Corriere della Sera Lo denuncia una ricerca dell'Associazione 21 luglio
ROMA - Un milione e 600 mila euro. Questa la spesa sostenuta dal Comune di Roma
per finanziare tre progetti di reinserimento socio-lavorativo rivolto a 125 Rom.
Ma solo per 16 di loro la «borsa lavoro» si è concretizzata in un contratto
vero, con un costo pro capite di centomila euro. Sono i numeri di «Lavoro
sporco», la ricerca elaborata da Angela Tullio Cataldo dell'Associazione 21
luglio. Dallo studio emerge che per il progetto della "pulizia dei campi", una
grossa quantità di denaro pubblico è stato elargito a pioggia e senza un reale
controllo da parte dell'amministrazione. Somme ingenti, più di un milione di
euro, secondo l'associazione stanziati senza progettualità. Addirittura c'è il
sospetto che siano finiti nelle tasche di sedicenti rappresentati delle diverse
comunità Rom per ottenere una cosa specifica in cambio: lo spostamento
dell'insediamento.
IL PROGETTO - Non c'è un nome del progetto per la pulizia dei campi attrezzati,
che ha fatto emergere il sospetto di accordi poco limpidi tra le amministrazioni
e i rappresentanti delle comunità Rom. A fronte dei finanziamenti, sostiene la
ricerca, non ci sono stati risultati in termini di miglioramento della
condizione lavorativa e sociale per chi vi ha partecipato. Grazie alle
testimonianze di alcuni Rom si è ipotizza che lo scopo principale del progetto
sia stato quello di facilitare lo sgombero degli insediamenti presenti in città.
Nel 2010 la Martora viene chiusa e 250 Rom vengono trasferiti a Castel romano, a
30 chilometri dalla città. «Avevano garantito un lavoro a 18 di noi se avessimo
promosso lo spostamento del campo – recita una testimonianza presente nel
dossier – ma queste promesse non sono mai state onorate e ci siamo ritrovati
senza niente, lontani dalle scuole e dalla possibilità di un lavoro». Le
cooperative Rom che dovevano pulire il campo venivano ricompensate con circa 40
mila euro al mese, ma il denaro veniva versato direttamente al rappresentante
che, nella maggior parte dei casi, assumeva solo famigliari e non rispettava gli
accordi presi per lo svolgimento del lavoro.
TOR DE CENCI - Sembra che sia successo a Tor de Cenci. Proprio il campo per cui
continua ad essere chiesta la chiusura per trasferire i residenti nel nuovo
villaggio attrezzato de La Barbuta. «Il Comune ha affidato la pulizia alla
comunità - racconta un rappresentante dei Rom - senza che vi sia un controllo
dei fondi spesi: si vuole favore la chiusura di un campo che avrebbe bisogno
solo di una manutenzione ordinaria». Infatti le condizioni igienico-sanitarie
sono inquietanti e l'insediamento sembra essere totalmente abbandonato dalle
amministrazioni.
LO STUDIO - Nella ricerca sono stati presi in considerazione i parametri base
per la determinazione della funzionalità di ogni progetto. Fra i tre progetti
finanziati tra il 2010 e il 2011, solo il primo denominato Resit ha avuto una
reale inclusione socio-lavorativa, perché l'unico a non essere stato elaborato
specificatamente per la comunità Rom, ma in generale per le fasce più deboli
della società. Oltre a questo, il progetto Retis è stato anche l'unico ad avere
un reale svolgimento all'esterno del campo. «Il reinserimento nel mondo del
lavoro è una condizione fondamentale per ogni persona, perché garantisce la
possibilità di spostamento ed emancipazione – spiega la responsabile della
ricerca – C'è la necessità di superare la logica del campo, presente solo nel
nostro Paese, che oggi crea una forte discriminazione tra chi vi abita. Il
lavoro offre una possibilità d'uscita e proprio per questo è importante mandare
avanti quei progetti che hanno avuto successo». Carlo Stasolla, presidente di 21
luglio, fa sapere che il testo sarà consegnato all' assessore alle Politiche
sociali del Comune, proprio per «spingere l'amministrazione a effettuare
maggiori controlli e a favorire il progetto Retis, l'unico che abbia realmente
ottenuto dei risultati».
Veronica Altimari - 17 maggio 2012