Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Lunedì scorso il tribunale ha dato l'OK per lo sgombero di
Dale Farm,
che è iniziato mercoledì mattina
Dalefarm.wordpress.com - Posted on October 19, 2011 by dalefarmsupport
MATTINA
Lo sgombero è stato descritto dagli osservatori come brutale e illegale.
Altre immagini su
The Mirror
Stamattina presto la polizia antisommossa e gli ufficiali giudiziari hanno
preso d'assalto la comunità di Dale Farm con un raid all'alba. La polizia ha
infranto l'ordinanza del tribunale, usando delle mazze per sfondare il recinto
di una piazzola completamente legale, al fine di aprirsi un varco. Gli
osservatori dei diritti umani riferiscono di diversi feriti dalla polizia tra i
residenti e gli attivisti al momento della prima carica.
La polizia sta usando i taser (le pistole che danno la scarica elettrica
ndr).
Residenti ed attivisti rimangono dentro il sito, molti di loro si sono
incatenati ai cancelli e alle roulotte per resistere allo sgombero. La polizia
ha violato il perimetro e sta procedendo.
Kathleen McCarthy, residente di Dale Farm, ha detto: "Il ricordo di
Dale Farm peserà fortemente sulla Gran Bretagna per generazioni - siamo
trascinati fuori dalle uniche case che avevamo in questo mondo. La nostra intera
comunità è stata fatta a pezzi dal consiglio di Basildon e dai politici al
governo."
Natalie Fox, del comitato di sostegno, ha detto: "La comunità
traveller è stata criminalizzata, è stato reso illegale il loro viaggiare, ma
non gli viene permesso di fermarsi. Se alle famiglie traveller non è permesso di
fare di un'ex discarica la loro dimora, quando troveranno dove vivere?"
Lily Hayes, osservatore dei diritti umani, ha detto: "Il consiglio di
Basildon sta violando l'ordinanza del tribunale sfondando le recinzioni di una
piazzola assolutamente in regola a Dale Farm. Stanno anche operando brutalmente
usando i taser contro chi protesta contro lo sgombero."
Cronaca della sera
Il consiglio di Basildon, il governo centrale e la polizia stanno affrontando
diffuse proteste pubbliche ("Ci hanno promesso uno sgombero pacifico. Non è
stato pacifico"
THE GUARDIAN ndr) in seguito alle scene di brutalità poliziesca nel sito
di Dale Farm dei Traveller dell'Essex. Attivisti e residenti sono stati oggetto
di numerosi incidenti, colpiti da scariche elettriche dei taser, manganellati
senza provocare e altri comportamenti brutali che hanno avuto come conseguenza
l'ospedalizzazione di entrambi (Johnny Howorth: Nora Egan, altra residente mandata stamattina in ospedale, è tornata a
#DaleFarm in sedia a rotelle. "Per lei in ospedale non c'erano letti" da Twitter ndr.).
Kathleen McCarthy (vedi sopra ndr.) ha descritto scene di "brutalità
poliziesca. Ho visto residenti col sangue che gli colava dalla faccia, ed un
altro mandato in ospedale dalle bastonate della polizia. La maniera in cui a
polizia sta agendo, qui ha scioccato ed indignato tutti. Ci auguriamo che il
mondo ci stia guardando."
Gli eventi di oggi sono stati ispirati da un raid della polizia all'alba, che
ha visto distruggere una piazzola (vedi video successivi, ndr.), in
palese violazione dell'ordine del tribunale. Questo ha causato ferite a diversi
residenti, molti dei quali avevano cercato rifugio in quello che percepivano
come un posto sicuro.
Ali Saunders, sostenitore di Dale Farm, ha detto "questo attacco alle vite
delle famiglie di Dale Farm, ricadrà sulla coscienza di tutto il popolo
britannico. I contribuenti sono stati obbligati a pagare 22 milioni di sterline
per finanziare questa brutale operazione, che stanotte lascerà 82 famiglie senza
un posto dove dormire. Fin dagli albori della mattina, la polizia non ha
mostrato alcun riguardo per la sicurezza e la dignità dei residenti, o la
proporzionalità della forza da impiegare. Le modalità con cui il consiglio di
Basildon ha condotto lo sgombero, confermano quanto era apparso chiaramente
durante tutto il processo legale: cioè che vedono i Traveller come cittadini di
seconda classe da cacciare dall'area." (alla fine della giornata si
conteranno 23 arresti, ndr.)
Il vescovo di Chelmsford e padre Dan Mason, il prete del luogo, hanno
rilasciato una dichiarazione che condanna "l'atteggiamento violento" adoperato
dalla polizia con l'uso di taser e manganelli.
Il vescovo di Chelmsford ha aggiunto "Ricordiamoci che questo sgombero non
risolve i problemi, ma li sposta altrove. Queste famiglie da qualche parte
dovranno dormire stanotte."
Media enquiries: 07040900905, 07583761462
Twitter: @letdalefarmlive
(ndr.) A volte mi rimproverano di guardare a ciò che succede intorno con un occhio troppo personale e per niente oggettivo.
E' vero: non riesco a togliermi dalla testa quando sono stato a Dale Farm, e dormivo sulla paglia assieme agli altri ragazzi del comitato di solidarietà.
Una donna vide che non avevo niente per coprirmi e mi diede una coperta. Era tra le tante a rischio sgombero.
Capirete come mi sento da ieri.
Mi resta una domanda: scene simili le vediamo spesso in televisione, dai
conflitti e dalle violenze in quello che per cattiva coscienza chiamiamo "Terzo
Mondo". Dico "cattiva coscienza" per la gioia nascosta che ci prende: "Guarda
quei mezzi selvaggi, per fortuna che in Europa ci siamo evoluti!"
Non manca mai chi, seduto in poltrona e ciabatte ai piedi, mentalmente fa il
tifo per la fazione più bastonata e "politicamente corretta". Politicamente
corretti i "nomadi" non lo sono mai stati... ma se sono a qualche migliaio di
km. dal nostro portafoglio, forse hanno qualche speranza di trovare la simpatia
di questo isolato tifoso.
Che schiaffo alle nostre sicurezze, sapere che il mitizzato e violento "Terzo
Mondo" fisicamente ci appartiene, e anche nel cuore del nostro continente
c'è ancora chi deve lottare per la terra.
Segnalazione di Marco Brazzoduro
Il neonato centro studi Sa Mergem, di
Terra del Fuoco, si
cimenta in versione inedita con la presentazione di fiabe tradizionali della
cultura Rom. Sa povestim! In scena, la suggestiva narrazione in romanes, i
suoni di una chitarra folk e gli interventi in lingua italiana s'intrecciano
per completare un quadro nel quale i giovani studiosi vogliono trasportare il
pubblico, sperando di abbattere alcune barriere e di condividere emozioni,
pensieri e maggiore conoscenza reciproca.
Il ciclo d'incontri è rivolto ad alcune classi della scuole materne, in
occasione del Festival Internazionale di Letteratura, alla sua VIII edizione,
presso la Biblioteca civica multimediale "Archimede" di Settimo T.se, il primo
appuntamento è per il 21 ottobre, ma verranno presto comunicate le nuove
date.
Brutto come la fame, ecco
come attaccare bottone con un Rom rumeno . Da
Roma_Francais
(Crédits photo: Marianne Rigaux)
Lesinrocks.com Banel Nicolita, il Rom del calcio francese
Insultato quanto acclamato in Romania, Banel Nicolita tenta di integrarsi
in Francia, nel suo club del Saint-Etienne.
Un Rom benvenuto in Francia? La stampa inglese non si lascia ingannare. "Il
Saint-Etienne compra un gitano allorché la Francia li paga per andare via."
E' il titolo del quotidiano The Guardian in seguito al trasferimento
del calciatore Banel Nicolita, che ha firmato per tre anni all'Asse, il 31
agosto, lasciando lo "Steaua Bucarest" dopo sei stagioni.
Segno particolare: è l'unico giocatore rom a giocare nella selezione della
nazionale rumena. Un "exploit" in un paese in cui i rom sono molto discriminati.
"Banel è un'eccezione. Può darsi che possa cambiare l'immagine dei rom in
Francia e in Romania" auspica Valeriu, il suo uomo di fiducia. Un augurio
pio, soprattutto quando un ministro della Repubblica non cessa di puntare alla
"delinquenza rumena".
Durante l'allenamento, il rumeno salta su ogni palla, sotto l'occhio attento di
Valeriu, che funge anche da interprete, da agente, da guardia del corpo e da
coinquilino. "Resterò con lui i primi tempi. Non è facile integrarsi senza
parlare francese". Nicolita sorride molto ma non è chiacchierone. Abbrevia
l'intervista dicendo che "è molto contento di stare qui". La sua famiglia
– sei fratelli e sorelle – è "molto orgogliosa" di lui, dal suo villaggio
di Faurei (duemila anime). Trova Saint-Etienne "molto calma".
"Non ama parlare delle sue origini"
La situazione dei rom in Francia? Il giocatore elude la questione. Avrà forse
ricevuto istruzioni di bypassare l'argomento? Valeriu interviene: "non ama
parlare delle sue origini". Al comune di Saint-Etienne l'argomento viene
evitato: questione sensibile. Dall'estate, la municipalità socialista ha fatto
espellere diversi occupanti di "squat" (alloggi occupati ndr.) e,
regolarmente, militanti e rom si riuniscono sulle gradinate del comune per
esigere nuovi alloggi. "Ovviamente quando si riesce nel mondo dello sport, si
è subito accolti meglio." nota, amareggiata Anne Sara dell'associazione
Solidarietà Rom di Saint-Etienne.
La storia di Banel Nicolita è infatti quella di un'ascensione fulminea. Nel 2008
all'età di 26 anni incarna la migliore speranza del calcio rumeno. Deve
aspettare tre anni prima di potere essere comprato dall'Asse per soli 700.000
euro. Guadagnerà 35.000 euro al mese, cioè il doppio che con il Steaua, ma meno
dello stipendio medio di un giocatore di serie A. Come Thierry Henry prima di
lui, Banel Nicolita è stato nominato ambasciatore contro il razzismo, dalla
FIFA. Un titolo simbolico, ma non veramente invidiabile, poiché riservato ai
giocatori maggiormente insultati durante la loro carriera.
"Il giorno in cui ha ricevuto la fascia dal capitano dello Steaua, fu per
costui uno smacco: la fascia a un rom! Era inconcepibile per alcuni!"
Ricorda il giornalista che lo seguiva all'epoca.
Idem, anche peggio il giorno in cui segnò contro il suo campo, facendo vincere
il Real Madrid. Ogni volta Nicolita ha molto fair-play e fa buon viso a cattivo
gioco. Perfino quando, dalle tribune dello stadio Ghencea di Bucarest salgono
dei "Zingaro! Zingaro!" -insulto supremo da quelle parti. Paradossalmente
sarebbe anche il rom più popolare della Romania, abbondantemente acclamato dalla
stampa locale. "E' molto amato da tutti" assicura Valeriu. La sua
prossima sfida: diventare il rom più amato di Francia.
Marianne Rigaux
Dalla newsletter di
Articolo 3, di Maria Bacchi
Il mio formaggio preferito lancia su tutti gli schermi uno spot che mi fa
andare di traverso il boccone. Lo racconto con le parole che presentano il video
sul web:
Come vi sentireste se vi trovaste a cena un completo sconosciuto? È
proprio quello che raccontano Grana Padano e Leo Burnett con la loro nuova
campagna pubblicitaria, il cui spot tv è on air da ieri. In un contesto in
cui le imitazioni prendono sempre più spazio, Grana Padano ha voluto
ribadire la propria originalità, mostrandoci scene intime e quotidiane, in
cui viene portato in tavola un formaggio non autentico. Ed ecco che con
questo appaiono all'improvviso degli sconosciuti, a interrompere la scena:
un motociclista malizioso, un pescatore appena uscito da una tempesta, un
fantino che si ritrova a un pranzo di Natale. Tutti guardano sgomenti il
personaggio. Non c'entra niente ed è uno sconosciuto: proprio come un
formaggio non originale. Chiude il claim: ‘Grana Padano DOP. Fatto di
un'altra pasta'. Hanno lavorato per l'agenzia gli executive creative
directors Riccardo Robiglio e Paolo De Matteis, gli art directors Matteo
Fabi e Barbara Cangemi, i copywriters Joseph Menda e Lucia Ceccolini.
La coppia, la casa, la cucina, l'intimità. Lui porta in tavola un formaggio
dall'aria ambigua: grana o non grana? Con il perturbante formaggio compare nella
stanza un estraneo, un intruso, un selvaggio, un naufrago. La donna lo guarda
atterrita. Poco importa che l'uomo di casa – elegante, apparentemente
inappuntabile – cerchi di rifilare alla bella compagna un formaggio tarocco. La
vera minaccia è che a tavola con voi si siedano sconosciuti, quelli che con
l'intimità ‘non c'entrano niente' e che "rovineranno la serata". "Non portare a
tavola uno sconosciuto", scorre in sovrimpressione.
E dire che da piccola, in parrocchia, specialmente sotto Natale, ci
incoraggiavano a fare esattamente il contrario.
Oggi, invece, chi non si conosce deve essere per forza una minaccia, soprattutto
se malvestito o, quantomeno, poco convenzionale.
Forse la famosa agenzia pubblicitaria che ha concepito lo spot non voleva
esplicitamente incrementare il senso di paura dell'altro, di diffidenza verso
l'estraneo che permea il senso comune prevalente nel nostro Paese, dove molti
strepitano che dobbiamo essere ‘padroni a casa nostra'. L'impatto immediato però
è questo, nonostante l'intelligente evocazione di un padrone di casa ‘furbetto'
che tenta di fregare la sua donna.
Del resto siamo circondati da fantasmi e da acchiappafantasmi.
Il signor Dario Casali, responsabile stampa e comunicazioni delle società
sportive giovanili di Sant'Egidio e San PioX, ha inviato a giornalisti e
amministratori dichiarazioni che francamente mi appaiono un po' allucinate
(oltre che cariche di pregiudizi e insulti) e che la Voce riporta sotto il
raffinato titolo "Una sbarra che scoraggi i culattoni". Fin dove arriva il
signor Casali? Cosa ci mette di suo la Voce? "Intorno al campetto sportivo di
via Learco Guerra dove i ragazzini delle due squadre si allenano c'è un
intollerabile via vai di malintenzionati e comunque di personaggi sospetti". Sì,
tra i rifiuti abbandonati "forse da nomadi di passaggio", si materializzano mane
e sera "pederasti (in altri passaggi dell'articolo meno elegantemente definiti
"culattoni"), donne di malaffare, pedofili". Una folla da Notte dei morti
viventi che assedia "i piccoli atleti", affidati alle cure del signor Casali e
dei suoi collaboratori della CSI.
Non deve essere facile distinguere un pedofilo dal cliente delle "donne di
malaffare" o dai cosiddetti pederasti: ma Casali ci riesce. Fa un inventario
livido e feroce degli intrusi e informa allarmato le autorità competenti. Che
finiscono fotografate sotto l'infame titolo che riportavamo.
Infinitamente più garbati i bambini sinti dell'area di sosta di via Learco
Guerra. Che anni fa, raccontandomi le loro paure, mi avevano confidato
timidamente di aver visto una volta aggirarsi intorno al campo un "gagio
maniaco"[1]. Ma degli intrusi nostrani che potrebbero insidiarli nessun
giornalista o politico si preoccuperebbe. Se mai, secondo molti, sono loro il
corpo estraneo da cui la comunità maggioritaria e i suoi ‘giovani atleti' devono
guardarsi: sembrano bambini, in realtà sono piccoli "zingari". Che non ci capiti
di trovarceli a cena.
[1] In lingua romanes, il "gagio" è la persona non appartenente alla comunità
rom e sinta.
Di Fabrizio (del 18/10/2011 @ 09:41:59, in scuola, visitato 1665 volte)
Notizie precedenti
Care amiche e amici,
alla lettera sottoscritta nei giorni scorsi da tutte le forze politiche di
centro sinistra e centro destra (con la sola esclusione della Lega), a quella
successiva congiuntamente inviata al Commissario dalle tre Parrocchie
buccinaschesi, che abbiamo portato alla vostra paziente attenzione, si
aggiunge ora l'intervento del Dirigente scolastico, che
testimonia "l'impegno pluridecennale" che la scuola di Buccinasco ha attuato per
il diritto costituzionale all'istruzione dei bambini sinti del Quartiere
Terradeo, "con riscontri positivi su tutta la popolazione scolastica".
A tutto questo lavoro ha dato un forte e continuo sostegno la Caritas Decanale,
che ha sottoscritto con Apertamente le proposte iniziali al Commissario; e vi
hanno contribuito nel seguire questa vicenda i media e vari blog locali. Ci
auguriamo dunque che esso possa raggiungere le positive conclusioni auspicate da
un'intera collettività.
Nel frattempo rimaniamo nell'attesa dell'avvio del lavoro organizzativo vero e
proprio per l'attuazione della delibera commissariale che recepiva le nostre
proposte.
Non è che siamo impazienti: è che sono trascorsi dieci giorni, certo impegnativi
per il Comune, ma cambia ora anche la stagione e, con l'arrivo dell'autunno
vero, diventerà più difficile attuare i provvedimenti previsti, che dovranno
essere discussi e predisposti con la collaborazione degli Uffici e accompagnati
e sorvegliati nella loro attuazione, per conseguire il migliore risultato.
Manca solo che chi dirige il Comune dia le necessarie disposizioni.
Mai pensare che i problemi siano risolti col primo sì.
Un caro saluto dall'Associazione "ApertaMente di Buccinasco", Ernesto Rossi e
Augusto Luisi
Comune di Buccinasco
- c.a. Commissario Prefettizio Dott.ssa IACONTINI
- e.p.c. Spett.le Ass.ne Apertamente Sig.ra GABRIELI
Sono venuto a conoscenza della situazione del quartiere TERRADEO e del
rischio di demolizione di alcune "casette di legno, senza fondamenta" che
costituiscono l'alloggio di alcuni nuclei familiari di giostrai Sinti.
In qualità di Dirigente Scolastico, non posso e non voglio entrare nel merito
della complessa questione amministrativa ma le rivolgo queste poche righe per
testimoniare l'impegno pluridecennale che la nostra Scuola ha attuato per
l'integrazione dei bambini Sinti, con riscontri positivi su tutta la popolazione
scolastica.
Per questo motivo Le rivolgo un accorato appello affinché sia garantito a questi
nostri alunni la continuità di un percorso scolastico che costituisce per loro
un diritto costituzionale e per la comunità tutta motivo di soddisfazione quale
garante di questo stesso diritto.
Augurandomi una soluzione positiva per tutti, porgo distinti saluti.
IL DIRIGENTE SCOLASTICO, Dott. Vittorio CIOCCA
Di Fabrizio (del 17/10/2011 @ 09:47:11, in Italia, visitato 1535 volte)
Da
Coopofficina
Nelle scorse settimane ho denunciato i possibili danni che può fare alla
popolazione romanì una iniziativa NON coerente ai bisogni ed alla realtà.
Per fare questa mia denuncia non ho consultato "la palla vetro" ma i
risultati delle esperienze fallimentari del passato.
Mi riferisco al corso di formazione per mediatori culturali promosso dal
Consiglio d'Europa.
In questi giorni mi viene segnalato il primo danno di questo corso, ne sono
convinto che altri seguiranno.
Lo scorso mese di settembre la Caritas di Salerno ha promosso il corso di
formazione per mediatori culturali rom avviato dal Consiglio d'Europa per tre
giorni e alcune organizzazioni locali hanno inviato i "propri rom" a questo
corso. Evito di commentare la struttura ed i contenuti del corso per il rispetto
al lavoro degli altri anche quando è palesemente NON adeguato.
Accade che in una regione italiana ci sono mediatori culturali rom GIÀ
FORMATI negli anni scorsi e che hanno svolto diverse attività di mediazione
culturale rom con un ottimo successo visibile e riconosciuto.
In questa regione una organizzazione provinciale nel mese di Marzo 2011
decide di preparare un progetto per i rom e visto che non si è mai occupata
progettualmente di rom decide di chiamare i mediatori culturali rom già formati
(presenti di alcuni decenni in questa provincia) per avviare una collaborazione,
la presenza di professionalità romanì qualifica il progetto.
I mediatori culturali rom di questa provincia dopo aver letto le linee
progettuali preparati da questa organizzazione, propongono modifiche perché le
finalità del progetto NON rispondono alla realtà ed ai bisogni della comunità
rom locale, anzi arrecano danno alla popolazione romanì.
A fronte delle osservazioni dei mediatori culturali questa organizzazione
inizia a ragionare sulle modifiche da apportare al progetto, ma con evidente
difficoltà perché l'iniziativa era stata preparata più per dare risposte ai
bisogni occupazioni di questa organizzazione che alla realtà ed ai bisogni della
popolazione rom locale.
Ad un certo punto si blocca il confronto sulle modifiche del progetto e
questa organizzazione invia un giovanissimo rom al corso di mediatore culturale
rom promosso dal Consiglio d'Europa a Salerno per tre giorni.
Dopo aver partecipato al corso automaticamente questo giovane rom diventa
mediatore culturale rom da impiegare nei progetti che questa organizzazione
vuole realizzare per i rom.
Il giovane rom, senza esperienza e disoccupato, per qualche centinaio di euro
ha accettato di lavorare con questa organizzazione come mediatore culturale rom
(ha fatto un corso di tre giorni!) ed ha fatto bene visto che è disoccupato, ma
quali danni produrrà e quando durerà il suo lavoro?
Le esperienze fallimentari di questo tipo ne abbiamo visto tantissime,
giovani rom che potevano essere una buona risorsa per la "causa romanì" sono
stati bruciati per perseguire interessi estranei alla realtà romanì.
In questo modo questa organizzazione non deve più fare modifiche al progetto
per i rom perché il giovane rom non ha alcun tipo di esperienza e
professionalità, ma è rom, quindi basta essere rom, aver letto un libro sui o
aver partecipato ad un convegno o aver partecipato a tre giorni di corso di
formazione (prestigioso perché promosso dal Consiglio d'Europa) per essere un
esperto del mondo rom.
Non sarebbe stato corretto inserire questo giovane rom al fianco di mediatori
culturali rom già formati e farlo crescere professionalmente?
NO, perché questa soluzione portava ad una modifica del progetto che questa
organizzazione non voleva fare per propri interessi.
Invece con la presenza nel progetto del giovane rom, utilizzato come
fantoccio, questa organizzazione può manovrare come vuole ed il fallimento certo
di questo progetto sarà attribuito "ai rom che non vogliono integrarsi", ma
anche a falsità come "i rom presentano una problematica difficile e complessa",
MAI il riferimento è al progetto sbagliato.
Questa tipologia di utilizzo strumentale della partecipazione attiva dei rom
(come un mezzo) è sempre stata utilizzata nel passato ed ho sempre
prodotto danni enormi alla popolazione romanì, ed è per questa motivazione che
la Federazione romanì finalizza la sua azione verso una partecipazione attiva "COME
UN FINE".
Il corso formazione per mediatori culturali rom promosso dal Consiglio
d'Europa, con il suo prestigio istituzionale, si presta molto bene alla
strumentalizzazione della partecipazione attiva dei rom, come è accaduto nel
passato, per arrecare danno alla popolazione romanì.
Mi meraviglio di quei rom e quelle persone che si dichiarano amiche del
popolo rom che con la loro partecipazione attiva hanno cercato di legittimare
una iniziativa sbagliata del consiglio d'europa, senza riuscirci.
E' facile riempirsi la bocca di belle parole e di denunce se poi i fatti
dimostrano altro.
La "causa romanì" (?) solo uno strumento per perseguire altro.
A buoni intenditori poche parole.
Scelta legittima ma si abbia la onestà morale ed intellettuale di
riconoscerlo pubblicamente, per permettere alla popolazione romanì di subire
meno danni.
La mia prossima riflessione (appena avrò il tempo necessario) sarà sulla
mediazione culturale e sul profilo professionale (ruolo e compiti) del mediatore
culturale rom.
Dr. Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì
Di Fabrizio (del 17/10/2011 @ 09:37:20, in Regole, visitato 1581 volte)
di PETIA EMILOVA
10 mesi con la condizionale ha ricevuto il 23-enne di Varna per incitamento
all'odio etnico e alla violenza attraverso "Facebook". Ieri abbiamo riportato
che, nel contesto degli eventi in Katunitsa, egli aveva creato l'iniziativa
"Strage di zingari". L'invito era quello di raccogliere le "armi" il 28
settembre e in poche ore 76 utenti hanno confermato la partecipazione.
Dinanzi al tribunale distrettuale di Varna ha spiegato che ha creato l'evento
dopo aver visto che tutti i gruppi relativi agli eventi di Katunitsa fossero
stati rimossi da "Facebook". In questo modo, ha voluto continuare la discussione
sul tema degli zingari e invitato alcuni amici i quali lo hanno diffuso in rete
. Nonostante l'evento fosse stato chiamato "Strage di zingari" e applicato una
foto di una mano con un coltello, Zhechev detto che il suo appello era per una
protesta pacifica, alla quale egli non aveva intenzione di partecipare. Fino ad
allora, il giovane aveva partecipato a solo una delle tre manifestazioni di
Varna a sostegno dei residenti di Katunitsa.
Zhechev è stato condannato a 10 mesi con la condizionale e 3 anni di periodo di
prova. Il computer dal quale è stato creato l'evento "Strage di zingari" sarà
confiscato.
La sentenza è impugnabile entro 15 giorni.
L'articolo (in inglese) sul
Washington Post
Pannello esposto al Museo del Viaggio Fabrizio De Andrè
Domenica, finalmente. Il tempo per rilassarsi:
Mi piace
- al calar del sole, davanti ad un fuoco acceso e seduti su sedie
sgangherate, ritrovarsi tutti assieme con nonni e
nipoti, in silenzio, gustandosi questa vicinanza. Il rito del caffè, che si
ripete;
- un campo senza topi e ratti, ma dove i bambini crescono assieme a cani,
gatti, galline, capre, cavalli. Un bambino che cresce in un ambiente simile,
difficilmente diventerà cattivo;
- guardare i figli dei bambini a cui vent'anni fa facevo da educatore.
Informarmi sulle malattie e sui progressi a scuola, coccolarli e viziarli
sotto gli occhi dei loro genitori, come se fossi uno zio, non più un
animatore;
- fare a gara a chi è più bravo a prendere in giro chi ti è seduto di
fronte. Ridendo e guardandosi negli occhi, perché non c'è cattiveria nella
parole;
- in una kampina con l'antenna satellitare, seduti in 5 o 6 con una
lattina di birra in mano, commentare le partite di calcio del campionato
rumeno, discutendo se
Nicolita sia una pippa o un campione. Forse ci manca il sacchetto di
popcorn nell'altra mano, per essere giudicati integrati o integrabili come
tutti.
Di Fabrizio (del 15/10/2011 @ 09:50:20, in Italia, visitato 1591 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
PartitoDemocratico.it
Ansia, disturbi del sonno e dell'attenzione. La situazione delle famiglie
rom in Italia nel rapporto di 'Associazione 21 luglio' e Centro europeo per i
diritti dei rom, su richiesta della Commissione diritti dell'infanzia delle
Nazioni Unite. "Negati i diritti a istruzione, abitazione, salute"
ROMA - Le famiglie e i minori rom in Italia vedono negati, giorno dopo giorno, i
propri diritti. Il diritto all'abitazione, prima di tutto, ma anche quello
all'istruzione, alla salute e a una vita dignitosa. Lo testimonia il rapporto
che "Associazione 21 luglio" e Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) hanno
redatto su richiesta della Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni
Unite. Il documento è stato presentato al Comitato per i diritti dell'infanzia (Crc)
nei giorni scorsi e ha avuto come prima conseguenza l'invio di una serie di
raccomandazioni al governo italiano, nelle quali il Comitato che si è detto
"seriamente preoccupato per le politiche, le leggi e le pratiche discriminatorie
nei confronti dei bambini in situazione di vulnerabilità".
Il rapporto, realizzato attraverso ricerche e monitoraggi sul campo, parla
esplicitamente di "condizioni abitative precarie" e di un "impatto negativo
degli sgomberi forzati", pratica tuttavia molto diffusa nelle città italiane. A
pagare il prezzo più alto sono i bambini, che "hanno gravi difficoltà, quanto
non ne sono completamente privati, ad esercitare il loro diritto all'istruzione,
alla salute, a un'abitazione dignitosa e alla protezione da discriminazioni,
abusi e sfruttamento". Parallelamente, i diritti dei genitori "in relazione alle
decisioni da prendere riguardo ai propri figli e all'assistenza sociale da
fornire loro sono sistematicamente violati". Il contesto italiano già in passato
ha suscitato un coro di critiche da parte delle istituzioni internazionali ed
europee, a partire dal Commissario uropa, del Consiglio d'to nette critiche da
parte delle istituzioni internazionali ed europee, come la commissione per i
diritper i diritti umani del Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, l'Ocse,
le Nazioni Unite e molte Ong.
Molto c'è da fare, quindi, per garantire la tutela dei diritti dei rom che
vivono in Italia. Innanzitutto, "migliorare le condizioni abitative e porre fine
agli sgomberi, in quanto pratica che influenza negativamente tutti gli aspetti
della vita", come si legge nelle raccomandazioni finali del rapporto. Per i
minori, l'appello è di lavorare sulle leggi "per garantire una piena e adeguata
protezione". In particolare, si chiede di stabilire quando il minore deve essere
considerato a rischio e di rendere obbligatoria la raccolta di dati disaggregati
per etnia e per altri fattori rilevanti. Per tutelare i genitori, invece, si
invita a "garantire supporto legale gratuito alle famiglie che rischiano di
perdere la custodia dei figli", prevedendo anche un'attività di prevenzione
dell'allontanamento. Infine di adottare un piano di protezione con misure
studiate per i rom italiani e non, non dimenticando le donne e le ragazze rom,
che devono essere incentivate a denunciare abusi e matrimoni forzati e precoci.
La vita all'interno di un campo mette a rischio non solo la salute, ma anche la
crescita di un bambino. Lo dice senza mezzi termini il rapporto di Associazione
21 luglio ed Errc, nel quale si avverte di un pericolo serio per l'infanzia rom.
Secondo alcuni studi, infatti, un'alta percentuale di minori che vivono nei
campi "sono inclini a disturbi d'ansia, fobie, disordini del sonno, disturbi
dell'attenzione e iperattività, ritardi nell'apprendimento. Tutti fattori che
possono portare, nell'adolescenza o in età adulta, a disordini ben più gravi".
Dal canto loro, le donne intervistate riferiscono di condizioni igieniche
pessime, di assenza di spazi personali e di tensioni tra gruppi rom e di altre
nazionalità. Senza contare che i campi spesso non sono serviti dai mezzi di
trasporto pubblici, rendendo difficile frequentare la scuola e aggravando la
marginalizzazione dei bambini. "Le difficoltà nell'ottenere i documenti e la
registrazione nei campi - si aggiunge nel rapporto - ostacolano il diritto
all'istruzione. Inoltre la mancanza di privacy e in generale le condizioni di
vita nel campo creano una barriera alla riuscita della scolarizzazione".
Una conseguenza di tutta questa precarietà è che i minori rom sono esposti, più
degli altri, al pericolo di allontanamento dai propri genitori e di inserimento
in istituti monitorati o case famiglia. I dati attestano che i rom rappresentano
circa il 10,4% di tutti i minori che vivono in queste strutture, anche se la
loro percentuale sul totale della popolazione italiana si ferma allo 0,23%.
Tutto questo è dovuto all'assenza di una politica uniforme che definisca quando
l'allontanamento è necessario: "Una lacuna che permette di fatto comportamenti
discriminatori in relazione alla valutazione dell'adeguatezza della situazione
familiare". Secondo i promotori del rapporto, poi, in queste sedi i minori non
trovano una "preparazione culturale e sociale adeguata" e si devono scontrare
con gli "stereotipi discriminatori di alcuni operatori, che danneggiano lo
sviluppo dei minori e il loro accesso all'istruzione". Anche per queste ragioni
è alto il fenomeno delle fughe.
Esiste poi una terza minaccia all'infanzia, passata per lo più sotto silenzio
perché erroneamente ritenuta "parte della cultura rom". Si tratta dei matrimoni
precoci e forzati che, tra le alte cose, mettono le giovani a rischio di
violenze domestiche e abusi. A questo si accompagna spesso il "test della
verginità": durante le ricerche condotte dall'Errc nel marzo 2011, il 65% delle
48 donne intervistate ha riferito di aver subito il test prima del matrimonio:
"Fallirlo – legge nel rapporto - si comporta il rifiuto da parte del marito e il
ritorno alla famiglia d'origine o trattamenti offensivi simili, come abusi
verbali, infedeltà, ostracismo dalla comunità". Tutte pratiche che "non solo
minacciano la salute e la dignità delle giovani donne rom, ma interferiscono con
la loro educazione e successivamente restringono la loro autonomia economica".
Rom: il volto violento del Piano nomadi
Articolo21 di Bruna Iacopino
Nico ha occhi profondi e riflessivi. Zaino in spalla, capelli neri come il
carbone, osserva attentamente e ascolta quello che i "grandi" hanno da dire. "Cosa vuoi fare da grande?". Mi guarda un po' titubante, pensando fra se, se
deve darmi o meno la risposta, poi sorride, timido "...il poliziotto". " Ma sul
serio vorresti fare il poliziotto? Nonostante tutto quello che vi è successo in
questi giorni? anche in questi giorni?"
Non fa una piega, abbozza di nuovo un sorriso e fa cenno di si. Nico ( che non
si chiama Nico nella realtà) di anni ne ha 12, e frequenta la seconda media in
un istituto scolastico della capitale. Dal 29 settembre, giorno in cui è stato
sgombrato con tutta la sua famiglia, si sveglia prestissimo, ogni mattina in un
posto diverso, per arrivare a scuola puntuale come se nulla fosse successo, come
un qualsiasi ragazzino della sua età. "E' un portento questo ragazzo" sussurra
chi lo conosce " nonostante tutto non ha perso un giorno di scuola."
Nonostante tutto... e il tutto in questo caso è un lungo elenco di sgomberi e
atti di vera e propria persecuzione subiti da una piccola comunità di rom
rumeni, nel contesto del vacuo e ormai sempre più lontano e controverso Piano
Nomadi di Roma. Ma procediamo per ordine.
A raccontare sono le vittime stesse facendo un excursus un po' confuso, tra le
varie tappe , e fermandosi sui dettagli, a volte pesanti da digerire per un
osservatore esterno.
La vicenda ha inizio il 29 settembre, quando una piccola comunità di circa
duecento persone viene sgomberata ad opera di Polizia e Vigili Urbani
dall'insediamento spontaneo sito in via Salaria proprio nelle adiacenze del
civico 971, l' ex-cartiera ora adibita a "centro d'accoglienza", le tende...
completamente distrutte, "tagliate" raccontano. Alcuni di loro avevano preso
parte all'occupazione simbolica della basilica di San Paolo. In mezzo, come
sempre, un numero considerevole di bambini, molti iscritti a scuola o in
procinto di iscriversi, sballottati da un campo all'altro, da un centro
d'accoglienza alla strada.
La soluzione proposta è sempre la stessa ad ogni sgombero: o donne e bambini
dentro i centri d'accoglienza, e uomini fuori, oppure rimpatrio assistito per
tutti, ipotesi che, per chi sta in Italia da 8-9 anni e ha figli che vanno a
scuola appare inaccettabile.
Inizia così l'odissea fatta di sgomberi ripetuti, almeno 4-5 nell'arco di pochi
giorni. Via Papiria, poi di nuovo via Salaria, il canalone di via di Centocelle,
Vigne Nuove, fino ad arrivare all'unica soluzione possibile: non si può stare
tutti insieme, bisogna frammentarsi in piccolissimi nuclei sul suolo urbano per
scongiurare l'ennesima irruzione da parte delle forze dell'ordine.
Helena ( anche questo è un nome di fantasia) ricorda... guanti neri infilati in
fretta per effettuare lo sgombero, sirene e volanti che li inseguono...
"trattati peggio degli animali" dice.
Ricorda il pianto disperato dei bambini e la paura: che fare adesso? Dove andare
a dormire stanotte?
Ricorda parole pesanti da ascoltare, indegne di un paese civile... " siete
peggio della spazzatura, potete anche stare nei cassonetti". Mentre lo dice la
sua faccia assume un'espressione incredula, come se aspettasse una risposta, una
spiegazione a tanto odio, gli altri ascoltano, annuiscono.
In Italia vive e lavora da 8 anni, lavoretti saltuari certo, ma che le hanno
permesso di far crescere e mandare a scuola i figli, facendole conquistare
l'affetto e la stima di insegnanti e dirigenti scolastici.
Qualcuno più fortunato come O. è riuscito a recuperare un vecchio camper e a
sistemarvi dentro le poche cose e la famiglia per intero. Ma anche quella rimane
una soluzione poco sicura. "Ogni giorno- mi dice O. che fa raccolta di metallo e
rame, o va a lavorare nei mercati- sistemo il camper in un posto diverso, perchè
a stare fermi nello stesso posto è pericoloso." Il suo terrore più grande è che
un giorno o l'altro qualcuno possa arrivare e portargli via i bambini.
Tutti attendono pazienti una risposta da parte dell'amministrazione o da
chiunque altro. Il freddo è in arrivo, non si può pensare di dormire per strada,
all'addiaccio, braccati.
In un comunicato diramato in questi giorni a puntare il dito contro le forze
dell'ordine, in riferimento agli episodi appena narrati, un gruppo di cittadini
( alcuni testimoni oculari di tutta la vicenda) riuniti nell'Assemblea Vertenza
Rom: "... condanniamo con forza l'abuso di potere da parte delle forze
dell'ordine, che durante le loro "operazioni di sgombero" non permettono a
nessuno di aprire bocca, non spiegano cosa stia succedendo, sbraitano contro le
persone ordinando di sparire, di disperdersi in fretta, ricorrendo anche a veri
e propri inseguimenti con le volanti... Uno dei rappresentanti istituzionali
sempre presente agli sgomberi di questi giorni ha commentato parole testuali : "
[fare gli sgomberi] è come tagliare l'erba del prato... il problema è a che
altezza si taglia" ..."
Gli sgomberi: violazione dei diritti umani e delle normative comunitarie
Durante la conferenza stampa tenuta nella mattinata di ieri da parte
dell'Associazione 21 luglio in occasione della presentazione del rapporto curato
in partenariato con l'ERRC (European Roma Rights Centre) per la Commissione dei
diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite un ampio capitolo è stato dedicato
proprio alla questione sgomberi e trasferimenti forzati, con focus sulle città
di Roma e Milano. Stando al rapporto "... da maggio 2010 a maggio 2011 a Roma
sarebbero stati effettuati 430 sgomberi, che avrebbero portato alla nascita di
256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella
Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom
coinvolte..."
Sgomberi, denuncia il rapporto, effettuati senza alcun preavviso e senza offerte
alternative se non lo smembramento del nucleo famigliare e costati dall'inizio
del Piano nomadi, come riferito dal presidente dell'associazione, ben 4 milioni
di euro. Sgomberi che andrebbero fermati, come andrebbe fermato e completamente
rivisto il cosiddetto Piano nomadi contestato a più livelli, e nei suoi vari
aspetti dal mondo dell'associazionismo e non solo.
Sgomberi che tuttavia continuano senza alternativa nonostante i molteplici e
ripetuti richiami anche da parte dell'Europa, non ultimo quello giunto a
settembre da parte del Commissario per i diritti umani del CoE, Thomas
Hammarberg in occasione della pubblicazione del rapporto stilato a seguito della
visita del 26 e 27 maggio 2011 in Italia, nel corso della quale ha discusso
della situazione della minoranza rom e dei migranti nordafricani.: " La
situazione dei rom e dei sinti in Italia- aveva dichiarato il commissario- resta
fonte di grande preoccupazione. È opportuno porre l'accento non sui
provvedimenti coercitivi, come le espulsioni e gli sgomberi forzati, ma
piuttosto sull'integrazione sociale e la lotta contro la discriminazione e l'antiziganismo"...
e ancora "È necessario migliorare la gestione dei reati di stampo razzista e
combattere i comportamenti abusivi, di tipo razzista, da parte della polizia. Il
dispositivo di controllo degli atti e dei reati a sfondo razzista dovrebbe
essere maggiormente flessibile ed attento ai bisogni delle vittime"...
E se l'ha detto Hammarberg... magari possiamo fidarci...
Sgomberi forzati dei rom: "una violazione sistematica dei diritti"
Affari Italiani Lunedì, 10 ottobre 2011 - 16:16:06
È una pratica molto diffusa, in Italia, quella degli sgomberi forzati. Solo a
Milano ne sono avvenuti 189 tra maggio 2010 e lo stesso mese del 2011, con una
frequenza in aumento. A Roma il conto è ancora superiore: sono stati 430 gli
sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo
periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un
totale di 1.800 persone rom coinvolte. Alla luce di questi dati, Associazione 21
luglio e Errc hanno voluto dedicare un focus nel loro rapporto, rinnovando la
richiesta di stop ai trasferimenti forzati.
"Le famiglie soggette allo sgombero frequentemente non ricevono un adeguato
preavviso e non vengono loro offerti alloggi alternativi" si spiega nel
documento, che raccoglie alcune testimonianze "sull'arbitraria distruzione delle
abitazioni e dei beni della famiglie". Sempre secondo il rapporto, "in alcuni
casi le autorità offrono un alloggio alle donne e ai bambini in ricoveri
temporanei, ma non offrono nessuna opzione alle famiglie per restare unite".
Quanto alle abitazioni di legno costruite dalle famiglie come dimora temporanea,
"possono mettere a rischio la salute, e perfino la vita, dei minori, come
avvenuto ".
Sulla situazione di Roma si sofferma il presidente dell'Associazione 21 luglio
Carlo Stasolla, che alla luce delle raccomandazioni del Crc chiede "alle
autorità locali l'immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei
trasferimenti forzati". E aggiunge: "Dall'inizio del Piano nomadi, i circa 430
sgomberi hanno comportato una spesa di circa 4 milioni di euro, producendo la
violazione sistematica dei fondamentali diritti dell'infanzia sanciti dalle
convenzioni internazionali". Perciò l'associazione chiede "una profonda
revisione del Piano nomadi affinché la costruzione e la gestione dei cosiddetti
‘villaggi attrezzati', in realtà spazi istituzionali di segregazione e di
esclusione sociale, possano essere sostituiti da reali ed efficaci azioni in
favore dei rom e dei sinti". Stasolla annuncia anche l'avvio di procedimenti
legali "qualora si ravvisino violazioni dei diritti umani, azioni
discriminatorie e abusi istituzionali".
Quanto a Milano, il rapporto mette in luce i quotidiani ostacoli burocratici che
impediscono ai rom l'accesso ai servizi: "Poiché bisogna avere un lavoro per
poter richiedere il permesso di soggiorno, molti rom non sono in grado di
ottenerlo. Senza un documento formale, poi, non è possibile iscrivere i figli
all'asilo". Inoltre, molti bambini non possono accedere ai sussidi garantiti ai
residenti di Milano, come libri e trasporti gratuiti. E i minori disabili senza
residenza non possono esercitare il proprio diritto all'assistenza speciale.
Allo stesso modo, "non è possibile accedere all'assistenza sanitaria perché
l'autorità locale (il comune di Milano) rifiuta di riconoscere il Testo unico
sull'immigrazione".
Lo confesso: non amo i convegni, le frasi fatte che conosco a memoria, le
polemiche che si tirano dietro. Qualche volta, qualcuno riesce a catturare la
mia attenzione: martedì scorso è successo con i discorsi di
Jovica Jovic e quello finale di Nicolae Gheorghe: magari
non ero d'accordo su tutto, ma si respirava (ecco: RESPIRARE è il termine
appropriato) una grammatica mentale romanì, indipendente dai modi di pensare e
di imporre il proprio pensiero, tipici di ogni cultura maggioritaria, come è
anche la nostra. Però, lo confesso , non so resistere ai convegni perché ogni
volta mi capita di incontrare amici vecchi e nuovi e mi incanta come in pochi
minuti si ricrei tra noi un clima cameratesco.
Dopo che timidamente in
Mahalla si era accennato ad Idea Rom di Torino, finalmente ci si è
conosciuti di persona. Ma lasciamo che si descrivano da soli, attraverso il
loro sito:
L'associazione:
IDEA ROM ONLUS è un'associazione di promozione sociale costituita nel 2009
che opera a Torino nelle sedi di via Garibaldi 13 e via Cavagnolo 7 e presso i
territori con i maggiori insediamenti abitativi di famiglie Rom della città. Nel
2010 l'associazione è stata premiata con una Targa d'Onore del Presidente
della Repubblica per l'opera tesa a favorire l'integrazione sociale della
propria comunità.
Da chi è formata:
L'Associazione è costituita da donne Rom appartenenti alle diverse
comunità presenti a Torino, alcune con esperienze professionali nel campo della
mediazione culturale.
A chi si rivolge:
Idea Rom Onlus ha una forte caratterizzazione femminile perché le principali
azioni hanno come attori, riferimenti e interlocutori soprattutto le donne e le
giovani Rom delle diverse comunità con cui condividere ed elaborare saperi e
competenze, creando e sostenendo sbocchi lavorativi e attività culturali.
Destinatarie e protagoniste degli interventi sono le famiglie Rom presenti in
città, nei "campi nomadi" e negli appartamenti, coinvolte direttamente nella
definizione dei bisogni, nella progettazione delle iniziative e nella loro
concreta realizzazione.
Obiettivi dell'associazione:
Idea Rom Onlus, pur non rappresentando i Rom della città, cerca di promuovere
progressive forme di rappresentanza diretta, formale e sostanziale, delle
diverse comunità.
Tutti i progetti e le attività sono ispirati ai seguenti obiettivi:
- favorire l'integrazione e la partecipazione attiva dei Rom (e dei Sinti,
dei Kalé, dei gruppi e delle comunità viaggianti) nella società italiana ed
europea, nel rispetto delle diverse identità, della pari dignità e dei
valori fondamentali del vivere civile
- contrastare i pregiudizi diffusi sui Rom e tutte le forme di
discriminazione, dirette e indirette verso questa popolazione
E poi, se vi garba, ci sarebbero molte altre cose da scoprire. In Home page troverete i link:
Convegno per il 40° dell'AIZO - due interventi che mi sono goduto:
Jovica Jovic, secondo il programma, avrebbe dovuto parlare di "Lo
sterminio della mia famiglia". Educato e rispettoso com'è sempre, visto che agli
oratori precedenti erano stati riservati tempi biblici di intervento, ha chiesto
se per lui c'erano limiti di tempo, aggiungendo "se vi stancate, ditemelo,
che riprendo a suonare la fisarmonica".
Dopo i primi minuti di discorso, il moderatore della mattinata si stava
visibilmente preoccupando perché Jovica continuava a parlare d'altro. Gliel'ha
fatto notare, con garbo. Per tutta risposta, Jovica ha continuato, col medesimo
garbo, per la sua strada. Questo il resoconto di una parte dell'intervento,
riportato da
Balkan-Crew:
"Io sono solo un musicista, ma la mia testimonianza è una testimonianza
di vita vissuta in Bosnia, tra un campo e un altro a parlare con figli e nipoti
di chi è morto a Jasenovac eppure la mia fisarmonica non parla ne di fascismo ne
di razzismo, ma solo di pace. Tanti parlano per sentito dire o perché hanno
studiato e pensano di poter esprimere giudizi, io quello che racconto l'ho
vissuto e viene dal cuore. La Jugoslavia non c'è più e tutti a dire è colpa tua,
no è colpa tua, ma la Jugoslavia non c'è più!!! Ho suonato tante volte al
binario 21 a Milano, posto in cui i rom e gli ebrei e tante altre minoranze
venivano deportati per i campi di concentramento e ancora adesso, dopo tanti
anni e tanti morti, troviamo ancora chi vorrebbe fare le stesse politiche. Il
popolo rom meriterebbe un nobel, perché ha passato le peggiori cose e non si è
mai ribellato, non ha mai fatto guerra a nessuno, nonostante non ha una terra su
cui vivere. Che colpa ho avuto io a nascere da una zingara e che colpa ha avuto
mia figlia che è nata in Italia, è stata vaccinata, ha frequentato la scuola,
eppure non può avere la cittadinanza perché non può dimostrare la residenza ? Ma
come faccio a risiedere in un posto se dopo tot anni arriva l'ordine di sgombero? Ero in un campo in cui si rubava e ho cambiato la situazione. Ho fatto fare
una chiesa e veniva un prete a celebrare la Santa messa. Le persone erano
cambiate, non rubavano più, ma ci hanno detto di andare via e hanno distrutto la
chiesa e buttato la croce nel fango. Le persone le giudichi da ciò che dicono e
che fanno. Se fanno del male sono persone cattive, ma loro sono i primi giudici
di loro stessi"
Insomma, ha parlato ai suoi fratelli, di qualsiasi razza fossero.
Un personaggio apparentemente all'opposto di Jovica, è il dott. Nicolae
Gheorghe, che può vantare un
curriculum di tutto rispetto. In Italia si esprime in un misto di rumeno,
italiano, spagnolo, inglese e francese. Lui è un Rom che ragiona di alta (a
volte troppo) politica, con il raro dono di rendersi immediatamente
comprensibile. Gli toccava concludere il convegno, senza che i custodi ci
chiudessero dentro. Questo il sunto del suo intervento finale di 3 minuti:
"L'Olocausto ancora non è stato riconosciuto come fatto politico.
La povertà del nostro popolo, la capisco sino ad un certo punto, non
oltre: non siamo a chiedere l'elemosina agli altri. La nostra miseria da forza
ai nuovi nazisti, dobbiamo averne conoscenza per combatterli.
La nostra terra, il ROMESTAN, ci è stato copiata ed è diventato patrimonio dei
discorsi della destra. Ricordatevi: in Germania la prima misura dei nazisti fu
di togliere la cittadinanza ai sinti, e la loro prima richiesta a guerra finita
fu di riaverla. Allora: la cittadinanza EU, richiesta da molti, non può essere
una riparazione per la mancata cittadinanza nazionale.
Siamo una nazione culturale: IL NOSTRO SIMBOLO NON E' LO STERMINIO, MA LA
SOPRAVVIVENZA."
Per completare la mia personalissima cronaca, aggiungo anche un comunicato
sicuramente più oggettivo:
COMUNICATO STAMPA
CONVEGNO "LO STERMINIO DI ROM E SINTI E LE NUOVE INTOLLERANZE"
Lunedì 10 e martedì 11 ottobre si è tenuto presso la sala Lauree della Facoltà
di Lingue e Letterature Straniere il Convegno dal titolo "Lo sterminio di rom e
sinti e le nuove intolleranze", organizzato dall'Associazione Italiana Zingari
Oggi, che da 40 anni opera a difesa dei diritti e per la promozione dei doveri
della popolazione rom.
Il Convegno ha visto la partecipazione di relatori da tutta Europa, i quali
hanno arricchito il dibattito con riflessioni, non solo sulla tragedia dello
sterminio, ma anche sulle nuove intolleranze che stanno emergendo e sui problemi
che questa minoranza quotidianamente incontra nei paesi europei.
La prima mattinata del Convegno è stata dedicata alle celebrazioni dei
quarant'anni dell'Associazione, a cui hanno portato il proprio saluto, tra gli
altri, il Preside della Facoltà di Lingue, l'ex sindaco Diego Novelli e
l'attuale assessore alle Politiche Sociali, Elide Tisi, la quale ha anche
consegnato alla Presidente dell'A.I.Z.O., Carla Osella, una targa di
ringraziamento da parte del Comune di Torino per i 40 anni di proficua
collaborazione.
Il resto del Convegno è stato dedicato al ricordo dello sterminio del popolo rom
e sulle nuove intolleranze. Di particolare rilievo sono stati gli interventi
dell'on. Letizia De Torre, che ha presentato il Rapporto sulla condizione di
rom, sinti e caminanti, stilato dal Senato, facendo sorgere un vivo dibattito
sui problemi della minoranza rom in Italia e le azioni intraprese dal governo, e
il contributo dell'avv. Olga Marotti, dell'UNAR, la quale ha presentato gli
interventi dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali a tutela dei
diritti dei rom.
Tra gli interventi riguardanti lo sterminio perpetuato dai nazi-fascisti,
tragico e commovente il resoconto sugli esperimenti compiuti dal dott. Mengele e
il suo staff sui bambini detenuti nei campi, che è stato presentato dal dottor
Erasmo Maiullari, docente di chirurgia pediatrica dell'Università di Torino,
così come meticolosi ed interessanti gli interventi del dott. Claudio Vercelli e
della dott.ssa Rosa Corbelletto, che rispettivamente hanno presentato le basi
ideologiche dello sterminio di rom e sinti in Germania e dell'internamento in
Italia.
Tra i relatori internazionali, di particolare interesse sono stati i contributi
di Nicolae Gheorghe, attivista rom dalla Romania e di Dusan Mladen, presidente
della Camera di Commercio Romani degli Stati Uniti, che ha presentato i progetti
realizzati dal suo Istituto in Serbia.
L'ultima parte del convegno, dedicata alla situazione attuale ed alle
intolleranze che stanno emergendo, è stata arricchita dagli interventi della
prof.ssa Marcella Delle Donne, che con passione ha presentato casi di
emarginazione e di integrazione, richiamando con forza la necessità di un
riconoscimento della minoranza rom da parte delle istituzioni italiane ed
europee, e dall'intervento delle prof.ssa Mara Francese, che ha presentato una
riflessione sull'emergere di nuovi pregiudizi che, come i ghetti fecero durante
la seconda guerra mondiale, impediscono la conoscenza reciproca e
l'integrazione.
L'intero Convegno è stato animato dall'eclettico musicista Jovica Jovic, che ha
suonato alcuni pezzi con la sua celebre fisarmonica durante i momenti di pausa.
Lo stesso Jovica è intervenuto come relatore, portando la propria testimonianza
sullo sterminio della sua famiglia e sulle difficoltà che oggi lui e i suoi
figli incontrano nel percorso verso l'integrazione nella nostra società.
I relatori e il pubblico hanno condiviso la necessità primaria di riconoscere la
minoranza rom quale minoranza italiana da parte dello Stato e di rendere più
semplice l'accesso ai documenti e alla cittadinanza, requisiti fondamentali per
una completa integrazione. Altro argomento più volte emerso è il ruolo
dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa nella difesa della minoranza rom e
sulla necessità di fare pressione sul governo italiano affinché si muova per
avere accesso ai fondi messi a disposizione dall'UE per l'inclusione sociale.
L'alta partecipazione da parte delle istituzioni e dalla cittadinanza al
Convegno realizzato dall'A.I.Z.O., oltre ad essere motivo d'orgoglio per
l'Associazione, rappresenta una speranza per un incremento dell'interesse della
popolazione maggioritaria nei confronti delle questioni che toccano il popolo
rom e per un rafforzamento della collaborazione tra associazioni rom e gagjè e
enti locali.
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