immagine da Didaweb-mediazione culturale
Vorrei fare ragionamenti magari antipatici, ma realistici, da continuare
anche in seguito se ci fosse interesse sull'argomento.
Lo scorso gennaio veniva lanciato ANCHE in Italia il programma
ROMED2-ROMACT. Qualche giorno prima, stavo parlando con una romnì,
mediatrice scolastica, già sottopagata e che da qualche mese non riceveva
nessuno stipendio. Forse ingenuamente, mi chiedeva come mai lei non fosse stata
interpellata e chi potesse far valere i suoi diritti.
Partirò da queste due facce della stessa medaglia per alcune considerazioni:
- Cominciando con la mia amica: è mediatrice scolastica (non
mediatrice culturale) da decenni. Per quanto abbia ormai una più
che discreta professionalità, con le sue competenze non saprebbe
ricollocarsi sul mercato del lavoro. Quindi è "condannata" ad un
lavoro magari utile professionalmente, magari persino appagante
per chi altrimenti sarebbe disoccupata.
- Ho conosciuto in passato mediatrici sanitarie (non
mediatrici culturali), che da tempo, per esaurimento delle
convenzioni, hanno smesso di esserlo. Nessuna è mai riuscita a
"riciclarsi" nei campi sanitario - infermieristico -
assistenziale. Incapacità loro, formazione professionale
insufficiente, o il vecchi paradigma che se sei rom ti chiudono
comunque la porta in faccia (al di là della tua preparazione o
della tua motivazione)?
- La somma dei primi due punti da come risultato un
quasi-lavoro, che rischia di mantenerti nel tuo ambito di sempre
(che può essere il campo-sosta, o la consorticola
politico-intellettuale del padrinato socio-assistenziale), e
l'illusione di avere un ruolo sociale attivo nell'emancipazione
del tuo gruppo (o quantomeno personale). Ma col passare del
tempo, quella che potrebbe essere una palestra per affrontare la
società esterna e passare ad un'occupazione che interagisca con
la società maggioritaria, diventa una gabbia autoreferenziale e
parimenti ghettizzante.
Il primo interrogativo è puramente STATISTICO: quanti Rom e Sinti che in
passato hanno svolto ruoli (retribuiti) di mediatori, hanno mantenuto
l'occupazione sino a oggi? Con quali risultati (personali e collettivi)? Se oggi
non lo sono più, cosa fanno? L'attuale rilancio della figura dei mediatori
(culturali o no), tiene conto dei risultati precedenti?
La seconda questione riguarda l'aspetto politico-economico: in queste
politiche
- il gagio (o il rom "gagizzato") è un CONSULENTE;
- il rom o il sinto è un MEDIATORE.
Non è solo un gioco di parole: il CONSULENTE mercanteggia il proprio compenso
(alto o basso che sia), il MEDIATORE no.
Ciò detto, qual è il compenso di un mediatore, quale il suo orario, quali i
suoi compiti? Le ultime due domande, purtroppo, si prestano alle risposte più
varie: i compiti ognuno li interpreta come crede, e anche l'orario finisce per
essere una cosa discrezionale. Quanto al compenso, se torno alle figure
conosciute in passato, per quanto in periodi meno caratterizzati dalla crisi
odierna potessero far gola ad una popolazione il cui tasso di disoccupazione
rimane il più alto in Europa, quanti di loro se la passavano meglio facevano
comunque conto su altre fonti di ingresso. Dal punto di vista economico, la
figura di mediatore non significava in alcun modo l'AUTONOMIA.
Per il momento, non entro nelle questioni dei compiti, della
corresponsabilizzazione e della formazione professionale.
Il mio parere (ma discutendone sono disposto a cambiarlo) è che OGGI
la mediazione culturale è un business per chi la propone, per chi organizza e
gestisce la fase di START UP, piuttosto che un'opportunità lavorativa
che porti all'emancipazione.
Noto anche che l'Italia, arrivando buon'ultima anche in questo caso rispetto
ad altre esperienze europee, può scegliere tra scimmiottare quanto sta già
accadendo altrove o viceversa provare a ribaltare questa deriva propria
dell'Unione Europea.
Soluzioni? Non ne ho, ecco il senso del discutere. A pelle, proprio guardando
quanto sta GIA' ACCADENDO in Europa, ho l'impressione che quei fondi potrebbero
essere spesi meglio se dedicati ad una pragmatica politica di scolarizzazione e
di formazione lavoro. Ma, anche qua, discutiamone.
Se qualche lettore si fosse, a torto o ragione, impermalosito, non avevo
l'intenzione di provocarlo, anche perché quando ho avuto l'occasione pure io ho
partecipato a programmi di mediazione.
Approfondimenti:
#mediazioneculturale #europa