito http://www.21luglio.com
  3. La Consulta Rom e Sinti di Milano è stata costituita con atto presentato al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia il 17 giugno 2011 in rappresentanza delle comunità rom e sinte regolari e irregolari presenti sul territorio comunale
  4. Il Gruppo Sostegno Forlanini è formato da volontari, da quattro anni opera nell'aiuto materiale, nell'accompagnamento sociale e nella mobilitazione per e con gli abitanti di alcuni campi informali della zona est di Milano
  5. Il Naga è un'associazione di volontariato laica e apartitica che si è costituita a Milano nel 1987 allo scopo di promuovere e di tutelare i diritti di tutti i cittadini stranieri, rom e sinti senza discriminazione alcuna. Gli oltre 300 volontari del Naga garantiscono assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita a cittadini stranieri irregolari e non, a rom, sinti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tortura oltre a portare avanti attività di formazione, documentazione e lobbying sulle Istituzioni. Maggiori informazioni al sito www.naga.it
  6. L'associazione UPRE ROMA è una delle 16 associazioni a prevalente composizione rom, sinta e caminanti che ha formalmente aderito alla procedura di evidenza pubblica definita dal PCN per la partecipazione alle diverse fasi attuative della Strategia
  7. La Strategia di Inclusione di RSC è disponibile sul sito http://www.unar.it/
  8. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 5 aprile 2011 «Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020», disponibile al sito http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52011DC0173:IT:NOT
  9. UNAR, Strategia Nazionale d'Inclusione dei Rom dei Sinti dei Caminanti, Roma, Febbraio 2012, 5
  10. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti - Iniziative, 15 Giugno 2012
  11. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 Maggio 2008, disponibile al sito http://www1.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/servizi/legislazione/immigrazione/0979_2008_05_27_decreto_21_maggio_2008.html
  12. Consiglio di Stato, sez.IV, 16 novembre 2011, n.6050, disponibile al sito http://www.leggioggi.it/allegati/consiglio-di-stato-sez-iv-16-novembre-2011-n-6050/
  13. European Roma Rights Centre, Ricerca sul campo, 4-5 Luglio 2012
  14. Progetto Rom, Sinti e Caminanti 2012-2015. Proposta del Comune di Milano del 6 Luglio 2012, 1
 
Di Fabrizio (del 05/08/2012 @ 09:17:03, in Italia, visitato 1292 volte)

Torino, 31 lug. (Repubblica - Adnkronos) - Costituire un 'Tavolo di lavoro' per individuare linee strategiche condivise da istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni del Terzo settore, allo scopo, seppure in un quadro di risorse finanziarie insufficienti, di favorire la conoscenza e la convivenza con le comunita' Rom, Sinti e Camminanti. Una proposta avanzata dall'assessore alle Politiche sociali, Elide Tisi, e che oggi ha ottenuto il si' della Giunta comunale con l'approvazione della relativa delibera. ''Il tavolo - spiega l'assessore Tisi - si propone come luogo per elaborare gli interventi di sensibilizzazione sul territorio e per accrescere la conoscenza del fenomeno delle comunita' Rom, Sinti e Camminanti, creando momenti pubblici per aumentare il coinvolgimento dei beneficiari, della rete di volontariato e dei diversi comparti della pubblica amministrazione, fornendo possibilita' di incontro e verifica di buone prassi. L'iniziativa - conclude - punta inoltre ad accrescere il livello di collaborazione tra i vari enti, rendendo ognuno protagonista di un progetto piu' ampio e condiviso, che sviluppi sinergie tra i soggetti coinvolti e i cittadini''. Faranno parte del tavolo, insieme ai diversi settori Comune di Torino che si occupano dei nomadi, la cooperativa Valdocco, le associazioni Zingari Oggi e Idea Rom, la Croce Rossa Italiana, l'associazione Terra del Fuoco, le cooperative Stranidea e Liberitutti, l'Opera Nomadi, l'Ufficio Pastorale Migranti dell'Arcidiocesi di Torino, l'Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, la Comunita' Sant'Egidio, il Gruppo Abele, le associazioni Animazione Interculturale, Il Nostro Pianeta, I Rom per il futuro, Archimente, Romano' Ilo e l'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione.

(31 luglio 2012 ore 19.04)

 

Credo che la storia, lunga ed ancora oscura, non terminerà qui. Intanto godiamoci questo raggio di sole

IL MATTINO di Leandro Del Gaudio Venerdì 10 Agosto 2012

NAPOLI - Il suo nome è entrato negli annali come esempio - più unico che raro - di cittadina rom condannata per sequestro di persona. Si chiama Angelica Varga, sta per compiere venti anni, gli ultimi quattro trascorsi in cella: una vicenda personale legata a un pezzo di storia di Napoli, con tanto di attenzione mediatica nazionale.

Ricordate? Metà maggio del 2008, sabato mattina, una stradina di Ponticelli. Poi: la ragazzina arrestata per sequestro di persona, la rabbia popolare, l'espulsione di oltre ottocento rom dal quartiere orientale. E ancora: un giudice che non scarcera Angelica, perché di "etnia rom", quindi incline a compiere delitti analoghi", la sentenza definitiva e il suo caso diventa un primato da giurisprudenza: una ladra di bambini, l'incubo metropolitano messo su carta bollata, con tanto di firma di un giudice. Un caso chiuso.

Quattro anni e mezzo dopo, Angelica si racconta. È stata scarcerata da poco, proprio negli stessi giorni in cui a Ponticelli venivano arrestati alcuni presunti camorristi che "con odio razziale" incendiavano i campi rom (storia del 2010) per impedire che i piccoli zingari frequentassero le scuole del quartiere.

Storie simili, anche secondo Angelica Varga, che su una panchina del centro di Napoli si racconta: "Desidero cose elementari: la verità, poi un lavoro qui a Napoli, una famiglia, l'integrazione. Ma anche una cultura dell'integrazione a Napoli, che - come la mia storia insegna - non esiste ancora".

C'è una sentenza, una verità giudiziaria, lei ha rapito una bambina in fasce, punto. Qual è la sua versione?
"Ero a Napoli da un mese e mezzo, ero da poco arrivata da Bistrita (Transilvania, Romania), la mia città natale. La mattina uscivo con una mia amica di poco più grande, che faceva piccoli sbagli. Mi portò con lei in una casa, voleva rubare qualche oggetto di valore. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale, che venimmo bloccati da un uomo. La mia compagna riuscì a scappare, io finii in cella. Non parlavo italiano, ma ero tranquilla, mi dicevo: non ho portato via niente, ora mi rilasciano. Invece, quindici giorni di cella e ho capito: sequestro di persona, rapimento, stavo impazzendo".

Eppure, lei in quella stanza ci è entrata. Ha accarezzato quella bimba nel carrozzino, l'ha abbracciata?
"Mai. Non l'ho neppure vista quella bambina. Non siamo entrate in casa, non ci riuscimmo. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale che fummo bloccate, la mia compagna scappò via, io rimasi lì senza immaginare cosa mi sarebbe toccato vivere".

Poi, mentre lei era in cella, a Ponticelli è scoppiato il finimondo: un quartiere in fiamme, raid incendiari, un popolo in fuga. Venne a sapere cosa stava accadendo?
"Lo seppi in cella, me lo dissero le altre ragazze, che provavano a sostenermi. È stato orribile e assurdo. Sono stati espulsi tutti, in una notte è stato spezzato il progetto di integrazione che tante famiglie avevano intrapreso. Non c'erano solo ladri in quegli accampamenti, ma anche ragazzi che andavano a scuola, c'era mio fratello, i miei parenti: via tutti, dalla notte al giorno. Hanno trovato una scusa orribile per cacciarci, per allontanarci. E io sono stata quattro anni e mezzo in cella".

Un mese fa sono stati arrestati alcuni presunti camorristi di Ponticelli: per "odio razziale" hanno scatenato incendi nel 2010, non volevano gli zingari a scuola dei loro figli.
"Conosco questa storia. Credo sia molto simile alla mia, perché al di là dell'episodio che mi ha visto condannata, credo che qualcuno abbia soffiato sul fuoco, credo che qualcuno aspettasse un pretesto - come il rapimento di un bambino - per scatenare la guerriglia contro di noi".

Ripetiamo: per i giudici lei è responsabile di quel rapimento, la sentenza è definitiva, se potesse incontrare la mamma della bimba rapita per pochi minuti, cosa le direbbe?
"Nutro ancora troppa rabbia per quello che mi è successo, voglio guardare avanti, niente polveroni polemici".

Cosa fa da quando è libera?
"Voglio ringraziare i miei legali, gli avvocati Liana Nesta e Cristian Valle che hanno creduto in me e hanno provato a difendermi anche contro i pregiudizi. Ho trovato attorno a me tanta solidarietà, ora provo a ripartire. Ho vent'anni, vorrei un lavoro (so fare la parrucchiera), una vita normale da cittadina napoletana. Nel frattempo, quando posso, faccio anche un po' di volontariato".

In che senso?
"Parlo bene italiano, spesso mi reco in alcuni campi rom dell'hinterland assieme ad altri volontari, dove cerco di svolgere un ruolo in un più ampio progetto di integrazione".

È andata anche a Ponticelli?
"No, lì non sono mai tornata. Mi fa troppo male rivedere quei posti, per anni ho rivissuto dentro di me quella scena, quel cancello che si apre, gli scalini, l'uomo che mi afferra il braccio, qualcuno che mi chiede di firmare carte che ho fatto bene a non firmare: perché io quella piccola nel carrozzino, non l'ho neppure vista una volta in vita mia".

 
Di Fabrizio (del 15/08/2012 @ 09:10:36, in Italia, visitato 1626 volte)

13 Agosto 2012 - COMUNICATO STAMPA Comunità sant'Egidio

Quanto costa e a chi costa il gioco dell'oca dei trasferimenti dei rom? Chi paga le iniziative (pagate anche dal tribunale civile di Roma) del Comune? Inauguriamo il principio della responsabilità economica degli atti di governo che comportano spreco di soldi pubblici

I cittadini romani non lo sanno, ma questa è un'estate superattiva per trasferire i Rom della Capitale da un punto all'altro. In maniera inutile e costosa. Il percorso è sempre lo stesso: rendere difficile la vita nei campi attrezzati esistenti, smettendo la manutenzione, invocare il "degrado", e poi allontanarli oltre il Raccordo Anulare.

Stavolta il gioco è più costoso e sperpero di soldi pubblici. E' anche imbarazzante, visto che il Tribunale di Roma ha rilevato che: "il «codice comportamentale» imposto agli abitanti del nuovo «villaggio attrezzato La Barbuta appare lesivo del diritto della libertà personale, alla vita privata e familiare e alla libertà di riunione», e ha chiesto di fermarsi.

Intanto si distrugge il "campo attrezzato" di Tor de' Cenci, regolare e attrezzato dal 2000, con fogne e opere già fatte a carico del Comune. Si decide di affollare il campo de La Barbuta, fatto con 9 milioni di euro del Fondo "emergenza rom" nazionale.

Prima di spingere gli abitanti a trasferirsi in modi diversi, sono stati interrotti i servizi necessari alla manutenzione e gestione del campo. Lo si è "declassato" da "campo attrezzato" a "campo tollerato". Adesso si procede all'espulsione di quelli rimasti. Per evitare equivoci, si abbattono con le ruspe i container comprati con i soldi pubblici e riutilizzabili anche in altri luoghi. Le macerie restano sul terreno e davvero per chi resta è il degrado. Sembra bombardato.

C'erano in attesa, comunque, per La Barbuta, già una parte dei Rom che stavano a Casilino 900, mai ricollocati da tre anni, e quelli che stanno al Salario, più di 300 persone: in assistenza a carico del Comune a 25-40 euro al giorno a persona (300 persone fanno 9mila-10 mila euro al giorno che si continuano a pagare. Una famiglia di cinque persone che costa sui 4, 5 mila euro al mese. Con molto meno si affittano case decenti. Ma il Comune non lo fa. E non utilizza nemmeno il nuovo campo de La Barbuta per loro.

Sarebbe stato più semplice e meno costoso in ogni caso riqualificare il campo attrezzato di Tor de' Cenci e lavorare all'integrazione, invece di lavorare alla sua scomparsa per inseguire la promessa che i Rom non devono stare a Roma.

La Comunità di Sant'Egidio chiede:

1) Di fermare immediatamente queste operazioni (movimenti per rendere la vita difficile agli abitanti sono registrati anche nel campo di Monte Mario, con l'abbattimento delle protezioni dal sole in piena estate), per evitare ulteriori danni e spreco di denari pubblici.
2) Di quantificare il valore delle opere di urbanizzazione e dei container regolari distrutti nel campo di Tor de' Cenci e nei casi analoghi precedenti.
3) Di quantificare il costo della mancata ricollocazione delle persone sgomberate in passato, dal momento degli sgomberi ad oggi, anche considerando che nel frattempo sono stati realizzati col piano emergenza Rom nuovi campi attrezzati ma non utilizzati per i primi "sfollati" in assistenza.

E di introdurre il principio della responsabilità personale, economica, nelle decisioni che comportano evidente spreco di denari pubblici perché non siano i cittadini a sopportarne il peso.

Sorprende che in tempi di austerità e di spending review si continuino a prendere decisioni dannose del bilancio della città quando esistono (e erano state proposte dalla Caritas, dalla Comunità di Sant'Egidio e altri) alternative ragionevoli.

 

Da Popica.org

Questa mattina (17 agosto, ndr.) alle ore 8.30 forze di polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno chiuso al traffico via Prenestina e con una decina di blindati hanno sfondato il cancello del civico 911, facendo irruzione all'interno dell'insediamento abitato prevalentemente da rom e romnì, approdati in quell'area 3 anni fa dopo lo sgombero del campo di via di Centocelle.

Mentre al civico 913 gli abitanti di Metropoliz sono saliti sui tetti e si sono barricati all'interno dell'ex fabbrica pronti a resistere, i 40 nuclei del 911 hanno avviato una trattativa con la sala operativa sociale del comune con la mediazione di 2 attivisti dell'associazione Popica onlus, che sono stati denunciati.

Una trentina di nuclei rom e romnì ha rifiutato le soluzioni tampone proposte dal comune ed è stato accolto dentro Metropoliz, scegliendo di proseguire il percorso di lotta e di autodeterminazione all'interno della città meticcia. Gli altri hanno trovato sistemazione all'interno varie strutture gestite dal comune.

Ancora una volta l'amministrazione e la questura utilizzano il mese di agosto per portare a termine operazioni di sgombero senza soluzioni concrete, mostrando il pugno duro contro chi reclama diritti e occupa per necessità in assenza di politiche abitative degne e sostenendo gli interessi dei signori del mattone e della rendita in una città disegnata a misura degli speculatori.

L'accanimento verso i rom e le romnì conferma che il "piano nomadi" è uno strumento di mera persecuzione razzista, mentre la scelta di non subire il ricatto dell'amministrazione e di proseguire la battaglia per il diritto all'abitare dentro la città meticcia da parte di 30 nuclei rafforza la nostra idea che oggi più che mai, dentro la crisi, è necessario autorganizzarsi e riconquistare il diritto alla città attraverso il riuso del costruito pubblico e privato, per sottrarre spazio alla rendita e affermare spazi di libertà.

Metropoliz_ città meticcia
Blocchi Precari Metropolitani
Popica onlus


Cronaca fotografica su Simona Granati Photojournalist - buenaVista photo

 
Di Fabrizio (del 28/08/2012 @ 09:14:11, in Italia, visitato 2296 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Oggetto: Esposto avverso i giornalisti Michele Ruffi e Roberto Casu dell'Unione Sarda

Il sottoscritto rappresentante dell'Associazione sarda contro l'Emarginazione (Asce) e delegato ad acta della onlus Fondazione Anna Ruggiu di Cagliari, dell'Associazione 2000 [R]esistenze di Monastir, del CagliariSocialForum di Cagliari e del Gruppo EveryOne (group for international cooperation om human righys culure) di Treviglio, tutti per l'occasione domiciliati presso A.S.C.E. in S.S. 387 Km 8 – 09047 SELARGIUS, presenta all'Ordine dei Giornalisti della Sardegna un esposto avverso i giornalisti dell'Unione Sarda Michele Ruffi e Roberto Casu, in relazione agli articoli pubblicati sul suddetto quotidiano in data 11, 12, 13, 15 e 17 agosto 2012, qui di seguito più precisamente indicati, ritenendo che i loro contenuti violino i doveri imposti dal codice deontologico dell'Ordine e nel contempo il "Diritto alla Riservatezza" del cittadino ai sensi della L. 675/96 art. 25 e le Leggi che puniscono l'istigazione all'odio razziale e le discriminazioni su base etnica.

1) In data 11 agosto 2012 il quotidiano pubblicava in prima pagina, a firma di Michele Ruffi e sotto la responsabilità del facente funzioni di Direttore Responsabile Roberto Casu, un articolo intitolato "Cagliari, per gli zingari una villa con piscina a spese del Comune". L'occhiello recitava: "Bagni di lusso e aria condizionata". Il sommario in prima pagina riportava: "Una villa con piscina, una casa con giardino e pavimenti in marmo, aria condizionata e bagni di lusso con idromassaggio: sono i nuovi alloggi di alcune famiglie nomadi, che a giugno hanno abbandonato il campo sosta (…) quasi tutti si sono trasferiti, a spese del Comune di Cagliari, nelle case prese in affitto sul litorale quartese".
L'articolo pubblicato a pag. 19 riportava invece questo titolo: "Ai nomadi una villa con piscina". Sottotitolo: "Viaggio nelle case con giardino, tra marmi e idromassaggio". Nella stessa pagina comparivano inoltre tre fotografie, una della piscina, una dei servizi igienici di un edificio, la terza di un edificio.
Senza entrare nel merito dell'articolo, che pure offriva una visione distorta ed erronea delle condizioni delle abitazioni, gli scriventi ritengono che le affermazioni riportate nei titoli succitati, nell'occhiello in prima pagina e nel sottotitolo della pagina interna, costituiscano una gravissima violazione dei principi di verità e oggettività, sostanziatasi nel proporre al lettore una conoscenza del tutto fuorviante della realtà oggettiva delle cose.
Gli edifici in oggetto infatti, così come risulta dalla immagini, della casa per sei famiglie, della testata online CagliarIPad (http://www.youtube.com/watch?v=Sq6H0J9LcwQ), non corrispondono nella maniera più assoluta alla descrizione fornita. In particolare la cosiddetta "villa con piscina" è in realtà un grande edificio da tempo abbandonato, con i vani e i servizi resi inagibili dagli atti di vandalismo, le mura scrostate e minate dall'umidità, gli spazi aperti incolti e la stessa "piscina", ricolma in parte di fanghiglia e di rifiuti solidi, del tutto inutilizzabile.
Oltre ad instillare nei lettori una errata percezione delle strutture, l'occhiello e il testo in prima pagina riportavano inoltre un'altra asserzione del tutto falsa, laddove recitavano che l'affitto delle strutture sarebbe stato "a spese" del Comune. Eppure sulla stessa Unione Sarda del 14 agosto un articolo a firma del Magistrato Altieri spiega che quei denari provengono dalla U.E. Ed era già risaputo infatti, poiché reso noto dall'amministrazione comunale, così come peraltro risulta agli scriventi in base alle loro dirette conoscenze delle normative di legge a tutela dell'etnia Rom, che i fondi che verranno utilizzati provengono da specifici finanziamenti della Comunità Europea, non altrimenti utilizzabili, né convertibili in capitoli di spesa altri.
Gli scriventi ritengono che i giornalisti Ruffi, come firmatario dell'articolo, e Casu, come Direttore Responsabile, abbiano di fatto violato la Carta dei Doveri del Giornalista sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell'Ordine e dalla Federazione Nazionale della Stampa l'8 luglio del 1983. Sia per la manifesta falsità del contenuto dei titoli, sottotitolo e occhiello succitati. Sia con la pubblicazione delle tre fotografie che non mostrano la situazione di sfacelo ma anzi inducono artatamente a una visione fallace. Sia, infine, perché, più in generale, anche nel testo dell'articolo, non viene restituita un'informazione attinente alla realtà oggettuale delle cose ("Il giornalista non deve omettere fatti o dettagli essenziali alla completa ricostruzione dell'avvenimento. I Titoli, i sommari, le fotografie e le didascalie non devono travisare, né forzare il contenuto degli articoli o delle notizie", cit. Carta dei Doveri).

2) In data 12 agosto 2012, il quotidiano pubblicava, sempre a firma di Ruffi e sotto la diretta responsabilità di Casu, un articolo in prima pagina riportante questo titolo: "Zingari in villa: è bufera". Occhiello. "Il Comune verserà 2.500 euro al mese al proprietario dell'immobile". L'articolo a pag. 19 è corredato di una fotografia, le cui caratteristiche di non veridicità oggettuale sono pari a quelle delle immagini pubblicate il giorno precedente, e supportato di un altro pezzo di spalla nel quale viene intervistato il proprietario della cosiddetta "villa con piscina".
Senza in questo caso voler entrare nel merito dei titoli e del testo dell'articolo, che contiene alcune parziali rettifiche di quanto affermato il giorno precedente, gli scriventi ritengono che la stessa intervista al proprietario dell'immobile, laddove viene citata la struttura data in uso ai Rom, l'ex discoteca il Pandemonium, costituisca di fatto una seconda violazione dei doveri sanciti dalla Carta e insieme una gravissima infrazione del Diritto alla Riservatezza così come sancito dalla Legge 675/1996 e dal D.lgs n.123/1997. Rendendo pubblica infatti la dislocazione dell'abitazione delle famiglie rom che hanno preso in affitto la struttura, in un rapporto squisitamente economico tra privati cittadini, i giornalisti succitati hanno fornito al pubblico l'esatta dislocazione dell'immobile, in un momento, tra l'altro, gravido di tensioni sociali e di aperte minacce nei confronti della popolazione rom tutta.
Gli scriventi ravvisano in tale azione anche una palese violazione di quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.5259 del 18 ottobre 1984 (più conosciuta anche come Decalogo del giornalista), laddove essa delimita con esattezza le condizioni per le quali il Diritto di Stampa possa prevalere sul Diritto alla Riservatezza:
- L'utilità sociale dell'informazione (inesistente nell'indicare l'esatta ubicazione di un nucleo di famiglie che non si sono rese colpevoli di alcun reato e la cui unica "eclatante" diversità appare quella etnica);
- la verità dei fatti esposti (minata già alla base dalle false informazioni pubblicate il giorno precedente);
- la continenza formale, ovverossia la forma civile dell'esposizione (che palesemente esula dai toni apertamente scandalistici utilizzati negli articoli dell'11 e del 12 agosto).

3) In data 13 agosto 2012, a un terzo articolo a firma di Michele Ruffi che descrive un'altra delle abitazioni prese in affitto dalle famiglie rom sul litorale di Quartu Sant'Elena, intitolato "Nomadi, ecco le altre case", viene affiancata una quarta fotografia, presa dall'alto, che oggettivamente rende pubblica e riconoscibile la sua ubicazione.
Anche in questo caso gli scriventi ravvisano una gravissima violazione del Diritto alla Riservatezza e una palese violazione della deontologia professionale dei giornalisti Ruffi e Casu.
4) In data 15 agosto 2012 il facente funzioni di Direttore Responsabile Roberto Casu pubblicava un editoriale da lui stesso sottoscritto dal titolo "Chi difende i diritti dei bambini rom". In tale editoriale, oltre a confermare per intero ogni notizia fino allora pubblicata, faceva propri i peggiori stereotipi sui bambini rom, offrendo così al lettore una immagine completamente distorta della realtà e alimentando i sentimenti di ostilità verso i Rom e, data la generalizzazione, di rifiuto di quella etnia.
Egli infatti scrive dello "sfruttamento dei bambini zingari: esposti ai semafori dai loro genitori o sfruttatori, per impietosire gli automobilisti, privati della scuola e addestrati a fingersi storpi". Una realtà simile a Cagliari non esiste e salvo eccezioni da verificare tutti i bambini risultano scolarizzati e nessuno viene impiegato per mendicare. Nello stesso scritto il giornalista insulta i critici degli articoli dei giorni precedenti, riproponendo anche la falsa notizia della "villa con piscina", nel modo seguente: "... in questi giorni a Cagliari, nel salotto di qualche orfanello del giornalismo, di odio razziale si è scritto (si fa per dire) e sparlato anche troppo, … E' bastato che questo giornale denunciasse lo sconcio di una villa con piscina assegnata ad alcune famiglie rom ..."
La realtà ci dice che la villa con piscina non esiste e che per il giornalista Casu i rom non potrebbero vivere in una villa con piscina neanche se ne avessero l'opportunità. Infine egli scrive ancora: "E' razzismo chiedere che gli alloggi ai rom vengano concessi solo a condizione che i beneficiari rispettino le leggi dello Stato italiano …?" In questo caso il giornalista propone un'altra discriminazione su base etnica, proponendo una condizione solo per i rom, presumendo e facendo intendere in modo chiaro che i rom, in quanto tali, sono propensi a non rispettare le leggi e che l'eventuale mancato rispetto delle leggi debba comportare, sempre e solo per i rom, la perdita dei diritti umani.
5) Il giorno 17 agosto 2012 il giornalista Ruffi propone un articolo dal titolo "Noi volevamo un altro campo" nel quale intervista Saltana Ahmetovic ed Antonello Pabis, contro la volontà degli stessi contenente espressioni virgolettate ed agli stessi attribuite che non sono mai state dagli stessi pronunciate e non in quei termini. Nella sua presentazione in prima pagina il titolo scelto è "Il capo dei Rom: dateci un'altro campo", laddove non si può affermare, per ragioni di verità, che i Rom siano rappresentati da un capo e che sia sufficientemente noto che a Cagliari i Rom hanno più delegati in rappresentanza delle diverse famiglie e che attribuire ad una persona il ruolo di capo, evidentemente di tutti o della generalità dei rom, oltre a provocare sospetti tra gli stessi rom, può indurre all'idea di una comunità pericolosamente organizzata e feudalmente gerarchizzata.
In un successivo pezzo dal titolo "Caso nomadi, una valanga di sms" si propone un'ampia carrellata di messaggi dimostrativi degli effetti provocati dalle notizie pubblicate dall'Unione Sarda: "A chi si è fatto venire la bella idea di ospitarli in ville con piscine mettendo sul groppone di noi sardi i costi ….." (scrive tale Michele Lavezzi); "la mia casa popolare non ha piscina, né idromassaggio, quanto meno marmi intarsiati …." (sig. Giuseppe, S.Elia); "Ai rom villa al mare e 90 euro al giorno" (P.Masia); "... perchè … i rom in pochi giorni sono stati sistemati anche in villa?" (Sergio); "Bambini tenuti sotto la pioggia, bambini costretti quantomeno a mendicare (o forse qualcosa di più), bambini costretti ad imparare mezzi e mezzucci per impietosire e portare a casa qualche euro per i loro impietosi genitori ..." (Piergiorgio Calò).

Gli scriventi, in merito a tutto quanto su esposto, si affidano agli organi preposti dell'Ordine dei Giornalisti della Sardegna affinché valutino il comportamento professionale di Michele Ruffi e di Roberto Casu, soprattutto e ancora una volta alla luce della sentenza della Corte di Cassazione del 18 ottobre 1984 (Decalogo del giornalista), esemplare nel definire i contorni dell'informazione comunque scorretta che non si sostanzia solo nel veicolare notizie false o errate (cosa che nel caso specifico ci pare acclarata dai fatti), ma anche nel porre in essere tecniche informative viziate dallo sleale difetto di chiarezza:
- "Il sottinteso sapiente", nella consapevolezza che l'uso di determinate espressioni ("ai nomadi villa con piscina") verranno intese dai lettori in senso fortemente sfavorevole;
- "gli accostamenti suggestionanti", (nel nostro caso anche con l'uso di fotografie probabilmente d'archivio non restituenti la realtà oggettuale dello stato degli edifici), che tendono a mettere in "cattiva luce" i soggetti di cui si parla;
- "il tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato", nel nostro caso specialmente nei titoli, allo scopo di indurre i lettori più superficiali o sprovveduti a cadere in suggestione a causa dei toni usati.

Gli scriventi, affidandosi alla valutazione degli organi competenti dell'Ordine, non possono esimersi, in conclusione di questo esposto, di manifestare tutta la propria preoccupazione per gli effetti potenzialmente anche devastanti che gli articoli pubblicati dall'Unione Sarda, testata di antica e più illuminata tradizione, potrebbero provocare.
In un momento in cui la società, in particolare quella sarda, è minata da gravi difficoltà economiche, e nel contempo è anche attraversata da fortissime tensioni sociali, l'uso improprio dell'informazione, allorquando essa è minata dal veleno della falsità e dall'arroganza del pregiudizio, non solo può minare l'opera di tutti coloro che oggi sono impegnati nel tutelare i diritti della minoranza rom, ma può anche portare a pericolose manifestazioni di intolleranza. Vieppiù nel caso specifico di un gruppo minoritario ancora oggi vittima di diffusi attacchi razzisti o xenofobi e sempre a rischio di nuovi atti di violenza.
Dispiace prendere atto di quanto ogni raccomandazione del Parlamento Europeo, così come le "Comunicazioni" della varie Commissioni di Bruxelles, in merito a un uso coscienzioso e rispettoso dell'informazione avente come tema le categorie deboli e in particolare l'etnia Rom e Sinta (l'ultima, la 173, è stata recepita dall'Italia nel 2011), siano state clamorosamente disattese.
Gli scriventi chiedono di essere informati degli esiti del presente esposto.

All'Ordine dei Giornalisti della Regione Sardegna
Via Barone Rossi 29 – Cagliari

P.c.: Al garante per la protezione dei dati personali
Piazza di Monte Citorio 121 – 00186 Roma
Agli Organi di Stampa

Cagliari 24.8.12
Antonio Pabis
Per L'associazione Sarda contro l'Emarginazione, la Fondazione Anna Ruggiu onlus, l'Associazione 2000 Resistenze, il Cagliari Social Forum, il Gruppo EveryOne

 
Di Fabrizio (del 01/09/2012 @ 09:12:44, in Italia, visitato 1313 volte)

Segnalazione di Giancarlo Ranaldi

Fanpage.it La ragazza rom accusata del tentato rapimento di una neonata torna a Ponticelli, dove nel 2008 una folla inferocita aveva assaltato e incendiato i campi della zona e costretto centinaia di persone a fuggire. Angelica racconta ai microfoni di fanpage.it la verità su quello che accadde in quei giorni.

Angelica Varga torna per un giorno a Ponticelli. La giovane rom accusata del tentato rapimento di un neonato nel maggio del 2008 quando aveva appena 15 anni: episodio che scatenò la violenza razzista ai danni della comunità rom, gli incendi e il pogrom di anziani, donne e bambini. Angelica è stata condannata a quattro anni di reclusione, trascorsi tra il carcere minorile di Nisida e una casa famiglia della provincia di Napoli. A fine maggio ha scontato la sua pena ed è tornata libera. Ha deciso di parlare ai microfoni di fanpage.it e raccontare la sua verità. Nega l’accusa di rapimento e racconta la sua versione dei fatti. Lo fa tornando proprio in via Argine, per un giorno, davanti agli ex campi dove vivevano centinaia di suoi connazionali.

Prova a cacciare le paure e guardare quei campi incendiati dall’ignoranza e dagli affari criminali. In un italiano impeccabile, Angelica parla del suo passato e del suo futuro, riannodando i ricordi che aveva provato scrivere in un diario mentre era in comunità. Napoli, i magistrati che l’anno giudicata "era solo una bambina", gli operatori sociali e i volontari che l’hanno accolta e sostenuta, il popolo Rom, sono solo alcuni dei temi che affronta. E poi la "pena", quella "dentro e fuori al carcere", afferma, "è la prima cosa che mi viene in mente ricordando questi anni". Eppure Angelica non si arrende e guarda al futuro. Tornerà in Romania per riabbracciare la sua famiglia e sua figlia che oggi ha cinque anni. A nemmeno vent’anni, la giovane originaria della Transilvania rivendica il diritto a una vita per "provare almeno ad assaggiare la felicità".

Eppure, prima di partire, sa di lasciare un pezzo di sé in Italia. Il nostro Paese non ha esitato a condannare una ragazzina di 15 anni e deve fare ancora i conti con la xenofobia, con la povertà e con le paure verso culture diverse.

A cura di Giuseppe Manzo e Alessio Viscardi

 
Di Sucar Drom (del 03/09/2012 @ 09:07:52, in Italia, visitato 1219 volte)
 
Di Fabrizio (del 05/09/2012 @ 09:10:50, in Italia, visitato 1380 volte)

NO(b)LOGO Aug. 28th, 2012 at 11:45 AM

Sono ritornato lunedì 27, dopo due anni e mezzo di (mia colpevole) assenza, nel campo di Tor de Cenci.
La foto è relativa alla visita del 2010, quando stava prendendo piede la minaccia della chiusura del campo.
La didascalia diceva "11" anni e nulla è cambiato, prendendo spunto dalla foto di Tano d'Amico che documentava lo sgombero del Casilino 700 [sindaco Rutelli, le deportazioni pro Giubileo messe in atto dal clericale ex-radicale sindaco di sinistra (?)].

In questi due anni e mezzo qualcosa è cambiato, e molto in peggio, in quanto il campo ha subito l'assedio violento da parte della giunta Alemanno, ed in particolare la rabbiosa ostilità della vicesindaco e responsabile delle politiche sociali.
E' bene ricordare che Belviso ha costruito la sua carriera politica sulla promessa ai "benpensanti" del quartiere della rimozione della comunità di Tor de' Cenci. La comunità rom, composta in buona parte di bambini ed adolescenti, trattata come un problema di decoro urbano, monnezza da portare fuori dagli sguardi fuori dal confine del raccordo anulare.

In questi due anni e mezzo sono successe tantissime cose. La più dolorosa la morte di George (11 mesi), morte evitabilissima, se chi amministra avesse avuto a cuore la sicurezza dei residenti del campo più degli interessi elettorali.

In questi due anni e mezzo il Comune ed il Municipio hanno fatto di tutto per portare al degrado una struttura che, con tutti i limiti degli italici campi rom, era non disastrosa.

Nel 2010 Tor de' Cenci non era il disastro di adesso. A questo proposito c'è la testimonianza di Marco Squicciarini (responsabile CRI per i ROM) che mi diceva: "sono rimasto sorpreso da questo campo. spero rivedano i progetti di smantellamento. per me ci sono altre priorità in altri campi senza luce, fogne ed acqua". [Si veda anche : Roma, Tor de' Cenci: una follia il progetto di spostare le famiglie Rom a Castel Romano]

Fabio Grilli, un reporter attento e molto presente sul territorio, racconta molto bene come si riesca a far diventare un "campo nomadi modello" un "campo tollerato" (agosto 2011).

Nei mesi successivi il campo tollerato è diventato secondo Alemanno: "un campo dichiarato inagibile dalla Asl".
Premesso che la dichiarazione di inagibilità non c'è mai stata. Il sindaco centurione dovrebbe assumersi tutte le responsabilità di questo degrado.

Alla fine la pressione della giunta, un misto velenoso di promesse e minacce, ha convinto parte dei residenti del campo, la comunità macedone, ad accettare la "deportazione" al costosissimo nuovo lager de La Barbuta.

Su La Barbuta scrivo lager a ragion veduta: basta guardarne le foto per rendersene conto, e basta la sentenza dell'8 agosto scorso in cui la II sezione del tribunale civile di Roma che ha bloccato le deportazioni.

Con una azione tanto dimostrativa e simbolica quanto dispendiosa ed inutile, le ruspe hanno demolito a Tor de' Cenci i containers lasciati vuoti dalla comunità macedone.

Un'altra parte dei residenti di Tor de' Cenci, la comunità bosniaca, non ha ceduto alle pressioni ed è rimasta in quel che resta del campo.

Questa la situazione che ho trovato a Tor de' Cenci lunedì.
Un campo tra le macerie ed una popolazione reduce da un bombardamento, ma ancora determinata a non andare via ed a ritrovare una vita degna nel quartiere.

Fortunatamente lunedì, a dare uno stop all'assedio, è arrivato un pronunciamento del TAR che ha sospeso lo sgombero del Campo ed ha sancito il "dovere dell'amministrazione di adottare tutte le misure idonee a ripristinare, almeno temporaneamente, adeguate condizioni igienico-sanitarie nel campo Nomadi e nelle aree circostanti".

E' una tregua ... di una battaglia che sarà lunga.
Questo BLOG sarà schierato a favore dei diritti dei residenti del campo di Tor de' Cenci, 180 persone, di cui almeno la metà minori. Cittadini italiani e bosniaci (ogni famiglia ha qualche componente con cittadinanza italiana) che chiedono dignità ed il diritto alla scolarizzazione, al lavoro, alla salute ed all'abitare.

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