Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/07/2012 @ 09:12:01, in Europa, visitato 1362 volte)
Da
Roma_Francais
LE VIF.be Trecento Rom hanno manifestato di fronte all'Ufficio
Stranieri contro le espulsioni - 13 juillet 2012 à 19h29
Venerdì pomeriggio trecento Rom hanno manifestato di fronte all'Ufficio
Stranieri. Protestavano contro l'espulsione sistematica degli immigrati
provenienti da paesi non appartenenti all'Unione Europea. "L'Ufficio respinge
tutte le richieste d'asilo e di regolarizzazione presentate dai Rom,"
dichiara Imer Kajtazi,, promotore dell'iniziativa. "Non c'è alcuna distinzione
in base alla loro documentazione."
"Alcuni vivono in Belgio da 5 o 10 anni. Lavorano qui, pagano le tasse ed hanno
bambini che vanno a scuola," prosegue Imer
Kajtazi. "Per l'Ufficio Stranieri , tutto questo non fa alcuna differenza. Sono
respinte anche le domande di chi è malato, col preteso che arrivano da paesi
cosiddetti -sicuri- come la Bosnia, la Serbia, il Kosovo o la Macedonia."
Tuttavia, secondo Imer
Kajtazi. la sicurezza in questi paesi non è garantita, soprattutto per i Rom.
"L'Ufficio agisce come se le questioni della violenza, della discriminazione e
della persecuzione non riguardasse i Rom," prosegue. I manifestanti chiedevano
che l'Ufficio rivedesse la sua politica di espulsione sistematica dei Rom e che
ogni documentazione fosse valutata caso per caso. (PVO)
Di Fabrizio (del 24/07/2012 @ 09:11:04, in media, visitato 1448 volte)
rubrica a cura di Riccardo Bottazzo - venerdì 20 luglio 2012
Vivo in un quartiere di delinquenti e, di conseguenza, sono un delinquente
pure io. Per buona sorte sono di razza padana e nessuno si sogna di dichiarare
al Gazzettino che la mia casa dovrebbe essere abbattuta e l'intero quartiere
smantellato.
Fossi di "etnia nomade" - come mi è capitato di leggere sullo stesso giornale -
non godrei del medesimo trattamento di favore. E se scrivere "etnia nomade" è
una tal fesseria da farci scompisciare dalle risate anche senza bisogno di aver
studiato antropologia con Lévi Strauss, che dovremmo dire quando ci tocca
scoprire che il "nomade" Tal Dei Tali arrestato assieme a 18 italianissimi
personaggi, cinque righe più sotto, "risiede" in una normalissima casa di una
normalissima città veneta? E ancora, altre cinque righe più sotto, che ha anche
la cittadinanza tricolore pur se il suo cognome finisce con "vich"? Che è come
dire che è italianissimo pure lui considerato che le leggi razziali, in Italia,
non ci sono più da quando hanno appeso il Benito a testa in giù. Giusto? Ma
allora perché distinguerlo?
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da incazzarsi neri. Perché a continuare ad
incarognirsi su quella povera gente del villaggio sinti di Mestre che ha il solo
torto di non sapersi difendere con gli avvocati, è una infamata bella e buona.
Soprattutto se considerate che il vero scopo di tutta questo giornalismo di
merda è gettare benzina per alimentare la politica della paura e della
discriminazione. Altra merda.
Brutte, bruttissime storie che periodicamente escono come carogne dalle fosse
proprio come gli zombi dei film di Romero. Sempre sul Gazzettino. Mercoledì 6
giugno 2012. Titolone: "Nullatenenti con ville e Ferrari". Tra gli otto
arrestati, si legge nell'articolo, c'è anche un residente del villaggio sinti.
Uno. Ma evidentemente basta a fare testo. Il giorno dopo, a firma dello stesso
giornalista, esce la smentita (costruita in maniera tale da sembrare una
precisazione. Trucchi del mestiere…). Il "nomade" risiedeva da tutt'altra parte.
A Dese, su un terreno agricolo di sua proprietà (alla faccia del "nomadismo").
Nel villaggio sinti di via del Granoturco abita comunque la moglie separata con
un figlio (entrambi incensurati). Come dire che non abbiamo sbagliato più di
tanto. E poi si sa che tale padre tale figlio. Il titolone che riprende la
notiziona è un capolavoro di schifezze e di bugie: "Valige di soldi falsi nel
campo sinti". Nel testo si legge chiaramente che nessuno degli arrestati risiede
nel campo sinti anche se il titolo fa pensare esattamente al contrario. Ma è
questo contrario quello che resta in testa alla gente. Puro veleno, come direbbe
il mio amico Tex Willer che avrebbe di sicuro preso a cazzotti il giornalista.
Perché qui non è solo questione di opinioni diverse che andrebbero comunque
rispettate. Qui la notizia – e per essa intendo molto banalmente il racconto dei
fatti accaduti – è stata mandata affanculo per far posto ad una deformazione
della realtà volta ad avvantaggiare un pensiero politico dichiaratamente
razzista e xenofobo. Non è un caso che questi popò di articoli escano sempre con
un box di commento affidato al leghista di turno. Nel caso citato, l'onore dei
riflettori tocca al consigliere comunale della Lega Nord Alessandro Vianello che
non perde l'occasione di sparare: «Il campo sinti si svuoterà a suon di arresti.
Quello che non fa il sindaco di Venezia, lo faranno le forze dell'ordine e la
giustizia». Intanto, chi si sta svuotando a suon di arresti è la Lega Nord e non
il campo sinti.
Oggi, sempre nel Gazzettino, ci tocca leggere sul titolo di apertura della
seconda pagina della cronaca di Mestre di un cosiddetto "blitz al campo sinti".
Leggiamo tra le righe che si tratta di una operazione di polizia che ha portato
alla custodia cautelare di 10 cittadini italiani. La banda finita nel mirino
degli inquirenti è costituita da sinti e da non sinti. Eppure, sia nel titolo
che nel sottotitolo, sia nelle foto che nelle didascalie viene enfatizzata solo
la presenza dei sinti. Anche a leggere le locandine appese davanti alle edicole
pare che ci sia stato sul serio un qualche blitz nel campo di Mestre. Così il
messaggio (falso) raggiunge anche chi come me la carta igienica la compra a
rotoli e va a vedersi la programmazione dei cinema su internet. Anche in questo
caso, il commento viene affidato a uno che "non va per il sottile", come ci
specifica, casomai ce ne fosse bisogno, lo stesso articolista: il consigliere
comunale Renato Boraso che urla che in via del Granoturco "va smantellato
tutto". E chi se ne frega se il campo sinti non c'entra un beato piffero in
tutta questa storia? Nove dei dieci arrestati risiedono in normalissime case
Ater o di proprietà tra Favaro, Mestre e il Friuli. Solo uno, si legge alla
fine, abita nel campo sinti. Solo uno? No! Neanche quello. Si tratta infatti
della stessa persona già ospite delle patrie galere a seguito dell'operazione
ricordata in apertura. Quella dei "Nullatenenti con la Ferrari". Lo stesso tipo
che, come ci ha informato - il giorno dopo - lo stesso Gazzettino, ha la
residenza in quel di Dese. In via del Granoturco vive solo l'ex moglie separata
con il figlio. Perché allora Boraso non propone di "smantellare" Dese? O Favaro?
O Mestre? Meglio ancora: "smantellate" il quartiere dove abito io! Di fronte a
casa mia abita una persona il cui padre è in galera. Due calli più in là hanno
arrestato da poco una coppia per spaccio. E ne conosco un altro, proprio sulle
mie scale, il cui cugino è un noto poco di buono. Di per me, sono ancora a piede
libero, per adesso, ma ho qualche sana denuncia per diffamazione a mezzo stampa
che mi fa ben sperare per il futuro.
Fatta la debita proporzione, ci sono più delinquenti qui, attorno alla mia umile
dimora, che nel campo sinti. Certo, qui sono tutti delinquenti di "razza padana"
e non di "etnia nomade". Ma che significa? Mica siam razzisti! Pretendiamo di
essere infamati sui giornali e minacciati di "smantellamento" pure noi. Ecco!
Una nota a margine. Siccome non si può sempre fargliele passar lisce, sul caso
del "blitz al campo sinti" che non è un "blitz al campo sinti", l'Osservatorio
contro le discriminazioni Unar Venezia, istituito con un protocollo di intesa
tra il Comune di Venezia e il Ministero per le Pari Opportunità, ha deciso di
segnalare l'articolo all'Ordine dei Giornalisti del Veneto chiedendo ai
probiviri e al presidente Gianluca Amadori di intervenire e di prendere una
posizione consona ai doveri sanciti dalla Carta istitutiva dell'Ordine riguardo
l'aderenza ai fatti, ed ai protocolli sottoscritti dai giornalisti sul rispetto
delle etnie. Rispetto che per quanto riguarda i sinti adesso proprio non c'è.
E se non ci credete fate questa prova. Sostituite, in uno di questi articoli, la
parola "campo sinti" con il termine "ghetto ebraico", e l'aggettivo "sinti" con
"ebrei". Leggete tutto d'un fiato e vi garantisco che vi si accapponerà la
pelle!
Di Fabrizio (del 24/07/2012 @ 09:08:12, in Europa, visitato 1312 volte)
Da
Nordic_Roma
The Nordic page Assalito campo rom ad Oslo con petardi e pietre
- Photo : Pieter Edelman | Tende in campo rom
Quattro uomini arrestati per avere assalito sabato notte un campo rom ad
Oslo con petardi e pietre.
Comunica TV2 che i residenti del campo testimoniano di essere stati
svegliati da gente che tirava pietre contro il campo.
I Rom erano arrivati nell'area con materassi ed altre attrezzature per
costruire un campo, dopo essere stati mandati via dal cortile di una chiesa in
centro città. Né il comune, né il distretto o il dipartimento di giustizia erano
intervenuti contro l'insediamento, nella regione di Årvoll a Oslo.
Tuttavia, i residenti del quartiere esprimono le loro preoccupazioni sul
numero crescente dei Rom, e paura che questo possa portare inquinamento e
criminalità.
Di Fabrizio (del 23/07/2012 @ 09:16:56, in Europa, visitato 1311 volte)
Da
British_Roma
|
Razzismo
istituzionale per i Rom in Scozia
- by Billy Briggs |
15/07/2012 - E' stata lanciata un'indagine governativa dopo che un rapporto
accusava funzionari pubblici di "razzismo istituzionale" nei loro rapporti con i
Rom che vivono in Scozia.
Funzionari del Ministero del Lavoro e delle Pensioni (DWP) sono indagati con
l'accusa di aver minacciato ed ingannato i Rom, tramite personale del centro
lavoro, e di aver ritardato pagamenti legittimi, ritardi che hanno portato ad
alti livelli di povertà infantile.
Le accuse sono contenute in un rapporto commissionato da Oxfam al Govanhill Law
Centre (GLC) di Glasgow. Il risultato del ritardo dei pagamenti - in alcuni
casi, anche tre anni - ha portato alla miseria alcuni Rom, incluse famiglie con
bambini.
Il rapporto è stato scritto dagli avvocati del GLC che hanno indagato su
come 66 famiglie rom siano state trattate dal DWP, dall'ufficio delle tasse ed
imposte, e dal consiglio cittadino.
GLC ha concluso che in alcuni casi i Rom sono stati trattati in maniera
illegale, contro quanto stabilito dall'Equality Act 2010.
L'inchiesta riguardo al DWP si sta focalizzando sul centro lavoro Laurieston
Plus, situato in un'area di Glasgow che ospita circa 3.000 Rom.
Una portavoce del DWP ha confermato che propri inquirenti sono in contatto
col GLC.
Ha detto: "Jobcentre Plus prende con estrema serietà questo tipo di accuse.
Ci aspettiamo alti standard di comportamento dal nostro staff."
L'iniziativa è stata accolta con favore dagli attivisti, che hanno chiesto
di essere messi a conoscenza delle conclusioni del rapporto.
Lindsay Paterson, avvocato per GLC e tra le autrici del rapporto, afferma:
"Intendiamo cooperare pienamente in ogni modo possibile con le indagini. Ci
auguriamo che l'ufficio delle tasse ed imposte segua l'esempio del DWP e lanci
parimenti un'indagini sulle serie violazioni dell'Equality Act individuate nel
nostro rapporto."
Annie Lewis, di Oxfam, dice: "Siamo estremamente preoccupati dall'evidenza
che i Rom vengano trattati differentemente dagli altri cittadini UE, quando si
tratta di accedere ai benefici e ai crediti d'imposta. Siamo lieti che sia
partita un'indagine."
L'ufficio delle tasse ed imposte sta studiando le accuse di GLC ed è
disposto a cooperare ad un'inchiesta ufficiale.
Di Fabrizio (del 23/07/2012 @ 09:03:54, in Italia, visitato 1284 volte)
...Ma è silenzio su sgomberi e campi abusivi - Di Luisa Santangelo | 19
luglio 2012
La nuova generazione di news made in Catania
Il capoluogo etneo è la città pilota, in Italia, della campagna Dosta! che punta
a sensibilizzare la popolazione sull'integrazione dei cosiddetti zingari. Nel
Paese sono circa 140mila, ma parecchi di loro vivono per strada o in case
improvvisate. Magari edifici comunali abbandonati e occupati, come quello di
viale Bernini, sgomberato un paio di giorni fa. Che fine faranno le 150 persone
che ci vivevano? L'assessore non vuole parlarne
"Delle politiche sugli insediamenti abusivi parleremo in altre occasioni, non è
certo questo il momento". Carlo Pennisi, assessore alle
Politiche sociali del
Comune di Catania, dello
sgombero dei circa
150 occupanti dell'edificio comunale
di viale Bernini non vuole parlare. Ci sono luoghi e contesti adeguati,
sostiene, e la conferenza stampa di presentazione del progetto
Dosta!, campagna
di sensibilizzazione contro i pregiudizi verso i Rom, non è uno di quelli. Tanti
bei discorsi sull'integrazione e sul fatto che "Catania in fatto di ospitalità
non ha termini di paragone" (parole del prefetto Francesca Cannizzo), ma quando
la domanda verte sulle
soluzioni che le istituzioni hanno pensato - se ne hanno
pensate - per evitare che 150 persone rimangano in mezzo alla strada la risposta
non arriva. "Stiamo parlando di Rom, e a palazzo Bernini ce n'erano solo due
famiglie - precisa l'assessore - tutte le altre erano bulgare e rumene, quindi
siamo fuori tema". Il campo Rom di Zia Lisa, seguendo il ragionamento, è
perfettamente in tema: "Garantire almeno l'acqua corrente? È escluso -
aveva
dichiarato ad aprile Pennisi - queste persone, al netto di problemi di tipo
sanitario non devono stare comode. Anzi, devono stare scomode così è più facile
che decidano di andarsene. L'assistenzialismo di molte associazioni caritatevoli
non serve ed è pernicioso". Oggi, nonostante il progetto del quale è promotore,
conferma tutto: "Non ho cambiato idea", dice.
Oltre alle domande, erano fuori tema anche Fabrizio Cappuccio e Maria Chiara Aruta, del
collettivo Aleph, quello a cui appartengono alcuni dei
volontari che
hanno aiutato per giorni gli occupanti del palazzone comunale abbandonato.
Quando sono entrati a palazzo Platamone - in cui si teneva l'incontro - con uno
striscione inneggiante al diritto alla casa per tutti, due uomini in borghese
della Digos sono intervenuti immediatamente per buttarli fuori. "Non è previsto
un dibattito, non credo che voi qui abbiate qualcosa da fare", dice a Cappuccio
uno dei due agenti. "Abbiamo chiesto più volte di incontrare il prefetto -
spiega Francesco Cappuccio - Ed era stato l'assessore Pennisi, tempo fa, a
invitarci a questo evento". Ma che esponessero un lenzuolo con un messaggio non
era previsto. Per questo, prima che potessero entrare, sono stati chiesti loro i
documenti. "Vogliamo solo che non vengano più dette menzogne - dicono i due
militanti - Il Comune fa una bella iniziativa d'integrazione, dietro la quale
nasconde il fatto che ci sono delle persone che sono state buttate in mezzo alla
strada, che nei fatti saranno costrette a dormire sotto i portici".
Temi interessanti, certo, ridotti a sbavature in una conferenza stampa di
presentazione. Dopo le parole sul fatto che "per essere buoni cristiani bisogna
non avere pregiudizi" dell'arcivescovo di Catania Salvatore Gristina; dopo le
precisazioni del prefetto sul fatto che "gli aspetti negativi non sono
connaturati nelle etnie, nessuno è perfetto e tutti siamo perfettibili"; dopo il
forfait del sindaco Raffaele Stancanelli; e dopo le spiegazioni di
Massimiliano Monanni, direttore dell'Unar, ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali
sul fatto che il capoluogo etneo è la prima delle cinque città scelte per
diffondere la conoscenza delle comunità Rom, Sinti e Camminanti; dopo tutto
questo i saluti. Ma prima è intervenuta Olga Balan, la cantante romena di
origine gitana che venerdì sera si esibirà al cortile Platamone, assieme al
gruppo - per metà napoletano e per metà Rom - O'Rom. Olga presenta se stessa e
il suo spettacolo, poi aggiunge: "Quella dei campi Rom è una delle realtà più
terribili che ci sono in Italia, è bene parlarne". Per Carmine D'Aniello, leader
della band: "L'integrazione passa attraverso il diritto all'alloggio per tutti".
La provincia pavese Il portavoce della comunità sinti chiede la realizzazione di piazzole
attrezzate
17 luglio 2012 - GAMBOLO'. Dopo l'incidente in cui sono stati investiti tre
bambini, a farla da padrone a Gambolò è la tristezza per quanto accaduto
domenica sera.
Nei bar e sulle panchine ieri non si parlava d'altro, se non di quei tre
bambini investiti davanti alla loro madre incinta di nove mesi.
«Ringraziamo i santi in Paradiso - diceva la cliente di un bar del centro - se è
finita così. I bambini e la madre stanno meglio, ma poteva accadere una
tragedia. Fortunatamente l'auto andava pianissimo e le conseguenze dell'urto
sono state limitate. Se la macchina fosse transitata a velocità sostenuta
sarebbe stata una strage». Placate le tensioni nate immediatamente dopo il
fatto, nel campo dei sinti dove vive la famiglia dei bambini non c'era più alcun
sentimento di rabbia. «Non portiamo rancore per quanto accaduto - sottolineava
il portavoce della comunità, Franco Ovara Bianchi - però se fosse successo che
uno di noi avesse investito dei bambini italiani, forse sarebbe partita la
caccia all'uomo. E poi qui la nostra condizione non è accettabile. Il campo è a
lato della strada, senza alcuna protezione. Siamo cittadini italiani e vorremmo,
che come si era pensato in passato, vengano realizzate delle piazzole attrezzate
per le roulotte qui a Gambolò».
L'incidente di domenica lascia l'amaro in bocca alla comunità sinti di Gambolò.
Ma c'è anche il conforto per le condizioni dei bambini feriti, che sono in
miglioramento.
La più piccola, di tre anni, è stata dimessa dall'ospedale Niguarda di Milano
dove era stata portata in elisoccorso, visto che le sue condizioni, tra quelle
di tutti i feriti, sembravano le più preoccupanti.
Una volta tornata nel campo è stata subito coccolata dai nonni. «Abbiamo pregato
per questi bambini - aggiunge Franco Ovara Bianchi - resta però il fatto che
eventi del genere non dovrebbero succedere: non è possibile che tre bambini
vengano investiti mentre vanno tranquillamente al bar».
Ieri nel campo a lato della strada per Remondò c'era anche Sondra Morandi, la
mamma dei tre fratellini coinvolti nell’incidente. Ha scelto di uscire
temporaneamente dall'ospedale di Vigevano, dove è stata comunque ricoverata dopo
il fatto, visto lo stato di gravidanza quasi al termine, per stare qualche ora
vicino ai figli e alla famiglia.
Così come il marito, che avrebbe dovuto subire un'operazione di routine alla
schiena al policlinico San Matteo di Pavia, ma ha chiesto di rinviarla per stare
vicino alla famiglia in questo momento di difficoltà. «Ho visto la macchina
quando ormai era tardi - racconta Sondra Morandi - non c'era più niente da
fare».
La donna sostiene che con i bambini stava attraversando sulle strisce pedonali,
fatto che la polizia stradale sta cercando di verificare sentendo anche dei
testimoni dell’incidente. Sul volto di Sondra Morandi ieri si leggeva la
sofferenza per quanto è accaduto.
Bocche cucite invece dai familiari della donna alla guida della Fiat 500 che ha
investito i bambini domenica sera in via Carrobbio: «Non abbiamo nulla da dire»
sottolineavano ieri.
Sandro Barberis
Di Fabrizio (del 21/07/2012 @ 09:14:02, in Europa, visitato 2174 volte)
Premessa: mercoledì scorso ho pubblicato questo
appello di Amnesty International. Avevo
chiesto altre informazioni a
Paul Polansky, che vive proprio a
Niš. Di seguito troverete la traduzione della sua risposta.
Nota: nel frattempo ho sentito anche altre
conoscenze che ho in zona; mi hanno risposto di non averne mai sentito parlare.
Curioso: succede lo stesso anche in Italia. E' più facile venire a conoscenza di
ciò che accade, per esempio, in Romania o in Francia, rispetto a ciò che succede
alla porta di casa nostra.
Fabrizio, ecco cosa ho scoperto. Tuttavia, dopo averlo scritto, ho saputo
che ora il sindaco sta mandando da mangiare ai Rom, ed ha incaricato uno dei
suoi assistenti di tenerlo informato giorno per giorno sulla situazione. Vuole
aiutarli veramente.
Paul
NISH REPORT
19 luglio 2012: Ieri alle 14.46 ho ricevuto una telefonata
dall'ufficio del sindaco, che mi informava che la acqua era stata collegata alle
11.00 all'edificio abbandonato. La portavoce diceva che il sindaco era
intervenuto personalmente per ordinare l'aggancio, e che lui assieme ad un altro
funzionario avevano visitato il sito per confermare che le famiglie romanì
avessero l'acqua. La portavoce mi ha anche detto che il municipio di Nish aveva
inviato una mail a tutti i soggetti interessati e la conferma del collegamento
veniva riportata sulla pagina web del comune. (vedi
QUI ndr.)
Le ho risposto di porgere le mie congratulazioni al sindaco. Vorrei
incoraggiare chiunque legga questo rapporto ad inviare una mail al sindaco
(zoran.perisic@gu.ni.rs -
mayor@ni.rs) per ringraziarlo dell'azione,
anche se era in carica da soli tre giorni lavorativi. L'ex sindaco aveva
resistito oltre 80 giorni senza collegare l'acqua.
Più tardi, il pomeriggio stesso, ho incontrato presso l'ufficio abbandonato
Marija Manic, rappresentante ERRC per la Serbia. E' Romnì, all'ultimo anno degli
studi di legge. Ha operato con queste famiglie romanì prima che fossero espulse
da Belgrado, e conosce la loro storia probabilmente meglio di chiunque altro.
Era sorpresa che il nuovo sindaco avesse ordinato il ripristino dell'acqua,
essendo in carica solo da pochi giorni. In quanto esponente del vecchio partito
di Milosevic, lei temeva che fosse più difficile collaborare con lui che col
sindaco precedente.
L'acqua viene immessa tramite un tubo rotto. L'acquedotto cittadino ha
collegato l'acqua, ma rifiuta di riparare il tubo.
Sfortunatamente, dopo essere arrivati in loco, ci è stato detto e mostrato
rapidamente che la conduttura era difettosa. L'acquedotto cittadino aveva sì
collegato l'acqua, ma in un pozzetto sotto terra c'era un tubo che perdeva
acqua. L'acqua che raggiunge il solo rubinetto (nei bagni turchi) ha pochissima
pressione. L'acquedotto ha rifiutato di riparare il tubo rotto, dicendo ai Rom
che dovevano provvedervi loro. Ovviamente, i Rom non hanno né soldi né capacità
per farlo.
L'unico rubinetto dell'edificio, nel vecchio bagno turco. Settimana scorsa
funzionari dell'acquedotto avevano visitato l'edificio, dicendo che non c'erano
tubature per portare l'acqua al palazzo.
Dopo aver fotografato la perdita d'acqua, ho chiesto ai Rom se conoscessero
un idraulico che potesse riparare il tubo. Ho promesso loro che avrei pagato il
lavoro se l'avessero tr4ovato immediatamente. In quindici minuti è arrivato,
assieme al suo assistente, e ci siamo accordati per una riparazione immediata.
Sono balzati sul loro scooter, precipitandosi a comperare i materiali.
Dato che il tubo era di plastica, c'era bisogno di elettricità per poterla
fondere ed unirlo con il nuovo. Ma l'edificio non ha corrente, e l'idraulico ha
dovuto usare una prolunga, collegandola ad una casa serba lì vicino. Così dopo
un'ora il tubo era stato riparato e la pressione dell'acqua era tornata alla
normalità.
Durante la riparazione, nel pozzetto è stato scoperto un ratto, che è stato
ucciso perché il lavoro potesse continuare. I ratti sono comuni negli edifici
abbandonati e la matriarca del clan che vive lì mi ha mostrato la punta del suo
piede, che era stata morsicata. Ma rivendicava con orgoglio che dopo averla
morsa il topo era morto.
Al centro della foto, il ratto ucciso dall'idraulico.
Marija ha promesso di mandarmi una memoria scritta su tutta questa storia.
Una volte ottenute tutte le informazioni, spero di lavorare assieme a lei per
trovare qualche soluzione. Credo che il nuovo sindaco, medico universitario ed
ex primario del centro cardiologico di Nish, abbia mostrato buona volontà nel
rispondere così velocemente al mio appello per fornire l'acqua a queste
famiglie. Era subentrato nell'incarico da pochi giorni, e probabilmente ha
bisogno di tempo per informarsi sul pregresso di questa situazione. Lo conosco
da oltre sei anni e ritengo che farà la cosa giusta per questi Rom.
Il nuovo impianto che l'acquedotto ha rifiutato di realizzare.
Probabilmente l'ex sindaco non voleva aiutare questi Rom senzatetto, per
paura che gli elettori locali sarebbero stati contro questo appoggio.
Le condizioni di vita nel vecchio magazzino abbandonato, dove queste quattro
famiglie romanì stanno provando a sopravvivere. Il municipio di Belgrado aveva
promesso loro dei container una volta che fossero arrivati a Nish.
(per vedere le ultime due immagini a grandezza naturale, cliccarvi sopra,
ndr)
(le foto sono di Paul Polansky)
Di Fabrizio (del 20/07/2012 @ 09:18:47, in Italia, visitato 2059 volte)
Con l'occasione della presentazione del "Progetto rom sinti
caminanti - Comune Milano" lo scorso 6 luglio, e la successiva richiesta da parte
del comune di aprire il dialogo con le associazioni coinvolte, penso possa
interessare questo mio contributo di un paio di anni fa, al convegno "La
condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia" (cfr. ATTI - pagg.
843-847, Giuffrè editore)
- Introduzione
- Presenze Rom e Sinte
- Un'agenzia: strumento per il lavoro e la
casa
- Il lavoro
- L'abitare
L'Italia è conosciuta come il paese dei campi e degli sgomberi, sgomberi che
a Milano in due anni sono stati oltre 2701. Presenterò alcuni dati su questa
città, non solo perché è la realtà che conosco meglio, ma anche perché le
politiche che si applicano qui sono sempre state un laboratorio di quanto accade
poi in Italia.
Sgomberi che riguardano tanto i campi autorizzati che quelli informali,
limitandosi a spostare i problemi, senza risolverli. Come attivisti per i
diritti dei rom e dei sinti veniamo, però, rimproverati di essere solamente
capaci di protestare. Tenterò di presentare alcune proposte concrete per
affrontare questi problemi. Tra l'altro anche il
messaggio del presidente Napolitano, letto all'inizio della Conferenza
internazione sulla condizione giuridica di rom e sinti in Italia chiedeva un
impegno alla ricerca di soluzioni praticabili. E' proprio in questa direzione
che vanno le nostre riflessioni, nella speranza che si possa aprire finalmente
aprire un tavolo di confronto col comune di Milano. (Si veda il documento:
Tavolo Rom, Rom e Sinti: politiche possibili nell'area metropolitana di Milano.
Modelli e proposte, Milano, 2010. ndr.)
Presenze Rom e Sinte
Nel corso della Conferenza, in molti interventi si è sottolineato come manchino
a diversi livelli dati certi sulla presenza numerica di Rom e Sinti. Nel nostro
caso possiamo contare nella città di Milano circa 1.300 presenze nei campi
comunali, tra di loro cittadini italiani (Rom harvati, abruzzesi e Sinti
piemontesi) e stranieri (comunitari: Rom rumeni ed extracomunitari: Rom
bosniaci, kosovari e macedoni) ed altri 1.300 negli insediamenti informali. In
Lombardia contiamo circa 13.000 presenze.
Il dato da cui partire (tra poco spiegherò il perché) è quello provinciale:
secondo la Prefettura le presenze sarebbero 3.500 unità, mentre l'Osservatorio
Regionale per l'integrazione e la multietnicità ne conta circa 3.300.
Quindi: le cifre stesse indicano che il "problema nomadi" è tranquillamente
affrontabile, se esistesse la volontà politica. Nei prossimi paragrafi, perciò,
cercherò di sintetizzare alcune proposte concrete e realizzabili elaborate dal
Tavolo Rom di Milano.
Un'agenzia: strumento per il lavoro e la casa
Oltre agli sgomberi, nel territorio milanese dobbiamo affrontare la questione
della chiusura della maggior parte dei campi comunali. Il Tavolo Rom ha proposto
l'istituzione di un'Agenzia apposita, organizzata sulla forma di società
consortile, che possa gestire questa fase tanto nel breve che nel medio termine.
Siamo coscienti che lo "strumento Agenzia" non è replicabile automaticamente in
altre realtà (anche regionali), ma ci sembra utile invece sottolineare alcuni
dei suoi compiti chiave.
- Affrontare congiuntamente i nodi del lavoro e quello dell'abitare: l'uno non
può sussistere senza l'altro se si vogliono ottenere risultati duraturi.
- Agire in ambito sovracomunale: coinvolgere tutto il territorio metropolitana
(circa 5 milioni di abitanti), fornendo aiuto e consulenza ai comuni coinvolti e
coordinando strategicamente le loro politiche.
- Mediare, trovando soluzioni ai conflitti che via via possono crearsi, tramite
l'impiego di personale esperto nell'ambito del lavoro e dell'abitare e di
operatori che abbiano già stabilito rapporti di fiducia con i Rom ed i Sinti
coinvolti, ed allocando risorse adeguate.
Scopo dell'Agenzia è di sostenere le capacità e l'autonomia di Rom e Sinti,
tenendo conto di una situazione che, lungi dall'essere uniforme, vede grandi
differenze tra un gruppo e l'altro, per provenienza, durata della presenza in
Italia, composizione familiare ed esperienze pregresse.
Il lavoro
Per molti disporre di una residenza è condizione indispensabile per poter
lavorare in maniera autonoma ed iscrivere i figli a scuola.
In particolare i Rom provenienti dall'Europa dell'Est lavorano in maniera
abituale, o frammentaria, nell'edilizia ed il problema più grande per molti è di
regolarizzare la loro posizione.
Invece molti Rom e Sinti italiani hanno sviluppato piccole attività artigianali
in proprio o imprese di servizi a carattere familiare. Attività
autoimprenditoriali già in corso comprendono: una cooperativa di servizi e
manutenzioni, una lavanderia, un'attività di recupero, riparazione e produzione
di bancali, una sartoria. In questi casi occorrerebbe un supporto, anche di
marketing e di programmazione, a queste attività.
Occorre poi sostenere il commercio ambulante praticato dai Caminanti presenti a
Milano nel periodo estivo. Infine, predisporre percorsi di accompagnamento
mirato ai giovani Rom (14 - 18 anni) che si affacciano al mercato del lavoro
dopo la scuola dell'obbligo, tenendo conto che sinora le esperienze delle
borse-lavoro non si sono tramutate in sbocchi occupazionali.
Una rapido esame della situazione lavorativa mostra, quindi, che, pur di fronte
ad un'altissima percentuale di disoccupazione, non esiste il deserto, ma
possiamo già contare su varie capacità professionali che necessitano di percorsi
diversi.
Intendiamo quindi operare, sempre tramite l'Agenzia, svolgendo un ruolo di
mediazione con diversi enti locali e organizzazioni di rappresentanza degli
interessi, quali: Confcooperative, Camere di Commercio, Lega delle Cooperative,
Associazione Provinciale Albergatori Milano, Scuola di Formazione Edile.
L'abitare
Come nel lavoro, anche per l'abitare le soluzioni non sono univoche.
Mi limito a ricordare che siamo passati da un'esaltazione dei campi sosta come
politica valida per tutti (non entro nel merito di un argomento discusso
ampiamente in altri capitoli in questo volume) alla loro negazione, senza
affrontare il tema chiave della mediazione, necessaria per affrontare il
passaggio dai campi all'alloggio stabile. Il risultato è che le esperienze
precedenti si sono tramutate in "campi verticali", cioè l'ingresso dei Rom dai
campi in quartieri "gagé", parimenti abbandonati e privi di servizi, spesso con
una forte presenza di malavita organizzata. Per assurdo, uno dei pochi casi di "integrazione" riuscita, con i Rom che, in mancanza di politiche generali della
casa, sono risultati funzionali alle economie sommerse, se non criminali, che
permettono il sopravvivere di questi quartieri.
Nel merito, un aspetto minoritario è dato da quelle comunità che tuttora
svolgono una vita nomade, come ad esempio i Caminanti. Occorre stabilire aree
soste attrezzate per piccoli gruppi, munite di servizi igienici, lavanderia,
docce e opere di urbanizzazione primaria per ogni piazzola, senza ripetere
errori del passato, quando i campi spacciati come attrezzati mancavano di questi
servizi di base. Un altro rischio è che aree simili da provvisorie diventino
definitive ed attraggano altri Rom e Sinti che non trovino una sistemazione.
Un caso a parte è poi costituito dai Sinti della missione evangelica zigana (una
minoranza nella minoranza!), che da anni si vede negare senza ragione dal comune
di Milano uno spazio per tenere i propri raduni religiosi.
Una richiesta che arriva soprattutto dai Sinti e dai Rom harvati è quella di
attrezzare micro aree dove potersi installare con la propria famiglia allargata,
in piccole comunità di 10/massimo 50 persone. E' possibile anche prevedere
progetti di autocostruzione e mantenimento, oltretutto riducendo notevolmente i
costi di gestione rispetto ai mega campi di sosta. Esperienze simili sono già in
funzione a
Guastalla (RE) e
Casalmaggiore (CR), con i progetti curati
dall'associazione Sucar Drom di Mantova.
Rom harvati e ultimamente anche rumeni si stanno indirizzando verso il recupero
e la manutenzione di cascine dismesse o abbandonate, dove potersi installare,
dopo averle restaurate (e recuperato così un nostro patrimonio in abbandono) con
logiche simile a quelle delle micro aree.
Nei due casi presentati, l'Agenzia, assieme alla Regione, potrebbe attingere ai
fondi strutturali europei per finanziare i lavori necessari o per mediare se
dovessero verificarsi dei contratti di affitto. Inoltre le persone
acquisirebbero i diritti su quanto costruito, ma non sul suolo (dunque non
potrebbero rivendere la proprietà senza autorizzazione del Comune); questo per
evitare possibili speculazioni.
Molti Sinti e Rom harvati, per uscire dalle logiche ghettizzanti del campo
sosta, hanno scelto in autonomia di acquistare privatamente dei terreni agricoli
dove sistemarsi con la propria famiglia. Il T.U. 380 del 2001 ha reso illegale
installare su questi terreni anche solo una roulotte, paragonandola ad un
edificio. Queste famiglie si trovano, spesso dopo essersi indebitate per
l'acquisto del terreno, nella condizione di essere cacciate dalla loro stessa
proprietà. E' una situazione presente purtroppo su tutto il territorio
nazionale, e nessun caso sinora è stato sanato. Anche questo appare come un caso
di discriminazione razziale indiretta.
I Rom dell'Est Europa di solito abitavano in case nei paesi di origine e, anche
di fronte ad un mercato della casa obiettivamente difficile, potrebbero essere
interessati a rientrare nell'edilizia pubblica o privata. Di fronte alla
ventilata chiusura dei campi sosta, occorrerebbe stabilire che chi vi abita e si
trovasse in una situazione di effettivo sfratto, potesse acquisire un punteggio
supplementare per l'assegnazione di casa popolare. Nel caso di accesso
all'edilizia privata, di fronte ai probabili timori del proprietario, sarebbe
l'Agenzia a sottoscrivere il contratto, garantendo i pagamenti dell'affitto e
delle utenze e seguendo le famiglie a cui subaffitterebbe i locali.
Infine, nei casi di fasce particolarmente deboli o problematiche, si potrebbe
ricorrere all'housing sociale, prevedendone comunque la temporaneità e
approntando percorsi di accompagnamento verso le soluzioni precedenti.
Di Fabrizio (del 20/07/2012 @ 09:02:32, in Italia, visitato 1205 volte)
Segnalazione di Doriana Chierici Casadidio
Considerazioni di una donna
Lei ha mal di denti è andata in una struttura pubblica e il dentista invece
di curarle un dente cariato ha deciso di estrarlo senza curarsi dell'ascesso e
l'ha mandata via, gli altri denti sono ancora lì cariati e doloranti.
Per un caso fortuito ho saputo del suo bisogno di un dentista, l'ho chiamata ci
siamo incontrate e l'ho accompagnata da un dentista che conosco da quando ero
bambina e che ho ritrovato dopo 30 anni quando ero in partenza per l'Uganda
scoprendo che anche lui stava andando lì ad insegnare gratuitamente il lavo a 16
ragazzi.
Lo chiamo e gli chiedo se può visitare la mia giovane amica e se lo fa
gratuitamente. Le ha tolto delle piccole radici, le ha insegnato il modo
corretto di curare la bocca, l'ha sgridata perché i denti vanno lavati sempre e
se non lo si fa questi si cariano e che diamine a 16 anni non si può avere una
bocca conciata così male.
Lei si sente mortificata gli chiede scusa ma lui è burbero ma buono, e le regala
spazzolino e molti dentifrici.
Lei per ringraziarlo le regala uno dei suoi disegni, lo scelgo io, è disegnato
con fili d'erba, un volto di donna, lui si commuove quando sa che questo è il
suo modo per aiutare la famiglia.
Andiamo a mangiare, parliamo un po' e scopro che lei e la sua famiglia, 10
persone in tutto, non vivono in una baracca come gli altri rom, lei è fortunata
abita in una casa, casa??? La casa è composta da due stanze dove manca il
pavimento, non ci sono le finestre, niente termosifoni per l'inverno e niente
frigorifero per l'estate, niente bagno. Ma sono felici perché avendo una casa
non devono avere paura della polizia. Questa bellissima casa costa € 380 al
mese.
Lei ha 16 anni, studia al liceo artistico e aiuta al mantenimento della famiglia
vendendo per le strade i suoi dipinti. Suo padre aiuta nei mercati a scaricare
le verdure, quando lo chiamano e riesce a guadagnare in quel giorno €30. Suo
fratello è un aiuto cuoco ma non riesce a trovare lavoro perché non sa leggere.
Una famiglia povera ma unita, una famiglia che si aiuta ma che ha bisogno di
aiuto. Mi spiega che il problema maggiore non è quello del cibo, ma quello di
trovare i soldi per pagare l'affitto e la luce, una lampadina spartana ma che
serve in inverno per accendere quelle belle stufette magia soldi. In inverno
spendono anche € 1.000 per potersi scaldare. Questo è il loro grande problema,
senza un lavoro fanno fatica a pagare e la padrona di casa vuole aumentare
ancora l'affitto. Sono inorridita, come può una padrona di casa chiedere così
tanti soldi per una casa priva di agibilità chi è questa carogna? Sorpresa la
proprietaria è un africana e qui mi prende lo sconforto la rabbia sale. Davvero
non capisco, ma come diavolo fa una donna africana sfruttare una famiglia
povera, dal suo vissuto non ha davvero preso niente, oppure già nel suo paese
era un infame o lo ha imparato da noi che ci sono i poveri dei poveri, gli
ultimi degli ultimi?
Come si fa a pretendere un affitto quando questa famiglia non ha diritti per il
solo fatto che è rom?
Perché continua ad esistere lo sfruttamento nello sfruttamento, davvero non lo
capisco.
Scrivo il mio sconcerto su Twitter e una persona mi risponde con questa frase
"D'accordissimo, ma adesso la casa non ce l'abbiamo manco noi italiani! Lavoro
neppure. Quindi?" La mia risposta è il dubbio che ad un italiano si affitti una
casa così, lui dubita e insinua il dubbio in me, allora gli rispondo che se
anche lui ha questo problema, cercherò di aiutarlo come vorrei fare per questa
ragazza e la sua famiglia. Non ricevo più nessuna risposta. Vorrei davvero
insultare questa persona, chiedergli se non si vergogna di fare distinzioni fra
italiani e rom, come se i rom non fossero persone con dei diritti . Come si
permette a scrivere una frase che mi ricorda tanto quelle che ricevevano i
meridionali quando venivano al nord in cerca di lavoro. Se non capisce che è
grazie a persone come lui che esisteranno sempre poveri, razzismo, differenze e
che diamine, cosa gli ha insegnato la vita, a stare nel proprio mondo piccolo
ottuso e dal guai a toccarmi la mia erba il mio Ipad e sparisci dalla mia vista
che sei solo un inutile insetto.
Che sia chiaro non sono sconcertata, sono arrabbiata, avvelenata, davvero non
tollero tanta ignoranza menefreghismo cattiveria ottusità egoismo e stupidità
umana.
Perdonatemi ma ho usato dei soldi che mi avete dato per andare in Uganda, li ho
usati per dare una mano a questa piccola grande ragazzina che lotta nella
società e nella scuola per far sapere che i Rom non sono bestie, che sanno
studiare lavorare e che non rubano non indossano oro e argento, che credono in
Dio e nella sua bontà. La mia missione è di aiutare chi ha bisogno e in quel
momento questa ragazza aveva bisogno, non ho tolto ai bambini ugandesi, a loro
arriverà il 99% del vostro aiuto, ma non potevo, non posso non aiutare chi
soffre, sia che si trovi in Africa che in Italia
Di Fabrizio (del 19/07/2012 @ 09:06:15, in casa, visitato 1525 volte)
Segnalazione di Stefano Nutini. Anche su
Repubblica
Cucine pulite, bambini che giocano, un palazzo rinato così una
zona piccolo borghese ha accolto 700 nomadi - dal nostro inviato GIAMPAOLO
CADALANU
BERLINO - La prova che sulla convivenza si può investire è a Neukölln, un
quartiere di palazzine basse e giardinetti curatissimi. È un rione considerato
dai berlinesi fin troppo "spiessburgerlich", cioè piccolo borghese, chiuso al
nuovo e al diverso, culturalmente lontano dal confinante Kreuzberg, da sempre
roccaforte della sperimentazione e della mescolanza culturale. Eppure proprio
qui è nato un esperimento particolare, quando un'immobiliare cattolica ha deciso
di restaurare un complesso edilizio per lasciarlo ai nomadi che l'avevano
occupato quando era semi diroccato.
Dalla finestra aperta su Harzer strasse numero 65, all'angolo con la Treptower
strasse, si vede una cucina pulitissima. Nel cortile interno, bambini con occhi
scuri giocano sereni fra due tigli, salutando gli ospiti in tedesco.
Sull'intonaco restaurato di fresco spiccano brillanti murales. Questo è il
palazzo che i vicini chiamavano "Casa dei topi". Questo è il palazzo che
Benjamin Marx, responsabile del complesso per la immobiliare cattolica Aachener,
vuole lasciare alle famiglie di origine rom che l'avevano occupato un anno fa:
"L'idea è offrire ospitalità a chi viene sempre discriminato", sottolinea il
funzionario.
Siamo a due passi dalle locali "colonie", giardinetti dati in concessione a
privati, con alberi da frutto, casette in legno di pino, steccati dipinti di
bianco e innaffiatori automatici, ma a solo pochi chilometri c'è il quartiere di
Marzahn, oggi sfilata di palazzoni del socialismo reale, ma dove un tempo
sorgeva il campo di raccolta degli "Zigeuner", gli "zingari", come i nazisti
chiamavano le persone di etnia sinti e rom con un termine oggi considerato
offensivo. La loro deportazione nel campo di Marzahn era cominciata proprio 76
anni fa, il 16 luglio del 1936, perché bisognava ripulire la capitale del Reich
in vista delle Olimpiadi.
La storia proseguì con le deportazioni a Sachsenhausen e poi ad Auschwitz. Il
bilancio di quello che in lingua rom si chiama Porajmos, cioè "la devastazione
", fu di almeno 250 mila o 500 mila vittime, ma c'è anche chi parla di un
milione e mezzo di persone sterminate, fra "zingari" e persone di sangue misto.
Gli inquilini del complesso di Harzer strasse 65 sono già settecento. La prima
ondata viene dal villaggio bulgaro di Fantanele, secondo il quotidiano popolare
berlinese BZ tutto è cominciato quando un muratore disoccupato, diventato
venditore di döner kebab, ha fatto amicizia con una ragazza romena.
È nato l'amore, poi il giovane è andato a trovare le famiglia di lei. E in
pochissimo tempo l'intero villaggio si era trasferito a Neukölln. All'inizio era
un panorama di materassi abbandonati, rifiuti ovunque, topi. Poi è arrivata
un'immobiliare di ispirazione cristiana, la Aachener. E l'esperimento è
cominciato.
Per adesso molti inquilini vivono di assistenza sociale, fanno riferimento cioè
alla Hartz VI, il sistema di sostegno per disoccupati. Ma chi può cerca lavoro,
chi non può si impegna nel risanamento della casa, sempre sotto gli occhi di
Benjamin Marx. E il programma è trasformare le palazzine in un centro moderno,
c'è persino l'idea di costruire un piccolo teatro all'interno del complesso.
"Abbiamo buttato via 150 metri cubi di immondizia, abbiamo eliminato i topi.
Adesso vogliamo nel complesso di Harzer strasse anche altre persone, non solo
rom, abbiamo già altri aspiranti inquilini", dice Marx, amministratore
dell'edificio e vero ispiratore dell'operazione. Secondo l'uomo della Aachener,
i nomadi che si sono trasferiti in Germania in realtà avevano in Romania un
villaggio con case in buone condizioni.
Ma anche a casa loro erano una minoranza, e come tale venivano trattati. "Adesso
voglio vivere qui, voglio un futuro tedesco per i miei bambini. Sono contenta
perché qui ho anche i parenti, e voglio restare in questa casa", dice una madre
con i capelli nerissimi raccolti all'indietro in una crocchia.
In tutta l'Europa, dicono gli attivisti delle organizzazioni pro nomadi, i
pregiudizi sono duri a morire, solo nei mesi scorsi un settimanale della
civilissima Svizzera ha pubblicato in copertina la foto di un giovane rom con
una pistola giocattolo sotto il titolo: "Vengono i nomadi, ondata di furti in
Svizzera".
Pure fra i piccoli borghesi di Neukölln è arrivato l'appello della destra
xenofoba, ma è caduto nel vuoto. Quando i nostalgici dell'organizzazione "Pro
Deutschland" hanno distribuito volantini contro la presenza delle famiglie dei
nomadi, nessuno gli ha dato retta. Per ora l'esperimento della Aachener va
avanti. I vicini preferiscono ascoltare la fisarmonica di una famiglia di
Bucarest, alla festa di quartiere, nel cortile dell'ex "casa dei topi", che i
richiami all'odio.
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