Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/03/2014 @ 09:02:29, in Italia, visitato 1398 volte)
Sergio Bontempelli - 17 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Nazzareno Guarnieri, della Fondazione Romanì, lancia l'allarme: in Abruzzo
episodi preoccupanti di discriminazione, anche istituzionale
Nazzareno Guarnieri è uno degli attivisti rom più conosciuti in Italia. Viene
dall'Abruzzo, regione dove la presenza rom ha caratteristiche peculiari, diverse
da quelle che si registrano altrove: anzi, se vogliamo dirla tutta, è proprio
facendo una scappata in Abruzzo che si possono sfatare gran parte dei pregiudizi
sui cosiddetti "zingari".
Già, perché qui i rom non abitano - e non hanno mai abitato - nei "campi
nomadi". Non vivono nelle baracche, non dormono nelle roulotte, non affollano le
piazzole degli insediamenti di periferia. Tutte le famiglie vivono in casa, e se
vuoi andarle a trovare devi suonare il campanello di qualche palazzo in cemento
armato. Tra l'altro su quel campanello, quasi sempre, non si troverà un cognome
dal sapore "esotico" - magari di origine slava, o rumena - ma uno italiano, italianissimo. Come Guarnieri, appunto. Perché in Abruzzo - dicono le
statistiche più aggiornate - l'80% dei rom ha la cittadinanza, e ce l'ha da
generazioni: si tratta di famiglie "autoctone" a tutti gli effetti.
Eppure, le discriminazioni esistono anche qui. Perché il razzismo non dipende
dal colore della pelle, non colpisce (solo) le minoranze straniere, e ha poco a
che fare con la "diversità", checché se ne dica. Ma questo è un altro discorso,
e sarà meglio non divagare: le cose che ci deve raccontare Nazzareno Guarnieri
sono già abbastanza delicate e complesse, e vale la pena di restare sul punto.
Lo storico animatore della Fondazione Romanì è preoccupato - molto preoccupato -
per quel che sta accadendo nella sua Pescara. E per la verità non è l'unico:
qui, in Abruzzo, ad essere in ansia è l'intera minoranza rom. "C'è un clima
molto teso nella nostra comunità. Con la Fondazione Romanì, e con l'Associazione
Rom Sinti e Politica che opera a Pescara, stiamo visitando quasi quotidianamente
le famiglie, facciamo riunioni e assemblee un po' con tutti. E registriamo un
clima di grande angoscia, dettato dai fatti delle ultime settimane".
A cosa si riferisce? Faccia capire anche a noi che non siamo della zona...
"Alcune vicende sono note e conosciute anche fuori regione. Lei ricorderà, per
esempio, i fatti di Alba Adriatica: nel novembre 2009, il giovane Emanuele Fadani fu ucciso da alcuni rom nel corso di una rissa all'esterno di un pub. I
colpevoli dell'omicidio furono arrestati - giustamente - e processati: è bene
chiarire subito che da parte nostra non c'è alcun "giustificazionismo", e se uno
ha commesso un reato così orribile è giusto che subisca i rigori della
giustizia. Senza se e senza ma. Il problema è che nei giorni successivi gruppi
di giovani violenti avevano organizzato una sorta di "spedizione punitiva" - di
fatto, un vero e proprio linciaggio - nel quartiere dei rom: avevano preso di
mira persone che non avevano nulla a che fare con l'omicidio, e che avevano
l'unica colpa - appunto - di essere rom... Furono lanciati sassi contro i vetri
delle abitazioni e delle auto in sosta, provocando danni ingenti".
Ma che c'entra questa lontana vicenda con la situazione di oggi? "C'entra,
perché proprio in queste ultime settimane si è concluso il processo contro i
giovani accusati di quelle aggressioni. E nessuno di loro è stato condannato. Di
fatto, un episodio molto grave di intolleranza e di razzismo è rimasto senza
colpevoli".
Il Tribunale avrà avuto le sue buone ragioni per assolvere, no? "Non voglio
entrare nel merito, anche perché le motivazioni della sentenza non sono ancora
note. Ma non nascondo che l'esito del processo ha provocato molta amarezza nella
nostra comunità. Molti rom si chiedono come sia possibile che un fatto così
grave sia rimasto senza colpevoli: anche perché le forze dell'ordine erano
intervenute, avevano assistito alle violenze, avevano identificato i presenti.
Perché le prime rilevazioni della polizia, le indagini degli inquirenti e poi il
dibattimento in aula, non hanno portato all'individuazione dei responsabili?".
E' per questo processo che si registra preoccupazione nella comunità rom? "Non
solo per quello. Ci sono altri episodi, sempre legati alla cronaca giudiziaria,
che hanno suscitato rabbia e amarezza diffusa. Il primo riguarda un caso di
discriminazione. Circa un anno fa, ricevetti una telefonata da una famiglia rom
molto conosciuta in città. Il padre mi spiegò che aveva cercato di iscrivere il
bambino a un corso di nuoto: il proprietario della piscina, che in un primo
momento si era detto disponibile, rifiutò dopo aver incontrato di persona la
famiglia. La sensazione era che il bambino fosse stato escluso perché era "zingaro". Questo è ciò che mi fu detto allora, da una persona che conosco bene.
Suggerii di andare dai carabinieri per fare denuncia. Il padre andò subito in
caserma, e i militari presero contatti con il proprietario della piscina: lo
dico perché è importante, significa che in qualche modo anche la forza pubblica
ebbe modo di rendersi conto di quel che era accaduto.
Sono state fatte due denunce, una penale - per istigazione all'odio razziale - e
una civile per discriminazione. Entrambi i procedimenti hanno dato esito
negativo: il proprietario della piscina è stato assolto, e addirittura la nostra
associazione è stata condannata al pagamento delle spese legali".
Le ripeto l'obiezione: anche in questo caso, il Tribunale avrà avuto le sue
ragioni per procedere in questo modo... "Non sono un avvocato né un giudice, e
non voglio insegnare il mestiere ai magistrati. Mi limito a dire che nella
nostra comunità questa sentenza ha suscitato amarezza e rabbia. I rom subiscono
discriminazioni di tutti i tipi, e a tutti i livelli: spesso, basta essere
identificato come "zingaro" per vedersi rifiutare l'accesso a un servizio
pubblico.
Certo, quando accadono casi del genere, non è facile dimostrare l'intento
discriminatorio: il gestore di un servizio non andrà certo a dire che ha
rifiutato l'accesso a un rom perché era rom. Porterà le sue giustificazioni,
dirà che non c'era più posto, spiegherà che non c'era nessuna volontà di
discriminare, e così via... Ma la nostra comunità vorrebbe che su questi
fenomeni si facessero indagini e inchieste più accurate. E' necessario diffondere
una cultura della non-discriminazione, anche tra gli operatori del diritto.
Altrimenti, i rom rischiano di percepire la giustizia come una cosa lontana, e
magari anche ostile".
Accennava prima ad altri episodi che ha suscitato preoccupazione tra i rom...
"Sì, ci sono anzitutto altre vicende di cronaca giudiziaria su cui non mi
soffermo in questa sede. E a queste bisogna aggiungere il fatto che in Abruzzo
le politiche di inclusione dei rom sono praticamente scomparse: di fatto, le
nostre associazioni sono le uniche che fanno qualcosa per la comunità, e tra
l'altro lo fanno a titolo volontario, senza finanziamenti pubblici. I rom si
sentono abbandonati, consegnati all'emarginazione e alla discriminazione. E
percepiscono le istituzioni - tutte le istituzioni - come mondi lontani.
Noi vorremmo invece diffondere tra i rom una cultura della legalità. Ma è
necessario che la legge e le istituzioni tutelino le minoranze, le proteggano
dal razzismo, dalle discriminazioni, dalle violenze. Altrimenti, è naturale che
si diffonda la sfiducia, che si pensi che la legge è sempre dalla parte del più
forte..." Da rileggere: Mahalla
24 maggio 2012
Di Sucar Drom (del 19/03/2014 @ 09:04:24, in blog, visitato 1922 volte)
Milano, un altro raid razzista? Non ci manca, ci manca un po' di giustizia
Da troppo tempo i Rom sono abituati a subire discriminazioni, pregiudizi,
persecuzioni perché ci possa ancora sorprendere l'episodio di Baggio di ieri,
con un gruppo di "giustizieri" che dà fuoco ad auto e camper di alcune famiglie
rom, per una manovra incauta ma senza conseguenze...
Giornata contro il razzismo, colora la tua casa e la tua città di arancione
Il 21 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro il
Razzismo, indetta dalle Nazioni Unite in ricordo del massacro di Sharpeville del
1960, la giornata più sanguinosa dell’apartheid...
Elezioni Ue, Dijana Pavlovic è candidata
Dijana Pavlovic (foto), di origine rom, attrice, mediatrice culturale e
attivista per i diritti umani è nata in Serbia nel 1976, laureata all’Accademia
di Belgrado, dal 19...
X Settimana d'azione contro il razzismo
Ricomincio da tre, i corsi sull'antidiscriminazione in Lombardia
Sono aperte le iscrizioni ai corsi di formazione previsti nell’ambito del
progetto RICOMINCIO DA TRE. La rete regionale per prevenire, conoscere,
contrastare e ri...
Mantova, Rukeli il pugile sinto che sfidò il nazismo
Rivergaro (PC), Kocani Orkestar
Di Fabrizio (del 18/03/2014 @ 09:09:40, in Italia, visitato 1440 volte)
- Francesca Pilla, 14.3.2014 su
Il Manifesto
Campania. La commissione del senato per i diritti umani in sopralluogo a
Giuliano. Mentre il campo napoletano di Poggioreale ribolle
Ieri una delegazione della commissione del senato per i diritti umani è
sbarcata a Napoli e ha girato per il campo di Giugliano, nella Terra dei
fuochi. Di fronte alle condizioni di degrado e disumane in cui vivono i
nomadi ha sottolineato "l'irresponsabilità dell'amministrazione giuglianese
nel collocare un'area di sosta attrezzata per 75 famiglie in un luogo evidentemente pericoloso per la salute". L'improvvisata delle istituzioni
arriva a tre giorni dalle tensioni verificatesi nella baraccopoli vicino
al cimitero napoletano di Poggioreale. Una storiaccia, come spesso
capita. Una ragazzina di 16 anni ha infatti raccontato (presentando
denuncia in un secondo momento) di essere stata palpeggiata da due membri
del campo. Martedì notte i parenti hanno tentato subito di farsi giustizia
da soli ed è partita una fitta sassaiola contro le baracche. Il giorno dopo
i rom, per timore di nuove rappresaglie, come avvenne con gli incendi a
Ponticelli nel 2008 e più recentemente a Scampìa, hanno preparato i
bagagli e tentato di raggiungere altri accampamenti. Un disastro perché
vicino al cimitero vivevano in centinaia, con numerosi bambini iscritti a
scuola.
In tutto si stima che la comunità napoletana conti 6mila persone e 450
minori. Sulle condizioni della struttura vicino al cimitero è inutile
soffermarsi, i piccoli a piedi scalzi giocavano nel fango, le fogne erano a
cielo aperto, mancavano acqua corrente, luce, gas e la sera, complici i
napoletani, la zona diventava luogo di sversamenti di ogni genere.
Le famiglie si sono spostate dove potevano, Gianturco e Giugliano appunto,
un posto in cui le condizioni sono se possibile anche peggiori: "La zona si
trova all'interno della Terra dei fuochi, circondata da discariche e
fortemente contaminata", hanno spiegato dalla delegazione. Proprio
qualche giorno fa sono state sequestrate diverse aree e culture perché
avvelenate da sostanze tossiche.
"Quello di Poggioreale è l'ennesimo sgombero indotto - si sfoga Antonietta
dell'Opera Nomadi - l'ultima dimostrazione dell'atteggiamento di questa amministrazione che con vuoti interventi si è resa corresponsabile di
questa situazione". All'Opera Nomadi, i volontari che quotidianamente
lavorano per garantire l'integrazione, hanno una teoria tutta loro su quanto
avvenuto: "Il presunto palpeggiamento - dicono - è stato organizzato ad
hoc perché è trapelata la notizia di un 'presunto' campo da attrezzare
nella zona".
Le istituzioni, come confermato dal vicesindaco di Napoli Tommaso Sodano,
starebbero allestendo da almeno un mese piccole case vivibili e con tutti i
confort. "Ora cosa si attende che succeda la stessa cosa in altri
insediamenti spontanei della città? - si chiede Antonietta - Ci auguriamo
di no sperando che questa volta si inizi a lavorare seriamente, dando
priorità all'umanità delle persone coinvolte".
Di sicuro il problema esiste ed è serio, anche perché gitani, rom rumeni o
provenienti dalla Jugoslavia continuano ad arrivare.
In molti hanno trovato anche piccoli lavori. Tutti conoscono la storia di Sarita e Susanna che vendevano accendini nel centro storico e ora sono
sposate con dei napoletani. Molti trovano buoni affitti nei bassi un tempo
abitati dai napoletani.
Antonietta batte sul ripristino di via del Riposo vicino a Poggioreale: "Il
comune ora deve continuare ad attrezzare e trasferire i rom nel territorio in cui vivono ormai dal 2006 dove, nonostante, le mille
difficoltà i bambini vanno a scuola e continueranno a farlo. Così come i
loro genitori - conclude - sono riusciti nel corso degli anni a costruire
forme relazionali con il territorio e con tutte le strutture interessate
e presenti in quel luogo. Mi riferisco anche al presidio sanitario".
Al momento sulla demolizione della baraccopoli è braccio di ferro tra
Sodano e il presidente della IV municipalità Armando Coppola che voleva
procedere con delle ruspe private per radere al suolo le 300 dimore di
fortuna. Il vice sindaco fa la voce grossa perché bisogna rispettare le
procedure. Nel frattempo intere famiglie vagano da un campo all'altro.
Di Fabrizio (del 17/03/2014 @ 09:02:46, in Italia, visitato 1532 volte)
Il mattino di Padova 15 marzo 2014
L'intervento dell'associazione dopo le polemiche sul possibile acquisto di un
terreno a Mortise da parte di una famiglia Rom. "Non è degno di un paese civile
fare di tutta l'erba un fascio"
PADOVA. Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dell'Opera Nomadi dopo l'episodio
di qualche giorno fa a Mortise che ha visto alcuni residenti protestare contro
il possibile acquisto di un terreno da parte di una famiglia Rom
In tempi di campagna elettorale risulta facile a tutti cavalcare il malcontento
popolare, costruendo capri espiatori a cui rivolgere il livore e la frustrazione
che spesso hanno molteplici origini. Recentemente nel quartiere di Mortise
alcuni residenti sono insorti alla notizia che una famiglia di Rom stesse
cercando un terreno da acquistare nel quale stabilirsi per diventare stanziale.
La gente ha paura... i rom rubano, sporcano, deprezzano il valore delle case e,
come dichiarano alcuni, ci sono stati dei furti. Le indagini non hanno ancora
accertato i responsabili, ma il popolo è sicuro, ha già emanato la sua
sentenza... sono gli "zingari", quelli che abitano lì a fianco, perché sono
sempre loro...., storicamente è così!
Nessuno li vuole come vicini di casa, si sa poco di loro, ma tutti li conoscono:
ladri nel dna. Ma i Rom non sono tutti uguali, proprio come gli italiani, i
francesi, gli inglesi, i tedeschi ecc, ecc .... Non tutti rubano, c'è anche chi
lavora, chi manda i figli a scuola, chi fatica ad arrivare a fine mese come
tanti di noi. Ma questo non importa a nessuno, sono "zingari", quindi bisogna
tenerli lontani. Si sente dire che bisogna mandarli via tutti, ma dove? Spesso
si tratta di cittadini, con regolare residenza nel Comune di Padova (è il caso
di molti degli abitanti dell'area di Via Bassette). Poi ci sono i Rom italiani
che sono innanzitutto cittadini italiani, con eguali diritti e doveri di un
cittadino italiano. Chi delinque va giudicato, ma se cerca un terreno
edificabile per poter finalmente smettere di girare di parcheggio in parcheggio,
ha diritto di acquistarlo e di viverci in pace.
Ci mortifica sentire che queste polemiche si alimentano nel silenzio più totale
delle associazioni che a Padova hanno Convenzioni Comunali a favore dei Rom e
che dovrebbero difendere i loro diritti e la loro dignità di esseri umani. Ci
indigna dover leggere le dichiarazioni dell'Assessore al verde pubblico, che
vuole tenere lontani i Rom da Padova e allontanare per sempre quelli che
risiedono in Via Bassette. Discorsi come questi non si adattano all'immagine di
una persona che si dichiara di sinistra e che dovrebbe prima di tutto aver
chiaro il rispetto dei fondamentali diritti umani. Questo Assessore conosce i
Rom che vogliono acquistare il terreno? Ha parlato con loro? Vorremmo
sinceramente saperlo, visto che ha già sentenziato che si tratta di delinquenti
senza possibilità di riscatto alcuno.
In questo modo non si fa altro che fomentare l'odio nei confronti di quelli che,
nella nostra società, vengono condannati a prescindere perché appartenenti ad
un'etnia altra. Dichiarazioni tali giustificano il razzismo, in qualsiasi forma
esso si manifesti e lo rendono addirittura un nobile sentimento. Non possiamo
rimanere a guardare quando un'amministrazione comunale di sinistra soffia sul
fuoco dell'intolleranza e della xenofobia, convinta così di poter tirare su
qualche voto in più, che fa sempre comodo!
Vorremmo inoltre ricordare che l'esasperazione dei residenti di Mortise è figlia
di anni di lassismo della stessa amministrazione comunale nei confronti del
problema del campo di Via Bassette. Si è intervenuti limitando l'area, erigendo
muri di contenimento, ma nulla si è fatto sul piano sanitario, per la
costruzione di un percorso di inclusione sociale serio e duraturo e per la
ricerca di soluzioni abitative diverse, nonostante gli stessi residenti si siano
sempre detti disponibili a collaborare con il Comune per individuare una
soluzione condivisa.
Ci auguriamo di non dover più assistere a simili teatrini e che finalmente si
cominci a considerare i Rom come persone diverse tra loro, persone portatrici di
specificità, da conoscere prima di giudicare. Auspichiamo che l'amministrazione
comunale ricordi che si tratta di esseri umani, a cui sì vanno ricordati doveri,
ma che hanno anche dei diritti che loro spettano come dice la Costituzione
Italiana.
Di Fabrizio (del 16/03/2014 @ 09:03:08, in casa, visitato 1737 volte)
Il gruppo di sinti al lavoro nel deposito di Amcps. FOTO ROVEROTTO
Alloggi per l'housing sociale: i lavori verranno effettuati da Amcps Intanto
quattro nomadi continuano a lavorare in viale sant'Agostino.
Chiara Roverotto su
IL GIORNALE DI VICENZA
VICENZA. Ottantamila euro per il trasloco dei sinti in via Muggia. Ma quei soldi
serviranno ad altro quando il campo sarà risistemato e le famiglie torneranno in
via Cricoli. L'Amministrazione comunale al riguardo ha le idee molto chiare: la
pressione per la richiesta di case, gli sfratti, le famiglie che si sgretolano
davanti a crisi occupazionali e non solo, stanno diventando un'emergenza per un
assessorato che per il sociale mette in bilancio oltre 10 milioni di euro
all'anno. La spesa più ingente.
Ecco perché la scelta di via Muggia, per i Sinti che l'accetteranno, ha una
duplice valenza: quella di creare appartamenti che poi serviranno per il
cosiddetto housing sociale. Alloggi per chi si trova in difficoltà, per chi deve
gestire un'emergenza, per chi non sa dove sbattere la testa e deve iniziare un
cammino partendo almeno da un tetto. Una risposta in più che il Comune cercherà
di offrire a chi continua a bussare alle porte dell'assessorato di contrà Mure
San Rocco. La gestione, probabilmente, verrà affidata all'albergo cittadino,
mentre del riadattamento edilizio se ne occuperà Aim (...)
Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.
I sinti offrono il risotto e rifiutano via Muggia
Luciano Caldaras offre il risotto al campo di via Cricoli
Grande festa in via Cricoli con tanto di vino e musica "Siamo abituati a vivere
dentro i nostri carrozzoni". Su
IL GIORNALE DI VICENZA
Da una parte gli incidenti e dall'altra la festa. Musica, risotto, vino e un
fuoco acceso dentro un bidone per riscaldare l'atmosfera. Dista appena qualche
centinaio di metri da via Muggia, ma al campo nomadi di viale Cricoli non arriva
l'eco delle tensioni. Anzi, le famiglie aprono le loro “case” ai vicentini. E
lanciano alla città un appello: "Noi non vogliamo andare all'interno di quella
caserma".
UNA GRANDE FESTA. Luciano Caldaras è uno dei protagonisti della serata. Apre le
bottiglie, serve il risotto e accoglie i visitatori. I primi ad arrivare sono i
50 manifestanti di Usb, Rifondazione e Alternativa comunista, che dalla chiesa
di Santa Maria Ausiliatrice hanno raggiunto il campo per testimoniare la loro
vicinanza ai nomadi. "Ci servono amici - spiega Caldaras - e gente buona. In
questo momento stiamo vivendo molto male tutto quello che viene detto nei nostri
confronti".
"NOI SINTI". Caldaras non entra nella polemica. Ma mette subito in chiaro una
cosa: "Noi siamo sinti - precisa - e siamo ex giostrai. Avete (...)
Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.
Di Fabrizio (del 15/03/2014 @ 09:07:41, in Italia, visitato 1165 volte)
13 marzo 2014
Ventidue scatti raccontano volti e momenti di vita di uomini, donne e bambini
appartenenti ai gruppi etnici più discriminati in assoluto in Italia e
nell'Unione Europea, i Rom e i Sinti. E' "Uno sguardo per incontrarsi", la
mostra fotografica itinerante che da domani, venerdì 14 marzo, apre i battenti
in Regione (viale Aldo Moro 21), in occasione della Settimana d'azione contro il
razzismo (17-23 marzo). Allestita grazie al progetto europeo "Roma-Matrix"
(finanziato dalla Commissione Europeaall'interno del programma "Fundamental
Rights and Citizenship"), di cui la Regione Emilia-Romagna è partner, la mostra
sfata attraverso le immagini del fotoreporter bolognese Mario Rebeschini i tanti
luoghi comuni, perlopiù negativi, su Rom e Sinti. 2745 persone, secondo i dati
ufficiali (pari allo 0,06% della popolazione complessiva), che vivono
stabilmente in Emilia-Romagna e che nel 90% dei casi sono cittadini italiani.
"La scelta di questa mostra non è casuale - spiega l'assessore alle Politiche
sociali Teresa Marzocchi -. Recentemente la giunta ha approvato le Linee guida
per rafforzare e potenziare l'operatività della rete regionale contro le
discriminazioni. Un problema sempre all'ordine del giorno: si pensi a quanto
accaduto alla squadra di calciatori marocchini a Forlì, cui va tutta la mia
solidarietà, fatta segno di continui insulti razzisti e per questo in qualche
modo indotta a ritirarsi dall'attività sportiva. Episodi gravissimi cui va posto
rimedio, lesivi anche nei confronti delle stesse associazioni sportive coinvolte
che sono, al contrario, costantemente impegnate nella lotta alle
discriminazioni".
"E se finora ci si era occupati prevalentemente di episodi legati
all'immigrazione - continua l'assessore -, i cinque anni d'attività del Centro
hanno dimostrato chiaramente come la casistica si sia progressivamente ampliata
verso altri fattori di discriminazione: l'età, la lingua, la religione o le
convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura,
l'appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la
disabilità, l'orientamento sessuale e così via. Non solo: assistiamo ultimamente
a una sovrapposizione di fattori, le cosiddette 'discriminazioni multiple'. Di
qui la necessità di migliorare gli strumenti di cui la Regione dispone. Ricordo
inoltre la nostra adesione a Ready, la Rete nazionale delle Pubbliche
Amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di
genere".
Per rafforzare l'efficienza del Centro contro le discriminazioni, la Regione
destinerà quest'anno 40mila euro alla prevenzione con il sostegno alle numerose
attività territoriali di educazione, informazione e sensibilizzazione. La
Regione inoltre è capofila del progetto Star (Sportelli Territoriali
Antidiscriminazioni in Rete): con i 126mila euro del Fondo europeo per
l'integrazione, viene finanziata la sperimentazione di diversi assetti e
funzioni dei punti che fanno parte della rete.
Il Centro regionale contro le discriminazioni: i dati
Centocinquantacinque, tra nodi, sportelli e antenne. E' questa la composizione
del Centro regionale contro le discriminazioni, il cui processo di costruzione è
stato avviato nel 2008. Il Centro può contare su una rete diffusa su tutto il
territorio (sportelli già attivi di Comuni e sindacati, sedi di associazioni del
terzo settore) che hanno deciso di includere le attività di prevenzione e
contrasto delle discriminazioni nel lavoro già svolto. Parallelamente alla
costruzione e formalizzazione delle rete, il centro regionale contro le
discriminazioni ha organizzato corsi di aggiornamento di base per le figure
incaricate da ciascun soggetto come referenti operativi
dell'antidiscriminazione. Complessivamente, dalla fine del 2008 a oggi, sono
stati trattati circa 300 casi di discriminazione (che si sono verificati
perlopiù in ambito lavorativo), segnalati direttamente alla rete dei punti
territoriali o attribuiti dal numero verde dell'Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Settimana d'azione contro il razzismo: gli appuntamenti in Emilia-Romagna
Anche quest'anno, in occasione della Settimana d'azione contro il razzismo, dal
17 al 23 marzo si svolgeranno numerose iniziative in tutta l'Emilia-Romagna:
proiezioni di film, presentazione di un'app, letture e laboratori per i giovani,
feste e aperitivi interculturali, banchetti informativi, flash mob e così via
(l'elenco completo sarà disponibile a breve all'indirizzo
http://sociale.regione.emilia-romagna.it/). Giovedì 20 marzo l'assessorato
Politiche sociali della Regione pubblicherà una newsletter dedicata.
Di Fabrizio (del 14/03/2014 @ 09:00:14, in Italia, visitato 1432 volte)
13/03/2014 - Comunicati Stampa: Di sgombero in sgombero!
Il 3 marzo la polizia locale ha sgomberato il campo informale sito nelle
vicinanze dell'ospedale Sacco a Milano e questa mattina sono stati sgomberati
due insediamenti rom situati nella zona dell'ex caserma di Viale Forlanini. Sono
tutte persone provenienti da
sgomberi precedenti.
Questa mattina, la Polizia Locale, Polizia di Stato e Carabinieri, con il
supporto della protezione Civile, dell'Ufficio Nomadi del Comune e del
Coordinamento Rom, hanno proceduto all'ennesimo sgombero di insediamenti
occupati da famiglie di etnia rom.
Le modalità' di sgombero sono quelle a cui il Comune di Milano ha ormai
abituato, ovvero: assenza di ordinanza di sgombero, nessuna consultazione
precedente con le famiglie interessate, offerta alloggiativa deficitaria e solo
temporanea. In sostanza, il Comune milanese insiste nella sua miope pratica di
sgomberare interi nuclei famigliari con grande spreco di risorse pubbliche, in
aperto spregio dei diritti umani fondamentali di tali persone, nel mancato
rispetto degli standard internazionali e senza alcuna volontà' di trovare
soluzioni durature.
Le Autorita' milanesi, quindi, si adoperano con un importante spiegamento di
forze e risorse pubbliche per sgomberare - con cadenza almeno mensile - le
stesse persone, spostandole da un angolo all'altro del territorio comunale, con
brevi passaggi negli indecenti, sovraffollati e costosi centri di permanenza
temporanea.
"Il 3 marzo sono state sgomberate 60 persone senza che venisse offerta loro
alcuna soluzione alloggiativa che è stata invece in parte proposta alle 40
persone sgomberate stamani." dichiarano i volontari del Naga e gli operatori di
ERRC presenti allo sgombero. "Le persone sgomberate dieci giorni fa sono per
strada senza assistenza né accoglienza creando una situazione grottesca ed
incomprensibile. Fermo restando che le soluzioni alloggiative proposte dal
Comune si rivelano spesso inadeguate in quanto non rispettose dei bisogni e dei
diritti fondamentali dei cittadini rom - e infatti sono spesso giustamente
rifiutate - un minimo di accoglienza ci sembra il minimo che un'amministrazione
che possa offrire a chi vive sul suo territorio." Proseguono i volontari e gli
operatori.
"Ormai da tre anni aspettiamo dal Comune un segnale forte di discontinuità, gli
sgomberi rimangono invece l'unica risposta messa davvero in atto.
L'amministrazione dimostra così non solo di non riuscire a realizzare nessuna
pratica di discontinuità, ma di non riuscire nemmeno a immaginarsela. Forse
manca il coraggio di attuare una politica diversa. Di certo non manca il
coraggio di sgomberare". Concludono Naga e ERRC.
Naga ed ERRC continueranno a monitorare la situazione, ad assistere le persone
sgomberate e a chiedere che si trovino soluzioni strutturali per quella che,
dopo tanti anni, non deve più essere trattata come un'emergenza.
Info: Naga: 3491603305 - www.naga.it
- naga@naga.it
ERRC: Sinan Gökçen
Media and Communications Officer
European Roma Rights Centre
Tel. +36.30.500.1324
sinan.gokcen@errc.org
Di Fabrizio (del 13/03/2014 @ 09:04:00, in media, visitato 1677 volte)
Avete presente quei film dove la vicenda varia a seconda di chi la racconta?
Storia breve, quella che ho letto da Napoli, ma interessante perché:
- si parla di ZINGARI, parola che sempre risveglia il voyerismo
del lettore;
- come nelle chiacchiere di paese, quelle che non finiscono
mai, lo stesso fatto viene ricostruito da tre testate in tre
maniere diverse, con un risultato finale di involontaria
comicità.
-
LA PRIMA PAGINA narra di una sedicenne molestata da due
"nomadi", e di una folla che assalta a sassate il campi di
Poggioreale (brividi, pensando ai roghi di Ponticelli di pochi
anni fa, la ragazzina racconta e non ci sono testimoni, mi viene
in mente anche Torino).
- Il caso si sgonfia (e si complica) sulla
STAMPA: i giustizieri sarebbero due cugini della ragazza. Le
hanno anche prese, e solo a questo punto la folla ha preso le
loro parti.
-
THE BLAZONED PRESS (esiste anche un nome simile) estrae il coniglio dal cappello parlando
di faida: molestatori e molestata sarebbero tutti rom, e
la folla?
Di Fabrizio (del 12/03/2014 @ 09:04:21, in casa, visitato 1876 volte)
Robb de matt, cito testuale: "... fino a quando tutti gli
appartamenti non saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle
spese condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la
gestione delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di
chi, ad esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più
confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si
ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza
alternative"
S.Bona, l'immobile nuovo e semi-sfitto
Nuovo immobile Ater a Santa Bona (investimento da 3 milioni) sfitto da mesi:
diversi assegnatari non accettano di avere coinquilini rom -
di Federico de Wolanski su
la tribuna di Treviso
Il nastro è stato tagliato in autunno, trenta alloggi di edilizia popolare dell'Ater
nuovi di zecca con tanto di riscaldamento a pavimento, pannelli solari e altri
optional. Trenta case pronte, abitabili da subito, costate oltre 3 milioni di
euro ma che oggi, a cinque mesi dall'inaugurazione, sono per metà vuoti, sfitti,
non assegnati. Perché? Perché tra gli assegnatari in lista, i primi hanno
rinunciato. Motivo: "Nel condominio ci sono gli zingari".
La realtà è sotto gli occhi di tutti: sia dei residenti della zona, sia dei
pochi inquilini che invece hanno già preso casa nello stabile di via Brigata
Cadore dove nel novembre scorso, per l'inaugurazione, arrivò perfino l'assessore
alla Casa della Regione Veneto Giorgetti. Il palazzo (6 appartamenti a tre
camere, 12 a una camera singola, altrettanti a 2 camere, tutti con disponibilità
di garage, riscaldamento a pavimento e pannelli solari) è semivuoto. Gli
appartamenti assegnati, ad oggi, sono solo una dozzina sui trenta totali.
E la chiave di tutto sarebbe tutta lì, nei primi arrivati: sei nuclei familiari
di etnia rom, appartenenti alle famiglie “nomadi” più note nel trevigiano. Una
presenza che oltre ad aver già alimentato problemi di convivenza nello stabile,
avrebbe indotto più di qualche assegnatario a rinunciare all'alloggio
assegnatogli dal Comune di Treviso. Gli italiani residenti - sei famiglie in
tutto - preferiscono non affrontare l'argomento. Storcono la bocca e accennano,
a voce bassa. Ma la questione è ben nota agli uffici comunali che gestiscono le
assegnazioni. "È vero" ammette l'assessore al Sociale Liana Manfio, "quando
abbiamo contattato i candidati alla casa, molti ci hanno risposto che non
accettavano l'offerta per via degli inquilini, i rom. Non abbiamo potuto fare
nulla". Ma perché i primi assegnatari sono state le famiglie rom? "La lista era
chiara, e le assegnazioni vengono fatte in base a quella, oltre che in base alle
emergenze".
Di qui la brusca frenata alle procedure di assegnazioni e la caccia a famiglie
disponibili ad occupare stabili popolari in classe energetica superiore. Così,
il gioiello di Santa Bona si sta trasformando in un edificio fantasma, con tutti
i problemi del caso. Già, perché fino a quando tutti gli appartamenti non
saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle spese
condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la gestione
delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di chi, ad
esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più
confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si
ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza
alternative.
Come se non bastasse poi l'edificio ha già cominciato a risuonare di lamentele e
tensioni tra inquilini e Ater, e tra inquilini ed inquilini. Una situazione che
non facilita certo l'assegnazione delle alloggi e la gestione del condominio, e
sta alimentando anche il dibattito politico.
La Lega, con il capogruppo Sandro Zampese e Pierantonio Fanton, vicepresidente
Ater, sta affilando i coltelli e ha pronta un'interrogazione diretta
all'assessore al Sociale Liana Manfio e al sindaco Manildo: "È inaccettabile un
simile spreco e una simile malagestione in un momento in cui tante famiglia
attendono una casa" attaccano. La discrepanza tra l'investimento fatto, la
sicurezza con cui si annunciava che "il condominio sarà riempito subito" e la
realtà dei fatti, è stridente.
Di Fabrizio (del 11/03/2014 @ 09:07:20, in casa, visitato 1746 volte)
Sergio Bontempelli - 10 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Emarginazione, sgomberi, violazioni di diritti e spese fuori controllo.
La politica del Comune di Roma in materia di rom e sinti non è cambiata con la
Giunta Marino
Doveva essere la Giunta del rinnovamento, espressione di una politica diversa,
di un vero e proprio "cambio di passo" rispetto al passato. Invece, i primi otto
mesi di Ignazio Marino al Campidoglio sono all'insegna della continuità con
l'Amministrazione Alemanno, almeno per quanto riguarda le politiche in materia
di popolazione rom e sinti.
È questa l'accusa che l'Associazione 21 Luglio, una delle sigle più attive e
conosciute della galassia romanì, ha lanciato pubblicamente presentando il
dossier "Senza Luce: rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le comunità
rom e sinte nella città di Roma e il Best House Rom".
In effetti, i dati raccolti nel dossier sono impressionanti. A partire dal 12
settembre scorso,
con l'intervento nel campo di Via Salviati, la Giunta Marino
ha effettuato ben diciassette sgomberi: in media uno ogni quindici giorni. "Si
tratta di un numero inferiore a quello registrato sotto la passata
Amministrazione", spiega Carlo Stasolla della 21 Luglio, "ma comunque ancora
alto e preoccupante per le modalità con cui gli sgomberi sono stati attuati, in
particolare per la costante assenza di reali consultazioni con gli interessati".
Eppure, la pratica degli sgomberi è stata oggetto di durissime critiche da parte
delle organizzazioni internazionali. "Gli sgomberi non servono", proseguono gli
estensori del dossier, "e la stessa "Strategia Nazionale di Inclusione",
approvata dal Governo italiano in attuazione delle politiche europee, chiede di
superarli".
Come superare i campi? Costruendo altri campi...
Vale la pena soffermarsi proprio sulla
Strategia Nazionale di Inclusione: si
tratta di un documento che non è giuridicamente vincolante - non è insomma una
legge, e nemmeno un'ordinanza, una direttiva o un regolamento - ma che prescrive
le politiche da attuare nei confronti delle popolazioni rom e sinte. In
particolare, la Strategia chiede di avviare percorsi di inserimento abitativo,
lavorativo e sociale, superando le pratiche di segregazione urbana e la logica
dei "campi nomadi".
A parole, la Giunta Marino si ispira alla Strategia, e la fa propria. O per
meglio dire, si esprime in modo contraddittorio e ambivalente: già, perché le
dichiarazioni pubbliche degli amministratori capitolini usano linguaggi diversi.
C'è quello del Sindaco Marino, che non si fa scrupoli di associare i cosiddetti
"nomadi" ad un problema di "sicurezza" e di ordine pubblico (il 18 luglio, nel
suo primo discorso programmatico, il medico prestato alla politica spiegò che
"sui nomadi abbiamo avviato una collaborazione con le forze dell'ordine per
riportare nei campi attrezzati una situazione di ordine e legalità"). E poi c'è
il linguaggio di Rita Cutini, assessora al Sostegno Sociale e alla
Sussidiarietà, che invoca costantemente la Strategia Nazionale, parla di
inclusione e rilancia la necessità di "superare i campi nomadi".
Il modo in cui l'assessora intende perseguire questi obiettivi è, tuttavia,
perlomeno bizzarro. Il 13 febbraio scorso, al Tavolo Tecnico su Rom e Sinti, la
Cutini ebbe a dire infatti che "la nostra idea è superare i campi immaginando di
creare campi di medie dimensioni". Non è uno scherzo, è proprio così: il Comune
di Roma vuole superare i campi costruendo altri campi (sia pure "di medie
dimensioni"). Un po' come se uno volesse smettere di fumare accendendosi una
sigaretta...
Best House Rom
Ma la vera novità delle politiche capitoline è rappresentata dall'immobile di
via Visso, conosciuto col nome un po' beffardo di "Best House Rom" (per chi non
sapesse l'inglese, l'espressione suona più o meno come "la miglior casa dei
rom"). Si tratta di una struttura di accoglienza, utilizzata già
dall'Amministrazione Alemanno, e pensata per collocare famiglie sgomberate dai
campi cosiddetti "abusivi".
Qui, dal 16 al 18 dicembre 2013, sono stati trasferiti i 120 rom presenti nel
"villaggio attrezzato" di via della Cesarina, mentre il 6 febbraio scorso sono
state inserite 47 persone allontanate da via Belmonte Castello.
Le accuse della 21 Luglio sul "Best House Rom" sono circostanziate e durissime.
L'immobile è un vecchio capannone industriale, da cui sono state ricavate
piccole stanze senza finestre e senza luce naturale (di qui il titolo del
dossier, "Senza Luce" appunto). La struttura non è arredata, e gli ospiti hanno
a disposizione solo dei letti dove dormire.
"Gli spazi", denunciano gli estensori del rapporto, "sono inadatti e lontani da
quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in
media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge
anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un'unica stanza
di circa 12 mq. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i
12 mq indicati dalla Legge Regionale".
Non basta: secondo le rilevazioni effettuate dai tecnici della 21 Luglio,
nell'immobile "non sono presenti adeguate misure di sicurezza. La capacità di
esodo, in caso di incendio, risulta fortemente limitata per la carenza di
adeguate vie di fuga".
Il regolamento interno del centro di accoglienza, infine, è gravemente lesivo
dei diritti dei rom. "In teoria", spiegano ancora dalla 21 Luglio, "la
permanenza nella struttura non deve essere superiore ai 90 giorni. In realtà,
molti degli ospiti accolti a partire del luglio 2012 sono ancora presenti, senza
che a loro sia stata formalizzata una proroga. La possibilità di rimanere nel
Best House Rom è costantemente minacciata dall'assenza di trasparenza nelle
procedure di rinnovo, dalle incertezze sui tempi di ospitalità, dalle clausole
di espulsione contenute nel Regolamento. In caso di allontanamento improvviso,
le famiglie risultano sprovviste di tutela legale, permanendo così in una
condizione di costante assenza di certezza".
Quanto ci costa?
Come spesso è stato osservato, le politiche di segregazione dei rom hanno costi
altissimi per il contribuente. Per il solo Best House Rom, il Comune di Roma ha
speso 765 mila euro per gli ultimi sei mesi del 2012, e altri 522 mila euro da
gennaio a maggio 2013. In altre parole, per il mantenimento della struttura il
Campidoglio spende più di 6 mila al giorno. No, non è un errore di stampa: sono
proprio 6 mila euro al giorno. Cifre altissime, a cui si devono aggiungere i
costi degli sgomberi (secondo alcune stime, 15/20 mila euro per ciascun
intervento), e quelle per il mantenimento dei campi e dei villaggi attrezzati.
Siamo di fronte dunque a una politica che produce segregazione, e che costa.
Esistono alternative possibili? La 21 Luglio ne ha proposte alcune: la
sospensione degli sgomberi, l'avvio di una reale consultazione con la comunità
rom e sinti, la chiusura dei campi, l'avvio di un percorso di inclusione sociale
e abitativa. Sono le medesime richieste contenute in un documento presentato -
all'inizio di Settembre - dall'Arci Solidarietà e dalla stessa 21 Luglio.
"Il documento", spiega ancora Carlo Stasolla, "era rivolto alle autorità locali,
al fine di indicare i principi essenziali di una nuova politica. Ma quelle
proposte sono rimaste inascoltate, e la risposta del Comune è stata il
trasferimento nel "Best House Rom" dei 120 rom presenti nell'insediamento di via
della Cesarina". Un po' come dire: non c'è peggior sordo di chi non vuol
sentire.
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