Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/11/2009 @ 09:07:13, in media, visitato 1577 volte)
Ricevo e porto a conoscenza
Salve,
seguiamo con interesse il vostro blog e vorremmo segnalarvi il sito
www.theforgotten.eu,
che ci piacerebbe fosse segnalato come link nel vostro sito.
Il nostro progetto “I dimenticati tra I dimenticati” (a cui il sito si
riferisce) è promosso dalla branca italiana del Servizio Civile Internazionale
(SCI) insieme al Centro Europeo di Studi sulla Discriminazione di Bologna (CESD)
e allo SCI Romania. E’ sostenuto dalla Commissione Europea nell’ambito del
programma “Citizenship”.
Il progetto è incentrato sul ricordo della persecuzione nazi-fascista contro le
persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) e contro il popolo Rom.
L’intento di questo progetto è quello di contribuire a ricordare ciò che è
accaduto a coloro che sono stati perseguitati ma che raramente vengono
menzionati come vittime del nazi-fascismo. Attraverso il ricordo, il nostro
obiettivo è anche quello di aiutare a riflettere sulla attuale situazione di
discriminazione delle persone LGBT e Rom, contribuendo così a costruire la
coesione futura.
Il progetto proseguirà nel corso del 2010, con una serie di eventi e iniziative
per riscoprire i luoghi che furono campi di concentramento di persone rom
durante la seconda guerra mondiale.
Un saluto,
Elena Cavassa
Servizio Civile Internazionale
Di Fabrizio (del 19/11/2009 @ 11:50:02, in Italia, visitato 3361 volte)
Corriere.it (c'è anche un servizio fotografico sullo sgombero)
19 novembre 2009 - Gli agenti hanno fatto uscire le famiglie dalle loro
baracche. Inutile la fiaccolata di mercoledì sera - il consigliere Gentili:
«Provo vergogna come amministratore e cittadino»
MILANO - E' scattato all'alba lo sgombero del campo rom nell'area ex Enel
di via Rubattino a Milano. Le famiglie sono state buttate giù dal letto dagli
agenti di polizia, carabinieri e polizia locale in tenuta antisommossa e hanno
dovuto lasciare le loro baracche. Inutile la fiaccolata organizzata mercoledì
sera da alcune associazioni del quartiere e dalle maestre dei bambini per
scongiurare il blitz. Nel campo, le presenze di nomadi erano passate negli
ultimi mesi da circa 50 a oltre 150, anche in seguito agli arrivi dovuti agli
sgomberi di altri campi irregolari. «La proprietà ha già iniziato i lavori di
smantellamento e messa in sicurezza della struttura», mentre «i servizi sociali
hanno offerto a donne e bambini l'accoglienza nelle strutture comunali», spiega
il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, che ricorda come con questo
sgombero «il 166esimo, restituiamo alla città un'altra fetta abbandonata al
degrado».
QUARANTA BAMBINI A SCUOLA - Dure le prime reazioni: «Mentre l'assessore
Moioli celebra l'anniversario della Carta dei diritti all'infanzia - affermano i
consiglieri comunali David Gentili (Pd) e Patrizia Quartieri (Prc) - in via
Rubattino l'esperienza di integrazione di 40 bambini nelle scuole del quartiere
viene calpestata dalle ruspe. Uno sgombero che è una vergogna per Milano. Si fa
propaganda politica sulla vita dei bambini». «Alle porte dell'inverno, dopo le
mobilitazioni del quartiere e delle insegnanti delle scuole che ospitano i
bambini, pensavo, ingenuo, che ciò non sarebbe accaduto - prosegue Gentili -.
Non c'è limite all'utilizzo della vita delle persone per fare propaganda
politica». Di «ennesima violazione di diritti fondamentali», parla
l'associazione Naga.
ANCHE A SESTO - Intanto, è stato sgomberato dalle forze dell'ordine anche
il campo rom di via Luini a Sesto San Giovanni, nell'hinterland milanese. A
comunicarlo e il capogruppo del Pdl in Comune Antonio Lamiranda che accusa però
l'Amministrazione di centrosinistra di «nulla aver fatto per tutelare quei
cinque o sei bimbi che vivono in condizioni inumane». Lunedì scorso, durante un
vertice a Palazzo Marino, Lega e Pdl hanno fatto la pace su una delle questioni
che in passato ha diviso la maggioranza, fissando in mille il «tetto» dei nomadi
presenti in città, tetto da raggiungere entro il 2011. I nomadi, a quanto
deciso, dovranno essere inseriti in campi rom regolari e che, in prospettiva,
sono destinati a diventare per lo più spazi di transito.
NOTIZIE CORRELATE
«A Milano non più di mille rom»
Nelle ultime settimane sembra tornata di attualità la cosiddetta
“questione rom”. Come è accaduto in altri casi anche recenti, attorno alle
minoranze rom e sinte si coagulano gli allarmi caratteristici delle politiche
emergenziali e securitarie: ma stavolta, ci sembra, si sta facendo un
preoccupante “salto di qualità”. Quasi che dalle parole minacciose si stesse
passando ai fatti concreti.
A Cosenza, il Prefetto emana un ordine di espulsione per un gruppo di rom
rumeni: un gruppo che, ad avviso del rappresentante del Governo, costituisce una
“una minaccia concreta, effettiva e grave all’incolumità pubblica”. Cosa hanno
fatto di tanto grave queste persone? Vivono in campi e in baracche, non hanno un
lavoro né una dimora stabile. Tutto qui: il provvedimento del Prefetto non
aggiunge altro. I rumeni, quindi, rappresentano una minaccia perché sono poveri,
privi di mezzi di sostentamento. Mai in Italia l’equiparazione tra poveri e
“categorie pericolose” era stata formulata in modo così netto, senza pudori né
giri di parole.
A Roma, all'alba dell'11 novembre, le forze dell’ordine sgomberano le famiglie
rumene dal campo Casilino 700. Nell’operazione sono coinvolte la Polizia di
Stato, l’esercito, i vigili urbani e la Protezione Civile: un dispiegamento di
forze evidentemente sproporzionato rispetto alla situazione. Baracche, tende ed
effetti personali dei rom vengono distrutti dalle ruspe, mentre una ventina di
capifamiglia sono tratti in arresto, nonostante non si sappia di cosa siano
accusati.
Colpisce la tempistica di questi due episodi: nel giro di pochi giorni, un
rappresentante del Governo e un Sindaco schierato con la maggioranza
berlusconiana lanciano una campagna di aggressione contro una minoranza fragile
e discriminata. Il copione non è molto diverso da quello cui abbiamo assistito
altre volte in questi anni: una coalizione politica in crisi di consenso cerca
di rilegittimarsi indicando un facile “capro espiatorio”, un “bersaglio” su cui
scaricare le ire dei cittadini.
Così l’Italia del Governo Berlusconi dichiara guerra ai rom. Indica il “pericolo
pubblico” in una minoranza di 170 mila persone, per metà donne, per metà
bambini, per metà cittadini italiani. La guerra ai più deboli sta diventando la
cifra della nuova Italia guidata dal centro-destra.
Intanto, altri eventi contribuiscono a creare un clima favorevole a queste
scelte del governo.
Ad Alba Adriatica, vicino Teramo, un episodio tragico, un brutto fatto di sangue
diventa il pretesto per criminalizzare un’intera comunità. Il colpevole è un
rom, dunque tutti i rom sono colpevoli: questa è l’operazione condotta in modo
spregiudicato da una parte della stampa e dei mass-media del nostro paese.
A Pisa l’amministrazione comunale – guidata dal centro-sinistra - decide di
chiudere il programma “Città Sottili”: interrompe cioè uno dei tentativi più
avanzati in Italia di superare i “campi nomadi”, e di garantire ai rom il
diritto alla casa (perché, contrariamente a un diffuso pregiudizio, i rom non
vogliono abitare nei campi-ghetto in cui sono stati confinati).
Il Comune di Pisa lancia così un segnale in sintonia con le scelte del Governo
Berlusconi: un brutto segnale di “trasversalità” politica, proprio quando invece
sarebbe importante affermare e praticare scelte politiche e culturali
differenti.
Questi episodi disegnano, nel loro insieme, un mosaico inquietante, che deve
preoccupare tutti. Si sta consolidando in Italia una vera e propria “guerra ai
rom”. Finora teorizzata ed evocata, parzialmente praticata (come nel caso del
censimento dei bambini rom nell’Estate 2008), ma mai attuata con espulsioni e
allontanamenti sistematici. Il rischio è che gli episodi di questi ultimi giorni
rappresentino un drammatico “salto di qualità” in questo senso.
Per aderire:
sergiobontempelli@interfree.it
Di Fabrizio (del 20/11/2009 @ 09:42:44, in Regole, visitato 1501 volte)
NEWS (Osservatorio razzismo) - 19-11-2009
Razzismo, divieto di comizi per il sindaco Tosi
Verona, la pena accessoria della Cassazione alla condanna per l’offesa ai
sinti: niente interventi pubblici per tre anni
la Repubblica (edizione cartacea), giovedì 19 novembre 2009
PAOLO BERIZZI
VERONA - Tosi come Gentilini. Dopo la condanna (istigazione al razzismo)
inflitta al fumantino vicesindaco di Treviso, tocca ora al primo cittadino
leghista di Verona subire l’onta e le conseguenze di un provvedimento definitivo
(propaganda razzista) per i suoi eccessi contro gli immigrati. In questo caso i
cittadini sinti che nel 2001, con una campagna muscolare fatta di slogan
martellanti, Tosi voleva cacciare dalla città che oggi amministra. Anche per
lui, oltre a due mesi di reclusione (pena sospesa), i giudici hanno stabilito,
in via definitiva, il divieto di partecipare a comizi politici per tre anni. Una
pena accessoria di fatto congelata, ma che - sul piano politico - fissa dei
paletti.
È tutto contenuto nelle motivazioni, depositate il 30 ottobre, della sentenza
della Corte di Cassazione. Dieci pagine nelle quali si fa riferimento al reato
per il quale Flavio Tosi è stato punito: «Propaganda di idee fondate sulla
discriminazione e l’odio razziale». L’inciampo del sindaco veronese, pupillo del
ministro degli Interni Maroni, risale al 2001. Assieme alla sorella Barbara e ad
altri quattro dirigenti della Lega (tutti condannati, tra loro il deputato
Matteo Bragantini e l’assessore comunale Enrico Corsi) Tosi diffuse dei
volantini con scritte tipo «Firma anche tu per cacciare i sinti», «Sgombero
immediato! Via gli zingari da casa nostra», e dichiarazioni stampa come «dove
arrivano loro ci sono i furti». Che quei sinti accampati nel quartiere di Borgo
Venezia fossero iscritti all’anagrafe e veronesi da generazioni, al gruppo
capeggiato da Tosi importava niente. Sollevate barricate contro i campi nomadi,
lanciate petizioni per farli sloggiare, promesso che la Lega ne avrebbe impedito
l’insediamento «in qualsiasi altra area del territorio», Tosi, dopo gli esposti
di un gruppo di associazioni antirazziste, si trovò a dover rispondere di tutto
questo in tribunale: non smentì nulla. Si giustificò dicendo che la sua era una
battaglia per il ripristino della legalità. Il processo istruito dal procuratore
di Verona, Guido Papalia, culminò con una condanna in secondo grado a due mesi
di reclusione. La Cassazione, inizialmente, annullò con rinvio la condanna,
sentenziando, in sostanza, che se sono ladri è legittimo discriminare i nomadi
(«La discriminazione per l’altrui diversità è cosa diversa da quella per
l’altrui criminosità»). Poi però è arrivato il giudizio definitivo. Che inchioda
Tosi ad un comportamento «non rivolto al ripristino della legalità quanto alla
discriminazione». Federica Panizzo e Lorenzo Picotti sono i legali dei sinti
costituitisi parte civile. «Dopo otto anni - dicono - si mette la parola fine su
un processo nel quale è emersa tristemente l’attualità e la pericolosità di un
"razzismo contemporaneo" che, anche per il solo fatto di essere propagandato
pubblicamente, è in grado di scalfire la pacifica convivenza dei cittadini.
Tutti, senza distinzioni».
La risposta su
Libero-News
Verona, 19 nov. (Adnkronos) - ''Ho dato incarico ai miei legali di querelare
il giornalista Paolo Berizzi del quotidiano la Repubblica per l'articolo
pubblicato oggi con il titolo ''Razzismo, divieto di comizi per il sindaco Tosi,
corredato da un occhiello che dice ''niente interventi pubblici per tre anni''.
Tutti sanno, tranne Berizzi che volutamente ignora la realta' dei fatti, che non
esiste nei miei confronti alcun divieto di comizi o alcuna limitazione di
interventi pubblici, tant'e' che ne faro' uno anche domattina in un'emittente
televisiva nazionale (Mattino 5, La Telefonata con Maurizio Belpietro)''. Lo
annuncia, in una nota, il sindaco di Verona, Flavio Tosi'.
''D'altra parte, a Verona, si e' gia' avuto modo di notare quanto poco accurato
e scrupoloso sia il signor Berizzi nelle sue cronache, specie riguardanti la
nostra citta': in un suo libro ha persino sbagliato, tra le tante cose, la data
dell'uccisione del giovane veronese Nicola Tommasoli'', conclude Tosi.
Su
http://www.cestim.it/ potete leggere il testo integrale della Motivazione
della Sentenza, e il commento degli Avvocati di parte civile.
Di Fabrizio (del 20/11/2009 @ 15:32:31, in Italia, visitato 2843 volte)
Un breve resoconto che ho scritto con rapidità, indignato dalle dichiarazioni
della Moioli:
Tommaso Vitale, Dipartimento di Sociologia e della Ricerca Sociale -
Università di Milano Bicocca
19/nov/09: Non è certo il primo sgombero a cui assisto. Questa mattina alle
5.45 in
via Rubattino c’erano già alcuni uomini che uscivano per andare a
lavorare nei cantieri. Non credevano sarebbe arrivato lo sgombero, proprio oggi.
C’era già Stefano, della Comunità di S. Egidio, presente, ben più sveglio di me.
Capace di parlare con tutte le persone della baraccopoli, conoscendole una a
una. C’era già anche un cittadino del quartiere, in pensione, che abitualmente
accompagna i bambini a scuola, organizzando una sorta di piedibus in cui bambini
rom e gagi si tengono per mano. Alle 6.00 sono iniziate a uscire le prime
famiglie che hanno preso sul serio la notizia dello sgombero. Solo coppie senza
figli, più rapide e capaci di “prendere su” le proprie cose e cercarsi un’altra
sistemazione. Per chi ha figli, spostarsi è ben più difficile. Pian piano tutti
hanno iniziato a svegliarsi e uscire. Forse 250 persone, probabilmente di più.
Almeno 80 bambini. Pian piano sono arrivati anche altri gagi: Elisabetta e tante
persone della Comunità di S. Egidio, Greta, Valerio e tanti da Segnavia -
l’associazione animata dai padri Somaschi -, Fabio, Lavinia e tanti altri del
Naga, e poi le maestre delle scuole elementari del quartiere, alcuni genitori,
Vincenzo e le persone del circolo Acli di Lambrate, Patrizia Quadrelli -
consigliera comunale di Rifondazione - e David Gentili - consigliere comunale
del PD. E poi i giornalisti, Repubblica, Corriere, Radio Popolare. Un sacco di
persone, e non solo delle associazioni coinvolte abitualmente nel Tavolo Rom.
Tanti cittadini ordinari, a testimonianza dei legami forti creati nel quartiere.
Le persone sono arrivate così presto alla mattina, forse anche senza credere
veramente allo sgombero. Quasi per rassicurare e rassicurarsi. In una delle
prime mattine un po’ fredde, con una pioggerellina intermittente.
Alle sette di mattina eravamo già tutti lì. Convocati da sms rapidi, e-mail
veloci poche ore prima, fra le 18.00 e le 21.00 del giorno precedente - “pare
che sia veramente domani lo sgombero... appuntamento in via Rubattino”. Poi è
sorto il sole, alle 7.20. E alle 7.30 sono arrivate le ruspe. Alle 7.40
l’esercito (polizia di stato e carabinieri) e la polizia locale. La normativa
internazionale prevede che non possa essere fatto uno sgombero in assenza di
alternative abitative. Prevede anche che debba essere data una notifica
individuale ai maggiorenni. Né l’uno, né l’altro vincolo è stato rispettato .
Prevede anche molte altre cose, come si può leggere nel dettaglio nei tanti
documenti del Tavolo Rom di Milano (vedi:
Documento Tavolo Rom - Politiche e
interventi possibili per i rom e i sinti a Milano2.rtf ).
Più di trecento persone si sono viste distruggere ogni effetto personale che non
sono riusciti a portare subito via con sé. Materassi, letti... tutto è stato
distrutto.
Il Comune non ha predisposto alcuna alternativa abitativa per le persone. De
Corato ha fatto girare dei comunicati stampa con una frase non rispondente alla
realtà: “i servizi sociali hanno offerto a donne e bambini l'accoglienza nelle
strutture comunali”. Solo a cinque donne con figli è stato data l’opportunità di
andare in Comunità mamma con bambino, 3 a Monza, 2 a Milano. Ma altre 40 donne
hanno fatto richiesta, per iscritto, al Comune. Gli è stato detto, noi presenti,
che potevano essere accolti solo bimbi fino ai 7 anni, dagli 8 in sù sarebbero
stati allontanati e messi in Comunità senza i genitori. 67 adulti maschi hanno
fatto richiesta per usufruire delle strutture dell’accoglienza freddo, ma è
stato detto loro di andare in stazione centrale, fare richiesta e mettersi in
lista di attesa (che consta già di 160 persone). Moltissime coppie di genitori,
poi, non hanno accettato di separarsi e hanno chiesto aiuto per trovare una
dimora, hanno chiesto di preservare la loro unità familiare. Nessuna mamma,
anche di quelle che avrebbe accettato di separarsi dal marito ha accettato però
di separarsi dai bimbi con più di sette anni.
Le associazioni del Tavolo Rom, per voce del segretario generale della Camera
del Lavoro metropolitana di Milano, Rosati, hanno sentito il Prefetto. Hanno
parlato con voce unica, hanno chiesto spiegazioni per questo comportamento
sconsiderato. Il Prefetto ha risposto di aver ricevuto dal Comune di Milano
un’assicurazione preventiva allo sgombero che tutti i bambini avrebbero trovato
accoglienza con i loro genitori. Non è avvenuto. Il dirigente del Comune di
Milano presente non aveva alcun piano di accoglienza se non per 5 mamme. Le
pressioni sul Sindaco e sul Prefetto hanno portato lo stesso dirigente, che si
era già allontanato, a tornare e prendere ulteriori richieste, senza però nulla
garantire. Non vi è la disponibilità politica di mettere a disposizione le
strutture di emergenza della protezione civile ubicate in via Barzaghi. Non vi è
disponibilità ad ampliare i posti dell’emergenza freddo. Nel dormitorio di viale
Ortles non possono entrare mamme con bambini, forse potrebbe trovarvi posto una
(!) donna senza figli.
Il Cardinale, pastore della chiesa ambrosiana, è stato avvisato, e più persone
gli hanno dato un racconto dettagliato: non ha caso le sue parole sono state
forti e precise nel pomeriggio: “Chi ha alte responsabilità deve ascoltare
l’invocazione che viene da tante forme di miseria, ingiustizia e solitudine. A
vincere deve essere sempre la dignità dell’essere umano. La miseria non sia
zittita, ma piuttosto ascoltata per essere superata”.
Le principali organizzazioni per i diritti umani sono state informate, e stanno
scrivendo e facendo pressione sull’amministrazione. Tutti si chiedono che
urgenza ci fosse nell’effettuare uno sgombero così radicale proprio ora, alle
porte dell’inverno. Tutti si chiedono perché lo sgombero è stato effettuato
proprio oggi. Perché oggi non è un giorno ordinario per la Giunta milanese.
Questa mattina nell’aula consiliare di Palazzo Marina veniva celebrata una
giornata ben precisa.
Mentre si distruggeva una baraccopoli senza proporre alcuna alternativa a 300
persone, l’assessore alla Famiglia (!) Mariolina Moioli festeggiava nell’Aula
Consiliare di Palazzo Marino la XX Giornata internazionale dei Diritti
dell’Infanzia.
Visto che queste grandi operazioni con centinaia di poliziotti non sono
organizzate da un giorno per l’altro, questa mattina eravamo come attoniti nel
pensare che l’Assessore alla Famiglia abbia potuto pianificare per la stessa
giornata, negli stessi orari, di festeggiare i diritti dell’infanzia e di
lasciare 80 bambini su un marciapiedi. Attoniti, non perché ingenui, attoniti
non perché di primo pelo. Stupefatti dalla arroganza dell’amministrazione
nell’esercizio del potere, che forse non teme nemmeno la critica.
Questa mattina, nelle tre scuole elementari del quartiere era previsto per i
bambini di festeggiare la XX Giornata internazionale dei Diritti dell’Infanzia.
I bambini si sono preparati, hanno studiato la Carta dei diritti dell’infanzia.
E oggi hanno scritto delle lettere al sindaco di Milano. Hanno chiesto
spiegazioni per l’assenza dei loro compagni di scuola. Hanno chiesto spiegazioni
del mancato rispetto dei fondamentali della Carta. Hanno chiesto come mai questo
possa avvenire proprio oggi.
Ancora una volta, mi sembra che non sia tempo sprecato ribadire con grande forza
che i rom appartengono alla comune umanità. Che l’infanzia rom è l’infanzia
umana. Che un trattamento differenziale lede la nostra Costituzione.
Ancora una volta, mi sembra che ribadire l’appartenenza dei rom alla comune
umanità sia troppo poco, un orizzonte imprescindibile ma solo morale. Occorre
abbinare a questo anche una progettualità politica, che riconosca parola e
dignità a queste persone, che con loro pensi percorsi incrementali di
inserimento e autonomia possibile. Nonostante il dolore, non resteremo senza
parole e capacità di proposta politica.
PS:
Senza ritegno, l’assessore Moioli ha dichiarato “Gli operatori dei Servizi
Sociali - prosegue l’assessore Moioli - , d’intesa con la Prefettura e le realtà
del privato sociale, si stanno già occupando di mamme e bambini attraverso un
progetto condiviso, elaborato negli scorsi giorni: a tutti è stata offerta la
possibilità di essere ospitati presso strutture d’accoglienza, ma solo sei
famiglie hanno accettato il ricovero il comunità”. E ha precisato: “Tengo a
ribadire che a tutti i 61 nuclei familiari che vivevano in quel campo è stata
offerta un'opportunità di accoglienza e che l'attenzione dei nostri operatori è
stata massima, in particolar modo per i bambini e per le loro mamme”. Con che
coraggio si può dichiarare una cosa del genere dopo aver messo a disposizione
solo cinque posti in Comunità?
Arrivata la notte, e il freddo. 6 uomini adulti hanno trovato accoglienza alla
Casa della Carità, una dozzina di famiglie in tre parrocchie del quartiere e in
un’altra struttura di accoglienza. Ovviamente per pochi giorni. Più di duecento
persone sono restate senza un tetto sopra la testa. Somaschi e comunità di S.
Egidio questa sera hanno distribuito almeno 170 coperte. Prima a bambini, donne
incinte e persone anziane. Nemmeno le coperte sono state messe a disposizione
dalla protezione civile.
Di Fabrizio (del 21/11/2009 @ 09:33:27, in Europa, visitato 1696 volte)
Da
Roma_Daily_News
Bratislava, 16.11.2009, 07:07, (ROMEA/RPA)
Le elezioni regionali di domenica hanno visto la vittoria della coalizione
governativa di sinistra, guidata dal partito Směr-SD di Robert Fico. I
candidati romanì con più successo hanno partecipato nella regione di Prešov per
il Partito Coalizione Rom (Strana romské koalice - SRK). Riporta Roma Press Agency (Romská tisková agentura
RPA - www.rpa.sk) che soltanto Miroslav Daňo è stato eletto nel parlamento
regionale, con 2.491 voti nel distretto di Vranov
nad Topl'ou.
Ladislav Čonka (SRK) ha perso per pochi voti, con 2.273 in due
collegi dietro altri candidati eletti a Vranov. Štefan Kali (SRK) ha ricevuto
2.022 voti e Alfonz Kali (SRK) 1.988 voti. Il seggio di Daňo è quindi
l'unico ottenuto dall'SRK, anche se ha schierato un totale di 57 candidati nelle
regioni di Banskobystrický,
Košice e Prešov.
Iniziativa Rom di Slovacchia (Romská iniciativa Slovenska - RIS) aveva
candidati al parlamento regionale e tre candidati per le amministrative
regionali, tutti senza successo. A Košice, Jozef Červeňák concorreva
per il RIS come amministratore ed ha ricevuto 5.363 voti (4,1%). Il candidato
vincente, Zdenko Trebul'a, ha ricevuto il 60,25%. Soltanto il 22,93% dei votanti
registrati si sono presentati al voto.
A Prešov, si è presentato alle urne il 26,31% dei votanti registrati, dove il
candidato del RIS Radoslav Ščuka ha ottenuto 3.223 voti (2,13%). Il RIS
presentava un candidato anche nella regione di Banskobystrický, ottenendo 2.499
voti (1,84%). RPA riporta che l'affluenza al voto è stata del 27,06%.
ROMEA, RPA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Segnalazione di Marcel Costache
Martedì 24 novembre, ore 21,
Teatro Dal Verme,
Via San Giovanni sul Muro, 2 - 20121 Milano (Lombardia) 02 87 905 - ingresso 8 euro
Torna La Notte di San Lorenzo che, dopo un periodo di pausa per l'abbandono
"forzato" di Cascina Monluè, presenta una produzione Arci, in collaborazione con
il Consolato Ungherese e con il contributo del Comune di Milano - Assessorato
alla Cultura. Un progetto-kermesse che vede tre dei maggiori gruppi gipsy
ungheresi unirsi sulla scena con OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT, una straordinaria
serata-evento il 24 novembre al Teatro Dal Verme alle ore 21, ingresso 8 euro.
La serata sarà al contempo un grande omaggio alla musica popolare e anche,
ricorrendo il XX anniversario dalla caduta del muro di Berlino, una serata
dedicata alla nuova Europa, inizio di un percorso musicale tematico per i futuri
anni, con un omaggio alla musica gitana d'Ungheria.
La Notte di San Lorenzo nella sua lunga storia è stata sempre sensibile al tema
delle musiche sviluppatesi nei luoghi di confine, centri di incontri e di scambi
culturali e mercantili, presentando ad esempio le musiche Tuareg, quelle dei
popoli della Via della Seta, del Rajasthan e di numerose altre culture e società
in movimento.
OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT
E' un progetto che vede in scena contemporaneamente tre dei più noti gruppi
musicali gipsy Olah d'Ungheria: i Romano Drom, La Szilvasi Gipsy Folk Band e i
Ternipe. Si tratta di uno spettacolo unico interpretato da 15 elementi tra
cantanti, musicisti e danzatori testimoni viventi delle millenarie tradizioni
culturali e musicali gitane.
In un'unica e trascinante serata, si mescoleranno la tradizione Olah più
rigorosa dei Romano Drom, noti per il virtuosismo nell'utilizzo della voce come
trascinante strumento ritmico, intercalato dagli strumenti a percussione,
ottenuti con oggetti di uso quotidiano (le lattine del latte, i cucchiai di
legno); i bassi della nota Szilvasi Gipsy folk band (quest'ultima raccoglie più
tradizioni musicali) ottenuti per onomatopea vocale, tecnicamente szajbojozes,
con le sezioni a pizzico; gli orchestrati dei violini dei Ternipe con l'uso
pizzicato delle chitarre e il percuotere dei loro danzatori sul proscenio.
La musica Olah
Gli Olah sono uno dei gruppi etnici gitani meno noti. Per lo più si trovano in
Ungheria e la loro musica si distingue dagli altri stili gitani. Il loro nome
etnografico è gitani Valch e corrisponde alla loro origine geografica, la
Valachia regione della Romania. In Ungheria sono conosciuti come Olah: antica
parola rumena . Il gruppo più numeroso è rappresentato dai Lovar che molto tempo
fa erano commercianti di cavalli; alcuni, venditori ambulanti altri, mercanti di
ferraglie e cestinai. Al contrario della maggior parte dei gitani essi non
intrattenevano relazioni con altre popolazioni e questo ha permesso alla musica
di mantenere una sua antica originalità. La loro musica basata su voci e
percussioni, rimase confinata nella loro comunità etnica fino agli anni 50'.
Solo negli anni '70 la musica gitana Olah si affaccia sul panorama
internazionale.
Il progetto Olah Gipsy AllStars vuole essere voce della musica gitana Olah da
quella più tradizionale fino al nuovo stile sviluppatosi recentemente. Il
progetto parte dall'iniziativa di due musicisti che crearono l'"Athe Sam" gipsy
festival a Budapest nel 2007: Antal Kovacs dei Romano Drom e Istvan Szilvasi
della Szilvasi Gipsy Folk Band chiesero ad amici e leader di altri gruppi di
Budapest per suonare insieme. Hanno ripetuto l'esperienza giungendo fino allo
Sziget Festival e al Castle festival di Budapest.
La formazione
Antal Kovacs: voce, chitarra
Mate Kovacs: percussioni
Rafael Zsigmond: danza, scats, kanna
Jozsef Balogh: voce, chitarra
Matild Dobi: voce, danza
Szerena Baxtai: voce, danza
Robert Farkas: violino, fisarmonica
Bela Lakatos: voce, kanna
Istvan Farkas: voce, mandolino
Istvan Szilvasi: voce
Peter Csordas: basso
Attila Csavas: sassofono, tarogato
David Csizmadia: tromba
Balazs Vajna: VJ
L'evento su
Facebook
Di Fabrizio (del 21/11/2009 @ 23:40:53, in Italia, visitato 2249 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
di Zita Dazzi
Stefania Faggi insegna da quasi quarant'anni a Milano ed è ancora piena di
entusiasmo nel suo lavoro. È stata lei la prima nel quartiere dell’Ortica ad
aprire le porte di casa a una dei rom sgomberati dall’ex fabbrica di via
Rubattino
«Non avrei mai potuto tornare a casa, a dormire nel mio letto, se Cristina
fosse rimasta in strada. Non avrei chiuso occhio pensando a lei e alla sua
famiglia sotto il ponte, al freddo. Perché l’ho fatto? Che senso ha questa
domanda? Non sarei una persona normale, sarei un essere disumano se non mi
fossi portata quella bambina a casa e se non avessi cercato un posto anche per
la sua famiglia». Stefania Faggi fa la maestra da quasi 40 anni ed è ancora
piena di entusiasmo nel suo lavoro. È stata lei la prima nel quartiere
dell’Ortica ad aprire le porte di casa a una dei rom sgomberati giovedì mattina
dall’ex fabbrica di via Rubattino.
«E non chiamatemi eroina — si raccomanda — perché io ho fatto ciò che avrebbe
fatto qualunque persona con una coscienza, di fronte a quella famiglia rimasta
senza niente». Di quei rom romeni lei sa il poco o nulla che si può conoscere in
due mesi di scuola, tanti sono i giorni che Cristina ha fatto nella quarta B
della scuola elementare Elsa Morante in via Pini. «So che è Cristina una bambina
come le altre, con tanta voglia di imparare e di stare tranquilla. So che sua
madre la mandava a scuola pulita e profumata tutti i giorni, anche se viveva in
quel campo senza acqua e senza servizi. So che sono persone per bene e che la
prima volta che Cristina è stata invitata alla festa di un compagno di classe
sua madre, con i pochi soldi che hanno a disposizione, ha comperato un mazzo di
fiori da regalare ai padroni di casa».
La maestra Stefania si è affezionata in fretta a quella bambina di dieci anni,
alla sua famiglia composta dai genitori e da altri tre bambini. Le sono bastati
pochi gesti, poche parole. «Io so che la mamma di Cristina, come tutti i
genitori della scuola, veniva a fare i colloqui con noi maestre, e voleva sapere
se la bambina studiava e si comportava bene. Ovvio che Cristina si comporta
bene, è una ragazzina intelligente e piena di dignità. La terrò con me, nel mio
monolocale che condivido con un gatto e con un cane, fino a quando non si
troverà una soluzione migliore. Nel fine settimana è stata invitata a dormire a
casa di un compagno di classe, perché io devo andare ad assistere una parente
anziana ammalata, ma da lunedì tornerà da me».
Durante lo sgombero Cristina ha perso tutto. Anche lo zaino della scuola, i
quaderni, l’astuccio. Ma la maestra Stefania ieri mattina, prima di riportarla
in classe, le ha ricomprato tutto. E i genitori degli altri alunni, le hanno
ricomprato un zaino nuovo, all’ultima moda, che Cristina ha molto apprezzato.
Stefania non ha dubbi sulla sua scelta. «Io non ho paura dei rom, non l’ho mai
avuta. Ho paura, come tutti, dei ladri e degli assassini, ma quelli possono
essere anche italiani. So che molte delle famiglie di via Rubattino sono
famiglie oneste. Certo, molto povere, abituate a vivere in condizioni di grande
disagio e degrado. Ma nessuna di loro lo fa per scelta. È una questione di
necessità: hanno vissuto molti sgomberi e nonostante questo non si arrendono.
Continuano a cercare di integrarsi».
Non è isolata la maestra Stefania. Almeno altre tre sue colleghe hanno fatto la
stessa scelta e anche alcune famiglie della scuola si sono portate a casa parte
degli zingari sgomberati da via Rubattino. «Non ci siamo nemmeno messi
d’accordo. È stata una decisione spontanea, presa a tarda sera, quando ci siamo
accorti che dalle istituzioni non sarebbe venuto alcun aiuto».
Di Fabrizio (del 22/11/2009 @ 09:27:09, in Italia, visitato 2714 volte)
del Sen. Roberto Della Seta (PD)
Premesso che:
Amnesty International ha espresso preoccupazione e contrarietà per lo sgombero
forzato del campo "Casilino 700" di Roma (leggi
QUI ndr), nel quale vivevano circa 400 persone di etnia rom, avvenuto lo
scorso 11 novembre 2009. Nell'appello, l'organizzazione per i diritti umani
sollecita il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e il sindaco Gianni Alemanno ad
assicurare che a tutte le famiglie sgomberate sia fornita una sistemazione
alternativa come soluzione di emergenza e sia accordato un risarcimento per
tutti i beni che sono stati distrutti durante lo sgombero forzato; Inoltre,
Amnesty International ricorda che "gli sgomberi forzati, eseguiti senza
protezioni legali o di altro tipo, sono proibiti dal diritto internazionale in
quanto grave violazione dei diritti umani, in particolare del diritto a un
alloggio adeguato". Secondo quanto riferito dalle Organizzazioni non governative
(Ong) e dai mezzi d'informazione, all'alba dell'11 novembre 2009 circa 150
agenti di polizia hanno sgomberato le famiglie dal campo di via di Centocelle,
nella parte est della Capitale. Tutti gli accampamenti della comunità sono stati
distrutti e circa 20 rom sono stati arrestati, nonostante non si sappia di cosa
siano accusati; le Ong locali, tra cui Legambiente Lazio, affermano che la
comunità nomade non ha ricevuto alcuna notifica dello sgombero forzato né è
stata consultata, e che il Comune di Roma ha offerto rifugi per brevi periodi
solo ad alcune donne e ai bambini piccoli, nei dormitori dei senza tetto di
Roma. In base alla legge italiana, le autorità dovrebbero notificare lo sgombero
a tutte le persone oppure pubblicare un'ordinanza o un preavviso. In ogni caso,
non essendo stata l'ordinanza formalizzata in questo modo, la comunità non ha
potuto rivolgersi alla magistratura per tentare di fermare o posticipare lo
sgombero; è importante evidenziare che nella comunità nomade ci sono circa 140
bambini, di cui 40 frequentano una scuola nelle vicinanze. Lo sgombero minaccia
di interrompere la loro scolarizzazione e sconvolgere seriamente la loro
educazione. La maggior parte di coloro che vivono nel campo di Centocelle -
secondo Amnesty International - ha già subito in precedenza sgomberi forzati,
con distruzione di accampamenti, vestiti, materassi, e qualche volta, di
medicine e documenti; a giudizio degli interroganti, dopo questo ennesimo
sgombero forzato, effettuato in assenza di un qualsiasi piano nomadi, il Comune
di Roma ancora una volta ha confermato la sua visione proprietaria della cosa
pubblica e di essere cieco e sordo rispetto ai più basilari diritti delle
persone. È gravissimo che si impedisca, come è avvenuto il 17 novembre 2009, a
dei pubblici ufficiali, quali sono gli eletti dal popolo, l'accesso a strutture
nello stabile di via Salaria n. 971, dove da qualche giorno risiedono i nomadi
sgomberati dal Casilino 700. La struttura risulta essere presidiata da guardie
giurate e vigili urbani che impediscono a chiunque di accedere alla struttura e
controllare le condizioni in cui vivono il centinaia di persone, appena accolte.
A questo punto, è sempre più evidente che il "piano nomadi" del Comune di Roma
non e' altro che un triste e inquietante progetto di "lagerizzazione"; ad
opinione degli interroganti, se da una parte è doveroso evidenziare che nello
sgombero le Forze dell'ordine hanno tenuto un comportamento responsabile,
dall'altra è innegabile che tutta l'operazione è stata un perfetto fallimento
politico e sociale. Con il suo "piano nomadi", di fatto il Comune di Roma sta
estendendo il problema su tutto il territorio del VI, del VII e del X municipio.
Ci vorranno giorni per ricostruire la mappatura di dove ora queste persone si
sono spostate. Le 85 persone sgomberate al Casilino 700 che si erano rifugiate
nell'ex stabilimento della Heineken, e che ieri erano state nuovamente
sgomberate, sono andate adesso a Tor Sapienza dove ci sono già due campi nomadi,
al confine tra il V e il VII municipio. La Polizia municipale ha segnalato un
esodo sulla Collatina e sulla Prenestina, di persone che presumibilmente sono
andate a rifugiarsi in due piccoli campi abusivi già esistenti in via Longoni e
via Collatina. In pratica l'intervento del Comune non ha fatto altro che
disperdere il problema sul territorio,
si chiede di conoscere:
se il Ministro in indirizzo non intenda riferire sui gravissimi motivi che hanno
impedito a dei pubblici ufficiali, quali sono i consiglieri comunali e
circoscrizionali, l'accesso a strutture dove da qualche giorno risiedono i
nomadi sgomberati dal Casilino 700; se non intenda appurare se tale sgombero sia
riconducibile di fatto ad uno "sgombero forzato", cioè eseguito senza protezioni
legali o di altro tipo stabilite dal diritto internazionale, e dunque
configurabile come grave violazione dei diritti umani, in particolare del
diritto a un alloggio adeguato, e di accertarsi inoltre se sia stato assicurato
a tutte le famiglie sgomberate una sistemazione alternativa come soluzione di
emergenza; se non intenda intervenire con atti di propria competenza presso il
Comune di Roma, la cui gestione, a giudizio degli interroganti, sconsiderata del
problema dei campi nomadi sta recando grave disagio a centinaia di persone e ed
esponendo tutta la popolazione ad una presenza ancora più incontrollata di campi
abusivi e spontanei.
Di Fabrizio (del 22/11/2009 @ 09:32:31, in scuola, visitato 1740 volte)
AgenFax.IT
Entro il dieci Dicembre in Provincia di Novara sarà completata la
schedatura di tutti gli scolari “ non interamente italiani”. Si comincia con
romeni e nomadi
(se. bag. 20/11) - Con una lettera circolare, recapitata a tutte le Dirigenze
didattiche di ogni scuola di qualsiasi ordine e grado della provincia di Novara,
il Dirigente scolastico provinciale Giuseppe Bordonaro, coadiuvato dalla
funzionaria del Provveditorato Maria Grazia Albertini, ha ordinato la schedatura
di tutti gli alunni di nazionalità straniera, di quelli che hanno almeno un
genitore straniero e quindi la doppia nazionalità, nonché di tutti i figli di
nomadi ivi compresi quelli italiani.
Nell’opera di schedatura, oltre alle notizie ed ai dati anagrafici
concernenti l’alunno, dovranno essere indicate le condizioni dei rispettivi
genitori, incluso l’eventuale stato di clandestinità degli stessi, e
dell’alloggio in cui la famiglia vive. Dovrà essere fatta anche menzione
dell’eventuale condizione di “trovatello” dell’alunno. Tutte notizie la cui
raccolta è in parte vietata dalle norme nazionali sulla Privacy e da quelle Onu,
condivise a suo tempo dall’Italia, sulla protezione dei diritti dell’infanzia.
Il lavoro demandato alle singole dirigenze scolastiche che si avvarranno dei
vari docenti per completarlo, ricorda da vicino quello che si voleva compiere
nella rovente estate del 2008 in tutti i campi nomadi d’Italia quando alla
Polizia ed ai Carabinieri era stato chiesto di rilevare le impronte digitali
anche ai minori di anni dieci. Il progetto poi in parte non venne attuato a
causa del deciso intervento dell’Unione europea. Già da oggi si comincia con le
rilevazioni concernenti bambini romeni, italiani con un genitore di nazionalità
romena e nomadi di ogni nazionalità, anche autoctona. A ruota seguirà la
schedatura degli altri. Con la probabilmente ipocrita motivazione di voler
agevolare l’inserimento di questo genere di bambini ed adolescenti nel sistema
scolastico italiano, il Dirigente scolastico novarese dunque ha inaugurato una
campagna che presto si diffonderà su tutto il territorio nazionale. “Che le
motivazioni addotte dal Provveditorato nel richiedere la schedatura siano
ipocrite lo si evince dal fatto che anche cittadini pienamente italiani, come
sono quelli con la doppia nazionalità o i nomadi autoctoni, devono essere
registrati. Probabilmente si intende solamente appesantire il clima di odio e
sospetto nei confronti degli stranieri al fine di emarginarli dal contesto
scolastico e sociale ed indurli a lasciare l’Italia. Pulizia etnica si chiama. A
voce in Provveditorato poi ci hanno detto di iniziare da romeni e nomadi”
afferma un insegnante che chiede l’anonimato, ribadisce che vorrebbe fare
obiezione di coscienza contro tale odioso compito discriminatorio ma che ha
troppa paura di perdere il posto di lavoro. I partiti d’opposizione in una città
in mano al centro-destra, il Sindaco è leghista, ora promettono un’opposizione
durissima in ogni sede istituzionale ed invitano gli insegnanti che figurano
pure tra i loro iscritti all’obiezione di coscienza. Da oggi però in Italia non
esistono più solamente gli invisibili senza diritti, come sono gli stranieri
siano essi comunitari che extracomunitari od i nomadi, ma in questa categoria da
criminalizzare ad ogni costo entrano a far parte pure i sangue misti la cui
unica colpa è quella di avere un padre od una madre che ad un certo punto della
loro vita hanno deciso di donare il proprio amore ad un partner non italiano.
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