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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : scuola (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/11/2007 @ 09:23:10, in scuola, visitato 1611 volte)

Da Hungarian_Roma

Budapest, 7 novembre (MTI) - L'ombudsman per le minoranze ha detto mercoledì scorso che il governo deve fare di più per rafforzare le strutture che controllano la segregazione scolastica e per rafforzare la tolleranza zero.

Erno Kallai ha richiamato gli operatori degli uffici amministrativi e del ministero dell'educazione a rinforzare la cooperazione col proprio ufficio per sostenere gli sforzi per battere la segregazione che affligge particolarmente la comunità Rom d'Ungheria.

Durante una conferenza stampa con il politico socialista Andras Tatai-Toth, Kallai ha detto che lo stato deve giocare un ruolo maggiore nell'intervenire ad assicurare che gli studenti Rom non siano vittime della segregazione scolastica. Ha aggiunto che i governi locali siano ben equipaggiati per affrontare questo tipo di problemi.

Dovrebbe spuntare dalla elite politica ungherese che non ci sono programmi di lunga durata di evoluzione sociale - invece che guardare i quattro anni futuri dovrebbero progettare per i venti - i trenta seguenti, ha detto: "Dobbiamo rompere il ciclo vizioso che rafforza la segregazione scolastica di generazione in generazione," aggiungendo che gli studenti che sono passati per la discriminazione sono al momento del passaggio al mondo lavorale un peso sociale.

Tatai-Toth ha detto che il gruppo di lavoro sulla scuola del proprio partito intende offrire all'ombudsman tutto il supporto necessario perché raggiunga risultati effettivi. Il lavoro del governo è stato di assicurare il quadro legale e le risorse per ottenere risultati nel lungo termine.

 
Di Fabrizio (del 19/11/2007 @ 09:33:28, in scuola, visitato 2353 volte)

Da Czech_Roma

[JURIST] La Corte Europea dei Diritti Umani ha giudicato martedì che la separazione educazionale dei bambini rom nella Repubblica Ceca viola i principi  dei diritti umani. Con 13 voti a favore e 4 contrari la corte ha ritenuto che la separazione viola l'Articolo 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani [pdf], offrendo la scuola un'educazione di livello inferiore. La corte ha dichiarato che:

Le disposizioni d'istruzione per i bambini de Roma non sono state assistite a dalle misure di sicurezza che avrebbero assicurato che, nell'esercizio dei suoi margini di apprezzamento nella sfera educativa, lo Stato ha considerato i loro bisogni speciali come membri di una classe svantaggiata. Inoltre, come conseguenza delle disposizioni i candidati sono stati disposti in scuole per bambini svantaggiati mentalmente, dove i programmi sono differenti da quelli delle scuole ordinarie e dove i bambini sono isolati dagli altri della popolazione maggioritaria. Di conseguenza, hanno ricevuto una formazione che aumenta le loro difficoltà e compromette il loro sviluppo personale successivo invece di affrontare i loro problemi reali o aiutarli ad integrarsi nelle scuole ordinarie e sviluppare le abilità che faciliterebbero la vita fra la popolazione maggioritaria.

Alla Repubblica Ceca è stato ordinato di pagare 4.000 € per ogni bambino, e questo potrebbe potenzialmente accelerare l'integrazione educativa con l'Unione Europea.

I bambini rom si sono inizialmente lamentati della mancanza di educazione adeguata nel 2000, nel periodo in cui la Repubblica Ceca incominciava ad effettuare cambi nel sistema scolastico. Nel 2005, le scuole speciali per i bambini rom sono state ufficialmente abolite, tuttavia, alcuni osservatori notano che queste scuole funzionano tuttora con gli stessi sub-standards e sotto nuovi nomi.  L'anno scorso, il Centro Europeo di Verifica e Controllo sul Razzismo ed la Xenofobia ha segnalato che Rom, Ebrei e Musulmani continuano ad avvertire una significativa discriminazione e violenza razziale ed etnica nei paesi EU. [...] EUobserver coverage

 
Di Fabrizio (del 23/11/2007 @ 09:01:02, in scuola, visitato 2514 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Rapporto di Amnesty International sulla Repubblica Slovacca: negata ai bambini e alle bambine Rom un’istruzione secondo criteri di uguaglianza e non discriminazione

“I bambini qui sono dei ritardati mentali. C’è la tendenza a integrare i Rom nelle scuole primarie, ma per gli alunni con ritardo mentale e sociale non cambia niente. I bambini che provengono da un ambiente socialmente svantaggiato soffrono di un ritardo sociale e mentale.”
(Il preside di una scuola speciale frequentata per il 9% da bambine e bambini Rom)

Un alto numero di bambine e bambini Rom viene ancora assegnato, in modo sproporzionato, a scuole speciali, frequenta classi per persone con disabilità mentale e difficoltà d’apprendimento o viene segregato in scuole per soli Rom: è questa la denuncia contenuta in un rapporto presentato oggi da Amnesty International sulle violazioni del diritto all’istruzione dei bambini e delle bambine Rom nella Repubblica Slovacca.

Il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani segnala che i bambini e le bambine Rom assegnati alle scuole speciali seguono programmi ridotti e non hanno praticamente alcuna possibilità di reintegrarsi nelle scuole ordinarie o proseguire nell’educazione secondaria.

Amnesty International chiede alle autorità slovacche di affermare in modo forte e chiaro la loro determinazione a sradicare la diffusa segregazione nell’istruzione delle bambine e dei bambini Rom e di prendere misure immediate per favorire la loro effettiva integrazione.

“A prescindere dalla loro capacità individuale, molti bambini e bambine Rom ricevono un’istruzione di serie B in classi segregate. Se il governo non riesce a fornire un’istruzione adeguata a tutti i bambini e le bambine Rom, le loro prospettive d’impiego diventano scarse e si perpetua in questo modo un ciclo di marginalizzazione e di povertà” – ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.

L’organizzazione per i diritti umani si dice preoccupata per il fatto che il modo in cui vengono effettuate le valutazioni e i criteri usati per assegnare una bambina o un bambino in una scuola o in una classe speciale possono costituire elementi di discriminazione, poiché non tengono in adeguata considerazione le differenze linguistiche e culturali. Il rapporto di Amnesty International afferma che fino al 50% delle bambine e dei bambini Rom sono stati assegnati a scuole o classi speciali in modo errato.

“Una bambina o un bambino che vivono in una baracca in mezzo al nulla, senza elettricità o acqua corrente non sapranno mai come scaricare una toilette, usare un bagno, impugnare una matita, fare un disegno o parlare slovacco. Tutto questo, però, non dovrebbe privarli del loro diritto fondamentale a un’istruzione adeguata” – ha sottolineato Duckworth.

Un’ulteriore motivo di preoccupazione per Amnesty International è costituito dall’ampia presenza di scuole e classi per soli Rom. In alcune zone orientali della Repubblica Slovacca, il 100% delle scuole è di tipo segregato. La legge prevede che i genitori abbiano il diritto di scegliere la scuola per i propri figli. Questa normativa, apparentemente neutrale, contribuisce in realtà alla segregazione: la libertà di scelta dei genitori dà spesso luogo al ritiro di bambine e bambini non Rom dalle scuole frequentate prevalentemente da Rom. La scelta dei genitori, insieme alla mancanza di trasporti scolastici gratuiti per le bambine e i bambini Rom influenza la segregazione e riduce radicalmente l’interazione tra i Rom e i loro coetanei in Slovacchia.

Sebbene insista che la segregazione non è una politica ufficiale, finora il governo di Bratislava non si è veramente impegnato a fermarla. Come ha detto un funzionario slovacco ad Amnesty International, la segregazione si ottiene facilmente ed è difficile contrastarla.

“La società civile ha la competenza e l’esperienza per contribuire a risolvere i problemi della segregazione e della discriminazione nei confronti delle bambine e dei bambini Rom. Un miglioramento degno di nota sarà possibile solo con il coinvolgimento attivo e concordato del governo slovacco e di ogni livello delle istituzioni, delle comunità Rom e delle organizzazioni non governative” – ha commentato Duckworth.

Alcune misure speciali assunte dal governo, come l’istituzione di classi preparatorie, l’assunzione di insegnanti di sostegno, gli incentivi finanziari alle scuole per integrare le bambine e i bambini Rom e un minimo di formazione per gli insegnanti che lavorano con i Rom, hanno avuto l’approvazione di Amnesty International. Tuttavia, queste misure non sono obbligatorie e in molti casi non vengono attuate a livello locale.

Il diritto all’istruzione è collegato ad altri importanti diritti umani, come il diritto a un’abitazione adeguata. Circa un terzo della popolazione Rom della Repubblica Slovacca vive in insediamenti situati fuori dalle città e dai villaggi, con scarsa o addirittura assente fornitura di acqua ed elettricità, servizi igienici, strade asfaltate e altre infrastrutture fondamentali. L’assenza di adeguati alloggi per i Rom ha un impatto notevole sulla possibilità che le bambine e i bambini Rom possano beneficiare del diritto all’istruzione. Katarina Krustenova, che vive in un insediamento nei pressi di Letanovce, nella Slovacchia orientale, ha dichiarato ai ricercatori di Amnesty International: “Abbiamo una candela… vorremmo che i nostri figli studiassero a casa, ma finisce molto presto…”.

“I Rom hanno le stesse aspirazioni del gruppo maggioritario della popolazione slovacca. Il governo deve assumersi le proprie responsabilità e promuovere, proteggere e ottenere il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini Rom. Deve anche far sì che gli insediamenti precari e segregati dei Rom siano un ricordo del passato” – ha concluso Duckworth. “È molto importante che l’Unione europea, di cui la Repubblica Slovacca è Stato membro, sostenga il governo in tutti i suoi reali tentativi di affrontare il problema della sistematica violazione del diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini Rom. L’Unione europea potrebbe farlo fornendo la necessaria assistenza finanziaria e tecnica e assicurando la partecipazione dei Rom a tutti i livelli dell’adozione e dell’attuazione di politiche e programmi riguardanti la loro vita”.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 15 novembre 2007

 
Di Fabrizio (del 17/12/2007 @ 09:31:21, in scuola, visitato 1724 volte)

Da Roma_Daily_News

Cari amici,

Roma Education Fund (REF) ha il grande piacere di annunciare la prima uscita della rivista biannuale "A School for All".

Questa rivista intende fornire una piattaforma per discussioni, scambio ed apprendimento di tutti quanti siano coinvolti ed interessati nell'educazione dei bambini rom. La rivista non ha ambizioni accademiche ma spera di riunire accademici, attivisti, esperti nello sviluppo comunitario, specialisti dell'educazione, quanti sono coinvolti giorno per giorno nell'educazione dei Rom, Rom e non Rom, nello scambiarsi esperienze concrete ed idee.

Il tema della prima uscita della rivista è "The Case for Integrated Education".

Si può scaricare la rivista dal nostro sito web http://www.romaeducationfund.hu/ al link REF Magazine.

Best Regards,
Erzsebet Bader
ebader@romaeducationfund.org
Communication Assistant
Roma Education Fund
Hungary-1056
Budapest
Vaci utca 63

Tel: 36/1/ 235 80 30
Fax: 36/1/235 80 31

 
Di Fabrizio (del 19/12/2007 @ 12:18:36, in scuola, visitato 2017 volte)

Invio articolo di graziano halilovic, pubblicato su " IL MONDO DOMANI" Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF n.5
Saluti Maria Grazia Dicati

minoranze
di Graziano Halilovic
Rom bosniaco xoraxané, mediatore culturale, membro del Comitato Rom e Sinti insieme

I bambini e gli adolescenti Rom e Sinti che riescono a varcare la soglia di un’aula scolastica sono spesso i più soli ed emarginati, e lo rimangono per tutti gli anni della frequenza obbligatoria.
Non basta mandarli a scuola, bisogna integrarli e responsabilizzare i genitori

Ancora oggi ricordo il mio primo giorno di scuola: un grandissimo autobus in mezzo al campo nomade che si trovava in un quartiere di Torino. In questo quartiere esistevano tante scuole, ma la nostra era dentro l’autobus. Il campo nomade era grandissimo e c’erano diverse etnie Rom e Sinte; ogni tanto litigavano tra di loro, ma se si avvicinavano e cercavano di mettere a rischio la nostra scuola tutti si alzavano gridando per allontanarli dall’autobus.
Era molto bello andare a scuola; tutte le mattine mi accompagnava mia madre o una delle mie sorelle. Io avevo 7 o 8 anni, e per la prima volta avevo un dovere e finalmente anche un diritto: quello di andare a scuola!
Le mie sorelle e tante altre ragazze e ragazzi si avvicinavano all’autobus a guardare e a curiosare dalla finestra. A me sembravano dei poveracci: il loro destino era stare fuori, mentre noi avevamo il privilegio di stare dentro. Non so bene chi, ma qualcuno aveva scelto il nostro destino, anzi meglio: qualcuno aveva tolto il sacro diritto allo studio a quei ragazzi e ragazze che stavano fuori, mentre noi stavamo dentro l’autobus a farci ghettizzare.
Mi chiamo Graziano Halilovic e sono un Rom Bosniaco. Oggi ho 35 anni, una moglie bellissima, 6 figli (3 maschi e 3 femmine), un lavoro e un mutuo da pagare! Da dodici anni la mia professione è il mediatore linguistico culturale. Mi sento fortunato per la persona che sono diventato e per il tipo di percorso di integrazione che ho fatto, anche grazie all’adeguata istruzione che ho ricevuto. Devo tutto questo, comunque, non a chi aveva pensato al sistema della scuola nell’autobus… ma ai miei genitori.
Lo Stato italiano ha deciso che tutti i bambini Rom e Sinti devono andare a scuola. Oggi esiste il progetto di scolarizzazione, gestito dalle varie associazioni, rivolto ai questi bambini (definiti minori a rischio). Il progetto ha come obiettivo l’integrazione, la responsabilizzazione e la sensibilizzazione dei genitori; le associazioni dovrebbero seguire i nostri minori nel percorso scolastico. Ormai sono più di quattordici anni che la scolarizzazione va avanti e i primi bambini Rom e Sinti che hanno fatto parte del progetto, oggi hanno 20 anni. La maggior parte di essi, però, è stata inserita a scuola quando aveva già 10 o 13 anni e questo ha creato grande disagio e poca sensibilità verso le loro problematiche. Spesso le scuole hanno inviato tante richieste di aiuto, ma le uniche risposte che hanno ricevuto sono state: “c’è l’obbligo scolastico e avete il dovere di prendere i bambini nella scuola”.
Ai genitori Rom e Sinti hanno imposto l’obbligo di mandare i figli a scuola, ma non hanno trasmesso e spiegato il valore e l’importanza di farli studiare. Questo ha creato l’allontanamento del genitore dal proprio ruolo.
Le associazione si vantano del loro progetto finanziato dal Comune di Roma, del numero di bambini che sono riusciti a portare nelle aule, ma la qualità della frequenza scolastica dei bambini e come il bambino vive questa situazione non sono considerati.
I bambini Rom e Sinti sono molto sensibili, delicati, attenti, curiosi, vivaci, intelligenti, pronti a imparare, hanno tanta voglia di giocare, di sbagliare, di ricominciare, insomma sono dei bambini, come tutti gli altri!. Ma quando si discute di loro sembra che siano solo degli zingari.
I bambini che hanno frequentato la scuola con questo sistema, oggi sono usciti con un diploma di terza media (grandi elogi al sistema!) ma se gli chiedi di leggere o scrivere fanno la stessa fatica di un bambino di seconda o terza elementare.
Nelle scuole subiscono tanto razzismo, sono sempre gli ultimi della classe e spesso gli ultimi di banco… disegnano, mentre gli altri bambini imparano a leggere e a scrivere. In classe i bambini Rom e Sinti si trovano a rappresentare per gli altri la negatività. In adolescenza capiscono cosa significa vivere isolato ed escluso! Condividono gli stessi sogni dei loro compagni, ma iniziano a capire che hanno ben poche speranze di realizzarli.
Dopo otto lunghissimi anni di dura prova escono con la coscienza che la vita che fanno è disastrosa, vergognosa e che nessuno li rispetta. Vorrebbero migliorare la propria condizione e acquisire dignità e sanno che la strada giusta è il lavoro, ma sono analfabeti e per gli altri sono solo degli zingari. Così cominciano a capire che dopo otto anni di scuola per loro non è cambiato niente.
Ritornano al proprio campo nomade, due volte sconfitti sperando di essere accettati almeno lì. E al campo li accettano, pur non riuscendo a capire come mai dei ragazzi che hanno speso otto anni della loro vita nella scuola e che hanno fatto tutto quello che si poteva fare per essere integrati, possano essere cosi maltrattati e rifiutati.
Nel campo, quando si ritrovano con altri ragazzi che non hanno mai frequentato la scuola si sentono diversi, persi nel nulla.
Una mia amica diceva che i bambini Rom o Sinti vengono trattati come sacchi di patate, e non come esseri umani. Lo diceva ai suoi operatori e ai suoi educatori scolastici.
Oggi dico che non basta solo accompagnare i bambini dal campo alla scuola e fargli prendere la terza media senza garantire la qualità della frequenza scolastica: questi ragazzi devono avere un sostegno per poter proseguire gli studi; bisogna offrirgli un’alternativa. Bisogna sostenere il loro attaccamento alla famiglia e non cercare di allontanarli (la famiglia è una parte molto importante della loro vita); bisogna coinvolgere e sostenere la famiglia e mettere i genitori nella condizione di aiutare il proprio figlio o la propria figlia nel percorso scolastico.
So che non è un sogno e che tutto ciò potrebbe essere realizzato: per una completa e reale integrazione manca solo la volontà delle persone. E se non dimostrano di avere la volontà di percorrere questa strada, allora mi chiedo se per loro i Rom e i Sinti non sono altro che un ennesimo strumento per fare politica.

 
Di Fabrizio (del 03/01/2008 @ 08:53:00, in scuola, visitato 2942 volte)

MaximsNews Network 

NAZIONI UNITE - Secondo un rapporto di Open Society Institute (OSI), nonostante anni di promesse governative, i bambini rom in molti paesi europei rimangono esclusi dall'educazione di qualità.

Segregati in classi di soli Rom, o in scuole speciali per disabilità intellettuale, affollati in classi decrepite e lasciati ad insegnanti con scarsa preparazione, gli studenti rom affrontano serie sfide per completare l'educazione di base.

I Rom sono la più grande minoranza d'Europa e parte chiave del suo futuro.

Fintanto che i leaders europei si crogioleranno nelle loro promesse, l'Europa pagherà caramente il perdere un'altra generazione di bambini Rom discriminati e negletti.

La situazione dei bambini rom nella scuola è dettagliata nella serie di rapporti Equal Access to Quality Education for Roma.

Il volume include uno sguardo globale all'Europa e rapporti specifici su Croazia, Macedonia, Montenegro e Slovacchia.

OSI ha poi rilasciato all'aprile di quest'anno rapporti nazionali su Bulgaria, Ungheria, Romania e Serbia.

I rapporti forniscono una profonda prospettiva ed evidenziano le azioni politiche necessarie per affrontare un'allarmante situazione.

La parlamentare europea Viktória Mohácsi dice: "Il rapporto OSI conferma che la segregazione dei bambini rom non è basata soltanto sul colore della loro pelle, ma anche fornendo educazione di bassa qualità ai nostri bambini. L'Europa non dovrebbe accettare discriminazioni così serie.

L'Ungheria è stato il primo paese a creare le basi legali per la desegregazione.

Almeno una dozzina di stati membri EU dovrebbero seguire questi passi".

La segregazione dei Rom a scuola, recentemente condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani nel caso D.H. ed altri contro la Repubblica Ceca, è pervasiva ma non riconosciuta in Slovacchia, Macedonia, Croazia e Montenegro.

Ci sono rapporti affidabili e disponibili sulla segregazione, tuttavia i governi continuano a negare che i bambini rom siano rinchiusi in scuole e classi separate e di bassi standard.

In tutti i paesi monitorati, c'è un significativo gap tra i dati ufficiali e quelli raccolti dalle OnG nelle loro ricerche.

In Macedonia, dati non ufficiali pongono la popolazione Rom nel paese oltre tre volte il numero indicato dai censimenti nazionali.

In Slovacchia le scuole non riportano i casi di abbandono scolastico.

Le politiche educative non possono essere effettivamente indirizzate senza questi dati di base, o su informazioni frammentate o incomplete.

I governi devono anche assistere alle deficienze fondamentali nei sistemi scolastici nazionali.

In Montenegro, mancano posti nella pre-scuola e i bambini i cui genitori lavorano entrambe hanno la priorità nell'assegnazione. Dato che la disoccupazione è diffusa tra le famiglie rom, molti dei loro bambini perdono perciò la possibilità di frequentare la pre-scuola.

In Croazia, i  costi scolastici sono il maggiore ostacolo per le famiglie rom, e anche se alcune municipalità allocano risorse per aiutare ad incontrare questi corsi, non esiste un programma per assicurare a tutti i bambini materiale scolastico appropriato.

Gli insegnati delle regioni monitorate dovrebbero ricevere maggiore supporto.

Gli insegnanti nelle scuole con una maggioranza di studenti rom hanno di rado accesso ai programmi che li preparino a lavorare con una classe diversa, i programmi di studio inflessibili limitano la loro capacità di adeguare alle lezioni i bisogni degli allievi.

I rapporti oggi rilasciati danno anche esempi dei notevoli progressi raggiunti nei paesi monitorati, spesso col supporto EU.

Questi includono l'Iniziativa Educazione Rom in Montenegro e il programma comunitario delle OnG in Macedonia, che ha aiutato a forgiare collegamenti don le famiglie rom.

Passo significativo, ognuno dei paesi monitorati ha sottoscritto il Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, iniziativa internazionale che stabilisce un approccio coordinato  per migliorare la situazione dei Rom in Europa.

D'altra parte, gli esempi positivi e gli impegni da soli sono insufficienti per assicurare miglioramenti significativi.

Open Society Institute richiama i governi e l'Unione Europea a portare un cambiamento significativo: dove così non fosse,  i governi devono prendere coscienza e proibir la segregazione.

A livello europeo, le politiche di formazione devono richiamare la segregazione razziale ed il livello disuguale ed inadeguato per i Rom.

Per compiere gli impegni attuali verso l'uguaglianza per tutti, l'EU deve articolare un quadro chiaro e generale per progredire, promulgando le politiche che possono promuovere efficacemente l'inclusione sociale delle comunità Rom attraverso l'Europa.

 
Di Fabrizio (del 13/01/2008 @ 09:19:33, in scuola, visitato 2172 volte)

Dal Corriere della Sera

ROMA - Apartheid su via Palmiro Togliatti? Ieri il consiglio del VII Municipio di Roma, uno dei caposaldi «rossi» della cintura a cavallo tra Prenestina e Casilina, ha approvato a maggioranza una mozione presentata da Rifondazione comunista (votata da Sinistra democratica, più tutto il centro destra, contrario il Pd) in cui si chiede all'assessore comunale alla scuola di valutare la richiesta di tornare a separare i bimbi rom dagli altri bimbi sugli scuolabus, richiesta avanzata da un gruppo di genitori mobilitati dopo un litigio avvenuto tra ragazzini. Secca la replica dell'assessore Maria Coscia (Pd): «Sapevo che nel VII Municipio c'era stato qualche problema, ma pensavo che fosse stato governato. Nel senso di includere e non di escludere... Mica possiamo tornare ai tempi di Rosa Louise Parks...». Eppure da quel comprensorio di case popolari e di ex borgate che si chiamano Centocelle, Prenestino, Quarticciolo, Alessandrino o La Rustica, insomma la settima circoscrizione della città, rischia di spuntare all'alba del 2008 un po' grottescamente quell'autobus giallo del '55 a Montgomery. Epicentro è il 117 circolo didattico di Roma, alla Rustica. Ad accendere la miccia nel parlamentino del VII retto da un presidente, Roberto Mastrantonio, unico rappresentante dei Comunisti Italiani tra i diciannove minisindaci di Roma, è stato Lucio Conte di Rifondazione Comunista.

Più cautamente Mastrantonio si è tenuto alla larga dall'auletta al momento della votazione, comportamento adottato anche dalla consigliera verde Mariani. Presi in contropiede i rappresentanti del Pd, costretti poi in sei, i presenti al momento della votazione, a restare in minoranza. Due i punti messi nero su bianco: col primo si chiede di valutare la richiesta avanzata dai genitori di rivedere il sistema attuale di trasporto, il secondo suggerisce invece di contribuire a un migliore sostegno scolastico dentro la scuola per i bimbi rom. «Premesso che durante il trasporto il comportamento vivace di alcuni bambini rom nei confronti degli altri bambini ha determinato le proteste dei loro genitori — recita la mozione approvata — e che anche la presenza sul pullman di due accompagnatori non ha fatto rientrare le preoccupazioni dei genitori che hanno chiesto di far portare a scuola i loro figli su un pullman senza la presenza dei bambini rom, visto che i genitori hanno chiesto che questa situazione venga rimossa e si torni alla situazione degli anni precedenti in cui si raggiungeva la scuola su pullman diversi... il Consiglio del Municipio VII chiede al Presidente di sottoporre all'assessore comunale alla scuola nell'ambito della prevista valutazione dello stato del progetto di trasporto scolastico la richiesta dei genitori del 117 circolo...». Seguono poi le richieste di un maggior sostegno scolastico all'insegna dei «diritti universali riconosciuti a tutti i bambini».

«Mozione imbarazzante? E perché mai...— reagisce il consigliere del Prc —. I problemi vanno affrontati, i cittadini sentiti. Oltre a quel litigio tra bambini qua si è messo in moto qualcosa di più. Così sono andato dal presidente e con lui ho concordato questa mozione...». Il capogruppo del Pd Marinucci allarga le braccia. Dice: «Se è per questo ha avuto anche l'adesione dei due di Sinistra Democratica. E poi si è sentita la capogruppo di An che diceva: "Ma perché non l'abbiamo proposta noi?". Qua, se non stiamo attenti, torniamo alle carrozze in treno per soli negri...». Il presidente Mastrantonio obietta. «Io sono per il mantenimento del servizio, certo, ma se si determinano condizioni di ingovernabilità che facciamo?».

Paolo Brogi
12 gennaio 2008

 
Di Fabrizio (del 16/01/2008 @ 09:01:10, in scuola, visitato 1911 volte)

Da Primonumero

Si è concluso lunedì nella sartoria di via Ruffini il corso di taglio e cucito per ragazze di etnia rom finanziato dal Comune di Termoli al posto del sussidio di mantenimento. Le partecipanti, tutte giovani, ne approfittano per raccontare qualcosa di se stesse e della comunità ‘zingara’ di Termoli, che conta circa 200 persone. “Ci sentiamo termolesi, e rispetto alle nostre madri abbiamo altri desideri, come aprire una sartoria di moda qui in città”. Un progetto dalla duplice finalità: favorire l’integrazione sociale e creare una possibilità occupazionale salvando un mestiere in via di estinzione

di Monica Vignale

 

Termoli. C’è un antico detto cinese che recita così: “Dai un pesce a un uomo e lo farai mangiare per un giorno. Insegna a pescare a un uomo e l’avrai sfamato per tutta la vita”. E’ più o meno quello che ha cercato di fare il Comune di Termoli quando ha finanziato il corso di taglio e cucito per ragazze di etnia rom invece di erogare, come ogni anno, un sussidio sociale alle loro famiglie. Niente soldi in mano, ma piuttosto un’occasione per imparare un «mestiere in via di estinzione», come ricorda l’insegnante Maria, che da quarant’anni, armata di pazienza e di una discreta dose di severità («che fa sempre bene») tramanda conoscenze tecniche e metodi di sartoria a giovani apprendiste.
 
Lunedì 14 gennaio, nei centralissimi locali di via Cleofino Ruffini, le dieci iscritte hanno sostenuto gli esami e ottenuto i diploma della scuola Sitac. Un anno di lezioni, due volte a settimana, divise fra il tavolo da cartamodello, righe, squadre e centimetri, forbici e macchine da cucire. Il risultato è appeso sulle quattro pareti della stanza centrale: abiti da sera con inserti di paillettes, gonne lunghe e svolazzanti di chiffon, corpetti ricamati, camicette a motivi floreali, giacche con inserti decorati. Il gusto e lo stile sono quelli dei rom, i colori sgargianti testimoniano l’abbigliamento etnico che caratterizza il popolo degli zingari, come qualche volta, con un accenno di biasimo, vengono definite le famiglie rom.
 
A Termoli la comunità è grande: duecento persone circa, divise in 25 nuclei familiari. Con un problema, più o meno diffuso fra tutti: non lavorano e, di conseguenza, non sono abbastanza integrati con il tessuto sociale. Una limitazione non da poco, per la quale il progetto sponsorizzato dall’Assessore alle Politiche Sociali Antonio Russo vuole essere un tentativo di risposta. Lui, accompagnato dal consigliere Giuditta e dall’assistente sociale del Municipio, viene accolto con un applauso e subito s’informa sui progressi delle ragazze, che non si fanno ripetere due volte le domande e si lanciano in un racconto entusiastico dell’avventura sartoriale, iniziata il 16 gennaio dell’anno scorso. Due volte a settimana lezioni di cartamodello e cucito: per tutte un’opportunità di acquisire gli strumenti di un mestiere prezioso e sempre meno diffuso.
Per molte anche l’unica occasione per uscire di casa durante la settimana, come racconta con garbo Giovina, una delle partecipanti, che non ha problemi a parlare della mentalità rom e cerca di far quadrare l’affetto per i genitori, ancora molto legati alla tradizione, con la voglia di sentirsi termolese a tutti gli effetti e quindi sicuramente più indipendente. «All’inizio non è stato per niente facile convincere mio padre a darmi il permesso di frequentare questo corso. Eppure io faccio parte di una delle famiglie più aperte fra quelle rom, e frequento addirittura l’università! (è iscritta a Giurisprudenza a Campobasso, ndr). Poi però, un po’ alla volta, ha capito... e adesso è molto contento per me». Complice il coraggio di questa venticinquenne, che si è messa in testa di ‘educare’ i genitori a una maggiore apertura verso la società, «perchè magari mamma e papà temono che quando esco di casa posso incorrere in tanti pericoli, e invece le cose sono sicuramente più tranquille. Termoli è un paese...» Un paese dove i rom, anche quelli di seconda o terza generazione, sono ancora visti con un po’ di sospetto.
 
«Questa scuola di cucito ci dà finalmente la possibilità di dimostrare che anche noi sappiamo fare qualcosa di buono!» si sfoga Giusy, anche lei – come tutte del resto – con occhi scuri e lunghi capelli neri che scendono sulle spalle. Si chiamano Giovina, Giusi, Donatina, Antonietta, Loredana, Rosetta, Fernanda, Antonella, Barbara, e ancora Antonietta. I cognomi sono sempre quelli: Cirelli, De Rosa, De Guglielmo. Le storie personale cambiano di poco: tutte nate a Termoli, sono cresciute nella famiglie allargate dei rom, destinate a sposarsi e a mettere al mondo figli esattamente come le loro madri. «Ma noi abbiamo altre aspirazioni – interviene Antonella, al quarto anno di scuola di confezione, ormai stilista esperta – Il mio per esempio è aprire una sartoria, con l’aiuto magari di altre ragazze. Voglio lavorare,e voglio fare quello che faccio oggi: creare abiti».
Un sogno nel cassetto che accomuna diverse ragazze. Tanto che la richiesta all’assessore Russo è unanime: premere perchè il Comune continui a finanziare il corso.
 
«All’inizio c’è stata un po’ di resistenza da parte della Giunta – ammette l’assessore, mentre ammira un abito da sposa in miniatura – perchè era difficile da capire la finalità del progetto. Di solito per il taglio e cucito ci sono i corsi professionali, e gli altri assessori non si spiegavano come mai dovesse essere il Comune a finanziarli». Fuori dai microfoni, quando arriva anche il direttore generale Petrosino, che Russo presenta alle ragazze come «il vero capo del Comune, perchè è quello che sgancia i soldi», c’è tempo per ricordare che la delibera di finanziamento del corso taglia e cuci è dovuta approdare tre volte in Giunta prima di avere l’ok. Un aneddoto che diverte il segretario: «Bisogna riconoscere che l’oggetto, quel ‘taglia e cuci’ scritto in grassetto sotto lo stemma del Comune, faceva sorridere...».
 
«Il fatto è – spiega l’assistente sociale – che queste ragazze non avrebbero mai potuto sostenere la selezione per un corso professionale. Molte di loro non hanno nemmeno la terza media, e non hanno alcuna conoscenza di matematica». E l’insegnante Maria ricorda di quando, un anno fa, si è armata di santa pazienza per insegnare alle allieve a fare le addizioni e le moltiplicazioni, «se no, come facevano a prendere le misure e a fare i cartamodelli?».
Magari coi numeri non ci vanno troppo d’accordo, ma sull’attualità sono ferrate. Rispondono senza esitazione ai quesiti dell’assessore Russo, che indaga sulle loro conoscenze politiche e sulle preferenze partitiche. Diplomatiche, ma senza esagerare. «Prodi o Berlusconi? Veltroni o Casini? Meglio farebbero tutti a mantenere le promesse che fanno agli italiani!».
Fernanda ne approfitta per ricordare che «anche il Comune ci ha fatto una promessa, ha detto che ci avrebbe aiutato. Per ora l’ha mantenuta, ma ricordatevi di finanziare anche il secondo anno di scuola!»
E mentre si scartano piatti di dolci rigorosamente preparati in casa dalle ragazze, si chiacchiera sulla fattibilità di avviare una cooperativa di sarte. La moda, coi suoi meccanismi creativi e leggeri, svincolata dai pregiudizi assai più che altri ‘rami occupazionali’ per quell’estro poliedrico che la caratterizza, si presta a favorire l’integrazione. Magari tra qualche anno vedremo le dame della borghesia termolese indossare abiti scintillanti lungi alla caviglia e ragazze rom girare in minigonna. Un capo che, almeno per il momento, è rigorosamente bandito dal ventaglio di creazioni stilistiche di via Ruffini. Ma non è detta l’ultima parola.  

Le immagini nella galleria fotografica

 
Di Fabrizio (del 22/01/2008 @ 08:41:10, in scuola, visitato 2477 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Il seguente quaderno operativo "Parole per giocare 2" insieme al quaderno "Parole per giocare 1", al software e agli altri giochi (tombola e memory), costituisce uno dei sussidi didattici del Kit relativo all’acquisizione della lettura-scrittura, attraverso un percorso interculturale.

Una didattica interculturale contempla non solo il piano dei contenuti e della conoscenza di una cultura diversa, ma anche il piano della metodologia delle discipline.

Nel caso specifico, l’apprendimento della lettura e della scrittura, si connota come percorso interculturale per i seguenti motivi :

  1. conoscenza, attenzione e rispetto dello stile educativo dei bambini rom e sinti nel loro contesto socio-culturale
  2. rilevazione della competenza in lingua italiana, come L2 e rapporto con la lingua romanés
  3. attenzione e rispetto per un popolo che ha uno stile cognitivo orale
  4. scelta di attività socializzanti e di apprendimento cooperativo
  5. percorso personalizzato

Il quaderno operativo "Parole per giocare" si riferisce alla seconda unità di apprendimento del percorso interculturale, riporta le immagini DELL’AREA 2 del CD "Parole per giocare" ed è suddiviso in quattro sezioni per un totale di 68 schede

  1. la prima sezione comprende le immagini per l’acquisizione delle parole e per le esercitazioni fonetiche corrispondente al gioco "tiro a segno oggetti"
  2. nella seconda sezione sono predisposte le esercitazioni per la scrittura che richiamano il gioco del "beng" sempre dell’area 2 del CD
  3. la terza sezione può essere utilizzata sia come verifica di lettura delle prime parole e sia come esercitazione e si riferisce al gioco "tiro a segno parole"
  4. nella quarta sezione c’é la corrispondenza tra lo stampato maiuscolo e quello minuscolo e riprende il gioco del "memory"

Per ulteriori approfondimenti si prega di contattare

Maria Grazia Dicati
0499702573
e-mail madidicati2001@yahoo.it

 
Di Fabrizio (del 10/02/2008 @ 09:49:24, in scuola, visitato 2363 volte)

New Kosova Report

Mentre la maggioranza della popolazione albanese si lamenta della qualità dell'istruzione in Kosovo, i gruppi minoritari lottano contro ulteriori difficoltà, dalla mancanza di programmi e di libri di testo, senza accesso all'istruzione nella loro lingua.

Sehadin Shok della Missione OCSE in Kosovo dice che questo è il caso della comunità Gorani. Dice: "Negli ultimi quattro anni, hanno affrontato seri problemi nell'iscrivere i loro bambini all'istruzione primaria." Ci sono circa 8.000 Gorani in Kosovo.

Cadendo tra le crepe

Nel 2003 l'Assemblea del Kosovo ha adottato una legge sulla scuola primaria e secondaria per le minoranze linguistiche. La legge, d'altronde, non prevedeva programmi per gli studenti Serbi o i non-Serbi.

Dice Mursel Halili, insegnante gorani e rappresentante della comunità: "Sino al2003, i nostri bambini venivano istruiti in serbo e seguivano i programmi serbi."

Le Istituzioni Provvisorie di Auto Governo (PISG), il Ministero dell'Istruzione, Scienza e Tecnologia in particolare, vuole che la comunità gorani frequenti i programmi maggioritari, quindi non sono stati creati libri e programmi in serbo.

"Noi abbiamo continuato ad insegnare secondo i programmi serbi," dice Halili, "così i bambini non perderanno anni di scuola e potranno continuare verso l'istruzione superiore qui nella regione."

D'altra parte, il ministero è stato riluttante nel permettere l'uso dei programmi serbi, e negli ultimi quattro anni, gli studenti gorani non hanno potuto iniziare puntualmente l'anno scolastico. Le loro scuole sono state minacciate di chiusura nel 2007.

L'Alto Commissario OCSE per le Minoranze Nazionali, Knut Vollebaek, ha riconosciuto il problema durante la sua visita in Kosovo tra il 10 e il 15 gennaio. "Il mancato sviluppo di programmi in serbo da parte delle istituzioni kosovare, sta avendo un impatto negativo sui bambini gorani," dice.

Trovando una soluzione

Nel tentativo di disinnescare le tensioni, nel novembre 2007 la Missione OCSE ha organizzato tavole rotonde per raggiungere la consapevolezza tra i partners, il ministero in particolare, sui bisogni e problemi delle minoranze.

"Il nostro scopo era di identificare i suggerimenti e assistere il PISG nello sviluppare misure per integrare le minoranze e preservare la loro identità," dice Shok. Il testo sarà presto disponibile.

Halili dice che la tavola rotonda con i Gorani è stata molto positiva. "Abbiamo discusso apertamente il problema coi rappresentanti del ministero - abbiamo fatto le nostre proposte e discusso le soluzioni possibili," dice, aggiungendo: "Il fatto che le scuole primarie stiano già funzionando è un successo."

Mancano i libri di testo

Anche altri gruppi di minoranza affrontano problemi simile. Bosniaci e Turchi, per esempio, sono senza libri di testo nella loro lingua.

"Non sono disponibili libri di testo per il quinto grado, mentre sono in preparazioni quelli per il terzo, quarto e ottavo grado," dice Shok. "Per l'istruzione secondaria non ci sono libri di testo disponibili."

Anche quando i libri sono disponibili, la qualità spesso è povera. La traduzione dall'albanese è stata fatta da chi parla la lingua ma non conosce la materia, la fisica, ad esempio," aggiunge. "Così, la terminologia è spesso sbagliata." Per aiutare a colmare il gap, nel 2007 la Missione ha donato 2.800 libri alla Biblioteca Cittadina di Prizren per i 2.500 Bosniaci del Kosovo.

La Missione ha anche aiutato le comunità più marginalizzate - Rom, Askali ed Egizi -a migliorare la loro istruzione. Grazie alla Missione, 1.800 bambini e ragazzi sono stati in grado di raggiungere il livello scolare richiesto dalla scuola maggioritaria primaria e secondaria.

Scolarizzazione parallela per i Serbi

Mentre queste comunità combattono per migliori condizioni di istruzione, gli studenti serbi frequentano un sistema scolastico parallelo sotto l'autorità del Ministero Serbo della Scienza ed Educazione.. La Missione ha sviluppato un numero di progetti per aiutare anche queste scuole.

Per esempio, aiutando a modernizzare il laboratorio di ingegneria della Scuola Tecnica di Mitrovica Nord, installando nuovi computers, stampanti, scanners ed altri equipaggiamenti. Ha fornito autobus scolastici agli studenti serbi delle scuole nella regione di Peje/Pec, assicurando loro libertà di movimento.

Il nuovo Governo ha di fronte un gran numero di vecchi problemi. "La Missione OCSE ha però fiducia che la leadership porrà più attenzione ai bisogni delle minoranze e alla loro istruzione," dice Shok.

"Questo tema sarà al culmine della nostra agenda nel 2008."

Written by Mevlyde Salihu and Nikola Gaon

Source: OSCE

 
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