I Sinti in via Gramsci (Artioli) - Il Comune ha deciso di spostare alcune
famiglie del campo di via Gramsci
Reggio Emilia, 3 settembre 2012 - LA COMUNITA' sinti di via Gramsci si prepara a
traslocare. E' infatti di pochi giorni fa (precisamente del 31 di agosto) il via
libera ad un provvedimento dirigenziale del Comune che stabilisce la
realizzazione di due nuove microaree - una a San Maurizio e una sempre a Mancasale
- destinate ad ospitare le famiglie che attualmente vivono nel campo
alla periferia nord della città. Questo intervento rappresenterebbe un ulteriore
passo in avanti sulla strada del progetto, approvato dal consiglio comunale
nell'ottobre del 2007 e finito al centro di una lunga scia di polemiche,
che si
era prefissato lo scopo di migliorare le condizioni abitative della comunità sinta, «andando oltre il concetto dei campi sosta».
E così, dopo la prima microarea creata in via Felesino - a Villa Cella - si
apre ora un'ulteriore valvola di sfogo per gli abitanti del sempre più affollato
campo di via Gramsci. Sulla scia dell' ‘esperimento' di Villa Cella, il Comune
ha quindi individuato due aree idonee ad ospitare le famiglie sinti, una in via
Beretta (a Mancasale) e l'altra in via Zannoni (un'area di campagna non molto
abitata nella zona est della città, non lontano da San Maurizio).
L'INTERVENTO, si legge nel documento di piazza Prampolini, prevede
«per
ciascuna nuova microarea l' ‘urbanizzazione' di un terreno di 660 metri quadri,
la pavimentazione della zona per il parcheggio di roulotte e case mobili, la
realizzazione di 5 colonnine per l'allaccio di acqua ed elettricità, due servizi
igienici, un impianto di illuminazione e uno di smaltimento di acque di scarico
e piovane». I lavori, puntualizzano dal Comune, verranno portati a termine in
meno di un anno dal loro inizio. Per quanto riguarda i costi, si stima una spesa
di 230mila euro, finanziati per il 90% (207mila euro) da fondi regionali. Fondi
(261mila euro in tutto per la provincia di Reggio) che la giunta di viale Aldo
Moro ha sbloccato nel giugno scorso per il «miglioramento delle condizioni di
vita nei campi nomadi». Un provvedimento che ha fatto andare su tutte le furie
il capogruppo della Lega in sala del Tricolore Giacomo Giovannini («Appuriamo
che Errani ha più a cuore i nomadi che i terremotati»).
DI TUTT'ALTRO tenore invece l'accoglienza riservata alla notizia dagli
abitanti del campo sosta di via Gramsci. «Ben vengano le microaree - esulta
Silvio Truzzi, che il campo di Mancasale lo ha visto nascere -. Qui ci sono
quasi 40 ‘campine', e, quando ci siamo tutti, siamo circa in 300. E più le
famiglie si allargano, più serve spazio». Uno spazio che in via Gramsci ormai
non c'è più. «Le casette sono una attaccata all'altra . Non c'è privacy e se per
disgrazia dovesse scoppiare un incendio sarebbe un disastro. Con queste nuove
sistemazioni si potrebbero invece avere spazi idonei per vivere dignitosamente».
Qualche perplessità in più invece riguardo alle dimensioni ipotizzate per le
nuove microaree. «Per 660 metri quadri - continua Truzzi - non vale nemmeno la
pena di iniziare i lavori. Nel giro di due anni, con l'arrivo di figli e nipoti
e il conseguente ampliarsi delle famiglie, si sarebbe ancora da capo. Ne
servirebbero almeno mille». Il progetto si preannuncia comunque tutto in salita.
Il rischio è che - vista anche la non semplice situazione economica - si
scoperchi un ‘vaso di Pandora' ancora peggiore di quello di Villa Cella.
Continuiamo ad occuparci di bioedilizia, amici di Ecoblog, seguendo i progetti
del contest
Solar Decathlon Europe 2012 che ricordiamo si svolgerà dal 14 al 30
settembre prossimo a Madrid. Dopo la portoghese
Casas Em Movimento, l'abitazione
solare modulare che vi abbiamo presentato nelle scorse settimane, è la volta di
un progetto made in Romania.
Si chiama PRISPA ed è una
casa solare prefabbricata che produce, grazie ai
pannelli fotovoltaici, il 20% in più di energia dei consumi medi (in Romania). A
Bucarest i consumi medi sono di 7.508 kWh all'anno, la casa ne produrrebbe 9.501
kWh. Una piccola centrale energetica che va oltre l'autosufficienza. Il progetto
degli studenti di architettura degli atenei rumeni, rispetto a quello dei
colleghi portoghesi, è decisamente più semplice: non introduce novità radicali,
come nel caso della casa modulare che si adatta alle mutate esigenze di spazio
ed energia della famiglia, in costante evoluzione, bensì punta a sfruttare le
tecnologie esistenti in modo innovativo. D'altra parte, è la prima volta che la
Romania partecipa al Solar Decathlon Europe ed è un esordio davvero niente male.
I pannelli fotovoltaici, 32 in tutto, sono integrati alla struttura per una
potenza installata complessiva di 8 kWp. La casa, costruita in legno, è
ottimizzata per sfruttare la luce solare in inverno e raffrescarsi passivamente
d'estate. In dotazione anche due pannelli solari termici ed impianti per il
riciclo delle acque grigie in grado di recuperare fino a 250 litri al giorno.
La particolare struttura angolare garantisce inoltre un elevato livello di
protezione dai venti gelidi e sferzanti che soffiano in Romania d'inverno. Anche
gli interni sono in legno, sono stati mantenuti i colori naturali dei tessuti e
delle altre materie prime utilizzate per i pavimenti ed i rivestimenti. Gli
ambienti sono arieggiati e molto luminosi e per ridurre l'invasività degli
impianti è stato progettato un locale appositamente per ospitare i convertitori
di energia e le altre apparecchiature tecnologiche.
La casa costerebbe, orientativamente, intorno ai 120 mila euro (è il prezzo del
prototipo di 87,15 metri quadrati), ma gli studenti sperano che il costo in
futuro possa abbassarsi ulteriormente attestandosi intorno ai 70 mila euro,
cifra nettamente più abbordabile.
Cliccare sulle foto per vederle a grandezza originale
Di Fabrizio (del 26/08/2012 @ 09:16:58, in casa, visitato 1435 volte)
Di Nazzareno Guarnieri
...non è stato mai affrontato, solo qualche caso puramente dimostrativo e
demagogico per buttare fumo negli occhi dei cittadini e riempirsi la bocca di
legalità.
E' bene precisare che che questi alloggi sono occupati abusivamente da cittadini
Italiani di cui circa un terzo da imputare a famiglie rom.
Da qualche mese a Pescara e Provincia è in atto LO SFRATTO dagli alloggi
popolari occupati abusivamente, cioè senza una regolare assegnazione o senza il
corretto iter amministrativo.
Una scelta giustissima per la garanzia dei diritti e per il ripristino della
legalità.
Ma gli fratti eseguiti finora riguardano SOLO FAMIGLIE ROM.
Inoltre dopo questi fratti molti bambini rom vengono letteralmente buttati in
mezzo alla strada violando la normativa che obbliga a definire una soluzione
alternativa allo sfratto ed in particolare per tutelare i minori.
E' POSSIBILE RIPRISTINARE LA LEGALITA' VIOLANDO LA LEGGE?
Per esempio si è verificato che in condominio con 3 inquilini abusivi, di cui
uno Rom, lo sfratto è stato notificato ed eseguito solo ll'inquilino abusivo
rom.
Diverse sono situazioni simili, sia a Pescara che nei comuni della Provincia.
Un vero PROGROM che riverserà il disagio sulla quotidianità di tutti i cittadini
E' questa la legalità di questa politica abruzzese?
L'ennesima discriminazione razziale di una politica incapace di governare.
Dove è finita l'opposizione politica?
e la società civile?
Tutti bravi a fare fumo e teorie, fatti concreti utili al cittadino? .... chi sa
quando
La legalità è una valore importante per una società civile e democratica e non
può essere strumentalizzata per interessi personali o di parte.
Quanti personaggi a Pescara si sono riempiti la bocca di legalità ed istigato
all'odio razziale SOLO per essere eletti e dopo la elezione non hanno fatto
nulla?
La Fondazione romanì Italia ed il Centro Studi Ciliclò nei prossimi giorni, in
merito agli sfratti eseguiti e da eseguire a Pescara e Provincia, invieranno una
segnalazione alle istituzioni internazionali preposte ed all'Ufficio nazionale
antidiscriminazione razziale della Presidenza del consiglio dei Ministri,
inoltreranno alla procura di Pescara una denuncia/esposto per indagare su
eventuali violazioni della legge.
60 macedoni costretti ad accettare il trasferimento volontario nel campo della
Barbuta, con la minaccia di rimanere in mezzo alla strada se non avessero
firmato volontariamente. I loro container, di proprietà pubblica e ben
mantenuti, invece di essere adoperati per i 300 rom rimasti vengono abbattuti
come deterrente per lo sgombero che sta tanto a cuore al "duo monnezza" che
purtroppo ancora comanda Roma Capitale. La politica romana sui rom in questa
legislatura si conclude come era iniziata: promesse, ricatti e minacce, è ora
che vadano a casa e paghino alla giustizia i gravi danni che hanno e stanno
provocando.
Di Fabrizio (del 19/07/2012 @ 09:06:15, in casa, visitato 1538 volte)
Segnalazione di Stefano Nutini. Anche su
RepubblicaCucine pulite, bambini che giocano, un palazzo rinato così una
zona piccolo borghese ha accolto 700 nomadi - dal nostro inviato GIAMPAOLO
CADALANU
BERLINO - La prova che sulla convivenza si può investire è a Neukölln, un
quartiere di palazzine basse e giardinetti curatissimi. È un rione considerato
dai berlinesi fin troppo "spiessburgerlich", cioè piccolo borghese, chiuso al
nuovo e al diverso, culturalmente lontano dal confinante Kreuzberg, da sempre
roccaforte della sperimentazione e della mescolanza culturale. Eppure proprio
qui è nato un esperimento particolare, quando un'immobiliare cattolica ha deciso
di restaurare un complesso edilizio per lasciarlo ai nomadi che l'avevano
occupato quando era semi diroccato.
Dalla finestra aperta su Harzer strasse numero 65, all'angolo con la Treptower
strasse, si vede una cucina pulitissima. Nel cortile interno, bambini con occhi
scuri giocano sereni fra due tigli, salutando gli ospiti in tedesco.
Sull'intonaco restaurato di fresco spiccano brillanti murales. Questo è il
palazzo che i vicini chiamavano "Casa dei topi". Questo è il palazzo che
Benjamin Marx, responsabile del complesso per la immobiliare cattolica Aachener,
vuole lasciare alle famiglie di origine rom che l'avevano occupato un anno fa:
"L'idea è offrire ospitalità a chi viene sempre discriminato", sottolinea il
funzionario.
Siamo a due passi dalle locali "colonie", giardinetti dati in concessione a
privati, con alberi da frutto, casette in legno di pino, steccati dipinti di
bianco e innaffiatori automatici, ma a solo pochi chilometri c'è il quartiere di
Marzahn, oggi sfilata di palazzoni del socialismo reale, ma dove un tempo
sorgeva il campo di raccolta degli "Zigeuner", gli "zingari", come i nazisti
chiamavano le persone di etnia sinti e rom con un termine oggi considerato
offensivo. La loro deportazione nel campo di Marzahn era cominciata proprio 76
anni fa, il 16 luglio del 1936, perché bisognava ripulire la capitale del Reich
in vista delle Olimpiadi.
La storia proseguì con le deportazioni a Sachsenhausen e poi ad Auschwitz. Il
bilancio di quello che in lingua rom si chiama Porajmos, cioè "la devastazione
", fu di almeno 250 mila o 500 mila vittime, ma c'è anche chi parla di un
milione e mezzo di persone sterminate, fra "zingari" e persone di sangue misto.
Gli inquilini del complesso di Harzer strasse 65 sono già settecento. La prima
ondata viene dal villaggio bulgaro di Fantanele, secondo il quotidiano popolare
berlinese BZ tutto è cominciato quando un muratore disoccupato, diventato
venditore di döner kebab, ha fatto amicizia con una ragazza romena.
È nato l'amore, poi il giovane è andato a trovare le famiglia di lei. E in
pochissimo tempo l'intero villaggio si era trasferito a Neukölln. All'inizio era
un panorama di materassi abbandonati, rifiuti ovunque, topi. Poi è arrivata
un'immobiliare di ispirazione cristiana, la Aachener. E l'esperimento è
cominciato.
Per adesso molti inquilini vivono di assistenza sociale, fanno riferimento cioè
alla Hartz VI, il sistema di sostegno per disoccupati. Ma chi può cerca lavoro,
chi non può si impegna nel risanamento della casa, sempre sotto gli occhi di
Benjamin Marx. E il programma è trasformare le palazzine in un centro moderno,
c'è persino l'idea di costruire un piccolo teatro all'interno del complesso.
"Abbiamo buttato via 150 metri cubi di immondizia, abbiamo eliminato i topi.
Adesso vogliamo nel complesso di Harzer strasse anche altre persone, non solo
rom, abbiamo già altri aspiranti inquilini", dice Marx, amministratore
dell'edificio e vero ispiratore dell'operazione. Secondo l'uomo della Aachener,
i nomadi che si sono trasferiti in Germania in realtà avevano in Romania un
villaggio con case in buone condizioni.
Ma anche a casa loro erano una minoranza, e come tale venivano trattati. "Adesso
voglio vivere qui, voglio un futuro tedesco per i miei bambini. Sono contenta
perché qui ho anche i parenti, e voglio restare in questa casa", dice una madre
con i capelli nerissimi raccolti all'indietro in una crocchia.
In tutta l'Europa, dicono gli attivisti delle organizzazioni pro nomadi, i
pregiudizi sono duri a morire, solo nei mesi scorsi un settimanale della
civilissima Svizzera ha pubblicato in copertina la foto di un giovane rom con
una pistola giocattolo sotto il titolo: "Vengono i nomadi, ondata di furti in
Svizzera".
Pure fra i piccoli borghesi di Neukölln è arrivato l'appello della destra
xenofoba, ma è caduto nel vuoto. Quando i nostalgici dell'organizzazione "Pro
Deutschland" hanno distribuito volantini contro la presenza delle famiglie dei
nomadi, nessuno gli ha dato retta. Per ora l'esperimento della Aachener va
avanti. I vicini preferiscono ascoltare la fisarmonica di una famiglia di
Bucarest, alla festa di quartiere, nel cortile dell'ex "casa dei topi", che i
richiami all'odio.
Di Fabrizio (del 10/07/2012 @ 09:03:58, in casa, visitato 1940 volte)
Conosco K. da tanti anni. Da piccoli i suoi figli ed i miei condividevano la
medesima passione per la pesca ed il calcio.
K. vive in un bel prefabbricato in via Idro, con un giardino
accogliente ed una marea di figli e nipoti.
Non credo rinnegherà mai il suo essere Rom, o i cavalli allevati da suo padre, o
una vita difficile che ultimamente ha trovato un po' di sicurezza in più. Però,
qualche anno fa ha deciso con i suoi fratelli che il campo dove ha abitato
sinora non faceva più per lui.
Se volete conoscere tutta la storia, mettetevi comodi, perché c'è parecchio da
raccontare:
Tutto cominciò
circa sei anni fa, quando una massa di emeriti sconosciuti, tra cui io e
lui, provarono a descrivere come avrebbe dovuto essere l'insediamento che loro
volevano, e come questo poteva interagire col resto della zona.
Credo che quel progetto non lo vide nessuno di chi avrebbe potuto aiutare gli
estensori, e anche K. dopo qualche mese
aveva già cambiato idea. Poco importa, qualcosa aveva cominciato a
frullargli in testa.
"...si discute per un mese e alla fine si concorda - vedere come avere un
ruolo e un tetto regolare all'interno del parco dove si vive da anni. Il più
entusiasta di tutti salta fuori con l'idea di acquistare una cascina in una zona
diversa da quella su cui si discute dall'inizio. Da una settimana proviamo a
spiegargli che l'idea c'entra come i cavoli a merenda, lui mantiene lo stesso
entusiasmo ed è convinto di avere già il finanziamento in tasca. O forse è lui a
voler convincere noi."
Nella sua numerosa famiglia allargata c'è chi da anni lavora a tempo
indeterminato. Grazie a questa fortuna (che non tutti hanno in via Idro),
riescono ad aprire un mutuo ed acquistare una cascina, tutta da ristrutturare.
Con l'arrivo del Piano Maroni si apre per loro la possibilità di finanziare la
ristrutturazione, con i fondi per i progetti di allontanamento dal campo.
I soldi a disposizione non sono molti, circa 8.000 euro a famiglia, ma tutti
assieme, ragionano, ce la si può fare. Intanto si comincia a pagare il mutuo...
i mesi passano e i soldi non si vedono. Ci sono le promesse, scritte, e
l'impegno che senza un tetto sulla testa (e già: ci sono i muri, ma il tetto fa
acqua) e un lavoro in zona (se no, come la paghi la casa?) nessuno si sposta.
Meglio vivere la miseria in un campo, pensano, che spersi in campagna; tanto la
casa, chi te la porta via?
Questa era la situazione circa un anno fa.
Cos'è successo da allora (intanto è passato quasi un anno)?
Ad ottobre scorso, la nuova giunta Pisapia scopre, tra i tanti debiti ereditati
dall'amministrazione precedente, che c'è anche quello con K. ed i suoi. Naturalmente,
non lo salderà tutto... solo una rata, magari abbastanza da comperare la porta di
casa. Ma, vedete, nonostante tutto a K. è andata bene, perché il mese successivo
il Consiglio di Stato giudica
incostituzionale tutto il Piano Maroni, bloccando
(ovviamente) i fondi.
Così ad ottobre insorgono Lega e PdL, accusando la giunta Pisapia di attuare quello per
cui il loro centrodestra s'era impegnato (ottenendo anche i finanziamenti da Roma). E il mese
dopo protesta il privato sociale, per paura di vedersi soffiare sotto il
naso
la vacca da mungere.
Anche K. vorrebbe protestare (a ragione), ma chi vuoi che ascolti la protesta di
uno zingaro?
"Da quando
la Giunta Pisapia si è insediata - ha concluso l’assessore - in attuazione del
Piano Rom coordinato dal Prefetto - una dozzina di famiglie che vivevano in via
Novara (circa la metà) e una decina di quelle che abitavano in via Idro hanno
lasciato i loro campi, trovando soluzioni abitative alternative. Una decina di
esse ad esempio si sono trasferite in una cascina in provincia di Pavia,
reperita sul mercato con l'aiuto del Piano Rom" (sottolineature mie, ndr.).
La decina di famiglie di via Idro, l'avrete capito, erano e sono tuttora sempre
nello stesso campo. Ma tre giorni fa, sono andato con K. e G. a vedere lo stato
di avanzamento dei lavori, alla fine dell'articolo potete vederlo anche voi. E, ovviamente, in via
Idro le famiglie che intendono rimanere, aspettano che partano i
lavori di
ristrutturazione del campo,
e continueranno ad aspettare... finché K. ed i suoi non libereranno lo spazio
dove vivono attualmente. Vi lascio immaginare quale sia il livello di convivenza
ed esasperazione attuale!
Ma il comune lo ignora (anche se continua a filosofare di sicurezza, inclusione,
politiche di convivenza), e ha le sue logiche immutabili, che resistono a destra
o a sinistra. Con dicembre, a K. arriva un'ingiunzione di sfratto da parte
del comune. Sono scaduti i termini concordati per i lavori e quindi lui e i suoi
devono trasferirsi. In uno dei pochi incontri avuti con gli assessori, faccio
presente che è il comune a non aver mantenuto i suoi impegni, e che se
K. si trasferisse con la famiglia (nel frattempo è arrivato l'inverno,
se la cosa fosse sfuggita), in un rudere ancora non ristrutturato,
l'autorità locale potrebbe dichiarare inagibile il posto, ed addirittura
sottrarre i bambini alle famiglie; insomma: la soluzione proposta sarebbe di
"occupare"... casa propria, col rischio di essere sgomberati o beccarsi una
polmonite. Mi risponde Majorino
(assessore alle politiche sociali, conosciuto come "mister simpatia") che non
spetta a me parlarne, e che se vogliono saranno le famiglie stesse a discuterne
con i servizi sociali. Quello che probabilmente sfugge all'assessore, è che in
realtà la situazione che lui e Granelli si immaginano, non è assolutamente sotto il loro
controllo. Comunque, bontà loro, lo sfratto non viene eseguito, ma rinviato di 3
mesi in 3 mesi, sino ad oggi e chissà sino a quando.
I lavori fatti in precedenza nella cascina, nel frattempo sono tutti da rifare,
a causa dello stop di novembre e delle infiltrazioni nei mesi invernali. K. ci
ha messo anche dei soldi propri (oltre il danno, la beffa) e tutta questa storia
gli sembra sempre più quella di un'infinita fabbrica del duomo.
Con la bella stagione, ecco che si ricomincia a parlare di sblocco dei fondi.
Ricominciano i progetti, annunciati dagli squilli di tromba della ripresa degli
sgomberi (non ho capito ancora il vizio di scrivere di progetti e agire per
sgomberi, ma questa è un'altra storia).
Però, se è K. ad attaccarsi al telefono, nella speranza che i lavori concordati
riprendano, gli viene risposto che i soldi non ci sono, e poi gli si chiude il
telefono in faccia.
K. è rom, come lo sono i rumeni sgomberati in questi giorni. Ma K. ed i suoi
hanno una casa, un lavoro, quel briciolo di sicurezza in più che non fanno di
loro delle "pezze da piedi" preda della polizia municipale: non è lo zingaro
povero e straniero dipinto da stampa e TV. Lui vorrebbe fare quel famoso passo
che gli permetta di vivere come tutti, in autonomia, senza dipendere da questo o
quello, fidandosi dei nostri accordi che lui ha sottoscritto con amministratori
e gestori. Ed invece il rischio è di tornare ancora più indietro di quel poco di
sicurezza che ha adesso, nel girone infernale degli SFOLLATI. Si sta convincendo
che il comune, i piani nomadi, le associazioni, facciano tutta questa confusione
per rispondere solo ai bisogni dei Rom rumeni, e ci si scorda (magari apposta)
che esistono anche altri Rom, come lui, che hanno situazioni più complesse, e
necessarie di quell'attenzione che sinora è mancata. In poche parole: guerra tra
poveri. In altre parole: che fiducia possono avere i Rom ultimi arrivati, in un
sistema che può scacciarli o assisterli, come una lotteria, ma che continuerà a
trattarli con la massima indifferenza anche se riuscissero a salire qualche
gradino nella scala sociale?
K. mi guarda, con la faccia di chi ha perso una bella somma ad una mano
sfortunata di poker, si accende una sigaretta... Una volta mi avrebbe detto: "Va
beh, facciamoci una birra..." Ma ora K. è cambiato, anzi per dirla tutta è
proprio incazzato, e sta pensando che dovrà denunciare pure qualcuno per questa
lunga storia.
SIGLA!
Sia chiaro, non diremo MAI dove abbiamo scattato le foto che seguono, col
rischio di ritrovare un paese tranquillo assediato da tutti i leghisti del
pavese. Anzi, se pensate che qualche foto possa dare degli indizi,
segnalatelo
che la toglieremo.
CLICCARE SULLE IMMAGINI PER VEDERLE IN DIMENSIONE ORIGINALE
Vista generale del tetto Particolari frontali K. dice di aver speso 10 mila euro per le assi del tetto, il risultato è qui
sotto Stanza allagata e altri 5 mila euro buttati via particolare della parete e del soffitto pavimento da rifare muffa sul muro imbiancato da poco Lavori in corso Da dentro Pavimento Ingresso dal retro (su quel tubo maledetto ho sbattuto la testa due
volte) Vista d'insieme Particolari Di fuori la stalla, le assi sono sparite ed è crollata
Le foto qui presentate, ed altre, sono scaricabili (file .zip - 111 MB)
QUI
Una città a Parte. L'apartheid dei Rom in Italia - di Francesco Careri
(introduzione all'inserto speciale L'abitare dei Rom e dei Sinti, de
"Urbanistica Informazioni" n° 238, 2011, pp. 23-25)
Articiviche.blogspot.it
In Italia esiste un apartheid strisciante (1), una città a parte che si prepara
per quei 35.000 Rom e Sinti che da decenni vivono nei campi - gli altri 90.000
per fortuna vivono in case – con densità da tendopoli d'emergenza, lontani dai
servizi primari, controllati da guardiania armata e telecamere a circuito
chiuso, con orari di ingresso e di uscita, tesserino con foto e codice a barre,
reti di recinzione tutto intorno. Sono un frammento di quell'universo dei campi
e delle riserve, che con numeri ancora più esorbitanti abitano il nostro pianeta
e su cui è stata prodotta una notevole letteratura: zone definitivamente
temporanee dove abita l'umanità in eccesso (2), che si aprono quando lo
stato di
eccezione diventa regola (3), zone di sospensione (4) in una sorta di
transitorietà congelata (5), e che producono sindromi di dipendenza e vite sotto
trasfusione (6) città appoggiate per terra (7),
città nude (8) abitate da
cittadini senza diritti di cittadinanza e quindi senza città, o meglio con una
città a parte, separata, tutta per loro, solo per loro.
In Italia nascono come campi nomadi - ufficialmente "campi sosta" - e sono
istituzioni regolate, in assenza di un quadro legislativo nazionale, da leggi
regionali varate negli anni novanta, una sorta di parcheggi attrezzati
immaginati per comunità girovaghe quali erano i Rom e Sinti Italiani ancora
negli anni ottanta. Appena finiti di costruire si sono trasformati in
insediamenti perennemente temporanei per i Rom in fuga dalle guerre dei Balcani
e poi dalle zone depresse della Romania. Si sono evoluti da slums di baracche e
roulotte a campi di container agli attuali villaggi, con un crescendo di
sorveglianza e di dipendenza dalle istituzioni e una conseguente perdita di
autonomia decisionale sulla propria vita.
Anche la storia dell'abitare rom in Italia ha una lunga letteratura, è la storia
dell'urbanistica del disprezzo (9) che da secoli li ha cacciati dalle nostre
città rendendoli nomadi per forza (10), stranieri ovunque (11),
popoli delle
discariche (12), figli del ghetto (13). Ma quello a cui si sta assistendo a
partire dal 2008 con il commissariamento della "questione rom" (14), è un
ulteriore passaggio dalla vecchia politica di emarginazione nelle baraccopoli a
quella di istituzionalizzazione di ghetti per i Rom e di veri e propri luoghi di
concentramento etnico (16). Il punto da cui partire non può che essere l'attuale
scenario di apartheid, e l'obiettivo prioritario è aprire nuove strade per
abitare con i Rom (17), guardare insieme a loro oltre i campi (18), superare il
dispositivo "campo nomadi", inviso ai Rom e incapace di costruire città e
cittadinanza.
Il fine che ci siamo posti con la presente raccolta di articoli è quello di
stimolare gli urbanisti italiani ad affrontare il tema dell'abitare dei Rom e
dei Sinti con maggiore consapevolezza quando lo incontrano nei loro lavori
professionali. I campi nomadi infatti, che siano baraccopoli informali o campi
istituzionali, si trovano sempre in zone instabili, in margini urbani dove a un
certo punto non possono più stare perché sono in programma nuove trasformazioni.
La prassi allora è far arrivare le ruspe, spostare i Rom, creare un nuovo campo
più lontano, con l'alibi che sono nomadi e una casa non gli serve. Tutto ciò
viene vissuto da chi pianifica la città con un misto di naturalezza e distacco,
come una questione con complesse implicazioni antropologiche sociali e
politiche. Se come cittadini non riusciamo a riconoscere i nostri pregiudizi e
la nostra ignoranza in materia, come urbanisti non ci sentiamo all'altezza di
affrontare un problema così intricato e, incapaci di assumere una propria
posizione, accettiamo i consigli degli esperti, dei servizi sociali, quando non
dei politici guidati da convenienze elettorali e pressioni di "comitati di
cittadini". Non è un caso che quello dell'abitare dei Rom e dei Sinti sia un
aspetto della città sempre demandato, quando non direttamente alle prefetture,
all'assessorato ai servizi sociali e mai all'assessorato all'urbanistica. Del
resto quel campo da cancellare non figura neanche nelle carte e il nuovo campo
continuerà a non figurarvi, sarà spostato dove ha deciso il sindaco di turno, il
più lontano possibile dalla vista dei suoi elettori, magari andando ad
ingrandire un campo esistente per non perdere voti in altri quartieri. È cosi
che si creano i megacampi che daranno megaproblemi in futuro, sia ai Rom che a
tutti i cittadini. E tutto ciò spesso avviene senza interloquire con chi
pianifica il territorio e potrebbe proporre altre soluzioni.
Si è voluto qui raccogliere diversi tipi di materiali: sulla creazione e
progettazione dei campi, sulla storia degli sgomberi in relazione con la
speculazione edilizia, su numeri e costi riguardanti i campi attrezzati, sul
rispetto delle legislazioni regionali. Ma soprattutto abbiamo creduto importante
far conoscere le politiche utili a far uscire i Rom dai campi, perché siano
proposte nel ventaglio a disposizione degli amministratori: percorsi di
inserimento nell'Edilizia Residenziale Pubblica (19), di sostegno all'affitto
privato (20), di legalizzazione e recupero dei campi informali (21), di microaree
per gruppi familiari allargati (22), esperienze di autorecupero e di
autocostruzione assistita (23) su terreni edificabili, casali abbandonati,
fabbriche dismesse, immobili sequestrati alla criminalità organizzata.
Gli articoli che proponiamo disegnano infatti un quadro italiano desolante, ma
con alcune lodevoli eccezioni. Claudia Mascia racconta di una Europa
caratterizzata in larga parte da alloggi in case popolari, e approfondisce due
casi: la Francia con 17.365 posti caravan in 729 aree per le Gens du Voyage , ma
anche con i nuovi Villages d'Insertion che sembrano prendere a modello i tristi
Villaggi della Solidarietà di Roma. E il Portogallo dove il Parque de Nómadas di
Coimbra ospita i ciganos, in vista del re-insediamento in alloggi del comune a
prezzo agevolato. Alexander Valentino ricorda come "il nomadismo sia un fenomeno
quasi estinto in Italia ed che si debba parlare di mobilità di persone, o
gruppi, all'interno della Comunità Europea", denuncia il ruolo complice delle
associazioni umanitarie, e ci racconta di come nell'area napoletana diverse
comunità italiane un tempo integrate come i cilentani, i Sinti vesuviani, i
napulengre e i rom giuglianesi oggi si trovino in gravi difficoltà perché i loro
mestieri non vanno più al passo con la globalizzazione. Ma ci fa ragionare anche
su come le cronache romana hanno avuto attraverso i media effetti nefasti a
chilometri di distanza. Un esempio è il Campo della Favorita di Palermo
descritto da Simone Tulumello dove "le condizioni sono precipitate negli ultimi
anni caratterizzati da un totale disinteresse istituzionale e da una cresciuta
attenzione politica", nel totale vuoto normativo siciliano in cui i campi non
esistono seppure insediati da oltre vent'anni. Anche il campo di Cagliari è uno
di questi, si chiama "campo SS 554", il nome della statale. Barbara Cadeddu
racconta le sue vicende e propone l'arte come mezzo per scardinare il
pregiudizio e per offrire alla città la possibilità di mostrarsi in tutte le sue
contraddizioni, come in due documentari che raccontano storie di vita di bambini
di periferia, Rom e Gagè, tutti figli dell'indifferenza e del silenzio.
Ma dall'Italia arrivano anche buone notizie. Stefano Petrolini porta l'esempio
di Trento dove i kosovari arrivati negli anni novanta hanno trovato posto
nell'Edilizia Residenziale Pubblica e dove una nuova legge provinciale introduce
per la prima volta in Italia le "Microaree" o "Aree Residenziali di Comunità",
destinate a piccoli nuclei di famiglie allargate. Francesco Piantoni racconta
dei percorsi di superamento dei campi del piano di Bologna, volti a
"stabilizzare le condizioni abitative dei nuclei con sufficiente reddito,
assegnando loro alloggi reperiti sul mercato privato tramite un contratto di
sublocazione e un affitto agevolato". E ci descrive dall'interno l'appassionante
esperienza della Piccola Carovana che lavora all'interno dei campi per preparare
i nuclei familiari all'uscita, e segue l'ingresso in case non più reperite dal
Comune sul mercato privato e "calate dall'alto", ma "accompagnando le famiglie
nella ricerca della loro futura abitazione in maniera autonoma, di modo che
possano prendere coscienza fin da subito dei costi, delle spese, delle zone". Da
Torino Massimiliano Curto e Cristian Anastasio dell'Associazione Terra del
Fuoco, con un articolo ricco di dettagli e di dati, descrivono l'esperienza del
Dado, una delle più interessanti pratiche di autorecupero in un condominio misto
di Rom, rifugiati politici e giovani volontari, realizzato a costi assolutamente
contenuti (238 €/mq) con un risparmio del 30% rispetto a un cantiere
tradizionale.
C'è infine il caso Roma, dove il nuovo sistema di apartheid è in piena
sperimentazione, e l'unica risposta positiva sembrano essere le occupazioni a
scopo abitativo. Gli articoli raccolti costruiscono una critica al Piano Nomadi
che ha fissato un numero massimo di 6000 Rom sul territorio comunale e si è
concentrato nello smantellamento dei campi abusivi, nella riduzione del numero
di presenze e nel concentramento degli sfollati in villaggi dove le condizioni
di vita sono spesso al di sotto degli standard abitativi stabiliti dalla legge,
e addirittura di quelli utilizzati della Protezione Civile per disastri come
inondazioni e terremoti. Giacomo Zanelli analizza le relazioni tra la
speculazione edilizia e la localizzazione dei campi approfondendo i casi di Via
di Villa Troili, via dei Gordiani e Camping Roman River, mentre Cecilia
Sgolacchia fa un attenta analisi dei fondi investiti per costruire e gestire i
campi e conclude che se fossero stati investiti in edilizia pubblica, oggi più
di 8000 Rom potrebbero vivere nelle case popolari.
Ma anche a Roma alcune buone pratiche hanno cominciato a manifestarsi.
L'esperienza di Savorengo Ker raccontata da Azzurra Muzzonigro fa comprendere
come i Rom del Casilino 900 sono stati in grado di produrre una loro risposta
per il loro abitare, attraverso un processo di autocostruzione creativa
inventato insieme a Stalker/Osservatorio Nomade e l'Università di Roma Tre, che
ha dato vita a una casa in regola con le normative edilizie e che costa un terzo
di un container. Mentre Francesca Broccia e Adriana Goni Mazzitelli raccontano
dell'esperienza del Metropoliz, una ex fabbrica occupata da migranti provenienti
dall'Africa, dal Sudamerica e dall'Europa dell'Est , che ha accolto diverse
famiglie di Rom Rumeni che con grande consapevolezza politica hanno deciso di
sottrarsi ai campi. Il Metropoliz, come il Dado di Torino, ci sembrano indicare
una nuova strada capace di superare non solo il campo ma anche la logica
monoculturale dell'abitare Rom fino ad oggi data per immutabile. Dalle queste
esperienze, seppur molto diverse tra loro, si può desumere infatti un modello di
"Condominio Interculturale" aperto ai Rom, ai migranti e a chi si trova in
condizioni abitative precarie, ma anche a studenti fuorisede e giovani volontari
in grado di accompagnare e sviluppare virtuosi processi di autocostruzione
edilizia e autogestione sociale, per costruire insieme non più ghetti ma nuovi
pezzi di città.
note:
1) La parola "apartheid" in africaans significa
"separazione", comincia ad esistere di fatto quando nel 1909 il Regno Unito
promulga il South African Act escludendo la popolazione nera dal processo
decisionale di creazione dell'Unione Sudafricana ed entra in vigore come sistema
di segregazione etnica nel 1948, quando il National Party vince le elezioni. Di
"creeping apartheid" scrive Oren Yiftachel, Theoretical Notes on 'Gray Cities':
The Coming of Urban Apartheid?, "Planning Theory" 2009, vol. 8, n. 1, pp.
88-100.
2) Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi
dell'umanità in eccesso, ombre corte, Verona 2003.
3) Giorgio Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda
vita, Einaudi, Torino 1995, p. 188.
4) Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura
dell'ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano 2007. Petti a
pag 24 cita Aleksander Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974. "
Arcipelago si incunea in un altro paese e lo screzia, vi è incluso, investe le
sue città, è sospeso sopra le sue strade, eppure alcuni non se ne sono accorti
affatto, moltissimi ne hanno sentito parlare vagamente, solo coloro che vi sono
stati sapevano tutto."
5) Di frozen transiente scrive Zigmut Bauman, In the Lowly
Nowervilles of Liquid Modernity, "Ethnography" vol. 3, N. 3, 2002, pp. 343-349;
"una transitorietà congelata, un perpetuo, duraturo stato di temporalità, una
durata fatta di tanti momenti rappezzati tra loro" in Zigmut Bauman, La società
sotto assedio, Laterza, Bari 2003, p117.
6) Michel Agier, Au bord du monde, les refugiés, Flammarion,
Paris 2002, p.85.
7) Olivier Razac, Storia politica del filo spinato. La prateria,
la trincea, il campo di concentramento, ombre corte, Verona, 2001, pp. 42-43: "I
campi non sono costruiti per durare. In ogni caso non si tratta di edificare o
fondare. Un campo, anche se immenso, non deve penetrare la memoria di un luogo,
è lì senza esservi realmente, la sua furtività è dovuta al fatto che è solo
appoggiato sulla terra, come una tenda che da un giorno all'altro può essere
tolta."
8) Camillo Boano e Fabrizio Floris, Città nude. Iconografia dei
campi profughi, Franco Angeli, Milano 2005, p.
9) Piero Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo.
Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma 1996
10) Krzysztof Wiernicki, Nomadi per forza. Storia degli
zingari, Rusconi, Milano 1997.
11) Andrea Brazzoduro e Gino Candreva (a cura di): Stranieri
Ovunque. Kalè, Manouches, Rom, Romanichals, Sinti… «Zapruder. Rivista di storia
della conflittualità sociale» n° 19, 2009.
12) Leonardo Piasere, I Popoli delle discariche, Cisu, Roma
1991.
13) Nando Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi
nomadi e l'invenzione degli zingari, nonluoghi libere edizioni, Divezzano 2002.
14) Nel 2008 il Governo Italiano presieduto da Romano Prodi ha
dichiarato lo "stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità
nomadi nel territorio delle Regioni Campania, Lazio e Lombardia" (prorogato ed
esteso attualmente anche alle regioni Veneto e Piemonte) e i Prefetti di Napoli,
Roma e Milano sono stati nominati dal Ministro degli Interni Giuliano Amato
"Commissari Delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al
superamento dello stato di emergenza".
15) Nicola Valentino (a cura di), I ghetti per i Rom. Roma Via
di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, sensibili alle foglie,
Roma 2011.
16) Associazione 21 Luglio, La casa di carta. Il Centro di
Raccolta Rom di via Salaria 971. Roma, rapporto presentato alla Facoltà di
Architettura di Roma Tre il 30 maggio 2011. Tra i report presentati recentemente
ricordiamo: Ass. 21 luglio: Esclusi e ammassati. Il Piano Nomadi di Roma: un
muro che divide i bambini dai loro diritti; Ass. 21 luglio, Report Casilino 900.
Parole e immagini di una diaspora senza diritti; Amnesty International, Lasciati
Fuori. Violazioni dei diritti dei Rom in Europa; Amnesty International, La
risposta sbagliata. Italia: il "piano nomadi" viola il diritto all'alloggio dei
Rom a Roma.
17) Tommaso Vitale (a cura di), Politiche possibili. Abitare le città con i rom
e i sinti, Studi Economici e Sociali, Carocci, Roma 2009. Nel campo delle
politiche vedi anche: Tosi A., Cambini S., Sidoti S., Esperienze innovative per
l'abitare di Rom e Sinti, in Atlante dell'alloggio sociale in Toscana,
Fondazione Michelucci e Arci Toscana, Firenze 2006; Tosi A., Rom e Sinti:
un'integrazione possibile, in Giovanna Zincone a cura di, Commissione per le
politiche di integrazione degli immigrati. Secondo rapporto sull'integrazione
degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna 2000.
18) Lorenzo Romito, Oltre i campi. Note per una politica integrata di
emancipazione abitativa, civile, culturale, economica e sociale dei Rom in
Italia, a partire dal superamento dei campi nomadi, "Roma Time" n° 5, 2009,
http://dl.dropbox.com/u/4394790/compl.pdf. Sul lavoro di Stalker /ON con i Rom
vedi Francesco Careri e Lorenzo Romito, Roma, una città senza case, un popolo
senza terra, in Aldo Bonomi (a cura di), La Vita Nuda, Triennale Electa, Milano
2008, pp.105-115;
19) Si ricorda che la legge n.179 del 17 febbraio 1992, "Norme per l'Edilizia
Residenziale Pubblica" nell' Art. 4. sotto il titolo "Quota di riserva per
particolari categorie sociali" asserisce che le Regioni, nell'ambito delle
disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15 %
dei fondi per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di
problemi abitativi di particolari categorie sociali individuale, di volta in
volta, dalle regioni stesse. La Regione Lazio con la Legge 788 del 20 febbraio
1996, nell' Art. 4.3 sotto il titolo: "Programmi per categorie speciali",
menziona esplicitamente i Rom tra tali categorie a cui assegna una quota di ERP
pari all' 11%. (Delibera 1105 del 1995).
20) Sono diverse le organizzazioni di volontariato e le associazioni che
attualmente stanno abbandonando la gestione dei campi e della scolarizzazione
per concentrarsi sul lavoro di accompagnamento fuori dai campi. Tra gli articoli
presentiamo il caso della Piccola Carovana di Bologna, ma è utile ricordare
anche il programma Le città sottili condotto dalla Fondazione Giovanni
Michelucci nel 2007 per il Comune di Pisa.
21) In campo internazionale un quadro di riferimento di eccellenza si trova
nelle linee guida attraverso cui l'OSCE - ODIHR e UN-Habitat recuperano gli
insediamenti informali Rom nel sud-est europeo: 1 - Perimetrazione e
legalizzazione degli insediamenti spontanei; 2 - Legalizzazione di parcelle e
case singole, attraverso una mappatura qualitativa dello stato di fatto; 3 -
Miglioramento e implementazione degli insediamenti esistenti con opere di
urbanizzazione; 4 - Nuove costruzioni per affrontare i problemi abitativi non
legalizzabili; 5 - Istituzione di processi partecipativi per sviluppare gli
insediamenti nuovi ed esistenti. Vedi: Vladimir Macura, Housing, urban planning
and poverty: problems faced by Roma/Gypsies communities with particular
references to central and eastern Europe, CDMG, Consiglio d'Europa, Strasbourg
1999; Vladimir Macura, Inclusion of Roma population through housing and
settlements improvement, in : A.A., Four strategic themes for housing policy in
Serbia, UN Habitat, SIRP, Belgrade 2006, pp.26-45.
22) Esempi validi sono quelli della microarea per i Sinti di Bressanone
(Bolzano) e i villaggi di Guarlone (Firenze) e di Coltano (Pisa) progettati
dalla Fondazione Giovanni Michelucci. Vedi: Corrado Marcetti., Tiziana Mori.,
Nicola Solimano (a cura di), Zingari in Toscana. Storia e cultura del popolo
Rom. Zingari e comunità locali. I campi nomadi e l'urbanistica del disprezzo.
Orientamenti per soluzioni abitative diversificate, Pontecorboli, Firenze 1994;
Città di Bolzano, Fondazione Giovanni Michelucci, La città accogliente. Studio
per un programma di superamento dei campi nomadi e delle situazioni di
precarietà abitativa tra le popolazioni di Rom e Sinti a Bolzano, Bolzano 2005.
23) Oltre a quella del Dado di Torino e di Savorengo Ker a Roma, che qui
riportiamo, si ricorda il Progetto Sperimentale di Autocostruzione "Il villaggio
della speranza" del Comune di Padova, finanziato con fondi europei e
coofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2010.
(p.f.) Soluzione definitiva,
secondo il vicesindaco Fabio Rolfi. Situazione
temporanea, secondo il segretario della Cgil Damiano Galletti. Fatto sta, che,
comunque, sul campo sinti di via Orzinuovi, a Brescia, è stato raggiunto
l'accordo: sarà chiuso, ma non ci sarà nessuno sgombero coatto.
Lunedì 2 luglio, in Prefettura, è stato infatti firmato l'accordo che prevede
che "tutte le famiglie sinti del campo di via Orzinuovi si impegnano ad
accettare le soluzioni alloggiative alternative che perverranno dal comune, il
quale si riserva di individuare abitazioni, anche sul mercato privato, da
destinare, a seconda della composizione dei nuclei famigliari, a famiglie sinti
o rom".
Un percorso graduale, che prevede che le casette del Centro di Emergenza
Abitativa di via Borgo Satollo saranno man mano liberate e destinate alle
famiglie Sinti. Due nuclei famigliari si trasferiranno già dal 6 luglio. Altri
due, che presentano condizioni di fragilità socio-sanitaria, presenteranno
richiesta all'Aler. Il Comune si impegna inoltre a trovare sul mercato 10
appartamenti da destinare alle famiglie sinti o rom di via Borgosatollo. Il
canone sarà agevolato: 170 euro a carico degli inquilini, il resto lo metterà la
Loggia. In attesa della definizione delle soluzioni alloggiative, le famiglie
Sinti potranno sostare nel campo di via Orzinuovi alle condizioni attuali.
"Finalmente si è arrivati ad una soluzione accettabile", ha commentato Galletti,
"anche grazie al ruolo di garanzia avuto dal prefetto di Brescia. Sono state
evitate soluzioni di forza: questo accordo non dà certezze ma è una risposta di
mediazione a una situazione complicata, che di sicuro le minacce e gli ultimatum
fatti propri da alcuni settori della giunta non hanno aiutato a risolvere". Una
soluzione, appunto, non definitiva. Il regolamento del Campo di via Borgosatollo
prevede che una famiglia ci resti al massimo per due anni. E se, come è
prevedibile, nei 10 appartamenti a canone agevolato ci andranno i rom, lasciando
le casette di via Borgosatollo ai sinti, cosa succederà fra due anni? Se lo
chiedono le famiglie, che ammettono di aver firmato l'accordo per paura.
"Avevamo paura dello sgombero forzato", ha ammesso Gordon Quirini, uno dei
portavoce, "abbiamo pensato soprattutto a tutelare i nostri figli". Dei 76
residenti di via Orzinuovi, 35 sono minori, quasi tutti in età scolastica. Per
loro a settembre si presenta l'incognita della scuola. Qualche famiglia ha già
iscritto i bambini negli istituti di Chiesanuova o Primo Maggio, altri aspettano
di vedere dove andranno. "Ma poi ci sarà il problema del trasporto", ha aggiunto
Galletti, "da gennaio è stato tagliato il bus che portava i bambini dal campo a
scuola".
"Finché stiamo tutti insieme, ci aiutiamo", ha spiegato una delle mamme, Ambra,
"ma quando saremo separati, dispersi chissà dove, non potremo più sostenerci.
Questo ci dispiace molto, non fa parte della nostra cultura. Abbiamo dovuto
firmare, per paura, ma contro la nostra volontà". Il sogno, ammettono al campo,
sarebbe stato di alloggiare nel villaggio prefabbricato, alle spalle delle
roulotte, fatto costruire dalla precedente amministrazione tramite fondi
regionali (un milione 270mila euro). Delle 15 casette, solo 6 sono occupate.
"Avremmo voluto andare lì", ha concluso Gordon, "quella sarebbe stata la
soluzione migliore".
Bsnews.it -
Intesa sui sinti di via Orzinuovi, la soddisfazione della Cgil: "Grazie ...
L'intesa (in allegato il testo integrale) prevede che «tutte le famiglie Sinti
del Campo di via Orzinuovi si impegnano ad accettare le soluzioni alloggiative
alternative che perverranno dal Comune, il quale si riserva di individuare
abitazioni, anche...
Qui Brescia -
Via Orzinuovi, accordo Sinti-comune
Il comune di Brescia inoltre troverà altre 10 unità abitative sul mercato
privato a canone sociale, che verranno assegnate a rom o sinti a seconda della
composizione del nucleo famigliare. I sinti potranno dunque sostare nel campo di
via Orzinuovi...
BresciaToday -
Campo nomadi di via Orzinuovi: siglato l'accordo per lo sgombero
Ieri mattina i capifamiglia dei nuclei sinti presenti nel campo nomadi di via
Orzinuovi hanno firmato l'accordo proposto da Comune e Prefettura per lo
sgombero del campo stesso. Tutte le famiglie si sono dunque impegnate ad
accettare le soluzioni...
13 giugno 2012: Un tribunale di Istanbul si è pronunciato ieri in favore
della cancellazione del progetto di rinnovamento urbano a Sulukule (vedi
QUI ndr.), il più antico insediamento rom in Europa. La quarta corte
amministrativa di Istanbul ha stabilito che il progetto su Sulukule del comune
di Fatih "non è di pubblico interesse". Si sono avuto tre casi distinti
sollevati dalla Camera di Istanbul degli Architetti, la Camera di Istanbul degli
Urbanisti e l'Associazione Rom di Sulukule. ERRC ha avviato e sostenuto il caso
dell'Associazione Rom di Sulukule.
Il tribunale ha trovato il progetto comunale in violazione della legge 5.366
sulla "Conservazione tramite rinnovamento ed utilizzo per rivitalizzazione degli
immobili storici deteriorati e delle proprietà culturali" nonché dei criteri
UNESCO sulla conservazione
del patrimonio storico.
Il progetto di rinnovamento urbano a Sulukule venne inizialmente lanciato nel
2005 e vide le famiglie rom obbligate a vendere le loro case a basso prezzo e
spostarsi lontano dal centro cittadino per permettere la costruzione di un
quartiere di lusso. Circa 3.500 residenti rom che vivevano a Sulukule videro le
loro case demolite.
Il testo della sentenza non è ancora stato reso pubblico, ma secondo i media
e gli avvocati coinvolti nel caso, il comune potrà presentare appello. Comunque,
entro un mese dalla comunicazione della sentenza il comune dovrà interrompere lo
sviluppo del progetto attuale, e predisporne un altro in linea con la sentenza.
Se il comune non dovesse attuare la sentenza, potrà essere obbligato ad un
risarcimento.
ERRC è stato
attivamente coinvolto negli sforzi per preservare Sulukule, reagendo subito
quando iniziò il progetto di rinnovamento urbano. ERRC si è incontrato con i
funzionari del comune di Fatih ed ha inviato lettere, inclusa una al Primo
Ministro, per ricordare gli obblighi della Turchia riguardo le leggi nazionali
ed internazionali. Il 31 dicembre 2007, ERRC ha avviato e sostenuto un'azione
legale dell'Associazione Rom di Sulukule di fronte al tribunale amministrativo
di Istanbul, che chiedeva l'immediata sospensione della campagna di demolizione
a Sulukule e la cancellazione del piano di rinnovamento urbano. Da allora, le
case di molti Rom ed il quartiere storico, riconosciuto come patrimonio mondiale
dell'umanità, sono state demolite. Tuttavia, ERRc accoglie con favore la
decisione della corte di Istanbul, come una rivendicazione delle proteste dei
Rom e della comunità internazionale contro l'illegalità dell'azione comunale e
come apertura alla possibilità di ovviare ai danni inflitti ai Rom coinvolti.
Per ulteriori informazioni, contattare:
Sinan Gökçen
Media and Communications Officer
European Roma Rights Centre sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324
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