Invio articolo di graziano halilovic, pubblicato su " IL MONDO DOMANI" Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF n.5
Saluti Maria Grazia Dicati
minoranze
di Graziano Halilovic
Rom bosniaco xoraxané, mediatore culturale, membro del Comitato Rom e Sinti
insieme
I bambini e gli adolescenti Rom e Sinti che riescono a varcare la soglia
di un’aula scolastica sono spesso i più soli ed emarginati, e lo rimangono per
tutti gli anni della frequenza obbligatoria.
Non basta mandarli a scuola, bisogna integrarli e responsabilizzare i genitori
Ancora oggi ricordo il mio primo giorno di scuola: un grandissimo autobus in
mezzo al campo nomade che si trovava in un quartiere di Torino. In questo
quartiere esistevano tante scuole, ma la nostra era dentro l’autobus. Il campo
nomade era grandissimo e c’erano diverse etnie Rom e Sinte; ogni tanto
litigavano tra di loro, ma se si avvicinavano e cercavano di mettere a rischio
la nostra scuola tutti si alzavano gridando per allontanarli dall’autobus.
Era molto bello andare a scuola; tutte le mattine mi accompagnava mia madre o
una delle mie sorelle. Io avevo 7 o 8 anni, e per la prima volta avevo un
dovere e finalmente anche un diritto: quello di andare a scuola!
Le mie sorelle e tante altre ragazze e ragazzi si avvicinavano all’autobus a
guardare e a curiosare dalla finestra. A me sembravano dei poveracci: il loro
destino era stare fuori, mentre noi avevamo il privilegio di stare dentro. Non
so bene chi, ma qualcuno aveva scelto il nostro destino, anzi meglio: qualcuno
aveva tolto il sacro diritto allo studio a quei ragazzi e ragazze che stavano
fuori, mentre noi stavamo dentro l’autobus a farci ghettizzare.
Mi chiamo Graziano Halilovic e sono un Rom Bosniaco. Oggi ho 35 anni, una moglie
bellissima, 6 figli (3 maschi e 3 femmine), un lavoro e un mutuo da pagare! Da
dodici anni la mia professione è il mediatore linguistico culturale. Mi sento
fortunato per la persona che sono diventato e per il tipo di percorso di
integrazione che ho fatto, anche grazie all’adeguata istruzione che ho ricevuto.
Devo tutto questo, comunque, non a chi aveva pensato al sistema della scuola
nell’autobus… ma ai miei genitori.
Lo Stato italiano ha deciso che tutti i bambini Rom e Sinti devono andare a
scuola. Oggi esiste il progetto di scolarizzazione, gestito dalle varie
associazioni, rivolto ai questi bambini (definiti minori a rischio). Il progetto
ha come obiettivo l’integrazione, la responsabilizzazione e la sensibilizzazione
dei genitori; le associazioni dovrebbero seguire i nostri minori nel percorso
scolastico. Ormai sono più di quattordici anni che la scolarizzazione va avanti
e i primi bambini Rom e Sinti che hanno fatto parte del progetto, oggi hanno 20
anni. La maggior parte di essi, però, è stata inserita a scuola quando aveva già
10 o 13 anni e questo ha creato grande disagio e poca sensibilità verso le loro
problematiche. Spesso le scuole hanno inviato tante richieste di aiuto, ma le
uniche risposte che hanno ricevuto sono state: “c’è l’obbligo scolastico e avete
il dovere di prendere i bambini nella scuola”.
Ai genitori Rom e Sinti hanno imposto l’obbligo di mandare i figli a scuola, ma
non hanno trasmesso e spiegato il valore e l’importanza di farli studiare.
Questo ha creato l’allontanamento del genitore dal proprio ruolo.
Le associazione si vantano del loro progetto finanziato dal Comune di Roma, del
numero di bambini che sono riusciti a portare nelle aule, ma la qualità della
frequenza scolastica dei bambini e come il bambino vive questa situazione non
sono considerati.
I bambini Rom e Sinti sono molto sensibili, delicati, attenti, curiosi, vivaci,
intelligenti, pronti a imparare, hanno tanta voglia di giocare, di sbagliare, di
ricominciare, insomma sono dei bambini, come tutti gli altri!. Ma quando si
discute di loro sembra che siano solo degli zingari.
I bambini che hanno frequentato la scuola con questo sistema, oggi sono usciti
con un diploma di terza media (grandi elogi al sistema!) ma se gli chiedi di
leggere o scrivere fanno la stessa fatica di un bambino di seconda o terza
elementare.
Nelle scuole subiscono tanto razzismo, sono sempre gli ultimi della classe e
spesso gli ultimi di banco… disegnano, mentre gli altri bambini imparano a
leggere e a scrivere. In classe i bambini Rom e Sinti si trovano a rappresentare
per gli altri la negatività. In adolescenza capiscono cosa significa vivere
isolato ed escluso! Condividono gli stessi sogni dei loro compagni, ma iniziano
a capire che hanno ben poche speranze di realizzarli.
Dopo otto lunghissimi anni di dura prova escono con la coscienza che la vita che
fanno è disastrosa, vergognosa e che nessuno li rispetta. Vorrebbero migliorare
la propria condizione e acquisire dignità e sanno che la strada giusta è il
lavoro, ma sono analfabeti e per gli altri sono solo degli zingari. Così
cominciano a capire che dopo otto anni di scuola per loro non è cambiato niente.
Ritornano al proprio campo nomade, due volte sconfitti sperando di essere
accettati almeno lì. E al campo li accettano, pur non riuscendo a capire come
mai dei ragazzi che hanno speso otto anni della loro vita nella scuola e che
hanno fatto tutto quello che si poteva fare per essere integrati, possano essere
cosi maltrattati e rifiutati.
Nel campo, quando si ritrovano con altri ragazzi che non hanno mai frequentato
la scuola si sentono diversi, persi nel nulla.
Una mia amica diceva che i bambini Rom o Sinti vengono trattati come sacchi di
patate, e non come esseri umani. Lo diceva ai suoi operatori e ai suoi educatori
scolastici.
Oggi dico che non basta solo accompagnare i bambini dal campo alla scuola e
fargli prendere la terza media senza garantire la qualità della frequenza
scolastica: questi ragazzi devono avere un sostegno per poter proseguire gli
studi; bisogna offrirgli un’alternativa. Bisogna sostenere il loro attaccamento
alla famiglia e non cercare di allontanarli (la famiglia è una parte molto
importante della loro vita); bisogna coinvolgere e sostenere la famiglia e
mettere i genitori nella condizione di aiutare il proprio figlio o la propria
figlia nel percorso scolastico.
So che non è un sogno e che tutto ciò potrebbe essere realizzato: per una
completa e reale integrazione manca solo la volontà delle persone. E se non
dimostrano di avere la volontà di percorrere questa strada, allora mi chiedo se
per loro i Rom e i Sinti non sono altro che un ennesimo strumento per fare
politica.