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"Quando anche gli italiani si sentivano dire: accattoni sfaticati"
Di Fabrizio (del 10/04/2014 @ 09:09:56, in Italia, visitato 1678 volte)

di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su Repubblica

Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli immigrati italiani negli Stati Uniti

ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita, fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere, e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a linciaggio.

Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891, quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times", che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci: contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio popolo. Contro i Rom.

Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.

La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria "nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti - rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati; questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid. Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione insita nelle politiche ufficiali dello Stato.

Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom - lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.

La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della "civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in patria, così come meritano le loro nazioni "civili".

Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì che voltino le spalle all'odio.

Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più. L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.

* Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma Initiatives Office della Open Society Foundations