Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 31/07/2012 @ 09:23:58, in Italia, visitato 1579 volte)
PisaNotizie
Da quasi due settimane sono senza acqua nelle abitazioni le circa quaranta
famiglie che vivono nell'ex campeggio della polizia. Solo due fonti attive, con
una pressione molto flebile. Le famiglie: "Ci hanno detto che tra poco verranno
a sgomberarci". Africa Insieme: "Dove sono i 400mila euro stanziati dalla
Regione per questo campo?". L'assessore Ciccone risponde e annuncia querele: "I
soldi sono stati destinati a interventi concordati con la Regione"
Quello della Bigattiera è il campo dei bambini. Ne spuntano a gruppi di cinque o
sei da dietro i pini, dall'ombra delle costruzioni che sorgono su quello che un
tempo era conosciuto come il campeggio della polizia. Il mare è lì a due passi,
ma alle dodici non tira un filo d'aria. L'ombra è l'unico rifugio dall'afa, e
per per fortuna gli alberi ne offrono in buona quantità.
I bambini della Bigattiera rappresentano la maggioranza dei residenti, quasi una
"piccola repubblica" tra il vai e vieni delle loro madri. Sono quasi 90 su una
popolazione generale di 120. E considerato che in quel campo vivono circa
quaranta famiglie, si ha una media di poco più di due bambini per famiglia.
Quasi un'isola d'infanzia, se si considera che la maggior parte di questi sono
ultraminorenni.
Chiedono una foto, mostrano l'ultimo arrivato - uno smarrito cucciolo di gatto -
circondano con mille richieste i volontari di Africa Insieme che nella mattinata
di sabato hanno assistito le famiglie a indire una conferenza stampa, durante la
quale hanno raccontato la loro condizione, dopo che da quasi due settimane
vivono senza corrente elettrica, in seguito alla scelta da parte
dell'Amministrazione di disabilitare la centralina che alimentava il n° 13 della
Bigattiera.
Il panorama è presto detto: decine di famiglie private dell’accesso ai servizi
minimi. Un paio di piccole fontane, alimentate da un’autoclave che in assenza di
elettricità non funziona. Uomini, donne e bambini costretti a fare la fila per
lavarsi, utilizzando il filo d’acqua che esce dalla fonte. O ad andare al mare e
usare le docce pubbliche.
La luce, come già accennato, non è stata staccata dall’Enel a seguito del
mancato pagamento delle bollette, o comunque di qualche inadempienza da parte
delle famiglie. L’intervento è stato deciso direttamente dal Comune, che ha
voluto in questo modo avviare le operazioni di sgombero dell’insediamento. "Sono
venuti qui alcuni giorni fa - racconta Kamil, uno dei capifamiglia che abitano
nel campo - c’erano quelli del Comune accompagnati dalle forze dell’ordine.
Hanno staccato tutto senza dare alcuna spiegazione. Qualcuno ci ha detto poi che
tra poco verranno qui a sgomberare".
Le prime vittime di questa situazione sono proprio i bambini. "Ho tre figli
piccoli - racconta una giovane madre - è estate e fa caldo, come facciamo con
così poca acqua?". Oltre tutto, in assenza di luce elettrica i rom sono
costretti a illuminare le loro baracche con le candele: una situazione molto
pericolosa – come fanno notare gli abitanti del campo – perché molte baracche
sono di legno, e il verificarsi di un incendio non sarebbe un fatto
improbabile.
Non a caso proprio un paio di giorni fa ha preso fuoco un container. Una ragazza
del campo ci ha mostrato le pareti annerite della struttura: "Per fortuna
avevamo gli estintori, solo per caso non è successa una disgrazia". Le famiglie
del campo temono ora uno sgombero. "Continuano a dirci che verranno presto a
mandarci via - protestano - ma nessuno ci dice dove andare, nessuno ci propone
una soluzione alternativa".
"La Regione - ha spiegato Sergio Bontempelli, presidente dell’associazione
Africa Insieme - ha stanziato 400mila euro per risolvere le situazioni più
critiche senza ricorrere a sgomberi". I volontari hanno mostrato la delibera
della Giunta Regionale n. 1009 del 21-11-2011, dove alla zona pisana viene
assegnata quella cifra per prevenire e contrastare le situazioni di emergenza
attraverso lo sviluppo di processi di inclusione sociale, con particolare
riferimento alle persone presenti nell’area cd. 'Bigattiera' ".
"Ci chiediamo - hanno concluso i volontari di Africa Insieme - che fine abbiano
fatto questi soldi. Ci chiediamo anche perché si continuano a fare sgomberi, in
contrasto con le politiche della Regione".
La situazione, con tutta evidenza, è di quelle che si presentano di difficile
gestione per l'attuale amministrazione. Tanto che, poche ore dopo la conferenza
stampa delle famiglie rom alla Bigattiera, giunge la smentita dell'assessore
alle politiche sociali e presidente della Società della Salute, Maria Paola
Ciccone: "Tutte le persone presenti alla Bigattiera che ne avevano diritto sono
state sistemate in alloggi, mentre per altri nuclei sono in corso trattative con
altri Comuni della Toscana per il rientro alle condizioni dell'ultimo accordo
siglato che prevede la solidarietà fra Comuni nell'accoglienza ai nuclei rom per
non gravare in modo sproporzionato solo su alcuni Comuni come quello di Pisa".
In particolare, l'assessore Ciccone, replicando ai rom che accusano il Comune di
voler sgomberare il campo senza offrire alternative, ricorda che il "protocollo
d'intesa firmato con la Regione Toscana nel 2009 prevede la chiusura degli
accampamenti abusivi e gli inserimenti abitativi solo per gli aventi diritto, in
regola con leggi" e sottolinea che l'amministrazione, negli ultimi due anni, "ha
consegnato alle famiglie rom 26 alloggi comunali di cui 17 appartamenti nuovi
appena edificati accogliendo in totale 134 cittadini macedoni".
Riguardo al distacco dell'energia elettrica l'assessore sottolinea che "la
fornitura è stata sospesa a seguito di un caso di morte per folgorazione di un
giovane macedone per allacci abusivi alla corrente elettrica e per la
reiterazione di questa rischiosissima pratica malgrado le diffide dalle autorità
competenti" mentre "i servizi idrici sono garantiti e anche i servizi sanitari
di base con il supporto della Asl 5 e del volontariato della Pubblica
assistenza".
Infine, sull'accusa dei volontari di Africa Insieme di non avere impiegato i 400
mila euro stanziati dalla Regione Toscana, l'assessore annuncia querele: "I
soldi erogati sono stati destinati a interventi concordati in sede di cabina di
regia regionale".
Di Fabrizio (del 03/08/2012 @ 09:24:14, in Italia, visitato 1820 volte)
31 Luglio 2012 - all'attenzione di:
Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (European Roma Rights Centre, ERRC)1,
l'Associazione
21 luglio2, la Consulta Rom e Sinti della Città di Milano3, il Gruppo di
Sostegno Forlanini4, il
NAGA5 e UPRE ROMA6 scrivono alle autorità italiane al fine di sottolineare la
forte discrepanza
esistente tra gli impegni recentemente assunti dal governo in seguito
all'adozione della
Strategia di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti (RSC) e quanto invece avviene
a livello locale,
con particolare riferimento alle città di Milano e Roma.
In data 24 Febbraio 2012 il governo italiano ha approvato la Strategia Nazionale
di Inclusione di
RSC7 elaborata dall'UNAR con la partecipazione delle federazioni italiane di
RSC, di alcune
organizzazioni internazionali di diritti umani nonché delle associazioni che a
vario titolo si
occupano di RSC in Italia. La Strategia italiana adempiendo alla comunicazione
europea n. 173
del 5 Aprile 2011 dal titolo "Quadro dell'UE per le strategie nazionali di
integrazione dei Rom
fino al 2020"8 segue i quattro assi da essa indicati, ovvero istruzione, lavoro,
casa e salute. Il
merito coralmente riconosciuto alla Strategia è stato quello di aver
sottolineato ed enfatizzato
più volte la necessità di superare "definitivamente la fase emergenziale che,
negli anni passati,
ha caratterizzato l'azione soprattutto nelle gradi aree urbane. D'altra parte, -
continua il testo -
gli assi di intervento, investono ruoli, funzioni e competenze di
Amministrazioni diverse, che
devono concorrere in maniera coordinata all'obiettivo che il governo si è
prefissato nella cornice
comunitaria"9.
Il 15 Giugno 2012 il Ministro dell'Integrazione e della Cooperazione
Internazionale Andrea
Riccardi ha inviato ai prefetti della Repubblica Italiana ed altre autorità
locali la missiva n. 3014
con la quale comunicava ai destinatari i contenuti della Strategia e
l'articolazione della stessa,
ovvero la predisposizione di tavoli tematici nazionali con competenze nei
diversi settori
d'intervento e la costituzione di tavoli regionali/locali a livello locale.
Questi ultimi, si sottolinea
nella comunicazione del Ministro, si caratterizzano per "la partecipazione di
rappresentanti delle
Amministrazioni periferiche statali, delle regioni, delle province e dei comuni,
nonché il
coinvolgimento delle associazioni e degli enti della società civile impegnate
nella tutela delle
comunità RSC e di rappresentanti delle medesime comunità. I tavoli regionali
avranno il
compito di sensibilizzare e monitorare l'attuazione della strategia a livello
locale e costituiranno
il luogo di elaborazione dei Piani locali che verranno prioritariamente
sperimentati nelle regioni
in passato ricomprese nella gestione emergenziale (Lazio, Campania, Lombardia,
Piemonte e
Veneto)"10.
A tutt'oggi rimane uno stridente contrasto tra gli scopi enunciati dalla
Strategia e le azioni
intraprese dalle autorità a livello locale e che coinvolgono RSC nelle città di
Roma e Milano.
Nella città di Roma non risulta al momento l'elaborazione di alcuna Strategia
locale per RSC e
l'unico piano che va avanti è il cosiddetto "Piano Nomadi" adottato dall'allora
Commissario
Straordinario per l'Emergenza Nomadi11 della regione Lazio il 31 Luglio 2009.
Emergenza che è
poi stata dichiarata illegittima dalla sentenza n. 6050 del Consiglio di
Stato12. Come
conseguenza del Piano Nomadi il 18 Giugno 2012 è stato ufficialmente aperto il
campo formale
segregante de La Barbuta. Tra il 5 e il 13 Luglio 2012 il campo tollerato di via
del Baiardo è
stato invece chiuso e i suoi abitanti censiti. In questo campo rom di origine
serba e macedone
hanno vissuto per circa 20 anni. Da diversi anni il comune di Roma non ha più
eseguito lavori di
ristrutturazione e mantenimento nel campo, il quale versava in effettive
condizioni di degrado.
Operatori dell'ERRC e dell'Associazione 21 luglio erano presenti al campo
durante i giorni dello
sgombero. E' significativo notare che solo alcune decine dei rom di via de Baiardo (circa 30
persone in tutto) hanno accettato di andare nel nuovo campo de La Barbuta in
quanto non
ritenuto un luogo adeguato. Soltanto le famiglie con bambini hanno ricevuto
l'offerta del centro
di accoglienza per un massimo di 90 giorni dopo di che secondo il sindaco Gianni
Alemanno "dovranno tornare nel loro Paese"13.
Il 6 Luglio 2012 la città di Milano ha presentato "Il Progetto Rom, Sinti e
Caminanti 2012 - 2015.
Proposta del Comune di Milano". Gli assessori Marco Granelli e Pierfrancesco Majorino hanno
illustrato "le linee guida dell'intervento dell'Amministrazione comunale sul
tema delle
popolazioni RSC presenti a Milano e la base per l'elaborazione del Progetto
definitivo che
necessita di una fase di confronto con le diverse istituzioni interessate e con
le diverse forme di
rappresentanza associative e delle popolazioni RSC attualmente presenti e
organizzate […]. Il
Progetto RSC di Milano - continua il documento - intende inserirsi nel quadro
tracciato a livello
nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con il documento Strategia
Nazionale
d'Inclusione dei RSC"14. Gli assessori hanno affermato che gli sgomberi dei
campi informali
andranno avanti e di non voler sospendere quelli già programmati. D'altronde il
giorno prima
della presentazione della bozza di piano, ovvero il 5 Luglio, il comune di
Milano ha sgomberato
due insediamenti abusivi per un totale di circa 300 rom rumeni nonostante ci
fossero soltanto 85
posti disponibili nei centri di accoglienza comunale. Il Piano inoltre contiene
delle misure,
sgomberi forzati e, se disponibili, centri di accoglienza soltanto per brevi
periodi, volte ai rom dei
campi informali la cui applicazione finora praticata non ha portato a reali
percorsi di inclusione.
Per quanto riguarda invece i campi formali vi sono alcuni elementi di continuità
con l'Emergenza
Nomadi dichiarata illegale dal Consiglio di Stato nel Novembre 2011. I
rappresentanti delle
popolazioni RSC e le associazioni non sono stati coinvolti nell'elaborazione
delle linee guida ed
è stato soltanto chiesto loro di esprimersi su di esse.
Infine le organizzazioni scriventi sono preoccupate per la notizia del notevole
ridimensionamento del personale dell'UNAR, il quale oltre a svolgere
l'importante funzione di
garante della parità di trattamento in Italia è anche Punto di Contatto
Nazionale della Strategia
di Inclusione di RSC. La riduzione del suo staff pregiudicherebbe la già debole
applicazione
della Strategia.
Le organizzazioni scriventi chiedono che il governo italiano verifichi e
promuova azioni
adeguate affinché la Strategia nazionale venga rispettata e applicata in tutto
il territorio italiano.
Vi ringraziamo per l'attenzione alla presente lettera e ci rendiamo disponibili
per eventuali
incontri volti a discutere l'effettiva implementazione della Strategia a tutti i
livelli.
Distinti saluti
- Dezideriu Gergely, Direttore Esecutivo ERRC
- Carlo Stasolla, Presidente Associazione 21 luglio
- Pietro Massarotto, Presidente Associazione Naga
- Stefano Nutini,
Gruppo di Sostegno Forlanini
- Djiana Pavlovic, Consulta Rom e Sinti di Milano
- Paolo Cagna Ninchi, UPRE ROMA
Note:
- Dott. Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri
- Dott.ssa Annamaria Cancellieri, Ministro dell'Interno
- Dott.ssa Elsa Fornero, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
- Dott. Andrea Riccardi, Ministro dell'Integrazione e della Cooperazione
Internazionale
- Ufficio di Presidenza dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali
- Dott. Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano
- Dott. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma
- L'ERRC è un'organizzazione legale internazionale di pubblico interesse che
combatte il razzismo contro i Rom e
l'abuso dei diritti umani. Le attività dell'ERRC includono contenziosi
strategici nell'ambito del diritto, assistenza legale
internazionale, sviluppo delle ricerche e delle politiche relative, nonché la
formazione di attivisti Rom. Maggiori
informazioni sono disponibili al sito
www.errc.org
- L'Associazione 21 luglio è un'organizzazione che promuove e difende i diritti
dell'infanzia e rivolge una particolare
attenzione ai bambini rom che vivono in Italia. La mission dell'organizzazione è
salvaguardare i bambini rom,
combattere ogni forma di discriminazione, promuovere campagne e appelli al fine
di porre fine alla violazione dei diritti
dei bambini rom. Maggiori informazioni sono disponibili al sito
http://www.21luglio.com
- La Consulta Rom e Sinti di Milano è stata costituita con atto presentato al
sindaco di Milano, Giuliano Pisapia il 17
giugno 2011 in rappresentanza delle comunità rom e sinte regolari e irregolari
presenti sul territorio comunale
- Il Gruppo Sostegno Forlanini è formato da volontari, da quattro anni opera
nell'aiuto materiale, nell'accompagnamento
sociale e nella mobilitazione per e con gli abitanti di alcuni campi informali
della zona est di Milano
- Il Naga è un'associazione di volontariato laica e apartitica che si è
costituita a Milano nel 1987 allo scopo di
promuovere e di tutelare i diritti di tutti i cittadini stranieri, rom e sinti
senza discriminazione alcuna. Gli oltre 300
volontari del Naga garantiscono assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita
a cittadini stranieri irregolari e non, a rom,
sinti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tortura oltre a portare
avanti attività di formazione, documentazione
e lobbying sulle Istituzioni. Maggiori informazioni al sito
www.naga.it
- L'associazione UPRE ROMA è una delle 16 associazioni a prevalente composizione
rom, sinta e caminanti che ha
formalmente aderito alla procedura di evidenza pubblica definita dal PCN per la
partecipazione alle diverse fasi attuative
della Strategia
- La Strategia di Inclusione di RSC è disponibile sul sito
http://www.unar.it/
- Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al
Comitato economico e sociale europeo e
al Comitato delle regioni del 5 aprile 2011 «Quadro dell'UE per le strategie
nazionali di integrazione dei Rom fino al
2020», disponibile al sito
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52011DC0173:IT:NOT
- UNAR, Strategia Nazionale d'Inclusione dei Rom dei Sinti dei Caminanti, Roma,
Febbraio 2012, 5
- Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro per la Cooperazione
Internazionale e l'Integrazione, Strategia nazionale
di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti - Iniziative, 15 Giugno 2012
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 Maggio 2008, disponibile
al sito http://www1.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/servizi/legislazione/immigrazione/0979_2008_05_27_decreto_21_maggio_2008.html
- Consiglio di Stato, sez.IV, 16 novembre 2011, n.6050, disponibile al sito
http://www.leggioggi.it/allegati/consiglio-di-stato-sez-iv-16-novembre-2011-n-6050/
- European Roma Rights Centre, Ricerca sul campo, 4-5 Luglio 2012
- Progetto Rom, Sinti e Caminanti 2012-2015. Proposta del Comune di Milano del
6 Luglio 2012, 1
Di Fabrizio (del 05/08/2012 @ 09:17:03, in Italia, visitato 1292 volte)
Torino, 31 lug. (Repubblica
- Adnkronos) - Costituire un 'Tavolo di lavoro' per individuare linee
strategiche condivise da istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni del Terzo
settore, allo scopo, seppure in un quadro di risorse finanziarie insufficienti,
di favorire la conoscenza e la convivenza con le comunita' Rom, Sinti e
Camminanti. Una proposta avanzata dall'assessore alle Politiche sociali, Elide
Tisi, e che oggi ha ottenuto il si' della Giunta comunale con l'approvazione
della relativa delibera. ''Il tavolo - spiega l'assessore Tisi - si propone come
luogo per elaborare gli interventi di sensibilizzazione sul territorio e per
accrescere la conoscenza del fenomeno delle comunita' Rom, Sinti e Camminanti,
creando momenti pubblici per aumentare il coinvolgimento dei beneficiari, della
rete di volontariato e dei diversi comparti della pubblica amministrazione,
fornendo possibilita' di incontro e verifica di buone prassi. L'iniziativa -
conclude - punta inoltre ad accrescere il livello di collaborazione tra i vari
enti, rendendo ognuno protagonista di un progetto piu' ampio e condiviso, che
sviluppi sinergie tra i soggetti coinvolti e i cittadini''. Faranno parte del
tavolo, insieme ai diversi settori Comune di Torino che si occupano dei nomadi,
la cooperativa Valdocco, le associazioni Zingari Oggi e Idea Rom, la Croce Rossa
Italiana, l'associazione Terra del Fuoco, le cooperative Stranidea e Liberitutti,
l'Opera Nomadi, l'Ufficio Pastorale Migranti dell'Arcidiocesi di Torino,
l'Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, la Comunita' Sant'Egidio, il Gruppo
Abele, le associazioni Animazione Interculturale, Il Nostro Pianeta, I Rom per
il futuro, Archimente, Romano' Ilo e l'Associazione Studi Giuridici
sull'Immigrazione.
(31 luglio 2012 ore 19.04)
Di Fabrizio (del 11/08/2012 @ 09:16:38, in Italia, visitato 1690 volte)
Credo che la
storia, lunga ed ancora oscura, non terminerà qui. Intanto
godiamoci questo raggio di sole
IL
MATTINO
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 10 Agosto 2012
NAPOLI - Il suo nome è entrato negli annali come esempio - più unico che raro -
di cittadina rom condannata per sequestro di persona. Si chiama Angelica Varga,
sta per compiere venti anni, gli ultimi quattro trascorsi in cella: una vicenda
personale legata a un pezzo di storia di Napoli, con tanto di attenzione
mediatica nazionale.
Ricordate? Metà maggio del 2008, sabato mattina, una stradina di Ponticelli.
Poi: la ragazzina arrestata per sequestro di persona, la rabbia popolare,
l'espulsione di oltre ottocento rom dal quartiere orientale. E ancora: un
giudice che non scarcera Angelica, perché di "etnia rom", quindi incline a
compiere delitti analoghi", la sentenza definitiva e il suo caso diventa un
primato da giurisprudenza: una ladra di bambini, l'incubo metropolitano messo su
carta bollata, con tanto di firma di un giudice. Un caso chiuso.
Quattro anni e mezzo dopo, Angelica si racconta. È stata scarcerata da poco,
proprio negli stessi giorni in cui a Ponticelli venivano arrestati alcuni
presunti camorristi che "con odio razziale" incendiavano i campi rom (storia del
2010) per impedire che i piccoli zingari frequentassero le scuole del quartiere.
Storie simili, anche secondo Angelica Varga, che su una panchina del centro di
Napoli si racconta: "Desidero cose elementari: la verità, poi un lavoro qui a
Napoli, una famiglia, l'integrazione. Ma anche una cultura dell'integrazione a
Napoli, che - come la mia storia insegna - non esiste ancora".
C'è una sentenza, una verità giudiziaria, lei ha rapito una bambina in fasce,
punto. Qual è la sua versione?
"Ero a Napoli da un mese e mezzo, ero da poco arrivata da Bistrita
(Transilvania, Romania), la mia città natale. La mattina uscivo con una mia
amica di poco più grande, che faceva piccoli sbagli. Mi portò con lei in una
casa, voleva rubare qualche oggetto di valore. Facemmo appena in tempo a salire
una rampa di scale, che venimmo bloccati da un uomo. La mia compagna riuscì a
scappare, io finii in cella. Non parlavo italiano, ma ero tranquilla, mi dicevo:
non ho portato via niente, ora mi rilasciano. Invece, quindici giorni di cella e
ho capito: sequestro di persona, rapimento, stavo impazzendo".
Eppure, lei in quella stanza ci è entrata. Ha accarezzato quella bimba nel
carrozzino, l'ha abbracciata?
"Mai. Non l'ho neppure vista quella bambina. Non siamo entrate in casa, non ci
riuscimmo. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale che fummo
bloccate, la mia compagna scappò via, io rimasi lì senza immaginare cosa mi
sarebbe toccato vivere".
Poi, mentre lei era in cella, a Ponticelli è scoppiato il finimondo: un
quartiere in fiamme, raid incendiari, un popolo in fuga. Venne a sapere cosa
stava accadendo?
"Lo seppi in cella, me lo dissero le altre ragazze, che
provavano a sostenermi. È stato orribile e assurdo. Sono stati espulsi tutti, in
una notte è stato spezzato il progetto di integrazione che tante famiglie
avevano intrapreso. Non c'erano solo ladri in quegli accampamenti, ma anche
ragazzi che andavano a scuola, c'era mio fratello, i miei parenti: via tutti,
dalla notte al giorno. Hanno trovato una scusa orribile per cacciarci, per
allontanarci. E io sono stata quattro anni e mezzo in cella".
Un mese fa sono stati arrestati alcuni presunti camorristi di Ponticelli: per
"odio razziale" hanno scatenato incendi nel 2010, non volevano gli zingari a
scuola dei loro figli.
"Conosco questa storia. Credo sia molto simile alla mia, perché al di là
dell'episodio che mi ha visto condannata, credo che qualcuno abbia soffiato sul
fuoco, credo che qualcuno aspettasse un pretesto - come il rapimento di un
bambino - per scatenare la guerriglia contro di noi".
Ripetiamo: per i giudici lei è responsabile di quel rapimento, la sentenza è
definitiva, se potesse incontrare la mamma della bimba rapita per pochi minuti,
cosa le direbbe?
"Nutro ancora troppa rabbia per quello che mi è successo, voglio guardare
avanti, niente polveroni polemici".
Cosa fa da quando è libera?
"Voglio ringraziare i miei legali, gli avvocati Liana Nesta e Cristian Valle che
hanno creduto in me e hanno provato a difendermi anche contro i pregiudizi. Ho
trovato attorno a me tanta solidarietà, ora provo a ripartire. Ho vent'anni,
vorrei un lavoro (so fare la parrucchiera), una vita normale da cittadina
napoletana. Nel frattempo, quando posso, faccio anche un po' di volontariato".
In che senso?
"Parlo bene italiano, spesso mi reco in alcuni campi rom dell'hinterland assieme
ad altri volontari, dove cerco di svolgere un ruolo in un più ampio progetto di
integrazione".
È andata anche a Ponticelli?
"No, lì non sono mai tornata. Mi fa troppo male rivedere quei posti, per anni ho
rivissuto dentro di me quella scena, quel cancello che si apre, gli scalini,
l'uomo che mi afferra il braccio, qualcuno che mi chiede di firmare carte che ho
fatto bene a non firmare: perché io quella piccola nel carrozzino, non l'ho
neppure vista una volta in vita mia".
Di Fabrizio (del 15/08/2012 @ 09:10:36, in Italia, visitato 1626 volte)
13 Agosto 2012 - COMUNICATO STAMPA Comunità sant'Egidio
Quanto costa e a chi costa il gioco dell'oca dei trasferimenti dei rom? Chi
paga le iniziative (pagate anche dal tribunale civile di Roma) del Comune?
Inauguriamo il principio della responsabilità economica degli atti di governo
che comportano spreco di soldi pubblici
I cittadini romani non lo sanno, ma questa è un'estate superattiva per
trasferire i Rom della Capitale da un punto all'altro. In maniera inutile e
costosa. Il percorso è sempre lo stesso: rendere difficile la vita nei campi
attrezzati esistenti, smettendo la manutenzione, invocare il "degrado", e poi
allontanarli oltre il Raccordo Anulare.
Stavolta il gioco è più costoso e sperpero di soldi pubblici. E' anche
imbarazzante, visto che il Tribunale di Roma ha rilevato che: "il «codice
comportamentale» imposto agli abitanti del nuovo «villaggio attrezzato La
Barbuta appare lesivo del diritto della libertà personale, alla vita privata e
familiare e alla libertà di riunione», e ha chiesto di fermarsi.
Intanto si distrugge il "campo attrezzato" di Tor de' Cenci, regolare e
attrezzato dal 2000, con fogne e opere già fatte a carico del Comune. Si decide
di affollare il campo de La Barbuta, fatto con 9 milioni di euro del Fondo
"emergenza rom" nazionale.
Prima di spingere gli abitanti a trasferirsi in modi diversi, sono stati
interrotti i servizi necessari alla manutenzione e gestione del campo. Lo si è
"declassato" da "campo attrezzato" a "campo tollerato". Adesso si procede
all'espulsione di quelli rimasti. Per evitare equivoci, si abbattono con le
ruspe i container comprati con i soldi pubblici e riutilizzabili anche in altri
luoghi. Le macerie restano sul terreno e davvero per chi resta è il degrado.
Sembra bombardato.
C'erano in attesa, comunque, per La Barbuta, già una parte dei Rom che stavano a
Casilino 900, mai ricollocati da tre anni, e quelli che stanno al Salario, più
di 300 persone: in assistenza a carico del Comune a 25-40 euro al giorno a
persona (300 persone fanno 9mila-10 mila euro al giorno che si continuano a
pagare. Una famiglia di cinque persone che costa sui 4, 5 mila euro al mese. Con
molto meno si affittano case decenti. Ma il Comune non lo fa. E non utilizza
nemmeno il nuovo campo de La Barbuta per loro.
Sarebbe stato più semplice e meno costoso in ogni caso riqualificare il campo
attrezzato di Tor de' Cenci e lavorare all'integrazione, invece di lavorare alla
sua scomparsa per inseguire la promessa che i Rom non devono stare a Roma.
La Comunità di Sant'Egidio chiede:
1) Di fermare immediatamente queste operazioni (movimenti per rendere la vita
difficile agli abitanti sono registrati anche nel campo di Monte Mario, con
l'abbattimento delle protezioni dal sole in piena estate), per evitare ulteriori
danni e spreco di denari pubblici.
2) Di quantificare il valore delle opere di urbanizzazione e dei container
regolari distrutti nel campo di Tor de' Cenci e nei casi analoghi precedenti.
3) Di quantificare il costo della mancata ricollocazione delle persone
sgomberate in passato, dal momento degli sgomberi ad oggi, anche considerando
che nel frattempo sono stati realizzati col piano emergenza Rom nuovi campi
attrezzati ma non utilizzati per i primi "sfollati" in assistenza.
E di introdurre il principio della responsabilità personale, economica, nelle
decisioni che comportano evidente spreco di denari pubblici perché non siano i
cittadini a sopportarne il peso.
Sorprende che in tempi di austerità e di spending review si continuino a
prendere decisioni dannose del bilancio della città quando esistono (e erano
state proposte dalla Caritas, dalla Comunità di Sant'Egidio e altri) alternative
ragionevoli.
Di Fabrizio (del 19/08/2012 @ 09:18:46, in Italia, visitato 1378 volte)
Da
Popica.org
Questa mattina (17 agosto, ndr.) alle ore 8.30 forze di polizia, carabinieri e
guardia di finanza hanno chiuso al traffico via Prenestina e con una decina di
blindati hanno sfondato il cancello del civico 911, facendo irruzione
all'interno dell'insediamento abitato prevalentemente da rom e romnì, approdati
in quell'area 3 anni fa dopo lo sgombero del campo di via di Centocelle.
Mentre al civico 913 gli abitanti di Metropoliz sono saliti sui tetti e si sono
barricati all'interno dell'ex fabbrica pronti a resistere, i 40 nuclei del 911
hanno avviato una trattativa con la sala operativa sociale del comune con la
mediazione di 2 attivisti dell'associazione Popica onlus, che sono stati
denunciati.
Una trentina di nuclei rom e romnì ha rifiutato le soluzioni tampone proposte
dal comune ed è stato accolto dentro Metropoliz, scegliendo di proseguire il
percorso di lotta e di autodeterminazione all'interno della città meticcia. Gli
altri hanno trovato sistemazione all'interno varie strutture gestite dal comune.
Ancora una volta l'amministrazione e la questura utilizzano il mese di agosto
per portare a termine operazioni di sgombero senza soluzioni concrete, mostrando
il pugno duro contro chi reclama diritti e occupa per necessità in assenza di
politiche abitative degne e sostenendo gli interessi dei signori del mattone e
della rendita in una città disegnata a misura degli speculatori.
L'accanimento verso i rom e le romnì conferma che il "piano nomadi" è uno
strumento di mera persecuzione razzista, mentre la scelta di non subire il
ricatto dell'amministrazione e di proseguire la battaglia per il diritto
all'abitare dentro la città meticcia da parte di 30 nuclei rafforza la nostra
idea che oggi più che mai, dentro la crisi, è necessario autorganizzarsi e
riconquistare il diritto alla città attraverso il riuso del costruito pubblico e
privato, per sottrarre spazio alla rendita e affermare spazi di libertà.
Metropoliz_ città meticcia
Blocchi Precari Metropolitani
Popica onlus
Cronaca fotografica su
Simona Granati Photojournalist - buenaVista photo
Di Fabrizio (del 28/08/2012 @ 09:14:11, in Italia, visitato 2296 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Oggetto: Esposto avverso i giornalisti Michele Ruffi e Roberto Casu
dell'Unione Sarda
Il sottoscritto rappresentante dell'Associazione sarda contro l'Emarginazione
(Asce) e delegato ad acta della onlus Fondazione Anna Ruggiu di Cagliari,
dell'Associazione 2000 [R]esistenze di Monastir, del CagliariSocialForum di
Cagliari e del Gruppo EveryOne (group for international cooperation om human
righys culure) di Treviglio, tutti per l'occasione domiciliati presso A.S.C.E.
in S.S. 387 Km 8 – 09047 SELARGIUS, presenta all'Ordine dei Giornalisti della
Sardegna un esposto avverso i giornalisti dell'Unione Sarda Michele Ruffi e
Roberto Casu, in relazione agli articoli pubblicati sul suddetto quotidiano in
data 11, 12, 13, 15 e 17 agosto 2012, qui di seguito più precisamente indicati,
ritenendo che i loro contenuti violino i doveri imposti dal codice deontologico
dell'Ordine e nel contempo il "Diritto alla Riservatezza" del cittadino ai sensi
della L. 675/96 art. 25 e le Leggi che puniscono l'istigazione all'odio razziale
e le discriminazioni su base etnica.
1) In data 11 agosto 2012 il quotidiano pubblicava in prima pagina, a firma di
Michele Ruffi e sotto la responsabilità del facente funzioni di Direttore
Responsabile Roberto Casu, un articolo intitolato "Cagliari, per gli zingari una
villa con piscina a spese del Comune". L'occhiello recitava: "Bagni di lusso e
aria condizionata". Il sommario in prima pagina riportava: "Una villa con
piscina, una casa con giardino e pavimenti in marmo, aria condizionata e bagni
di lusso con idromassaggio: sono i nuovi alloggi di alcune famiglie nomadi, che
a giugno hanno abbandonato il campo sosta (…) quasi tutti si sono trasferiti, a
spese del Comune di Cagliari, nelle case prese in affitto sul litorale
quartese".
L'articolo pubblicato a pag. 19 riportava invece questo titolo: "Ai nomadi una
villa con piscina". Sottotitolo: "Viaggio nelle case con giardino, tra marmi e
idromassaggio". Nella stessa pagina comparivano inoltre tre fotografie, una
della piscina, una dei servizi igienici di un edificio, la terza di un edificio.
Senza entrare nel merito dell'articolo, che pure offriva una visione distorta ed
erronea delle condizioni delle abitazioni, gli scriventi ritengono che le
affermazioni riportate nei titoli succitati, nell'occhiello in prima pagina e
nel sottotitolo della pagina interna, costituiscano una gravissima violazione
dei principi di verità e oggettività, sostanziatasi nel proporre al lettore una
conoscenza del tutto fuorviante della realtà oggettiva delle cose.
Gli edifici in oggetto infatti, così come risulta dalla immagini, della casa per
sei famiglie, della testata online CagliarIPad (http://www.youtube.com/watch?v=Sq6H0J9LcwQ),
non corrispondono nella maniera più assoluta alla descrizione fornita. In
particolare la cosiddetta "villa con piscina" è in realtà un grande edificio da
tempo abbandonato, con i vani e i servizi resi inagibili dagli atti di
vandalismo, le mura scrostate e minate dall'umidità, gli spazi aperti incolti e
la stessa "piscina", ricolma in parte di fanghiglia e di rifiuti solidi, del
tutto inutilizzabile.
Oltre ad instillare nei lettori una errata percezione delle strutture,
l'occhiello e il testo in prima pagina riportavano inoltre un'altra asserzione
del tutto falsa, laddove recitavano che l'affitto delle strutture sarebbe stato
"a spese" del Comune. Eppure sulla stessa Unione Sarda del 14 agosto un articolo
a firma del Magistrato Altieri spiega che quei denari provengono dalla U.E. Ed
era già risaputo infatti, poiché reso noto dall'amministrazione comunale, così
come peraltro risulta agli scriventi in base alle loro dirette conoscenze delle
normative di legge a tutela dell'etnia Rom, che i fondi che verranno utilizzati
provengono da specifici finanziamenti della Comunità Europea, non altrimenti
utilizzabili, né convertibili in capitoli di spesa altri.
Gli scriventi ritengono che i giornalisti Ruffi, come firmatario dell'articolo,
e Casu, come Direttore Responsabile, abbiano di fatto violato la Carta dei
Doveri del Giornalista sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell'Ordine e dalla
Federazione Nazionale della Stampa l'8 luglio del 1983. Sia per la manifesta
falsità del contenuto dei titoli, sottotitolo e occhiello succitati. Sia con la
pubblicazione delle tre fotografie che non mostrano la situazione di sfacelo ma
anzi inducono artatamente a una visione fallace. Sia, infine, perché, più in
generale, anche nel testo dell'articolo, non viene restituita un'informazione
attinente alla realtà oggettuale delle cose ("Il giornalista non deve omettere
fatti o dettagli essenziali alla completa ricostruzione dell'avvenimento. I
Titoli, i sommari, le fotografie e le didascalie non devono travisare, né
forzare il contenuto degli articoli o delle notizie", cit. Carta dei Doveri).
2) In data 12 agosto 2012, il quotidiano pubblicava, sempre a firma di Ruffi e
sotto la diretta responsabilità di Casu, un articolo in prima pagina riportante
questo titolo: "Zingari in villa: è bufera". Occhiello. "Il Comune verserà 2.500
euro al mese al proprietario dell'immobile". L'articolo a pag. 19 è corredato di
una fotografia, le cui caratteristiche di non veridicità oggettuale sono pari a
quelle delle immagini pubblicate il giorno precedente, e supportato di un altro
pezzo di spalla nel quale viene intervistato il proprietario della cosiddetta
"villa con piscina".
Senza in questo caso voler entrare nel merito dei titoli e del testo
dell'articolo, che contiene alcune parziali rettifiche di quanto affermato il
giorno precedente, gli scriventi ritengono che la stessa intervista al
proprietario dell'immobile, laddove viene citata la struttura data in uso ai
Rom, l'ex discoteca il Pandemonium, costituisca di fatto una seconda violazione
dei doveri sanciti dalla Carta e insieme una gravissima infrazione del Diritto
alla Riservatezza così come sancito dalla Legge 675/1996 e dal D.lgs n.123/1997.
Rendendo pubblica infatti la dislocazione dell'abitazione delle famiglie rom che
hanno preso in affitto la struttura, in un rapporto squisitamente economico tra
privati cittadini, i giornalisti succitati hanno fornito al pubblico l'esatta
dislocazione dell'immobile, in un momento, tra l'altro, gravido di tensioni
sociali e di aperte minacce nei confronti della popolazione rom tutta.
Gli scriventi ravvisano in tale azione anche una palese violazione di quanto
sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.5259 del 18 ottobre 1984
(più conosciuta anche come Decalogo del giornalista), laddove essa delimita con
esattezza le condizioni per le quali il Diritto di Stampa possa prevalere sul
Diritto alla Riservatezza:
- L'utilità sociale dell'informazione (inesistente nell'indicare l'esatta
ubicazione di un nucleo di famiglie che non si sono rese colpevoli di alcun
reato e la cui unica "eclatante" diversità appare quella etnica);
- la verità dei fatti esposti (minata già alla base dalle false informazioni
pubblicate il giorno precedente);
- la continenza formale, ovverossia la forma civile dell'esposizione (che
palesemente esula dai toni apertamente scandalistici utilizzati negli articoli
dell'11 e del 12 agosto).
3) In data 13 agosto 2012, a un terzo articolo a firma di Michele Ruffi che
descrive un'altra delle abitazioni prese in affitto dalle famiglie rom sul
litorale di Quartu Sant'Elena, intitolato "Nomadi, ecco le altre case", viene
affiancata una quarta fotografia, presa dall'alto, che oggettivamente rende
pubblica e riconoscibile la sua ubicazione.
Anche in questo caso gli scriventi ravvisano una gravissima violazione del
Diritto alla Riservatezza e una palese violazione della deontologia
professionale dei giornalisti Ruffi e Casu.
4) In data 15 agosto 2012 il facente funzioni di Direttore Responsabile Roberto
Casu pubblicava un editoriale da lui stesso sottoscritto dal titolo "Chi difende
i diritti dei bambini rom". In tale editoriale, oltre a confermare per intero
ogni notizia fino allora pubblicata, faceva propri i peggiori stereotipi sui
bambini rom, offrendo così al lettore una immagine completamente distorta della
realtà e alimentando i sentimenti di ostilità verso i Rom e, data la
generalizzazione, di rifiuto di quella etnia.
Egli infatti scrive dello "sfruttamento dei bambini zingari: esposti ai semafori
dai loro genitori o sfruttatori, per impietosire gli automobilisti, privati
della scuola e addestrati a fingersi storpi". Una realtà simile a Cagliari non
esiste e salvo eccezioni da verificare tutti i bambini risultano scolarizzati e
nessuno viene impiegato per mendicare. Nello stesso scritto il giornalista
insulta i critici degli articoli dei giorni precedenti, riproponendo anche la
falsa notizia della "villa con piscina", nel modo seguente: "... in questi
giorni a Cagliari, nel salotto di qualche orfanello del giornalismo, di odio
razziale si è scritto (si fa per dire) e sparlato anche troppo, … E' bastato che
questo giornale denunciasse lo sconcio di una villa con piscina assegnata ad
alcune famiglie rom ..."
La realtà ci dice che la villa con piscina non esiste e che per il giornalista
Casu i rom non potrebbero vivere in una villa con piscina neanche se ne avessero
l'opportunità. Infine egli scrive ancora: "E' razzismo chiedere che gli alloggi
ai rom vengano concessi solo a condizione che i beneficiari rispettino le leggi
dello Stato italiano …?" In questo caso il giornalista propone un'altra
discriminazione su base etnica, proponendo una condizione solo per i rom,
presumendo e facendo intendere in modo chiaro che i rom, in quanto tali, sono
propensi a non rispettare le leggi e che l'eventuale mancato rispetto delle
leggi debba comportare, sempre e solo per i rom, la perdita dei diritti umani.
5) Il giorno 17 agosto 2012 il giornalista Ruffi propone un articolo dal titolo
"Noi volevamo un altro campo" nel quale intervista Saltana Ahmetovic ed
Antonello Pabis, contro la volontà degli stessi contenente espressioni
virgolettate ed agli stessi attribuite che non sono mai state dagli stessi
pronunciate e non in quei termini. Nella sua presentazione in prima pagina il
titolo scelto è "Il capo dei Rom: dateci un'altro campo", laddove non si può
affermare, per ragioni di verità, che i Rom siano rappresentati da un capo e che
sia sufficientemente noto che a Cagliari i Rom hanno più delegati in
rappresentanza delle diverse famiglie e che attribuire ad una persona il ruolo
di capo, evidentemente di tutti o della generalità dei rom, oltre a provocare
sospetti tra gli stessi rom, può indurre all'idea di una comunità
pericolosamente organizzata e feudalmente gerarchizzata.
In un successivo pezzo dal titolo "Caso nomadi, una valanga di sms" si propone
un'ampia carrellata di messaggi dimostrativi degli effetti provocati dalle
notizie pubblicate dall'Unione Sarda: "A chi si è fatto venire la bella idea di
ospitarli in ville con piscine mettendo sul groppone di noi sardi i costi ….."
(scrive tale Michele Lavezzi); "la mia casa popolare non ha piscina, né
idromassaggio, quanto meno marmi intarsiati …." (sig. Giuseppe, S.Elia); "Ai rom
villa al mare e 90 euro al giorno" (P.Masia); "... perchè … i rom in pochi
giorni sono stati sistemati anche in villa?" (Sergio); "Bambini tenuti sotto la
pioggia, bambini costretti quantomeno a mendicare (o forse qualcosa di più),
bambini costretti ad imparare mezzi e mezzucci per impietosire e portare a casa
qualche euro per i loro impietosi genitori ..." (Piergiorgio Calò).
Gli scriventi, in merito a tutto quanto su esposto, si affidano agli organi
preposti dell'Ordine dei Giornalisti della Sardegna affinché valutino il
comportamento professionale di Michele Ruffi e di Roberto Casu, soprattutto e
ancora una volta alla luce della sentenza della Corte di Cassazione del 18
ottobre 1984 (Decalogo del giornalista), esemplare nel definire i contorni
dell'informazione comunque scorretta che non si sostanzia solo nel veicolare
notizie false o errate (cosa che nel caso specifico ci pare acclarata dai
fatti), ma anche nel porre in essere tecniche informative viziate dallo sleale
difetto di chiarezza:
- "Il sottinteso sapiente", nella consapevolezza che l'uso di determinate
espressioni ("ai nomadi villa con piscina") verranno intese dai lettori in senso
fortemente sfavorevole;
- "gli accostamenti suggestionanti", (nel nostro caso anche con l'uso di
fotografie probabilmente d'archivio non restituenti la realtà oggettuale dello
stato degli edifici), che tendono a mettere in "cattiva luce" i soggetti di cui
si parla;
- "il tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato", nel nostro caso
specialmente nei titoli, allo scopo di indurre i lettori più superficiali o
sprovveduti a cadere in suggestione a causa dei toni usati.
Gli scriventi, affidandosi alla valutazione degli organi competenti dell'Ordine,
non possono esimersi, in conclusione di questo esposto, di manifestare tutta la
propria preoccupazione per gli effetti potenzialmente anche devastanti che gli
articoli pubblicati dall'Unione Sarda, testata di antica e più illuminata
tradizione, potrebbero provocare.
In un momento in cui la società, in particolare quella sarda, è minata da gravi
difficoltà economiche, e nel contempo è anche attraversata da fortissime
tensioni sociali, l'uso improprio dell'informazione, allorquando essa è minata
dal veleno della falsità e dall'arroganza del pregiudizio, non solo può minare
l'opera di tutti coloro che oggi sono impegnati nel tutelare i diritti della
minoranza rom, ma può anche portare a pericolose manifestazioni di intolleranza.
Vieppiù nel caso specifico di un gruppo minoritario ancora oggi vittima di
diffusi attacchi razzisti o xenofobi e sempre a rischio di nuovi atti di
violenza.
Dispiace prendere atto di quanto ogni raccomandazione del Parlamento Europeo,
così come le "Comunicazioni" della varie Commissioni di Bruxelles, in merito a
un uso coscienzioso e rispettoso dell'informazione avente come tema le categorie
deboli e in particolare l'etnia Rom e Sinta (l'ultima, la 173, è stata recepita
dall'Italia nel 2011), siano state clamorosamente disattese.
Gli scriventi chiedono di essere informati degli esiti del presente esposto.
All'Ordine dei Giornalisti della Regione Sardegna
Via Barone Rossi 29 – Cagliari
P.c.: Al garante per la protezione dei dati personali
Piazza di Monte Citorio 121 – 00186 Roma
Agli Organi di Stampa
Cagliari 24.8.12
Antonio Pabis
Per L'associazione Sarda contro l'Emarginazione, la Fondazione Anna Ruggiu
onlus, l'Associazione 2000 Resistenze, il Cagliari Social Forum, il Gruppo
EveryOne
Di Fabrizio (del 01/09/2012 @ 09:12:44, in Italia, visitato 1313 volte)
Segnalazione di Giancarlo Ranaldi
Fanpage.it La ragazza rom accusata del tentato rapimento di una neonata torna
a Ponticelli, dove nel 2008 una folla inferocita aveva assaltato e incendiato i
campi della zona e costretto centinaia di persone a fuggire. Angelica racconta
ai microfoni di fanpage.it la verità su quello che accadde in quei giorni.
Angelica Varga torna per un giorno a Ponticelli. La giovane rom accusata del
tentato rapimento di un neonato nel maggio del 2008 quando aveva appena 15 anni:
episodio che scatenò la violenza razzista ai danni della comunità rom, gli
incendi e il pogrom di anziani, donne e bambini. Angelica è stata condannata a
quattro anni di reclusione, trascorsi tra il carcere minorile di Nisida e una
casa famiglia della provincia di Napoli. A fine maggio ha scontato la sua pena
ed è tornata libera. Ha deciso di parlare ai microfoni di fanpage.it e raccontare
la sua verità. Nega l’accusa di rapimento e racconta la sua versione dei fatti.
Lo fa tornando proprio in via Argine, per un giorno, davanti agli ex campi dove
vivevano centinaia di suoi connazionali.
Prova a cacciare le paure e guardare quei campi incendiati dall’ignoranza e
dagli affari criminali. In un italiano impeccabile, Angelica parla del suo
passato e del suo futuro, riannodando i ricordi che aveva provato scrivere in un
diario mentre era in comunità. Napoli, i magistrati che l’anno giudicata "era
solo una bambina", gli operatori sociali e i volontari che l’hanno accolta e
sostenuta, il popolo Rom, sono solo alcuni dei temi che affronta. E poi la "pena", quella
"dentro e fuori al carcere", afferma, "è la prima cosa che mi
viene in mente ricordando questi anni". Eppure Angelica non si arrende e guarda
al futuro. Tornerà in Romania per riabbracciare la sua famiglia e sua figlia che
oggi ha cinque anni. A nemmeno vent’anni, la giovane originaria della
Transilvania rivendica il diritto a una vita per "provare almeno ad assaggiare
la felicità".
Eppure, prima di partire, sa di lasciare un pezzo di sé in Italia. Il nostro
Paese non ha esitato a condannare una ragazzina di 15 anni e deve fare ancora i
conti con la xenofobia, con la povertà e con le paure verso culture diverse.
A cura di Giuseppe Manzo e Alessio Viscardi
Di Fabrizio (del 05/09/2012 @ 09:10:50, in Italia, visitato 1380 volte)
NO(b)LOGO Aug. 28th, 2012 at 11:45 AM
Sono ritornato lunedì 27, dopo due anni e mezzo di (mia colpevole) assenza, nel
campo di Tor de Cenci.
La foto è relativa alla visita del 2010, quando stava prendendo piede la
minaccia della chiusura del campo.
La didascalia diceva "11" anni e nulla è cambiato, prendendo spunto dalla foto
di Tano d'Amico che documentava lo sgombero del Casilino 700 [sindaco Rutelli,
le deportazioni pro Giubileo messe in atto dal clericale ex-radicale sindaco di
sinistra (?)].
In questi due anni e mezzo qualcosa è cambiato, e molto in peggio, in quanto il
campo ha subito l'assedio violento da parte della giunta Alemanno, ed in
particolare la
rabbiosa ostilità della vicesindaco e responsabile delle
politiche sociali.
E' bene ricordare che Belviso ha costruito la sua carriera politica
sulla
promessa ai "benpensanti" del quartiere della rimozione della comunità di Tor
de' Cenci. La comunità rom, composta in buona parte di bambini ed adolescenti,
trattata come un problema di decoro urbano, monnezza da portare fuori dagli
sguardi fuori dal confine del raccordo anulare.
In questi due anni e mezzo sono successe tantissime cose. La più dolorosa
la
morte di George (11 mesi), morte evitabilissima, se chi amministra avesse avuto
a cuore la sicurezza dei residenti del campo più degli interessi elettorali.
In questi due anni e mezzo il Comune ed il Municipio hanno fatto di tutto per
portare al degrado una struttura che, con tutti i limiti degli italici campi
rom, era non disastrosa.
Nel 2010 Tor de' Cenci non era il disastro di adesso. A questo proposito c'è la
testimonianza di
Marco Squicciarini (responsabile CRI per i ROM) che mi diceva:
"sono rimasto sorpreso da questo campo. spero rivedano i progetti di
smantellamento. per me ci sono altre priorità in altri campi senza luce, fogne
ed acqua". [Si veda anche :
Roma, Tor de' Cenci: una follia il progetto di
spostare le famiglie Rom a Castel Romano]
Fabio Grilli, un reporter attento e molto presente sul territorio, racconta
molto bene come si riesca a
far diventare un "campo nomadi modello" un "campo
tollerato" (agosto 2011).
Nei mesi successivi il campo tollerato è diventato secondo Alemanno: "un campo
dichiarato inagibile dalla Asl".
Premesso che la dichiarazione di inagibilità non c'è mai stata. Il sindaco
centurione dovrebbe assumersi tutte le responsabilità di questo degrado.
Alla fine la pressione della giunta, un misto velenoso di promesse e minacce, ha
convinto parte dei residenti del campo, la comunità macedone, ad accettare
la "deportazione" al costosissimo nuovo lager de La Barbuta.
Su La Barbuta scrivo lager a ragion veduta: basta guardarne le foto per
rendersene conto, e basta la
sentenza dell'8 agosto scorso in cui la II sezione
del tribunale civile di Roma che ha bloccato le deportazioni.
Con una azione tanto dimostrativa e simbolica quanto dispendiosa ed inutile, le
ruspe hanno demolito a Tor de' Cenci i containers lasciati vuoti dalla comunità
macedone.
Un'altra parte dei residenti di Tor de' Cenci, la comunità bosniaca, non ha
ceduto alle pressioni ed è rimasta in quel che resta del campo.
Questa la situazione che ho trovato a Tor de' Cenci lunedì.
Un campo tra le macerie ed una popolazione reduce da un bombardamento, ma ancora
determinata a non andare via ed a ritrovare una vita degna nel quartiere.
Fortunatamente lunedì, a dare uno stop all'assedio, è arrivato un pronunciamento
del TAR che ha sospeso lo sgombero del Campo ed ha sancito il "dovere
dell'amministrazione di adottare tutte le misure idonee a ripristinare, almeno
temporaneamente, adeguate condizioni igienico-sanitarie nel campo Nomadi e nelle
aree circostanti".
E' una tregua ... di una battaglia che sarà lunga.
Questo BLOG sarà schierato a favore dei diritti dei residenti del campo di Tor
de' Cenci, 180 persone, di cui almeno la metà minori. Cittadini italiani e
bosniaci (ogni famiglia ha qualche componente con cittadinanza italiana) che
chiedono dignità ed il diritto alla scolarizzazione, al lavoro, alla salute ed
all'abitare.
Bibliografia:
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