Con l'occasione della presentazione del "Progetto rom sinti
caminanti - Comune Milano" lo scorso 6 luglio, e la successiva richiesta da parte
del comune di aprire il dialogo con le associazioni coinvolte, penso possa
interessare questo mio contributo di un paio di anni fa, al convegno "La
condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia" (cfr. ATTI - pagg.
843-847, Giuffrè editore)
- Introduzione
- Presenze Rom e Sinte
- Un'agenzia: strumento per il lavoro e la
casa
- Il lavoro
- L'abitare
L'Italia è conosciuta come il paese dei campi e degli sgomberi, sgomberi che
a Milano in due anni sono stati oltre 2701. Presenterò alcuni dati su questa
città, non solo perché è la realtà che conosco meglio, ma anche perché le
politiche che si applicano qui sono sempre state un laboratorio di quanto accade
poi in Italia.
Sgomberi che riguardano tanto i campi autorizzati che quelli informali,
limitandosi a spostare i problemi, senza risolverli. Come attivisti per i
diritti dei rom e dei sinti veniamo, però, rimproverati di essere solamente
capaci di protestare. Tenterò di presentare alcune proposte concrete per
affrontare questi problemi. Tra l'altro anche il
messaggio del presidente Napolitano, letto all'inizio della Conferenza
internazione sulla condizione giuridica di rom e sinti in Italia chiedeva un
impegno alla ricerca di soluzioni praticabili. E' proprio in questa direzione
che vanno le nostre riflessioni, nella speranza che si possa aprire finalmente
aprire un tavolo di confronto col comune di Milano. (Si veda il documento:
Tavolo Rom, Rom e Sinti: politiche possibili nell'area metropolitana di Milano.
Modelli e proposte, Milano, 2010. ndr.)
Presenze Rom e Sinte
Nel corso della Conferenza, in molti interventi si è sottolineato come manchino
a diversi livelli dati certi sulla presenza numerica di Rom e Sinti. Nel nostro
caso possiamo contare nella città di Milano circa 1.300 presenze nei campi
comunali, tra di loro cittadini italiani (Rom harvati, abruzzesi e Sinti
piemontesi) e stranieri (comunitari: Rom rumeni ed extracomunitari: Rom
bosniaci, kosovari e macedoni) ed altri 1.300 negli insediamenti informali. In
Lombardia contiamo circa 13.000 presenze.
Il dato da cui partire (tra poco spiegherò il perché) è quello provinciale:
secondo la Prefettura le presenze sarebbero 3.500 unità, mentre l'Osservatorio
Regionale per l'integrazione e la multietnicità ne conta circa 3.300.
Quindi: le cifre stesse indicano che il "problema nomadi" è tranquillamente
affrontabile, se esistesse la volontà politica. Nei prossimi paragrafi, perciò,
cercherò di sintetizzare alcune proposte concrete e realizzabili elaborate dal
Tavolo Rom di Milano.
Un'agenzia: strumento per il lavoro e la casa
Oltre agli sgomberi, nel territorio milanese dobbiamo affrontare la questione
della chiusura della maggior parte dei campi comunali. Il Tavolo Rom ha proposto
l'istituzione di un'Agenzia apposita, organizzata sulla forma di società
consortile, che possa gestire questa fase tanto nel breve che nel medio termine.
Siamo coscienti che lo "strumento Agenzia" non è replicabile automaticamente in
altre realtà (anche regionali), ma ci sembra utile invece sottolineare alcuni
dei suoi compiti chiave.
- Affrontare congiuntamente i nodi del lavoro e quello dell'abitare: l'uno non
può sussistere senza l'altro se si vogliono ottenere risultati duraturi.
- Agire in ambito sovracomunale: coinvolgere tutto il territorio metropolitana
(circa 5 milioni di abitanti), fornendo aiuto e consulenza ai comuni coinvolti e
coordinando strategicamente le loro politiche.
- Mediare, trovando soluzioni ai conflitti che via via possono crearsi, tramite
l'impiego di personale esperto nell'ambito del lavoro e dell'abitare e di
operatori che abbiano già stabilito rapporti di fiducia con i Rom ed i Sinti
coinvolti, ed allocando risorse adeguate.
Scopo dell'Agenzia è di sostenere le capacità e l'autonomia di Rom e Sinti,
tenendo conto di una situazione che, lungi dall'essere uniforme, vede grandi
differenze tra un gruppo e l'altro, per provenienza, durata della presenza in
Italia, composizione familiare ed esperienze pregresse.
Il lavoro
Per molti disporre di una residenza è condizione indispensabile per poter
lavorare in maniera autonoma ed iscrivere i figli a scuola.
In particolare i Rom provenienti dall'Europa dell'Est lavorano in maniera
abituale, o frammentaria, nell'edilizia ed il problema più grande per molti è di
regolarizzare la loro posizione.
Invece molti Rom e Sinti italiani hanno sviluppato piccole attività artigianali
in proprio o imprese di servizi a carattere familiare. Attività
autoimprenditoriali già in corso comprendono: una cooperativa di servizi e
manutenzioni, una lavanderia, un'attività di recupero, riparazione e produzione
di bancali, una sartoria. In questi casi occorrerebbe un supporto, anche di
marketing e di programmazione, a queste attività.
Occorre poi sostenere il commercio ambulante praticato dai Caminanti presenti a
Milano nel periodo estivo. Infine, predisporre percorsi di accompagnamento
mirato ai giovani Rom (14 - 18 anni) che si affacciano al mercato del lavoro
dopo la scuola dell'obbligo, tenendo conto che sinora le esperienze delle
borse-lavoro non si sono tramutate in sbocchi occupazionali.
Una rapido esame della situazione lavorativa mostra, quindi, che, pur di fronte
ad un'altissima percentuale di disoccupazione, non esiste il deserto, ma
possiamo già contare su varie capacità professionali che necessitano di percorsi
diversi.
Intendiamo quindi operare, sempre tramite l'Agenzia, svolgendo un ruolo di
mediazione con diversi enti locali e organizzazioni di rappresentanza degli
interessi, quali: Confcooperative, Camere di Commercio, Lega delle Cooperative,
Associazione Provinciale Albergatori Milano, Scuola di Formazione Edile.
L'abitare
Come nel lavoro, anche per l'abitare le soluzioni non sono univoche.
Mi limito a ricordare che siamo passati da un'esaltazione dei campi sosta come
politica valida per tutti (non entro nel merito di un argomento discusso
ampiamente in altri capitoli in questo volume) alla loro negazione, senza
affrontare il tema chiave della mediazione, necessaria per affrontare il
passaggio dai campi all'alloggio stabile. Il risultato è che le esperienze
precedenti si sono tramutate in "campi verticali", cioè l'ingresso dei Rom dai
campi in quartieri "gagé", parimenti abbandonati e privi di servizi, spesso con
una forte presenza di malavita organizzata. Per assurdo, uno dei pochi casi di "integrazione" riuscita, con i Rom che, in mancanza di politiche generali della
casa, sono risultati funzionali alle economie sommerse, se non criminali, che
permettono il sopravvivere di questi quartieri.
Nel merito, un aspetto minoritario è dato da quelle comunità che tuttora
svolgono una vita nomade, come ad esempio i Caminanti. Occorre stabilire aree
soste attrezzate per piccoli gruppi, munite di servizi igienici, lavanderia,
docce e opere di urbanizzazione primaria per ogni piazzola, senza ripetere
errori del passato, quando i campi spacciati come attrezzati mancavano di questi
servizi di base. Un altro rischio è che aree simili da provvisorie diventino
definitive ed attraggano altri Rom e Sinti che non trovino una sistemazione.
Un caso a parte è poi costituito dai Sinti della missione evangelica zigana (una
minoranza nella minoranza!), che da anni si vede negare senza ragione dal comune
di Milano uno spazio per tenere i propri raduni religiosi.
Una richiesta che arriva soprattutto dai Sinti e dai Rom harvati è quella di
attrezzare micro aree dove potersi installare con la propria famiglia allargata,
in piccole comunità di 10/massimo 50 persone. E' possibile anche prevedere
progetti di autocostruzione e mantenimento, oltretutto riducendo notevolmente i
costi di gestione rispetto ai mega campi di sosta. Esperienze simili sono già in
funzione a
Guastalla (RE) e
Casalmaggiore (CR), con i progetti curati
dall'associazione Sucar Drom di Mantova.
Rom harvati e ultimamente anche rumeni si stanno indirizzando verso il recupero
e la manutenzione di cascine dismesse o abbandonate, dove potersi installare,
dopo averle restaurate (e recuperato così un nostro patrimonio in abbandono) con
logiche simile a quelle delle micro aree.
Nei due casi presentati, l'Agenzia, assieme alla Regione, potrebbe attingere ai
fondi strutturali europei per finanziare i lavori necessari o per mediare se
dovessero verificarsi dei contratti di affitto. Inoltre le persone
acquisirebbero i diritti su quanto costruito, ma non sul suolo (dunque non
potrebbero rivendere la proprietà senza autorizzazione del Comune); questo per
evitare possibili speculazioni.
Molti Sinti e Rom harvati, per uscire dalle logiche ghettizzanti del campo
sosta, hanno scelto in autonomia di acquistare privatamente dei terreni agricoli
dove sistemarsi con la propria famiglia. Il T.U. 380 del 2001 ha reso illegale
installare su questi terreni anche solo una roulotte, paragonandola ad un
edificio. Queste famiglie si trovano, spesso dopo essersi indebitate per
l'acquisto del terreno, nella condizione di essere cacciate dalla loro stessa
proprietà. E' una situazione presente purtroppo su tutto il territorio
nazionale, e nessun caso sinora è stato sanato. Anche questo appare come un caso
di discriminazione razziale indiretta.
I Rom dell'Est Europa di solito abitavano in case nei paesi di origine e, anche
di fronte ad un mercato della casa obiettivamente difficile, potrebbero essere
interessati a rientrare nell'edilizia pubblica o privata. Di fronte alla
ventilata chiusura dei campi sosta, occorrerebbe stabilire che chi vi abita e si
trovasse in una situazione di effettivo sfratto, potesse acquisire un punteggio
supplementare per l'assegnazione di casa popolare. Nel caso di accesso
all'edilizia privata, di fronte ai probabili timori del proprietario, sarebbe
l'Agenzia a sottoscrivere il contratto, garantendo i pagamenti dell'affitto e
delle utenze e seguendo le famiglie a cui subaffitterebbe i locali.
Infine, nei casi di fasce particolarmente deboli o problematiche, si potrebbe
ricorrere all'housing sociale, prevedendone comunque la temporaneità e
approntando percorsi di accompagnamento verso le soluzioni precedenti.