Segnalazione di Alberto Maria Melis
PartitoDemocratico.it
Ansia, disturbi del sonno e dell'attenzione. La situazione delle famiglie
rom in Italia nel rapporto di 'Associazione 21 luglio' e Centro europeo per i
diritti dei rom, su richiesta della Commissione diritti dell'infanzia delle
Nazioni Unite. "Negati i diritti a istruzione, abitazione, salute"
ROMA - Le famiglie e i minori rom in Italia vedono negati, giorno dopo giorno, i
propri diritti. Il diritto all'abitazione, prima di tutto, ma anche quello
all'istruzione, alla salute e a una vita dignitosa. Lo testimonia il rapporto
che "Associazione 21 luglio" e Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) hanno
redatto su richiesta della Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni
Unite. Il documento è stato presentato al Comitato per i diritti dell'infanzia (Crc)
nei giorni scorsi e ha avuto come prima conseguenza l'invio di una serie di
raccomandazioni al governo italiano, nelle quali il Comitato che si è detto
"seriamente preoccupato per le politiche, le leggi e le pratiche discriminatorie
nei confronti dei bambini in situazione di vulnerabilità".
Il rapporto, realizzato attraverso ricerche e monitoraggi sul campo, parla
esplicitamente di "condizioni abitative precarie" e di un "impatto negativo
degli sgomberi forzati", pratica tuttavia molto diffusa nelle città italiane. A
pagare il prezzo più alto sono i bambini, che "hanno gravi difficoltà, quanto
non ne sono completamente privati, ad esercitare il loro diritto all'istruzione,
alla salute, a un'abitazione dignitosa e alla protezione da discriminazioni,
abusi e sfruttamento". Parallelamente, i diritti dei genitori "in relazione alle
decisioni da prendere riguardo ai propri figli e all'assistenza sociale da
fornire loro sono sistematicamente violati". Il contesto italiano già in passato
ha suscitato un coro di critiche da parte delle istituzioni internazionali ed
europee, a partire dal Commissario uropa, del Consiglio d'to nette critiche da
parte delle istituzioni internazionali ed europee, come la commissione per i
diritper i diritti umani del Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, l'Ocse,
le Nazioni Unite e molte Ong.
Molto c'è da fare, quindi, per garantire la tutela dei diritti dei rom che
vivono in Italia. Innanzitutto, "migliorare le condizioni abitative e porre fine
agli sgomberi, in quanto pratica che influenza negativamente tutti gli aspetti
della vita", come si legge nelle raccomandazioni finali del rapporto. Per i
minori, l'appello è di lavorare sulle leggi "per garantire una piena e adeguata
protezione". In particolare, si chiede di stabilire quando il minore deve essere
considerato a rischio e di rendere obbligatoria la raccolta di dati disaggregati
per etnia e per altri fattori rilevanti. Per tutelare i genitori, invece, si
invita a "garantire supporto legale gratuito alle famiglie che rischiano di
perdere la custodia dei figli", prevedendo anche un'attività di prevenzione
dell'allontanamento. Infine di adottare un piano di protezione con misure
studiate per i rom italiani e non, non dimenticando le donne e le ragazze rom,
che devono essere incentivate a denunciare abusi e matrimoni forzati e precoci.
La vita all'interno di un campo mette a rischio non solo la salute, ma anche la
crescita di un bambino. Lo dice senza mezzi termini il rapporto di Associazione
21 luglio ed Errc, nel quale si avverte di un pericolo serio per l'infanzia rom.
Secondo alcuni studi, infatti, un'alta percentuale di minori che vivono nei
campi "sono inclini a disturbi d'ansia, fobie, disordini del sonno, disturbi
dell'attenzione e iperattività, ritardi nell'apprendimento. Tutti fattori che
possono portare, nell'adolescenza o in età adulta, a disordini ben più gravi".
Dal canto loro, le donne intervistate riferiscono di condizioni igieniche
pessime, di assenza di spazi personali e di tensioni tra gruppi rom e di altre
nazionalità. Senza contare che i campi spesso non sono serviti dai mezzi di
trasporto pubblici, rendendo difficile frequentare la scuola e aggravando la
marginalizzazione dei bambini. "Le difficoltà nell'ottenere i documenti e la
registrazione nei campi - si aggiunge nel rapporto - ostacolano il diritto
all'istruzione. Inoltre la mancanza di privacy e in generale le condizioni di
vita nel campo creano una barriera alla riuscita della scolarizzazione".
Una conseguenza di tutta questa precarietà è che i minori rom sono esposti, più
degli altri, al pericolo di allontanamento dai propri genitori e di inserimento
in istituti monitorati o case famiglia. I dati attestano che i rom rappresentano
circa il 10,4% di tutti i minori che vivono in queste strutture, anche se la
loro percentuale sul totale della popolazione italiana si ferma allo 0,23%.
Tutto questo è dovuto all'assenza di una politica uniforme che definisca quando
l'allontanamento è necessario: "Una lacuna che permette di fatto comportamenti
discriminatori in relazione alla valutazione dell'adeguatezza della situazione
familiare". Secondo i promotori del rapporto, poi, in queste sedi i minori non
trovano una "preparazione culturale e sociale adeguata" e si devono scontrare
con gli "stereotipi discriminatori di alcuni operatori, che danneggiano lo
sviluppo dei minori e il loro accesso all'istruzione". Anche per queste ragioni
è alto il fenomeno delle fughe.
Esiste poi una terza minaccia all'infanzia, passata per lo più sotto silenzio
perché erroneamente ritenuta "parte della cultura rom". Si tratta dei matrimoni
precoci e forzati che, tra le alte cose, mettono le giovani a rischio di
violenze domestiche e abusi. A questo si accompagna spesso il "test della
verginità": durante le ricerche condotte dall'Errc nel marzo 2011, il 65% delle
48 donne intervistate ha riferito di aver subito il test prima del matrimonio:
"Fallirlo – legge nel rapporto - si comporta il rifiuto da parte del marito e il
ritorno alla famiglia d'origine o trattamenti offensivi simili, come abusi
verbali, infedeltà, ostracismo dalla comunità". Tutte pratiche che "non solo
minacciano la salute e la dignità delle giovani donne rom, ma interferiscono con
la loro educazione e successivamente restringono la loro autonomia economica".
Rom: il volto violento del Piano nomadi
Articolo21 di Bruna Iacopino
Nico ha occhi profondi e riflessivi. Zaino in spalla, capelli neri come il
carbone, osserva attentamente e ascolta quello che i "grandi" hanno da dire. "Cosa vuoi fare da grande?". Mi guarda un po' titubante, pensando fra se, se
deve darmi o meno la risposta, poi sorride, timido "...il poliziotto". " Ma sul
serio vorresti fare il poliziotto? Nonostante tutto quello che vi è successo in
questi giorni? anche in questi giorni?"
Non fa una piega, abbozza di nuovo un sorriso e fa cenno di si. Nico ( che non
si chiama Nico nella realtà) di anni ne ha 12, e frequenta la seconda media in
un istituto scolastico della capitale. Dal 29 settembre, giorno in cui è stato
sgombrato con tutta la sua famiglia, si sveglia prestissimo, ogni mattina in un
posto diverso, per arrivare a scuola puntuale come se nulla fosse successo, come
un qualsiasi ragazzino della sua età. "E' un portento questo ragazzo" sussurra
chi lo conosce " nonostante tutto non ha perso un giorno di scuola."
Nonostante tutto... e il tutto in questo caso è un lungo elenco di sgomberi e
atti di vera e propria persecuzione subiti da una piccola comunità di rom
rumeni, nel contesto del vacuo e ormai sempre più lontano e controverso Piano
Nomadi di Roma. Ma procediamo per ordine.
A raccontare sono le vittime stesse facendo un excursus un po' confuso, tra le
varie tappe , e fermandosi sui dettagli, a volte pesanti da digerire per un
osservatore esterno.
La vicenda ha inizio il 29 settembre, quando una piccola comunità di circa
duecento persone viene sgomberata ad opera di Polizia e Vigili Urbani
dall'insediamento spontaneo sito in via Salaria proprio nelle adiacenze del
civico 971, l' ex-cartiera ora adibita a "centro d'accoglienza", le tende...
completamente distrutte, "tagliate" raccontano. Alcuni di loro avevano preso
parte all'occupazione simbolica della basilica di San Paolo. In mezzo, come
sempre, un numero considerevole di bambini, molti iscritti a scuola o in
procinto di iscriversi, sballottati da un campo all'altro, da un centro
d'accoglienza alla strada.
La soluzione proposta è sempre la stessa ad ogni sgombero: o donne e bambini
dentro i centri d'accoglienza, e uomini fuori, oppure rimpatrio assistito per
tutti, ipotesi che, per chi sta in Italia da 8-9 anni e ha figli che vanno a
scuola appare inaccettabile.
Inizia così l'odissea fatta di sgomberi ripetuti, almeno 4-5 nell'arco di pochi
giorni. Via Papiria, poi di nuovo via Salaria, il canalone di via di Centocelle,
Vigne Nuove, fino ad arrivare all'unica soluzione possibile: non si può stare
tutti insieme, bisogna frammentarsi in piccolissimi nuclei sul suolo urbano per
scongiurare l'ennesima irruzione da parte delle forze dell'ordine.
Helena ( anche questo è un nome di fantasia) ricorda... guanti neri infilati in
fretta per effettuare lo sgombero, sirene e volanti che li inseguono...
"trattati peggio degli animali" dice.
Ricorda il pianto disperato dei bambini e la paura: che fare adesso? Dove andare
a dormire stanotte?
Ricorda parole pesanti da ascoltare, indegne di un paese civile... " siete
peggio della spazzatura, potete anche stare nei cassonetti". Mentre lo dice la
sua faccia assume un'espressione incredula, come se aspettasse una risposta, una
spiegazione a tanto odio, gli altri ascoltano, annuiscono.
In Italia vive e lavora da 8 anni, lavoretti saltuari certo, ma che le hanno
permesso di far crescere e mandare a scuola i figli, facendole conquistare
l'affetto e la stima di insegnanti e dirigenti scolastici.
Qualcuno più fortunato come O. è riuscito a recuperare un vecchio camper e a
sistemarvi dentro le poche cose e la famiglia per intero. Ma anche quella rimane
una soluzione poco sicura. "Ogni giorno- mi dice O. che fa raccolta di metallo e
rame, o va a lavorare nei mercati- sistemo il camper in un posto diverso, perchè
a stare fermi nello stesso posto è pericoloso." Il suo terrore più grande è che
un giorno o l'altro qualcuno possa arrivare e portargli via i bambini.
Tutti attendono pazienti una risposta da parte dell'amministrazione o da
chiunque altro. Il freddo è in arrivo, non si può pensare di dormire per strada,
all'addiaccio, braccati.
In un comunicato diramato in questi giorni a puntare il dito contro le forze
dell'ordine, in riferimento agli episodi appena narrati, un gruppo di cittadini
( alcuni testimoni oculari di tutta la vicenda) riuniti nell'Assemblea Vertenza
Rom: "... condanniamo con forza l'abuso di potere da parte delle forze
dell'ordine, che durante le loro "operazioni di sgombero" non permettono a
nessuno di aprire bocca, non spiegano cosa stia succedendo, sbraitano contro le
persone ordinando di sparire, di disperdersi in fretta, ricorrendo anche a veri
e propri inseguimenti con le volanti... Uno dei rappresentanti istituzionali
sempre presente agli sgomberi di questi giorni ha commentato parole testuali : "
[fare gli sgomberi] è come tagliare l'erba del prato... il problema è a che
altezza si taglia" ..."
Gli sgomberi: violazione dei diritti umani e delle normative comunitarie
Durante la conferenza stampa tenuta nella mattinata di ieri da parte
dell'Associazione 21 luglio in occasione della presentazione del rapporto curato
in partenariato con l'ERRC (European Roma Rights Centre) per la Commissione dei
diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite un ampio capitolo è stato dedicato
proprio alla questione sgomberi e trasferimenti forzati, con focus sulle città
di Roma e Milano. Stando al rapporto "... da maggio 2010 a maggio 2011 a Roma
sarebbero stati effettuati 430 sgomberi, che avrebbero portato alla nascita di
256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella
Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom
coinvolte..."
Sgomberi, denuncia il rapporto, effettuati senza alcun preavviso e senza offerte
alternative se non lo smembramento del nucleo famigliare e costati dall'inizio
del Piano nomadi, come riferito dal presidente dell'associazione, ben 4 milioni
di euro. Sgomberi che andrebbero fermati, come andrebbe fermato e completamente
rivisto il cosiddetto Piano nomadi contestato a più livelli, e nei suoi vari
aspetti dal mondo dell'associazionismo e non solo.
Sgomberi che tuttavia continuano senza alternativa nonostante i molteplici e
ripetuti richiami anche da parte dell'Europa, non ultimo quello giunto a
settembre da parte del Commissario per i diritti umani del CoE, Thomas
Hammarberg in occasione della pubblicazione del rapporto stilato a seguito della
visita del 26 e 27 maggio 2011 in Italia, nel corso della quale ha discusso
della situazione della minoranza rom e dei migranti nordafricani.: " La
situazione dei rom e dei sinti in Italia- aveva dichiarato il commissario- resta
fonte di grande preoccupazione. È opportuno porre l'accento non sui
provvedimenti coercitivi, come le espulsioni e gli sgomberi forzati, ma
piuttosto sull'integrazione sociale e la lotta contro la discriminazione e l'antiziganismo"...
e ancora "È necessario migliorare la gestione dei reati di stampo razzista e
combattere i comportamenti abusivi, di tipo razzista, da parte della polizia. Il
dispositivo di controllo degli atti e dei reati a sfondo razzista dovrebbe
essere maggiormente flessibile ed attento ai bisogni delle vittime"...
E se l'ha detto Hammarberg... magari possiamo fidarci...
Sgomberi forzati dei rom: "una violazione sistematica dei diritti"
Affari Italiani Lunedì, 10 ottobre 2011 - 16:16:06
È una pratica molto diffusa, in Italia, quella degli sgomberi forzati. Solo a
Milano ne sono avvenuti 189 tra maggio 2010 e lo stesso mese del 2011, con una
frequenza in aumento. A Roma il conto è ancora superiore: sono stati 430 gli
sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo
periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un
totale di 1.800 persone rom coinvolte. Alla luce di questi dati, Associazione 21
luglio e Errc hanno voluto dedicare un focus nel loro rapporto, rinnovando la
richiesta di stop ai trasferimenti forzati.
"Le famiglie soggette allo sgombero frequentemente non ricevono un adeguato
preavviso e non vengono loro offerti alloggi alternativi" si spiega nel
documento, che raccoglie alcune testimonianze "sull'arbitraria distruzione delle
abitazioni e dei beni della famiglie". Sempre secondo il rapporto, "in alcuni
casi le autorità offrono un alloggio alle donne e ai bambini in ricoveri
temporanei, ma non offrono nessuna opzione alle famiglie per restare unite".
Quanto alle abitazioni di legno costruite dalle famiglie come dimora temporanea,
"possono mettere a rischio la salute, e perfino la vita, dei minori, come
avvenuto ".
Sulla situazione di Roma si sofferma il presidente dell'Associazione 21 luglio
Carlo Stasolla, che alla luce delle raccomandazioni del Crc chiede "alle
autorità locali l'immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei
trasferimenti forzati". E aggiunge: "Dall'inizio del Piano nomadi, i circa 430
sgomberi hanno comportato una spesa di circa 4 milioni di euro, producendo la
violazione sistematica dei fondamentali diritti dell'infanzia sanciti dalle
convenzioni internazionali". Perciò l'associazione chiede "una profonda
revisione del Piano nomadi affinché la costruzione e la gestione dei cosiddetti
‘villaggi attrezzati', in realtà spazi istituzionali di segregazione e di
esclusione sociale, possano essere sostituiti da reali ed efficaci azioni in
favore dei rom e dei sinti". Stasolla annuncia anche l'avvio di procedimenti
legali "qualora si ravvisino violazioni dei diritti umani, azioni
discriminatorie e abusi istituzionali".
Quanto a Milano, il rapporto mette in luce i quotidiani ostacoli burocratici che
impediscono ai rom l'accesso ai servizi: "Poiché bisogna avere un lavoro per
poter richiedere il permesso di soggiorno, molti rom non sono in grado di
ottenerlo. Senza un documento formale, poi, non è possibile iscrivere i figli
all'asilo". Inoltre, molti bambini non possono accedere ai sussidi garantiti ai
residenti di Milano, come libri e trasporti gratuiti. E i minori disabili senza
residenza non possono esercitare il proprio diritto all'assistenza speciale.
Allo stesso modo, "non è possibile accedere all'assistenza sanitaria perché
l'autorità locale (il comune di Milano) rifiuta di riconoscere il Testo unico
sull'immigrazione".