ROMA - Un milione e 600 mila euro. Questa la spesa sostenuta dal Comune di Roma
per finanziare tre progetti di reinserimento socio-lavorativo rivolto a 125 Rom.
Ma solo per 16 di loro la «borsa lavoro» si è concretizzata in un contratto
vero, con un costo pro capite di centomila euro. Sono i numeri di «Lavoro
sporco», la ricerca elaborata da Angela Tullio Cataldo dell'Associazione 21
luglio. Dallo studio emerge che per il progetto della "pulizia dei campi", una
grossa quantità di denaro pubblico è stato elargito a pioggia e senza un reale
controllo da parte dell'amministrazione. Somme ingenti, più di un milione di
euro, secondo l'associazione stanziati senza progettualità. Addirittura c'è il
sospetto che siano finiti nelle tasche di sedicenti rappresentati delle diverse
comunità Rom per ottenere una cosa specifica in cambio: lo spostamento
dell'insediamento.
IL PROGETTO - Non c'è un nome del progetto per la pulizia dei campi attrezzati,
che ha fatto emergere il sospetto di accordi poco limpidi tra le amministrazioni
e i rappresentanti delle comunità Rom. A fronte dei finanziamenti, sostiene la
ricerca, non ci sono stati risultati in termini di miglioramento della
condizione lavorativa e sociale per chi vi ha partecipato. Grazie alle
testimonianze di alcuni Rom si è ipotizza che lo scopo principale del progetto
sia stato quello di facilitare lo sgombero degli insediamenti presenti in città.
Nel 2010 la Martora viene chiusa e 250 Rom vengono trasferiti a Castel romano, a
30 chilometri dalla città. «Avevano garantito un lavoro a 18 di noi se avessimo
promosso lo spostamento del campo – recita una testimonianza presente nel
dossier – ma queste promesse non sono mai state onorate e ci siamo ritrovati
senza niente, lontani dalle scuole e dalla possibilità di un lavoro». Le
cooperative Rom che dovevano pulire il campo venivano ricompensate con circa 40
mila euro al mese, ma il denaro veniva versato direttamente al rappresentante
che, nella maggior parte dei casi, assumeva solo famigliari e non rispettava gli
accordi presi per lo svolgimento del lavoro.
TOR DE CENCI - Sembra che sia successo a Tor de Cenci. Proprio il campo per cui
continua ad essere chiesta la chiusura per trasferire i residenti nel nuovo
villaggio attrezzato de La Barbuta. «Il Comune ha affidato la pulizia alla
comunità - racconta un rappresentante dei Rom - senza che vi sia un controllo
dei fondi spesi: si vuole favore la chiusura di un campo che avrebbe bisogno
solo di una manutenzione ordinaria». Infatti le condizioni igienico-sanitarie
sono inquietanti e l'insediamento sembra essere totalmente abbandonato dalle
amministrazioni.
LO STUDIO - Nella ricerca sono stati presi in considerazione i parametri base
per la determinazione della funzionalità di ogni progetto. Fra i tre progetti
finanziati tra il 2010 e il 2011, solo il primo denominato Resit ha avuto una
reale inclusione socio-lavorativa, perché l'unico a non essere stato elaborato
specificatamente per la comunità Rom, ma in generale per le fasce più deboli
della società. Oltre a questo, il progetto Retis è stato anche l'unico ad avere
un reale svolgimento all'esterno del campo. «Il reinserimento nel mondo del
lavoro è una condizione fondamentale per ogni persona, perché garantisce la
possibilità di spostamento ed emancipazione – spiega la responsabile della
ricerca – C'è la necessità di superare la logica del campo, presente solo nel
nostro Paese, che oggi crea una forte discriminazione tra chi vi abita. Il
lavoro offre una possibilità d'uscita e proprio per questo è importante mandare
avanti quei progetti che hanno avuto successo». Carlo Stasolla, presidente di 21
luglio, fa sapere che il testo sarà consegnato all' assessore alle Politiche
sociali del Comune, proprio per «spingere l'amministrazione a effettuare
maggiori controlli e a favorire il progetto Retis, l'unico che abbia realmente
ottenuto dei risultati».
Di Fabrizio (del 20/05/2012 @ 07:25:18, in Italia, visitato 1479 volte)
Sabato 26 maggio 2012 Palazzina Liberty – Largo Marinai D'Italia 1 – Milano
dalle 15.30 alle 19.30
Naga – Gruppo di Medicina di Strada presenta
ROM E GAGI: ABITARE INSIEME LA CITTÁ
Da secoli la convivenza di rom e sinti con le popolazioni dei paesi nei
quali hanno vissuto è stata segnata da pregiudizi e discriminazioni. Solo un
anno fa, la campagna elettorale del sindaco uscente e dei suoi alleati si è
incentrata sul pericolo che Milano diventasse una "zingaropoli". In diversi
casi, in varie città italiane, vi
sono stati episodi ancora più gravi di intolleranza e violenza contro gli
abitanti dei campi rom.
Medicina di strada, composta da volontari del Naga che lavorano da più di dieci
anni nei campi irregolari e regolari di Milano, occupandosi della salute e dei
bisogni delle famiglie rom che vi vivono, vuole proporre uno sguardo diverso
sulla cultura e sulla realtà dei popoli rom e sinti, nella convinzione che per
rom e "gagi"
(termine che in lingua romanì indica "non rom") abitare insieme la città sia
possibile.
All'incontro partecipano, oltre ai volontari del Naga, famiglie rom,
associazioni che rappresentano e che operano con i rom, esponenti
dell'amministrazione comunale, dei consigli di zona e delle associazioni di
quartiere.
Programma:
L'identità e la storia di rom e sinti
Giorgio Bezzecchi (Vice Presidente nazionale Federazione Rom e Sinti Insieme)
La vita nei campi irregolari a Milano e la storia degli sgomberi negli
ultimi anni
Racconti, testimonianze e proiezione di video
L'intervento del Naga
Per i volontari di Medicina di Strada: Andrea Galli, Cinzia Colombo, Simonetta
Jucker e Tina Aiolfi
"La discriminazione contro di noi supera tutte le frontiere": leggi,
ordinanze, sgomberi e antiziganismo
Marzia Barbera (Naga Medicina di Strada)
Dibattito
Interverranno: musicisti, comici, registi rom
Aperitivo rom
D'intesa con la Presidenza del Consiglio Comunale di Milano - Ingresso libero - www.naga.it –
naga@naga.it – 349.1603305
Sabato 26 maggio faremo al Terradeo la 6^Festa del Quartiere. Venite a
conoscerli (ma portatevi la vostra ragione), per capire e giudicare coi vostri
occhi quanto è miserabile il pregiudizio.
VIA DEI LAVORATORI 2 (zona industriale)
*Sabato 26 maggio 2012
Ore 10.30 Messa al campo
Ore 11.30 Incontro con le Autorità e i Visitatori, presentazione e visita del
Quartiere Terradeo
Ore 12.00 Rinfresco
Ore 14.30 Giochi per i bambini e merenda
*Domenica 27 maggio 2012
Apertamente e Punto Parco Terradeo alla Festa delle Associazioni in Cascina
Fagnana.
I Sinti (e i Rom, e tutti gli altri discriminati) non li vorrei né eroi né
vittime delle abituali persecuzioni. Mi piacerebbe che fossero così considerati,
come li conosco da tanti anni, semplicemente persone. Vorrei che, come
ogni persona ne ha diritto, fossero giudicati per quel che sono ciascuno di
loro, come ognuno di noi.
La realtà è, invece, che sono giudicati in blocco da gente che ha il
cervello annebbiato dal pregiudizio e dall’incapacità di conoscere e capire.
Loris, un giovanotto sinto, simpatico e lavoratore, è in giro per raccogliere il
ferro: l’unico quasi ormai tra i lavori che la crisi e il discrimine lasciano a
quelli come lui, che di lavori ne ha fatti tanti, per provvedere alla sua
famiglia, anche più d’uno contemporaneamente. Vede un uomo che si getta nel
Naviglio, a Trezzano, dal ponte gobbo. Spegne il motore del camioncino,
si toglie le scarpe, si getta in acqua. Con lui ci sono due cognati che lo
aiuteranno a portare a riva l’aspirante suicida, un uomo anziano, che
recuperando la vita non ha certo risolto i suoi problemi. Loris e i due cognati
risalgono in cabina, riavviano il motore e se ne vanno. Tutto qui.
La notizia gira, i giornalisti si fanno giustamente vivi, qualcuno lo avverte
anche la nostra associazione fondata da sinti e non sinti, "ApertaMente di
Buccinasco", del cui Consiglio Loris fa parte, con sede nel Quartiere Terradeo
di questa Città (vedi QUI ndr)
Per l’opinione corrente è un po’ come l’uomo che morde il cane: una stranezza.
Un grande scrittore ha detto: sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi.
Di quanti Loris ha bisogno il popolo sinto perché cambino idee e comportamenti
nei suoi confronti?
Ernesto Rossi, presidente di "ApertaMente di Buccinasco"
L'attuazione dell'"emergenza nomadi" ha condotto a gravi violazioni dei
diritti umani di migliaia di donne, uomini e bambini rom residenti nei campi e
ha permesso una maggiore impunità per le violazioni di norme internazionali in
materia di alloggio adeguato.
Centinaia di famiglie rom in Italia sono intrappolate in un circolo vizioso di
sgomberi forzati. Bambini, uomini e donne che vivono in campi informali vengono
sgomberati ogni giorno senza alcuna tutela giuridica, molto spesso restando
senzatetto e vedendo aumentare ulteriormente la discriminazione nei loro
confronti.
Anche le persone rom che vivono nei campi autorizzati e tollerati sono a rischio
di sgomberi illegali. I piani per la chiusura di diversi campi a Roma e Milano
sono stati stabiliti durante l"emergenza nomadi", un provvedimento
discriminatorio adottato dalle autorità nazionali nel maggio 2008. Anche se
l"emergenza nomadi" è stato ufficialmente dichiarata illegittima lo scorso
novembre dal Consiglio di stato, le autorità italiane sono ancora impegnate a
portare avanti questi piani, invece di fornire rimedi per coloro che hanno
subito le violazioni, attraverso gli sgomberi forzati, la segregazione in campi
inadeguati e l'insicurezza della loro condizione abitativa.
Il governo italiano ha la responsabilità di rispettare, proteggere e garantire
la realizzazione dei diritti umani delle persone rom, compreso il loro diritto a
un alloggio adeguato. Tuttavia, a sei mesi dal suo insediamento, il governo deve
ancora dimostrare il suo impegno per la tutela dei diritti umani delle persone
rom non solo con le parole, ma con i fatti.
Anna Maria Cancellieri
Ministero dell'Interno
Palazzo Viminale
Via Agostino Depretis 7,
00184 Roma
Email: scrivialministro@interno.it
Prof. Andrea Riccardi
Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione
Largo Chigi 19
00187 Roma
Email: segreteria.ministroriccardi@governo.it
Egregio Ministro,
Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa
che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano
violati.
Vorrei esprimere la mia preoccupazione per il fatto che centinaia di famiglie
rom sono intrappolate in un circolo vizioso di sgomberi forzati in Italia.
Bambini, uomini e donne che vivono nei campi informali sono stati sgomberati
senza una previa consultazione né un adeguato preavviso e senza accesso a un
alloggio alternativo accettabile o via di ricorso efficaci.
Mi preoccupa inoltre il fatto che le autorità locali sembrino impegnate a
portare avanti i piani di chiusura dei campi anche se l"emergenza nomadi" è
stata dichiarata illegittima dal Consiglio di stato lo scorso novembre, e che
nel febbraio 2012 il governo abbia presentato ricorso contro questa decisione
alla Corte di Cassazione.
I piani di chiusura dei campi autorizzati e tollerati a Roma e Milano hanno già
portato a continui sgomberi forzati, al sovraffollamento, alla segregazione
delle persone rom in campi inadeguati e a una sempre maggiore insicurezza della
loro condizione abitativa. Queste azioni violano trattati internazionali e
regionali sui diritti umani di cui l'Italia è parte.
Le scrivo per chiederle di fare tutto in quanto in suo potere affinché:
vengano interrotti immediatamente gli sgomberi forzati e sia promossa una nuova
legislazione che ne recepisca il divieto, per garantire che tutti gli sgomberi
forzati siano effettuati nel rispetto del diritto e degli standard
internazionali;
vengano adottate misure, incluse linee guida, per garantire che tutti i
funzionari coinvolti negli sgomberi forzati siano dotati di indicazioni chiare
sulle garanzie che devono essere prese in considerazione affinché uno sgombero
avvenga legalmente, in conformità con gli obblighi esistenti;
siano sospesi i piani per la chiusura dei campi "autorizzati" e "tollerati",
stabiliti a livello locale in base all'"emergenza nomadi", tra cui quelli di
Roma e Milano, fino a quando piani alternativi che rispettino pienamente i
diritti umani siano stati sviluppati in consultazione con tutte le persone
interessate;
sia ritirato il ricorso contro la decisione del Consiglio di stato del novembre
2011 e forniti rimedi efficaci, attraverso la creazione di meccanismi e
procedure adeguate, a tutti coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani
come conseguenza dell'"emergenza nomadi".
La guerra di Marius, contro una vita di campi provvisori che l'avevano
condannato a un'esistenza di analfabetismo e marginalita'. Arrivato a 16 anni a
Milano dalla Romania senza mai aver messo piede in una scuola, nonostante otto
sgomberi ha imparato a leggere e a scrivere in italiano con una borsa di studio
della Comunità di Sant'Egidio e delle mamme e maestre di Rubattino. Ora il suo
rifugio in città è una una biblioteca comunale (quella di via Valvassori Peroni,
zona Rubattino-Lambrate): "Anche quando non avevo dove andare venivo qui… è il
posto migliore che ho conosciuto". Il video di Christine Pawlata e Nicola
Moruzzi è stato premiato domenica al Salone del libro di Torino al concorso
nazionale "A CORTO DI LIBRI. I cortometraggi raccontano le biblioteche"
LA STORIA L'HANNO ACCUSATA DI ESSERE «UNA DELINQUENTE COME TUTTI GLI ZINGARI»
Il Tempo Rom cacciata dai compagni di scuola
La professoressa: «Una ragazza intelligente. Per fortuna è tornata»
Stefano Buda Le tensioni seguite all'omicidio di Domenico Rigante hanno lasciato
il segno.
Nelle scuole della città, qualcosa si è spezzato nel percorso di crescita comune
tra italiani-italiani e italiani di origine Rom. Dalle scuole della città
occorrerà ripartire, per abbattere i muri del pregiudizio e ricostruire il
dialogo tra culture. Dopo la morte dell'ultrà biancazzurro, per diversi giorni,
il processo d'integrazione ha subito un corto circuito. Un fenomeno che ha
colpito soprattutto i più giovani, ragazzi e ragazze come la giovane studentessa
Rom, di 17 anni, che chiameremo Anna. Anna frequenta un noto istituto di scuola
secondaria, non lontano da Rancitelli, il quartiere dove vive con la sua
famiglia. Una compagna di classe, sull'onda del clima da caccia alle streghe che
ha pervaso Pescara, la accusa di essere «una delinquente, come tutti gli
zingari». Anna è esasperata. La sera prima ha chiamato la polizia, avendo visto
«facce strane» bighellonare attorno a casa, e ormai nota una luce diversa negli
sguardi della gente. Reagisce male, difendendosi e contrattaccando con veemenza.
Dopo la lite decide che non andrà più a scuola. «È già molto difficile che una
donna Rom prosegua gli studi dopo l'età dell'obbligo - spiega una sua insegnante
- sarebbe stato un vero peccato perdere una ragazza intelligente come lei, che
ha compreso l'importanza dell'istruzione come forma di riscatto e dimostra
grandi doti e capacità». Anna per fortuna ci ripensa e dopo alcuni giorni torna
in classe. È lei a chiedere scusa. «Nonostante non fosse stata lei a scatenare
la lite - prosegue la professoressa - ha avuto la forza e l'umiltà di
riconoscere l'errore, dimostrando che la scuola aiuta a compiere progressi,
modificando anche certe attitudini tipiche di alcune culture»". La vicenda di
Anna non rappresenta un caso isolato. Molti altri ragazzi Rom, che frequentano
l'istituto, nei giorni scorsi sono rimasti a casa. Avevano paura. Per fortuna,
lentamente, il clima si sta rasserenando. «Non si erano mai verificati episodi
simili in precedenza - osserva l'insegnante - il processo d'integrazione è
sempre stato pacifico e armonioso, anche grazie al coinvolgimento dei genitori
italiani e Rom, nel corso dei frequenti colloqui». È da qui che occorrerà
ripartire, per sanare le ferite inferte a una convivenza che, dopo l'omicidio di
Domenico Rigante, appare sempre più difficile. Intanto il sindaco Mascia ha
chiesto al prefetto Vincenzo D'Antuono l'istituzione di un Tavolo tecnico.
«Occorre eliminare quei piccoli, grandi fenomeni di abusi, soprusi, angherie che
molti sono costretti a subire ogni giorno da poche famiglie che pensano di poter
vivere al di fuori delle leggi e delle regole del vivere civile». Ricomincerà a
breve lo sfratto agli inquilini abusivi grazie all'erogazione di 100mila euro
stanziato dalla Regione Abruzzo, da destinare all'Ater.
Commento di Pavel Pospěch: I Rom "sull'attacco a Brno" -
Pavel Pospěch, translated by Gwendolyn Albert
Prague, 11.5.2012 20:32, (Originally published in Czech at Blog RESPEKT. Published with the
kind consent of the author)
La criminalità rom sta uscendo di controllo e ogni giorno ci sono violenze
per le strade. Inoltre, i media sono dalla parte dei Rom ed ignorano
completamente il problema. Questo significa che noi gente comune dobbiamo
condividere le nostre esperienze e quanto sappiamo, così che sempre di più i
politici sappiano che non siamo indifferenti agli attacchi dei Rom!
Vi dirò cos'è successo ai miei amici. Qualche sera fa, stavano bighellonando
per le strade di Brno, cercando un posto aperto dove poter continuare la loro
appassionata discussione davanti ad una birra. Per strada si aggregò un
compagno, dall'apparenza piuttosto malmessa e probabilmente senza un tetto sulla
testa. Aveva bevuto e non interloquiva granché con gli altri, anche se quella
allegra compagnia nel mezzo della notte sembrava averlo attratto. Si unì ai miei
quattro amici, rimanendo un po' indietro alla compagnia.
E' successo tutto d'improvviso. Hanno udito dei passi rapidi, e dal nulla
sono apparsi due Rom ben piazzati. Avevano seguito i miei amici, forse da una
strada vicina. Sono saltati addosso al senzatetto e l'hanno sbattuto a terra con
diversi pugni. C'è voluto solo un istante. Il senzatetto giaceva a terra, i miei
amici erano lì in piedi senza sapere che fare. Sorridendo, anche i Rom erano lì
in piedi. "E' un vostro amico?" chiese uno di loro. "Pensavamo fosse qualcun
altro," disse con un bel sorriso, quasi scusandosi. "Allora, cosa volete fare?"
chiese ai miei amici. "Lo lasciate così?" I miei amici non sapevano che dire.
Erano tre uomini e una donna, tutti mingherlini, di fronte a tre massicci
criminali rom, che non aspettavano altro che di iniziare una rissa. "Gli daremo
20 corone, d'accordo?" minacciò un altro Rom. "Dovrebbero bastare, giusto?" Si
stavano divertendo moltissimo. Avevano picchiato un barbone per puro
divertimento e ora stavano umiliando chi era insieme a lui.
I miei amici hanno fatto l'unica cosa possibile in quel momento. Hanno
chiamato la polizia e segnalato l'incidente, ma quando la pattuglia è arrivata
sulla scena, tutto era già terminato. Il senzatetto malmenato si era rialzato e
seduto sul marciapiedi ed i Rom erano spariti. Forse erano andati a brindare il
successo del loro divertimento con una bevuta. O forse a cercare qualche altra
vittima. Di notte le strade sono piene di obiettivi solitari.
E' una storia vera, ma...
Tutto ciò che ho scritto è successo veramente. Solo una cosa non è corretta:
gli assalitori non erano Rom; erano Cechi bianchi, come voi e me. Un segno
particolare: avevano le teste rasate.
Non Rom, ma dei "bianchi". Qual è la differenza? Beh, probabilmente sono
cresciuti in una casa o un appartamento normali, non un ostello con 10 persone
per stanza. Non in un edificio in rovina nel quartiere peggiore della città.
Probabilmente non hanno frequentato scuole "speciali". Hanno frequentato la
scuola dell'obbligo normale, come voi o io, e hanno potuto scegliere dove
continuare gli studi. I loro genitori e fratelli non sono andati alla scuola
"speciale", quindi quel gruppo non è dovuto crescere tra gente la cui unica
istruzione proveniva dalla scuola "speciale". La loro lingua madre è
probabilmente il ceco, che a scuola è naturalmente un vantaggio. I loro parenti
non sono in prigione e la loro famiglia non sta pagando interessi mortali agli
usurai. Il colore della loro pelle è uguale a quello di tutti gli altri. Le
guardie di sicurezza non li pedinano nei supermercati. Se salgono sul tram, il
controllore non risale tutta la vettura solo per loro. Probabilmente non
soffrono di disagi materiali. Non vivono in mezzo a gente in dipendenza da
droghe o gioco d'azzardo. Niente di tutto questo può spiegare il motivo per cui
assalgono delle persone. Se picchiano la gente, è solo per divertimento.
Qual è la differenza più grande? Se fossero stati Rom, avreste appreso di
questa storia dalle prime pagine dei giornali. Le testate online si sarebbero
precipate sulla scena del crimine. La gente avrebbe condiviso e diffuso queste
notizie attraverso Internet. Gli inserzionisti si starebbero fregando le mani
dalla gioia, nel trovare i loro annunci accanto ad articoli che sollevano tanto
interesse. La Gioventù Lavoratrice avrebbe indetto una marcia attraverso Brno.
Però... non erano Rom, quindi la maggior parte di voi leggerà quanto è
accaduto su di un blog come questo. Dopo tutto, Dio sa cosa è successo davvero.
I miei amici, erano ubriachi persi, e chissà cosa hanno visto. Forse sono stati
loro a provocare. Cosa ci facevano nel mezzo della notte. Perché il senzatetto
era con loro? Tutto ciò non deve sorprendere affatto.
Se gli autori non sono Rom, non è una notizia per la prima pagina di
iDNES.cz, solo una banale storia da pub. Quel gruppo violento può con tutto
comodo continuare a malmenare i senzatetto e chiunque altro capiti nelle loro
mani. A fine settimana indossano le loro t-shirt nere, quelle che indossano per
le occasioni speciali, e si spostano a Břeclav o in qualche altra città dove i
media staranno tenendo un'altra lezione sulla "violenza romanì". Lì, durante un
corteo organizzato dal Partito dei Lavoratori, o di una delle sue varianti,
protesteranno ad alta voce contro i Rom che hanno picchiato qualcuno.
I tifosi avversari lo chiamano così, pensando di insultarlo. Viene da una
famiglia che lavora i metalli secondo la tradizione Rom. E che nel tempo ha
creato un piccolo impero siderurgico. A cui anche lui si dedica appena esce dal
campo
(14 maggio 2012) "Andrea Pirlo resterà con noi e finirà la sua carriera al
Milan", disse Silvio Berlusconi nell'agosto 2009. Un impegno concreto, uno dei
tanti. Due anni dopo, il centrocampista italiano più forte dell'ultimo decennio
- non è un giudizio, è un'evidenza - è stato ceduto alla Juventus. A Torino è
stato decisivo per uno scudetto che chiude il periodo infernale per la Juve,
condannata per Calciopoli, privata del titolo del 2005 e del 2006, retrocessa in
serie B e reduce da due settimi posti indegni della tradizione gobba.
Un autogol di mercato così clamoroso non si vedeva dal 2001, quando l'Inter di
Massimo Moratti cedette al Milan il centrocampista italiano più forte del
decennio a venire. Cioè, sempre Pirlo. L'estate scorsa a Milanello dicevano che
il regista di Flero (Brescia) era vecchio, che era rotto e che costava caro. Non
più caro, rotto e vecchio di tanti altri rossoneri, come si è potuto notare. Di
sicuro, più orgoglioso di molti compagni e per ragioni che vanno oltre le righe
di un campo di calcio.
L'uomo chiave dello scudetto juventino non è solo un grande giocatore. E' anche
un industriale siderurgico di etnia politicamente scorretta e sospette simpatie
progressiste. Così, quando Adriano Galliani gli ha chiesto di ridursi lo
stipendio a 2 milioni di euro netti, Andrea metallurgico ferito nell'onore ha
fatto il borsone ed è partito alla volta dello Juventus stadium, dove un altro
Andrea, di cognome Agnelli, gli ha offerto il doppio dell'ingaggio: 4 milioni
netti più bonus legati ai risultati. Risultati che sono arrivati subito, prima
ancora di quanto lo stesso Agnelli pensasse. Tra industriali ci si intende,
fatte salve le proporzioni.
Il gruppo Pirlo è composto da una mezza dozzina di aziende tra Flero e Castel
Mella, dove inizia la Bassa bresciana, terra piatta e nebbiosa molto diversa
dalle valli dei tondinari a nord della città. La capogruppo, guidata dal padre
Luigi, si chiama Elg steel e, nell'insieme, tiene piuttosto bene in tempi di
recessione. I ricavi dalla produzione di tubi tondi e quadrati sono passati dai
41 milioni del 2004 ai 63 del 2010 con un picco di 72 milioni nel 2008. I
bilanci sono in equilibrio e le spese per il personale si aggirano intorno ai 4
milioni di euro, la metà di quello che la Juventus spende, a costi aziendali,
per il solo centrocampista con la maglia 21, stesso numero che porta in
Nazionale.
Nella società fondata dal padre trent'anni fa, Andrea ha una piccola quota
attraverso la sua holding personale Ap 10. Poteva limitarsi a quello e agli
investimenti in immobiliare che fanno tutti i calciatori. Che fa anche lui, del
resto. E che fa bene. Il patrimonio di Ap 10 supera i 15 milioni di euro, in
larga parte edifici a Brescia, una villa a Forte dei Marmi, un appartamento in
via Moscova a Milano e un intero edificio acquistato a marzo del 2011
nell'altrettanto pregiato corso Magenta al civico 10. Non poteva mancare
l'azienda vitivinicola, la Pratum Coller sempre nella bassa bresciana, dove
Pirlo si esibisce con uve marzemino, sangiovese e trebbiano messe in botte nelle
cantine di una cascina medievale.
Ma l'amore per la siderurgia è una passione fisica dominante. Non c'è altro modo
per spiegare quello che passa per la testa di un tizio che il 23 maggio 2007
vince la finale di Champions league contro il Liverpool ad Atene e meno di
quarantotto ore dopo, il 25 maggio 2007, sì e no il tempo di tornare dalla
Grecia, fonda a Brescia la Fidbon che di mestiere fucina, imbutisce (sic),
stampa e profila metalli per circa 3 milioni di euro di ricavi annuali.
La ragione profonda di questo attaccamento va al di là di una logica di
investimenti diversificati ed è legata alle origini della famiglia del
calciatore che, dal lato paterno, avrebbe discendenza sinti, una delle etnie
romanì, la stessa del chitarrista jazz Django Reinhardt. Il commercio e la
lavorazione dei metalli è uno dei mestieri tradizionali delle comunità romanì.
Negli stadi li chiamano zingari e, di solito, la definizione è seguita da
apprezzamenti razzisti. Il giocatore non ha mai voluto commentare la questione,
alquanto problematica in un ambiente dove ancora si lanciano le banane ai
giocatori africani e alcune curve espongono simboli nazifascisti. Senza
dimenticare il sindaco di Chieti che, lo scorso marzo, ha definito con disprezzo
"mezzo rom" l'allenatore boemo
Nell'introduzione leggiamo: "Quelli di cui parlo non sono Rom
immaginari o da rotocalco, ma persone reali con cui ho agito, discusso, riso,
litigato per anni". Quale è la Sua esperienza personale con la comunità rom?
Quella di una comunità piccola, rinchiusa ed assediata. Al di là di questo,
composta da gente che ha, come me o come il mio vicino di casa, problemi,
aspettative, guai e speranze...
Ho ritrovato un post che fece scandalo nella sonnacchiosa comunità dei
blog di Tiscali, del 17 marzo 2005:
Vittorio: "Per come è oggi la situazione, è meglio vivere in
un appartamento, soprattutto per i nostri figli. Nei campi spesso c'è troppa
violenza, e la situazione igienica non è certo delle migliori".
Rita, sua moglie: "Certo, io pur non essendo una zingara
preferivo la vita nei campi. Anche i nostri bambini stavano meglio. Quando ci
siamo trasferiti in appartamento non riuscivano a dormire, si sentivano
soffocare e poi sentivano la mancanza dei loro amici. Nei campi si vive tutti
insieme, in questi palazzi, invece, ognuno pensa per sé".
Ivan: "Tutte le mattine devo timbrare il cartellino alle otto.
È mio padre che tutte le mattine mi accompagna all'autobus in macchina. La mia
vita è cambiata completamente, vivo con i miei e prima andavamo avanti col
contagocce, oggi ho dodici mensilità, tredicesima e quattordicesima. Sul posto
di lavoro nessun problema, essere zingaro non ha provocato reazioni negative fra
i miei colleghi. I miei colleghi non sono bambini, sanno che vivo in un
accampamento, ma non è un problema." testimonianze da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti,
Giliola Verza ed. Vivereoggi – Comune di Milano
Francesco: "La nuova sistemazione abitativa ha fatto emergere
anche nuovi problemi cui devo dedicare la mia attenzione e il mio impegno. Devo
occuparmi degli attacchi della luce, delle giovani coppie in cerca di casa e dei
rapporti tra il nuovo quartiere e gli altri cittadini di Cosenza.
Non è facile il mio ruolo; mentre prima della realizzazione del villaggio mi
occupavo della sola questione abitativa, ora affronto tutti i problemi, sono un
mediatore 'globale', usando una parola imparata dei miei amici del Movimento per
la Pace che ho frequentato da quando siamo usciti dalla baraccopoli e viviamo
più intensamente la vita cittadina.
L'uscire dall'emarginazione mi ha permesso di acquistare maggior sicurezza nelle
mie capacità. La responsabilità acquisita, grazie all'incarico di mediazione
dell'Opera Nomadi, mi ha spinto a partecipare con consapevolezza a tutti gli
incontri con le autorità, come ad esempio il Giorno della Memoria, organizzato
insieme al Comune di Cosenza per ricordare i Rom e i Sinti sterminati dal
nazi-fascismo.
L'arrivo nella nostra città di un gruppo di Rom, provenienti dalla Serbia, è
stata l'occasione per conoscere la lingua che parlavano i miei nonni: quel
romanès che vorrei portare nelle scuole." atti del convegno: LA MEDIAZIONE CULTURALE, una scelta, un diritto –
Istituto di Cultura Sinta – Mantova 2004
Parlando con un amica al campo: "Quand'ero più giovane, sono
andata a chiedere l'elemosina. Non perché mi piacesse, ma perché non c'erano
alternative. Adesso qualche volta lavoro, non lo farei più. I miei genitori
erano analfabeti, io ho studiato in collegio. Le mie figlie adesso frequentano
le superiori. Ecco: non voglio che loro debbano mai chiedere l'elemosina,
sarebbe l'unico motivo per tornare a farlo io!
Loro sono diverse da me: figurati che adesso si preoccupano della linea! E poi,
io alla loro età mi vestivo come capitava, loro vanno a scuola e vogliono non
sfigurare di fronte alle loro amiche gagi. Così, mi chiedono i soldi per i
vestiti. Ma di soldi, ne girano sempre pochi. Così ho risposto: la mattina
andrete a scuola, il pomeriggio a lavorare. Anche come lavapiatti, non importa.
Non torno a chiedere la carità per comperarvi vestiti."
Di Fabrizio (del 14/05/2012 @ 09:03:19, in Italia, visitato 4104 volte)
COMO La campagna elettorale si infiamma. Manca una settimana al
ballottaggio e si consuma il primo vero scontro tra la candidata del Pdl Laura
Bordoli e il candidato del centrosinistra Mario Lucini.
A scatenare la bagarre è stata un'iniziativa lanciata ieri da Bordoli e dal
Pdl: una raffica di volantini, distribuiti in città e pubblicati su Internet
(compaiono anche nel notiziario web del coordinatore provinciale Alessio Butti),
per denunciare che «la città in mano alla sinistra sarà una città diversa».
Esistono diverse versioni, tutte comunque tese a sottolineare quello che
accadrebbe - secondo il Pdl - se Lucini divenisse sindaco: i centri sociali
nelle circoscrizioni, i campi nomadi vicino casa, l'aumento dell'immigrazione,
una moschea in città, l'addio ai vigili di quartiere. E ancora: aumento delle
tariffe dei mezzi pubblici, aumento delle tasse comunali, pedaggio per entrare
in città. «È accaduto a Milano con Pisapia e accadrebbe anche qui», è la tesi
del Pdl... (continua su La Provincia di Como)
Non vi pare di aver già sentito qualcosa di simile? Bossi: ''Pisapia è matto, vuole che
Milano diventi una zingaropoli'' Sappiamo com'è finita
ZigzArt è il titolo dell'evento promosso da SITART nel campo Rom di via Idro a
Milano.
Il progetto nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le
relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di "Via Padova è
meglio di Milano" cantiere d'integrazione multiculturale in progress.
Gli artisti: Ilaria Beretta, Beppe Carrino, Angelo Caruso, Federico De Leonardis,
Carlo Dulla, Pino Lia, Elisabetta Oneto, Sabina Sala, Stefano Sevegnani, con la
direzione artistica di Jacqueline Ceresoli, hanno creato installazioni
site-specific, temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un
progetto di estetica sociale e di arte sostenibile.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di
arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le
persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche
culturali e sociali.
Social Art di Jacqueline Ceresoli
Nell'era dell'iperconnessione veloce "Tout change, tout bouge, tout va de plus
en plus vite" e la rete per alcuni è una corsia preferenziale che accelera
contatti ed evoluzioni sociali, per altri, gli emarginati digitali, separa vite,
stili e identità di moltitudini di persone che si rifugiano in campi situati ai
confini della città dove, nei migliori casi, si recupera un modello di comunità
agricola, di villaggio contadino, in alternativa al modello urbano, ponendo alla
base della società non il denaro, ma il patto di rispetto e di solidarietà tra
gli individui.
Il Campo di via Idro è un Eden anomalo, trasformato in centro di convivenza tra
etnie diverse, situato al termine di via Padova e vicino alla Tangenziale est,
abitato da oltre 20 anni da circa 120 Rom Harvati, diventati cittadini italiani.
Questa tribù urbana è costituita da residenti iscritti al Servizio Sanitario con
bimbi scolarizzati e la metà di loro ha meno di 18 anni. Date queste condizioni
di stanzialità, ex nomadi hanno trasformato il campo in una comunità, dove si
contano più case che roulotte, molte delle quali con verande, orti o giardini,
cavalli, galli e galline, tacchini, cani, gatti, ponendosi in un rapporto
osmotico con il territorio, ma non con il tessuto urbano. In questa comunità di
integrati, ma divisi dai cittadini per scelte di vita, 9 artisti italiani
diversi per età, formazione e linguaggi adottati, hanno creato site-specific e
installazioni a tecnica mista temporanee sul luogo, per condividere con gli
abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile promosso da
Sitart.
ZigzArt nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni
tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di via Padova, cantiere
d'integrazione multiculturale in progress.
Dall'inizio di via Idro, lungo la Martesana, all'angolo di via Padova fanno
capolino le vele colorate e i nastri di carta riflettente che definiscono un
"Isola" immaginaria di Stefano Sevegnani, affacciata sul Naviglio.
Da via Padova fino al Villaggio Idro si estende intorno alla campagna limitrofa
il "Serpente d'oro", di Sabina Sala, composto da chicchi di grano: l'oro del
Mediterraneo e delle civiltà contadine. Ilaria Beretta evoca il concetto di "migrazione" con una gigantesca capanna di
stoffa, come ready made del nomadismo dei Rom, prototipo di abitazione di uomini
in movimento, divenuti stanziali con la casa.
All'ingresso del Villaggio, troverete disegnato sul muro con martello e
scalpello l'opera "Pastorale" di Federico De Leonardis, un grande bastone,
simbolo del pastore che guida e accudisce al suo gregge, come insegna di un
modello di vita idilliaca e bucolica, come alternativa a quello urbano. Angelo Caruso ricopre con "Foulards" variopinti di gusto gitano, donati dalle
donne del Villaggio, "la grande serra del perduto lavoro" della Cooperativa Rom
che coltivava piante da vendere al mercato ora abbandonata, qui riutilizzata
come rifugio per galline e altri animali da allevamento, cavalli al pascolo,
liberi di circolare sull'antistante orto coltivato: è un'altra evocazione
simbolica di vita agreste, perduta con la rivoluzione industriale, quando l'uomo
ha interrotto la relazione con la natura.
Zigzagando dentro il villaggio, lungo la strada principale, noterete
l'installazione "Fiat Lux", realizzata con alcune centraline di energia in
disuso, trasformate da Carlo Dulla in simbolici altarini, in cui compaiono ex
voto di luce, di gas e di acqua come apparizioni, presenze miracolose non sempre
garantite in questo campo.
Davanti al Centro Polifunzionale del villaggio, pensato come presidio sanitario,
sociale e culturale, sempre chiuso e poco utilizzato dal Comune, Elisabetta Oneto presenta,
"Pori", un'installazione di code di cavallo, che per i Rom
rappresenta un mezzo di trasporto, di sostentamento ed è il simbolo della loro
cultura nomade.
All'interno dell'edificio, Beppe Carrino ha rivestito una stanza con
"Scritture
del corpo": una serie di disegni a matita che rappresentano i calchi di mani,
piedi e fronte di varie persone e abitanti del Villaggio. Questa istallazione
ambientale prevede il coinvolgimento del pubblico che si presterà a lasciare una
traccia del suo passaggio nel campo.
Nel cortile dell'edificio dismesso, c'è ormeggiata una "Bari–Barca" di
Pino Lia,
a forma ellittica, in centro una ruota, simbolo del timone, circondata da
ramificazioni dalle quali pendono guanti in lattice e rose con immagini
multietniche, come metafora del viaggio e delle migrazioni di popoli sulla scia
del sogno di una terra promessa.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di
arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le
persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche
culturali e sociali, mettendo in discussione il ruolo dell'artista in questo
ambito, meno autoreferenziale e più utile alla collettività, sull'esempio della
"Scultura Sociale" di Beuys e trasforma Milano in un prototipo di "Museo
diffuso", dal centro alle periferie, open-space di un'arte sostenibile contro la museificazione dell'arte contemporanea, dinamica e complessa.
Info:
Titolo: ZigZart - Evento organizzato da SITART - Ideato e curato da Angelo
Caruso - Direzione artistica Jacqueline Ceresoli - Direzione all'accoglienza nel
Villaggio Fabrizio Casavola - Luogo: via Padova angolo via Idro al Campo Nomadi
sul Naviglio Martesana. - Periodo: 19+20 Maggio 2012
Partner:Comunità Rom di Via Idro, Comitato Vivere in Zona 2, Associazione AB,
City Art, Anpi Crescenzago, Martesana 2, Teatro degli incontri.
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