Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 15/02/2013 @ 09:04:23, in Europa, visitato 1211 volte)
EXBERLINER "Posso dirlo perche' sono ebreo. Dei Rom e dei Sinti non
importa." by Ruth Schneider
(NdR. Una nascita tormentata:
gennaio 2008,
gennaio 2011,
agosto 2011)
Dani Karavan e la cancelliera Angela Merkel alla cerimonia di inaugurazione
del memoriale lo scorso 24 ottobre. Photo by Stephanie Drescher
Il 24 ottobre 2012, dopo 20 anni di controversie politiche e logistiche, il
Memoriale per i Rom ed i Sinti Uccisi è stato finalmente svelato nel Tiergarten
di fronte al Reichstag. Tra il pubblico, sopravvissuti ottuagenari,
rappresentanti romanì e membri del governo tra cui la stessa cancelliera Merkel.
Fine di ignoranza, pregiudizio e ostracismo?
Il Memoriale per i Rom ed i Sinti Uccisi, progettato da Dani Karavan. Photo by
Marta Domínguez
* Viene ancora discussa la vecchia cifra di
500.000 vittime. Mi chiedo se c'è un ordine del giorno. (Vedi la
precedente intervista a
Ian Hancock)
Mentre il 58% dei tedeschi, ancora nel XXI secolo rifiuta di avere "zingari"
come vicini - e la Germania è attualmente impegnata nella deportazione di 10.000
Sinti e Rom (inclusi quelli nati e cresciuti in Germania) verso il Kosovo che
lasciarono due decenni fa - il destino del popolo più perseguitato d'Europa non
sembra preoccupare la nazione che, 70 anni fa, cercò di sterminarli.
In aggiunta, si susseguono cifre e dibattiti raccapriccianti, mentre i romanì
lottano ancora per essere ascoltati come le "altre" vittime dell'Olocausto
nazista.
Abbiamo chiesto a Dani Karavan, progettista del memoriale, di condividere le sue
opinioni sull'argomento.
* "Gli ho detto che si fosse trattato di Ebrei, avrebbero
spostato la fermata del bus in una settimana. Ma di Sinti e Rom non si
preoccupano."
Allo scultore israeliano Dani Karavan fu commissionato il memoriale nel 1992, su
suggerimento personale di Germani Rose, capo del Consiglio Centrale Tedesco per
i Rom e Sinti. L'artista conosciuto in tutto il mondo era autore di molti
monumenti e memoriali simili in tutto il globo - da Israele al Giappone sino
alla Francia. Molti di questi sono collegati ai diritti umani e si mescolano con
gli elementi circostanti in un unico riflesso che interseca natura, storia e
spazio. A 82 anni, l'artista sempre in viaggio per il mondo non ha perso il suo
morso.
E' da parecchio che stavi lavorando a questo memoriale...
Ci sono abituato. Esistono i problemi politici, le elezioni... Ma, è vero,
stavolta c'è voluto molto tempo perché, prima c'è stata una discussione
durata otto anni tra l'amministrazione e il consiglio centrale dei Sinti e dei
Rom. L'argomentare era che i primi volevano adoperare la parola Zingari,
che i secondi trovavano denigratoria.
Davvero volevano usare quella parola?
Quello era il concetto del ministro alla cultura. Si diceva che nessun documento
storico del nazismo avesse mai menzionato di uccidere Rom e Sinti ma solo gli
Zigeneur. Questa era una discussione. L'altra riguardava quanti Rom e
Sinti fossero stati uccisi. Il governo voleva indicarne 100.000, mentre Sinti e
Rom dicevano che eraano almeno 500.000.
Ma 500.000 non è già una cifra al ribasso?
C'è chi pensa che sia una stima elevata, per motivi politici. Il comitato per i
diritti di Sinti e Rom al Parlamento Europeo mi disse che sarebbero stati circa
un milione. Così ho sostenuto l'idea che il memoriale dovesse assolutamente
menzionare almeno mezzo milione. E fui criticato da un professore
dell'università di Haifa in Israele, che diceva fossero molto meno! Durante
tutta la discussione con l'amministrazione tedesca, ho preso le parti dei Sinti
e Rom.
Qual è stata la tua relazione con l'amministrazione?
Sono stato obbligato a lavorare con gente del senato di Berlino, dipartimento
pianificazione cittadina, che non era professionale. Quando vedi cosa è
successo con l'aeroporto, con la Topografia del Terrore... sono cose fatte
miseramente. Hanno trattato il mio progetto in modo tale che iniziai a credere
che fosse una forma di razzismo. Non gli importava cosa veniva fatto, il
materiale da adoperare, l'impresa che doveva incaricarsi del lavoro. Hanno agito
come se fossi irrilevante, in maniera sgradevolmente aggressiva.
Come spieghi questa mancanza di professionalità?
Non so spiegarmelo. Ho fatto molti lavori nella mia vita. Mai avuto problemi
simili. Sono stati anni d'inferno, e non sono un giovanotto. Ho iniziato che
avevo 68 anni, ora ne ho 82. E' impossibile accettare cosa hanno fatto. Ho
raccontato l'intera storia e nessuno crede che questo sia successo in Germania.
I tedeschi dovrebbero chiedersi: chi ha sepeso questi soldi, perché c'è voluto
tutto questo tempo? Secondo me è gente che dovrebbe essere portata in tribunale.
Il tuo budget era abbastanza limitato, vero? 2,8 milioni di euro?
Anche di meno, ma poi hanno dovuto spendere di più perché non potevano fare
il lavoro correttamente. Hanno cambiato il concetto. L'ingresso doveva essere
sul lato del Reichstag, ma lì c'era una fermata d'autobus. Per questo hanno
cambiato la posizione dell'ingresso. Ti immagini, non poter spostare una fermata
d'autobus per l'ingresso principale al memoriale dei Sinti e Rom?! Gli ho detto
che se si fosse trattato di Ebrei, avrebbero spostato la fermata in una
settimana. Posso dirlo perché sono Ebreo. Ma di Sinti e Rom non gliene importa.
Finché non è intervenuto il governo federale...
Sì... anche Wim Wenders ha detto che se non fosse cambiato, sarebbe stato un
grande scandalo internazionale. Alla fine hanno passato la responsabilità dal
senato di Berlino al ministero federale delle Costruzioni, con gente molto
seria, che aveva rispetto per il progetto e per i Sinti e i Rom. Mi hanno
rispettato e commissionato il progetto ad uno studio di architettura di Berlino.
Dobbiamo ringraziare il ministro della cultura Bernd Naumann. Quando capì, tutto
cambiò. Altrimenti, il memoriale non sarebbe mai stato terminato.
Come ebreo israeliano, cosa è significato per te lavorare ad un
monumento per le vittime dimenticate dell'Olocausto?
Credo che dovrebbe esserci stato un solo memoriale dell'Olocausto per tutti.
Non divisi.
La comunità ebraica si è opposta...
Non mi importa. E' la mia opinione. Come Ebreo ho tutto il diritto di dir
loro che dovrebbe essere per tutti Li hanno uccisi tutti assieme. Per questo
sento che sono miei fratelli e sorelle. All'inaugurazione ho detto in ebraico
che sento come se la mia famiglia sia stata uccisa e cremata con i Sinti e i Rom
nelle medesime camere a gas e che le loro ceneri sono andate col vento nei
campi. Così siamo assieme. E' il nostro destino.
Personalmente, quanto sei soddisfatto del risultato di tutti questi
anni di infernale lavoro?
Sono stato colpito dalla reazione della gente. L'inaugurazione è stata
davvero imponente, grazie alla cancelliera e al ministro della cultura.
Storicamente, è stato un evento davvero importante. Tuttora ricevo commenti da
parte di chi si è sentito toccato. Davvero, la mia sofferenza è valsa la pena!
Nel suo discorso, la cancelliera Merkel ha detto di essersi dedicata
al benessere di Sinti e Rom. Nel contempo, la Germania sta deportando Romanì che
hanno vissuto in Germania per 20 anni. Non è ipocrita? Immagineresti se la
Germania deportasse oggi gli Ebrei?
Penso che tu abbia ragione. In un certo senso gli Ebrei sono privilegiati,
perché dopo la guerra l'Olocausto è entrato nella loro cultura. Talvolta, è una
mia opinione, alcuni ebrei lo adoperano in modo sbagliato. La loro influenza e
posizione sono forti. Per questa ragione è stato così importante per me, Ebreo
israeliano, fare meglio che potessi questo lavoro per i Sinti e i Rom.
Il memoriale nelle parole del suo creatore:
"Ho avuto l'idea che il memoriale dovesse essere solo un fiore, ma per
proteggere il fiore dovevo avere l'acqua. L'acqua è diventata parte integrale
del memoriale. I riflessi scuri nell'acqua la rendono simile ad un buco nella
terra. Riflette gli alberi e il Reichstag, e chi si avvicina all'acqua diviene
parte del memoriale. Per me è molto importante. Il visitatore non solo osserva,
ma ne è parte. Anche il fiore è molto importante, perché Sinti e Rom sono
sepolti in enormi cimiteri, senza tombe, senza targhe, solo fiori. Non sappiamo
dove. Forse solo le radici dei fiori lo sanno. Il fiore è un triangolo, che
rappresenta il triangolo che portavano sul loro corpo. Nel momento in cui
portavano quel segno, perdevano ogni diritto come esseri umani. Questo è il
concetto." Dani Karavan
Midi Libre La Roulotte, per creare dei legami con gli tzigani.
Sébastien Guerdner sa anche mostrare fermezza con gli tzigani. (D.R)
Sébastien Guerdner, proveniente da una famiglia di viaggianti, ha fondato
sette mesi fa, l'associazione "La Roulotte della solidarietà tzigana", la quale
è un legame tra viaggianti e amministrazioni, associazioni, assistenti sociali,
imprese, agenzie di credito...
Già "casco blu" in Bosnia, e una fedina penale pulita, a 37 anni, Sébastien
Guerdner non risponde all'immagine di "ladro di galline" incollata alla
comunità tzigana. Eppure, suo cugino altro non è che un uomo abbattuto da un
gendarme nel 2008, a Draguignan.
Sébastien Guerdner non nega la criminalità esistente tra gli tzigani. "E' il
caso in tutte le comunità, soprattutto quando le condizioni di vita diventano
difficili".
Vuole però fare arrivare alle collettività e alla popolazione, le parole di
coloro i quali tentano di vivere, a modo loro, ma nella legalità e nel rispetto
degli uomini e dei territori che attraversano.
A casa di Sébastien Guerdner, "nessun orgoglio malriposto dei Gitani"
Proveniente da viaggianti, da una famiglia rispettata, l'uomo suscita meno
diffidenza nei campi. Maggiormente abituato ad avere a che fare con le
amministrazioni, non si lascia trascinare dal "orgoglio mal riposto dei Gitani".
Sette mesi fa, ha quindi fondato a Béziers, l'associazione "La Roulotte della
solidarietà tzigana", in uno spirito di mediazione e tolleranza. Perché "il
timore è presente da tutti e due i lati", afferma Sébastien Guerdner.
Vuole essere un legame tra gli aiuti esistenti a traverso associazioni,
assistenti sociali, creazione d'imprese, persino l'accesso al credito.
In effetti, i due mondi non si costeggiano. "Eppure, la Francia è il paese che
offre maggiormente agli tzigani".
"Molti gitani vogliono votare, ma pensano che ciò è loro vietato"
Ultimamente, si è occupato di una signora anziana di 77 anni, in causa con il
comune di Pia. Ha venduto la sua roulotte per pagare il suo avocato, allorché
poteva accedere al gratuito patrocinio.
"Ex giostraia, è una vita intera di lavoro che ha perduto, perché non era in
grado di mettere insieme una serie di documenti amministrativi". In poche
parole, "molti zigani vogliono votare, ma spesso pensano che ciò è loro
vietato", afferma Sébastien Guerdner.
"Andare dall'assistente sociale, non fa parte della mentalità. Non credono di
averne diritto. E quando la famiglia ha fame, effettivamente, si farà di tutto
per mettere del latte nel frigo. Quindi rubare
"
Per esempio, se numerosi viaggianti guidano senza patente - suo cugino è stato
arrestato sette volte per questo motivo - è perché spesso, non sanno come
passare l'esame.
Questo può essere dovuto a un problema economico o difficoltà a leggere e
scrivere, il che non permette di avvicinarsi al codice della strada.
L'associazione incoraggia la scolarizzazione dei bambini
Queste lacune scolari preoccupano Sébastien Guerdner. Anche se lui preferisce
che i bambini siano educati nelle scuole pubbliche "per imparare a conoscersi",
l'associazione incoraggia la scolarizzazione permanente.
Perfino nei confronti della "tradizione del bambino re". Del resto, a Brignoles
nel Var, con il "Soccorso popolare di Béziers", la Roulotte ha offerto un
computer, libri e giochi per un campo d'accoglienza.
Hanno anche trovato dei professori volontari, i quali garantiranno delle lezioni
ai 40 alunni, troppo numerosi per essere ammessi a scuola.
L'associazione si occupa anche di prevenzione. "La pillola contraccettiva, le
malattie sessualmente trasmissibili o l'aiuto psicologico, sono tabù, quando
sappiamo che, secondo la tradizione, perfino un medico non può toccare una
donna". Del resto, è sua cugina che parla con le donne.
La Roulotte agisce anche con fermezza nei confronti dei tzigani. "Quando ci si
impegna presso delle collettività o dei proprietari, bisogna che i viaggianti
rispettino la parola data, i luoghi, e la gente".
Sébastien Guerdner porta avanti anche una lotta contro la discriminazione
nei confronti dei viaggianti.
"Non bisogna stigmatizzare le differenze tra rom, rumeni o altri. Non si può
pretendere di essere rispettati dalle persone all'esterno, se non ci rispettiamo
innanzitutto tra noi".
Da
Siol.net (con questa traduzione, Martina Zuliani inizia la
collaborazione con Mahalla. BENVENUTA!)
Milena Tudija, presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli
La cultura rom si perde in quella della popolazione maggioritaria
"Le romnia non cuciono e non indossano più gonne lunghe disegnate e grembiuli,
caratteristiche in passato, ma preferiscono le tute."
Questo è quello che si è sentito durante la prima serata musicale e letteraria
al Centro Culturale Janez Trdina, organizzata dall'associazione rom Romano Veseli,
dalla bocca di arenka Hudorovac di Kerinov Grm, presidentessa dell'associazone
rom Mosto e autrice di brevi documentari sui rom.
La vita di ogni giorno non è più rom
L'associazione rom Romano Veseli ha voluto avvertire, tramite le serate
letterarie, che la cultura rom si sta perdendo sempre più dentro quella
maggioritaria. La lingua romanes, secondo le parole della rappresentante rom di
Novo Mesto Duica Balaek, si sta perdendo. "Già da qualche anno stiamo notando
che la cultura rom si impoverisce. I giovani d'oggi non vogliono più portare gli
abiti che indossavano i rom di un tempo. Penso che sia l'effetto ritardato della
socializzazione e dell'integrazione con la popolazione maggioritaria. Gli
influssi sono più forti perché l'abbigliamento e il modo di vivere di ogni
giorno non sono più rom come invece era anni fa. Vorrei che la lingua romanes si
conservasse in qualche modo."
La signora Balaek ha già proposto che in uno dei villaggi rom locali si
costruisca un paese rom organizzato che possa essere destinazione turistica dove
mostrare la vita dei rom.
La presidentessa dell'associazione rom Romano Mosto arenka Hudorovac, la rappresentante rom di Novo Mesto Duica Balaek, la presidentessa dell'associazione rom Romano veseli Milena Tudija, la professoressa in pensione Ana M. Kozlevčar
Per i rom l'istruzione è importante
La presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli Milena Tudija ha dichiarato
che la sua organizzazione ha redatto 18 articoli su questa tematica. Alla nostra
domanda e se i rom rimanessero come quando fumavano molto, bevevano molto caffè
e facevano molti figli, lei ha risposto che i tempi cambiano e che ora è
importante che i rom frequentino la scuola.
Insegnante pensionata per lezioni bilingui
L'insegnante in pensione Ana Marija Kozlevčar, conosciuta per aver redatto un
dizionario sloveno-romanes, ha detto che la cultura rom deve conservarsi e per
far ciò si deve conservare la lingua romanes. Ha affermato: "Penso che sia raccomandabile che
i bambini rom frequentino lezioni bilingui nei primi tre anni della scuola
primaria oppure altre integrazioni scolastiche che non siano a carico degli
insegnanti che non sanno il romanes."
La prima di cinque serate letterarie si è tenuta nel giorno internazionale della
lingua romanes, il 5 novembre. I presenti hanno recitato soprattutto poesie del
poeta rom Rajko ajnovic e della poetessa rom Jelenka Kovačič.
Di Fabrizio (del 07/02/2013 @ 09:08:09, in Europa, visitato 1386 volte)
Da
Roma_und_Sinti
Klaus-Michael Bogdal © Suhrkamp Verlag -
Stadt Leipzig
(09.01.2013)
Il premio libro di Lipsia per la comprensione europea 2013 verrà assegnato
allo studioso tedesco Klaus-Michael Bogdal per il libro "L'Europa
ha inventato gli zingari. Una storia di fascino e disprezzo", edito da Suhrkamp
nel 2011.
La giuria internazionale così ha motivato il proprio giudizio:
Parlando di una storia di fascino e disprezzo, vengono rivisti sei secoli di
persecuzione ed esclusione dei popoli rom in Europa. Così Bogdal analizza la
presenza di "Zigeuner", "Gipsies", "Bohémiens" e "Gitanos" nella letteratura e
nell'arte dal tardo medioevo ad oggi, in un contesto globale europeo,
descrivendo insieme la graduale realizzazione di un pregiudizio storico contro
un collettivo immaginario, cioè la mancanza di una letteratura in materia di
Rom, sono state prese per buone le interpretazioni, attribuzioni e proiezioni
provenienti da altrove, senza alcuna critica o dubbio. Bogdal mostra come l'Europa
faccia saldamente propria la sofisticazione della semplificazione dei Rom in
tensione tra odio, autodifesa e folklore romanzato. Soprattutto alla luce di una
nuova impennata dell'antiziganismo in Europa, Bogdals presenta uno studio epico
attuale e polemico.
La consegna del premio segnerà il 13 marzo 2013 l'inaugurazione della fiera
di Lipsia. Il premio sussiste dal 1994 e vale 15.000 euro, ed è tra i maggiori
riconoscimenti letterari in Germania. La
fondazione è
costituita dal Libero Stato di Sassonia, la città di Lipsia, l'associazione
degli editori tedeschi, l'associazione dei venditori librari e la Fiera di
Lipsia.
Biografia
Klaus-Michael Bogdal, e nato nel 1948 a Gelsenkirchen, ha studiato
germanistica, slavistica e filosofia alla Ruhr-Universität di
Bochum, dove si è laureato nel 1976. E' stato poi professore di liceo e dal
1992 direttore tecnico a Dortmund. Dal 1996 al 2002, Bogdal ha insegnato
letteratura alla Gerhard-Mercator-Universität di Duisburg,
poi è stato professore di germanistica , specializzato in nuova letteratura,
presso l'università di Bielefeld.
Di Fabrizio (del 29/01/2013 @ 09:05:29, in Europa, visitato 1968 volte)
Perché molti zingari si stanno ammazzando -
by Jamie
Clifton -
Vice.com
Zingari e viaggianti a lungo sono stati un gruppo marginalizzato. Immagino
sia un punto nero di una costante imposta per anni dalla società maggioritaria.
Ma le recenti modifiche alla legislazione riguardo le comunità nomadi (nel senso
che da parte del governo non ci sono più posti dove insediarsi) le ha rese
ancora più segregate.
Un rapporto mostra che viaggianti e zingari hanno la salute
significativamente peggiore di altri residenti in GB, comprese le minoranze
etniche di lingua inglese. Sono anche più predisposti a soffrire di aborti
spontanei, mortalità infantile dovuta a limitato accesso alle cure sanitarie...
- in quanto gruppo senza fissa dimora. Il tutto è ovviamente molto deprimente.
Un'altro fattore dirompente è l'esplosione, negli ultimi cinque anni, dei
tassi di abuso di droghe da parte di entrambe le comunità, mentre i suicidi sono
cresciuti di sei volte rispetto al resto della popolazione britannica. Tanto le
comunità zingare che quelle dei viaggianti sono piuttosto chiuse, e immagino
siano riluttanti a parlarne quando si tratti di propri familiari, così su questi
fatti non esiste granché informazione. Per intuito, ho interpellato Shauna Leven,
dell'associazione René Cassin.
Ex residenti di Dale Farm
Hi Shauna. Puoi smentire queste statistiche sui tassi di suicidio
nelle comunità viaggianti e zingare, che sarebbero sei volte superiori al resto
della popolazione britannica?...
Prima di tutto, devo dire che queste statistiche riguardano i Traveller, che
siano scozzesi, gallesi o irlandesi, e non i Rom di più recente arrivo.
Tuttavia, tutti soffrono dello stesso tipo di discriminazione in Europa.
Sfortunatamente, è difficile scendere nello specifico, perché il SSN non
raccoglie dati su questi gruppi etnici, come fa invece per gli altri.
Perché non raccoglie dati statistici?
Perché non fa parte della policy del SSN. Zingari e viaggianti sono riconosciuti
come minoranza etnica ma, ad esempio, la discrepanza tra la loro aspettativa di
vita e quella della popolazione maggioritaria, viene per lo più ignorata. Se si
assistesse allo stesso tipo di cose nella comunità, ad esempio, musulmana, di
sicuro si adotterebbero delle statistiche. La nostra prima indicazione per
risolvere il problema è di muoversi e compiere delle ricerche, perché questo è
il primo problema.
La prima questione è: quale sarebbero le cause?
In realtà la causa di tassi di suicidio così alti dipendono da una convergenza
di fattori. Il razzismo contro zingari e viaggianti viene spesso definito come
l'ultima forma accettabile di razzismo in GB. Persone istruite e socialmente
coscienziose non esitano ad adoperare le parole "gyp", "pikey" o
altre simili, e questa ovviamente è soltanto la punta dell'iceberg. Mostra il
livello di esclusione sociale in cui i Traveller sono piombati automaticamente
in quanto itineranti.
Da cosa ritieni dipenda però il picco attuale?
Zingari e viaggianti sono nomadi e, sino a qualche decennio fa, il governo
forniva i siti per spostare le loro carovane. Da allora il governo ha rimesso la
responsabilità di individuare e mantenere questi siti ai consigli locali - che,
com'è normale, sono molto più sensibili alle pressioni dei residenti. Come
risultato da tempo le comunità viaggianti e zingare non hanno più accesso ad una
sistemazione sicure con strutture adeguate e non possono iscriversi al SSN come
residenti permanenti, quindi... non hanno accesso alle cure per il cancro al
seno e la salute mentale, tra le altre.
Quindi sono obbligati a spostarsi continuamente, invece di avere un
punto stabile prima di decidere se muoversi o meno.
Sì, proprio così. Non è sotto il loro controllo, e penso sia una questione
chiave comprendere l'ansia e la depressione nella comunità. Voglio dire, non
sono una specialista mentale, ma chiunque capirebbe che lo stress costante di
essere sgomberati, o che i tuoi figli vengano allontanati da scuola, o di subire
discriminazioni dirette, non può che generare ansietà. Tuttavia, è importante
capire che non esiste un'unica causa - è tutto il sistema di discriminazione ed
esclusione che ci ha portato a questo punto.
Pensi allora che dipenda tutto da cause esterne? Non c'è qualcosa che
accade internamente e che possa aver aumentato i tassi di suicidio?... Che so
- gay che fanno outing o che vogliano condurre uno stile di vita più
conformato, e siano emarginati dalla comunità? O qualcosa di simile?
Credo che - per la maggior parte - dipenda da fuori. Le comunità zingare e
traveller hanno una cultura comunitaria molto forte, e questa è una delle
ragioni pwer cui non avere una sistemazione sicura è così traumatico per loro:
significa separare le famiglie. Per quanto ne sappia, non ci sono studi sul
coming out di gay tra rom e traveller, che porterebbe ad un aumento dei
tassi di suicidio, ma penso che si siano iniziate ad osservare le conseguenze
delle rotture di matrimoni che portano ad autolesionismo e suicidi. E' un
fenomeno molto recente per la comunità - la rottura del matrimonio - per cui si
può capire come ciò possa portare a conseguenze simili.
Roseanna Doherty, star di una serie TV in GB sugli zingari, che recentemente
ha tentato il suicidio
Pensi che il fatto che nelle comunità alcune coppie stiano iniziando a
divorziare, possa avere a che fare con tutto ciò?
Sì, potrebbe essere un altro fattore. Ma personalmente ritengo che il fattore
più importante sia che il loro essere socialmente esclusi, i problemi nel
trovare lavoro, la discriminazione da parte della società e dei principali mezzi
di comunicazione, e spesso le loro famiglie sono obbligate all'insicurezza. La
mia organizzazione si è interessata a loro sulla base dell'esperienza storica
ebraica, il passato di entrambe le comunità è abbastanza simile - gli zingari
erano a fianco degli Ebrei nei campi di concentramento. Ma da allora gli Ebrei
sono cresciuti e i nomadi sono scivolati in basso. Non c'è stato neanche alcun
riconoscimento diffuso per gli zingari uccisi durante l'Olocausto.
E' così. E' stato messo sotto il tappeto.
Esatto. C'è un sito interessante:
Jewify.org, dove si
linka un articolo su zingari o traveller e le parole "zingaro", "traveller"
o "rom" vengono sostituite con la parola "ebreo". E se guardi a come risuonano
questi articoli - e potresti fare lo stesso con "persona di colore" o
"musulmano" - lo trovo abbastanza inquietante. Questo fa capire come sia
inaccettabile usare le parole nel modo che facciamo.
Campagna di protesta per la giustizia ai Rom
Bene. E sull'abuso di sostanze... - sai dirmi qualcosa? Perché anche
in questo caso non mi sembra si stiano facendo molte ricerche.
Hai ragione. Sfortunatamente non ho nessuna statistica e neanche so se ne
esistano. Ho sentito aneddoti sulle ragioni e sulle cause, le stesse ragioni dei
tassi di suicidio: stress che deriva da tutti quei diversi fattori. Inoltre,
molti non riescano a lavorare, iniziano così a passare il tempo con le droghe,
diventandone poi dipendenti.
Che misure pensi si dovrebbero adottare per iniziare?
Tutto torna al punto della "discriminazione accettabile" nei confronti degli
zingari e dei traveller in GB ed in tutta Europa. E' ancora ritenuto OK dire e
fare cose discriminatorie, e la maggior parte della gente nemmeno si rende conto
di quanto siano discriminatorie le nostre leggi sulla pianificazione; che il
modo richiesto per iscrivere i bambini a scuola sia indirettamente
discriminatorio, perché obbliga ad avere un indirizzo fisso, dicendo che si può
così beneficiare degli aiuti statali. Ho visto in un sondaggio - scala da uno a
dieci, dove dieci è estremamente confortevole e uno estremamente scomodo - dove
avere un vicino disabile o omosessuale riceveva otto, mentre avere un Rom come
vicino riceveva sei. E allora è così: non ce ne si rende conto, ma la
discriminazione è piuttosto scioccante e massivamente radicata.
Di Fabrizio (del 19/01/2013 @ 09:02:30, in Europa, visitato 3109 volte)
Bakhtale ROMensa - di Serena Raggi
Ieri, 11 gennaio 2013, ho passato la giornata con Mariella Mehr, scrittrice e
poetessa Jenisch, Svizzera.
Scriverò di seguito ciò di cui abbiamo parlato, della sua vita, il suo scrivere,
la sua storia.
La Consapevolezza che ho acquisito dopo questo preziosissimo incontro, mi ha
portata a farmi tante domande, domande difficili che mi hanno messa di fronte ad
una in particolare:
"Cosa ha veramente senso in questa vita?" .
Ha senso conservare la Storia e la Memoria, ha senso Comprendere che si può
essere italiani, svizzeri, spagnoli, rom, ebrei, ... ed essere una cosa sola:
Umani.
Con una storia comune, La Storia.
Ha senso impegnarmi per fare in modo che Mariella Mehr e tutte le marielle mehr
che hanno vissuto la Storia non vengano scordate ma assimilate per andare a
completare la Nostra Identità. La mia e la tua. E starci male, ma sentirsi
cresciuti, diversi, io così mi sento, ha senso assimilare tutto, Sapere e
conservare, per essere Persone con una Identità forte, forti di quello che
siamo.
Sapendo chi e cosa ci ha portati ad essere noi, oggi. Senza passare su questo
mondo come dei vestiti vuoti.
La Storia ci insegna che ci sono dei grandi fardelli da portare, Mariella Mehr
mi ha fatto partecipe del suo e io non voglio fare altro se non spartire questo
peso, un immenso dono, dono e fardello, fattomi da questa donna incredibile.
Le mie ricerche su di lei sono iniziate qualche mese fa, quando quasi
casualmente ho assistito ad uno spettacolo teatrale che parlava proprio della
sua vita.
Da allora ho letto le sue poesie, ho deciso di fare la mia tesi su di lei e sono
andata a conoscerla.
Mariella Mehr nei suoi libri denuncia ciò che è stato in Svizzera tra il 1926 e
il 1974: fu vittima dell'"Opera di soccorso dei bambini di strada", della Pro Juventute, passando 24 anni della sua vita, dai 5 anni (quando fu strappata alla
madre) in poi, in istituti psichiatrici, collegi, subendo elettroshock,
esperimenti medici e psichiatrici, violenze e abusi, un figlio preso e fatto
adottare da estranei e la sterilizzazione.
La Svizzera, neutrale alla guerra ma non all'eugenetica, ha cercato di estirpare
le 'razze inferiori' e purificare il sangue della nazione, esattamente come
altri paesi a tutti noti.
Mariella Mehr è sopravvissuta a tutto questo, è stata attivista politica e, da
sempre, scrittrice.
''Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l'anima mia si apre
in una lingua straniera.''
La figura del lupo torna molto spesso nelle poesie di Mariella Mehr. La
simbologia del lupo, comunemente usata, è il pericolo, una visione funesta. Ma
per Lei, cosa significa?
Il lupo è solo, è Solitudine, e tante solitudini fanno il suo branco e così io
mi sento.
Sola e accomunata nella solitudine con altre persone sole.
Il lupo aggredisce se è attaccato e cosi faccio io... in Cecoslovacchia ho avuto
degli incontri ravvicinati con questo animale e anche qui dove vivo adesso ci
sono lupi... per gli uomini non sono un problema... al contrario gli uomini sono
un guaio per loro... io ho paura della gente, ma di un lupo o delle bestie mai.
Questo sentire fa parte anche della sua 'diversità'? Come vive, oggi, la sua
identità di Donna Jenisch?
La mia famiglia viene dalla Polonia, dopo la Pro Juventute ho fatto ricerche con
uno storico per l'albero genealogico e i miei avi non si sa se siano Ebrei o
Rom... sono un essere umano, parlo 6 lingue correntemente, tra le quali il Romanes. Ma mi considero semplicemente un essere umano.
Nel corso del 1800 entrò molta gente in Svizzera: Ebrei, Rom, Polacchi, Lovari,
gente che voleva lavorare... questa gente è stata chiamata Jenisch dagli
svizzeri, ed è una parola che deriva dal greco e vuole dire 'doppia faccia",
come i doppiogiochisti e quindi anche questo è un termine dispregiativo e creato
da altri (come il termine 'zingari'), entrato in uso comune per indicare 'lo straniero'.
A quei tempi, durante i pogrom contro gli Ebrei, questi hanno cambiato i
documenti e comprato quelli dei Rom... viceversa i Rom hanno comprato documenti
Ebrei per entrare in Svizzera, cambiando identità per sopravvivere, a seconda
delle necessità del momento: questo è un piccolo esempio per far capire che
tutte le genti si sono mescolate... e Jenisch quindi sono semplicemente PERSONE
che hanno subito delle persecuzioni.
La cosa piu' grave dei Rom, che tengo molto a dire, è che sono suddivisi in clan
e a volte si fanno addirittura la lotta tra di loro... e così facendo non sopravviveranno a lungo... bisogna essere uniti perché siamo tutte persone, e il
nostro sangue si mescola continuamente. Questo per non categorizzare troppo, io
parlo di PERSONE, di UMANI, che hanno subito queste cose che io denuncio e
racconto nei miei libri.
Dopo l'uscita dei Suoi scritti, ha notato un maggiore interesse verso questi
argomenti? La gente vuole sapere questa parte di Storia? oppure in Svizzera è
come in Italia?
Nei libri di scuola ancora oggi, sia in Italia che in Svizzera, non è citato
alcun Rom perseguitato né omosessuale né malato di mente. Perchè queste persone
ancora oggi sono delle persone di serie B, persone che non si vogliono
considerare. E i miei libri purtroppo sono serviti a poco.
Oltre a Lei, altre persone sopravvissute hanno saputo impegnarsi per
l'informazione e la politica dei diritti?
Io ho subito a 5 anni elettroshock, a 9 cure di insulina, a 16 anni ancora
elettroshock, a 18 carcere perché avevo fatto un bambino con un uomo mezzo Rom e
mezzo Ebreo... non ho fatto mai niente di male per meritarmelo, ti giuro!
E gli altri che hanno subito queste cose sono praticamente tutti kaput,
morti... i pochi ancora vivi sono alcolisti, o gente che non é più capace di
vivere in questa società.
Bisogna sopravvivere sia fisicamente che mentalmente... per fortuna ho trovato la
Letteratura e le parole giuste per iniziare a scrivere, e questo mi ha salvata.
A 15 anni ho scritto la mia prima poesia, "L"uccello blu", (parlava di un
uccello che avevo avvistato, una specie che di solito vola sul mare e solo io lo
avevo visto) in quel periodo, come la maggior parte della mia vita, ero in una
casa psichiatrica.
Io ero un corpo per gli esperimenti, sai? non solo le menti erano soggette a
queste cose ma anche i corpi: io sono praticamente ceca a seguito di 5
interventi sperimentali effettuati da un medico non riconosciuto... la Pro Juventute ha lasciato molte tracce.
Ma in quegli anni ('26-'74), in Svizzera, la gente comune sapeva? i cittadini
erano a conoscenza di ciò che succedeva nelle loro città, nei vari istituti,
eccetera?
Naturalmente la gente sapeva.
Ma era stata fatta una enorme propaganda, la gente VUOLE credere nel bene, e la
Pro Juventute si vendeva come un'organizzazione che AIUTAVA i giovani... in
Svizzera non era così evidente come il fascismo in Italia o il nazismo in
Germania... ma la gente voleva credere nel bene e si autoconvinceva.
Come iniziò a leggere, per poi scrivere?
Quando ero piccola, a 12 anni ero in un istituto... in questo istituto le suore
avevano una enorme e fornitissima biblioteca ma era per loro, non per noi, e la
tenevano chiusa a chiave.
Allora io un giorno ho rubato questa chiave e sono andata in città a farne una
copia. E di notte andavo e prendevo una manciata di libri a caso, al buio, e
invece di dormire stavo sotto le coperte con la lampada a leggere... Goethe,
Sartre... .non ho capito niente, ero una bambina, ma tutto era stampato nella mia
testa, ho memorizzato nella mia mente e capito anni dopo.
Così ho iniziato a leggere leggere leggere, avevo Fame di Letteratura, ed era
più forte della fame normale. Questo mi ha fatto andare avanti, leggere. E poi
iniziare a trovare le parole giuste per scrivere, e sopravvivere a tutta quella
follìa.
A quei tempi, io non sapevo ancora CHI SONO, questo l'ho scoperto DOPO i
trattamenti della Pro Juventute.
Quando questi mi hanno detto 'vai a lavorare', a 16 anni, io sono
andata... 'o vai
a lavorare o ti aspetta il carcere', mi hanno detto e mi hanno mandata in una
città che io non conoscevo, a Lucerna, e girando in tutti gli alberghi e negozi,
nessuno voleva darmi un lavoro, ero troppo piccola. Poi per caso davanti ad un
bar ho incontrato un uomo che mi ha chiesto "Senti, ma che cerchi per strada?",
"Cerco un lavoro" e io avevo una faccia da ragazzo, maschio, (che ogni tanto
torna ancora oggi, quando sono arrabbiata), ho potuto lavorare come bar man ma
prima il capo mi ha portata dal parrucchiere per fare un taglio da uomo, poi al
negozio di vestiti mi ha comprato i pantaloni, il gilet, la camicia bianca da
lavoro e il giacchetto nero, naturalmente.
Poi mi ha detto: "Così puoi lavorare nel mio bar e ti chiamerai Mario'.
Ho lavorato lì un anno, poi un giorno è entrato nel bar questo uomo di 30 anni
più grande che mi ha chiesto un caffè ed è stato il primo uomo a guardarmi
davvero.
Dopo poco mi ha riconosciuta in quanto ragazza e io, presa dal panico, ho
iniziato a piangere, avevo paura che mi facesse perdere il lavoro, avevo paura
di finire in carcere...
Dopo avere scoperto della Pro Juventute questo uomo mi ha aiutata molto ed è lui
il padre del mio bambino... (è poi morto in un campo di concentramento tedesco,
era mezzo Rom e mezzo Ebreo)... lui mi ha aiutata molto...mi ha trovato un altro
lavoro, presso una famiglia, e insieme abbiamo deciso di fare un bambino.
Per la Pro Juventute se sei incinta sei un'adulta e libera di sposarti e fare
una vita e avere diritto ai servizi degli ospedali per la gestazione e il parto,
ma le autorità mi hanno segnalata e fatto una ricerca attraverso l'interpol
(pensa te!) trattandomi come una fuggitiva...
Un giorno alle 5 del mattino mi hanno arrestata presso la famiglia dove
lavoravo, mi hanno presa a Berna e messa in una cella con un cane lupo di
guardia... il cane era piu' amabile delle persone, è venuto da me senza paura e
aggressività e nel tempo del carcere è stato quel mezzo lupo a salvarmi la vita.
Io ero in carcere ma non sapevo perché...in tutta la mia infanzia io non ho mai
saputo chi ero né il motivo per cui mi venivano fatte queste cose...al carcere le
peggio criminali mi chiedevano perché ero lì ma io non lo sapevo..allora la mia
testa ha prodotto una fantasia di un qualche crimine che avessi potuto
commettere, per non impazzire..e senza passare per nessun giudice io finivo in
galera.
Il padre del bambino mi cercava, ma i carcerieri non mi hanno dato nessuna sua
notizia e impedivano a lui di avvicinarsi, inventando bugie.
Infine ho dato alla luce questo figlio in carcere.
Secondo la legge, avevo 3 anni di galera da scontare, ma un giorno mi hanno
detto "se dai tuo figlio in adozione sei libera subito, altrimenti il figlio te
lo prendiamo lo stesso ma tu resti qui fino a concludere i 3 anni di carcere".
Io ero disperata, amavo mio figlio ma non sopportavo più questo carcere, che era
il peggiore carcere femminile della Svizzera. Così ho firmato e sono uscita.
A Berna ho trovato un altro lavoro, ho pensato che se lavoravo la Pro Juventute
mi avrebbe restituito il figliolo, invece...così non è stato e la vita di questo
figlio è rovinata quanto la mia.
Mia madre è stata una delle prime donne alla quale la Pro Juventute ha strappato
i figli e a sua volta mio figlio è stato uno degli ultimi strappati alla
madre...tutta questa storia è un ORRORE e una VERGOGNA alla quale non si vuole
credere, quando io racconto queste cose la gente non crede, pensano che io sia
una folle che nel suo delirio si inventa le cose.
Eppure dopo diverse lotte gli archivi con i documenti della Pro Juentute sono
stati aperti, sono documenti visibili a tutti. Ma queste cose non si vogliono
sapere.
Io mi sono battuta per i diritti miei e di tutta questa gente, i diritti, non i
soldi, e l'aiuto per sopravvivere a tutto questo, ma gli Jenisch della
Svizzera invece volevano il silenzio su questa vergogna, volevano solo soldi,
per questo sono stata più volte aggredita, una delle quali sono stata gettata da
un treno in corsa...
I giornalisti volveano la Verità, qualche attivista di sinistra, qualche gente
di buon cuore, ma gli Jenisch no, pochissimi volevano che la Verità venisse
fuori e di conseguenza i diritti per queste donne e uomini devastati da questi
trattamenti.
Per 20 anni ho fatto politica, attivismo, ma è servito a poco se non a
niente... ora la gente non sa nulla di questi orrori, anche se le conseguenze ci
sono tutt'ora. Abbiamo ricevuto una cifra irrisoria come risarcimento morale,
due soldi in croce per una vita COMPLETAMENTE rovinata... per 24 anni vissuti
nell'orrore.
E' stata tutta una farsa enorme.
Poi abbiamo interrotto l'intervista e parlato d'altro, perché "altri cinque
minuti a parlare della Pro Juventute e cado a terra svenuta, mi fa troppo Male".
Mariella Mehr ha partecipato a vari festival di letteratura in Europa, vincendo
diversi premi e riconoscimenti, i suoi libri sono pubblicati in diverse lingue e
reperibili tramite ordine in qualsiasi libreria.
BIBLIOGRAFIA DI MARIELLA MEHR (in Italiano):
- "Steinzeit"
- "La Bambina"
- "Il Marchio"
- "Notizie dall'Esilo"
- "Accusata"
- "San Colombano e l'attesa"
Di Fabrizio (del 11/01/2013 @ 09:04:06, in Europa, visitato 1746 volte)
IL VOSTRO PORTAFOGLIO AI RAGGI X
Ogni settimana (o quasi), Eco Rue89 apre un report grazie ad alcuni volontari in
materia di entrate e spese...
Rue89Eco - Le nouvel Observator par Camille Polloni
Dragomir, Rom, 25 anni, da 0 a 70 euro al giorno in una bidonville
Puntata speciale: un raid della polizia ha interrotto la nostra intervista a Dragomir.
Dragomir davanti al suo rifugio, nella baraccopoli di Ris-Orangis (Camille
Polloni/Rue89)
Nel fango denso di questa baraccopoli a Ris-Orangis (Essonne), gli agenti
in uniforme scivolano a piccoli passi nel viale principale tra le baracche.
Dalla sua finestra della sua capanna in pallets, Dragomir li vede avanzare.
"Vuoi che andiamo a vedere?", gli chiedo. "No, verranno loro."
Serein, giovane rom di 25 anni, ci ha fatto l'abitudine. Già la settimana
scorsa, la polizia nazionale era passata a controllare i documenti. "Hanno
spaccato porte e finestre."
Non se ne parla neanche di lasciare di propria volontà il calore della stufa.
Non si muove, nonostante l'ordine di uscire, intimato ad alta voce.
Nella baracca (Camille Polloni/Rue89)
Dalla finestra si sporgono una mano ed un volto per scrutare all'interno, poi
la porta si apre. Un po' sorpreso di trovare un visitatore, il poliziotto
annuncia che dovranno "procedere ad un censimento" delle baracche e degli
abitanti, e ripete: tutti davanti alle baracche.
Cinque minuti dopo, senza che nessuno abbia capito bene a cosa serva questo
approssimativo censimento, le uniformi ripartono con un derisorio "buon Natale e
felice anno nuovo". Sempre flemmatico, Dragomir riprende il suo posto accanto
alla stufa.
"Bruciare la miseria"
Un po' più tardi, sono i pompieri dell'Essonne a sbarcare, allertati da un
grosso rogo di spazzatura nel campo. Spiegano i Rom: stanno bruciando "la
miseria", cioè i r5ifiuti accumulati in un enorme tumulo di cui il sindaco non
vuole sbarazzarli.
Nel mucchio, c'è della plastica. Fa parecchio fumo, sopra la vicina statale.
La pompa serpeggia nella bidonville per spegnere il fuoco.
"Capisco perfettamente le loro buone intenzioni, ma non posso tollerare
questa puzza," taglia corto il direttore dell'ufficio del sindaco di Ris, venuto
assieme all'assistente alla sicurezza.
Bandiera europea capovolta e posata come tetto su una catapecchia (Camille
Polloni/Rue89)
Sciarpa annodata al collo, giacca impeccabile e jeans, il direttore rimane
arroccato su una roccia all'ingresso del campo, per non coprirsi di fango le
eleganti scarpe nere. Dragomir rimira la scena con un bambino:
"Manderò un lustrascarpe, perché le calzature del direttore dell'ufficio
siano ben lucidate."
Due vigili vanno a controllare se il fuoco s'è spento, sotto l'occhio
divertito delle famiglie. E' sette mesi che sono accampati su questo terreno
comunale, addossato ad uno stadio in costruzione.
E' Sébastien Thiéry,
dell'associazione PEROU,
a guidarci da Parigi a Ris-Orangis. Ci va una, due, tre volte a settimana,
quando ha tempo.
Ci presenta Dragomir.
Tre bambini a scuola
Rom di nazionalità rumena, Dragomir è arrivato in Francia nel 2004. Sa
costruire una casa in tre ore, "se ho il materiale": pallets, tavole, lamiere,
moquette per il pavimento. Ha vissuto in diverse baraccopoli e luoghi di fortuna
a Parigi,, Villemomble (Seine-Saint-Denis) e diverse città dell'Essonne.
Al massimo, un'occupazione è
durata due anni, presso la gendarmerie abbandonata di Viry-Châtillon,
sgomberata a gennaio. I suo figli, 5 e 6 anni, e la figlia della sua compagna,
12 anni, vanno ancora alla scuola di quel comune.
Dragomir parla un buon francese, a differenza dei suoi vicini, tutti
provenienti dallo stesso villaggio in Romania. Per lui è più facile parlare con
i giornalisti, le associazioni ed i poteri pubblici.
Entrate: tra 0 e 70 euro al giorno
I ricavi di Dragomir provengono esclusivamente dall'economia informale:
riciclo, lavoro in nero ed accattonaggio. Sono irregolari ed imprevedibili, per
questo è impossibile fare una media.
Per ora, la circolare che
ha abolito l'imposta applicata all'impiego di Rumeni e Bulgari non ha avuto
alcun impatto sulla sua situazione. In questo momento, non sta guadagnando
niente. E' la moglie che racimola un po' di soldi.
- Ferraglia: massimo 30 euro al giorno
Dragomir ha un furgone del 1986, acquistato con 400 euro su LeBonCoin.fr (in
stazione si può usufruire di Internet da un telefono pubblico).
Con suo fratello minore raccoglie metalli nei cantieri per venderli ad un
rottamaio:
"A volte ce li lasciano nei cantieri, oppure li raccogliamo per strada, nelle
discariche, quello che la gente abbandona."
Tutto mischiato, il rottame è valutato 15 centesimi al chilo. Escluso il
rame, che vale 5 euro a chilo, "ma non se ne trova molto". In sostanza, con la
ferraglia si possono fare "dai 100 ai 200 euro a settimana".
"Da cui vanno tolti cibo, sigarette e il gasolio per il furgone."
Ma da un mese, il vecchio camion ha reso l'anima. Si tratta della cinghia
della trasmissione, e Dragomir ha poche speranze di riuscire a ripararla.
Da allora ha lasciato perdere i rottami.
- Vendita di giornali: 1,5 euro al numero
Prima dei rottami, Dragomir vendeva il giornale "Sans abri" (Senzatetto,
ndr.). Lo si acquista in anticipo a 50 centesimi a numero, prima di
rivenderlo a 2 euro.
"Ne acquistavo circa 50 al mese. Non è facile venderli tutti, ma d'altro
canto ci sono Francesi che danno i soldi senza prendere il giornale."
- Lavoro in nero: da 60 a 70 euro la giornata
"Sui cantieri, i padroni vogliono operai in regola, coi documenti. Per noi
non è possibile. Ma se trovo privatamente in n ero, posso guadagnare dai 60 ai
70 euro al giorno. Così sono riuscito a lavorare 14 giorni in tutto."
- Mendicando: tra 15 e 20 euro al giorno
"Non è un suo compito. Aveva paura di essere arrestato e di non poter andare a prendere i figli a scuola. Ma sua moglie mendica di tanto in tanto. Si possono rimediare dai 15 ai 20 euro al giorno, meno di quelli che suonano."
- Al mercato: da 30 a 40 euro al giorno
"Anche lì, se ne occupa la moglie di Dragomir, una o due volte la settimana. Spiega lui: "Nel frattempo, bado ai bambini."
Vende scarpe e vestiti rimediati nella spazzatura, al
"mercato della miseria" alla
porta di Clignancourt, a nord di Parigi, dove si reca col
RER (espresso metropolitano. ndr.).
- Assegni familiari: una volta nel 2007, 800 euro
"Nel 2007, per tre mesi mi hanno dato gli assegni familiari. In tutto saranno stati 800 euro. Dopo la CAF (l'assistenza reddituale francese, ndr.) m'ha detto che s'era sbagliata, perche non avevo i documenti."
Dragomir e la sua famiglia non hanno diritto alle
prestazioni sociali: né disoccupazione, né RSA (sussidi
all'impiego, ndr.), né indennità familiari.
Beneficiano solo dell'assistenza medica statale (AME)
che "da il diritto alla presa in carico del 100% delle cure mediche e di
ricoveri ospedalieri, in caso di malattia o maternità, nei limiti delle tariffe
della sicurezza sociale, senza ulteriori oneri".
La famiglia vi ha fatto ricorso una sola volta, quando la moglie di
Dragomir ha dovuto essere ricoverata per una gravidanza difficile.
Costi: da 75 a 725 euro al mese
Tutti i materiali e i tappeti adoperati per la costruzione della baracca
sono stati recuperati. Dragomir vive in circa 15 mq. con sua moglie e tre
bambini, su un terreno che può essere sgomberato in qualsiasi momento.
In totale, sono un centinaio a vivere in questa baraccopoli al lato della
strada, in una quarantina di casupole. Se necessario, Dragomir può prestare
denaro a suo fratello, e viceversa.
- Carburante: 20 euro al giorno, finché il furgone ce
l'ha fatta
Sino al mese scorso, Dragomir metteva ogni giorno 20 euro di carburante nel
camion. Si occupava lui stesso delle riparazioni.
- Elettricità: 15 euro al mese
Le associazioni che aiutano i Rom di Ris-Orangis, hanno installato un
gruppo elettrogeno per tutta la bidonville. Funziona a benzina, circa 15 euro al
giorno, pagati a turno tra tutti gli abitanti.
Sébastien Thiéry, dell'associazione PEROU, lo ritiene un notevole
progresso:
"Prima avevano generatori individuali, che potevano costare sino a 250 euro
al mese ad ogni famiglia".
- Vestiti e cibo: forniti dalle associazioni
Per cibo e vestiti Dragomir spesso fa ricorso al
Secours populaire ed a Restos du cur. Quando può, compera al mercato i vestiti
per i suoi bambini.
"A volte i bambini chiedono quaderni, zaini di scuola o scarpe da
ginnastica, ma non posso offrirgliele. Fanno sport come sono vestiti
normalmente.
Non mi parlano quasi mai di soldi. A volte vedono che non ho i soldi per le
sigarette o niente da mangiare per me. Ma loro, sicuro, hanno sempre da
mangiare. E' la priorità."
- Spesa: da 60 a 100 euro al mese
"Compriamo da mangiare una volta al mese, quando è possibile. Diciamo che sono in media da 60 a 100 euro al mese."
Il pranzo dei bambini a scuola è gratis, grazie all'intervento di un
assistente sociale.
- Telefono: 10 euro al mese
Dragomir ha un telefono portatile, con la ricarica. Quando non ci sono più
soldi, non c'è più il telefono.
Dragomir e sua moglie prendono il bus e la RER senza pagare.
- Invio di soldi in Romania: variabile
"A volte mando dei soldi alla mia famiglia rimasta in Romania: mio padre, mia madre, mio fratello. Dipende da quanto mi resta e da quanto hanno bisogno. Per esempio, invio se sono malati."
Di Fabrizio (del 10/01/2013 @ 09:00:35, in Europa, visitato 1474 volte)
immagine da
metteteviscomodi.it
PREMESSA: Una decina di anni fa, le elites intellettuali
romanì si resero conto di rappresentare un popolo senza stato, ma che era sparso
in tutta Europa, diviso ma forte della consistenza di 10-12 milioni di persone
(praticamente, corrispondente alla popolazione di Belgio, o Ungheria, o Austria
o Danimarca). L'Unione Europea e l'abbattimento delle frontiere sembravano
un'opportunità politica da sfruttare per l'integrazione socio-economica ed il
riconoscimento dei loro diritti. Si ragionava allora in sede comunitaria
dell'allargamento a Est, e una delle richieste ai nuovi stati membri era proprio
quella del riconoscimento dei diritti dei Rom.
Dieci anni dopo, la scommessa di allora sembra persa. L'allargamento a Est
non ha fermato le discriminazioni, ma solo generato aumento dei prezzi, tagli
del lavoro e dei servizi sociali. Cose che stiamo sperimentando da tempo anche
in tutto il ricco occidente. Ma nel contempo, questo ha rinvigorito flussi
migratori che c'erano già da tempo. Ed i migranti hanno scoperto così che
l'occidente in crisi non era la terra promessa che si aspettavano: i diritti
erano sulla carta, le discriminazioni simili e il lavoro una spietata
concorrenza con chi c'era già prima.
I FATTI: I Rom rimangono la più grande minoranza europea, e
visto che come occidentali ci riteniamo ancora superiori ai nuovi arrivati,
i sacri principi europei devono essere fatti salvi. Applicandoli? Questo
sarebbe difficile... ci basta incolpare gli altri di non farlo.
Assisto ad un fenomeno curioso: mentre i media italiani diffondono notizie su
persecuzioni in Romania, Bulgaria, Slovacchia ecc. la stampa di quei paesi ci
ricambia il favore, illustrando spesso le terribili condizioni di vita dei Rom
scappati in occidente.
La cronaca recente ripete questo gioco delle parti: in Ungheria un
giornalista vicino al partito di governo ha definito i Rom come "animali". In neanche un giorno, la notizia si diffonde a macchia d'olio:
gruppi mediatici,
ANSA,
Giornalettismo,
blog.
CONSIDERAZIONI: Cos'avrebbe detto quel giornalista di così
dirompente da scandalizzarci? Qualcosa che in Italia abbiamo letto (se non
pensato, magari vergognandocene) chissà quante volte.
Però, l'Ungheria è un paese che era già povero di suo, è stato illuso da un
boom economico terminato prima che altrove, e si trova in una macroregione
europea dove i Rom costituiscono dal 7 al 10% della popolazione (e sono
naturalmente i più colpiti dall'attuale crisi). In occidente costituiscono l'1-2 per mille
della popolazione, e ci lamentiamo che sono troppi! Aggiungo che la crisi
ungherese ha portato al governo un partito di centrodestra, il FIDESZ, che
politicamente sente la concorrenza di una destra estrema, a tratti violenta,
nazionalista e antisemita come lo JOBBIK (quasi il 17% dei voti). Mi sembra
abbastanza logico che in questa situazione, il partito di governo si aggrappi
anche ad artifizi retorici di questo genere, come lo farebbe qualsiasi politico
nostrano.
Perché ci scandalizziamo, ripeto? Cattiva coscienza, mi rispondo.
Faccio un altro esempio: la Serbia, che ultimamente è
diventata un paese sotto l'occhio di Amnesty International e
dell'onnipresente galassia Soros. Hanno ragione a battersi per i diritti dei Rom, ne
sono convinto. Ma la nostra lettura dovrebbe comprendere anche altri parametri.
Ad esempio, in Serbia e nella ex Jugoslavia i Rom hanno storicamente visto
riconosciuti più diritti che in tante altre nazioni. Ma se quel paese si ritrova
a dover vivere alla giornata, dopo 10 anni di guerra, quasi altrettanto di
sanzioni, un territorio più che dimezzato e profughi (Rom e no) che sono
arrivati da ogni dove, ha un problema pratico - prima che politico: con le buone
dichiarazioni non si mangia.
CATTIVA COSCIENZA: E' colpevole la Serbia se i rifugiati
vivono in baraccopoli schifose, sgomberate senza alternative? Certo! Ma possiamo
noi rimproverarglielo, quando nel pratico (Italia, Francia) siamo noi i maestri
che hanno esportato (ed esportiamo) queste politiche? Se la Serbia, con le sue
pezze al culo, non sa più dove mettere i rifugiati, dal 2008 gli stati più
ricchi d'Europa (Svezia e Germania), rimandano forzatamente in Serbia e Kosovo i
rifugiati dell'allora ex Jugoslavia che provenivano da lì. Senza assistenza,
senza diritti, senza domande sul loro futuro.
IL COLPEVOLE: Lo so chi è, non lo dico e ognuno si risponda
per sé. La realtà (quella ci interessa tutti) è che chi rimandiamo indietro,
tornerà ancora, nonostante muri, leggi, divieti e montagne di parole. Volevamo
braccia, sono arrivate persone? Le persone non sono pacchi postali.
Di Fabrizio (del 28/12/2012 @ 09:08:03, in Europa, visitato 1495 volte)
Da
Roma_Benelux
Rom: la discriminazione
positiva è controproducente, stima un senatore par
Michel Tendil -
Intégration
Publié le jeudi 13 décembre 2012
L'evacuazione dei campi illegali, i villaggi d'inserimento, gli aiuti al
rimpatrio... Niente di tutto ciò risolve il problema dei Rom, stima il senatore
Michel Billout in un rapporto reso pubblico il 23 dicembre. Dove chiede di
uscire dalle misure di discriminazione positiva ed invita l'Unione Europea a
semplificare le misure di aiuto.
Proseguono le espulsioni di Rom dai campi illegali, ma senza portare niente
di duraturo, dice il senatore comunista Michel Billout in un rapporto reso
pubblico il 13 dicembre. "Ogni volta che c'è uno sgombero, non si fa altro che
spostare il problema da un quartiere all'altro, incrementandolo," spiega.
Raggruppandoli, "finiamo col ritrovarci insediamenti di 400 Rom e oltre,
sistemati in vere e proprie bidonville... Così diventa più difficile per gli
attori locali trovare delle soluzioni." Secondo il senatore, la circolare 12
agosto 2012, che impone una diagnosi dei bisogni prima di qualsiasi espulsione
ed una sistemazione alternativa, nel pratico non viene rispettata.
Vittime di tratta
Il senatore, il cui rapporto è stato adottato settimana scorsa dalla
commissione affari europei, ha anticipato la decisone del ministro degli interni
di interrompere gli aiuti finanziari ai ritorni volontari. In effetti Manuel Valls
ha dichiarato venerdì 7 dicembre che questi aiuti avevano "effetti perversi",
creando "un circuito tra la Romania e il nostro paese" e che per questo andavano
cancellati. Di questi 300 euro per adulto e 100 euro a bambino, nel 2011 hanno
beneficiato 10.608 persone, di cui una maggioranza di Rumeni, un costo compreso
tra i 5 e i 10 milioni di euro per anno. Ma "hanno creato una vera boccata
d'aria", dice il senatore. "Non c'è da sorprendersi quando si sa che il
biglietto del bus tra Romania e Francia è di circa 60 euro", indica nel suo
rapporto. In cambio, il senatore propone di destinare più fondi per
l'inserimento di quanti intendano creare attività economiche di ritorno nel loro
paese d'origine. Questo aiuto garantisce che "il ritorno sia una scelta
effettiva, inscritta in un progetto di vita". 80 famiglie dovrebbero
beneficiarne in virtù di un accordo firmato il 12 settembre durante la tappa di
Manuel Valls a Bucarest.
Il senatore si difende dall'accusa di "buonismo". Secondo lui, la presenza
dei Rom in Francia (tra i 15.000 e i 40.000 secondo le stime, tenuto conto
dell'assenza di statistiche) non è esente da problemi. "Non nego che oggi ci
siano reti criminali che operano con i Rom, ma penso che la gran parte dei Rom
siano vittime dello sfruttamento della prostituzione, di reti che impieghino
bambini ed adolescenti, in particolare per furti e borseggi...", tiene a
precisare. Senza parlare del furto di metallo in cui queste reti si sono
specializzate. Recentemente l'Osservatorio Nazionale sulla Delinquenza e le
Risposte Penali (ONDRP) ha allertato sulla
portata di questo fenomeno esploso negli ultimi anni, soprattutto riguardo
la rete ferroviaria. Attualmente si è svolto a Montpellier un processo
eccezionale a carico di una rete di 41 Rom accusati di aver rubato circa 400
tonnellate di rame tra il 2010 e il 2011...
"Riserve indiane"
Ma per Michel Billout "non si può combattere il reddito illegale senza
favorire il reddito legale." Ma, secondo lui, esistono molti ostacoli.
Soprattutto nel mercato del lavoro. Il senatore chiede alla Francia di eliminare
tutte le disposizioni transitorie che limitano sino alla fine del 2013 l'accesso
al mercato del lavoro: titolo di soggiorno, autorizzazione al lavoro. Se
degli accorgimenti sono già stati presi, come la soppressione della tassa dovuta
all'Ufficio Francese dell'Immigrazione e dell'Integrazione (OFII) e
l'allargamento dell'elenco dei mestieri, mantenere queste disposizioni
transitorie "appare profondamente discriminatorio e difficilmente
comprensibile", insorge Michel Billout che paragona nella sua relazione, i
10.000 rumeni o bulgari attivi ai "330.000 lavoratori stranieri -a basso costo-
che hanno lavorato in Francia nel 2012 nel quadro delle operazione aggiudicate a
prestatori stranieri." Cifre provenienti dal ministero del Lavoro, ma sminuite
dallo stesso,
che ora parla di 145.000 dipendenti distaccati.
Soltanto che spesso i Rom non hanno i livelli di qualificazione richiesti.
Oltre ad un migliore accesso all'istruzione secondaria ed all'università, come
"problema reale", il senatore incoraggia il ricorso a futuri posti di lavoro.
Michel Billout rifiuta ogni misura di "discriminazione positiva" che secondo
lui si rivelerebbe "controproducente". Si mostra prudente riguardo ai villaggi
d'inserimento, spesso presentati come una panacea: "Se si vuole creare delle
riserve indiane accettabili, ci si sta sbagliando," considera. Più in generale,
c'è bisogno di strategie nazionali per l'inclusione dei Rom, che Bruxelles ha
chiesto a tutti gli stati membri, preferendo loro le politico del "diritto
comune". Chiede in cambio all'Unione Europea di semplificare il proprio sistema
di aiuti attraverso i Fondi sociali Europei. Spiega che in Francia, un consiglio
generale ha dovuto mobilitare "cinque funzionari per sei mesi" per completare un
documento sui finanziamenti ai villaggi d'inserimento. Complessità spesso
proibitive per le associazioni e le comunità, soprattutto nei paesi d'origine:
la Romania non usufruisce che del 10% dei suoi crediti.
Di Fabrizio (del 17/12/2012 @ 09:08:19, in Europa, visitato 1450 volte)
da
Czech_Roma
Budapest, Hungary, 3.12.2012 17:17, Spiegel: la retorica dell'estrema
destra ha toccato il fondo
Czech Radio, translated by Gwendolyn Albert
La radio ceca ha pubblicato una traduzione dal tedesco in ceco di un articolo
messo online dalla rivista der Spiegel, riguardo l'estrema destra in Ungheria
(QUI
l'originale in tedesco, ndr.).
Secondo la rivista il parlamentare ungherese Márton Gyöngyösi del partito di
estrema destra "Movimento per un'Ungheria Migliore" (Jobbik) ha dichiarato
settimana scorsa in parlamento che, dato che i cittadini di origine ebraica
rappresentano un "rischio alla sicurezza", si dovrebbe compilare un elenco
nazionale dei loro componenti. Riporta der Spiegel: "Le sue dichiarazioni hanno
sollevato un'enorme ondata di indignazione, ma il governo del primo ministro
Viktor Orbán ha preso le distanze molto lentamente dal parlamentare."
Secondo il settimanale, ogni tentativo di discussione con Gyöngyösi si muta
in un'estenuante maratona di relativismo. "Non sono un antisemita," rivendica,
"ma dovete riconoscere, che quegli ebrei..." ecc. "Non sono neanche contro il
popolo romanì, ma conoscete gli zingari... e non sono nemmeno un estremista che
opera per una dittatura, ma dovete ammettere che la liberaldemocrazia ha
fallito..." Sono le argomentazioni di questo economista trentatreenne, ex
consulente fiscale. Der Spiegel riferisce che non è un estremista di destra.
Gyöngyösi è vice-presidente del gruppo Jobbik in parlamento. Il partito ha
ottenuto un abbondante 17% alle elezioni del 2010. Oggi il partito, nel paese è
il terzo per grandezza, conta 47 seggi sui 386 in parlamento.
I genitori di lavoravano per ua società ungherese di commercio con l'estero.
Il nazionalista di oggi ha passato la sua infanzia in Afganistan, Egitto India e Iraq. Jobbik
come conseguenza l'ha reso il proprio portavoce sulla politica estera.
"Gyöngyösi a volte nasconde malamente il suo piacere nella tattica di non
rispondere alle domande. Evidentemente si considera l'asso diplomatico nel suo
partito," riporta der Spiegel.
Però, la sera di lunedì scorso ha finalmente deciso di parlare in parlamento
in modo chiaro ed intelleggibile. Nel corso di un dibattito sull'offensiva
israeliana nella striscia di Gaza, ha suggerito la registrazione di tutti gli
ebrei ungheresi. Ha poi chiarito, che "gli ebrei, specialmente se sono al
governo o nel parlamento, devono essere considerati un potenziale rischio alla
sicurezza dell'Ungheria." Rivolgendosi al vice ministro agli esteri, Zsolt
Németh, ha detto: "Ritengo che una lista simile sarebbe importante soprattutto
per l'Ungheria." Németh, diplomatico di carriera nel partito di governo FIDESZ,
non ha risposto né con critico né con rifiuto a questa sfida, e neanche sembrava
molto infastidito. Ha soltanto detto che "il numero di ebrei nel parlamento
ungherese non ha niente a che fare col grave conflitto in Medio Oriente."
"Alla camera s'è svolto un dibattito puramente nazionalsocialista," ha
dichiarato da Budapest lo storico Krisztián Ungváry. Secondo lui, Jobbik si è
identificato completamente coi dogmi razzisti del nazismo. Altri partiti
estremisti in Europa non scoprono le loro carte così facilmente.
Rappresentanti delle organizzazioni ebraiche, politici ed attivisti civili
hanno reagito alle dichiarazioni di Gyöngyösi con enorme indignazione. Martedì
scorso diverse centinaia di manifestanti si sono riuniti di fronte al
parlamento, indossando stelle gialle per dimostrare contro il "fascismo
strisciante" nel parlamento ungherese. Slomó Köves, presidente del Consiglio
Unito delle Comunità Ebraiche di Ungheria, è convinto che Gyöngyösi debba essere
perseguito per le sue dichiarazioni.
Non sarebbe la prima volta che il controverso politico si scontra con la
legge. La scorsa primavera Attila Mesterházy (capo del Partito Socialista),
aveva sporto denuncia nei suoi confronti per aver negato l'Olocausto. Gyöngyösi
rigetta l'esistenza di qualsiasi legame tra le posizioni del suo partito e
l'ideologia nazista. Der Spiegel riferisce che mente clamorosamente quando fa
affermazioni simili.
Ad esempio, nell'archivio online della televisione N1, c'è un filmato in cui
alcuni membri di Jobbik chiamano Adolf Hitler "uno dei più grandi statisti del
XX secolo". La scorsa primavera, un altro parlamentare di quel partito ha
ricordato in parlamento il centotrentesimo anniversario del presunto omicidio da
parte degli ebrei di una ragazza cristiana di 14 anni nel villaggio di Tiszaeszlár.
Allora lo scandalo scioccò l'Austria-Ungheria e nella regione ci furono pogrom
periodici tra il 1882 e il 1883. L'estate scorsa venne escluso da Jobbik il
deputato Csanád Szegedi, apertamente antisemita ma di cui erano venute alla luce
le sue origini ebraiche.
Ungváry ha detto a Spiegel che le dichiarazioni di Gyöngyösi non lo
sorprendono. "Ho insistito per anni sul fatto che Jobbik fosse un partito
neonazista, nella tradizione delle Frecce Incrociate, il partito nazista che
governò l'Ungheria ai tempi di Horthy alla fine della II guerra mondiale. Il
punto chiave della nostra scena politica, tuttavia, e la mancanza di volontà da
parte del governo di fare qualcosa su Jobbik. L'atteggiamento del governo è
codardo, passivo e scandaloso," ritiene lo storico. Secondo lui esistono diverse
frange di neonazismo nell'Europa centrale, ma la maggior parte delle nazioni
stanno prendendo le distanze da tendenze simili. Tuttavia, in Ungheria i partiti
politici non hanno agito, fino a quando le organizzazioni ebraiche non hanno
iniziato a protestare con forza martedì scorso. Ricorda der Spiegel che le loro
reazioni ricordano troppo una superficiale penitenza.
I blogger che scrivono sul portale di notizie più letto in Ungheria, index.hu,
hanno sottolineato che le parole di condanna usate in questo caso, sono
esattamente le stesse adoperate in molti altri casi recenti. Nessuno del governo
si è preso il tempo per formulare una nuova dichiarazione. Secondo gli esperti
della politica lo stesso Fidesz, il partito più forte, sta spostandosi a destra
- comprensibili i suoi sforzi per attrarre i votanti di Jobbik, ma il prezzo
politico che stanno pagando è troppo alto.
Lo scorso settembre il premier Orbán di fronte agli storici monumenti nel
villaggio di Ópusztaszer ha tenuto un discorso, in cui faceva appello alla
sacrosanta natura del sangue e della terra ungheresi. Der Spiegel specifica che
le opere di autori antisemiti sono state recentemente aggiunte alla lista di
letture obbligatorie nelle scuole.
Nel corso della settimana scorsa, Jobbik ha cercato di correggere la portata
dello scandalo causato dal suo parlamentare, sostituendo la parola "ebrei" col
termine "Israeliani". Gyöngyösi ha inviato una dichiarazione ai media,
affermando che non intendeva che si compilasse una lista dei membri ebrei nel
governo e nel parlamento, ma una lista di quanti avessero contemporaneamente la
cittadinanza ungherese e quella israeliana. Ha quindi porto la mano ai
concittadini ebrei, chiedendo perdono. Antal Rogán, presidente del gruppo degli
eletti Fidesz, ha intanto compiuto i passi preliminari per introdurre sanzioni
contro future dichiarazioni simili.
In realtà, Jobbik non ha intrapreso alcuna inversione ideologica. Subito dopo
lo scoppio dello scandalo, Elöd Novak (parlamentare Jobbik) ha chiesto le
dimissioni della collega Katalina Ertsey, che ha la doppia cittadinanza
ungherese ed israeliana. Secondo le notizie odierne, Novak si è lamentato
tramite una conferenza stampa tenutasi a Budapest che "Israele ha più
parlamentari nel parlamento ungherese che alla Knesset". L'attacco alla
parlamentare, che fa parte del partito ambientalista "Un'Altra Politica è
Possibile" è avvenuto a soli quattro giorni dalla ripugnante iniziativa di Gyöngyösi.
Questa settimana Novak ha inviato una mail a tutti i parlamentari, invitandoli a
schierarsi pubblicamente contro l'opzione della doppia cittadinanza.
Inoltre, i parlamentari di Jobbik intendono pubblicare una lista dei posti in
Ungheria dove sono stati investiti "capitali israeliani". Chiedono
anche che vengano tivelati gli importi di questi investimenti. Il partito
dell'estrema destra intende anche pubblicare i trattati interstatali stipulati
con Germania e Polonia. Il capo di Jobbik, Gábor
Vona, nato Gábor Zázrivecz e di origini slovacche, sostiene che in questi
trattati esistano postille segrete tra Berlino, Budapest e Varsavia, per
chiedere a mezzo milione di ebrei residenti in quei territori di sgomberare in
caso di emergenza.
Riporta der Spiegel: "I rappresentanti delle organizzazioni ebraiche
intendono protestare domani in parlamento contro il crescente antisemitismo.
Chiedono che i parlamentari si uniscano a loro."
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