Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 13/11/2007 @ 09:23:10, in scuola, visitato 1611 volte)
Da
Hungarian_Roma
Budapest, 7 novembre (MTI) - L'ombudsman per le minoranze ha detto mercoledì
scorso che il governo deve fare di più per rafforzare le strutture che
controllano la segregazione scolastica e per rafforzare la tolleranza zero.
Erno Kallai ha richiamato gli operatori degli uffici amministrativi e del
ministero dell'educazione a rinforzare la cooperazione col proprio ufficio per
sostenere gli sforzi per battere la segregazione che affligge particolarmente la
comunità Rom d'Ungheria.
Durante una conferenza stampa con il politico socialista Andras Tatai-Toth,
Kallai ha detto che lo stato deve giocare un ruolo maggiore nell'intervenire ad
assicurare che gli studenti Rom non siano vittime della segregazione scolastica.
Ha aggiunto che i governi locali siano ben equipaggiati per affrontare questo
tipo di problemi.
Dovrebbe spuntare dalla elite politica ungherese che non ci sono programmi di
lunga durata di evoluzione sociale - invece che guardare i quattro anni futuri
dovrebbero progettare per i venti - i trenta seguenti, ha detto: "Dobbiamo
rompere il ciclo vizioso che rafforza la segregazione scolastica di generazione
in generazione," aggiungendo che gli studenti che sono passati per la
discriminazione sono al momento del passaggio al mondo lavorale un peso sociale.
Tatai-Toth ha detto che il gruppo di lavoro sulla scuola del proprio partito
intende offrire all'ombudsman tutto il supporto necessario perché raggiunga
risultati effettivi. Il lavoro del governo è stato di assicurare il quadro
legale e le risorse per ottenere risultati nel lungo termine.
Di Fabrizio (del 19/11/2007 @ 09:33:28, in scuola, visitato 2353 volte)
Da
Czech_Roma
[JURIST] La Corte Europea dei Diritti Umani ha
giudicato martedì che la separazione educazionale dei bambini rom nella
Repubblica Ceca viola i principi dei diritti umani. Con 13 voti a favore e
4 contrari la corte ha ritenuto che la
separazione viola l'Articolo 14 della
Convenzione Europea sui Diritti Umani [pdf], offrendo la scuola
un'educazione di livello inferiore. La corte ha dichiarato che:
Le disposizioni d'istruzione per i bambini de Roma non sono state
assistite a dalle misure di sicurezza che avrebbero assicurato che,
nell'esercizio dei suoi margini di apprezzamento nella sfera educativa, lo
Stato ha considerato i loro bisogni speciali come membri di una classe
svantaggiata. Inoltre, come conseguenza delle disposizioni i candidati sono
stati disposti in scuole per bambini svantaggiati mentalmente, dove i
programmi sono differenti da quelli delle scuole ordinarie e dove i bambini
sono isolati dagli altri della popolazione maggioritaria. Di conseguenza,
hanno ricevuto una formazione che aumenta le loro difficoltà e compromette
il loro sviluppo personale successivo invece di affrontare i loro problemi
reali o aiutarli ad integrarsi nelle scuole ordinarie e sviluppare le
abilità che faciliterebbero la vita fra la popolazione maggioritaria.
Alla Repubblica Ceca è stato ordinato di pagare 4.000 € per ogni bambino, e
questo potrebbe potenzialmente accelerare l'integrazione educativa con l'Unione
Europea.
I bambini rom si sono inizialmente lamentati della mancanza di educazione
adeguata nel 2000, nel periodo in cui la Repubblica Ceca incominciava ad
effettuare cambi nel sistema scolastico. Nel 2005, le scuole speciali per i
bambini rom sono state ufficialmente abolite, tuttavia, alcuni osservatori
notano che queste scuole funzionano tuttora con gli stessi sub-standards e sotto
nuovi nomi. L'anno scorso, il Centro Europeo di Verifica e Controllo sul
Razzismo ed la Xenofobia ha segnalato che Rom, Ebrei e Musulmani continuano ad
avvertire una
significativa discriminazione e violenza razziale ed etnica nei paesi EU.
[...] EUobserver
coverage
Di Fabrizio (del 23/11/2007 @ 09:01:02, in scuola, visitato 2514 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Rapporto di Amnesty International sulla Repubblica Slovacca: negata ai bambini e alle bambine Rom un’istruzione secondo criteri di uguaglianza e non discriminazione “I bambini qui sono dei ritardati mentali. C’è la tendenza a integrare i Rom nelle scuole primarie, ma per gli alunni con ritardo mentale e sociale non cambia niente. I bambini che provengono da un ambiente socialmente svantaggiato soffrono di un ritardo sociale e mentale.” (Il preside di una scuola speciale frequentata per il 9% da bambine e bambini Rom) Un alto numero di bambine e bambini Rom viene ancora assegnato, in modo sproporzionato, a scuole speciali, frequenta classi per persone con disabilità mentale e difficoltà d’apprendimento o viene segregato in scuole per soli Rom: è questa la denuncia contenuta in un rapporto presentato oggi da Amnesty International sulle violazioni del diritto all’istruzione dei bambini e delle bambine Rom nella Repubblica Slovacca. Il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani segnala che i bambini e le bambine Rom assegnati alle scuole speciali seguono programmi ridotti e non hanno praticamente alcuna possibilità di reintegrarsi nelle scuole ordinarie o proseguire nell’educazione secondaria. Amnesty International chiede alle autorità slovacche di affermare in modo forte e chiaro la loro determinazione a sradicare la diffusa segregazione nell’istruzione delle bambine e dei bambini Rom e di prendere misure immediate per favorire la loro effettiva integrazione. “A prescindere dalla loro capacità individuale, molti bambini e bambine Rom ricevono un’istruzione di serie B in classi segregate. Se il governo non riesce a fornire un’istruzione adeguata a tutti i bambini e le bambine Rom, le loro prospettive d’impiego diventano scarse e si perpetua in questo modo un ciclo di marginalizzazione e di povertà” – ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani si dice preoccupata per il fatto che il modo in cui vengono effettuate le valutazioni e i criteri usati per assegnare una bambina o un bambino in una scuola o in una classe speciale possono costituire elementi di discriminazione, poiché non tengono in adeguata considerazione le differenze linguistiche e culturali. Il rapporto di Amnesty International afferma che fino al 50% delle bambine e dei bambini Rom sono stati assegnati a scuole o classi speciali in modo errato. “Una bambina o un bambino che vivono in una baracca in mezzo al nulla, senza elettricità o acqua corrente non sapranno mai come scaricare una toilette, usare un bagno, impugnare una matita, fare un disegno o parlare slovacco. Tutto questo, però, non dovrebbe privarli del loro diritto fondamentale a un’istruzione adeguata” – ha sottolineato Duckworth. Un’ulteriore motivo di preoccupazione per Amnesty International è costituito dall’ampia presenza di scuole e classi per soli Rom. In alcune zone orientali della Repubblica Slovacca, il 100% delle scuole è di tipo segregato. La legge prevede che i genitori abbiano il diritto di scegliere la scuola per i propri figli. Questa normativa, apparentemente neutrale, contribuisce in realtà alla segregazione: la libertà di scelta dei genitori dà spesso luogo al ritiro di bambine e bambini non Rom dalle scuole frequentate prevalentemente da Rom. La scelta dei genitori, insieme alla mancanza di trasporti scolastici gratuiti per le bambine e i bambini Rom influenza la segregazione e riduce radicalmente l’interazione tra i Rom e i loro coetanei in Slovacchia. Sebbene insista che la segregazione non è una politica ufficiale, finora il governo di Bratislava non si è veramente impegnato a fermarla. Come ha detto un funzionario slovacco ad Amnesty International, la segregazione si ottiene facilmente ed è difficile contrastarla. “La società civile ha la competenza e l’esperienza per contribuire a risolvere i problemi della segregazione e della discriminazione nei confronti delle bambine e dei bambini Rom. Un miglioramento degno di nota sarà possibile solo con il coinvolgimento attivo e concordato del governo slovacco e di ogni livello delle istituzioni, delle comunità Rom e delle organizzazioni non governative” – ha commentato Duckworth. Alcune misure speciali assunte dal governo, come l’istituzione di classi preparatorie, l’assunzione di insegnanti di sostegno, gli incentivi finanziari alle scuole per integrare le bambine e i bambini Rom e un minimo di formazione per gli insegnanti che lavorano con i Rom, hanno avuto l’approvazione di Amnesty International. Tuttavia, queste misure non sono obbligatorie e in molti casi non vengono attuate a livello locale. Il diritto all’istruzione è collegato ad altri importanti diritti umani, come il diritto a un’abitazione adeguata. Circa un terzo della popolazione Rom della Repubblica Slovacca vive in insediamenti situati fuori dalle città e dai villaggi, con scarsa o addirittura assente fornitura di acqua ed elettricità, servizi igienici, strade asfaltate e altre infrastrutture fondamentali. L’assenza di adeguati alloggi per i Rom ha un impatto notevole sulla possibilità che le bambine e i bambini Rom possano beneficiare del diritto all’istruzione. Katarina Krustenova, che vive in un insediamento nei pressi di Letanovce, nella Slovacchia orientale, ha dichiarato ai ricercatori di Amnesty International: “Abbiamo una candela… vorremmo che i nostri figli studiassero a casa, ma finisce molto presto…”. “I Rom hanno le stesse aspirazioni del gruppo maggioritario della popolazione slovacca. Il governo deve assumersi le proprie responsabilità e promuovere, proteggere e ottenere il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini Rom. Deve anche far sì che gli insediamenti precari e segregati dei Rom siano un ricordo del passato” – ha concluso Duckworth. “È molto importante che l’Unione europea, di cui la Repubblica Slovacca è Stato membro, sostenga il governo in tutti i suoi reali tentativi di affrontare il problema della sistematica violazione del diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini Rom. L’Unione europea potrebbe farlo fornendo la necessaria assistenza finanziaria e tecnica e assicurando la partecipazione dei Rom a tutti i livelli dell’adozione e dell’attuazione di politiche e programmi riguardanti la loro vita”. FINE DEL COMUNICATO Roma, 15 novembre 2007
Di Fabrizio (del 17/12/2007 @ 09:31:21, in scuola, visitato 1724 volte)
Da
Roma_Daily_News
Cari amici,
Roma Education Fund (REF) ha il grande piacere di annunciare la prima uscita
della rivista biannuale "A School for All".
Questa rivista intende fornire una piattaforma per discussioni, scambio ed
apprendimento di tutti quanti siano coinvolti ed interessati nell'educazione dei
bambini rom. La rivista non ha ambizioni accademiche ma spera di riunire
accademici, attivisti, esperti nello sviluppo comunitario, specialisti
dell'educazione, quanti sono coinvolti giorno per giorno nell'educazione dei
Rom, Rom e non Rom, nello scambiarsi esperienze concrete ed idee.
Il tema della prima uscita della rivista è "The Case for Integrated Education".
Si può scaricare la rivista dal nostro sito web
http://www.romaeducationfund.hu/ al link REF Magazine.
Best Regards,
Erzsebet Bader
ebader@romaeducationfund.org
Communication Assistant
Roma Education Fund
Hungary-1056
Budapest
Vaci utca 63
Tel: 36/1/ 235 80 30
Fax: 36/1/235 80 31
Di Fabrizio (del 19/12/2007 @ 12:18:36, in scuola, visitato 2017 volte)
Invio articolo di graziano halilovic, pubblicato su " IL MONDO DOMANI" Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF n.5
Saluti Maria Grazia Dicati
minoranze
di Graziano Halilovic
Rom bosniaco xoraxané, mediatore culturale, membro del Comitato Rom e Sinti
insieme
I bambini e gli adolescenti Rom e Sinti che riescono a varcare la soglia
di un’aula scolastica sono spesso i più soli ed emarginati, e lo rimangono per
tutti gli anni della frequenza obbligatoria.
Non basta mandarli a scuola, bisogna integrarli e responsabilizzare i genitori
Ancora oggi ricordo il mio primo giorno di scuola: un grandissimo autobus in
mezzo al campo nomade che si trovava in un quartiere di Torino. In questo
quartiere esistevano tante scuole, ma la nostra era dentro l’autobus. Il campo
nomade era grandissimo e c’erano diverse etnie Rom e Sinte; ogni tanto
litigavano tra di loro, ma se si avvicinavano e cercavano di mettere a rischio
la nostra scuola tutti si alzavano gridando per allontanarli dall’autobus.
Era molto bello andare a scuola; tutte le mattine mi accompagnava mia madre o
una delle mie sorelle. Io avevo 7 o 8 anni, e per la prima volta avevo un
dovere e finalmente anche un diritto: quello di andare a scuola!
Le mie sorelle e tante altre ragazze e ragazzi si avvicinavano all’autobus a
guardare e a curiosare dalla finestra. A me sembravano dei poveracci: il loro
destino era stare fuori, mentre noi avevamo il privilegio di stare dentro. Non
so bene chi, ma qualcuno aveva scelto il nostro destino, anzi meglio: qualcuno
aveva tolto il sacro diritto allo studio a quei ragazzi e ragazze che stavano
fuori, mentre noi stavamo dentro l’autobus a farci ghettizzare.
Mi chiamo Graziano Halilovic e sono un Rom Bosniaco. Oggi ho 35 anni, una moglie
bellissima, 6 figli (3 maschi e 3 femmine), un lavoro e un mutuo da pagare! Da
dodici anni la mia professione è il mediatore linguistico culturale. Mi sento
fortunato per la persona che sono diventato e per il tipo di percorso di
integrazione che ho fatto, anche grazie all’adeguata istruzione che ho ricevuto.
Devo tutto questo, comunque, non a chi aveva pensato al sistema della scuola
nell’autobus… ma ai miei genitori.
Lo Stato italiano ha deciso che tutti i bambini Rom e Sinti devono andare a
scuola. Oggi esiste il progetto di scolarizzazione, gestito dalle varie
associazioni, rivolto ai questi bambini (definiti minori a rischio). Il progetto
ha come obiettivo l’integrazione, la responsabilizzazione e la sensibilizzazione
dei genitori; le associazioni dovrebbero seguire i nostri minori nel percorso
scolastico. Ormai sono più di quattordici anni che la scolarizzazione va avanti
e i primi bambini Rom e Sinti che hanno fatto parte del progetto, oggi hanno 20
anni. La maggior parte di essi, però, è stata inserita a scuola quando aveva già
10 o 13 anni e questo ha creato grande disagio e poca sensibilità verso le loro
problematiche. Spesso le scuole hanno inviato tante richieste di aiuto, ma le
uniche risposte che hanno ricevuto sono state: “c’è l’obbligo scolastico e avete
il dovere di prendere i bambini nella scuola”.
Ai genitori Rom e Sinti hanno imposto l’obbligo di mandare i figli a scuola, ma
non hanno trasmesso e spiegato il valore e l’importanza di farli studiare.
Questo ha creato l’allontanamento del genitore dal proprio ruolo.
Le associazione si vantano del loro progetto finanziato dal Comune di Roma, del
numero di bambini che sono riusciti a portare nelle aule, ma la qualità della
frequenza scolastica dei bambini e come il bambino vive questa situazione non
sono considerati.
I bambini Rom e Sinti sono molto sensibili, delicati, attenti, curiosi, vivaci,
intelligenti, pronti a imparare, hanno tanta voglia di giocare, di sbagliare, di
ricominciare, insomma sono dei bambini, come tutti gli altri!. Ma quando si
discute di loro sembra che siano solo degli zingari.
I bambini che hanno frequentato la scuola con questo sistema, oggi sono usciti
con un diploma di terza media (grandi elogi al sistema!) ma se gli chiedi di
leggere o scrivere fanno la stessa fatica di un bambino di seconda o terza
elementare.
Nelle scuole subiscono tanto razzismo, sono sempre gli ultimi della classe e
spesso gli ultimi di banco… disegnano, mentre gli altri bambini imparano a
leggere e a scrivere. In classe i bambini Rom e Sinti si trovano a rappresentare
per gli altri la negatività. In adolescenza capiscono cosa significa vivere
isolato ed escluso! Condividono gli stessi sogni dei loro compagni, ma iniziano
a capire che hanno ben poche speranze di realizzarli.
Dopo otto lunghissimi anni di dura prova escono con la coscienza che la vita che
fanno è disastrosa, vergognosa e che nessuno li rispetta. Vorrebbero migliorare
la propria condizione e acquisire dignità e sanno che la strada giusta è il
lavoro, ma sono analfabeti e per gli altri sono solo degli zingari. Così
cominciano a capire che dopo otto anni di scuola per loro non è cambiato niente.
Ritornano al proprio campo nomade, due volte sconfitti sperando di essere
accettati almeno lì. E al campo li accettano, pur non riuscendo a capire come
mai dei ragazzi che hanno speso otto anni della loro vita nella scuola e che
hanno fatto tutto quello che si poteva fare per essere integrati, possano essere
cosi maltrattati e rifiutati.
Nel campo, quando si ritrovano con altri ragazzi che non hanno mai frequentato
la scuola si sentono diversi, persi nel nulla.
Una mia amica diceva che i bambini Rom o Sinti vengono trattati come sacchi di
patate, e non come esseri umani. Lo diceva ai suoi operatori e ai suoi educatori
scolastici.
Oggi dico che non basta solo accompagnare i bambini dal campo alla scuola e
fargli prendere la terza media senza garantire la qualità della frequenza
scolastica: questi ragazzi devono avere un sostegno per poter proseguire gli
studi; bisogna offrirgli un’alternativa. Bisogna sostenere il loro attaccamento
alla famiglia e non cercare di allontanarli (la famiglia è una parte molto
importante della loro vita); bisogna coinvolgere e sostenere la famiglia e
mettere i genitori nella condizione di aiutare il proprio figlio o la propria
figlia nel percorso scolastico.
So che non è un sogno e che tutto ciò potrebbe essere realizzato: per una
completa e reale integrazione manca solo la volontà delle persone. E se non
dimostrano di avere la volontà di percorrere questa strada, allora mi chiedo se
per loro i Rom e i Sinti non sono altro che un ennesimo strumento per fare
politica.
Di Fabrizio (del 03/01/2008 @ 08:53:00, in scuola, visitato 2942 volte)
MaximsNews Network
NAZIONI UNITE - Secondo un rapporto di
Open Society Institute (OSI), nonostante anni di promesse governative, i
bambini rom in molti paesi europei rimangono esclusi dall'educazione di qualità.
Segregati in classi di soli Rom, o in scuole speciali per disabilità intellettuale,
affollati in classi decrepite e lasciati ad insegnanti con scarsa preparazione,
gli studenti rom affrontano serie sfide per completare l'educazione di base.
I Rom sono la più grande minoranza d'Europa e parte chiave del suo futuro.
Fintanto che i leaders europei si crogioleranno nelle loro promesse, l'Europa
pagherà caramente il perdere un'altra generazione di bambini Rom discriminati e
negletti.
La situazione dei bambini rom nella scuola è dettagliata nella serie di
rapporti Equal Access to Quality Education for Roma.
Il volume include uno sguardo globale all'Europa e rapporti specifici su
Croazia, Macedonia, Montenegro e Slovacchia.
OSI ha poi rilasciato all'aprile di quest'anno rapporti nazionali su
Bulgaria, Ungheria, Romania e Serbia.
I rapporti forniscono una profonda prospettiva ed evidenziano le azioni
politiche necessarie per affrontare un'allarmante situazione.
La parlamentare europea Viktória Mohácsi dice: "Il rapporto OSI conferma che
la segregazione dei bambini rom non è basata soltanto sul colore della loro
pelle, ma anche fornendo educazione di bassa qualità ai nostri bambini. L'Europa
non dovrebbe accettare discriminazioni così serie.
L'Ungheria è stato il primo paese a creare le basi legali per la
desegregazione.
Almeno una dozzina di stati membri EU dovrebbero seguire questi passi".
La segregazione dei Rom a scuola, recentemente condannata dalla Corte Europea
dei Diritti Umani nel caso
D.H. ed altri contro la Repubblica Ceca, è pervasiva ma non riconosciuta in
Slovacchia, Macedonia, Croazia e Montenegro.
Ci sono rapporti affidabili e disponibili sulla segregazione, tuttavia i
governi continuano a negare che i bambini rom siano rinchiusi in scuole e classi
separate e di bassi standard.
In tutti i paesi monitorati, c'è un significativo gap tra i dati ufficiali e
quelli raccolti dalle OnG nelle loro ricerche.
In Macedonia, dati non ufficiali pongono la popolazione Rom nel paese oltre
tre volte il numero indicato dai censimenti nazionali.
In Slovacchia le scuole non riportano i casi di abbandono scolastico.
Le politiche educative non possono essere effettivamente indirizzate senza
questi dati di base, o su informazioni frammentate o incomplete.
I governi devono anche assistere alle deficienze fondamentali nei sistemi
scolastici nazionali.
In Montenegro, mancano posti nella pre-scuola e i bambini i cui genitori
lavorano entrambe hanno la priorità nell'assegnazione. Dato che la
disoccupazione è diffusa tra le famiglie rom, molti dei loro bambini perdono
perciò la possibilità di frequentare la pre-scuola.
In Croazia, i costi scolastici sono il maggiore ostacolo per le
famiglie rom, e anche se alcune municipalità allocano risorse per aiutare ad
incontrare questi corsi, non esiste un programma per assicurare a tutti i
bambini materiale scolastico appropriato.
Gli insegnati delle regioni monitorate dovrebbero ricevere maggiore supporto.
Gli insegnanti nelle scuole con una maggioranza di studenti rom hanno di rado
accesso ai programmi che li preparino a lavorare con una classe diversa, i
programmi di studio inflessibili limitano la loro capacità di adeguare alle
lezioni i bisogni degli allievi.
I rapporti oggi rilasciati danno anche esempi dei notevoli progressi
raggiunti nei paesi monitorati, spesso col supporto EU.
Questi includono l'Iniziativa Educazione Rom in Montenegro e il programma
comunitario delle OnG in Macedonia, che ha aiutato a forgiare collegamenti don
le famiglie rom.
Passo significativo, ognuno dei paesi monitorati ha sottoscritto il Decennio
dell'Inclusione Rom 2005-2015, iniziativa internazionale che stabilisce un
approccio coordinato per migliorare la situazione dei Rom in Europa.
D'altra parte, gli esempi positivi e gli impegni da soli sono insufficienti
per assicurare miglioramenti significativi.
Open Society Institute richiama i governi e l'Unione Europea a portare un
cambiamento significativo: dove così non fosse, i governi devono prendere
coscienza e proibir la segregazione.
A livello europeo, le politiche di formazione devono richiamare la
segregazione razziale ed il livello disuguale ed inadeguato per i Rom.
Per compiere gli impegni attuali verso l'uguaglianza per tutti, l'EU deve
articolare un quadro chiaro e generale per progredire, promulgando le politiche
che possono promuovere efficacemente l'inclusione sociale delle comunità Rom
attraverso l'Europa.
Di Fabrizio (del 13/01/2008 @ 09:19:33, in scuola, visitato 2172 volte)
Dal
Corriere della Sera
ROMA - Apartheid su via Palmiro Togliatti? Ieri il consiglio del VII
Municipio di Roma, uno dei caposaldi «rossi» della cintura a cavallo tra
Prenestina e Casilina, ha approvato a maggioranza una mozione presentata da
Rifondazione comunista (votata da Sinistra democratica, più tutto il centro
destra, contrario il Pd) in cui si chiede all'assessore comunale alla scuola di
valutare la richiesta di tornare a separare i bimbi rom dagli altri bimbi sugli
scuolabus, richiesta avanzata da un gruppo di genitori mobilitati dopo un
litigio avvenuto tra ragazzini. Secca la replica dell'assessore Maria Coscia (Pd):
«Sapevo che nel VII Municipio c'era stato qualche problema, ma pensavo che fosse
stato governato. Nel senso di includere e non di escludere... Mica possiamo
tornare ai tempi di Rosa Louise Parks...». Eppure da quel comprensorio di case
popolari e di ex borgate che si chiamano Centocelle, Prenestino, Quarticciolo,
Alessandrino o La Rustica, insomma la settima circoscrizione della città,
rischia di spuntare all'alba del 2008 un po' grottescamente quell'autobus giallo
del '55 a Montgomery. Epicentro è il 117 circolo didattico di Roma, alla
Rustica. Ad accendere la miccia nel parlamentino del VII retto da un presidente,
Roberto Mastrantonio, unico rappresentante dei Comunisti Italiani tra i
diciannove minisindaci di Roma, è stato Lucio Conte di Rifondazione Comunista.
Più cautamente Mastrantonio si è tenuto alla larga dall'auletta al momento
della votazione, comportamento adottato anche dalla consigliera verde
Mariani. Presi in contropiede i rappresentanti del Pd, costretti poi in sei, i
presenti al momento della votazione, a restare in minoranza. Due i punti messi
nero su bianco: col primo si chiede di valutare la richiesta avanzata dai
genitori di rivedere il sistema attuale di trasporto, il secondo suggerisce
invece di contribuire a un migliore sostegno scolastico dentro la scuola per i
bimbi rom. «Premesso che durante il trasporto il comportamento vivace di alcuni
bambini rom nei confronti degli altri bambini ha determinato le proteste dei
loro genitori — recita la mozione approvata — e che anche la presenza sul
pullman di due accompagnatori non ha fatto rientrare le preoccupazioni dei
genitori che hanno chiesto di far portare a scuola i loro figli su un pullman
senza la presenza dei bambini rom, visto che i genitori hanno chiesto che questa
situazione venga rimossa e si torni alla situazione degli anni precedenti in cui
si raggiungeva la scuola su pullman diversi... il Consiglio del Municipio VII
chiede al Presidente di sottoporre all'assessore comunale alla scuola
nell'ambito della prevista valutazione dello stato del progetto di trasporto
scolastico la richiesta dei genitori del 117 circolo...». Seguono poi le
richieste di un maggior sostegno scolastico all'insegna dei «diritti universali
riconosciuti a tutti i bambini».
«Mozione imbarazzante? E perché mai...— reagisce il consigliere del Prc
—. I problemi vanno affrontati, i cittadini sentiti. Oltre a quel litigio tra
bambini qua si è messo in moto qualcosa di più. Così sono andato dal presidente
e con lui ho concordato questa mozione...». Il capogruppo del Pd Marinucci
allarga le braccia. Dice: «Se è per questo ha avuto anche l'adesione dei due di
Sinistra Democratica. E poi si è sentita la capogruppo di An che diceva: "Ma
perché non l'abbiamo proposta noi?". Qua, se non stiamo attenti, torniamo alle
carrozze in treno per soli negri...». Il presidente Mastrantonio obietta. «Io
sono per il mantenimento del servizio, certo, ma se si determinano condizioni di
ingovernabilità che facciamo?».
Paolo Brogi
12 gennaio 2008
Di Fabrizio (del 16/01/2008 @ 09:01:10, in scuola, visitato 1911 volte)
Da
Primonumero
Si è concluso lunedì nella sartoria di via
Ruffini il corso di taglio e cucito per ragazze di etnia rom finanziato dal
Comune di Termoli al posto del sussidio di mantenimento. Le partecipanti, tutte
giovani, ne approfittano per raccontare qualcosa di se stesse e della comunità
‘zingara’ di Termoli, che conta circa 200 persone. “Ci sentiamo termolesi, e
rispetto alle nostre madri abbiamo altri desideri, come aprire una sartoria di
moda qui in città”. Un progetto dalla duplice finalità: favorire l’integrazione
sociale e creare una possibilità occupazionale salvando un mestiere in via di
estinzione
di Monica Vignale
Termoli. C’è un antico detto cinese che recita così: “Dai un pesce a
un uomo e lo farai mangiare per un giorno. Insegna a pescare a un uomo e l’avrai
sfamato per tutta la vita”. E’ più o meno quello che ha cercato di fare il
Comune di Termoli quando ha finanziato il corso di taglio
e cucito per ragazze di etnia rom invece di erogare, come ogni anno, un
sussidio sociale alle loro famiglie. Niente soldi in mano, ma piuttosto
un’occasione per imparare un «mestiere in via di estinzione», come ricorda
l’insegnante Maria, che da quarant’anni, armata di pazienza e di una discreta
dose di severità («che fa sempre bene») tramanda conoscenze tecniche e metodi di
sartoria a giovani apprendiste.
Lunedì 14 gennaio, nei centralissimi locali di via Cleofino Ruffini, le dieci
iscritte hanno sostenuto gli esami e ottenuto i diploma della scuola Sitac. Un
anno di lezioni, due volte a settimana, divise fra il tavolo da cartamodello,
righe, squadre e centimetri, forbici e macchine da cucire. Il risultato è appeso
sulle quattro pareti della stanza centrale: abiti da sera
con inserti di paillettes, gonne lunghe e svolazzanti di chiffon, corpetti
ricamati, camicette a motivi floreali, giacche con inserti decorati. Il
gusto e lo stile sono quelli dei rom, i colori sgargianti testimoniano
l’abbigliamento etnico che caratterizza il popolo degli zingari, come qualche
volta, con un accenno di biasimo, vengono definite le famiglie rom.
A Termoli la comunità è grande: duecento persone circa,
divise in 25 nuclei familiari. Con un problema, più o meno diffuso fra
tutti: non lavorano e, di conseguenza, non sono abbastanza integrati con il
tessuto sociale. Una limitazione non da poco, per la quale il progetto
sponsorizzato dall’Assessore alle Politiche Sociali
Antonio Russo vuole essere un tentativo di risposta. Lui, accompagnato dal
consigliere Giuditta e dall’assistente sociale del Municipio, viene accolto con
un applauso e subito s’informa sui progressi delle ragazze, che non si fanno
ripetere due volte le domande e si lanciano in un racconto entusiastico
dell’avventura sartoriale, iniziata il 16 gennaio dell’anno scorso. Due volte a
settimana lezioni di cartamodello e cucito: per tutte un’opportunità di
acquisire gli strumenti di un mestiere prezioso e sempre meno diffuso.
Per molte anche l’unica occasione per uscire di casa
durante la settimana, come racconta con garbo Giovina,
una delle partecipanti, che non ha problemi a parlare della mentalità rom e
cerca di far quadrare l’affetto per i genitori, ancora molto legati alla
tradizione, con la voglia di sentirsi termolese a tutti gli effetti e quindi
sicuramente più indipendente. « All’inizio non è stato per
niente facile convincere mio padre a darmi il permesso di frequentare questo
corso. Eppure io faccio parte di una delle famiglie più aperte fra quelle rom, e
frequento addirittura l’università! (è iscritta a Giurisprudenza a Campobasso,
ndr). Poi però, un po’ alla volta, ha capito... e adesso è molto contento per
me». Complice il coraggio di questa venticinquenne, che si è messa in testa di
‘educare’ i genitori a una maggiore apertura verso la società, «perchè magari
mamma e papà temono che quando esco di casa posso incorrere in tanti pericoli, e
invece le cose sono sicuramente più tranquille. Termoli è un paese...» Un paese
dove i rom, anche quelli di seconda o terza generazione, sono ancora visti con
un po’ di sospetto.
«Questa scuola di cucito ci dà finalmente la possibilità di dimostrare che anche
noi sappiamo fare qualcosa di buono!» si sfoga Giusy,
anche lei – come tutte del resto – con occhi scuri e lunghi capelli neri che
scendono sulle spalle. Si chiamano Giovina, Giusi,
Donatina, Antonietta, Loredana, Rosetta, Fernanda, Antonella, Barbara, e ancora
Antonietta. I cognomi sono sempre quelli: Cirelli, De Rosa, De Guglielmo. Le
storie personale cambiano di poco: tutte nate a Termoli, sono cresciute nella
famiglie allargate dei rom, destinate a sposarsi e a mettere al mondo figli
esattamente come le loro madri. «Ma noi abbiamo altre aspirazioni – interviene
Antonella, al quarto anno di scuola di confezione,
ormai stilista esperta – Il mio per esempio è aprire una sartoria, con l’aiuto
magari di altre ragazze. Voglio lavorare,e voglio fare quello che faccio oggi:
creare abiti».
Un sogno nel cassetto che accomuna diverse ragazze. Tanto che la richiesta
all’assessore Russo è unanime: premere perchè il Comune continui a finanziare il
corso.
«All’inizio c’è stata un po’ di resistenza da parte della Giunta – ammette
l’assessore, mentre ammira un abito da sposa in miniatura – perchè era difficile
da capire la finalità del progetto. Di solito per il taglio e cucito ci sono i
corsi professionali, e gli altri assessori non si spiegavano come mai dovesse
essere il Comune a finanziarli». Fuori dai microfoni, quando arriva anche il
direttore generale Petrosino, che Russo presenta alle ragazze come «il vero capo
del Comune, perchè è quello che sgancia i soldi», c’è tempo per ricordare che la
delibera di finanziamento del corso taglia e cuci è dovuta approdare tre volte
in Giunta prima di avere l’ok. Un aneddoto che diverte il segretario: «Bisogna
riconoscere che l’oggetto, quel ‘taglia e cuci’ scritto in grassetto sotto lo
stemma del Comune, faceva sorridere...».
«Il fatto è – spiega l’assistente sociale – che queste ragazze non avrebbero mai
potuto sostenere la selezione per un corso professionale. Molte di loro non
hanno nemmeno la terza media, e non hanno alcuna conoscenza di matematica». E
l’insegnante Maria ricorda di quando, un anno fa, si è armata di santa pazienza
per insegnare alle allieve a fare le addizioni e le moltiplicazioni, «se no,
come facevano a prendere le misure e a fare i cartamodelli?».
Magari coi numeri non ci vanno troppo d’accordo, ma
sull’attualità sono ferrate. Rispondono senza esitazione ai quesiti
dell’assessore Russo, che indaga sulle loro conoscenze politiche e sulle
preferenze partitiche. Diplomatiche, ma senza esagerare. «Prodi o Berlusconi?
Veltroni o Casini? Meglio farebbero tutti a mantenere le promesse che fanno agli
italiani!».
Fernanda ne approfitta per ricordare che «anche il Comune ci ha fatto una
promessa, ha detto che ci avrebbe aiutato. Per ora l’ha mantenuta, ma
ricordatevi di finanziare anche il secondo anno di scuola!»
E mentre si scartano piatti di dolci rigorosamente preparati in casa dalle
ragazze, si chiacchiera sulla fattibilità di avviare una cooperativa di sarte.
La moda, coi suoi meccanismi creativi e leggeri, svincolata dai pregiudizi assai
più che altri ‘rami occupazionali’ per quell’estro poliedrico che la
caratterizza, si presta a favorire l’integrazione. Magari tra qualche anno
vedremo le dame della borghesia termolese indossare abiti scintillanti lungi
alla caviglia e ragazze rom girare in minigonna. Un capo che, almeno per il
momento, è rigorosamente bandito dal ventaglio di creazioni stilistiche di via
Ruffini. Ma non è detta l’ultima parola.
Le immagini nella galleria fotografica
Di Fabrizio (del 22/01/2008 @ 08:41:10, in scuola, visitato 2477 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Il seguente quaderno operativo "Parole per giocare 2" insieme al
quaderno "Parole per giocare 1", al software e agli altri giochi (tombola
e memory), costituisce uno dei sussidi didattici del Kit relativo
all’acquisizione della lettura-scrittura, attraverso un percorso interculturale.
Una didattica interculturale contempla non solo il piano dei contenuti e
della conoscenza di una cultura diversa, ma anche il piano della metodologia
delle discipline.
Nel caso specifico, l’apprendimento della lettura e della scrittura, si connota
come percorso interculturale per i seguenti motivi :
- conoscenza, attenzione e rispetto dello stile educativo dei bambini rom
e sinti nel loro contesto socio-culturale
- rilevazione della competenza in lingua italiana, come L2 e rapporto con
la lingua romanés
- attenzione e rispetto per un popolo che ha uno stile cognitivo orale
- scelta di attività socializzanti e di apprendimento cooperativo
- percorso personalizzato
Il quaderno operativo "Parole per giocare" si riferisce alla seconda unità di
apprendimento del percorso interculturale, riporta le immagini DELL’AREA 2
del CD "Parole per giocare" ed è suddiviso in quattro sezioni per un
totale di 68 schede
- la prima sezione comprende le immagini per l’acquisizione delle parole e
per le esercitazioni fonetiche corrispondente al gioco "tiro a segno
oggetti"
- nella seconda sezione sono predisposte le esercitazioni per la scrittura
che richiamano il gioco del "beng" sempre dell’area 2 del CD
- la terza sezione può essere utilizzata sia come verifica di lettura
delle prime parole e sia come esercitazione e si riferisce al gioco "tiro
a segno parole"
- nella quarta sezione c’é la corrispondenza tra lo stampato maiuscolo e
quello minuscolo e riprende il gioco del "memory"
Per ulteriori approfondimenti si prega di contattare
Maria Grazia Dicati
0499702573
e-mail madidicati2001@yahoo.it
Di Fabrizio (del 10/02/2008 @ 09:49:24, in scuola, visitato 2363 volte)
New Kosova Report
Mentre la maggioranza della popolazione albanese si lamenta della qualità
dell'istruzione in Kosovo, i gruppi minoritari lottano contro ulteriori
difficoltà, dalla mancanza di programmi e di libri di testo, senza accesso
all'istruzione nella loro lingua.
Sehadin Shok della Missione OCSE in Kosovo dice che questo è il caso della
comunità Gorani. Dice: "Negli ultimi quattro anni, hanno affrontato seri
problemi nell'iscrivere i loro bambini all'istruzione primaria." Ci sono circa
8.000 Gorani in Kosovo.
Cadendo tra le crepe
Nel 2003 l'Assemblea del Kosovo ha adottato una legge sulla scuola primaria e
secondaria per le minoranze linguistiche. La legge, d'altronde, non prevedeva
programmi per gli studenti Serbi o i non-Serbi.
Dice Mursel Halili, insegnante gorani e rappresentante della comunità: "Sino
al2003, i nostri bambini venivano istruiti in serbo e seguivano i programmi
serbi."
Le Istituzioni Provvisorie di Auto Governo (PISG), il Ministero
dell'Istruzione, Scienza e Tecnologia in particolare, vuole che la comunità
gorani frequenti i programmi maggioritari, quindi non sono stati creati libri e
programmi in serbo.
"Noi abbiamo continuato ad insegnare secondo i programmi serbi," dice Halili,
"così i bambini non perderanno anni di scuola e potranno continuare verso
l'istruzione superiore qui nella regione."
D'altra parte, il ministero è stato riluttante nel permettere l'uso dei
programmi serbi, e negli ultimi quattro anni, gli studenti gorani non hanno
potuto iniziare puntualmente l'anno scolastico. Le loro scuole sono state
minacciate di chiusura nel 2007.
L'Alto Commissario OCSE per le Minoranze Nazionali, Knut Vollebaek, ha
riconosciuto il problema durante la sua visita in Kosovo tra il 10 e il 15
gennaio. "Il mancato sviluppo di programmi in serbo da parte delle istituzioni
kosovare, sta avendo un impatto negativo sui bambini gorani," dice.
Trovando una soluzione
Nel tentativo di disinnescare le tensioni, nel novembre 2007 la Missione OCSE
ha organizzato tavole rotonde per raggiungere la consapevolezza tra i partners,
il ministero in particolare, sui bisogni e problemi delle minoranze.
"Il nostro scopo era di identificare i suggerimenti e assistere il PISG nello
sviluppare misure per integrare le minoranze e preservare la loro identità,"
dice
Shok. Il testo sarà presto disponibile.
Halili dice che la tavola rotonda con i Gorani è stata molto positiva.
"Abbiamo discusso apertamente il problema coi rappresentanti del ministero -
abbiamo fatto le nostre proposte e discusso le soluzioni possibili," dice,
aggiungendo: "Il fatto che le scuole primarie stiano già funzionando è un
successo."
Mancano i libri di testo
Anche altri gruppi di minoranza affrontano problemi simile. Bosniaci e
Turchi, per esempio, sono senza libri di testo nella loro lingua.
"Non sono disponibili libri di testo per il quinto grado, mentre sono in
preparazioni quelli per il terzo, quarto e ottavo grado," dice Shok. "Per
l'istruzione secondaria non ci sono libri di testo disponibili."
Anche quando i libri sono disponibili, la qualità spesso è povera. La
traduzione dall'albanese è stata fatta da chi parla la lingua ma non conosce la
materia, la fisica, ad esempio," aggiunge. "Così, la terminologia è spesso
sbagliata." Per aiutare a colmare il gap, nel 2007 la Missione ha donato 2.800
libri alla Biblioteca Cittadina di Prizren per i 2.500 Bosniaci del Kosovo.
La Missione ha anche aiutato le comunità più marginalizzate - Rom, Askali ed
Egizi -a migliorare la loro istruzione. Grazie alla Missione, 1.800 bambini e
ragazzi sono stati in grado di raggiungere il livello scolare richiesto dalla
scuola maggioritaria primaria e secondaria.
Scolarizzazione parallela per i Serbi
Mentre queste comunità combattono per migliori condizioni di istruzione, gli
studenti serbi frequentano un sistema scolastico parallelo sotto l'autorità del
Ministero Serbo della Scienza ed Educazione.. La Missione ha sviluppato un
numero di progetti per aiutare anche queste scuole.
Per esempio, aiutando a modernizzare il laboratorio di ingegneria della
Scuola Tecnica di Mitrovica Nord, installando nuovi computers, stampanti,
scanners ed altri equipaggiamenti. Ha fornito autobus scolastici agli studenti
serbi delle scuole nella regione di Peje/Pec, assicurando loro libertà di
movimento.
Il nuovo Governo ha di fronte un gran numero di vecchi problemi. "La Missione
OCSE ha però fiducia che la leadership porrà più attenzione ai bisogni delle
minoranze e alla loro istruzione," dice Shok.
"Questo tema sarà al culmine della nostra agenda nel 2008."
Written by Mevlyde Salihu and Nikola Gaon
Source: OSCE
|