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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 02/02/2010 @ 09:43:17, in Europa, visitato 1546 volte)

Da Roma_Francais

Lettera aperta

Nuova espulsione di due Rom rumeni ed OQTF (obbligo a lasciare il territorio ndr) a Saint-Martin d'Hères il 27 gennaio 2010.

Alcune famiglie rumene con bambini hanno trovato rifugio in un edificio abbandonato situato in avenue Gabriel Péri à St. Martin d’Hères (Isère). Tentano di sopravvivere con la speranza di ottenere un lavoro legale, un impiego che garantirebbe loro dei diritti. Queste famiglie sono seguite quotidianamente dall'associazione Roms Action nell'agglomerato di Grenoble.

Nel giugno 2009 un raid illegale della Polizia s'è concluso con l'arresto di un padre di famiglia considerato come "il patriarca" (che non è) e di un dipendente di Roms Action che svolgeva il proprio lavoro. Sono stati rilasciati poco dopo, perché non c'era nessun motivo per trattenerli.

L'11 gennaio 2010 alle 7.00 del mattino, dei gendarmi sono andati al medesimo luogo per arrestare due uomini, che sono stati direttamente inviati al centro di detenzione di Lione e reinviati via aerea in Romania. Nel contempo le forze dell'ordine hanno confiscato i documenti (carta d'identità e passaporto) a 3 adulti e 2 bambini, promettendo loro di ridarli l'indomani. Il 13 gennaio i documenti non erano ancora riapparsi. Roms Action ha accompagnato gli interessati nella ricerca dei loro documenti d'identità: la polizia ha ammesso che la confisca dei documenti d'identità è illegale. Per contro, non hanno accettato un reclamo contro ignoti per furto di documenti. I documenti in questione sono riapparsi solo il 14 gennaio.

Il 21 gennaio alle 6.00 di mattina, i gendarmi hanno visitato ancora una volta l'edificio ed hanno arrestato una donna, che è stata reinviata in Romania con l'aereo.

Il 27 gennaio, di mattino presto, tre camionette della Gendarmerie accompagnate da una macchina della BAC (Brigate Anti Criminalità ndr) e da un'interprete si sono ripresentate allo stesso indirizzo.

Dopo un controllo sommario del luogo (dentro gli armadi e sotto ai letti), i gendarmi hanno arrestato:

  • Una famiglia con tre bambini (15 mesi, 14 anni e 16 anni)
  • Una famiglia con due bambini (6 anni e 11 anni)
  • Un padre di famiglia (i cui due figli vanno a scuola da due anni)

Non è stata fornita nessuna spiegazione riguardo all'ispezione del luogo. Per giustificare gli arresti, la sola spiegazione data è stata "controllo dei documenti alla prefettura".

Alle 8.00 di mattina abbiamo appreso che le famiglie non erano in prefettura, ma alla gendarmerie di Moirans.

Alle 16.30 veniamo a sapere che due dei tre uomini sono stati mandati al centro di detenzione di Lione. Uno dei due era già stato oggetto di un rimpatrio forzato in Romania due settimane fa (l'11 gennaio). Era rientrato in Francia qualche giorno dopo, per raggiungere sua moglie e i suoi bambini che frequentano la scuola.

Abbiamo anche appreso che gli altri 3 adulti ed i 5 bambini sono stati rilasciati, con l'obbligo a lasciare il territorio. Le famiglie che hanno ricevuto un OQTF non erano in Francia che da una settimana - dunque lontane dal termine legale di espulsione, che è di tre mesi di presenza sul territorio. Ricordiamo anche che la Romania fa parte, dal gennaio 2007, dell'Unione Europea.

Perché questo accanimento? Queste famiglie sono tranquille (il vicinato lo può testimoniare), frequentano tra l'altro regolarmente i servizi di Roms Action e provano a cercare soluzioni per costruire la loro vita. I bambini vanno a scuola con la paura che la polizia li venga a cercare o che i genitori vengano arrestati in loro assenza. Come costruire un avvenire in queste condizioni?

Chiediamo che cessino l'accanimento e le pratiche d'intimidazione verso queste persone grandemente sconfortate.

A chi o cosa sono servite le spese generate dalla detenzione, dai giudizi e dai rimpatri in aereo verso la Romania? Se non sono offerte alternative, le persone ritorneranno in Francia qualche giorno dopo. A cosa servono queste nuove espulsioni?

A nome delle persone interessate, di quante lo saranno in seguito, e di quanti tenteranno con ogni mezzo d'arrivare,
L’associazione Roms Action

La Présidente de l'A.M.I.D.T et Samudaripen
Esméralda Romanez

ROMS ACTION
3, rue Gay-Lussac
38 100 Grenoble
09 52 52 87 13
Email romsaction@yahoo.fr

 
Di Fabrizio (del 26/01/2010 @ 09:43:51, in Europa, visitato 2134 volte)

Da Roma_Benelux

Ginevra potrebbe forzare i bambini rom ad andare a scuola - Christian Lecomte

L'associazione di difesa dei Rom teme una messa sotto tutela

Ormai i bambini rom dovranno passare le loro giornate sui banchi di scuola invece che mendicare davanti ai grandi magazzini? Questa sembra la volontà delle autorità ginevrine. Scandalizzato dal rischio di vedere dei bambini morire di freddo per le strade di Ginevra, il consigliere amministrativo (socialista) Manuel Tornare in un primo tempo si era felicitato che i suoi servizi avessero aperto un rifugio notturno per questi bambini e le loro madri. Misura di protezione salutare che però ha avuto il dono di irritare una parte della classe politica - destra e sinistra insieme - , che teme che tutto si limiti ad "una bolla d'aria".

Sotto lo sguardo di James Fazy (nota ndr)

Manuel Tornare ora va oltre, volendo aprire loro le scuole ginevrine. "Nel paese di James Fazy, si deve assolutamente difendere il principio dell'istruzione, che è il mezzo migliore per uscire dalla miseria", dichiara. Essendo la questione di competenza cantonale, Charles Beer, consigliere di stato in carico al Dipartimento dell'istruzione pubblica (DIP), proporrà una comunicazione in questo senso mercoledì mattina al Consiglio di Stato.

Il capo del DIP, che venerdì scorso si è già intrattenuto a questo proposito con Isabel Rochat, consigliera di stato in carico al Dipartimento della sicurezza, della polizia e dello sviluppo, cosicché i servizi ai minori obblighino i minori ad andare a scuola.

I metodi ed i mezzi al momento non sono ancora conosciuti. Ma garantiamo che sarà arduo convincere le famiglie rom che mendicano per strada a "lasciare" i loro piccoli. "Si deve ai minori la protezione di un'istruzione," sostiene Charles Beer. Ed idealmente, "se sono presenti in maniera stabile a Ginevra, questi bambini devono essere scolarizzati. Ma so che, statisticamente, sarà difficile trovarne anche uno solo, perché i loro genitori non vogliono."

D'altra parte, il consigliere di stato che evoca possibili casi di maltrattamenti, vedendo questi bambini che vivono per strada in pieno inverno, parla di attivare la clausola di pericolo che può condurre al sequestro del bambino, "che sia rom o di qualsiasi altra origine".

Una minaccia giudicata "grave" dall'avvocato Dina Bazarbachi, dell'associazione Mesemrom, che difende i Rom a Ginevra. "Tutto ciò non serve a niente," dice. "Questa gente è qui solo di passaggio, non vivono qui. Se c'è una soluzione, è da trattare a livello rumeno ed in scala europea. E questi bambini non sono maltrattati, non sono in pericolo. La notte, sono al riparo, e strutture diarie possono accoglierli. Agitare il tema del pericolo, significa abbassare la guardia ed imporre una misura tutelare, cosa che è inaccettabile."

"Strumenti di mendicità"

L'eletto liberale al Gran Consiglio, Olivier Jornot, che è all'origine della legge cantonale contro la mendicità, da parte sua si felicita che ci sia una riflessione generale sui Rom perché, afferma, "questo inverno il loro numero sta crescendo. La clausola di pericolo, che permette l'intervento dei servizi sociali, è una buona cosa, perché questi bambini utilizzati come strumenti di mendicità non abbiano da noi posto sulla strada" .

Riguardo la loro scolarizzazione, il deputato ci tiene a porre un limite: "C'è una situazione paradossale: questi non sono immigranti, non sono installati da noi. Scolarizzarli, significherebbe incatenarli a Ginevra e questo non ha alcun senso per queste popolazioni. Il rischio è anche di vedere questi bambini confrontati ad un altro modo di vita ed essere rifiutati dalla loro stessa comunità."


Allegato: da Roma_Francais

ASSOCIATION MESEMROM
4, rue Micheli-du-Crest,
1205 Genève
contact@mesemrom.org

Lettera aperta al Consiglio di Stato della Repubblica e al Cantone di Ginevra

Ginevra, 21 gennaio 2010

Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di Stato,

La presente fa seguito alla pubblicazione del vostro comunicato stampa di ieri, annunciante che il Consiglio di Stato incarica la polizia di interrogare e trattenere i mendicanti accompagnati da bambini o i mendicanti minori, di segnalare questi casi al Servizio di Protezione dei minori (SPMi), di condurre i minori con o senza i loro genitori in seno a questo servizio, che potrà pronunciarsi su una clausola di pericolo, cioè il ritiro immediato della patria potestà da parte dei loro genitori e l'adozione del minore da parte del servizio.

L'associazione MESEMROM intende denunciare vivamente queste misure incisive ed ingiuste prese contro i Rom di passaggio a Ginevra con i loro bambini.

Ci indigniamo che il Consiglio di Stato non abbia appreso le lezioni della storia, tornando sui passi della Pro Juventute, più precisamente quelli dell'Oeuvre des enfants de la grande route che ha imperversato dal 1926 al 1973.

Bisogna ricordare che sotto la copertura d' una motivazione sociale, centinaia di bambini zigani sono stati, all'epoca, strappati alla loro famiglia e messi in famiglie di accoglienza. Le attività dell'Oeuvre des enfants de la grande route sono state unanimemente qualificate in seguito come un genocidio culturale.

Deploriamo anche che questa decisione del Consiglio di Stato sia stata presa dall'alto senza alcuna concertazione con gli attori della società civile vicini alla popolazione interessata.

Partendo senza dubbio da buoni sentimenti, urta tuttavia il senso comune nella misura in cui si torna ad una nuova misura discriminatoria ed arbitraria che colpisce una popolazione che vive, in mancanza di interventi nazionali ed internazionali efficaci, in condizioni di precarietà e di miseria estreme.

Ricordiamo che i Rom mendicanti a Ginevra non soggiornano nella nostra città che per una durata molto limitata. Se vivono senza casa e lavoro, non è certo per una scelta deliberata. L'emigrazione, accompagnata dalla mendicità, costituisce un atto di sopravvivenza in risposta alle discriminazioni (tra cui l'accesso al mercato del lavoro) di cui sono vittime i Rom, soprattutto in Romania.

E' nel contesto delle istruzioni che voi avete data che questa mattina, alle 6.30, dei poliziotti del posto di polizia della Sevette sono all'intervenuti all'Armée du Salute ed hanno portato via tre bambini di 9, 6 e 3 anni, mentre stavano dormendo e si trovavano al sicuro con la loro madre.

Malgrado i nostri interventi nel corso della giornata, non abbiamo potuto sapere cos'era accaduto a quella madre e ai suoi bambini, mentre il loro padre è alla disperazione e non possiamo rispondere alle sue legittime domande.

In maniera più generale e forte di una visione pragmatica, chiediamo alle autorità ginevrine di precisare l'obiettivo reale - che non può essere un nuovo mezzo per tentare di escluderli dalla nostra città - e di esporre il seguito delle misure che si propongono, queste non che si possono riassumere a trattenere/detenere bambini o genitori.

Se le nostre autorità sperano, con un certo candore, di assicurare condizioni di vita ed un'educazione appropriata a questi bambini, converrà accordare loro il diritto ad un soggiorno a lungo termine, assieme ai loro genitori, cosa che presuppone anche alloggi e possibilità di lavoro.

Una volta di più, chiediamo l'attenzione delle autorità sul fatto che misure coercitive, come le sanzioni penali, non porteranno in nessun caso una soluzione ad una problematica legata alla miseria, che non può essere risolta che con la collaborazione attiva e positiva, sul posto, delle autorità dei paesi d'origine dei Rom che si trovano a Ginevra.

Solo con interventi politici efficaci, e appoggi finanziari, sul posto, mirati allo sradicamento delle ingiustizie sociali e delle discriminazioni in questo paese, che le autorità ginevrine contribuiranno perché questi bambini rom possano, a breve, essere scolarizzati e beneficiare dei frutti dell'istruzione.

Formuliamo infine il desiderio che la storia oscura della Svizzera non si ripeta con questa ultima presa di posizione che dispiega effetti di una ingiustizia inaccettabile e i cui aspetti pratici ed il seguito a lungo termine ci lasciano allibiti.

Vi ringraziamo per l'attenzione che porterete alla presente, vi preghiamo di credere, Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di Stato, all'assicurazione della nostra alta considerazione.

Pour MESEMROM
Doris Leuenberger, Membre du comité
Dina Bazarbachi, Présidente

 
Di Fabrizio (del 22/01/2010 @ 09:36:36, in Europa, visitato 1664 volte)

Segnalazione di Paolo Ciani

Budapest (Ungheria): "Zingari, europei senza patria". Un convegno all'Accademia della Scienze, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, raccoglie le voci solidali con il popolo rom

La Comunità di Sant’Egidio dell'Ungheria promuove un convegno dal titolo: “Zingari: europei senza patria”, il 22 gennaio, all’Accademia delle Scienze di Budapest.

L'iniziativa nasce dall'esigenza di reagire alla serie di attentati compiuti in Ungheria negli ultimi due anni contro gli zingari, esprimendo la vicinanza al dolore delle vittime, contro il pregiudizio e la violenza verbale e fisica, che feriscono tragicamente non solo i loro bersagli, ma anche i loro portatori e la società nel suo insieme.

La Comunità di Sant’Egidio ha inteso così raccogliere le voci solidali con la popolazione rom, e offrire le motivazioni per opporre alle derive antigitane una vera cultura dell’accoglienza e della dignità della persona, insieme a piste di integrazione.

Al convegno intervengono, tra gli altri: Péter Szőke, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ungheria e funzionario del Ministero degli Affari Esteri; Katalin Katz, della Hebrew University, Jerusalem, esperta di prestigio internazionale dell’olocausto dei rom; Ceija Stojka, scrittrice rom di nazionalità austriaca, sopravvissuta all’olocausto; János Ladányi, dell'Università Corvinus di Budapest; mons. Marco Gnavi, della Comunità di Sant’Egidio; mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, responsabile della Conferenza episcopale ungherese per la pastorale degli zingari e una rom ungherese, madre e nonna di due zingari uccisi lo scorso anno a Tatárszentgyörgy.

 
Di Fabrizio (del 21/01/2010 @ 09:33:47, in Europa, visitato 1594 volte)

Da British_Roma (vedi anche QUI)

By Brian Lovett

13/01/2010 - Una strategia di relazioni comunitarie che affronti il razzismo nell'area del Village è [stata lanciata] dal sindaco onorario a Belfast venerdì 15 gennaio.

Il progetto di alcuni gruppi locali nacque inizialmente in risposta agli attacchi razzisti dell'anno scorso contro Rom e Polacchi, durante i quali alcuni Rom furono forzati a fuggire dalle loro case.

La strategia, coordinata dal Greater Village Regeneration Trust (GVRT) e dal Village Focus Group, sottolinea un impegno allo sviluppo di relazioni comunitarie nell'area per i prossimi tre anni.

Lo scopo è sviluppare una strategia che renda il Village "un posto più armonioso dove vivere" e "disinnescare le tensioni razziste e prevenire ulteriori attacchi/intimidazioni".

La strategia è stata sviluppata attraverso un processo consultivo che ha coinvolto un'indagine della comunità per campionare le opinioni e vasta consultazione con i soggetti chiave.

Paula Bradshaw, direttrice di GVRT, ha detto che il gruppo ha iniziato a lavorare nello sviluppare lo schema, sin da quando gli attacchi hanno avuto luogo.

"La ragione per cui siamo arrivati ad una strategia formulata è perché abbiamo capito che c'era una sfida enorme," ha detto. "Detto questo, crediamo che quanti esprimeranno punti di vista razzisti nel Village saranno sempre meno in futuro. Ma avevamo bisogno di una robusta strategia per affrontare questi temi."

[...] GVRT avrà l'appoggio della Northern Ireland Housing Executive attraverso il programma del Vicinato Condiviso.

 
Di Fabrizio (del 20/01/2010 @ 09:29:32, in Europa, visitato 1495 volte)

Da Romanian_Roma (per ulteriori informazioni, cercare nel blog Guardia Ungherese o Magyar Garda)

[...]

Nell'agosto 2009 Gabor Vona, il presidente del partito ungherese ultra-nazionalista JOBBIK, prese parte ad un campo giovanile organizzato dalla Gioventù Ungherese in Transilvania. La partecipazione di un estremista ungherese ad un evento organizzato in Romania è stata trattata con indifferenza dalle autorità rumene. Allora MCA espresse preoccupazione su questa apparizione ed il suo futuro impatto, ma non si fece niente, né da parte delle autorità, né da parte dell'UDMR, il partito rappresentante la minoranza ungherese di Romania, partito che partecipa al governo appena formato.

Il 12 gennaio 2010, il giornale "Adevarul" informava i lettori sul "Plutonul Secuiesc", una divisione del battaglione "Wass Albert", parte della "Guardia Ungherese", gruppo paramilitare estremista che ha esteso la sua attività in Romania.

La procedura di reclutamento del "Plutonul Secuiesc", come presentato da "Adevarul", include elementi che indicano chiaramente la natura paramilitare di questo gruppo che si sta sviluppando in Romania: domande come "hai servito nell'esercito?", "pratichi sport estremi?", "qual è il tuo grado militare e in quale corpo hai militato?", fanno parte del questionario che i richiedenti devono compilare.

In conclusione. un nuovo soggetto si è aggiunto ai gruppi esistenti estremisti, nazionalisti, anti-democratici in Romania. Questo è un gruppo controllato e formato da un'entità politica straniera, un gruppo che in Ungheria è stato dichiarato illegale. Facciamo appello alle autorità rumene di agire rapidamente e con decisione nel prendere tutte le misure necessarie a bloccare il trasferimento di attività illegali, razziste, ultra-nazionaliste sul suolo rumeno.

Maximillian Marco KATZ and Alexandru Florian
The Center for Monitoring and Combating AntiSemitism in Romania (MCA)

 
Di Fabrizio (del 17/01/2010 @ 09:18:43, in Europa, visitato 1767 volte)

15 gennaio 2010
Germania: il nuovo Ministro all’Immigrazione vuole più impiegati pubblici di origine immigrata.
Boehmer: insegnanti, educatori, poliziotti e impiegati della pubblica amministrazione che conoscano l’esperienza di migrazione senza però stabilire quote.

Il Governo tedesco intende aumentare le assunzioni di cittadini di origine straniera nel servizio pubblico, senza tuttavia arrivare a fissare quote. È quanto ha dichiarato al quotidiano Rheinische Post il ministro alla Cancelleria con delega all’Immigrazione, Maria Boehmer (Cdu), secondo cui anche nel servizio pubblico bisogna tener conto del fatto che un abitante su cinque della Bundesrepublik proviene da esperienze migratorie dirette o della famiglia.

"Abbiamo urgentemente bisogno di più insegnanti ed educatori con un passato da migrante", spiega la signora Boehmer, sottolineando che ciò deve valere anche per le forze di polizia, i vigili del fuoco e gli impiegati delle amministrazioni comunali. In una comunicazione ufficiale il Ministro ha tuttavia precisato che "stabilire quote è fuori discussione”. La proposta del Ministro ha ricevuto l'immediato appoggio del presidente del sindacato di polizia, Konrad Freiberg, secondo il quale le forze dell'ordine hanno fatto finora buone esperienze con l'assunzione nei loro quadri di migranti. Dello stesso avviso si è detto Josef Kraus, presidente dell'Associazione degli insegnanti tedeschi, per il quale un accresciuto numero di insegnanti di provenienza extracomunitaria contribuisce ad una migliore integrazione degli studenti con analoga origine e serve anche da modello di ascesa sociale.

(Red.)

 
Di Fabrizio (del 11/01/2010 @ 09:18:35, in Europa, visitato 1772 volte)

Segnalazione di Tommaso Vitale

Domenica 17 gennaio dalle ore 18.00
PALAZZINA LIBERTY
Largo Marinai d'Italia, 1 MILANO

Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv
Si ringrazia per la collaborazione CASA DELLA POESIA

Il 27 gennaio 1945 i soldati dell'Armata Rossa liberarono Auschwitz-Birkenau salvando i pochi sopravvissuti e svelando l'ORRORE. Tutti dovremmo saperlo e ricordarlo. ma pare che non sia così. La cronaca quotidiana ci dice che non è così.

In anticipo sul calendario della memoria pubblica, A.M.A.T.A. onlus (Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv) invita a un "suo" Giorno della Memoria il 17 gennaio 2010. Quella stessa domenica Papa Ratzinger andrà in visita alla sinagoga romana in nome di un dialogo non facile. Nel medesimo giorno la comunità ebraica ricorderà il tentato pogrom del 1793: il ghetto assediato e incendiato, gli ebrei salvi grazie a un acquazzone improvviso che spense le fiamme.

L'associazione A.M.A.T.A. onlus invita a riflettere sullo Sterminio con il mezzo che le è proprio, avendo cioè a cuore la diffusione della cultura edel rispetto senza distinzione di nazionalità, etnia, colore, religione.

Guardiamo il mondo intorno a noi, lasciando alle istituzioni la fatica di non soccombere sotto il peso di rituali e ripetitività.

Quando - presto, prestissimo - rimarremo noi soli a sapere, a ricordare la Shoà, quando i testimoni non ci saranno più, è allora che ci serviranno vecchie-nuove parole, vecchie-nuove melodie, nuovi strumenti della Storia. Di quella Storia che è storia di ogni giorno.

Stefano Jesurum

PROGRAMMA

ore 18.00
1a parte
NON CHIAMARMI ZINGARO Spettacolo di Pino Petruzzelli

Intervallo
Cena offerta dal Museo d'Arte di Tel Aviv con i sapori della cucina ebraica

2a parte
Interverranno:
Ron Huldai Sindaco di Tel Aviv
Tommaso Kemeny Poeta
David Maghnagi Docente di Psicologia presso "La Sapienza" di Roma
Radu Mihaileanu Regista cinematografico (Train de Vie, Vai e vivrai, Il concerto)
Dijana Pavlovic Attrice
Alexian Gruppo musicale rom
Trio Nefesh Gruppo musicale klezmer

 
Di Fabrizio (del 09/01/2010 @ 09:12:31, in Europa, visitato 2132 volte)

07.01.2010 Da Capodistria, scrive Stefano Lusa

Un paesino della Slovenia, una famiglia rom, un funerale. E gli abitanti del posto che si oppongono ad una tumulazione, avvenuta alla fine sotto la scorta di unità speciali della polizia. L'ennesimo caso di intolleranza in Slovenia nei confronti dei rom

Doveva essere un classico funerale ed invece sì è trasformato nell’ennesimo caso d’intolleranza nei confronti dei rom sloveni. Il 2 gennaio scorso tutto sembrava essere pronto per la sepoltura di una quarantenne rom residente in un insediamento della bassa Carniola. Lei e la sua famiglia avevano sempre vissuto lì ed i suoi cari avrebbero voluto seppellirla nel cimitero del paese. La cosa non è stata possibile. Nel camposanto, infatti, non c’era più posto per nuove tombe, così si è deciso di tumularla nel cimitero del paese vicino.

Il funerale era programmato alle 16. L’impresa di pompe funebri aveva già scavato la fossa. Nel primo pomeriggio, però, gli abitanti del luogo hanno iniziato a raccogliersi davanti alla locale stazione dei pompieri, per protestare contro quella tumulazione. Secondo la polizia si sarebbe trattato di una sessantina di persone; altre fonti parlano di un centinaio.

In maniera piuttosto animata contestavano la decisione di seppellire lì quella donna e chiedevano che fosse portata da un'altra parte. Nel loro cimitero, sino a quel momento, non era stato sepolto nessun rom. Il timore, a quanto sembra, era che in futuro ne potessero venir tumulati degli altri. Nel corso della manifestazione non sono mancate nemmeno le solite accuse all’indirizzo di quelli che sprezzantemente vengono definiti “zingari”, con i quali, è stato fatto notare, ci sarebbero “brutte esperienze”.

Per cercare di dipanare l’intricata matassa sono scesi in campo la polizia, i rappresentanti dei rom e la locale “iniziativa civica” che da tempo contesta i “privilegi” dei quali secondo loro i rom locali goderebbero. La trattativa non ha portato a nulla ed ad un certo punto è sembrato che le esequie fossero rimandate a data da destinarsi.

Alla fine il nodo gordiano è stato sciolto dalle forze dell’ordine, che hanno intimato di far svolgere il funerale. Appare evidente che l’ordine sia arrivato dall’alto. Per garantire la sicurezza sul posto sarebbero arrivate da Lubiana unità speciali della polizia. La tumulazione, così, è avvenuta con quasi un’ora di ritardo e senza che vi fossero ulteriori contestazioni. Probabilmente è stato fatto capire agli organizzatori della protesta che impedire lo svolgimento di un funerale poteva portare a seri guai con la giustizia. Del resto l’attuale governo di centrosinistra sembra meno disposto ad assecondare gli umori della popolazione locale.

L’episodio, comunque, ha fatto ancora una volta venire al pettine le tensioni che regnano in quella zona della Slovenia. I rom sono accusati di avere tutta una serie di privilegi e di essere autorizzati a non rispettare la legge. Si dice che guidino senza patente con macchine senza targa, che non mandino i figli a scuola, che rubino, che lascino in giro rifiuti, che costruiscano le loro case ed i loro accampamenti abusivamente, che preferiscano vivere di sovvenzioni, che non hanno voglia di lavorare ed altro ancora. In parole povere la popolazione locale farebbe volentieri a meno della presenza dei rom e lo ha fatto capire in più occasioni, con una serie di manifestazioni inquietanti.

Secondo le stime in Slovenia vivrebbero circa 10.000 rom insediati soprattutto nell’Oltremura e nella bassa Carniola. Da notare, però, che al censimento del 2002, quando ai cittadini era stato chiesto di esprimere la loro appartenenza nazionale, solo poco più di 3200 persone avevano dichiarato di essere rom. Evidentemente quella è un’etichetta che pesa e che è meglio omettere per essere accettato nella società.

Nell’Oltremura non si registrano particolari problemi, la comunità rom sembra abbastanza ben integrata e tutto sommato tollerata dagli altri abitanti. Ben diversa, invece, è la situazione nella bassa Carniola. Negli scorsi anni qui si sono registrati episodi gravi. Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per descrivere la cacciata della famiglia Strojan dal villaggio di Ambrus e il tentativo di istituire classi separate in una delle locali scuole elementari con un’elevata presenza di alunni rom. Proprio per questi fatti Lubiana ha dovuto fare i conti con le critiche che sono piovute al suo indirizzo da parte delle associazioni e delle istituzioni che si occupano del rispetto dei diritti umani sia in Slovenia sia all’estero.

Come nel resto d’Europa, anche in Slovenia, la posizione dei rom è preoccupante. Secondo valutazioni del governo solo una percentuale che va dal 2-10% ha un lavoro fisso, gli altri vivono di sovvenzioni sociali e di piccoli espedienti. Bassissimo è anche il loro livello di scolarizzazione. Il 65% di essi non avrebbe finito la scuola dell’obbligo. Ci sono poi seri problemi per quanto riguarda la frequenza delle scuole dell’obbligo da parte dei bambini, ma l’emergenza più inquietante è quella che riguarda le loro condizioni di vita.

Va segnalato che i rom sloveni sono oramai diventati stanziali e che vivono in insediamenti con case vere e proprie. In molti casi si tratta di terreni occupati abusivamente e di abitazioni costruite senza i necessari permessi. Spesso i loro villaggi non sono provvisti di strade asfaltate e degli allacciamenti alla rete idrica, a quella elettrica o a quella fognaria. Le condizioni igieniche quindi spesso risultano precarie. Del resto bisogna fare i conti con una situazione che per decenni non è stata gestita e di cui ci si è poco occupati.

Negli ultimi anni è stato fatto qualche sforzo per regolare la questione e sono stati ipotizzati anche dei condoni. La cosa, però, in alcuni casi ha fatto andare su tutte le furie la popolazione locale, che protesta contro questi “privilegi”. Quello che appare evidente, comunque, è che nella bassa Carniola in molti preferirebbero vedere i rom lontano dai loro villaggi. Rom e sloveni, così, quando sono costretti a convivere lo fanno da separati in casa.

Sta di fatto che la strada per superare i molti pregiudizi ed i molti stereotipi che esistono nella società sui rom è ancora lunga. In Slovenia, comunque, a livello nazionale si sta tentando di fare qualcosa. Nel 2007 è stata accolta una legge quadro che regola la loro tutela ed è stata garantita una loro rappresentanza nei consigli comunali. Lubiana starebbe cercando di creare un’élite culturale rom e puntando sulla loro scolarizzazione. La ricetta dovrebbe servire ad integrare meglio i rom nella società, bisognerà, comunque, vedere se alla fine si riuscirà a capire che i rom, in Slovenia come nel resto d’Europa, chiedono solamente due cose: non essere discriminati, ma nemmeno assimilati.

 
Di Fabrizio (del 09/01/2010 @ 09:11:08, in Europa, visitato 1765 volte)

Da La voix des Rroms

Dal 2006, sono stati costruiti dei "Villaggi d'inserimento per i Rom" nell'agglomerato di Seine-Saint-Denis. Vi sono sistemate delle famiglie selezionate dopo un'inchiesta sociale condotta dal Pact Arim, un'associazione delegata dalla prefettura. I beneficiari, Rom rumeni e bulgari, non ottengono alcun documento di lavoro dalla prefettura e quindi non possono lavorare legalmente. Di conseguenza, devono seguire, come tutti i loro concittadini, la procedura applicata alla vigilia dell'entrata della Bulgaria e della Romania nell'Unione Europea, che nei fatti rende il conseguimento di un titolo di lavoro quasi impossibile.

Questi ultimi giorni un'informazione è emersa dall'opacità dove si sono sviluppati questi progetti pilotati congiuntamente dalla prefettura, dai comuni di sinistra, da imprese e dalla solidarietà benevola di associazioni dette "umanitarie" che però sono quanti ostruiscono i fori: il 75% del budget di questi villaggi è consacrato alla guardiania ed alla sorveglianza. In effetti, vigilanti delle società private sono incaricati della sorveglianza di questi luoghi chiusi, dove è proibito l'accesso a tutte le persone esterne che non abbiano un'autorizzazione speciale rilasciata dal gestore.

Questi elementi rivelano che il fine reale di questi progetti è il controllo e la sorveglianza di una parte dei Rrom migranti originari della Romania e della Bulgaria, quando la parte rimanente, la maggioranza, è condannata a chinare la schiena sotto il manganello e ad andarsene. Da un lato le leggi privano uomini e donne, tra gli altri, del loro diritto elementare al lavoro, dall'altro questi progetti fanno credere che la sola maniera di inserire i "fuorilegge" che loro stessi hanno fabbricato è di concentrarli "nei villaggi d'inserimento per i Rom". L'accompagnamento sociale verso l'impiego di persone che non hanno il diritto di lavorare rivela il camuffamento di questa politica di contenimento e di controllo adottata dalle autorità. Questa politica esclude semplicemente che i Rrom pretendano d'inserirsi nel campo dell'applicazione della dichiarazione dei diritti dell'uomo, dunque dell'umanità. Cosa fa la  società civile?

Il collettivo Romeurope, che riunisce associazioni che si dicono a sostegno dei Rrom ed è finanziato dalla Fondazione Abbé Pierre, non si è mai espresso riguardo questi progetti. Una ventina d'associazioni, per la maggior parte membri del collettivo, hanno denunciato nel 2009 l'espulsione di 2.200 Rrom dalla regione parigina. Tuttavia, nessuna menzione viene fatta nel comunicato dei "villaggi d'inserimento", che in altri momenti erano presentati come alternative a queste espulsioni ripetute.

Un articolo dell’Humanité cita Malik Salemkour, vice-presidente della Lega dei Diritti dell'Uomo: "Se ancora queste espulsioni avessero lo scopo di mettere queste persone in un dispositivo per prendersele in carico… Ma non è così". Qualche giorno più tardi, il 29 dicembre, in un articolo intitolato "Villaggi d'inserimento, l'inizio di una soluzione?", Salemkour si esprime in questi termini: "Sono chiaramente discutibili, dato che l'accompagnamento sociale d'inserimento per il lavoro e l'alloggio è una buona cosa, occorre comunque interrogarsi sulla sua logica etnica dato che in questi villaggi, non ci sono che Rom." Si può rimanere sulla teoria, mentre si considerano degli uomini come fossero materia prima? Perché "interrogarsi" è una cosa, rispondere alle domande un'altra. Qualificare qualcosa come "discutibile" è una cosa, discuterla realmente, un'altra. Perché Salemkour, la LDH, Romeurope ecc. non discutono questo soggetto e non rispondono alle domande che si pongono? Cosa li ferma?

La voix des Rroms ha chiesto con una lettera del 29 dicembre 2009 a tutte le associazioni firmatarie del comunicato menzionato di prendere una posizione chiara e pubblica sui "villaggi d'inserimento", come La voix des Rroms ha fatto già dal 2007. Senza risposta al 4 gennaio, ha reinviato l'appello, ma continua il silenzio.

In queste condizioni, La voix des Rroms domande a tutte le strutture che dicono di sostenere "i Rrom migranti": Sia di dire pubblicamente, chiaramente e rapidamente la loro posizione riguardo "ai villaggi d'inserimento", o di tacersi una buona volta per tutte e non "indignarsi" per le conseguenze di un trattamento che rifiutano di denunciare.

 
Di Fabrizio (del 07/01/2010 @ 09:35:29, in Europa, visitato 2138 volte)

Da Bulgarian_Roma (altro polpettone bulgaro, dove forse non tutto funziona come descritto, ma che potrebbe essere un punto di partenza per molte realtà italiane)

PROGRAMMA MUNICIPALE PER LO SVILUPPO DELLA COMUNITA' ROM A SOFIA

Condizione del problema

A Sofia ci sono circa 125.000 Rom residenti, che vivono soprattutto nei sobborghi, con caratteristiche come povertà strutturale, temi, rimasti insoluti per decenni, riguardo all'occupazione, infrastrutture, istruzione, sanità. Discriminazione, esclusione dalla vita pubblica, mancanza di fiducia tra i Rom e la maggioranza - tutto questo soprattutto a livello locale. Nelle scuole c'è una crescente segregazione tra i bambini rom ed il resto. Le famiglie rom vivono condizioni di vita costantemente deteriorate, isolate dalla maggioranza, con la dominante attitudine negativa da parte della maggior parte delle istituzioni locali come la polizia, i servizi sociali, gli uffici di collocamento, le istituzioni municipali ecc.

Nell'aprile 1999 il Governo ha firmato il Programma Quadro per la pari integrazione dei Rom nella società bulgara. Dietro questo programma ci sono oltre 100 organizzazioni. Ma, sinora, due diversi governi non hanno fatto niente di significante per sviluppare realmente il programma.

Cosa bisogna fare

Le misure che devono essere prese, per creare un clima ed una comprensione migliore, devono essere conformi alle circostanze locali. L'esperienza indica che non vengono adoperati programmi nazionali "paracadutati dall'alto". Solo programmi per lo sviluppo locale, che hanno origine nella comunità, sono capaci di soddisfare con e usando gli strumenti nazionali, fondi e misure politiche per lo sviluppo locale. In questa direzione funziona il Consiglio Pubblico Rom "Kupate", attraverso un programma comunale per lavorare con i Rom, come previsto in uno dei passi per lo sviluppo a livello locale del Programma Quadro.

La costruzione di un'efficace cooperazione e partnership tra la comunità rom e le istituzioni locale è una garanzia per risolvere i problemi concreti della popolazione rom ed è un'operazione proattiva per lo sviluppo dei programmi comuni. E' per questo che il progetto prevede di unire gli sforzi dei Rom, delle organizzazioni civili bulgare e delle istituzioni delle autorità locali per cercare soluzioni comuni ai problemi dei Rom a Sofia. Saranno aderenti ai bisogni ed alle capacità concrete tanto dei Rom che della municipalità metropolitana, e con quelle della regione in generale.

Informazioni pubbliche e supporto al programma

L'integrazione e la partecipazione diretta della comunità rom nei processi decisionali, è una priorità non solo per Sofia, ma anche a livello nazionale, rispetto all'impegno e agli sforzi della Bulgaria riguardo all'accesso alle strutture europee.

L'idea di un Programma Municipale come un modo di applicare il Programma Quadro a livello locale, viene dai rappresentanti della stessa comunità rom. La strategia ed i passi concreti per il suo svolgimento sono stati ampliamente discussi con le organizzazioni civili, leader informali, rappresentanti delle istituzioni a livello locale e nazionale. Come risultato delle discussioni e delle esperienze pratiche, il Programma Municipale ha sostenuto una serie di correzioni; ora è flessibile per adattarsi alle condizioni concrete delle municipalità, incluso Sofia.

E' stata accumulata una seria esperienza pratica dagli sforzi del CPR "Kupate" per iniziare Programmi Municipali a Rousse, Plovdiv e Stara Zagora, e questa esperienza promuoverà lo sviluppo del Programma a Sofia.

Le possibilità concrete per la realizzazione di un programma simile sono state appoggiate dalle istituzioni e dalle organizzazioni civiche rom e bulgare, che tramite i loro rappresentanti hanno preso parte ai gruppi di lavoro - Fondazione "Roma Bureau - Sofia", Fondazione "Appoggio ai Rom", organizzazione indipendente femminile rom "Lachi Romni", Associazione Giovanile Rom - Sofia, Fondazione Balcanica "Diversità", Human rights Project, Fondazione "Comunità Rom", il consiglio fiduciario della 75a High School, leader locali informali e cittadini attivi. Hanno preso parte attiva nell'elaborazione della strategia proposta e nella progettazione delle attività

Dietro il Programma

Nel dicembre 1998 fu firmato un Accordo per la cooperazione tra il CPR "Kupate" e la Municipalità Metropolitana per lo sviluppo del Programma Municipale (...). Nel novembre 1999 fu firmato un Accordo con l'Amministrazione Regionale di Sofia (...).

Negli incontri e nelle discussioni preliminari con la Municipalità Metropolitana sono stati discussi e chiariti i seguenti punti: il modo di lavoro, i meccanismi, direzioni, fasi di attuazione del Programma. Un chiaro segno della volontà municipale di aiutare per l'inizio dell'attuazione del Programma di lavoro con i Rom, sono le disposizioni di Stefan Sofianski (...), in cui sono determinati i partecipanti al gruppo misto della Municipalità Metropolitana.

Nel giugno 2000 il programma è stato elaborato da un gruppo misto di lavoro dei rappresentanti delle istituzioni della Municipalità Metropolitana e dei rappresentanti delle OnG Rom a Sofia (...), che è stato adottato dal Consiglio Municipale Metropolitana, decisione N: 8 /20.04.2001/ appendice 6/. Dall'agosto 2002 sono stati sviluppati i seguenti passi:

  • Stabilito il Consiglio Pubblico - segretario Zlatko Mladenov, vice segretario Asen Dulgerov, segretario della Municipalità Metropolitana e Dimitar Georgiev (...).
  • Accordo tra la Municipalità Metropolitana e la Coalizione delle OnG Rom (...).
  • Determinare direzioni e numero dei progetti integrati (PI).
  • Determinare le principali OnG che elaborano PI con termini, partner e consulenti.
  • Presentare il PI completo ad un incontro col Consiglio Pubblico, per discuterlo e correggerlo.
  • Costo per i partecipanti all'elaborazione del PI.
  • Traduzione del PI, preparazione dei suoi riassunti.

Entro la fine di settembre, dovrà essere fatto quanto segue:

  • Presentazione del PI ad una conferenza per i sottoscrittori.
  • Determinare i sottoscrittori referenti al PI.
  • Sviluppo dei PI a cui è stato garantito sostegno finanziario.

Risultati raggiunti

Sinora nell'attività sono stati raggiunti i seguenti risultati:

  • Sviluppo di relazioni tra le OnG Rom - buona cooperazione nell'agire assieme.
  • Stabilire il dialogo con l'autorità locale - gli incaricati della Municipalità Metropolitana consegnano le informazioni necessarie ed assieme alle OnG Rom elaborano passi concreti per la realizzazione del programma.
  • Programma elaborato - unico in Bulgaria, incontra i bisogni reali della comunità.
  • Processo decisionale unitario - il Consiglio Pubblico impone, adotta, discute e prende le decisioni.
  • Fornito supporto e propria contribuzione quando si fa richiesta di fondi - la Municipalità Metropolitana consegna queste preferenze dai propri fondi.
  • Un gran mole di esperienza accumulata - questa esperienza può essere utile a tutti e siamo pronti a condividerla con tutti quanti vogliano lavorare con le autorità locali.

Consiglio Pubblico per la realizzazione del Programma

Il segretario:
Zlatko Mladenov

 

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