Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/04/2014 @ 09:03:15, in blog, visitato 2122 volte)
Ignoro quanti miliardi di persone, per le ragioni più varie, siano iscritti a
Facebook. Forse la mia è una domanda da aristocratico, ma quando le cifre sono
simili, esiste una buona parte di gente iscritta che si immagina il suo momento
di visibilità, da raggiungere, vuoi con accurate strategie di marketing, o
viceversa con l'idiozia espressa ai massimi livelli. Tutto fa brodo nella corsa
versa la celebrità di plastica.
Ignoro se sia da incolpare Facebook, o la volgarità che ogni giorno riempie i
più seguiti talkshow televisivi, le cronache parlamentari di chi dovrebbe dare
un esempio ai propri elettori, il becerume che impera ovunque e rende simili chi
afferma una cosa e chi quella opposta.
Si discute da qualche giorno (sempre su Facebook, ovviamente) sulla natura
del gruppo
MEGLIO ZINGARA CHE ITALIANA
dove i soliti stereotipi e il medesimo linguaggio razzista sono capovolti e
usati da "presunte" romnià contro le italiane (se qualcuno si ricorda, l'ex
onorevole Dacia Valent si esprimeva in maniera simile sino a qualche anno fa,
generando grande scandalo tra razzisti e antirazzisti). L'assurdo di quel gruppo
che nominavo prima, è che alla fine, pur riciclando intelligentemente tutto
l'armamentario verbale razzista che quotidianamente viene rivolto a rom e sinti,
finisce per figurare come un gruppo di povere sfigate analfabeti e impotenti.
Insomma: se di provocazione si tratta, non funziona. La vittima che assume le
vesti di provocatrice, mantiene l'aspetto sguaiato della pescivendola (che si
tratti della Loren o della Mussolini, lo dico senz offesa).
L'altra cosa assurda (ma questa è una mia nota personale), è che non capisco
se le autrici siano gagì (italiane) che vogliono prendersela con i rom, o
viceversa romnià (italiane) che vogliano prendersela con le gagì.
Insomma, il tipo di linguaggio e la modalità comunicativa hanno generato un
conflitto a risultato ZERO, cioè (provo a tradurre) dove l'importante non è
affermare una tesi o il suo opposto, ma partecipare ad una gara per stabilire lo
stornellatore (il twittatore) più in gamba.
Sarà per questo che mi sfuggono il senso e l'importanza della discussione su Facebook.
Di Fabrizio (del 02/04/2014 @ 09:02:05, in Regole, visitato 1582 volte)
26.03.2014 -
Sul
Corriere della Sera pubblicata la prima sentenza italiana in cui si riconosce
espressamente il carattere discriminatorio del c.d. "censimento Rom" da parte
dello Stato italiano
A distanza di più di 10 mesi dalla decisione del Tribunale Civile di Roma che
aveva accolto il ricorso per discriminazione proposto dal sig. Salkanovic, con
il supporto di Asgi, Associazione 21 Luglio e Open Society Justice Initiative,
finalmente arriva la pubblicazione dell'ordinanza sul quotidiano nazionale "Il
Corriere della Sera" del 19 Marzo 2014.
"Sono stati necessari oltre dieci mesi e molteplici solleciti affinché questa
importante decisione giurisprudenziale trovasse oggi adeguata pubblicità sugli
organi di informazione, così come ordinato dal Tribunale" affermano le
associazioni ASGI e Associazione 21 Luglio che hanno seguito il caso " Ci
auguriamo che la diffusione dei contenuti di questa azione aiuti a rafforzare la
lotta per il rispetto della dignità umana verso una comunità che continua a
rappresentare troppo spesso un capro espiatorio, vittima di una mancata e seria
attuazione di una strategia d'integrazione come dimostrano i recenti fatti di
intolleranza verso la comunità rom a Poggioreale(Napoli) e la continua e
insensata politica degli sgomberi".
IL CASO: Nel maggio del 2008, il Governo italiano adottava la "Dichiarazione
sullo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel
territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia" con cui si conferivano ai
prefetti delle città di Roma, Milano e Napoli poteri straordinari "in deroga
alle disposizioni di legge in vigore", tra cui l'identificazione e il censimento
delle persone (minori inclusi), per adottare misure indirizzate, direttamente o
indirettamente, ai Rom, Sinti e ai cittadini di paesi terzi, residenti nei c.d.
'campi nomadi'.
A seguito dell'intervento del Tribunale di Roma (ordinanza del 24.05.3012 della
seconda sezione civile), i dati sensibili illegittimamente raccolti e conservati
presso la banca dati del Ministero dell'Interno sono stati distrutti ed è stato
liquidato il danno - determinato in via equitativa in 8.000 euro - in favore
della vittima della discriminazione.
Nonostante in Italia siano spesso proprio le istituzioni a mettere in atto
comportamenti discriminatori, l'ordinanza Salkanovic rappresenta, ad oggi, uno
dei rari casi in cui è stato ordinato ad una Pubblica Amministrazione di
risarcire il danno non patrimoniale in favore di una vittima di discriminazione
in applicazione della direttiva 2000/43/CE che impone la previsione di sanzioni
effettive proporzionate dissuasive - .
L'ordinanza Salkanovic rappresenta, altresì, il primo caso in cui si riconosce
espressamente il carattere discriminatorio del c.d. "censimento Rom", anche se
successivamente è anche intervenuta la Corte di Cassazione che ha confermato
quanto disposto dal Consiglio di Stato in merito all'illegittimità ab origine
dell'"emergenza nomadi" sul territorio italiano.
Secondo il Tribunale di Roma, la generale previsione di identificare tutte le
persone rinvenute negli insediamenti mediante rilievi segnaletici ha determinato
una discriminazione basata sulla provenienza etnica. Nello specifico, "é stata
violata la dignità del ricorrente ed è stato creato un clima ostile".
Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
Associazione 21 Luglio
Di Fabrizio (del 03/04/2014 @ 09:01:40, in Europa, visitato 1921 volte)
March 31, 2014
di Maurizio Stefanini - nota a margine di Mahalla
Il governo svedese chiede scusa agli zingari per un secolo di discriminazioni,
vessazioni e abusi che sono arrivati fino all'estremo delle sterilizzazioni di
massa, per impedire che crescesse troppo una minoranza classificata come
"incapacitati sociali". Non solo è una bella botta allo stereotipo sulla
multiculturalità e sulla tolleranza scandinava: anche se probabilmente cose
anche peggiori sono accadute e accadono in tanti altri Paesi, senza che nessuno
chieda scusa allo stesso modo. Il dato ancora più spiazzante, appunto dando
retta agli stereotipi, e che è il governo di centrodestra del premier Fredrik
Reinfeldt a chiedere scusa per abusi che furono compiuti soprattutto dai governi
socialdemocratici, secondo i quali l'intervento eugenetico per ridurre il peso
degli elementi "parassitari" era una condicio sine qua non irrinunciabile dello
Stato sociale, per abbatterne i costi.
"La situazione che vivono gli zingari oggi ha a che vedere con la
discriminazione storica cui sono stati sottomessi", afferma il Libro Bianco
sulle violazioni dei diritti di questa minoranza dal 1900 in poi che è stato
presentato a Stoccolma.
"Un periodo oscuro e vergognoso della storia svedese", è stato definito dal
ministro dell'Integrazione, il liberale Erik Ullenhag. Forse non conclusosi del
tutto, visto che una delle testimoni rom invitata a dare testimonianza si è
vista negare l'ingresso dal personale di quell'Hotel Sheraton dove il rapporto
veniva presentato. E lo scorso settembre ci fu lo scandalo della polizia della
Scania che aveva schedato una lista di 4000 rom. Ma il clou fu tra 1934 e il
1974: cioè, quasi l'intero periodo di quel lungo predominio socialdemocratico al
governo che durò dal 1932 al 1976. Non ci sono cifre ufficiali, ma secondo le
testimonianze almeno una famiglia consultata su quattro era a conoscenza di casi
di sterilizzazione o aborto forzato. Inoltre i bambini venivano spesso sottratti
alle famiglie: neanche qui ci sono cifre ufficiali, ma secondo il Ministero
durante i freddi inverni svedesi la pratica era sistematica, con il pretesto di
sottrarre i piccoli ai rigori del clima.
Sempre durante i governi socialdemocratici, fino al 1964 fu proibito agli
zingari di entrare in Svezia. Anche durante quegli anni della Seconda Guerra
Mondiale in cui rom e sinti nell'Europa occupata dai nazisti venivano
sistematicamente mandati nei campi di sterminio. Porajmos, "devastazione", è
chiamata quella versione zingara della Shoà in cui morirono oltre 600.000
persone. Anche per chi risiedeva in Svezia in molti municipi era inoltre
proibito agli zingari insediarsi in modo permanente, nelle scuole i bambini
erano segretati in aule speciali e in generale i servizi sociali erano loro
preclusi. Come ha spiegato il Ministero, "l'idea era di rendere loro la vita
impossibile perché se ne andassero dal Paese". Per il momento, il Libro Bianco
non contempla la possibilità di risarcimenti agli zingari, che in Svezia sono
50.000 su una popolazione di 9 milioni e mezzo di persone. Però l'apertura degli
archivi e le scuse ufficiali ne pongono probabilmente le premesse.
Nota
Occorreva un quotidiano di destra perché sulla stampa emergesse questa
storia. Che è ancora incompleta: non fu soltanto la Germania nazista a
perseguire quelle politiche - i colpevoli sono da tutte le sponde
politico-ideologiche - ci fu la democratica Svizzera tra gli anni '50 e gli anni
'70, ma anche la comunistissima Cecoslovacchia del dopo Dubcek, con processi di
risarcimento che si trascinano ancora oggi. E la Svezia socialdemocratica.
Cosa può legare tra loro regimi così diversi? Direi, il tentativo di
stabilire il primato dello stato, che deve essere non solo forte (anche se ogni
stato intende la forza in una sua maniera diversa), ma deve anche intervenire
nel "plasmare" l'identità dei propri popoli. Qualcuno con la forza, altri con
una sorta di "moral suasion". Facendo valere la forza soprattutto sulle fasce
più deboli ed esposte della popolazione.
Cosa aggiungere sulla socialdemocrazia (svedese)? Che nei medesimi anni,
i Rom e Sinti venivano schedati e i dati raccolti in schedari segreti di cui
solo l'anno scorso si è venuto a conoscenza. Nel frattempo, la Svezia ha virato
a destra, e questi episodi di chiarezza sul suo passato vanno in corto circuito
con pulsioni che prima erano più rare: è di settimana scorsa la notizia,
lanciata dalla testata THE LOCAL e
ripresa anche all'estero, di un ristorante della catena Sheraton ha
rifiutato di servire un proprio cliente perché di etnia rom.
Nel contempo, nella Serbia che per gli "occidentali" rimane un posto
esotico e selvaggio, si è concluso il processo contro un Mc Donald che si era
reso colpevole di un comportamento simile a quello svedese.
Di Fabrizio (del 04/04/2014 @ 09:05:20, in Regole, visitato 1876 volte)
La prima volta che vidi, ero seduto accanto a loro, dei Rom durante lo
svolgimento di un Consiglio di Zona fu nei primissimi anni '90, e la cosa mi
fece un effetto strano: beceri, urlanti e litigiosi i consiglieri, calmi ed
educati i Rom presenti in sala. Quella sera ci furono anche risvolti comici, ma
non è questo il momento di scriverne.
Martedì sera, ho rivissuto la stessa sensazione, purtroppo senza gli
effetti comici di allora. Per capire qual era il contendere della serata, potete
leggere questo intervento che alcuni cittadini hanno
letto prima dell'inizio del consiglio.
Mercoledì sera ne ho riparlato con un rom che era presente, mentre in
televisione sbirciavamo distrattamente una partita che non interessava a nessuno
dei due. Lui è A.B., lo conosco da anni, incensurato, lavora e ha la fortuna di un contratto a tempo indeterminato, con la
sfortuna di fare dei turni micidiali; ha anche una bella famiglia e da tempo (come molti) vorrebbe uscire dal campo. Per seguire i nostri ragionamenti, le sue
parti saranno in corsivo.
Non c'era alcuna certezza che l'argomento venisse discusso, sino all'ultimo
avevo anche il timore che dal campo non si presentasse nessuno - e sarebbe stato
abbastanza incongruente discutere un argomento che i rom ritengono molto urgente
quando loro per primi non si facevano vivi.
Ma poi, puliti e ordinati, abbiamo fatto fatto ingresso in sala.
La maggioranza in CdZ, a fatica, era dalla nostra parte; l'opposizione, con
altrettanta fatica e stanchezza, del tutto contraria, per cui sin dall'inizio si
assisteva a varie comunicazioni in codice. Il dibattito prosegue lentamente, i
due fronti sembrano squadre che si studiano in attesa della mossa altrui.
L'opposizione traccheggia, insomma tira per le lunghe, fa intendere che sul
punto che ci interessa non intende arrivare alla discussione.
I cittadini possono intervenire solo a inizio seduta, non a consiglio in
corso. Non è piacevole rimanere seduti in fondo senza niente da fare. Ogni tanto
qualcuno dai banchi della maggioranza veniva a salutarci, o solo a controllare
che non ci fossimo addormentati.
Nonostante i tentativi di tirare per le lunghe, alla fine la minoranza
soccombe e deve accettare di discutere sulla mozione presentata dalla
maggioranza. Ma prima di votare la mozione, c'è ancora da affrontare il
dibattito: tirare nuovamente per le lunghe o tentare un assalto alla baionetta?
Le opinioni le rispetto, anche quelle diverse, ma mentre che parlavano di
noi sentivo inesattezze una dopo l'altra: c'era chi parlava di scontri tra bande
e con lo stesso cognome mischiava vittime e colpevoli.
Come se io mi chiamassi Provenzano e dovessi per forza essere affiliato ad un
clan o condividerne le colpe.
E poi c'era una che era fissata che nei campi rom ci fosse l'aria
condizionata.
Neanch'io ho mai saputo di un campo con l'aria condizionata. Qualche tempo fa
nel centro di via Lombroso i rom si lamentarono che nei container d'estate si
sarebbe morti di caldo, e il Giornale titolò che volevano l'aria condizionata.
Da lì la voce è circolata ed è stata stravolta sino a ieri sera.
Ma io ricordo che quei consiglieri sono stai qui. Hanno visto in che
condizioni viviamo. Non possono far finta di non sapere e inventarsi queste
cose.
Credo che allora l'abbiano fatto apposta.
Perché mentre li stavo ad ascoltare, alle cose inventate si aggiungevano,
qualcuno sottovoce e altri molto sfacciatamente, sempre più provocazioni. Tanto
noi dovevamo ascoltare in silenzio.
Ad esempio, c'era uno spilungone che continuava a ripetere che chi abita nel
vostro campo (tutti, indistintamente) vive nell'illegalità, e se vuole può
uscirne. Ma io non capisco come si possa essere nell'illegalità, solo perché si
abita in un campo comunale, assegnato dallo stesso comune. Bisogna vivere in un
campo abusivo? Comunque, non ho problema a farvi leggere cosa scrive
chi la pensa in quella maniera.
Sembra che per essere illegale basti essere rom. Qualcuno provava a
rispondere con un semplice ragionamento: anche noi siamo persone, individui, non
una cosa o una categoria politica.
Ci sono stati interventi (anche nella minoranza) che erano più ragionevoli, e
man mano crescevano i toni, il presidente del consiglio (non lo invidio) provava
a sanzionare gli interventi e riportare un tono civile.
Finché non ha convocato i capigruppo, forse per calmare il dibattito, ma
a questo punto i provocatori hanno alzato ancora di più la voce.
Avevano capito che stavano perdendo la partita e non sapevano più cosa fare.
Così hanno provato a buttarla in caciara, sperando di fare la figura delle
povere vittime. Ma a quel punto hai perso la pazienza.
Non ce l'ho fatta più. Ognuno può pensarla come crede, ma il rispetto è
dovuto a tutti. Così ho risposto a voce alta che io ero più italiano di loro.
Ma è stato quello che hanno detto, o per tutto quello che avevi ascoltato
prima?
Non ho neanche capito cosa avessero detto in quel momento. So che ad un
certo punto anche gli altri consiglieri dicevano che era troppo, che si stava
esagerando e che frasi simili non dovevano essere accettate. Ecco, è stata la
goccia che ha fatto traboccare il bicchiere.
A quel punto, ti abbiamo gentilmente accompagnato fuori (A.B. è la persona
più pacifica del mondo, ma se perde la pazienza sono 140 kg. scatenati. Chi lo
ferma? ndr.)
Avete fatto bene. Anche se sono convinto che avevo ragione, poi mi sono
fermato fuori ad aspettare. C'era un consigliere che continuava a ripetere a me
e gli altri di rientrare, ma non volevamo cadere nelle provocazioni.
Devo dirti, non mi è spiaciuto sentirti rispondere a quel modo. Ma ormai
mancava pochissimo ad approvare la mozione, e il rischio era di rovinare tutto
all'ultimo momento. Era quello che volevano.
Insomma, alla fine la mozione è passata.
Il Consiglio di Zona ha fatto tutto il possibile, ma non ha potere in merito,
può solo fare pressione in Comune, che in questi mesi è stato il vero collo di
bottiglia della vostra vicenda.
Allora siamo a posto! Vero...???
Come si dice "Stai sereno".
Va bene. Domenica passi ancora a trovarci, così posso salutarti nello
stesso modo?
Milano 1° aprile 2014
Al Presidente e ai Consiglieri del Consiglio di Zona 2 di Milano
Non è la prima volta che interveniamo in questa sede sulla questione di via Idro
e sappiamo che potrebbe non essere l'ultima. Siamo del tutto consci che i
problemi complessi non si risolvono con i proclami militareschi alla De Corato,
con i continui trasferimenti di persone da un capo all'altro della città e
nemmeno con gli atti amministrativi, se questi non sono sostenuti da un progetto
politico e da risorse economiche e umane. E sappiamo che ci vuole del tempo.
Ma non possiamo fare a meno di segnalare, appunto, che il tempo sta passando e
le misure prese finora sono lontane dall'essere adeguate. Aspettiamo che il
Piano rom sinti e caminanti decolli e ci auguriamo che produca effetti positivi,
sia per le comunità rom, sinti e caminanti, sia per quelle che sono maggiormente
investite dalle problematiche connesse, per questioni diverse tra le quali,
innanzitutto, la prossimità.
Stasera interveniamo proprio per sollecitare questo Consiglio ad affrontare, con
le misure che gli sono proprie, con maggiore determinazione la situazione che si
va creando anche a causa della crisi economica e nello specifico quella di via
Idro, di cui stiamo segnalando da tempo i problemi. E ci permettiamo di
sollecitarlo ad approvare senza esitazioni la delibera all'ordine del giorno,
che riteniamo coerente con gli obiettivi che questo Consiglio ha finora
perseguito.
Non avremmo altro da aggiungere se nei giorni scorsi non fosse stata qui
approvata una mozione che non investe direttamente la questione in oggetto, ma
la evoca, secondo il nostro parere, con ambiguità. Ci riferiamo a quella
presentata dalla consigliera Sardone, che ha ottenuto un consenso molto ampio.
Noi comprendiamo il disagio e i timori dei cittadini di fronte a situazioni di
degrado e di devianza e comprendiamo anche le preoccupazioni del Consiglio di
zona, che a quei cittadini deve cercare di rendere conto. Non è pertanto nostra
intenzione sindacare la decisione di installare una barriera antiroulotte in via
Trasimeno. Ma non è un caso che su questa decisione si siano gettate con un
interesse sorprendente, e sospetto, la stampa e la televisione, forse
opportunamente messe al corrente della vicenda. Raramente una barriera
antiroulotte ha avuto tanto risalto mediatico.
D'altronde, si va verso le elezioni e non c'è da stupirsi se forze politiche
travolte da ripetuti scandali e a corto di argomenti si apprestano nuovamente a
giocarsi il jolly degli "zingari", rivolgendosi non alle teste ma alle pance dei
cittadini. Sappiamo bene che c'è sempre chi è disposto, pur di guadagnare
qualche voto, a usare queste furbizie, senza badare ai danni che producono nel
corpo vivo delle comunità, nella loro cultura. E non ci meraviglia se a farlo
con più sistematicità e spregiudicatezza sono quelli che pretendono di essere i
migliori italiani e i migliori cristiani. Sono vent'anni che governano, qui e
altrove, e abbiamo imparato a conoscerli bene: sappiamo che è la povertà a
disturbarli, non la corruzione, né, è ormai risaputo, la mafia.
E non ci meraviglia nemmeno che certa informazione, in questo caso quella
incarnata dal giornalista Capuozzo, sia sempre alla ricerca di "sangue" (lo
diciamo usando le virgolette), e scelga di accompagnare un'intervista a due
consiglieri di una zona di Milano con immagini riprese non importa dove purché
allarmanti. In Zona 2 ci saranno anche tantissime situazioni di degrado, come
sostiene la consigliera Sardone, ma non è ancora la periferia di una megalopoli
del sud del mondo, nonostante sia molto colorata: e se è un male o un bene ce lo
diranno la storia e la demografia.
Amici di via Idro
#viaidro
Di Fabrizio (del 05/04/2014 @ 09:03:04, in Italia, visitato 1404 volte)
Sergio Bontempelli - 31 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Andrea è un giovane rom italiano. E' nato e cresciuto a Roma, e
non ha mai vissuto in un "campo nomadi": ci tiene a dirlo, perché il "campo" -
spiega - non è l'abitazione "naturale" dei rom e dei sinti, ma un luogo di
segregazione imposto dalle istituzioni. Andrea è stato scelto come testimonial
della campagna "Per i diritti, contro la xenofobia", promossa da Associazione 21
Luglio, Antigone, Lunaria e Associazione Studi Giuridici Immigrazione.
La Campagna - scrivono i promotori sul loro sito, lanciato proprio in questi
giorni - "nasce, alla vigilia delle elezioni europee, dall'urgenza di arginare
il rigurgito razzista e xenofobo che rischia di investire molti paesi e
orientare il discorso pubblico verso una progressiva marginalizzazione dei
diritti umani e delle libertà fondamentali".
Per questo, i promotori intendono avviare iniziative di informazione e di
denuncia sulla segregazione di rom, migranti e detenuti. Lavoreranno, già nelle
prossime settimane, per "riportare i diritti e la loro violazione al centro del
dibattito nella campagna elettorale", e proporranno ai candidati e alle
candidate italiane di sottoscrivere "un impegno diretto presso il Parlamento
europeo" su questi temi.
Il video che trovate qui sotto rappresenta - appunto - una delle prime
iniziative si sensibilizzazione, specificamente dedicata al tema dei rom. In
pochi e densi minuti, con un linguaggio semplice e diretto, Andrea racconta la
condizione di questa minoranza in Italia. "Moltissimi rom - dice Andrea - vivono
nei campi attrezzati: sono degli spazi asfaltati, senza vegetazione, circondati
dai muri e monitorati costantemente da telecamere. Ogni "ospite" è numerato, e
deve indossare un "badge" con il suo numero".
Emarginati, etichettati e persino "marchiati", i rom non sono messi nelle
condizioni di uscire dal loro isolamento. "Quando vanno a cercare un lavoro per
poi pagarsi un affitto e avere una vita dignitosa, vengono spesso discriminati.
Molti cercano di nascondere la loro identità, l'appartenenza all'etnia rom". Il
quadro che emerge da queste brevi e dense pennellate è quello di un gruppo
costretto a vivere in veri e propri ghetti, condannato alla marginalità
abitativa e sociale. "Quello che proporrei a un candidato europeo", conclude
Andrea, "è di chiudere i campi".
Una proposta - ci viene da dire - di disarmante semplicità. Come di disarmante
semplicità è il video: da vedere, da rivedere e da diffondere.
Di Fabrizio (del 06/04/2014 @ 09:06:53, in Italia, visitato 2230 volte)
Don Mario, "nomade tra i nomadi". Foto di Diego Zanetti -
CREDERE, Testo di Stefano
Pasta
Da oltre quarant'anni vive in una roulotte e percorre l'Italia per
evangelizzare rom e sinti: condivide le usanze dei nomadi e ha tradotto il
Vangelo nella loro lingua. Assicura: "Sono un popolo molto religioso"
"Ero prete da un mese e stavo andando in bici a confessarmi, quando ho visto un
gruppo di zingari e mi sono chiesto: chi porta il Vangelo a questo popolo? Sono
passati 60 anni ed eccomi qua". "Qua" è un piccolo campo di Brugherio (in
provincia di Monza), dove monsignor Mario Riboldi, che qualcuno chiama "Mario
degli zingari", vive da vent'anni insieme ad alcune famiglie di sinti tedeschi e
italiani e di rom ungheresi. Con lui - cappellaccio nero in testa e baffetti
tagliati corti - vive il padre barnabita Luigi Pieraboni, in una roulotte
piccola ma accogliente.
All'interno del campo, un container di circa cinque metri per due è stato
trasformato in una vera chiesetta. Il tabernacolo richiama la tradizione nomade:
è una piccola tenda in stoffa, con i colori del tempo liturgico, mentre la
Bibbia è sul trincast, un supporto di tre legni sul quale i rom in passato
appoggiavano la padella per cucinare. Qui don Mario e padre Luigi celebrano
tutti i giorni la Messa e recitano il Rosario con alcuni abitanti del villaggio
di case in legno e roulotte. "Tra pochi giorni partiamo per Salerno, dove
seguiamo un gruppo di rom italiani, poi andremo a Cuneo dai sinti piemontesi",
mi raccontano. Da decenni, don Mario, brianzolo di 85 anni, gira l'Italia e
l'Europa per dedicarsi alla pastorale dei rom e sinti, di cui a lungo è stato
l'incaricato nazionale: "Mi presento con la Bibbia in mano e così si cammina".
Il primo a sostenerlo fu l'allora cardinale di Milano Giovanni Battista Montini:
"Gli scrissi che avevo conosciuto un gruppo di sinti e si entusiasmò. Nel 1962,
lo accompagnai a incontrare un gruppo di zingari croati e abruzzesi che vivevano
in tende in un bosco vicino alla mia parrocchia. Disse: "Vi chiederete: cosa
viene a fare quest'uomo vestito di rosso in mezzo a voi?". Poi recitammo l'Ave
Maria davanti a un piccolo altare alla Madonna del Rosario, allestito con un
tappeto persiano". In quell'occasione, Montini disse a don Mario: "Tra due anni,
ti lascio partire". Ma poi accadde l'imprevisto: Montini divenne papa Paolo VI.
La faccenda si arenò fino al 1969, quando il cardinal Colombo gli disse: "Va
bene, posso lasciarti andare. Vediamo cosa combini". Don Mario lasciò la
parrocchia e divenne il primo prete ad andare a vivere tra gli zingari.
Racconta: "Sono un popolo a cui, pur vivendo in Europa, è spesso mancata
un'evangelizzazione; ma gli zingari sono profondamente religiosi. Lo vedo ad
esempio nel culto verso i defunti. Ho dovuto "superare" la mia mentalità, per
penetrare nella cultura di questo popolo così strano, sparso un po' ovunque in
tutto il mondo".
Don Mario ha imparato le usanze degli zingari e la loro lingua, il romanès, per
riuscire ad andare fino in fondo nei rapporti. Ha inventato canzoni religiose,
ha tradotto i Salmi e il Vangelo di Marco in cinque differenti lingue dei rom e
sinti. Spiega: "Dedico grande attenzione alla conoscenza dell'Antico Testamento.
Nell'esilio e nelle vicissitudini del popolo ebraico, si possono trovare molti
parallelismi con la storia degli zingari, spesso cacciati dai Paesi europei. C'è
poi una grande domanda sulla vita dopo la morte, che si accompagna all'idea che
i defunti continuino a proteggere i loro cari. Spesso dicono: "Se non ci fossero
stati i miei morti e Dio, sarei morto in quell'incidente"".
"Non solo il missionario porta, ma riceve molto. L'incontro profondo ti mette in
crisi, perché non ti senti più l'uomo perfetto che arriva e spiega tutto.
Avvicinando popolazioni diverse dalla propria, si impara a essere un po' più
universali, un po' più "cattolici". Un pizzico, perché in realtà si rimane
sempre troppo concentrati su se stessi". Per esempio, si impara ad avere una
vita meno frenetica, con meno ansia del risultato: "Ricordo di aver accompagnato
un prete in un campo per degli incontri: la prima volta c'erano 40 rom, la
seconda 20 e poi 4. Se ne andò sconsolato. Errore! Perché i 40 volevano il
prete, mentre i 4 cercavano Dio: non sempre la ricerca coincide...".
In Italia, ci sono una quindicina di preti e suore che vivono tra gli zingari,
ma don Mario sottolinea un'altra realtà importante, quella delle vocazioni tra i
sinti e i rom: "Fra preti, suore e diaconi permanenti zingari, ne conosciamo
170, di cui ben 40 in India".
Tra i gitani c'è anche un martire della fede: Zeffirino Jiménez Malla,
ucciso durante la Guerra civile spagnola (vedi box in alto). Anche qui, c'è lo
zampino di don Mario: "Ne avevo sentito parlare nel 1975, ma le cose da fare
erano tante. Ne parlai con il cardinal Martini, che mi disse: "Datti da fare".
Con padre Luigi andammo in Spagna per raccogliere la sua storia, ma il vescovo
della diocesi spagnola ci disse che mancava tutto: il postulatore, i soldi per
sostenere le spese della causa... Anche se non avevo né l'uno, né gli altri, gli
dissi: "Andiamo avanti, ci pensiamo noi". Così, nel 1997, Zeffirino fu
proclamato beato e a lui sono ora dedicate chiese in tutta Europa".
Perdonami Gesù Perché anche a me fanno un po' ribrezzo gli zingari
- RINO NEGROGNO, Sabato 5 Aprile 2014 ore 11.21
Perdonami Gesù perché anche a me fanno un po' ribrezzo gli zingari, ma non
tutti, provo ripugnanza per il vino e la birra che i loro uomini bevono sin
dall'alba, per gli zingari ubriachi, per la loro puzza di falsa libertà e,
soprattutto, per il bivaccare degli uomini nelle piazze mentre attendono il
malloppo delle loro donne coi loro sacchi di bambini. Perdonami Gesù perché non
li posso proprio sopportare anche se, appena l'olezzo di disperde, penso che
quegli ubriachi senza terra e senza voglia di lavorare, siano stati bambini pure
loro e che loro non abbiano giocato e, al posto di giocare, abbiano vissuto
l'odore del vino e del vomito, si siano cibati di finta anarchia e finto amore.
Non hanno studiato, non hanno letto Sartre. Sai Gesù, molti restano
scandalizzati per le donne coi bimbi ai crocevia che aspettano un milione di
semafori rossi per chiedere l'elemosina, affermano attoniti di essere
preoccupati per lo smog respirato dai bambini e che quindi bisogna cacciarli via
perché non rispettano i loro figli. Mi commuovo di questa loro ansia e di questa
loro circostanziata e straripante cristianità. Poi, però, non propongono
soluzioni che salvaguardino quei bambini. Per loro, cacciarli via è una
soluzione ottimale, come si dice, lontano dagli occhi lontano dal cuore. Ma tu
Gesù, che sei in ogni luogo, se vanno via dai nostri semafori, li vedi ancora
respirare smog altrove, mica si risolve così il problema vero?
Perdonami Gesù se sono così sfacciato e mi rivolgo a te così ma sono certo che a
te non dispiaccia, al massimo dispiacerà ai tuoi seguaci che ti hanno forgiato a
loro immagine e somiglianza, che vanno a messa la domenica e pensano possa
bastare, sono sicuro che a te non dispiaccia, anzi, starai ridendo di me che
scopro le mie carte senza bluffare, senza temere. Poi cerca di capirmi, mica
posso parlare con Marx, anche perché Marx non perdona, non è così elastico, non
fa come fai tu con i tuoi che gli permetti di confessarsi all'infinito, non dico
senza pentimento, ma sicuramente senza aver capito. Marx, con quella fissa della
uguaglianza sociale è irremovibile, vai a farglielo capire.
Comunque non voglio solo chiederti perdono, voglio anche ringraziarti Gesù.
Grazie per avermi creato pieno di dubbi. Essere come mi hai fatto ha i suoi
svantaggi certo, difficilmente riesco a trovate la soluzione ai problemi, quando
ci sono quasi, quando mi sembra di intravederla, mi vengono mille dubbi, penso
subito che la mia visione sia incompleta, personale, non tenga conto degli
altri, della loro visione e allora torno indietro e ricomincio daccapo. Grazie
anche per questo.
Per questa quaresima, oltre alle processioni, ai confratelli, alle cerimonie e
ai politici fieri e ben vestiti dietro le processioni, ti prego di illuminarci e
aiutarci a trovare una soluzione ai problemi più insormontabili.
da
RICONOSCIMENTO DI SINTI E ROM
8 aprile 2014 43° Giornata internazionale del popolo rom e sinto. Le
associazioni dei Rom e dei Sinti lanciano la campagna nazionale per il
riconoscimento giuridico della minoranza storico-linguistica rom e sinta in
Italia
L'8 aprile cade la 43.ma ricorrenza del Romano Dives, la Giornata internazionale
del popolo rom e sinto. In questa occasione la Federazione Rom e Sinti Insieme
(formata da 29 associazioni che operano a livello locale, regionale e
interregionale) e le associazioni Roma onlus, Romni onlus, FutuRom, Amalipé
Romanò, Forum Campania Rom, Cittadinanza e minoranze, Antica sartoria rom,
Theatre Rom, Museo del viaggio "Fabrizio De André" Isernia, Rom per il futuro,
Gruppo di azione Rom Piemonte (Romano pala tetehara, Romano Ilo, Romano Buci,
Rom e gagi insieme) Associazione Lumine lanciano la
campagna nazionale per la raccolta di firme su una legge di iniziativa popolare
per il riconoscimento giuridico della minoranza linguistico-culturale rom e
sinta italiana.
Rom e Sinti in Italia sono tra 150 e 170 mila, una cifra modesta rapportata alla
popolazione italiana ma una minoranza significativa e soprattutto una minoranza
con una propria identità linguistica e culturale. Insediati in Italia sin dal
1400 gli "zingari" sono la minoranza storica più svantaggiata e più
stigmatizzata nonostante gli obblighi internazionali e comunitari dell'Italia e
gli interventi di numerose organizzazioni internazionali come il Consiglio
d'Europa, l'OSCE e l'Unione europea.
La partecipazione di Rom e Sinti alla vita collettiva con il proprio contributo
umano e culturale è fondamentale per superare l'esclusione, la marginalizzazione
di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione fino allo sterminio
razziale e che non deve rimanere confinato nei ghetti fisici e spirituali, nei
quali troppo spesso viene relegato all'assistenza e non alla propria
responsabilità.
La campagna che le associazioni di Rom e Sinti avviano in rappresentanza delle
comunità rom e sinte italiane vuole realizzare gli articoli 3 e 6 della
Costituzione che prevedono: la pari dignità sociale e l'eguaglianza davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; la tutela di tutte le
minoranze linguistiche con apposite norme.
In questo modo si vuole superare il mancato riconoscimento istituzionale come
minoranza che è causa della scarsa integrazione nella società e della
marginalizzazione sociale ed economica.
Le associazioni rom e sinte rivolgono un appello alla cittadinanza, a
associazioni, istituzioni perché aderiscano e sostengano questa campagna. Il
riconoscimento della minoranza rom e sinta, della sua storia, della sua cultura,
della sua identità accoglie Rom e Sinti nella comunità più generale insieme con
tutte le altre identità che costituiscono il nostro patrimonio nazionale.
Grazie per l'attenzione
Per informazioni Tel. 3397608728 – E-mail:
lexsintirom@gmail.com
Federazione Rom e Sinti Insieme: Nevo Drom, Upre Roma, Sinti Italiani Vicenza,
Sucar Drom, Consulta Rom e Sinti di Milano, Museo del Viaggio "Fabrizio de
André", Sinti Italiani Busto Arsizio, Thèm Romanò Reggio Emilia, Sinti Italiani
Brescia, Sinti Italiani Milano Lambrate, Sucar Mero, Sinti Italiani Pavia, Sinti
nel Mondo, Sinti Italiani Bologna, Sinti Italiani Prato, Romano Drom, Sinti
Italiani Reggio Emilia, Romà, Sinti Italiani Verona, Nevo Drom Trento, Sinti
Italiani Piacenza, Cooperativa Sociale Aquila, Sinti Italiani Piemonte,
Cooperativa Sociale Aquila, Amici di Via Django, Cooperativa Labatarpe, Sinti
Italiani Romano di Lombardia, Istituto di Cultura Sinta
Di Fabrizio (del 09/04/2014 @ 09:01:02, in lavoro, visitato 2588 volte)
immagine da Didaweb-mediazione culturale
Vorrei fare ragionamenti magari antipatici, ma realistici, da continuare
anche in seguito se ci fosse interesse sull'argomento.
Lo scorso gennaio veniva lanciato ANCHE in Italia il programma
ROMED2-ROMACT. Qualche giorno prima, stavo parlando con una romnì,
mediatrice scolastica, già sottopagata e che da qualche mese non riceveva
nessuno stipendio. Forse ingenuamente, mi chiedeva come mai lei non fosse stata
interpellata e chi potesse far valere i suoi diritti.
Partirò da queste due facce della stessa medaglia per alcune considerazioni:
- Cominciando con la mia amica: è mediatrice scolastica (non
mediatrice culturale) da decenni. Per quanto abbia ormai una più
che discreta professionalità, con le sue competenze non saprebbe
ricollocarsi sul mercato del lavoro. Quindi è "condannata" ad un
lavoro magari utile professionalmente, magari persino appagante
per chi altrimenti sarebbe disoccupata.
- Ho conosciuto in passato mediatrici sanitarie (non
mediatrici culturali), che da tempo, per esaurimento delle
convenzioni, hanno smesso di esserlo. Nessuna è mai riuscita a
"riciclarsi" nei campi sanitario - infermieristico -
assistenziale. Incapacità loro, formazione professionale
insufficiente, o il vecchi paradigma che se sei rom ti chiudono
comunque la porta in faccia (al di là della tua preparazione o
della tua motivazione)?
- La somma dei primi due punti da come risultato un
quasi-lavoro, che rischia di mantenerti nel tuo ambito di sempre
(che può essere il campo-sosta, o la consorticola
politico-intellettuale del padrinato socio-assistenziale), e
l'illusione di avere un ruolo sociale attivo nell'emancipazione
del tuo gruppo (o quantomeno personale). Ma col passare del
tempo, quella che potrebbe essere una palestra per affrontare la
società esterna e passare ad un'occupazione che interagisca con
la società maggioritaria, diventa una gabbia autoreferenziale e
parimenti ghettizzante.
Il primo interrogativo è puramente STATISTICO: quanti Rom e Sinti che in
passato hanno svolto ruoli (retribuiti) di mediatori, hanno mantenuto
l'occupazione sino a oggi? Con quali risultati (personali e collettivi)? Se oggi
non lo sono più, cosa fanno? L'attuale rilancio della figura dei mediatori
(culturali o no), tiene conto dei risultati precedenti?
La seconda questione riguarda l'aspetto politico-economico: in queste
politiche
- il gagio (o il rom "gagizzato") è un CONSULENTE;
- il rom o il sinto è un MEDIATORE.
Non è solo un gioco di parole: il CONSULENTE mercanteggia il proprio compenso
(alto o basso che sia), il MEDIATORE no.
Ciò detto, qual è il compenso di un mediatore, quale il suo orario, quali i
suoi compiti? Le ultime due domande, purtroppo, si prestano alle risposte più
varie: i compiti ognuno li interpreta come crede, e anche l'orario finisce per
essere una cosa discrezionale. Quanto al compenso, se torno alle figure
conosciute in passato, per quanto in periodi meno caratterizzati dalla crisi
odierna potessero far gola ad una popolazione il cui tasso di disoccupazione
rimane il più alto in Europa, quanti di loro se la passavano meglio facevano
comunque conto su altre fonti di ingresso. Dal punto di vista economico, la
figura di mediatore non significava in alcun modo l'AUTONOMIA.
Per il momento, non entro nelle questioni dei compiti, della
corresponsabilizzazione e della formazione professionale.
Il mio parere (ma discutendone sono disposto a cambiarlo) è che OGGI
la mediazione culturale è un business per chi la propone, per chi organizza e
gestisce la fase di START UP, piuttosto che un'opportunità lavorativa
che porti all'emancipazione.
Noto anche che l'Italia, arrivando buon'ultima anche in questo caso rispetto
ad altre esperienze europee, può scegliere tra scimmiottare quanto sta già
accadendo altrove o viceversa provare a ribaltare questa deriva propria
dell'Unione Europea.
Soluzioni? Non ne ho, ecco il senso del discutere. A pelle, proprio guardando
quanto sta GIA' ACCADENDO in Europa, ho l'impressione che quei fondi potrebbero
essere spesi meglio se dedicati ad una pragmatica politica di scolarizzazione e
di formazione lavoro. Ma, anche qua, discutiamone.
Se qualche lettore si fosse, a torto o ragione, impermalosito, non avevo
l'intenzione di provocarlo, anche perché quando ho avuto l'occasione pure io ho
partecipato a programmi di mediazione.
Approfondimenti:
#mediazioneculturale #europa
Di Fabrizio (del 10/04/2014 @ 09:09:56, in Italia, visitato 1682 volte)
di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su
Repubblica
Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata
dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi
trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a
linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli
di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti
ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era
stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di
essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita,
fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere,
e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li
sottopose a linciaggio.
Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891,
quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto
contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse
profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times",
che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri
potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto
Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci:
contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni
sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste
mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio
popolo. Contro i Rom.
Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e
di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media
italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello
recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e
persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti
fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in
Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un
messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.
La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche
adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria
"nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti -
rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi
circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati;
questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di
euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid.
Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione
insita nelle politiche ufficiali dello Stato.
Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom -
lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime
nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto
pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in
Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una
minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità
culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti
dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.
La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi
loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura
dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì
quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto
attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla
cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione
delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci
riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della
"civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione
che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in
passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità
significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini
dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in
patria, così come meritano le loro nazioni "civili".
Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella
posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe
mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono
atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa
centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per
trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare
l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno
un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana
dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la
designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova
finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe
mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì
che voltino le spalle all'odio.
Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non
possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più.
L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere
Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è
dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il
presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di
cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia
l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo
passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui
nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.
* Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma
Initiatives Office della Open Society Foundations
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