Segnalazione di Stefano Nutini. Anche su
Repubblica
Cucine pulite, bambini che giocano, un palazzo rinato così una
zona piccolo borghese ha accolto 700 nomadi - dal nostro inviato GIAMPAOLO
CADALANU
BERLINO - La prova che sulla convivenza si può investire è a Neukölln, un
quartiere di palazzine basse e giardinetti curatissimi. È un rione considerato
dai berlinesi fin troppo "spiessburgerlich", cioè piccolo borghese, chiuso al
nuovo e al diverso, culturalmente lontano dal confinante Kreuzberg, da sempre
roccaforte della sperimentazione e della mescolanza culturale. Eppure proprio
qui è nato un esperimento particolare, quando un'immobiliare cattolica ha deciso
di restaurare un complesso edilizio per lasciarlo ai nomadi che l'avevano
occupato quando era semi diroccato.
Dalla finestra aperta su Harzer strasse numero 65, all'angolo con la Treptower
strasse, si vede una cucina pulitissima. Nel cortile interno, bambini con occhi
scuri giocano sereni fra due tigli, salutando gli ospiti in tedesco.
Sull'intonaco restaurato di fresco spiccano brillanti murales. Questo è il
palazzo che i vicini chiamavano "Casa dei topi". Questo è il palazzo che
Benjamin Marx, responsabile del complesso per la immobiliare cattolica Aachener,
vuole lasciare alle famiglie di origine rom che l'avevano occupato un anno fa:
"L'idea è offrire ospitalità a chi viene sempre discriminato", sottolinea il
funzionario.
Siamo a due passi dalle locali "colonie", giardinetti dati in concessione a
privati, con alberi da frutto, casette in legno di pino, steccati dipinti di
bianco e innaffiatori automatici, ma a solo pochi chilometri c'è il quartiere di
Marzahn, oggi sfilata di palazzoni del socialismo reale, ma dove un tempo
sorgeva il campo di raccolta degli "Zigeuner", gli "zingari", come i nazisti
chiamavano le persone di etnia sinti e rom con un termine oggi considerato
offensivo. La loro deportazione nel campo di Marzahn era cominciata proprio 76
anni fa, il 16 luglio del 1936, perché bisognava ripulire la capitale del Reich
in vista delle Olimpiadi.
La storia proseguì con le deportazioni a Sachsenhausen e poi ad Auschwitz. Il
bilancio di quello che in lingua rom si chiama Porajmos, cioè "la devastazione
", fu di almeno 250 mila o 500 mila vittime, ma c'è anche chi parla di un
milione e mezzo di persone sterminate, fra "zingari" e persone di sangue misto.
Gli inquilini del complesso di Harzer strasse 65 sono già settecento. La prima
ondata viene dal villaggio bulgaro di Fantanele, secondo il quotidiano popolare
berlinese BZ tutto è cominciato quando un muratore disoccupato, diventato
venditore di döner kebab, ha fatto amicizia con una ragazza romena.
È nato l'amore, poi il giovane è andato a trovare le famiglia di lei. E in
pochissimo tempo l'intero villaggio si era trasferito a Neukölln. All'inizio era
un panorama di materassi abbandonati, rifiuti ovunque, topi. Poi è arrivata
un'immobiliare di ispirazione cristiana, la Aachener. E l'esperimento è
cominciato.
Per adesso molti inquilini vivono di assistenza sociale, fanno riferimento cioè
alla Hartz VI, il sistema di sostegno per disoccupati. Ma chi può cerca lavoro,
chi non può si impegna nel risanamento della casa, sempre sotto gli occhi di
Benjamin Marx. E il programma è trasformare le palazzine in un centro moderno,
c'è persino l'idea di costruire un piccolo teatro all'interno del complesso.
"Abbiamo buttato via 150 metri cubi di immondizia, abbiamo eliminato i topi.
Adesso vogliamo nel complesso di Harzer strasse anche altre persone, non solo
rom, abbiamo già altri aspiranti inquilini", dice Marx, amministratore
dell'edificio e vero ispiratore dell'operazione. Secondo l'uomo della Aachener,
i nomadi che si sono trasferiti in Germania in realtà avevano in Romania un
villaggio con case in buone condizioni.
Ma anche a casa loro erano una minoranza, e come tale venivano trattati. "Adesso
voglio vivere qui, voglio un futuro tedesco per i miei bambini. Sono contenta
perché qui ho anche i parenti, e voglio restare in questa casa", dice una madre
con i capelli nerissimi raccolti all'indietro in una crocchia.
In tutta l'Europa, dicono gli attivisti delle organizzazioni pro nomadi, i
pregiudizi sono duri a morire, solo nei mesi scorsi un settimanale della
civilissima Svizzera ha pubblicato in copertina la foto di un giovane rom con
una pistola giocattolo sotto il titolo: "Vengono i nomadi, ondata di furti in
Svizzera".
Pure fra i piccoli borghesi di Neukölln è arrivato l'appello della destra
xenofoba, ma è caduto nel vuoto. Quando i nostalgici dell'organizzazione "Pro
Deutschland" hanno distribuito volantini contro la presenza delle famiglie dei
nomadi, nessuno gli ha dato retta. Per ora l'esperimento della Aachener va
avanti. I vicini preferiscono ascoltare la fisarmonica di una famiglia di
Bucarest, alla festa di quartiere, nel cortile dell'ex "casa dei topi", che i
richiami all'odio.