di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su
Repubblica
Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata
dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi
trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a
linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli
di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti
ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era
stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di
essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita,
fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere,
e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li
sottopose a linciaggio.
Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891,
quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto
contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse
profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times",
che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri
potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto
Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci:
contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni
sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste
mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio
popolo. Contro i Rom.
Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e
di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media
italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello
recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e
persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti
fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in
Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un
messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.
La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche
adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria
"nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti -
rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi
circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati;
questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di
euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid.
Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione
insita nelle politiche ufficiali dello Stato.
Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom -
lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime
nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto
pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in
Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una
minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità
culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti
dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.
La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi
loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura
dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì
quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto
attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla
cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione
delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci
riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della
"civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione
che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in
passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità
significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini
dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in
patria, così come meritano le loro nazioni "civili".
Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella
posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe
mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono
atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa
centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per
trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare
l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno
un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana
dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la
designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova
finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe
mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì
che voltino le spalle all'odio.
Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non
possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più.
L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere
Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è
dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il
presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di
cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia
l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo
passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui
nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.
* Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma
Initiatives Office della Open Society Foundations